Dissi ai miei genitori che sarei partito una settimana in ferie con i soliti amici. Il periodo degli esami invernali era finito e quindi sfruttai la cosa a mio vantaggio. Tutto avrebbe funzionato alla perfezione, ufficialmente saremmo partiti per andare una settimana in toscana. Uno di noi avrebbe casualmente trovato un’offerta online, un soggiorno in un agriturismo vicino Firenze con tante belle escursioni da fare nei dintorni e ovviamente un paio di giorni per girare la città. I miei furono felici, soprattutto mamma, quella sarebbe stata la prima vacanza vera e propria fuori città con i miei amici, era un traguardo importante in un certo senso. Anche papà fu molto contento, gli sembrava quasi che stessi iniziano a prendere il volo dal “nido materno” se così possiamo dire. Non passava giorno che non mi facessero qualche raccomandazione e che non mi chiedessero nuovi dettagli riguardo il viaggio. Mamma mi suggerì un’infinità di chiese e musei da visitare a Firenze, a detta sua tutte cose immancabili per ogni visita che si rispetti al capoluogo toscano, a momenti sembrava che dovesse partire lei al posto mio.
Qualche giorno dopo aver comunicato ai miei la notizia della partenza incontrai di nuovo zio Domenico sulla scala anti incendio, era un po’ che non riuscivamo a vederci al nostro solito posto, dopo che finì di riempirmi il culetto come al solito, mi chiese se ero pronto per la partenza.
“Certo che si, non vedo l’ora!” risposi mentre tiravo su i jeans e cercavo di stringere l’ano il più possibile per non far uscire niente.
“Che cosa hai detto ai tuoi?”.
“Oh niente di che, mi sono inventato che con gli amici andiamo dalle parti di Firenze, un’offerta trovata online per un agriturismo. Escursioni e roba varia…” stringevo sempre di più il culetto mentre allacciavo la cintura.
“Hai avuto fantasia, decisamente una meta migliore di Pescara!” disse ridendo.
“Mi basta stare insieme a te…” risposi timidamente. Zio Domenico mi tirò a sé per darmi un bacio. Provai ad abbracciarlo ma lui si mise una man in tasca e tirò fuori una busta.
“Questo è un piccolo regalo. Dentro la busta c’è una prepagata con cinquecento euro e un biglietto con l’indirizzo del bed and breakfast dove alloggeremo.” aprì la busta e vidi il contenuto, non avevo la minima idea di cosa avrei dovuto o potuto farci. Pensai che forse zio voleva aiutarmi e pagarmi il viaggio con quella prepagata. “Puoi usarla per comprare qualsiasi cosa pensi ti possa servire per la nostra settimana insieme. Ricordati che lì a Pescara non ci conosce nessuno…” rimasi sorpreso dalla sua generosità. “E visto che non ci conosce nessuno non dobbiamo nasconderci.” aggiunse. Rimasi in silenzio a fissare la busta per alcuni secondi.
“Vuoi dire che… Che possiamo farci vedere insieme? Ma non hai paura che la gente pensi male?”.
“Pensare male di che cosa? Che sono in viaggio di lavoro insieme a mia nipote? Che male c’è?” in effetti aveva ragione, non potevo certo dargli torto. “Poi sei stata fantastica la sera a casa di Daniele tesoro mio, sono sicuro che farai un ottimo lavoro anche questa volta, vedrai che nessuno si accorgerà di nulla!” non risposi mentre mi teneva stretto a se, lì e lì la cosa mi lasciò spiazzato, non avrei minimamente pensato che mi volesse nuovamente e completamente en femme. Ovviamente quando, più avanti, ripensai alla sua proposta, mi resi effettivamente conto di quanto avesse senso, del resto era esattamente ciò che amavo fare per e con lui, sul momento la cosa mi lasciò abbastanza spiazzato. Insomma un conto era una cena di qualche ora tra pochi intimi e un conto era una settimana intera, in pubblico poi! Se mi avessero riconosciuto…
“Se ti andrà di farlo, questa sarà un’occasione perfetta. Non voglio costringerti eh, ci mancherebbe, solo che mi sembra di aver capito che la volta scorsa ti sia piaciuto tanto. Insomma hai capito che intendo, non devi per forza stare tutto il tempo…” lo interruppi prima che potesse finire la frase, gli diedi un bacio per farlo stare zitto.
“Ho capito, non c’è nessun problema. Lo farò.” gli dissi.
“Sei fantastica amore di zio!” esclamò. “Allora, come ti dicevo, prendi pure quello che vuoi. Domani chiamerò il proprietario del bed and breakfast e gli dirò che arriveranno alcuni pacchi a nome mio, gi dirò che sarà del materiale da lavoro. Cerca magari di raggruppare più cose possibili così da fare arrivare pochi pacchi, almeno non si insospettirà troppo così.” annuì affermativamente. “Poi se vuoi, ho sentito Monica l’altro giorno, mi ha detto che ti ha lasciato il suo numero, ha detto che la puoi chiamare per chiederle qualsiasi cosa se ma sono sicuro che non ne avrai bisogno amore mio..!” aveva proprio pensato a tutto, mi aveva letto nel pensiero.
Tornato a casa, iniziai subito a dedicarmi allo shopping online. Riempii il carrello Amazon con ogni genere di capo d’abbigliamento, scarpe, intimo o qualsiasi altra cosa mi piacesse. Non sapevo proprio cosa scegliere, tutto mi sembrava essenziale e superfluo al tempo stesso, dovetti prendermi una pausa altrimenti non sarei riuscito a concludere niente. Giorno dopo giorno ricontrollavo il carrello e scremavo gli articoli ripetendomi che alla fine si trattava solo di una settimana, inoltre poi come avrei fatto una volta tornato a casa? Dove avrei messo tutti i vestiti? Di certo non avrei potuto nascondere tutto nel mio armadio o dentro il mio solito zainetto… insomma era proprio un bel dilemma. Dopo aver eliminato gran parte degli articoli che ritenevo superflui, tentai di fare un primo ordine; avevo salvato alcuni maglioni a collo alto, un paio di felpe, dei leggins invernali, un paio di body con le maniche lunghe ed il collo a dolce vita, dei collant ed alcuni set di mutandine e reggi seni (roba decisamente meno sensuale di quella che mettevo di solito, più sobria ma comunque femminile). Non riuscivo comunque a decidere se comprare o no il tutto. Iniziai anche ad aggiungere qualche scarpa al carrello. Pensai che oltre alle mie decolletè rosse ed un paio di scarpe da ginnastica, avrei come minimo avuto bisogno di un altro paio di scarpe, non sapevo proprio cosa scegliere. Pensai che forse un paio di stivali sarebbero stati un’ottima scelta. Cercai qualcosa di semplice, con un tacco nella media e per nulla troppo vistoso ma ovviamente fu un’impresa impossibile. Rimasi a guardare i vari modelli che avevo aggiunto al carrello senza sapere quale scegliere. Decisi di prendermi una pausa, avevo passato le ultime tre ore a meditare su cosa comprare, non avrei concluso niente se avessi continuato. Il carrello poteva tranquillamente aspettare fino al giorno dopo. La mattina dopo mandai un messaggio a Monica per provare a chiedere un consiglio, le mandai buona parte degli articoli nel carrello, non mi rispose subito, pensai che molto probabilmente stava lavorando visto che eravamo nel bel mezzo della settimana. Dopo qualche ora mi rispose dicendomi che approvava la maggior parte della roba che avevo scelto. Le dissi dei miei dubbi sugli stivali, le mandai i tre tipi che avevo scelto e che mi sembravano i più adatti, ce n’era uno che mi piaceva particolarmente: uno stivaletto in pelle nera con una zeppa di appena dieci centimetri, arrivava a circa metà polpaccio, aveva la punta leggermente arrotondata e una catena sottile e scura che passava sopra il collo del piede. La mia paura più grande era che i miei polpacci potessero essere troppo grossi e di conseguenza non avrei potuto chiudere completamente la zip ma per fortuna Monica mi convinse ad acquistarli comunque, nel peggiore dei casi avrei potuto effettuare il reso. Alla fine mi convinsi a fare quel primo ordine, me la cavai con circa centocinquanta euro. Monica mi chiese se avessi voglia di passare da lei quella sera, così avremmo visto qualcos’altro insieme e saremmo riusciti ad ampliare il mio guardaroba per quella settimana. Ovviamente accettai.
Quella sera arrivai a casa di Monica con i mezzi, per la prima volta ci andavo da solo, provai una strana sensazione ad arrivare davanti il portone del palazzo e a citofonare per farmi aprire. Il portone si aprì immediatamente, in pochi secondi ero già nell’ascensore ed arrivai alla porta di casa appena socchiusa, Monica mi aspettava in piedi, con la solita vestaglia addosso. Ci baciammo come al solito, mi chiese se volessi mettermi comoda come al solito ma rifiutai. “Sono uscita di casa di corsa, sotto i vestiti ho i boxer purtroppo…” ammisi tristemente.
“Oh ma non fa niente tesoro, se vuoi ti presto qualcosa lo stesso, fai come vuoi. Lo sai che non devi fare complimenti.” accettai di indossare il kimono della volta scorsa. Mi sedetti sul divano mentre Monica alzò i riscaldamenti. “Allora? Hai trovato qualcos’altro di carino?” mi chiese.
“In realtà no. Pensavo di prendere qualche body in più oltre a quelli che hai visto, magari qualcosa in pizzo, qualcosa di più “intimo” diciamo… Credo farà freddo quindi forse eviterei gonne o vestiti corti.” Monica mi guardava ed ascoltava le mie parole con molta attenzione. “Pensavo di prendere anche qualche collant o leggings in più, qualcosa di più pesante insomma.”.
“Hai ragione è probabile che faccia freddo, magari se vuoi una gonna o qualcosa del genere perché non provi con un tallieur? Hai provato a cercarne uno invernale? Magari potrà esserti utile anche se decidete di andare a cena fuori e vuoi essere elegante.” prese il telefono ed iniziò a cercare anche lei qualcosa online ma non trovò nulla che mi piacesse. “Bocciato il tallieur allora. Invece un paio di bei pantaloni scuri? Che ne dici? Guarda questi qui!” mi mostrò sul telefono dei jeans neri a vita alta, effettivamente erano stupendi.
“Sei sicura che non mi stiano male? La vita alta magari mi stringe troppo la pancia…”.
“Ma no che dici! Aspetta vediamo subito.” si alzò e tornò dopo pochi secondi con un centimetro da sartoria. Mi fece alzare in piedi e guardando la tabella delle taglie sul cellulare, mi prese le misure. “Ecco qui, credo che una taglia media dovrebbe andarti bene. Le recensioni dicono anche che le taglie sembrano essere fedeli…” mi fece vedere il telefono. “E poi starebbero benissimo con gli stivali che hai preso!” bastò quello a convincermi. Gli aggiunsi subito al carrello. Iniziammo a cercare i body di cui avevo parlato prima, ne presi uno bianco ed uno nero, in cotone con le forme del seno e con un rombo sul ventre in pizzo con ricami floreali. Monica volle comprarne anche uno per lei. Mentre continuavo a scorrere le pagine di Amazon, Monica all’improvviso mi mise il telefono sotto gli occhi.
“Che ne pensi..?” mi chiese quasi titubante. La pagina mostrava un paio di seni finti, delle protesi in silicone realistiche, roba da drag queen. “Ti starebbero bene, ti darebbero un tocco in più… Non trovi?”.
“Cavolo, non ci avevo mai pensato… Fin’ora ho sempre usato i calzini per imbottire il reggiseno, ma queste come funzionano?”.
“Oh è semplice, vedi ci sono diverse taglie, le devi solo mettere nelle coppe e riempiono. Ho alcune amiche che le usano e devo dire che fanno il loro effetto. Certo, se ti levi il reggiseno il seno ti sparisce..!” si mise a ridere, ma bastò a convincermi. Le protesi non erano di certo economiche, ma il prezzo non mi fermò, sentivo che sarebbe stato un acquisto importante. Già mi immaginavo la faccia di zio Domenico quando mi avrebbe visto con un seno quasi autentico.
“Bhè adesso ti manca solo una cosa.” Monica si alzò e sparì di nuovo, tornò dopo qualche minuto con le mani piene.
“Me che, che cos’hai in mano?” chiesi.
“Oh niente, solo un paio di cosette che penso ti serviranno. Io non le uso più e credo sia meglio le tenga tu, con me prenderebbero solo polvere.” mi passò una palette per gli occhi, un astuccio di plastica trasparente dal quale tirò fuori alcune matite, un mascara, del fondotinta e alcuni smalti. “Credo che questi colori siano perfetti per te, poi guarda, queste scarpe non le ho mai messe ma credo che per te siano perfette. Starebbero bene anche con quei pantaloni che abbiamo visto prima!” aprì la scatola e tirò fuori un paio di Converse All Star nere con il tacco interno. “Provale se vuoi.”. Non sapevo proprio cosa dire, avrei voluto rifiutare con gentilezza ma la faccia di Monica non mi lasciò scampo. Presi le scarpe e le provai, mi stavano bene, non avrei potuto rifiutarle…
“Farai un figurone!” esclamò Monica. Non riuscivo a non sorridere.
Quella sera tornai a casa più tardi del solito, non volevo disturbare Monica, quindi tornai con l’ultima corsa dell’autobus. Entrai in casa lentamente, cercando di tenere la scatola delle scarpe e tutto il resto il più possibile saldamente, nascosto sotto il piumino. Chiusi la porta di casa e scivolai in camera mia, nascosi tutto nell’armadio e sparì sotto le coperte.
Arrivò finalmente il giorno della partenza. Non fu facile nascondere tutta la roba nella valigia. I miei genitori, in preda all’apprensione, avendo paura che dimenticassi qualcosa non mi lasciarono un attimo libero. Riuscì solo all’ultimo ad infilare nella valigia lo zainetto segreto, la trousse con i cosmetici e ad incastrare le scarpe di Monica. Ovviamente quella notte non chiusi occhio, come potevo del resto? Disattivai la sveglia prima ancora che suonasse, mi alzai con forse appena tre o quattro ore di sonno, feci una colazione veloce e mi vestì. Ufficialmente avevo appuntamento con gli altri ragazzi alla stazione, almeno così convinsi i miei genitori a non accompagnarmi. Salutai mia madre che, essendo mattiniera, si era alzata quasi insieme a me. Uscì e mi diressi alla fermata dell’autobus, avevo appuntamento con zio proprio lì alle sette e mezza. Fu puntuale. Accostò ed io salii subito in macchina. Gli diedi un bacio veloce e corremmo verso l’autostrada.
“Allora? Sei pronta per questa settimana tesoro?”.
“Si zio, non vedevo l’ora. Questa notte non ho chiuso occhio per l’emozione. Spero di essere…all’altezza…”.
“Ma si tesoro mio, andrà tutto bene fidati di me!” mi passò una mano sulla coscia. “Che cosa hai preso con la prepagata? Quanti pacchi ci aspettano?” chiese divertito.
“Oh non tantissimi, ho cercato di non esagerare, ho preso solo le cose che pensavo fossero essenziali visto che ho portato anche quello che metto di solito. Ho anche parlato con Monica, è stata molto gentile a consigliarmi, mi ha anche prestato alcune cose.” gli risposi.
“Ah bene! Sono molto felice che con lei ti trovi bene. Chissà che consigli ti avrà dato…” maliziosamente la sua mano arrivò in mezzo alle mie gambe, provai un brivido. “E dimmi, quanto è rimasto sulla carta?”.
“Credo siano rimasti circa duecento euro. Posso continuare ad usarla?”.
“Ma certo che puoi, non c’è nessun problema, usa quei soldi come vuoi.” nel portafoglio oltre alla carta avevo messo i primi soldi che mi diede Domenico, sentivo che se non gli avrei spesi durante quella settimana, allora molto probabilmente non lo avrei mai fatto. Lentamente mi rilassai e, come era ovvio, caddi in un sonno profondo. Non sono mai stato un gran dormiglione durante i viaggi in macchina, ma quella volta non riuscì a resistere, soprattutto perché quella notte non avevo quasi dormito. Aprì gli occhi dopo circa un’ora, ci eravamo fermati in un autogrill per fare benzina. Zio mi chiese se dovessi andare al bagno o se avessi voglia di fare colazione, ne approfittai per sgranchirmi le gambe e prendemmo un caffè.
“Come facciamo quando arriviamo al bed and breakfast? Se mi vedono così poi come faccio a… hai capito?” chiesi.
“Oh, si ho capito perfettamente. Bhe se vuoi puoi cambiarti in macchina. Anche qui nel parcheggio, non credo che al bagno sia semplice visto il traffico che c’è…” indicò la coda di persone che entravano e uscivano dai bagni, effettivamente sarebbe stato un problema cambiarmi nel bagno degli uomini in quel momento, avrei avuto addosso gli occhi di tutti soprattutto quando sarei uscito.
“Credo mi cambierò in macchina, ho già qualcosa in valigia. Non ci metterò tanto.”.
“Va bene, allora andiamo così ti cambi, non preoccuparti non abbiamo fretta.” finì di bere il caffè e tornammo alla macchina. Zio accese il motore e lentamente andò a fermarsi in una zona più isolata della stazione di servizio, appena prima del parcheggio riservato ai camion, accostammo vicino ad una siepe. Zio scese e controllò se ci fosse qualcuno nelle vicinanze, dopo un breve giro aprì il cofano, prese la mia valigia e me la passò.
“E’ tutto tranquillo tesoro, fai pure la tua magia!” presi la valigia e velocemente iniziai a tirar fuori i vestiti. Presi subito i leggins, una felpa grigia, una t-shirt bianca e le scarpe di Monica. Mi spogliai velocemente, rimasi solo con le mutandine e il reggiseno e poi iniziai a mettere una cosa dopo l’altra. Cercavo di non pensare a dove mi trovassi anche se non mi sentivo per niente in imbarazzo. Quando ebbi finito, presi la trousse dei trucchi, Monica nell’astuccio aveva messo praticamente tutto l’occorrente, inclusi pennelli e le spugnette. Velocemente passai la spugnetta con il fondotinta, poi con il rimmel feci un contorno agli occhi, il solito mascara e poi una passata di rossetto. Sciolsi i capelli, diedi qualche colpo di spazzola sperando di sistemarli, presi gli occhiali (oramai non sapevo più farne a meno) e li misi sul naso. Feci un cenno a Domenico per fargli capire che saremmo potuti ripartire e lui salì velocemente in macchina, mi guardò stupito, come al solito, mi diede un bacio sulla guancia e disse che ero bellissima. Ripartimmo e macinammo gli ultimi chilometri che ci separavano dalla città. Arrivammo al bed and breakfast, un palazzo in una via parallela, abbastanza tranquilla e silenziosa, del corso principale della città. Non ero mai stato a Pescara, anche se di certo mi ero già fatto un’idea di come dovesse essere la città, e non mi ero sbagliato. Tutte quelle vie a decumano uguali le une alle altre, il lungo mare (che in quel periodo dell’anno, proprio in bassa stagione poi) deserto e freddo… Insomma non era proprio il massimo.
Mentre stavamo scaricando le valige dalla macchina, all’improvviso mi venne in mente che saremmo dovuti per forza passare per la reception e fare il check in. Come avrei fatto con i documenti? Non ci avevo minimamente pensato fino a quel momento, all’autogrill ero stato talmente preso dall’eccitazione che la mia mente non aveva nemmeno preso in considerazione il problema. Chiamai velocemente Domenico per dirglielo mentre cercavo di perder tempo fingendo che la valigia fosse troppo pesante da sollevare, intanto mi tenevo in disparte, come se cercassi di nascondermi dentro al cofano dell’auto.
“Non preoccuparti, ci ho già parlato per telefono, non ti chiederà i documenti.” disse.
“Ma… in che senso scusa?”.
“Tranquilla, gli ho raccontato una bella storiella, sa che sei mia nipote e che attualmente stai facendo un “percorso particolare” se così lo possiamo chiamare. Non ti chiederà i documenti, già ci ho pensato io a mandarglieli. Mi ha garantito la massima discrezione.” quasi mi sussurrò le parole per paura di farsi sentire. Capì subito cosa intendeva dire, aveva già mandato via mail i documenti per il check in mentre riguardo a me, aveva sicuramente detto che stavo facendo un percorso per il cambio di sesso e che ero in attesa di finire le pratiche per ottenere i nuovi documenti aggiornati. Avrebbe dato la colpa alla burocrazia italiana per le lunghe attese riguardo lo svolgimento delle pratiche dei documenti e avrebbe chiesto di chiudere un occhio, anche per risparmiarmi un eventuale imbarazzo. Quando entrammo, il signore alla reception ci salutò, ci diede le chiavi della stanza, disse che i pacchi che aspettavamo erano già stati portati in stanza e ci augurò un piacevole soggiorno. Non disse altro, non fece nessuna storia. Rimasi molto colpito da tutto ciò, non sapevo bene cosa pensare.
“Hai visto? E’ andato tutto bene, non c’è di che preoccuparsi.” mi sussurrò Domenico mentre andavamo verso la nostra stanza. Una volta dentro, trovai sul pavimento, davanti al letto matrimoniale, tre scatoloni. Per fortuna non erano enormi, erano riusciti a raggruppare bene le cose che avevo comprato. Sistemammo i nostri vestiti negli armadi, lasciai i vestiti maschili nella valigia che riposi sotto il letto e misi tutto il resto a posto, poi iniziai ad aprire i pacchi. Zio Domenico era curioso di sapere cosa avessi comprato. La prima cosa che tirai fuori furono gli stivali, gli piacquero molto, diceva che erano molto eleganti, poi vennero fuori i maglioni e le felpe, i body di pizzo (riguardo ai quali zio disse che non vedeva l’ora di vedermeli addosso per potermeli sfilare) e poi i body con il dolce vita.
“Vedo che hai preso tutte cose per essere sempre pronta all’evenienza eh…” disse indicando la chiusura a bottoni sull’inguine dei body con il dolce vita. “Questi si slacciano facilmente…”.
“Li ho presi proprio per quello.” la mia risposta ammiccante bastò a farlo venire da me, la sua mano corse subito lungo il mio inguine, tastò appena la forma e poi mi baciò. Continuai a spacchettare tutto il resto della roba, all’improvviso venne fuori una scatola nera, capì che erano le protesi del seno.
“E quello che cos’è?” chiese Domenico.
“Oh, niente una cosa che ho preso, diciamo in più.” cercai di sviare il discorso finendo di mettere a posto le cose nell’armadio, poi presi la scatola delle protesi e con una scusa andai in bagno. Poggiai la scatola sul lavello, quando l’aprì trovai i seni di lattice sigillati in due sacchetti di plastica. Li strappai facendo molta attenzione e tirai fuori i seni. A prima impressione, erano chiari, pesanti e freddi, abbastanza morbidi ma con un’anima piuttosto rigida al loro interno. I capezzoli erano di un marrone abbastanza chiaro. Sono leggermente più chiari dei miei, pensai. Li poggiai delicatamente nella scatola e mi spogliai. Tolsi il reggiseno, rimanendo a petto nudo. Naturalmente capì subito come avrei dovuto indossarli, li inserì nelle coppe del reggiseno e poi facendo attenzione, infilai le braccia nella spalline. Sentire il loro penso, il freddo del lattice a contatto con la pelle, erano tutte sensazioni stranissime. Allacciai il reggiseno e mi guardai allo specchio, i seni sembravano della giusto proporzione, anche se si intravedeva, di poco, lo stacco cromatico tra la mia pelle e il lattice. Mi guardai frontalmente e poi di profilo, li toccai, sentì la loro sostanza. Inevitabilmente mi scappò un grande sorriso. La mia nuova immagine allo specchio mi piaceva da morire, il pizzo rosso del reggiseno nascondeva appena le forme dei miei nuovi capezzoli, mi piaceva ciò che vedevo.
Aprì leggermente la porta, misi la testa di fuori e vidi Domenico di spalle mentre era occupato a piegare le scatole vuote.
“Ehi, amore.” lo chiamai così, lui si girò subito. “Posso farti vedere una cosa?”.
“Si, certo.” uscì allo scoperto, aprendo la porta e camminando verso di lui mi feci vedere nella mia nuova versione.
“Che ne pensi?” chiesi con una buona dose di ansia “E’ stato un suggerimento di Monica…”.
Mi guardò fisso, appena si rese conto di cosa aveva davanti rimase senza parole, non credo che se lo sarebbe mai aspettato.
“E’ meraviglioso.” si avvicinò a me ed allungo la mano per toccarmi un seno, sentì il suo peso, la sua consistenza. “Non ne avevo mai visto uno così da vicino. Sapevo esistessero ma… insomma sono fatti davvero bene!” esclamò.
“Li ho presi per te. Per calarmi meglio nella parte.” dissi.
“Ma dici davvero?” mi chiese incredulo “Davvero sentivi un bisogno così grande?”.
“Si. So che può sembrare strano ma lo volevo davvero, non ci avevo mai pensato finchè Monica non me li ha fatti vedere. In quel momento ho capito che mi sarebbero serviti. Se devo essere tua nipote, voglio esserlo anche in questo modo.”.
“Non pensavo ti stesse così a cuore la questione…” zio sembrava non trovare le parole, pensai che forse lo avevo scandalizzato con la mia euforia.
“Te l’ho detto, mi piace tutto questo e se lo devo fare voglio farlo come si deve.” lo abbracciai e ci baciammo. Sentì le sue mani lungo la mia schiena, mi toccavano, stringevano i miei fianchi. In quel momento avrei voluto che mi portasse sul letto e mi prendesse come faceva di solito, ma non successe nulla.
“Che ne dici se andiamo a farci una bella passeggiata e poi ci facciamo un bel pranzetto insieme? Dovrò andare in ufficio dopo pranzo per sbrigare alcune cosette e poi da domani inizierò a lavorare come al solito. Iniziamo a goderci questa settimana insieme…”.
“Vado subito a vestirmi!” lo baciai e poi andai a cambiarmi. Andai in bagno e con la solita calma e precisione, misi lo smalto rosso alle mani. Quando si asciugò iniziai subito a prendere i vestiti nuovi, aprì una busta di collant e ne tirai fuori un paio, li indossai e poi misi il body a dolcevita bianco. Misi una felpa grigia, un paio di jeans e poi misi le decolleté rosse. Uscì dal bagno, pronto ed impaziente di uscire in pubblico per la prima volta. Presi dalla valigia una sciarpa ed un cappello di lana che avevo portato per sicurezza. Domenico era già pronto, senza togliermi gli occhi di dosso, aprì la porta ed uscimmo alla velocità della luce. Passai davanti alla reception, il proprietario mi salutò sorridente, mi domandai quanto sapesse effettivamente sul mio conto… insomma non era facile da intuire, fino a quel momento mi ero semplicemente limitato ad immaginare cosa Domenico avrebbe potuto dirgli. Uscimmo in strada, questa volta non fu come il giorno della cena, forse perché non eravamo nella nostra città natale, insomma non sentivo minimamente gli occhi del mondo addosso, del resto eravamo due estranei lì. Iniziammo a camminare, lentamente arrivammo al corso che sfociava sul lungo mare. Ci mischiammo alla gente che affollava i marciapiedi, davanti ai negozi. Nonostante continuassi a ripetermi che non ci conosceva nessun lì, facevo fatica a non guardare in basso, incrociare lo sguardo delle altre persone mi risultava ancora difficile ed imbarazzante. Guardai Domenico, lui non sembrava minimamente preoccuparsi, mi prese la mano mentre lo sentii dire che era bello godersi una bella mattinata come quella in compagnia di sua nipote. La sua stretta di mano mi aiutò, mi sentì più forte, più a mio agio ed iniziai a camminare a testa alta.
Ogni tanto davo un’occhiata a qualche vetrina, non avevo intenzione di compare nulla, ma mi piaceva guardare qua e là. adocchiare qualche vestito oppure un paio di scarpe. Arrivammo sul lungo mare, mi resi conto che si stava per alzare un bel vento. L’umidità e la salsedine ci investirono, il profumo del mare, unito a quel sole e quel vento quasi invernale, era qualcosa di unico. Forse era la prima volta che vedevo il mare d’inverno e tutto mi sembrava così bello. Ci sedemmo su una panchina, proprio sul lungo mare, davanti alla pista ciclabile dove passavano i ciclisti ed i runners. Il vento iniziava a farsi sentire, misi la sciarpa attorno al collo, i miei capelli iniziavano a volare da ogni parte, cercai di sistemarli alla bene e meglio e finì per ripararmi contro la spalla di Domenico. Ripensando a quella scena, dovevamo proprio sembrare una coppia di innamorati… lui l’uomo maturo, ovviamente splendido, ed io la ragazza forse troppo seria e mentalmente matura per preferire un ragazzo della mia età, che per questo aveva deciso di lasciarsi conquistare da uomo maturo e serio come Domenico. Nella peggiore delle ipotesi qualcuno avrebbe potuto pensare a lui come il vecchio pervertito che va a caccia delle ragazze giovani ed immature sol ed unicamente per divertirsi ed affermare facilmente la sua virilità, mentre a me come la solita puttanella in cerca un uomo maturo da spennare e da far sentire importante in cambio di un mantenimento economico e per colmare un vuoto emotivo. In entrambi i casi, io ero felice di essere lì, abbracciato a lui in quel momento.
“Hai freddo?” si era accorto che mi stavo stringendo a lui.
“Un pò. Questo vento è bello umido.” mi stringevo sempre di più a lui, il suo braccio mi passò sulle spalle, tirandomi ancora di più verso si lui. Senza dire nulla, mi avvicinai alla sua bocca e lo baciai. Sentì il calore delle sue labbra, la lingua che si muoveva appena. Tirai su le gambe, sentendo il freddo sulla parte dei piedi lasciata scoperta dalla forma delle decolleté, e mi rannicchiai sulla panchina come per avvicinarmi ancora di più a lui. Cominciamo a baciarci, tenendoci le mani strette l’un l’altro. La gente camminava, correva, pedalava del tutto ignara di noi due. Mi rendo conto solo adesso che in un certo senso stavo vivendo un sogno. Ero lì, con l’uomo che amavo tutto per me, nessuno poteva disturbarci perché nessuno sapeva niente di noi. Facemmo gli innamorati per buona parte della mattina, camminando lentamente, spostandoci da una panchina all’altra e senza tener conto del tempo che passava. Quando si avvicinò l’ora di pranzo, Domenico mi chiese se avessi fame. Non riuscì a dirgli di no.
“Andiamo, da queste parti c’è un ristorante di carne che mi ha fatto conoscere un collega l’ultima volta che sono venuto qui. E’ ottimo!” mi prese la mano e ci incamminammo, lasciammo il lungo mare e tornammo a perderci nelle vie del decumano della città. Dopo una decina di minuti, quando oramai il vento marino sembrava essere sparito, arrivammo al ristorante. Ci fecero accomodare nella sala principale, il ristorante era diviso su due sale, più la tettoia all’esterno. Non sembrava essere molto frequentato, ma dovetti ricredermi presto perché appena ci sedemmo, il locale iniziò a riempirsi. Dopo qualche minuto passato a sfogliare il menù, decisi di ordinare una tagliata di pollo, zio invece ordinò una tagliata argentina, con un bel contorno di patate alla brace, che ovviamente gli rubai in piccola parte. Il nostro pranzo carnivoro fu accompagnato da una bella bottiglia di Montepulciano d’Abruzzo. Cercai di fare attenzione a non berne troppo, sentivo che era molto forte come vino, avevo paura che l’alcool mi avrebbe fatto inciampare e rovinare i tacchi, oltre a farmi fare una pessima figura. Mentre mangiavamo notai alcuni sguardi provenienti da un tavolo vicino, due coppie (entrambi marito e moglie) sembrava si stessero godendo il pranzo quando improvvisamente una delle due signore probabilmente si accorse di me. La vidi gesticolare e parlare con la sua amica, più volte mi guardarono, quasi squadrandomi con una lieve punta di disprezzo mista ad oscenità, anche se a parer mio, c’era anche una buona dose di invidia… Ovviamente anche i mariti mi guardarono, guardarono anche Domenico con lo stesso sguardo delle mogli. Sapevo che in realtà stavano facendo finta, che altro avrebbero potuto fare con le mogli lì davanti a loro. Ero sicuro che in realtà avrebbero voluto essere al nostro tavolo, al posto di zio Domenico e godersi la compagnia di un’amante giovane e sessualmente più attiva e vogliosa delle loro vecchie e frigide mogli che molto probabilmente avevano smesso di succhiare i loro i cazzi da tanto tempo per ricoprire il ruolo della classica moglie fedele tutta casa, lavoro e chiesa. Chissà se invece le mogli erano innocenti, magari la colpa era la loro… Quasi scoppiai a ridere appena li immaginai a letto mentre si concentravano per cercare di tenere l’erezione per soddisfare quelle povere mogli che sicuramente non si facevano una bella cavalcata da tanto, troppo tempo.
“Ti sei incantata?” mi chiese Domenico.
“Oh, si… no non è nulla, dietro di te in strada è passato uno con un cane bellissimo.” sorrisi cercando di dimenticare la storia e finì la mia tagliata. Ordinammo il caffè, nonostante avessi mangiato poco mi sentivo sazio, il vino sembrava non aver avuto nessun’effetto. Mentre aspettavamo il cameriere con i caffè, mi alzai per andare al bagno. Passai vicino al tavolo incriminato, il rumore dei tacchi riecheggiava per tutta la sala, con passi decisi, fermi e con la testa alta, muovendo i fianchi quasi per metterli in mostra. Sentì di nuovo gli occhi addosso di quelle due vecchie bigotte, frigide ed invidiose. Aprì la porta dell’antibagno e poi, con tutta la sicurezza del mondo, aprì quella con il disegno della signorina in gonna. Uscì dal bagno e mi lavai le mani. Quasi mi dispiacque che non c’era nessuno in fila che potesse vedermi. Tornai al tavolo dove mi attendeva il caffè, lo sorseggiai ancora caldo, notai qualche segno di rossetto sul bordo della tazzina. Ci alzammo, Domenico pagò il conto ed uscimmo.
“Tra poco devo andare in ufficio tesoro, dobbiamo tornare al bed and breakfast.”.
“Lo so, te lo volevo chiedere infatti. Quanto tempo abbiamo?” chiesi.
“Oh non preoccuparti non c’è fretta, siamo in tempo.” lentamente ci incamminammo, ripercorrendo il lungo mare ed il corso tornammo al b&b. Questa volta non c’era nessuno alla reception. Entrammo in camera, mi tolsi la sciarpa ed il piumino e mi buttai sul letto. Domenico iniziò a cambiarsi, quando lo vidi di spalle, in mutande non riuscì a resistere.
“Ehi, amore.” lui si girò subito, mi guardò mentre mi giravo sul letto. Si avvicinò finchè non mi ritrovai disteso di pancia sul letto, le gambe piegate ed incrociate verso l’alto mentre lui era di fronte a me. Muovendomi appena mi avvicinai alle sue mutande.
“E’ stata una bellissima mattinata…” dissi. “Sono molto felice di essere qui con te sai?” iniziai ad accarezzargli le cosce, salendo lentamente verso l’inguine.
“Sono io il primo ad essere felice che tu sia qui con me” mi rispose. Con delicatezza accarezzai il pacco che sembrava reagire alle mie mani leggere.
“Grazie per il pranzo, avevi ragione, il ristorante era ottimo” dissi mentre con la mano sentivo la forma del suo cazzo diventare sempre più forte sotto il cotone.
“Te lo avevo detto… comunque che intenzioni hai? Non ho tanto tempo, lo sai che devo andare al lavoro…” non sembrava per niente contrariato dalle mie carezze.
“Non voglio farti perdere tempo, voglio solo ringraziarti per avermi portato con te, e per il pranzo.” tirai giù gli slip e per l’ennesima volta il suo cazzo saltò fuori davanti al mio viso. Sentì di nuovo quell’odore di maschio che tanto amavo, mi avvicinai al pube, baciai i peli e poi lentamente con la punta della lingua passai lungo il cazzo semi eretto, arrivando alla cappella. Lo presi in mano, feci entrare la cappella in bocca ed iniziai ad assaporarlo. Lentamente lo sentì crescere dentro la bocca, iniziai a succhiare, poi toccò alla lingua.
“Oh… vuoi farmi andare al lavoro felice e contento eh?” mi chiese zio.
“Esatto…” dissi staccandomi velocemente dal suo cazzo, poi lo ripresi in bocca e senza fermarmi un attimo iniziai a succhiare avidamente, facendo girare la lingua attorno alla cappella. Mi concessi un attimo di pausa, staccandomi da lui e andando a mettere il viso contro le sue palle. L’asta bagnata di saliva mi macchiò le lenti degli occhiali. Lo feci tornare in bocca, questa volta succhiai più forte di prima. Alzai una mano, iniziai a masturbarlo, non volevo che lui facesse nemmeno una mossa, volevo che quello fosse un regalo, non avrebbe dovuto impegnarsi per godere, avrei fatto tutto io.
“Oh si amore… mmmmh continua…” ansimò Domenico. Iniziai a sentire un primo sapore di pre sperma, capì di essere vicino… Lo masturbai con più foga, senza mai mollare il ritmo con la lingua. Lo sentì all’improvviso che quasi si piegò su di me.
“Oh amore ecco..!” lo sperma iniziò e riempirmi la bocca. Non mi colse di sorpresa, anzi, non vedevo l’ora. Era un po’ che non mi veniva in bocca… quasi ne sentivo il bisogno. Finì di spremerlo, fino all’ultima goccia di succo mentre i miei occhi erano fissi sul suo viso. Lo vidi godere. La mia bocca era piena di lui. Facendo attenzione lo feci uscire, stando attento a non perdere nemmeno una goccia come al solito, mi resi conto che stavo iniziando ad acquisire una certa abilità nel tenere le sperma in bocca. Lo guardai con le guance gonfie, quasi volendo esagerare l’eccessivo carico di sborra che stavo tenendo in sospeso. Mi piaceva pensare che questo lo facesse sentire virile, poi con un colpo di gola, butta tutto giù. Dopo averlo ingoiato aprì la bocca, tirai fuori la lingua facendogli vedere il palato vuoto. Lo guardai sorridente, dandogli un ultimo bacio sul suo cazzo esausto e grondante.
“Ora si che posso andare al lavoro.” ammise con un leggero fiatone mentre mi accarezzava il viso. Non smettevo di guardarlo, finchè mi accorsi delle macchie di saliva sulle lenti neutre.
“Credo che dovrò lavare gli occhiali”.
(Racconto tratto da una storia vera. I nomi dei personaggi e alcune vicende sono stati modificati per proteggere la privacy dei diretti interessati. Per qualsiasi informazione, suggerimento o domanda potete scrivere a: forbidden.fantasy@outlook.com)



scusa, al quarto sono bloccato!
ti ringrazio, mi fa molto piacere sapere che ti sia piaciuto! il secondo capitolo l'ho completato. nel terzo sono bloccato.…
ne ho scritti altri con altri nick...spero ti piacciano altrettanto.
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Ti ho scritto, mia Musa....attendo Tue...