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Racconti erotici sull'Incesto

La montagna incantata

By 27 Ottobre 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

LA MONTAGNA INCANTATA

Il titolo me l’ha suggerito il libro di Thomas Mann, dove Hans &egrave un “giovane avido di conoscere i miracoli della vita, di essere portato alla demoniaca capacità d’esperienza”, nel quale le “avventure della carne hanno potenziato la sua semplicità, e gli hanno permesso di superare nello spirito ciò che potrà sopravvivere nella carne”.
Io sono Gianni, l’equivalente del tedesco Hans.
Lei &egrave imponente, solenne, a partire dal nome: Cunegonda. Nome che deriva dall’antico tedesco e che significa ‘colei che combatte per la stirpe’. Si dice che, sposa del duca di Baviera poi divenuto imperatore, lei e il consorte fecero voto di vivere in perpetua verginità.
La Cunegonda in questione, per gli amici &egrave Cuny.
Il volto &egrave splendido, dolce, languido. Incorniciato da lunghi capelli neri, lisci, lucidi, che le giungono ai fianchi. Occhi grigi, dai riflessi metallici, magnetici.
E’ alta ‘qui &egrave il problema- 182 centimetri, e pesa quasi 83 chili! Non &egrave grassa, perché il suo IMC, indice di massa corporea, &egrave 25, cio&egrave al limite superiore della normalità. Non &egrave neppure considerata soprappeso. Comunque &egrave maestosa, ma nulla di sproporzionato. Seni e fianchi rigogliosi, vigorosi. Ma non ballonzola niente. Tutta quella struttura grandiosa sembra fatta di granito.
E’ una donna che non può lasciare indifferenti: attrae, affascina, seduce, strega, incanta, inebria. Insomma, quando la vedo mi eccito, la immagino ‘nature’, come una montagna incantata, appunto. Questo da sempre
E’ alla vigilia dei quaranta, ma gliene daresti dieci di meno. Cura la persona, fa ginnastica, footing, cyclette. Con misura. Le sue gambe, in splendida armonia col resto, hanno caviglie snelle. In costume da bagno &egrave uno spettacolo. Si rimane piacevolmente sorpresi da un ventre piatto, cosce senza smagliature. Il volume del seno fa sognare. E l’eccitazione aumenta.
A me Cuny piace da morire. Da sempre.
Io non sono un pigmeo, sono alto un metro e settantadue, peso 65 chili. Comunque, anche usando, lei, scarpe dal tacco bassissimo, per bene che vada &egrave sempre almeno dieci centimetri più alta di me!
Quando é in piscina non si immaginerebbe la sua agilità, la rapidità nel nuoto, la quasi immobilità del seno.
Io rimango a guardarla, ammaliato, e devo restare seduto, per celare, alla meglio, la evidenza della mia eccitazione.
‘Gianni, vieni? Ti tuffi?’
Mi tuffo, la raggiungo, nuotiamo insieme. Poi ci avviamo alla scaletta. Sale prima di me. Mi sembra di svenire. Sono abbagliato dalla ‘montagna incantata’.
Qualche volta, non so se fortunatamente o purtroppo, l’aiuto ad asciugarsi la schiena. Abbassa le spalline, i suoi globi paradisiaci sono evidenti. Nell’asciugarla’. capita’ sì può capitare’ di sfiorare quella grazia di dio. Sono duri, e si mantengono benissimo su, malgrado, credo, siano una quinta’ Non parliamo delle cosce marmoree, e dei glutei spettacolari, eccezionali, favolosi, meravigliosi, invitanti, stimolanti, desiderabili, appetibili’ Devo fare le acrobazie per nascondere l’erezione che mi tormenta. Poi, quando proprio non resisto più, e asserisco che mi sembra asciutta, mi bacia sulla guancia e mi ringrazia.
‘Ora mi cambio, Gianni”
Esco dalla cabina. Non la chiudo del tutto, rimango davanti, cerco di spiucchiare, uno spettacolo incredibile, stupendo, eccezionale’ sento che devo allontanarmi, sto quasi per’
Ho dinanzi agli occhi il folto boschetto riccioluto del suo pube, ho intravisto, qualche volta, il suo sesso’ ci ho pensato e ci penso sempre, a lungo. Chissà se tutto &egrave in proporzione. Come si dice, se tanto mi da tanto. Allora cosa ha là, una caverna? Ho navigato alla ricerca della spiegazione. Le risposte sono univoche: una vagina non supera mai, neppure in stato di eccitazione, la lunghezza di 9,5, massimo 10,5, centimetri e il suo diametro massimo non supera i 6,25 cm.
Dunque, io il mio l’ho attentamente misurato, e con prudenza, senza barare per modificare le dimensioni. E’ lungo poco più di 17 centimetri, e misura una circonferenza tale che dentro non sguazzerebbe, Avevo pensato che avrei dovuto ‘costeggiare’ in una vagina come quella, invece sarebbe stata una immersione, e neppure fino alla radice!
Ogni tanto, logicamente, facevo una navigazione in ‘solitario’, ma era inappagante e frustrante.
Avevo cercato una donna di una stazza analoga. Non bella come Cuny, certo, ma abbastanza gradevole, e non sformata, floscia, malgrado le dimensioni. Era vero, il mio pisellino non ci si sperdeva dentro. Anzi. Ma forse era anche la professionalità della partner del momento a darmi questo senso di sicurezza.
Credo che si sarà capito che Cuny &egrave mia madre.
Il suo uomo, mio padre, era partito per il Transvaal quando avevo un anno. E se ne era perduta ogni traccia.
Cuny ha pensato solo a me.
Sono sicuro che qualche maschietto lo avrà avuto, così giovane ed esuberante come &egrave, ma non se ne &egrave mai fatta accorgere, e nessun uomo &egrave entrato nella sua camera da letto. A parte me, logicamente.
La sua camera da letto: il mio miraggio, prospettiva seducente, sogno irrealizzabile.
Cuny era area manager per la vendita di prodotti altamente sofisticati, ma se la cavava benissimo, ed abbiamo sempre vissuto con un certo benessere.
Senza farsene accorgere, mi ha instradato sulla strada dell’elettronica, e sono al mio primo anno di università.
Comunque, il chiodo fisso &egrave lei.
L’ipocrisia formale di certo perbenismo esteriore, che ha portato a norme puritane e negatrici dell’evidenza, non mi consente di descrivere i miei turbamenti del passato’
Cominciamo da oggi.
Ho detto turbamenti, ma &egrave sintetizzare troppo, in essi sono compresi curiosità, emozioni, inquietudini, ansie, smarrimenti, sconvolgimenti. Fino a ciò che &egrave oggi: tormento continuo, ossessione!
Desiderio di vederla, sempre e soprattutto in un certo modo. Mi sono anche chiesto, e l’ho domandato anche allo psicologo, se fosse una manifestazione voyeristica. Ne sono stato rassicurato. Non &egrave spiandola che appago la mio brama.
Non resisto senza toccarla.
E mi eccito, enormemente.
Non so neppure se lei se ne sia accorta o meno. Devo, però, riconoscere da qualche tempo in qua indulge in carezze, mi coccola, mia abbraccia e bacia nei momenti più impensabili. Quando studio, o l’aiuto ad apparecchiare.
Vado dietro lei, mentre &egrave intenta a lavare qualcosa, in cucina. Mi stringo a lei. E’ bellissimo. Di solito in tali occasioni non &egrave molto vestita. Una vestaglia e forse solo slip e reggiseno. Come fa a non percepire la mia pressione. L’eccitazione &egrave evidente, le urge tra le prosperose e sode natiche. L’abbraccio &egrave soprattutto una robusta e prolungata abbrancata di tette. Forse mi sbaglio, ma mi &egrave sembrato che i suoi capezzoli si ergessero prepotentemente.
Mi soffermavo dinanzi alla sua camera da letto, orecchiavo, spiavo dal buco della serratura, dallo spiraglio che a volte lasciava aperto.
Era il ‘Sancta Sanctorum’, il ‘tà hagia ton hagion’ dei Greci, il luogo santo tra i santi, dove &egrave ammesso solo il grande sacerdote. E quello, purtroppo, non ero io. Sorridevo ‘sì riuscivo a sorridere- pensavo che era una ‘carica vacante’.
Cuny, non so perché, mi chiese se mi desse fastidio uscire con lei, farmi vedere con lei, al ristorante, in piscina, al cine. Non so se, in fondo, fosse lei a non trovarsi a proprio agio, assieme a me, tra la gente. Potevo comprenderlo, io le impedivo qualche possibile corteggiatore, e potevo anche dare l’impressione di essere il capriccio di quel tocco di femmina che riempiva la vista. Nessuno l’avrebbe presa per mia madre. Io dimostravo qualche anno in più e lei dieci meno della sua età. Diciamolo francamente, non era una bella coppia, a vedersi, quella che ballava, col cavaliere dieci centimetri più basso della dama. Ritorsi la domanda, e come risposta ebbi una carezza, un bacio, e un sorriso.
‘Stupido, sono orgogliosa di stare con te.’
Quel giovedì tornò a casa, bella e fresca come sempre. Venne nella mia camera, dove studiavo, e mi disse che il suo Company Club organizzava una breve crociera, sabato, domenica, lunedì, e le sarebbe piaciuto andarci.
‘Gianni, ci andiamo?’
‘Devo venire anche io?’
‘Certo, e con chi, allora?’
‘Credevo che”
‘Non fare lo scemo’ non fantasticare”
‘Eh no, mamma, lasciami almeno la fantasia”
‘Non quella a cui accennavi maliziosamente. Allora, prenoto?’
‘Con piacere.’
‘OK. Si parte la sera di venerdì, da Civitavecchia, si va in Sardegna, poi in Sicilia, dove si rimane la domenica, il mattino dopo ad Amalfi, e il martedì alle sei si sbarca a Civitavecchia.’
‘Splendido.’
‘Io dico di portare poche cose. Costume da bagno e abiti comodi e pratici.’
‘D’accordo.’
E così, alle diciassette e trenta del venerdì, incontro dei gitanti, una trentina, al Social Club. Partenza per Civitavecchia.
In pullman eravamo nell’ultima fila.
Cuny era seduta vicino a me. Splendida, con volto radioso, contento. La guardavo continuamente. Pensavo che sarebbe stata una splendida lottatrice classica. Aveva forme incantevoli e una forza incredibile. Glielo dissi. Mi sorrise.
‘Credi?’
‘Certo, col tuo fisico’!’
E fu naturale che le stringessi la coscia, la saggiassi.
Poco più di un’ora e fummo al porto.
Nave moderna, elegante. Non molto grande.
Ci imbarcammo, fummo accompagnati in cabina. Solo allora compresi che avrei condiviso la cabina con Cuny. Bella, ampia, con splendido balconcino sul mare. Due lettini! Un bagno!
Io rimasi sorpreso, non lo nego. Mamma, di certo, doveva saperlo, perché non mostrò di trovarsi di fronte a una cosa inaspettata.
Sedetti sul mio letto, cominciai a fantasticare’
Mamma venne vicino a me, sedette accanto.
‘Gianni, cosa stai meditando? Forse ti scoccia che stiamo nella stessa cabina? Io lo sapevo, non te l’ho detto perché’ perché’ ho pensato che non fosse importante’Comunque’ ricorda quando dormivi nel mio stesso letto, abbracciato a me’ stretto stretto”
‘Ma no, ma’, non mi dispiace affatto, e come potrebbe? Potremo chiacchierare’ farci compagnia’ Certo che ricordo quando mi addormentavo abbracciato a te, era bellissimo’ mi sentivo al sicuro’ nel mio nido”
Cuny si chinò verso me, intenerita, mi abbracciò, mi strinse al suo seno, mi baciò, carezzò’
‘Il mio bambino”
La circondai con le mie braccia, appoggiai la testa sul suo petto’ era morbido, caldo, profumato’ ma quel contatto mi turbava, eccitava’
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Erano le otto della sera quando la nave si staccò dal molo, lentamente, e s’avviò al largo’
Scendemmo nella sala da pranzo, ero distratto, e alquanto confuso. Ma come sarei riuscito a dormire a così breve distanza dalla montagna incantata, Come era possibile! Chissà se nella cabina ci sarebbe stata sufficiente luce per vederla, nel sonno, ammirarla’ che tormento!
Non compresi neppure una parola di quanto il nostro accompagnatore stava spiegando, nel salone, con l’ausilio di una carta nautica e delle diapositive. Forse stava illustrando il programma, descrivendo i luoghi che andavamo a visitare. Ma cosa importava. Mamma era vicina a me, mi aveva preso la mano, l’aveva portata sul suo grembo e la teneva così. Oddio, sentivo le sue gambe sode, mi sembrava, addirittura percepire il morbido lanoso del suo pube, attraverso la leggera stoffa del vestito sportivo che indossava. Sarei certamente morto prima del ritorno!
Ci fu servito un drink di benvenuto. Mamma alzò il calice, disse cin cin, risposi meccanicamente. Mi era spiaciuto togliere la mano da dove stava. Era così bello.
Conosceva quasi tutti del gruppo. Mi presentò, con parole che volevano dire il suo orgoglio per un figlio così, la speranza nel suo futuro. Le solite parole di convenienza, qualche domanda sui miei studi. Un’amica, belloccia e sculettante, le disse che se non avesse saputo che ero suo figlio (e non immaginava che ne avesse uno di tale età) l’avrebbe invidiata. Ero proprio un ragazzo da non farsi scappare! E giù un malizioso ammiccare.
Cuny era la più bella, la più alta, la più robusta, la più affascinante, la più provocante, stuzzicante, eccitante, desiderabile.
Scalare la montagna! Idea assillante, tormento continuo.
E venne il momento di andare a dormire. Sì’a dormire!
Non sapevo se restare fuori della cabina, in attesa che si cambiasse. Non sapevo cosa fare. Mamma vide che ero indeciso.
‘Che fa, Gianni, &egrave troppo presto, non vuoi andare a dormire? Desideri restare ancora un po’?’
‘No, mamma, no”
Aprì la porta, entrò, attese che io entrassi, la richiuse.
‘Eccoci! Ti piace Gianni?’
‘Tutto bello, e poi stare con te, sempre, per alcuni giorni, dies noctaque, &egrave bellissimo, cosa posso desiderare di più?’
Andai a sedere in poltrona.
Aprì l’armadio, prese una stampella portabiti, tolse il vestito, lo appese, lo mise nell’armadio.
Tolse il vestito! Tolse il vestito! Restò in slip e reggiseno. Lì, di fronte a me, nella cabina. L’avevo vista in costume da bagno, al mare, in piscina, ma là era diverso, e poi lo slip non copriva nulla, e così il reggiseno. In quel momento non mi vennero in mente eufemismi, definizioni eleganti. Scoppiò un fulmine: ‘cacchio, che culo’ che tette”. La stavo guardando, incantato, ammaliato, rapito’ venne di fronte a me, mi sorrise’
‘Gianni’ ma non mi hai mai vista così?’
Scossi la testa.
‘No, mamma, no’ mai così”
Si avvicinò ancora. Dallo slip sbucavano neri riccioletti ribelli. Ero arrapato, come mai.
Si chinò su me, mi baciò.
‘Ma tesoro, sono la tua mamma, la tua mamma. Mi guardi in un certo modo’ stai bene?’
‘Benissimo ma’, benissimo’ sono incantato”
‘Lo vedo.’
Mi carezzava.
‘Sei bellissima”
‘Caro, mi vedi così perché sono la tua mamma”
‘No’ perché sei uno spettacolo di sogno..’
‘Adesso vado a fare una doccia, tesoro’ Lascio la porta del bagno socchiusa, lo sai che soffro di claustrofobia.
Acqua bollente sulla scottatura. Pensai questo!
Infatti, la visione era sconvolgente. Sulla mia pelle che bruciava di passione, di carnalità, concupiscenza, gli occhi trasmettevano la fiammante visione della sua nudità: tette’ culo’ sesso’ sesso’ sesso’ mi sembrava scoppiare. Avevo impulsi violenti’ alzarmi’ correre da lei’ rifugiarmi sul suo corpo’ nel suo corpo’
Finalmente il tormento visivo cessò, ma non l’eccitazione.
Rientrò in cabina, indossando l’accappatoio, con abili e agili movimenti, indossò la camicia da notte, rossa, corta, che lasciava intravedere i tesori che custodiva.
‘Il bagno &egrave libero, Gianni”
‘Si’ grazie”
Vi entrai, mi spogliai’ doccia fredda’ a lungo’ effetti non del tutto soddisfacenti. Cuny, quasi nuda, era a letto a un metro dal mio!
Tornai in cabina con un telo di spugna avvolto ai fianchi. Armeggiai per infilare i pantaloncini del pigiama, cercando di nascondere in essi la mia non sopita eccitazione. M’infilai sotto le coperte.
‘Non mi hai dato il bacio di buona notte, tesoro”
Prima che potessi rispondere, si alzò, si chinò su me, con le splendide tettone che quasi mi toccavano, mi dette una carezza, mi baciò. Non mi trattenni dall’abbracciarla, con foga, quasi mi cadde addosso’. Le belle tette sul mio petto’ e fu un bacio speciale’ Si alzò sorridendo.
”Notte’ tesoro”
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Dormire! Facile a dirlo! Come si può dormire quando si ha a un metro di distanza un ‘pro-memoria’ del genere. Mi sono messo a sedere sul mio lettino. Lei, su un fianco, con le ginocchia alquanto sollevate, il ché accentuava la linea del suo fondo schiena, era voltava dall’altra parte. Che schiena! La camiciola rossa copriva fin sotto le gagliarde natiche che indovinavo, più che vedevo, nel chiaroscuro della cabina.
La guardavo, guatavo ammaliato la ‘montagna incantata’ come l’alpino fissa la cima che brama conquistare. Con smania, frenesia, cupidigia, e nel mio caso anche e soprattutto concupiscenza.
Era lì, a portata di mano’ mi inginocchiai’ ci dividevano pochi centimetri, nascosta da un sottile velo rosso acceso’ appena un velo’ sarebbe bastato un soffio per sollevarlo’ ma un soffio, forse, l’avrebbe destata’ non volevo. I capelli, lunghi, giungevano fino ai fianchi, neri, corvini’ la mente vagava’ rosso e nero’ ‘Le rouge et le noir’ i personaggi di Stendhal, al secolo Henry Beyle’ ma io non avevo niente a vedere con Julien, né con Madame de Renal’ e Cuny di certo non mi avrebbe mai tradito e tanto meno io l’avrei’
Ma cosa c’entrava tutto questo’
Ero lì, era lì.
Allungai la mano’ timidamente’ presi l’orlo della camicia’ con due dita’ lo sollevai’ piano’ impercettibilmente’ un po’ di più’ ancora di più’ lentamente accompagnai la stoffa sul suo fianco’
Dio che spettacolo’ che cosce’ che fianchi’ che culo! Che incanto!
Non potevo trascorrere così, vicino a lei, quei maledetti giorni di crociera’ sarei morto d’infarto.
Azzardai a poggiare, leggera come una piuma, la mano sulla sua pelle. Liscia, tiepida, come il velluto d’una pesca matura. E soda nel contempo. Mossi la mano, in una lieve carezza. Che sensazione’ che dolcezza’ E che eccitazione! ‘Lui’ era sbucato fuori dei pantaloncini come un bompresso!
Scesi con la mano, risalii sulle cosce, la spinsi lentamente verso il davanti’ sulla pancia piatta. La piegatura delle gambe non mi consentiva di scendere dove avrei voluto. Tornai a carezzare le natiche’ Seguitava a dormire profondamente’ respiro regolare’ tranquilla’ Ormai stavo perdendo ogni cautela’ ero elettrizzato, incredulo’ la mia mano stava carezzando il meraviglioso emisfero di Cuny’ a pelle’ sì’era lei’ le mie dita stavano insinuandosi tra le sue natiche’ oddio’ un altro po’ e da me sarebbe scaturito fino all’ultima stilla del mio seme’ era tiepida, quella valle’ umidiccia’ ecco’ quel lieve raggrinzamento era certamente il suo piccolo buchetto. Si muoveva.. appena appena’
Cuny emise un profondo sospiro’
Mi ritrassi, rapido da cauto, senza movimenti bruschi’ pronto a tornare nel mio lettino’
Ancora un sospiro, e si mise supina, con le gambe lievemente dischiuse. La camicia era arrotolata al di sopra del pube.
Pensai che sarei svenuto’ anzi’venuto!
Ero sempre lì, con quel monte di Venere sotto gli occhi’ a portata di mano’ un boschetto folto, riccioluto, che riluceva nel chiarore che filtrava dallo spesso vetro della finestra colpita dal raggio della luna piena. Lo sfiorai con la mano. Sembrava vivere’ Era bellissimo. Sentii che quei ricci si arruffavano, avevano una vita propria. Ora lambivo le grandi carnose labbra. Chi lo avrebbe mai pensato che sarei riuscito a farlo, ne avrei avuto il coraggio’ Sentii la pelle liscia e serica come fremere, divenire pelle d’oca. Era bello passarvi i polpastrelli’ ed ancora di più inserirsi tra esse, cercare la valle del paradiso’ Una sensazione inimmaginabile’ Ora la pelle era perfino più liscia’ più calda’ umida’ Incontrai un qualcosa che sembrò germogliare al contatto con a mia mano’ fremere, vibrare’
Il respiro di Cuny stava cambiando, non aveva più il ritmo di prima, la regolarità’ temetti che si stesse svegliando’ forse stavo osando troppo’ dovevo smettere’ ma non avevo la forza di interrompere quel contatto, quella sensazione’ quel piacere’
Sì, il grembo di Cuny non era fermo come prima’ aveva piccoli sussulti. Neanche le gambe stavano ferme’
E’ stato come un raptus, un impulso incontrollabile, travolgente, violento. Mi sono alzato, chinato su quel corpo seducente, eccitante, provocante’ ho tuffato la mia testa tra quelle floride e vigorose gambe, in quel mare di riccioli, e la mia lingua s’&egrave tuffata tra le rigogliose labbra, tra quelle più piccole, ha titillato il concitato clitoride, l’ha penetrata, si &egrave infilata in lei, non facilmente’ stavo aspettando la reazione’ violenta’ burrascosa’ eco, le sue mani erano sulla mia testa, le dita trai i miei capelli’ stava certamente per giungere la tempesta, la disfatta definitiva del mio sogno’ avrei certamente perduto la fiducia, l’affetto, il sorriso di mia madre’ non avrei mai più potuto carezzarla’ neppure guardarla in viso’
Le sue dita si muovevano gentilmente, leggermente, dolcemente, teneramente, mi stringeva a lei e sussultava sempre più’ la ‘montagna incantata’ era percorsa da brividi, fremiti, come un vulcano che &egrave sul punto di esplodere’ e il suo gemito roco accompagnava il sempre più frenetico carezzare delle mani, sussultare del grembo’
‘Ooooooooooh, Gianni’. Tesoro’. Gianni’. Oooooooooh’..’
E nello stesso momento che la mia lingua fu aspersa dalla linfa del suo piacere, e il suo corpo era squassato da un orgasmo travolgente, impetuoso, voluttuoso, il mio seme ruppe ogni diga’
‘Gianni’ Gianni’. Vieni qui’ vicino a me, qui’ amore mio’ bambino mio’ Il mio uomo delizioso’ Vieni”
Tolsi frettolosamente i pantaloncini arricciati e bagnati, salii sul suo lettino, mentre lei sfilava la leggera camiciola, e il suo seno esplose in tutta la sua opulenza.
Lo baciai, lambii i capezzoli, duri come macigni, li succhiai golosamente, e il mio pennone virile era più in tiro che mai’
‘Vieni’ amore mio’ vieni”
Aprì le gambe’ le sollevò poggiandosi sui talloni’ mi attrasse a sé, in quella valle sognata. Ero in cima alla ‘montagna incantata’! Era il momento di piantare l’alpenstock, e il mio aveva la punta più dura del ferro. Lei lo prese, dolcemente, lo avvicinò alla sua rorida vagina, sentivo che vi sarei scivolato come in un letto di burro’ No! Non era contratta, era proprio stretta, deliziosamente stretta’ inarcò il bacino, per facilitare la mia penetrazione. Mi feci strada in lei, piano piano, dilatando le pareti pulsanti che mi carezzavano con infinita voluttà e che mi accoglievano con lenti, lunghi, deliziosi movimenti che mi facevano impazzire.
Mi guardava, con occhi accesi, nari dilatate.
‘Si amore’ si’ sono tua’ fammi sentire che sono tua, che sei mio’ tu sei mio’ sei carne della mia carne’ ed io sono tua’ questa &egrave la fonte della tua vita’ ora dammi tu la vita’ ti ho atteso da sempre,,, non ho conosciuto altro uomo che tuo padre’ sì’ amore”
E piangeva e rideva nel contempo. Mi aveva afferrato i glutei e guidava il mio muovermi che andava divenendo sempre più frenetico.
‘Mamma’ mamma’ ti voglio bene’ ti amo’. Sei bellissima’.’
‘Si, bambino’ sì’ la tua mamma ti vuole’ fammi sentire come e quanto le vuoi bene’ dammi tutto di te”
Cominciava a respirare, a gemere, sempre più forte, a sobbalzare’
‘Si, amore’ tutto’ sì’.siiiiiiiiiiii!’
E i nostri umori si fusero in lei.
Splendidamente!
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