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Racconti erotici sull'IncestoTrio

GIOVANNA DAL PENTACOLO 2

By 28 Settembre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Si era fatto tardi e la messa era già cominciata, nel raggiungere mia madre misi il ciondolo nel fazzoletto e nel farlo lo guardai: era un cornetto di corallo, incastonato in una corona d’ oro.
Aveva la particolarità di essere biforcuto, insomma dalla radice i corni che si sviluppavano erano due e si aprivano come una ‘V’, ed entrambi erano ricurvi e appuntiti, di un rosso scuro ‘ fascinoso.
Feci tutto come lei mi aveva istruito, spezzai l’ ostia e la infilai nello stesso fazzoletto col corno biforcuto.
Intorno al fazzoletto ci tenevo il vecchio pezzetto di pergamena.

Due giorni dopo venne lo zio, erano quasi le otto di sera.
Si sedette sul divano per seguire una partita di pallone ‘ si fece portare qualcosa da mangiare, poi, mentre mi allontanavo, mi diede una pacca sul sedere, ridendo sguaiatamente e disse: – Piccola, questa sera un’altra lezione per te, dici a tua madre di tenersi pronta ‘ Stasera dovrai vedere come lo si piglia in bocca, capito? ‘
Scappai in cucina, cercando la protezione di mia madre.
Il pensiero di vedere ancora il pene grosso e gonfio dello zio però, mi faceva trasalire e la mente mi riportava il profumo particolare di quel suo seme biancastro.
Sapevo che si chiamava sperma e che l’ uomo lo cacciava quando era eccitato dalla donna.
Quando la partita fu finita, lo zio ci chiamò sul divano, al suo fianco.
Mia madre cercò di intercedere affinché io potessi andare di là, ma lui era deciso e la fece tacere.
– Vieni adesso, siediti sul divano e togliti le mutande, presto ‘
Lei era soggiogata da lui e non si ribellò. Si tolse la gonna e la poggiò ordinatamente su una sedia, poi si sfilò le mutandine bianche e restò davanti a noi col sesso esposto.
Era molto bella, molto giovanile, non aveva un filo di cellulite.
Ma non era eccitante, posso dirlo ora col senno di poi, si comportava come una bella bambola, ma senza l’ anima ‘ probabilmente, capii col tempo, anche perché odiava quell’ uomo rozzo e cattivo.

Lo zio, mi disse di guardare e di imparare, e questa cosa lo dovette eccitare molto.
Si abbassò i pantaloni e rimise fuori il grosso uccello ritto e puntato verso l’ alto.
Stando vicino sentii il caldo odore dell’ orina e del sudore, era chiaro che non si era lavato, infatti chiese a mia madre di leccargli bene il bastone e di lavarglielo con la bocca, succhiando tutto l’ umido umore e lo smegma, intorno alla testa.
Mia madre lo accontentò con molta solerzia, soprattutto per far si che lui non si fissasse su di me e di conseguenza non mi mettesse le mani addosso.
Io guardavo, ipnotizzata dalla scena, cominciavo di nuovo a sentirmi eccitata e, meccanicamente, mi strusciavo con la mia figa sul bordo della sedia, cercando di non farmi notare.
Mia madre lavorava la testa del pene, grossa e rossa, mentre lo zio le toccava i buchi di sotto e glieli penetrava con le dita.
– Adesso, ragazza mia ‘ disse rivolto a me ‘ hai veduto come si pulisce il mio ‘coso’ – e me lo passò a pochi centimetri dal viso, lucido e durissimo ‘ ora ti faccio vedere come lo chiavo in bocca a tua madre per raggiungere il piacere. ‘
Vide che lo guardavo imbambolata – Ti piace? ‘aggiunse ridendo.
Mia madre lo implorò di lasciarmi stare, ma lui non insistette, però mi guardava per studiare le mie reazioni.
Io intanto cominciavo a preoccuparmi dell’ orario e volevo che lo zio arrivasse presto, avevo paura che per la mezzanotte, ancora non dormissero tutti, in tal caso non avrei potuto recarmi nuda, sotto la Luna.
Lui intanto fece sedere mia mamma sul divano e poi ci montò sopra, in piedi, appoggiando le mani alla parete, disse: – Vieni e prendilo in tutto in bocca, ho visto fare così in un film. ‘
Mia madre ubbidiente si sporse in avanti e prese in bocca il cazzo di mio zio.
Per vedere meglio mi spostati di fronte a loro e lo spettacolo era conturbante, vedevo il fallo grosso e largo che scendeva nella bocca di mamma e le palle che le sbattevano sulle labbra. Sembrava proprio un pistone di carne che saliva e scendeva, cadenzato.
Lo zio si voltò e si accorse della mia curiosità morbosa, allora si prese le palle con una mano e le spostò di lato, affinché vedessi meglio il membro mentre la penetrava.
Mia madre sussultava sotto i colpi, soprattutto quelli profondi.
Lei aveva la testa verso l’ alto e non riusciva a tenere gli occhi chiusi perché le lacrime le uscivano spontanee, per il senso di soffocamento che la invadeva ogni volta che lo zio si fermava, con tutto il pene infisso in bocca.
Vedevo chiaramente, la gola di mia madre che si gonfiava per fare spazio a quella capocchia spropositata.
Lo zio pompava come una trivella che scende fino in fondo, poi si voltò, verso di me e mi chiese imperioso: – Tra poco caccio la sperma, la ricordi? Comanda tu cosa vuoi che ne faccio? Esprimi il tuo desiderio, Giovannella! ‘ quella domanda mi colse di sorpresa, ma ritenni giusto rispondere rapidamente, ricordando che dopo venuto, l’ altra volta lo zio era andato a dormire; quindi dissi semplicemente: – Voglio che glielo spremi in bocca, come un succo. ‘ poi aggiunsi: – sempre che alla mamma non dispiace! ‘
Lei grugnì in modo acquoso, piena come era di saliva: infatti fili di bava densa e lucente, scendevano ogni tanto dalla bocca e le scorrevano sulla figa, aperta, poi tra le cosce morbidissime.
Fece cenno con le mani che andava bene, come volesse dire: ‘Ok, non c’ è problema, continua pure’.
Tutto quell’ armeggiare con interesse intorno all’ argomento del suo cazzo, fece arrizzare ancor di più lo zio, che non resistette ancora molto: mise solo la testa del pene in bocca a mamma e cominciò ad emettere lo sperma, come una fontanella lattiginosa.
Mi accorsi della sborrata, perché lo zio vibrava e affannava, mentre mia mamma soffocava e la sborra trasbordava dalle labbra in varie direzioni.
Ancora quell’ odore, mi inebriò come un elixir, non potevo trattenermi, mi girava la testa dalla voglia di assaggiarla, così mi sporsi in avanti e baciai mia madre sulle labbra, chinandomi con semplicità, mentre la baciavo leccavo dalla sua bocca lo sperma bianco e opalescente.
Solo a sentirne il sapore, me ne venni in una forma di soddisfazione del corpo e dello spirito, che poi scoprii essere: un orgasmo.
Mio zio si sedette sul divano al fianco di mamma e strabuzzò gli occhi a vedermi baciare la bocca di mia madre, piena di sborra … mia madre invece piangeva sommessamente. Sapeva che l’ escalation del peccato non si sarebbe fermata tanto facilmente per la nostra famiglia.
Lo zio, assonnato, sazio di sesso e un po’ ubriaco, la spinse lontano chiamandola uccello del malaugurio!

Come previsto lo zio se ne andò presto, stanco e soddisfatto e mia madre dopo aver sfaccendato silenziosa, come se niente fosse accaduto, disse le preghiere e se ne andò a dormire.
Ero troppo eccitata per prendere sonno; mi rintanai nel bagno e sciolsi la vecchia pergamena per imparare le parole che la nonna mi aveva detto di leggere in quella notte di plenilunio.
Lessi nella mente le vecchie frasi stinte, sul fondo giallastro:

O Aradia, o Aradia,
non lasciarmi come figlia di Caino
non lasciarmi come coloro, scellerati e infami,
che si sono persi per i maltrattamenti e le ingiustizie.
O Aradia, o Aradia
non lasciarmi come Zingara e Giudeo.
Fammi essere la prima delle Streghe per servirti,
o mia madre Lunare,
come tu sei la prima Strega al mondo conosciuta.
Insegnami a legare l’ oppressore,
Insegnami l’ arte di avvelenare i prepotenti nei palazzi,
insegnami a rovinare il raccolto ai contadini avari:
con la tempesta, la folgore e il baleno.
Il vero Padreddio non è il vostro
ed io sono venuta per distruggere i malvagi ‘
e li distruggerò.
Il tormento attende chi ci fece torto, o Aradia.

Per me non avevano alcun senso ‘ e poi chi era quella Aradia?
La sorella di mia nonna si chiamava Siside, quindi non era lei.
Era una strega del passato? La più potente delle streghe?
Mentre mi lambiccavo il cervello, mi resi conto del radicale cambiamento che stava avvenendo dentro di me ‘

Era come se un serpente lento, strisciante e sensuale mi camminasse dentro il corpo e la mente, strisciava e , mentre passava, mi cambiava, strisciava e mi faceva riscoprire la una parte di me che avevo dimenticata o mai conosciuta.
Come un operaio solerte e metodico, smonta e ripone tutte le quinte, le macchine e i trucchi, adoperati per uno spettacolo teatrale: il serpente toglieva tutti i veli e le ragnatele che avevano avvolto il mio essere: nell’ anima e nel corpo.
Man mano tutto ciò che mi era celato mi diveniva manifesto, vedevo per la prima volta: la malizia, la gelosia e l’ invidia che ci circondava, sentivo attrazione per il piacere, il gusto, la curiosità: sentimenti mai provati prima!
Mi resi conto di aver vissuto nell’ ovatta fino a quel momento. Mi resi conto di essere stata una creatura ottusa fino ad allora.
Vedevo e sentivo sensazioni che prima non mi accorgevo nemmeno che potessero esistere ‘
Che strano!

Era come se io fossi stata sempre dov’ ero, ma non capissi niente della scena, perché le luci erano spente.
Era come se io fossi stata sempre chi ero, ma non mi vedevo, perché il mio specchio era scuro.
Sedetti sul gabinetto per sostenere la ridda di emozioni che mi invadeva, mi subissava … come un fiume in piena.

Quando mi fui calmata, mi resi conto che la mezzanotte era vicina, mi spogliai, completamente nuda e mi osservai nello specchio grande, fissato alle spalle della porta di uno stipo a muro.
Per la prima volta vidi chi ero veramente.
Di fronte a me, dallo specchio, un corpo di donna, sinuoso e sensuale mi fissava. Io non mi ero mai vista così!
Non mi ero mai apprezzata né mi ero accorta di crescere … quanto sciocca dovevo essere sembrata alla gente: ai conoscenti, ai familiari, agli studenti della scuola …
Mi resi conto che non avevo mai avuto amiche, né amici e, misteriosamente, non mi ero mai chiesta il perché.
Guardai ancora il mio corpo nudo, che bella che ero: non altissima, avevo un corpo piacevole e proporzionato: i seni erano perfettamente tondi e sodi, non esagerati, ma notevoli; sull’ apice le aureole erano rosee e i capezzoli elastici e pronti a svettare appena sollecitati, me li carezzai entrambi con le dita … e infatti, sorsero subito al tocco, scuri, rigidi e puntuti.
Con le mani mi presi i seni, schiacciando i capezzoli sotto le palme, la loro rigidità carnosa mi fece gemere dal piacere mentre li saggiavo nelle mani e li ‘impastavo’, l’ uno sfregato contro l’ altro …
Mancava qualcosa in quel canale caldo e lievemente sudato tra le due tette, lo sentivo. Poi capii e immaginai che lì, tra quei due monti rigonfi, ci sarebbe stato benissimo un membro bitorzoluto e tonico, come quello dello zio.
Sarebbe stato bellissimo accoglierlo, mentre quella sacca, che avevo visto sbattere sulla vagina di mia madre, mi avrebbe premuto sul petto, facendomi sentire la rotondità rigida delle sue due grosse palle.
E il membro, il cazzo … averlo a pochi centimetri dal viso; la grossa testa che veniva fuori dalla pelle bruna del prepuzio e l’ odore selvatico di orina, di sudore e di desiderio.
Vedevo quasi le goccioline dell’ eccitazione fuoriuscire dal buchetto del pene.
Ormai smaniavo.
Lisciandomi i fianchi; osservai il loro perfetto rapporto col bacino, il pancino tenero e tondo e, poco sotto l’ ombelico, quell’ oasi di pelo castano chiaro, quasi rossiccio, lo stesso colore dei miei capelli; però i peli erano ricci, forti e ribelli.
Come una piccola macchia erbosa, nascondevano quel frutto rosa di cui solo adesso sentivo l’ importanza … mugolai come una gatta.
Spinse sul monte di venere con la mano aperta.
Ero talmente eccitata, che ogni volta che mi carezzavo nella zona della vagina, meccanicamente stringevo le gambe, per sfuggire al mio stesso tocco.
Sciolsi i capelli lunghi e crespi, che come una cascata si lanciarono giù, in basso, fino a raggiungere le natiche, sode, tonde e paffute. Anche su quelle indugiai con le mani, le carezzai, le viziai: mi passai il dito rigido tra le due grosse ‘gote’ del culo, raggiungendo il buchetto elastico e umido … lo volli vedere.
Mi chinai oscenamente in avanti, sbirciandomi nello specchio, mentre aprivo le cosce e spingevo il bacino all’ indietro; mi portai le dita delle due mani sui bordi delle chiappe e tirai ai lati, spalancando il taglio del mio culo: che spettacolo meraviglioso: il buchetto dell’ ano sembrava un piccolo fiore bruno, con i petali a raggiera, tutti concentrici, come a indicare in quale punto preciso avrebbe desiderato essere penetrato, ma da quella angolazione, grazie alla divaricazione, si erano aperte anche le grandi labbra della mia figa. Le due fasce laterali, scure, ancora con le tracce di una lieve peluria, si schiudevano come i petali assassini di una rosa vermiglia, mostravano una delicatissima orchidea di carne rosea, virginale, con un pistillo centrale gonfio e pulsante.
Mi ci passai le mani e sussultai, ero rorida di rugiada.
Mi aprii con le dita, mi ispezionai l’ ano e l’ utero … intuii il piacere che voleva arrivare.
Esausta dalla scoperta del mio sesso e della mia femminilità, completamente ignorate fino a quella sera, sedetti di nuovo sul water.

Quando avevo sentito mia madre mugolare di piacere?
Ecco, sì, ricordavo: quando lo stantuffo dello zio andava su e giù
nella figa … perchè non provare con le dita a simulare il movimento della penetrazione?
Aprii le gambe e misi le dita di piatto sulla vulva, carezzandomi in modo ritmico. Mi piaceva, certo.
Mi abbandonai con la schiena al muro.
Provai allora ad entrare con il medio e l’ anulare nella figa socchiusa e la cosa mi diede una scossa di piacere, ma scoprii che oltre alla penetrazione, anche lo sfregamento sulla clitoride era fonte di enorme gusto.
Strusciano e penetrando, iniziai a inarcarmi e a contorcermi. Con la mano libera mi cercai i due capezzoli, turgidi e duri, erano ormai grossi come un dito pollice. Li strizzai e li raggruppai nella stessa mano, tirandoli fino a farmi male.
Schiacciando e tirando i seni e uncinandomi la figa con le dita, come la bocca di un pesce preso all’ amo, venni.
Per la prima volta provai un vero orgasmo di donna, trattenendo le grida del piacere, per non svegliare tutto il vicinato.

Incanto si era fatta la mezzanotte, completamente nuda, sudata, eccitata, in preda a una sensazione di piacere e di trionfo, corsi fuori a prendere un bagno di Luna piena.
Con me, portai il fazzoletto che conteneva il corno e l’ ostia consacrata che avevo sottratto dalla chiesa.
Sotto i raggi della Luna lessi a voce bassa la mia prima orazione pagana.
Pronunciate a voce alta quelle parole avevano ben altra forza. Sapevano di patto ancestrale e di legame di sangue che si perdeva nel passato remoto.
Sentivo di non essere sola, ma veramente intorno non c’ era anima viva … eppure, i peletti sulla mia nuca si rizzarono tutti, lontano giù in strada, vidi attraversare un grosso cane nero. Fu solo un attimo: si fermò e voltò la grossa testa dalla mia parte, poi riprese il suo cammino, svanendo tra le ombre.
Fui molto sorpresa quando aprendo il fazzoletto scoprii che l’ ostia, a contatto col cornetto biforcuto era diventata nera, come foglietti di carta completamente bruciati.
Richiusi in fretta il fazzoletto e scappai dentro.
Già troppe emozioni avevo conosciuto in una sola notte.

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