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Racconti erotici sull'Incesto

La pecorella e i tre lupi cattivi

By 25 Novembre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Lucia era sempre stata una ragazza molto posata ed educata. Il suo amore per la cultura e quel suo vivere nel “mondo delle idee” l’avevano sempre resa “diversa” dai suoi compagni di liceo e, di fatto, le avevano impedito di avere una vera e propria “vita sociale”. Forse era stato questo pseudo-isolamento che, insieme a quel carattere un po’ sognante, l’avevano resa tanto “ingenua”. La sua vita era trascorsa sui libri fino a che amici comuni non le avevano fatto conoscere Antonio, un brav’uomo di una decina d’anni più i lei. Non fu grande amore, ma si volevano bene e si sposarono. Lui un uomo tranquillo, lei anche. Tutto andava bene così.

Poi, quando Lucia aveva appena 23 anni, nacque Andrea. Lucia avrebbe voluto tanti bambini ma Andrea sembrò un caso fortunato perché, dopo di lui, non arrivarono altri figli per la coppia. Lucia, che aveva lasciato l’università dopo il primo figlio, riversò sul figlio tutto l’amore che aveva, e questo aveva reso Andrea un ragazzino abbastanza viziato, molto lontano dal carattere candido della madre. Non aveva molti amici e, a dirla tutta, nemmeno si dannava l’anima per questo. Anche fisicamente aveva ripreso più dal padre. Era scuro di pelle, a differenza di Lucia che invece aveva una pelle molto chiara ma allo stesso tempo compatta, perfetta. Arrivato a 18 anni era poco meno alto della madre, 1.70 circa.

Quello che vado a raccontarvi è cosa capitò ad Andrea un giorno di Novembre. 

 

 

La professoressa di matematica aveva chiesto ad Andrea di aiutare 3 suoi compagni con le funzioni assicurandogli per questo un trattamento privilegiato per la sua pagella a fine anno. Andrea a malincuore aveva dovuto accettare, così, a fine scuola, si era trovato con i tre sul groppone: Gianluca, un ragazzo piccolino con lo sguardo vispo che Andrea aveva sempre considerato piuttosto viscido; Damiano, che a 20 anni (era stato bocciato due volte) ne dimostrava almeno 5 in più, era alto e con un fisico che, con tutta la palestra che faceva, non poteva che essere molto prestante; infine c’era Manolo, amico nonché sottoposto di Damiano, era altrettanto alto ma non altrettanto muscoloso. Andrea sapeva bene che con quei tre stava solamente sprecando il suo tempo. Un paio di pomeriggi e poi avrebbe detto alla professoressa che lui c’aveva provato e che non c’era niente da fare. Se la sarebbe cavata con poco, insomma. Intanto adesso si trovava a doverseli portare a casa a pranzo senza preavviso per sua madre… beh, lei di sicuro non gli avrebbe dato problemi per questo, anzi, sarebbe stata contenta di vederlo arrivare con degli amici… finalmente!
Il torpore di Andrea venne spazzato via quando la mamma venne ad aprirgli la porta: quella non era sua madre!!! Aveva una gonna poco sopra il ginocchio con delle calze con il filo dietro molto eleganti e scarpe con un leggero tacco e una camicettina bianca troppo stretta rispetto a quelle che era solita mettere. Ma cosa diavolo le era preso???
E’ presto detto: il marito ultimamente era diventato un po’ insistente nel chiederle di vestrsi più carina per rinfocolare un po’ il loro rapporto e quel giorno le aveva promesso di portarla a pranzo in un bel ristorante del centro. Lucia non aveva alcun bisogno di quel tipo di attenzioni, ma il suo carattere accomodante aveva avuto la meglio. Se il marito voleva quello, quello gli avrebbe dato. Inutile dire che Antonio aveva chiamato qualche minuto prima per dirle che avrebbe fatto un’oretta o forse due di ritardo.
I tre ragazzi quando la videro strabuzzarono gli occhi: nessuno aveva idea che la madre di quello stronzo d’Andrea fosse così fica!
In un attimo Andrea capì che era troppo tardi sia per dire ai ragazzi di rimandare il pomeriggio di studio, sia per dire alla madre di andarsi a cambiare. In ogni caso sarebbe stato troppo imbarazzante dirle una cosa del genere e probabilmente lei non ne avrebbe capito il motivo. Ed infatti Lucia salutò i ragazzi con sorpresa ma non preoccupandosi minimamente del suo abbigliamento. Anzi, aveva un piacevole senso di soddisfazione nel vestirsi elegante dopo tanto tempo.
I ragazzi salutarono un po’ imbarazzati e così Lucia usò tutta la sua gentilezza per far sentire a proprio agio gli amici del figlio: “Avanti, se mi date una mano ora prepariamo qualcosa per pranzo, dovrei avere ancora un po’ di tempo”.
Andrea: ” Avanti mamma, non puoi preparare qualcosa mentre noi cominciamo a studiare?”
Gianluca: “Ma che dici Andrea? Per favore signora, ci lasci fare qualcosa. E’ così imbarazzante piombarle in casa così, la prego”.
Gli altri presi da un’improvvisa complicità collettiva rincararono la dose. In men che non si dica i ragazzi si tolsero i cappotti e si misero in cucina “agli ordini” della signora ed Andrea si ritrovò ancora con la cartella addosso ad assistere alla scena di sua madre, acchittata a quel modo, con i tre ragazzi intorno. Quella scena lo mise subito di cattivo umore. Dalle facce arrossate dei tre era ovvio immaginare cosa stavano pensando. Qualsiasi altra donna già se ne sarebbe accorto, quella fessa di sua madre no! Così quando sua madre gli chiese come fosse andata la scuola lui, preso dalla rabbia del momento, rispose in modo secco e maleducato.
Lucia gli si girò e lo guardò freddamente. Non le piaceva che suo figlio avesse quell’atteggiamento davanti a quei ragazzi e lo spedì subito a “schiarirsi le idee” in camera sua.
“Non sono un bambino mamma! io non volevo…”
“Per ora vai in camera tua a pensare a quelloc he hai fatto mentre noi prepariamo il pranzo. Ti chiameremo quando sarà pronto”.
Quella voce non lasciava spazio a repliche, conosceva bene sua madre. Dirigendosi in camera sua notò con la coda dell’occhio il ghigno di Damiano. Sperò di esserselo inventato e, sempre più rabbuiato, se ne andò in camera.
Non riusciva a stare tranquillo. Attaccava l’orecchio alla porta per sentire cosa succedeva di là. Sentiva la madre ridere.
In cucina intanto i tre ragazzi stavano facendo i buffoni per fa ridere la donna. Sembrava una gara di pavoneggiamento. Non sempre le loro battute erano effettivamente divertenti, ma per cortesia la donna rideva civetta. Per una volta che Andrea aveva portato a casa degli amici lei aveva il dovere di farli sentire al meglio possibile.
I tre si guardavano imbarazzati come se stessero cercando la scusa per fare qualcosa. Gianluca guardò la signora dalla testa ai piedi e le chiese s enon stesse scomoda con le scarpe per casa. Lucia si guardò i piedi come ricordandosi del ritardo del marito e andò ad indossare un paio di sandali per casa. Tornata in cucina i ragazzi arrossirono nuovamente. Erano ora evidenti i rinforzi sul tallone e sulle dita di quelle calze, fatte probabilmente più per “appuntamenti intimi” che per andarci in giro di fronte a ragazzi di 17 anni. In particolare Gianluca sembrava in trance. La vista di quei piedi lo stava facendo diventare matto, così, mentre la signora si era messa a tagliare le carote lui aveva fatto cadere un coltello e si era chinato per raccoglierlo. Da lì la visione era paradisiaca. La gonna, troppo corta, lasciava scoperte gran parte delle cosce sopra i perfetti polpacci. Inoltre quel leggero odore dei suoi piedi era così delicato ed eccitante. Gianluca si accorse che una mano era partita ad accarezzare il polpaccio lungo il filo della calza. Fu un attimo. Damiano si accorse di quanto stava succendo e diede una spinta a Gianluca. Lucia, sentendosi una mano addosso rimase agghiacciata e si girò immediatamente fulminando con lo sguardo Gianluca.
“Cosa stai facendo??”
Gianluca si risvegliò da quello stato di trance. A salvarli intervenne subito Manolo: “Damiano, ma cosa fai?? Lo scusi signora, stanno sempre a farsi gli scherzi. Mentre Gianluca era piegato Damiano lo ha spinto.. le è venuto addosso? Si è fatta male?”
Lucia, il cui viso era diventato di chiaccio, si calmò in un istante e, anzi, rimproverò se stessa per la voce che aveva fatto. Aiutò il ragazzo a rialzarsi chiedendogli se stava bene. Gianluca, ancora sopreso per quel turbine di eventi e un po’ rosso in viso fece finta di aver urtato il gomito e girandosi verso gli altri li vide che ridacchiavano. Così fece un po’ di scena. Luciagli disse di sedersi che prendeva una crema.
Quando Lucia se ne andò Damiano disse: “Calma Gianluchino… s eparti subito così spedito rischi di rovinarci dei pomeriggi memorabili. Adesso ci pensiamo un attimo e gliela facciamo noi la festa alla signora, ma per adesso devi sbollentare.”
Manolo: “che figa incredibile. E’ da quando sono arrivato che mi sta uscendo dai pantaloni. Se le metto le mani addosso la rovino”.
Damiano: “calma ragazzi, di là c’è Andrea… per oggi pomeriggio dobbiamo fare i santarellini, fidatevi di me”.
Tornata Lucia si inginocchiò davanti a cominciò spalmargli la crema sul gomito. Ovviamente il ragazzo, facendo finta di sentire un forte dolore avvicinò la mano al centro dei pantaloni. La signora con delicatezza continuò a spalmare anche un po’ preoccupata mentre gli altri si lanciavano sguardi compiaciuti fra di loro.
Così quando Andrea decise di rientrare in cucina quello che vide fu la scea della madre inginocchiata fra i tre ragazzi a massaggiare Gianluca vicno ai pantaloni.
“Avanti, andiamo a studiare! Devo dirvi un sacco di cose e dopo non faccio in tempo! mamma, qui finisci te!” disse lanciando un’occhiata di disapprovazione alla madre.
Dopo un po’ arrivò il signor antonio e i tre ragazzi, soli con Andrea, fecero i santi. Se non fosse per il fatto che a turno andarono in bagno ad intrattenersi con la biancheria della bella signora. in bagno. Come rimprovero al marito che l’aveva fatta aspettare così tanto, infatti, Lucia si era cambiata mettendosi i soliti pantaloni. tanto più che era rimasta un po’ male per quello sguardo del figlio e la voglia di “essere carina” le era del tutto passata. Così in bagno i ragazzi trovarono la “sorpresina”, e con un veloce passaparola tutti approfittarono della ghiotta occasione di sollazzarsi con i fantastici odori della signora. Andrea, ancora piuttosto incazzato, non si accorse di nulla. Se a fine giornata avesse annusato le calze della madre vi avrebbe trovato il miscuglio dello sgradevole odore dei membri dei tre ragazzi. Se l’idea gli passò per la testa non poté comunque metterla in pratica poiché Lucia, non appena tornata a casa, lavò tutto come la brava signora che era.
Quando, a sera, chiese al figlio il perché di quell’occhiataccia Andrea le fece notare, con non poso imbarazzo, che non si spiegava il perché di quella scena. Quando, però, la madre gli spiegò, secondo il suo punto di vista, quel che era successo, Andrea piano piano si rasserenò. Nei giorni seguenti si convinse di aver immaginato tutto.
Nel frattempo, i tre ragazzi stavano complottando pensando a cosa poter fare della dolce signora. In un modo o nell’altro avrebbero messo le mani addosso a quel tenero bocconcino…

Oggi scuola e doposcuola pesantissimi. Sono stanco morto, ma anche vagamente teso… a casa dovrei trovare la mia deliziosa zia Irene che passerà da noi il fine settimana.. un fine settimana lunghissimo.
Mia zia Irene mi ha sempre affascinato, fin da quando ero piccolo. Rimasta single per chissà quale motivo è rimasta una ragazzina d’aspetto. Ho passato l’infanzia a guardare i suoi vestitini, i suoi tacchetti, le sue scollature ma soprattutto ad ammirare le sue calze mai banali. Credo che mia zia abbia davvero un culto per questo indumento ed io ne sono una vittima.
Arrivo a casa con un pizzico di fiatone e non è per via della camminata. Apro la porta con le chiavi, magari nella speranza di cogliere zia in qualche posizione interessante per casa, ma non sembra esserci nessuno. Probabilmente saranno uscite con mamma a fare delle compere. Mi rassegno all’idea di dover aspettare ancora per vederla.Vado in bagno per darmi una lavata. L’occhio corre da solo mentre vado al lavandino. Ma cosa???? Un paio di calze sono appoggiate sulla cesta della biancheria sporca. Mi rigiro per verificare l’intuizione di quella frazione di secondo: sono lì. Sono nere, ma troppo fine per esserlo del tutto. Mi faccio prendere dai soliti rimorsi morali. E’ mia zia cribbio!!! Per un attimo prevale il buonsenso e faccio come per allontanarmi, come se anche solo la vicinanza potesse farmi male… poi, una volta sulla porta, mi giro e le vedo appoggiate lì. Le immagino al tatto, mi sembra di sentirne l’odore… mi arriva una prima vampata di calore in faccia. Sento l’imbarbarimento arrivare e lo respingo… è mia zia, le voglio bene. Un conto è guardare, un altro è…. Ma che male può farmi? Voglio solo vederle, poi le riposo lì. Mi avvicino con un balzo e le prendo in mano come una reliquia. Non esagero nel dire che stavolta zietta s’è davvero superata. Le calze sono di un blu molto scuro e sono lavorate con dei fiori che risalgono lateralmente: uno spettacolo! Di quelle che farebbero girare tutti in mezzo alla strada, però di classe. Ne ho viste tante indosso a zietta ma.. queste doveva averle quando è arrivata qui. Improbabile che le abbia messe sotto i pantaloni, non avrebbe senso tanta classe per rimanere nascosta. Dico solo che con una cosetta così addosso si rischia davvero di far fare ad un uomo qualche gesto sconsiderato. Forse non si tratta solo di eleganza, forse zia un po’ puttanella lo è davvero… oddio, ma che sto dicendo??? Sto parlando di mia zia!!! La stessa donna che mi teneva in braccio quando ero piccolino. Ricordo ancora le uscite. E’ una donna così dolce, così pura. Mi sento un maniaco per pensare questo di zia Irenina. Chissà se sa che effetto può fare sugli uomini vestita così. può essere ingenua a tal punto? Parlando non mi sono nemmeno accorto di aver avvicinato le calze al viso. E’ troppo tardi. Quella leggera fragranza è arrivata al naso prima e un istante dopo al cervello. Faccio per allontanarle, ma ormai ho perso il senno.
Quell’odore m’ha fatto venire una “fame” che nemmeno pensavo di avere. E’ come se richiamasse ricordi sepolti. E’ l’odore più afrodisiaco che io abbia mai sentito. Mi è già capitato di annusare calze o scarpe femminili, ma la sensazione non è nemmeno paragonabile. L’odore è dolce. Comincio a strusciarle freneticamente sulla mia faccia. Mi soffermo sui rinforzi del tallone, poi su quelli delle dita. Qui è più forte e mi sembra di esplodere. Oh, no!! Stupido idiota che sono! in mezzo alle gambe mi è spuntata un’erezione come forse non ne ho mai avuta una. Mi fa addirittura male per quanto spinge. Ditemi che non mi sto davvero masturbando…. ma se smetto mi fa male davvero. “Scusa zia, scusa scusa scusa…. è la prima e l’ultima volta, davvero…” mi ripeto. Sentirmi mi fa sembrare ancora più patetico. Sono attaccato a delle calze ad inebriarmi e parlo come un malato.. non sembra nemmeno la mia voce! Ormai il danno è fatto e so che mi sentirò piccolo piccolo quando troverò zia di fronte a me, ma non riesco a smettere ora. Giro le calze e cerco il punto che faceva contatto con la sua vagina…. “piccola puttanella, eccolo qui il tuo sapore! Adesso ti vengo addosso puttanella.. ti lecco tutta!!!”. Sento le parole uscirmi dalla bocca come fossero di qualcun altro mentre quell’ultimo odore meraviglioso mi fa uscire completamente di senno. Dopo pochissimo vengo sulle calze. Non mi era mai uscito tanto seme in tutta la mia vita.
Quando mi riprendo da quell’attimo di buio vedo le calze col mio seme sopra.. e adesso?? Che diavolo faccio??? Cerco di togliere via la roba appiccicaticcia senza bagnarle, altrimenti come lo spiego poi a zia???
Sento la porta aprirsi!!!! E’ mia madre! Sono tornate maledettamente presto!!! Chiudo al volo la porta e sento mamma che mi chiama dolcemente. “Eccomi eccomi, ero un attimo in bagno!” rispondo io. Poi prendo le calze e le butto in mezzo agli altri panni sporchi… non se ne accorgerà mai! E comunque non sono stato io!!!
Esco tutto trafelato ancora un po’ rosso in viso e con quel maledetto senso di colpa che non riesco ad ignorare e trovo mamma che sta posando le buste della spesa! E’ vestita con una gonnellina fin troppo carina per lei, si vede che la vicinanza di zia le fa “male”. Le sorrido e le chiedo: “ma zia? Dove l’hai lasciata?”
“Zia ha telefonato prima per dire che non riesce a venire per oggi. Se ce la fa fa una scappata domenica.. è così tanto che non la vediamo…”
Le parole di mamma mi arrivano sempre più piano mentre va verso il bagno. Rimango fermo in piedi facendo 2+2 con una lentezza esasperante.
Com’è possibile? Zia non è venuta? E le sue calze in bagno quando le ha lasciate??
Mentre la risposta sale piano piano sento mamma che parla fra sé e sé in bagno: “ma le mie calze dove sono? Andrea? Hai visto le calze che erano qui in bagno? Devo metterle prima che torni papà perch…. ehmmm… niente, per fargliele vedere. per il matrimonio di concetta, sai….”
Mentre Arianna arrossisce leggermente nell’altra stanza Andrea è impietrito, terrorizzato da quel che la madre possa scoprire… e da sé stesso.
“Io le…. mà, io… le ho me-messe tra i panni sporchi. Scusa ma…. ehmmm.. ho pensato che le avessi lasciate fuori per sbaglio” balbetto nervosamente. Ho un turbine di pensieri in testa, mi viene da piangere ma non posso. Mi sembra di scendere in un abisso, ma adesso devo reagire. L’inferno deve aspettare ancora un po’.
“No, le avevo prese ma poi non mi sembrava il caso di uscirci… ma solo perché erano un po’ scomode!” si affretta a dire guardando la mia faccia impietrita e scambiandola per interrogativa probabilmente. Poi arrossisce nuovamente. “Quel cretino di tuo padre, e io che gli do pure retta! Hai fatto bene a metterle tra i panni sporchi, non ti preoccupare. Un momento e comincio a pepararti la cena. Cosa vuoi che ti faccia mamma di buono stasera amore?” e mi arruffa i capelli.
“Niente mamma, scusami ma stasera non sono a casa… purtroppo avevo un impegno”
“Dove? Dove devi andare? Hai una partita? Ma mangia a casa e poi vai, no?”
“No mamma, scusa ma proprio devo scappare, poi ti dico!”

Arianna rimane per un attimo senza parole, andarsene così senza avvertire prima. Ma cos’aveva? Non era da lui… ma non era il caso di preoccuparsi, non doveva essere sempre così apprensiva.
Dopo 5 minuti suona il campanello ed Arianna corre alla porta. Grazie al cielo c’aveva ripensato. Ora gli avrebbe chiesto tutto però! Aveva il diritto di sapere se il figlio aveva qualche problema, no?
“Buonasera signora, disturbo??” con un largo sorriso Gianluca era di fronte a lei, senza gli altri, senza Andrea.
“No no, accomodati…”
Così mentre Andrea piangendo e sprofondando nella tristezza più profonda mai provata si allontana da casa senza una meta, un lupetto travestito da pecorella si lecca i baffi…

 

Lucia è sulla porta che fissa con aria sorpresa Gianluca che si para davanti a lei con un sorriso a 32 denti. Andrea è uscito pochi istanti prima. Gianluca lo aveva visto mentre, con lo sguardo atterrito e fisso per terra, si allontanava con passo svelto da casa e lo aveva evitato per un pelo. Per quello che vuole fare la sua assenza è un regalo insperato.
Lui tenta di sorridere nel modo più naturale e innocente possibile ma è dall’istante che ha aperto che il suo cuore ha iniziato a pompare più forte. Sta rischiando, forse troppo. Tiene sulla spalla una sacca con dei libri. Passano troppi secondi mentre Lucia tituba sulla porta. Che vorrà questo ragazzo? Per un momento ripensa involontariamente all’episodio successo in cucina. Le aveva toccato la gamba….
“Posso entrare signora Lucia? Ora le spiego.. mi serve davvero il suo aiuto..”
Parole magiche. Lo spirito da crocerossina di Lucia spazza improvvisamente via gli ultimi pensieri.
Mentre Lucia si gira per accoglierlo in salone Gianluca ha modo di scansionarla dal basso. Stavolta ha una gonna appena sotto al ginocchio che scopre quelle due magnifiche gambe fasciate da delle calze meravigliosamente fine, color carne stavolta. Stranamente ha ancora le scarpe per casa. Sono sobrie, con un leggero tacco.
“Scusami un momento Gianluca ma sono appena rientrata. Vado un momento a togliermi le scarpe”.
Lucia arriva un momento in bagno e si sfila le scarpe, si gira e Gianluca è lì.
“Gianluca, potevi rimanere in salone, stavo tornando.”
“Oh, mi scusi signora… ha ragione..”
Gianluca che aveva visto la scena intanto, di nuovo paonazzo, torna immediatamente in salone e si siede sul divano.
“Allora? Cosa posso fare per te?” Lucia entra in salone con due ciabattine che attraggono subito l’attenzione morbosa di Gianluca.
“Signora, mi vergogno quasi di essere qui a chiederle una mano ma… nell’ultimo trimestre ho avuto il debito in filosofia e…. devo assolutamente ripararlo prima che mia mamma lo venga a sapere!”
“Allora Gianluca.. secondo me la prima cosa che dovresti fare è proprio quella di andare da tua madre e parlarle della situazione. Se ti vedrà così volenteroso sicuramente ti aiuterà. Ti manderà a ripetizioni da qualcuno sicuramente più qualificato di me… ma soprattutto, una madre ama il proprio figlio oltre ogni cosa, perciò sono sicura che ti capirà.”
– e adesso cosa diavolo mi invento? Maledetta puttana! Dovrei strapparteli di dosso sti vestitini da signora per bene….- nel riflettere febbrilmente sul da farsi intanto Gianluca ha abbassato la testa a terra ed ha assunto un’aria corrucciata. Lucia scambia questa sua rabbia per tristezza non potendo vedere esattamente il suo volto e subito si mette a sedere sul divano vicino a lui. Fino a quel momento era rimasta molto sulle sue non comprendendo le motivazioni di quella visita. Ma adesso improvvisamente le sembrava di vedere suo figlio. Un ragazzo che faceva il duro con gli altri ma che in quel momento si era messo in gioco… e lo aveva fatto per sua madre!
Gianluca, nel vedere quelle gambe che si muovono e si scoprono leggermente vicino a lui ha un nuovo sussulto.
“Cos’ha Gianluca? Io… scusami, non volevo farti rimanere male. Allora, facciamo così, raccontami meglio dai…”
Nel dire questo Lucia accavalla le gambe e Gianluca sente il sangue pompare sotto i pantaloni.
“Il fatto è che- dice Gianluca fingendo una voce leggermente tremolante per la commozione- io sono una delusione per mia madre. Lei non sa quanto vorrei vederla felice e.. so che è stupido, ma questo voto vorrei prenderlo più per lei che per me. Vorrei renderla orgogliosa di me, almeno una volta nella vita!”.
Il cuore di Lucia nel sentire queste parole quasi esplode di commozione. I suoi occhi lucidi tradiscono il sentimento. Mette una mano sulla spalla del ragazzo e lo accarezza amorevolmente scavallando le gambe e strusciando leggermente la gamba conro quella del ragazzo. Quel profumo tenero, il suo sguardo dolce su di lui, lo strusciare lieve delle calze… troppo!!! Gianluca sente l’erezione arrivare prepotentemente.
Così, simulando la voce al limite del singhiozzo: “Mi scusi signora ma… devo un attimo andare in bagno!”
“Sei sicuro? Guarda che puoi restare qui se vuoi. A volte liberarsi può fare bene…” ma ancora non ha finito la frase che già Gianluca s’è messo di spalle avviandosi al bagno.
– Se sapessi cos’ho qui in mezzo… te lo farei vedere davvero come mi ‘libero’ adesso. Povero Gianluchino dici, è? Quanto te la scoperei quella bocca, puttana… adesso ci penso io a te…-
Gianluca arriva in bagno e punta il cestino della biancheria. lo apre e trova le calze. Non sta nella pelle e se le porta subito al naso…. – ma cos’è? Quest’odore… sembra…. ma com’è possibile? Questo è sperma! Che si faccia venire addosso dal quel coglione del marito??
Ma è ovunque.. sembra che poi abbiano tentato di pulire alla carlona, ma perché? Perché allora non lavarle e basta? Che sia…il piccolo Andreino che si fa le seghe su quella puttana della madre?? Ih ih… adesso devo sbrigarmi però, non posso metterci troppo o si insospettirà-
Gianluca rimette le calze nel cesto e prende delle mutandine della signora. Comincia ad annusarle, a sentirne il sapore e va in estasy.
– puttana… puttana….-
Dopo essersi strusciato sulle mutandine per un po’ comincia a venire copiosamente, proprio mentre sente la voce di Lucia fuori la porta.
“Tutto bene Gianluca? Sei più tranquillo ora?”
– siiiii signoraaa… tranquillissimoooo… ih ih- “Certo signora, esco subito.”
“Allora facciamo così Gianluca” – e la mano di nuovo sulla spalla del ragazzo che fremeva ad ogni tocco- “per ora ti aiuterò sperando di riuscire a migliorare i tuoi voti. Appena starai messo un po’ meglio ne parlerai con tua madre promettendo il massimo impegno per concludere l’anno al meglio! va bene? Dai che risolviamo tutto, non devi preoccuparti”
-è lei che dovrebbe preoccuparsi… ih ih-
“Certo signora… io davvero non so come ringraziarla.. solo una cosa: mi vergogno molto di questa cosa, soprattutto per i miei compagni. A volte sono così insensibili non vorrei essere preso in giro per questa cosa… so che magari è infantile da parte mia ma… potrebbe tenere questa cosa segreta?”
“Non preoccuparti Gianluca, te lo prometto… nessuno saprà nulla”
Se Lucia guardasse con attenzione Gianluca vedrebbe un ghigno trasfigurare la sua faccia.
– e adesso chi ti salva più… signora…-
“Signora Lucia… sarebbe possibile cominciare adesso? Mi sentirei più tranquillo…”
“Ma certo. Andrea è appena uscito e mio marito tornerà fra un paio d’ore. Se mi dai qualche minuto per andarmi a mettere una tuta…”
“No, la prego signora Lucia. Cominciamo subito. Mi scusi per la mia maleducazione ma devo tornare a casa presto. Se mia madre non mi vede per una certa ora poi comincia a fare domande..”
“Va bene dai, mettiamoci di là in cucina così comincio anche a preparare la cena. Ti va?”
“Certo signora!”
Ora sono solo lui e lei e nessun’altro saprà della sua presenza in quella casa. E lei è così ingenua… -chissà se se ne accorgerebbe se me la scopassi… ih ih-
“Avanti Gianluca, non ti distrarre… hai capito che ho detto? Avanti dai, ripetiamo insieme…”
“Senta, potrebbe leggere il testo da capo? Mi è sfuggito un passaggio…”
“Ma certo… allora….”
Lucia è seduta vicino a lui. Intanto Gianluca ha acceso la fotocamera e sta facendo le foto. Parte un flash, e vede il riflesso sul pavimento dietro ad Lucia che, però, china sul libro, non si accorge di nulla. Mentre legge ha il tick di roteare il piede della gamba accavallata. Di tanto in tanto dondola la ciabatta che a volte le cade a terra. Ogni volta che alza lo sguardo vede Gianluca con lo sguardo fisso a terra. Si guarda i piedi ma non vede nulla di strano e continua a leggere. ma anche lui continua. Una volta, poi un’altra. Le sta fissando i piedi?? ma perché?
Gianluca lascia cadere una penna a terra. Lucia lo fissa mentre continua a far finta di leggere il testo parlando a memoria. Lui si china lentamente con la testa molto vicina al suo piede… troppo vicina, molto più di quanto servirebbe a raccogliere quella maledetta penna. ma cosa sta facendo? Spinge la penna più in là e continua ad avvicinarsi col viso…”Gianluca! Cosa stai facendo??” Lucia non riesce a nascondere un deciso tono di nervosismo nella voce. “Se continui a spingere in là quella penna non la prenderai mai!… e poi mi spieghi perché mi stai fissando le ciabatte?? O i piedi? Cosa stai guardando??” Ora è proprio nervosa. Quella sensazione sgradevole di “eccessivo avvicinamento” le da un senso di voltastomaco. Improvvisamente il viso del ragazzo le sembra viscido. Ritrae le gambe, si alza e si allontana dal tavolo. “Allora Gianluca?”.
Il ragazzo è paonazzo. Come la volta scorsa ha esagerato, e adesso non ci sono gli amici a toglierlo dai guai. Per un attimo crede di impazzire. Pensa che sono soli, di prenderla lì e violentarla. La sega di poco prima è provvidenziale nel fargli mantenere quel minimo di controllo e non fargli fare una follia. Poi l’espressione “da mamma” di Ariana di prima gli fa venire un lampo di genio…
“…. è così imbarazzante…”
“Beh, non lo sarebbe stato se ti fossi comportato da… da bravo ometto insomma!”
“Guardavo i suoi piedi signora… la prego mi scusi..”
“Ma si può sapere che problemi hai? Ma come i miei piedi??” Lucia comincia a pensare alle fisse che ha il marito a volte di “giocare” con i suoi piedi… fisse che doveva sopportare controvoglia, solo per amor suo. In bocca a quel ragazzo che le sembrava così innocente quel pensiero le dava ancora più fastidio.
“Forse è il caso che tu torni a casa Gianluca.. e forse dovrei raccontare questo a tua madre!”
“Aspetti signora, mi lasci spiegare… credo che abbia frainteso tutto..” la voce veramente agitata di Gianluca dava a quelle parole un senso credibile. Grazie a quell’agitazione Lucia lo sta ancora a sentire.
“Mesi fà ho fatto una cosa veramente cretina: mi sono iscritto ad un corso di massaggi… e… ecco… mia madre, sa, non è più così giovane, anzi, comincia ad avere le gambe gonfie la sera che le fanno male… oddio è così imbarazzante!” Gianluca si porta le mani al viso quasi a schernirsi per l’imbarazzo mentre nella corazza di Lucia comincia ad aprirsi una piccola crepa.
“Io avevo pensato di imparare a farlo per farle una sorpresa e farla sentire meglio ma… non lo so fare!!! Ho imparato a fare massaggi alla schiena, alla testa… pure alle braccia! Ma di massaggi alle gambe e ai piedi abbiamo fatto solo qualche accenno teorico! Di chiedere una cosa del genere ai miei amici non se ne parla nemmeno… e non posso fallire anche in quello, così probabilmente a mia mamma non dirò mai nulla. Tanto probabilmente fallirei anche in quello…”
Lucia, di nuovo vittima del suo cuore di mamma, non lo guarda più con odio e disprezzo… “ma dai… tua madre è una donna fortunata. Anzi, scusami per prima. Non so perché a volte reagisco così. Quello che vuoi fare per tua mamma è una cosa molto dolce. Sono sicurissima, e ti parlo da madre, che sarà felicissima se glielo proporrai..”
“Non posso farlo, non sono capace..”
“Ma si che lo sei…”
“No, le ripeto, in teoria si, ma in pratica non l’ho mai fatto… non è banale come sembra… sicuramente sono un disastro!” e nel fare questo copre il suo ghigno fra le mani…
“Gianluca, dai, non fare così…. magari posso aiutarti io…”
Gianluca alza subito lo sguardo e punta gli occhi da cane bastonato sulla slendida donna davanti a lui…. “davvero lo farebbe?” è incredulo.
“Se mi dai solo 10 minuti mi faccio una doccia al volo, così mi metto in tutona e calzettoni e…”
“Signora…. io la ringrazio, ma purtroppo fra poco dovrò tornare a casa… ho al massimo 5 minuti credo. Non si preoccupi.. davvero, le ho già chiesto troppo…” gianluca continua a mentire spudoratamente. La madre probabilmente non lo apsetta nemmeno per cena. Sa che può perdere l’occasione di toccarla, ma la vuole così, con quelle calze… altro che calzettoni!
Lucia guarda di nuovo quello sguardo di un figlio sconsolato. E’ in gonna, e vorrebbe prima lavarsi i piedi. E poi boh?? Sembra una di quelle cose “sconvenienti”, non sa nemmeno bene perché. Così un ragazzo che voleva solo fare felice sua madre tornerà a casa triste, per “sconvenienza”, per bigottismo. Tutte cose che hanno sempre “disgustato” il suo spirito libero.
“Gianluca, avanti, se non ti schifi puoi provare su di me…”
“Ma adesso signora?” il suo cuore inizia di nuovo a tambureggiare e un leggero rossore compare sul suo volto.
“Certo… e non ti imbarazzare, potresti essere mio figlio…” e gli sorride dolce.
– e non sai quanto vorrei…-
“Va bene signora..” e in un attimo era già ai suoi piedi. Delicatamente la invita a sedersi e le sfila una ciabatta. -e adesso?? Dov’è finita la signora arrabbiata?? Adesso te le metto le mani addosso, mentre tu mi guardi con quegli occhi da brava mammina… magari poi mi fa male il cazzo. Oddio… sono morbidi… senti queste calze.. e se te li lecco mammina? Pensa se Andrea sapesse che ora sono qui a metterti le mani addosso… mi vedessero gli altri ti violenterebbero qui, a casa tua. In un attimo ti troveresti penetrata in tutti i tuoi buchetti… già, se ti vedessero gli altri…se ti vedessero…- quel pensiero lo eccita ancora di più.
“Adesso si giri signora”
“Come girarmi?”
“E’ il messaggio che si fa sul lettino…”
“Ma magari per questa volta puoi continuare con questo… andavi bene secondo me. Penso possa bastare.”
“Mi dispiace signora, ma il cuore del massaggio è quello… senza di quello non abbiamo fatto nulla… si giri per favore, tanto dura un attimo.” il tono era deciso, fin troppo deciso.
Ancora una volta la rabbia di Lucia tentava di risalire. Quel tono le sembra insolente. E se non volesse farlo? E’ in gonna, sarebbe di spalle. Non è troppo? Alla fin fine ha tentato di aiutarlo… ma mentre sta pensando meccanicamente si ritrova già girata con Gianluca già posizionato sul bracciolo del divano con le mani su di lei. Lì la rabbia sale ancora di più mentre lui accarezza i suoi polpacci, scende fino ai piedi e poi risale. Già, a volte il massaggio diventa carezza, e poi di nuovo massaggio.
“Grazie signora… come va? Sente il rilassamento?” il tono di Gianluca è di nuovo dolce. Appena in tempo per calmare un po’ Lucia. Lei si morde le labbra. Non glielo lascerà più fare, questo è sicuro, ma per ora vuole evitare un’altra scenata. Lo ha già accusato ingiustamente due volte e non vuole assolutamente sbagliare ancora con quel ragazzo. Non le sembra più un massaggio. La sta solo toccando. Ma conosce quella sua debolezza: si è solo autoconvinta. Semplicemente nessuno oltre a suo marito l’ha mai toccata e adesso sta creando castelli in aria perché autosuggestionata.
Intanto Gianluca, con Lucia di spalle, non deve più trattenere le espressioni. Se la sta godendo. La sua faccia è una maschera mista fra eccitazione e rabbia. E’ come se in quel momento stesse sfogando tutta la repressione. Intanto in preda all’eccitazione tira fuori il cellulare e fotografa la scena con una mano mentre con l’altra continua ad accarezzare. La gonna è alzata e lascia vedere gran parte delle cosce. Il polpaccio visto così sembra ancora più perfetto. Continua a fotografare mentre lo stringe in mano, poi mentre tocca i suoi piedi. Poi anche un piccolo video che farà vedere ai ragazzi. Intanto lei sta facendo di tutto per rimanere calma: -è per sua madre… sopporta quelle mani ancora per poco. E’ quasi finita-. Lucia tenta in tutti i modi di isolarsi e pensare ad altro e funziona. Pensa a suo figlio che poco prima è uscito corrucciato. Ma cos’aveva? Suo marito deve rientrare entro un’oretta e lei ancora non ha preparato nulla… cosa può fare per cena?
Mentre è rapita dai suoi pensieri Gianluca, vista la sua mancata reazione si fa più avanti con la mano mentre, giocando con le mani, si porta i piedi di lei sui pantaloni strusciando delicatamente. Lucia, ormai alienata, nemmeno se ne accorge. Intanto Gianluca continua a riprendere la scena sghignazzando verso la fotocamera. Poi non ce la fa più, si avvicina con la faccia al piede che ha fra le mani, lo annusa e poi lo lecca… Lucia è richiamata alla realtà. Mentre non pensava a cosa stesse succedendo il messaggio era piacevole.
“Tutto bene lì?”
“Benissimo signora…”
“Tua madre è una donna fortunata…”
“Beh, è naturale che un figlio voglia bene a sua madre… l’importante è che questo amore sia sano…”
“Che intendi Gianluca? L’amore è sempre sano…”
“Beh, mi vergnogno a dirlo ma, dopo tutto quel che ha fatto per me mi sento di poter parlare liberamente con lei signora…”
“Ma certo, non preoccuparti… “
“Ho sempre voluto un bene immenso a mia madre… ma lei non è la tipa da mostrare affetto per il figlio, così in passato il mio amore per lei divenne quasi morboso. Sviluppai, nell’età dell’adolescenza, un amore morboso per il suo corpo…”
“Ma Gianluca! Cosa stai dicendo?? Mi prendi in giro?? E’ tua madre, come…”
“No signora, purtroppo sono serio… ora sto bene, ma ho passato un brutto periodo. Il medico disse, tempo dopo, che è un qualcosa che succede di frequente nei ragazzi, soprattutto nei casi in cui manca il contatto fisico fra genitore e figlio. L’importante è realizzare che il problema c’è. Dopo quell’esperienza abbiamo capito che è un problema reale, non lontano da noi come pensiamo. In genere il ragazzo rifiuta la cosa e tende a chiudersi in sé stesso. Questo chiaramente porta ad un ulteriore allontanamento rispetto al genitore che aggrava il problema. Può capitare che il figlio arrivi a spiare la madre o addirittura, mi scusi per la parola, a masturbarsi con la biancheria della madre. Nel mio caso fortunatamente mia madre se ne accorse perchè mi coglieva spesso a guardarla con insistenza e soprattutto perché ero diventato molto geloso di lei. Non sopportavo che i miei amici la guardassero. Capì che era strano e ne parlò col medico. Le bastò provocarmi un po’ di più perché l problema divenisse manifesto e perché io mi accorgessi del problema. Andai dallo psicologo a capii che semplicemente proiettavo in quel modo il mio amore per lei. Se non fossi guarito adesso non potrei certo farle un massaggio di questo tipo…”
Lucia è sbigottita. Le sembrano discorsi assurdi, ma allo stesso tempo è contenta che quel ragazzo si sia confidato con lei. Adesso il suo massaggio non le da più fastidio.
“Mi dispiace piccolo… ma sono contento che abbiate superato la cosa…”
“Grazie signora Lucia, anche io. E devo ringraziare solo mia madre per questo…”
“Ma lei ti ha ‘provocato’ in che senso?”
“Aveva capito che avevo un’attrazione per la lingerie e così pensò di portarmi in situazioni in cui dovessi confrontarmi con quello che sentivo per il suo corpo. Era imbarazzatissima nel farlo e le dispiaceva, ma ce la fece e grazie a quel suo sacrificio oggi posso dire di stare bene…”
“Beh, tua madre ti vuole davvero bene… io probabilmente non avrei avuto la forza di aiutarti così…”
“Secondo me si. Lei non ha questo problema con Andrea, ma se fosse stato avrebbe saputo come comportarsi, ne sono sicuro..”
“Grazie piccolo… sei molto dolce…”
il suono del campanello spezzò l’atmosfera idilliaca: “Andrea o mio marito… ma non preoccuparti, solo fammi girare che vado ad aprire…”
“No signora, devo scappare… o dovrei spiegare perché sono qui… la prego, non dica nulla…”
“Va bene Gianluca… spero di averti aiutato e spero che tu possa fare il tuo regalo a tua madre…”
“Grazie signora, di tutto..” la saluta con quella faccia da angioletto. Spontaneamente Lucia lo bacia sulla fronte e lo fa andare. Gianluca esce dal retro, ed appena si chiude la porta esce dalla parte e comincia a mozzicarsi le labbra con l’idea martellante di andare a casa, accendere il cellulare e farsi la miglior sega della sua vita. – sei solo una puttana.. una puttana…- era di nuovo ripiombato in uno stato di eccitazione quasi dolorosa. Le aveva strusciato il cazzo addosso. L’aveva toccata. L’aveva dominata…
Intanto Lucia con tutta la dolcezza del mondo nel cuore va ad aprire la porta trovandosi di fronte il marito.
“C’é Andrea?”
“No, deve ancora tornare…”
“Accidenti se stai bene in gonna…” Antonio è sopraeccitato nel vedere la moglie vestita come voleva e con una certa rudezza le mette una mano in mezzo alle gambe… “ehi, ma sei bagnata… cos’è? Aspettavi che arrivassi?”
– Sono bagnata? E’ vero!! Ma com’è possibile??? Che sia stato… il massaggio??? Accidenti… io…-
“Cos’hai amore? Non essere triste, adesso ci penso io a te…”
“Ma se arriva Andrea…” Lucia cercava di non far trasparire il senso di colpa dalla sua voce…
“Non preoccuparti… faremo piano piano. E poi abbiamo le nostre necessità, no? Stasera pure te sembra…” per un attimo Lucia si accorge di non sopportare la sua faccia da maiale. – le TUE necessità forse…- ma poi il senso di colpa ebbe la meglio…
“Solo un momento Antonio, comincia ad andare in camera, sto arrivando” Lucia lo lascia e va un momento in bagno. Poggiatasi sulla tazza vede il cesto della biancheria spostato. Poi pensa a come è uscito prima di casa Andrea. Il discorso di Gianluca le ha lasciato una pulce nell’orecchio. – povero ragazzo…- nel pensare questo vede le sue calze lì…. senza pensare le porta al naso e le annusa sentendo un odore strano. – Oh no…- un momento di buio, poi, controvoglia e con una gran paura nel cuore sente di nuovo quell’odore. E quel leggero appiccicume. Non ci avrebbe mai fatto caso, ma toccando con attenzione si capiva.
“Questo è sperma… Andrea era in bagno quando sono arrivata… e…. chissà da quanto tempo va avanti questa storia ed io che pensavo che andasse tutto perfettamente… il mio piccolo….. oddio no, non a noi…” le viene da piangere ma sente nell’altra stanza Antonio che la chiama. Ricaccia dentro le lacrime ripromettendosi di pensarci dopo… non ora. Adesso deve calmare suo marito, poi qualcosa si inventerà. Al pensiero le viene nuovamente da piangere, ma ancora una volta riesce a controllarsi.
Intanto Andrea sta tornando a casa. Ha passato tutto il pomeriggio a pensare, prima terrorizzato, poi più tranquillo.
– E’ terribile quel che è successo, ma è stato solo uno stupido errore… pensavo fossero di zia. Mentre lo facevo pensavo a lei, non a ma…- pensarlo gli provoca ancora un terribile senso di colpa.
– E’ tutto a posto…. nessuno lo saprà mai…. ed io lo scorderò presto quel che ho fatto… è stato solo uno stupido incidente… scusa mà…-
Così mentre Gianluca va a casa eccitato come non mai e con del materiale scottante fra le mani, consapevole di aver acceso una miccia pericolosa, Andrea torna sconsolato a casa sua. Intanto Lucia è in camera con Antonio che, avendola girata, non può vedere le sue guance rigate dale lacrime….

Erano passati molti giorni da quel pomeriggio disgraziato in cui Gianluca aveva messo nella testa di Lucia il germe del dubbio, e da allora le notti sempre più agitate avevano reso ogni giorno più confuso. Più cercava di inquadrare la situazione e più le parole di gianluca la risuonavano nella sua testa a confonderla ulteriormente.
Il rapporto con Andrea era distaccato. Per lui non era stato facile ma stava progressivamente scordando l’incidente di quel maledetto pomeriggio. I primi giorni erano stati piuttosto duri, ma poi aveva accettato il fatto che si era trattato solo di un incidente. Ripensare a quell’odore ancora gli dava quell’insopportabile fastidio ma, semplicemente, stava smettendo di pensarci. Non capiva, invece, l’atteggiamento della madre nei suoi confronti e questo lo turbava. Lucia poteva leggere facilmente il suo turbamento e questo la faceva sentire, se possibile, anche peggio.
Decise, un giorno, che quella storia sarebbe finita quel giorno! Esagerò. Una donna in genere sa dosare il suo “grado di provocazione”. Sa quanto possono stuzzicare dei vestiti piuttosto che degli altri o ancora dei particolari atteggiamenti. Lucia no. La sua ingenuità quasi patologica rendeva quel limite del tutto sconosciuto. E così esagerò. Andò in un negozio di lingerie e chiese alla cassiera la cosa più sexy che avessero. Quando la cassiera cercò di mostrarle un qualcosa di molto particolare lei non volle nemmeno vedere. Arrossì, comprò quell’intimo e uscì dal negozio ala velocità della luce. Poi tornò a casa e fra le altre cose trovò nel ripostiglio un vestito che, ricordò, la madre le aveva comprato quando era una ragazza. Ricordò di averlo messo solo una volta per poi vergognarsi e non metterlo mai più. Non lo buttò solo per non far dispiacere a sua mamma, ma per l’occasione poteva andare. Si mise un leggero profumo e un rossetto che metteva in evidenza alla perfezione le sue labbra. Per un momento si guardò allo specchio e si piacque! Provò un brivido vedendosi quel viso così carino e sfizioso. Poi ricordò perché lo stesse facendo e di uovo si deprimette.
Stette ferma in cucina a pensare per molto tempo ancora con la tutona addosso. Non ce la poteva fare. D’altro canto l’aspettava un’altra notte insonne e il pensiero la fece inorridire, le diede il voltastomaco. Evidentemente il poco sonno la rendeva poco lucida. Doveva procedere, non pensare e fare quel che doveva. Sarebbe finita quel giorno stesso. Si era sempre fidata del suo piccolo Andrea, poteva farlo ancora. Non sapeva cosa gli avesse detto il cervello quel giorno, ma poteva essere finito lì. Lui le voleva bene, ne era sicura.
“Mamma?? Sono tornato! E’ pronto il pranzo?”
Era già lì! E lei era ancora in tuta. Doveva sbrigarsi altrimenti non avrebbe potuto giustificare il cambio d’abbigliamento poi. “Non ancora! Prima devi aiutarmi a mettere a posto dei pacchi e poi mangiamo! Un momento e arrivo!” e scappò sù. Mentre si metteva al volo le mutandine, poi le calze che scoprì essere delle autoreggenti che non aveva mai visto prima e poi il vestitino per un attimo si pentì. Ma cosa si stava mettendo addosso? Non aveva mai indossato roba del genere e capiva perché. Le autoreggenti erano strane. Le cingevano la vita ma avevano un grosso buco che lasciava scoperto il suo sesso, cosa che le sembrava senza alcun senso. Per il resto avevano un elegante intrigo a tela di ragno che copriva il resto, del tutto trasparente. Il vestito invece era molto striminzito rispetto alla volta in cui l’aveva messo da ragazza. Se ci avesse riflettuto un momento ci sarebbe arrivata anche prima: era cresciuta fisicamente da quando aveva 16 anni! Così il vestito, già molto aderente e morbido sul corpo, adesso appariva anche più corto. La morbidezza del vestito e la trasparenza del reggiseno infine le davano come l’impressione che si vedesse anche se di pochissimo la forma dei suoi capezzoli. O forse era solo un difetto del vestito?
“Mamma, ma che stai facendo? Vieni?”
In quell’attimo di ripensamento Lucia guardò il vestitino: era corto ma appena sufficiente a coprire il ricamo dell’autoreggente. Quel pensiero le diete quel minimo di calma che la convinse a scendere in cucina.
Andrea sgranò gli occhi: “mamma… ma come stai vestita? sei…”
“Perché?? Pensi io sia troppo vecchia per cose così?”
“Ma no, ci mancherebbe, stai benissimo… è che…”
Quell’affermazione, pur gratificandola come donna, le diede fastidio fatta da suo figlio. Normalmente non sarebbe stato così, ma sentiva di non stare “bene con sé stessa” vestita così, e la rabbia nei confronti di suo figlio in realtà era disagio per quella situazione così spiacevole. Copatì per un attimo sé stessa e poi chiuse il discorso.
“Questo è un vestito che mi fece tua nonna. Le promisi di mettermelo per anni ma non lo feci mai. Oggi ho fatto la promessa di tenerlo per ttutto il giorno. So che le avrebbe fatto piacere…”
“Si mamma, ma le calze forse sono troppo appariscenti….”
“Andrea! E tutta sta malizia? Sono calze… le calze sono tutte uguali, no?”
“Ehm… si, penso.. insomma…”
“Avanti Andrea, finiscila con questi discorsi che non mi piacciono e aiutami!”
Il tono perentorio e di leggero rimprovero azzittì Andrea che ci rimase male. Lui voleva dirle quelle cose perché non gli sembrava il caso che una così bella donna.. insomma…. lui poteva guardarla con gli occhi dell’innocenza, ma se lì ci fosse stato un altro uomo… il pensiero lo fece trasalire per un attimo e in quell’istante la vide con gli occhi di quell'”altro uomo”. Mentre la mamma era sulla scaletta e lui le passava le scatole cercava di tenere lo sguardo basso, ma anche solo guardarle i polpacci fasciati da quelle calze così “particolari” lo faceva sentire in colpa. Così, per passarle le scatole e non guardare finì con l’essere maldestro, Lucia si sbilanciò e Andrea fece appena in tempo ad acchiapparla al volo. Fu un solo istante, ma in quell’istante sentì quelle calze sulle sue mani, la morbidezza delle sue gambe. Sentì addirittura la parte delle calze diverse e intuì solamente che si trattasse di autoreggenti. Fu un solo attimo perché Lucia, appena ripresa si liberò piuttosto violentemente da quell’inaspettato “abbraccio” guardando Andrea con occhi di fuoco. “Lasciami subito!”. Al solito non riuscì a controllarsi e le parole uscirono dalla sua bocca molto più cattive di quella che era l’intenzione. Tanto bastò comunque a ferire il ragazzo.
“No, scusami Andrea… volevo solo rialzarmi e…”
Lui si girò dall’altra parte, arrabbiato, furioso dentro per quell’attacco ingiusto nei suoi confronti e cominciò a mangiare senza dire una parola. A tavola erano silenziosi quando squillò il telefono. Era Antonio. Andrea sentì mentre la madre si arrabbiava e poi lentamente si rassegnava. “Ma non mi hai lasciato la macchina! Come ci vado?? Si, ho capito che è importante ma… aspetta… io…. ok, certo…”
Attaccò piuttosto arrabbiata. “Avanti Andrea, sbrigati a mangiare che devi accompagnarmi da una parte… io vado a cambiarmi intanto…”
“Ma come mamma? E il fioretto che hai fatto per nonna? Adesso ti cambi?? Quando lo dicevo io…” chiaramente straparlava solo per sfogare la sua rabbia, ma Lucia venne presa in fuorigioco. Lo aveva sempre educato a rispettare le promesse, ed ora? Gli aveva detto una fesseria, ma non poteva certo confessarglielo! Gli avrebbe dovuto spiegare troppe cose. E adesso lui le faceva pesare una promessa mancata che in realtà non c’era mai stata.
“Si, hai ragione Andrea, scusami. Sbrigati comunque che dobbiamo andare.”
“Ma mamma, se vuoi cambiarti.. io dicevo solo che…”
“No Andrea, una promessa è una promessa. Avanti che prima andiamo e prima torniamo”.
Lucia prese un paio di scarpe con un leggero tacco, le uniche che non stavano in modo ridicolo con quell’assurdo abbigliamento, ed uscì col figlio verso la fermata. Si sarebbe infilata sotto terra dalla vergogna e tentava di tirare giù il vestito il più possibile, ma cercava di non darlo a vedere.
“Dove stiamo andando?” chiese Andrea.
“A portare la medicina a tuo nonno… quell’idio… ehmm, tuo padre (!!!) si è scordato di portargliela ieri sera e dice che stasera torna dopo l’orario di chiusura della casa di cura, perciò adesso devo risolverglielo io il problema!”
Alla fermata un barbone seduto per terra probabilmente un po’ tocco a giudicare dallo sguardo si era incantato sulle gambe di quella meravigliosa donna. Lo sguardo era come del bambino davanti ad una magnifica torta. Lucia vide che la guardava e senza pensarci sù due volte prese due monetine e gliele mise nel cappello che aveva davanti. nel farlo offrì al barbone la vista dei suoi seni e del suo corpo sinuoso. Il barbone non disse una parola e continuò a fissare Lucia che, capita la situazione, si voltò e guardando a terra fece finta di nulla.
– fortuna che Andrea è con me- pensò.
L’auto arrivò già abbastanza pieno. Lucia fece appena in tempo a sedersi ed il figlio le rimase in piedi vicino. Inutile dire che l’intero autobus s’era girato a guardarla nell’istante in cui era entrata e lei cominciava a sentirsi in imbarazzo. Di fronte a lei un vecchietto, piuttosto su di giri, cercava di guardarla in mezzo alle gambe. Lucia era sempre stata molto rispettosa nei confronti delle persone più anziane e avrebbe sopportato, ma vicino a lei c’era Andrea. Lei tutto voleva meno che si accorgesse di quel che stava succedendo. Così chiese ad Andrea di sedersi e dopo un po’ di titubanza lo quasi costrinse. SI alzò quasi rassicurata e sentì uno strano fetore. Subito dopo una mano che spingeva contro di lei. Sulle sue gambe e poi sul sedere. Le uscì un urletto strozzato e girandosi vide il barbone dietro di lei che continuava a fissarla in basso.
“Mamma, tutto a posto?”
Raccolse tutto l’autocontrollo che poté e cercò si essere il più rassicurante possibile col figlio: “Certo amore, stavo solo per cadere addosso ad un signore.. mi scusi? Può scansarsi un po’ che non entro?”
Il barbone si quasi svegliò, tolse la mano ed indietreggiò un po’ impaurito dalla reazione. Lucia tirò un sospiro di sollievo. Poi guardò se nessuno avesse visto la scena e scoprì a fissarla due bulgari probabilmente. Uno la fissava sul viso, l’altro più giù e intanto si strusciava l’arnese sui pantaloni.
– questo è davvero un incubo!- pensò in preda al panico mentre Andrea, ignaro di tutto, guardava fuori dal finestrino ancora un po’ arrabbiato.

 

Lucia era lì, in piedi, in quella “prigione di metallo”. Suo figlio davanti a lei. Doveva essere il giorno del test definitivo, il “giorno della provocazione”, e invece adesso aveva paura. Le mani di quel povero diavolo dietro a lei le avevano scatenato un forte senso di colpa. Si vedeva che era un poveretto, e lei lo aveva provocato con un abbigliamento che, ora, le sembrava del tutto osceno! E suo figlio era lì davanti. Se si fosse accorto di qualcosa la sua umiliazione sarebbe stata totale. Poteva cacciare quel poveraccio, lo avrebbe fatto in qualche modo, ma suo figlio non doveva nemmeno immaginare cosa stesse succedendo. Luciadecise in quel momento che non le interessava se suo figlio aveva fatto quel che aveva fatto con le sue calze, quella storia di “provocarlo” era follia pura e finiva in quell’esatto istante. In cuor suo non vedeva l’ora di tornare a casa e mettersi la tutona più comoda e asessuata che avesse.
Come se questo non bastasse aveva visto lo sguardo dei tuoi tipi che erano verso il centro dell’auto e cominciava ad essere preoccupata. Fino a che era lì in mezzo alla gente era al sicuro, ma se l’avessero seguita? Il quartiere dove si trovava il centro anziani veniva considerto abbastanza malfamato. Doveva stare davvero molto attenta. Nel pensare ciò però vide i due che parlottavano fra loro e cominciando ad avvicinarsi a lei e ad Andrea. Si bloccò per un attimo. Intanto il barbone si stava facendo di nuovo sotto e per qualche secondo lei non ebbe il coraggio di fare nulla, studiando febbrilmente la situazione. Le sue mani sporche e viscide si erano fatte più intraprendenti. Si muovevano seguendo le frenate e riaccelerazioni dell’autobus, ma ad ogni passaggio palpavano. Lucia si voltò lateralmente mettendo fra di loro la borsa e allargando il più possibile il braccio tenendolo così troppo distanziato abbastanza da non permettergli di toccarla senza essere troppo più visibile. Ed infatti il barbone ebbe quella lucidità sufficiente a bloccarsi, e rimase con il viso contrariato continuando però a cercare un altro punto buono per riavvicinarsi… il tutto senza minimamente prendere in considerazione la volontà di Lucia che lo guardava con sguardo di rimprovero. Purtroppo lui nemmeno corrispondeva lo sguardo. Lucia capì che sicuramente non era “normale” e si sentì ancora più colpevole di quanto stesse succedendo. Così quando il tipo si accorse del suo seno e si spostò per mettersi davanti ad Lucia, lei spostò verso avanti la borsa spingendosi contemporaneamente in dietro col sedere. Sembrava una partita a scacchi dalla quale poteva uscire vincitrice.. bastava un po’ di attenzione. Intanto non vedeva nemmeno più i due bulgari e, dopo un primo momento di sollievo si ricordò che l’auto non aveva fatto fermate… a giustificare il suo timore arrivò una strusciata fatta con i polpastrelli troppo “diretta” per poter essere casuale sulla parte alta alta delle cosce, così maledettamente esposte in quel momento. Spontaneamente scattò leggermente in avanti dove ad attenderla c’era il pene ormai ingrossato dall’eccitazione del barbone che strusciò contro il suo pugno stretto intorno al laccio della borsa.
“Mamma, non ce la fai a stare più ferma? Così rischi di andare addosso alla gente!”. Andrea era innervosito dall’abbigliamento della madre che per una stupida promessa si ritrovava in quello stato su un auto, troppo ingenua per capire che poteva essere così “appetitosa” per gli uomini.
Lucia sentì il tono di Andrea e trasalì. Si spostò di scatto verso Andrea appoggiandosi sul suo braccio ma coprendogli così la visuale del barbone. Intanto era arrivata una nuova fermata ed altra gente era salita comprimendo ulteriormente gli altri. Con la scusa uno dei due marocchini si appoggiò al sedere di Lucia di nuovo a disposizione dopo la “prima fuga”. La morbidezza e la finezza del vestito permettevano a lei di sentire istante dopo istante l’arnese dell’uomo ingrossarsi e spingere contro le sue natiche. Lucia era nauseata come mai prima nella sua vita. le venivano quasi i conati di vomito al pensiero di quell’uomo sporco, schifoso dietro di lei. Lo immaginò fare la stessa cosa a delle povere ragazze e le salì la rabbia. Si voltò all’uomo e sussurrò: “si sposti per favore” col tono più deciso che poté. L’uomo si fece leggermente più indietro col pene, però, ancora appoggiato facendo finta di non trovare lo spazio per retrocedere di più. “Se non si toglie immediatamente io…”
“Mamma?? tutto ok? Che succede?”. Lucia trasalì nuovamente ricordandosi del pericolo a cui andava incontro.
“Non preoccuparti tesoro, tutto bene. Ho acciaccato il piede al signore e stavo chiedendo scusa”.
A quelle parole il bulgaro capì che quel ragazzo davanti era il figlio della bella signora e si eccitò pensando a quanto doveva essere puttana per conciarsi così davanti al proprio figlio. Si appoggiò nuovamente e più violentemente con il cazzo sul culo della signora, le palpebre leggermente abbassate e la bocca leggermente aperta in un’espressione fra l’inebetito e l’eccitato. Intervenne a quel punto il suo compare che intanto aveva assistito alla scena. “Accidenti signora, devo farle i miei complimenti… sembra la sorella più che la madre di questo bel ragazzetto!”
Lucia rimase di sasso. Come potevano tirare dentro a quello schifo anche il figlio? Se avesse potuto li avrebbe uccisi entrambi lì, al momento. Andrea la fissò con aria interrogativa. La madre non era mai stata razzista e nemmeno scortese. Le fece una faccia come per dire “avanti, rispondi al signore… che ti prende?? Che figura ci facciamo, mamma??”
“La… la ringrazio… signore…” e intanto l’amico si strusciava dietro di lei oscenamente. “Lei è… è davvero molto gentile..” quelle parole le pesarono come dei macigni ad una ad una. Era umiliante. Sentì i due parolottare fra loro e sghignazzare. Avevano capito la situazione. Anche l’altro tizio, quello che aveva parlato, si avvicinò a lei con la scusa di chiacchierare e in una frazione di secondo lei si trovò anche un’altra mano appoggiata addosso. “E’ bello vedere un giovanotto che accompagna la madre… al giorno d’oggi i ragazzi se ne vergognano… dove andate di bello?”
Lucia non fece in tempo ad eludere la domanda che Andrea la anticipò: “Andiamo alla casa di cura che sta a XXX a trovare mio nonno..”. Lucia odiò anche il suo stesso figlio per un momento. Era stata lei ad insegnargli ad essere sempre cortese, in particolare con le persone anziane (come il tipo seduto davanti a suo figlio che non smetteva di fissarle le gambe) e con le persone straniere, perché erano già in tanti a far patire a quei poveretti la loro situazione.straniere per farle sentire sempre a casa loro. Adesso due di quei “poveretti” erano dietro di lei intenti a lavorarle cosce e sedere, e mentre la umiliavano chiacchieravano amabilmente col figlio. “Andrea… non annoiare questi due signori con queste cose.”
“Ma mamma… stavo solo rispondendo…”
“Ecco, ma adesso stai buono per un po’ che ho mal di testa, per favore!”
Andrea si offese di nuovo. Lucia, tentando sempre di non far esplodere la collera ad ognuno di quei maledetti tocchi sul suo corpo, si girò verso i “signori” sussurrando all’orecchio: “lei è uno schifoso zingaro… non appena scendiamo la faccio sbattere dentro. La pagherete cara! Lei e quel bastardo del suo amico! Vi farò cacciare da qui!! E tornerete zitti zitti a fare la fame nella vostra terra di merda!” le parole le uscirono per pura rabbia. Effettivamente Luciapoteva essere accusata di poche cose, e fra quelle poche di sicuro non c’era il razzismo. in quel momento, però, voleva far male a quei due mostri.
“E’ proprio un bravo ragazzo il suo figlilo signora..” disse quello che parlava di più fra i due aggiungendo poi all’orecchio della signora “non vuole che gli succeda qualcosa di brutto, vero? Sappiamo dov’è la casa di cura sa? Vuole che veniamo a farle compagnia forse?”
Lucia cercò di nascondere il lampo di terrore che passò davanti ai suoi occhi, ma evidentemente non ci riuscì. “Ecco, adesso va meglio” e spinse la sua mano a toccare le gambe sui ricami delle calze. “Adesso le facciamo pagare quello che ha detto. Volevamo solo divertrci un po’, ma dopo aver visto quanto ci schifa ora le diamo un buon motivo per farlo. Senti qui sotto come si è vestita da puttana la nostra signora. Un visetto così da angioletto ma sotto sotto… però se ad abboccare sono due stranieri non va bene, vero? La puttana la fa solo con gli italiani…” e parlando continuava a risalire sempre di più.
“Non è come pensa lei, glielo assicuro, è tutto un equivoco. Io… mi scusi per quel che le ho detto, davvero… io faccio volontariato in una mensa per senzatetto.. non ho nulla contro di voi. Accettate le mie scuse, vi prego. Non dico nulla a nessuno di quanto è successo… perché in fondo non è successo niente, no? La prego, spostatevi…” solo il chiasso dell’auto e il fatto che Andrea aveva rimesso il broncio e quindi guardava fuori dal finestrino gli impedivano di accorgersi di quella “silenziosa conversazione” che avveniva appena sopra di lui.
“Senti qui quanto s’è fatta più mansueta la signora… ma lei ci ha offeso signora.. vorrei, ma adesso deve pagare. Stia zitta e forse fra poco è tutto finito..”
Il fatto che i bulgari coprivano un lato e che il barbone tentava di avvicinarsi dall’altro copriva lo sguardo al resto dei passeggeri. L’unico che riusciva a vedere qualcosa era il vecchio che non credeva ai suoi occhi e pensava. Si era accorto del fatto che la donna era contrariata, ma allo stesso tempo li lasciava fare. Intanto Andrea sentiva la madre spingere con le cosce contro la sua spalla e questa cosa, di nuovo lo turbava, nonostante fosse sicuro che la colpa fosse dei movimenti dell’auto (non immaginando cosa stesse succedendo dietro alla madre). Comunque non voleva rivolgerle la parola, perciò non le disse niente e continuò a guardare fuori cercando di rifuggire il pensiero della morbidezza di quelle cosce. Che poi che male c’era? Era solo una constatazione innocente. Poi pensò all’odore di quelle calze in quel pomeriggio dentro a quel bagno e cercò immediatamente di pensare a tutto tranne che a quello. Mentre fantasticava su mille pensieri che lo distogliessero il vecchietto aveva poggiato una mano sul suo ginocchio allungando un dito a sfiorare le gambe della signora di tanto in tanto. Voleva anche lui la sua parte di quell’inaspettato “banchetto”.
Il bulgaro poi si accorse dell’intimo della signora ed arrivò al buco dal quale si apriva il paradiso. Strabuzzando gli occhi per quel regalo evidentemente inaspettato sussurrò qualcosa all’altro e cominciò a giocare con il perizoma trasparente di Lucia mentre pure le mani del secondo cominciarono a frugare. Erano tutti e due visibilmente rossi in viso ed eccitati. Avrebbero voluto violentarla lì, davanti al figlio, ma non dovevano essere scoperti. “Vi prego… io ho dei soldi con me. Vi do un po’ di soldi come scusa per quello che ho detto prima… che dite?” il tono di Lucia era strozzato. Si stava trattenendo per non mettersi a piangere lì davanti a tutti. Si sentiva violentata. Era una sensazione che l’aveva sempre terrorizzata ogni volta che ne aveva sentito parlare in TV, ed ora stava succedendo a lei. “Stai zitta puttana” le disse il tipo infilandole un dito nella sua fica. “Senti… sei bagnata… vuoi che facciamo vedere a tuo figlio quanto è bagnata la mamma?”. Era vero, era umida. Quello silenzioso aveva tirato fuori dal pantalone della tutta la cappella il meno possibile e, sollevandole quella gonna così corta stava tentando di intrufolarsi sotto la gonna. Lucia muovendosi il meno possibile tentava di resistere riuscendoci parzialmente.
Poi Andrea si girò e si accorse della mano del vecchio che tentava di avvicinarsi alla madre. “Mamma! Vieni, avvicinati..”
“Non ora Andrea!” rispose Lucia cercando di assumere un tono seccato che coprisse quello disperato mentre tentava di rimanere il più possibile stretta per impedire i movimenti al pene del bulgaro.
“Mamma! Vieni qui adesso maledizione!” Andrea stava alzando la voce, così avrebbe attirato l’attenzione. Lucia si sentì svenire, maledetto viziato! Dovette chinarsi prima che lo facesse di nuovo.
“Attenta al vecchio! Sta cercando di allungare la mano lo stronzo!”
Quel movimento in avanti lasciò strada libera al bulgaro che le infilò dentro il pene. Non era del tutto umidificata e sentì una forte fitta.
“Mamma?? hai capito che ti ho detto?? Quello stronzo cerca di toccarti!”. Ormai era tardi.
Il tono di Lucia era ormai assente: “Finiscila Andrea. Nessuno cerca di toccarmi… è una persona anziana, non fare il maleducato”. Quel rimprovero lo azzittì. Andrea rimase a guardare il vecchio negli occhi finché questo non indietreggiò con la mano imbarazzato. Intanto i movimenti dell’auto favorivano la penetrazione del bulgaro mentre il compare giocava con il buco stretto del suo culetto. Il tutto mentre in bulgaro si dicevano probabilmente oscenità, ma nessuno poteva capirli.
Completamente atterrita Lucia abbassò anche la mano con cui teneva a distanza il barbone che subito le fu addosso. Con una mano la toccava mentre con l’altra si toccava ma Andrea, fisso ancora sul vecchio, non poteva vederlo perché ora anche lui era alle spalle di Lucia.
Lucia era altrove in quel momento. Si era ritirata in sé stessa in un angoletto dentro di lei, il più lontano possibile da una vita che ormai le sembrava un incubo del quale non si vedeva l’uscita. Era nel vento e volava. Vedeva paesaggi sotto di sé, montagne altissime. Poi in lontananza una città. Il vento la trasportò lì. Vide la sua casa… poi l’autobus… quell’autobus le dava una brutta sensazione, voleva farle male. Cercò di scappare, ma il vento non voleva portarla via. Voleva vedere le montagne di nuovo, ma erano lontanissime. Poi guardò poco oltre l’autobus e vide una casa di cura… LA casa di cura! Le sembrava una sorta di salvezza.. ma perché?? Pensò a suo figlio… doveva reagire! Si ridestò e la vide. Fuori dal finestrino… la casa di cura del suocero. Doveva essere rapidissima. In un attimo le sembrò di poter riprendere in mano la sua vita, di poter influire sugli eventi che fino ad allora aveva subito e basta, di poter mettere fino a quello schifo. Già, lo “schifo”. Si “ricordò” di quel che stava succedendo dietro di lei. Vide i suoi capezzoli evidentemente eretti sotto il vestito; sentì le mani ovunque, il pene del bulgaro che adesso scorreva meglio in lei. Si sorprese a pensare a come fosse facile per lei bagnarsi nei suoi momenti di black-out mentale e si sentì nuovamente in colpa per questo. Pensò a quanto potessero divergere le reazioni della mente con quelle del corpo. Poi agì. Utilizzò il movimento della frenata del bus per dare uno strattone che fece scivolare fuori l’arnese del tipo dietro di lei e che distanziò abbastanza le mani e tirò Andrea per il braccio. “Dobbiamo scendere! veloce!”. Gli uomini intorno a lei, i bulgari, il barbone e il vecchio, erano tutti troppo eccitati e concentrati sul suo corpo per poter reagire a quanto stava accadendo. “Ma mamma, la fermata dopo è più vicina..”
“Scendi Andrea!” disse Lucia guardandolo inferocita. Quell’esitazione però permise alle mani intorno a lei di allungarsi nuovamente in un’ultima palpata a quel “tesoro” che stava scappando. Andrea venne quasi strattonato ma ebbe il tempo di vedere la mano morta del vecchio sul polpaccio della madre, quella del barbone sul fianco e addirittura quella di uno dei bulgari sulla parte alta della coscia. Forse fu quell’immagine a confonderlo tanto, ma fu quasi sicuro di vedere l’altro bulgaro strusciarsi con la patta sul fianco della madre mentre teneva un telefonino in mano abbassato quasi a riprenderla sotto la gonna. Non ebbe la prontezza di fare nulla oltre a venir trascinato fuori dall’auto appena prima che le porte si chiudessero dietro di loro.
“Ma io li ammazzo…” e fece come per seguire l’auto che ripartiva.
“Cosa diavolo stai dicendo??” lo rimproverò Lucia.
“Mamma, ma non te ne sei accorta? Ti hanno palpata nel momento in cui sei passata… quei maledetti porci schifosi.. io li ammazzo! Adesso scatto alla prossima fermata e li ammazzo!!!”
“Andrea, basta…” Lucia era sconvolta. Non era riuscita a coprire tutto davanti agli occhi del figlio, ma adesso sovevano scappare.
“Basta??? Mamma!!! Avevano le loro mani addosso a te!! Non te ne sei accorta??? Ma che sei stupida???”
“Stai zitto immediatamente, cretino! E non permetterti di dirmi certe cose! Dobbiamo portare la medicina a tuo nonno, non siamo qui per seguire le tue manie da ragazzino viziato che sei!” Lucia si sentiva terribilmente in colpa nei confronti del figlio, ma l’unica cosa che le veniva in mente era di negare. Doveva portarlo via da lì, e subito. Se quei tipi avessero pensato di seguirli non dovevano trovarsi lì quando sarebbero arrivati.
“Andiamo immediatamente Andrea… adesso mi hai proprio stancata!”
“Ma…” Andrea non disse altro, si grò e quasi si mise a piangere per la rabbia.
– Stronza!- pensò – quelli ti trattano come una puttana e tu neanche te ne accorgi… vaffanculo!-
Lucia nemmeno guardò il viso del ragazzo e si avviò velocemente verso la casa di cura guardandosi intorno circospetta. Non avrebbe nemmeno più indossato una gonna. Forse non sarebbe nemmeno più entrata in un autobus. Maledetti schifosi! Voleva scappare. Voleva lavarsi, si, lavarsi via tutto quello schifo. Voleva dimenticare quel giorno. Come poteva dire al marito quanto era successo? Non lo avrebbe mai fatto. Quella storia doveva morire dentro di lei. Maledetti bastardi. Le facevano schifo, ma anche paura. Poi pensò ai suoi capezzoli inturgiditi, alla sua vagina umida e le venne da piangere. Si trattenne con tutta la forza che le era rimasta in corpo. Tirò un profondo sospiro, guardò sù verso il cielo e lo realizzò: dentro quell’auto aveva lasciato una parte di sé che non avrebbe più ritrovato…

 

Lucia era in un evidente stato di stordimento. Avrebbe voluto togliersi quei vestiti e bruciarli. L’odio misto a paura che Andrea provava nei suoi confronti gli impedivano di accorgersi che la madre era in un evidente stato di shock. Era arrivata nella casa di cura e con i soliti convenevoli che le uscivano dalla bocca senza che stesse a pensare realmente a cosa stesse dicendo aveva salutato il nonno. Quest’ultimo aveva potuto intuire qualcosa dello stato di agitazione della donna solamente dal tremolio della mano di lei mentre lo salutava. Il vecchio era rimasto anche piacevolmente sorpreso dall’abbigliamento della donna. L’aveva sempre reputata una bella donna, ma troppo “seria” per poter suscitare dei pensieracci. Invece adesso, se non l’avesse conosciuta così bene, l’avrebbe presa per una prostituta d’alto borgo. Lucia nel suo stato nemmeno si accorse degli occhi del vecchio su di lei.
“Scusami solo un istante papà, ma devo chiamare un attimo tuo figlio per vedere quando può passare a prenderci”.
“Certo cara, se vuoi parlare in privato puoi andare in camera mia…”
Lucia si allontanò sotto gli occhi attenti di tutti i signori circostanti. Quelle gambe, quel sedere e quei seni che sembravano esplodere nella maglietta avevano riportato tutti indietro di 30 anni almeno! Andrea rimase col nonno a parlare di come andasse a scuola, di quanto lui sembrasse cresciuto e di tutti gli altri discorsi fatti e rifatti negli anni, fino a che non si sentì abbastanza nitidamente la voce di Lucia che diventava sempre più stridula. Stava litigando col marito: “ma come non puoi venirmi a prendere?? Cosa vuol dire “tardi”?? Quando vorresti uscire da lì? Alle due di notte??… NO! Non ci torno con l’auto Antonio! E’ buio!!… NO! Non mi sto impuntando!! Dovresti vedere che facce ci sono in questa zona… ti aspetto qui e basta! Antonio, finiscila! Sto attaccando!”
“Andrea, stai qui… vedo se serve una mano a tua madre..”. Mentre lo diceva, mentre “allontanava” il nipote dalla madre, ebbe un brivido. Quando poi entrò in stanza e la vide piangere sul suo letto, nel vederla così vulnerabile e sexy al tempo stesso si eccitò.
“Che è successo piccola mia?” e nel dire questo le si mise vicino sul letto e le mise una mano sulla spalla. La donna ebbe un sussulto. Per quel giorno proprio non voleva essere toccata, nemmeno dal proprio suocero che pure aveva sempre rispettato. Il nonno se ne accorse: “Sei molto tesa… guarda, io sto qui, se vuoi parlare ma… anche se preferisci sbollire per conto tuo, se vuoi, nascosto nell’armadio ho qualcosa che mi aiuta nei momenti ‘difficili’….” e tirò fuori due bottiglie, una di vodka ed una di rum. Poi andò in bagno e prese dei sonniferi appoggiandoli poi sul comodino vicino al letto. Chiunque sapeva che le due cose non andavano mischiate, ma il nonno non lo disse. Aveva un turbine di idee in testa ma di una cosa cominciava ad essere sicuro… la voleva stesa. Poi fece per uscire ma ebbe un moto di senso di colpa. -Ma cosa diavolo sto facendo??- pensò! -non so nemmeno come potrebbe reagire, almeno le devo togliere l’alcool- si girò e nel frattempo la gonna di Lucia si era spostata leggermente lasciando scoperta una parte della calza lavorata. Il volto del nonno si fece paonazzo.
“Ti ringrazio nonno ma non posso bere…. non mi piace, non l’ho mai fatto. Magari un sonnifero lo prendo davvero però..”
“Ma no cara, fidati, basta un goccio e ti sentirai molto meglio. Io prendo sempre un bicchiere di vodka e un sonnifero e poi sto benissimo. Manda tutto giù e non pensarci. Ci penso io a chiudere la porta”. Si sentiva in colpa ma era stato provocato. Perché era venuta lì in quello stato? Voleva provocare dei poveri vecchi? Beh, ci era riuscita! “Avanti, fai come ti ho detto e riposa un po’, ne hai bisogno..”
Lucia guardò il suocero per un istante con aria serena: ” Grazie papà, grazie davvero… ho avuto davvero una brutta giornata… non sai quanto io sia contenta di essere qui con te adesso. Sei davvero un padre per me… Grazie papà” e intanto le lacrime continuavano a rigarle le guance. Il vecchio dovete voltarsi facendo un cenno di ringraziamento con la mano per non andare immediatamente a toglierle quelle bottiglie di alcool. Ormai l’aveva detto, adesso non poteva più farci niente, o forse non voleva. E comunque non le sarebbe successo nulla dopotutto, magari avrebbe avuto solo un brutto mal di testa poi. Le preparò il bicchiere e la pastiglia ed uscì col cuore che gli batteva forte. Tornò dal nipote: “Tua madre sta riposando un po'”.
Giocò per un po’ con lui e con altri anziani che erano lì ma continuava ad essere impaziente. Ad un certo momento disse che aveva bisogno di andare in bagno e si allontanò. Si precipitò nella sua stanza pregando che Lucia fosse stata così ‘furba’ da aver lasciato la porta apera. Quando la maniglia scattò ebbe un po’ di paura ma poi si disse che alla fin fine stava solamente controllando come stava la nuora. Entrò e la vide stesa al letto, il bicchiere vuoto vicino e la pastiglia non c’era più. “Lucia? Sono venuto a controllare come stavi.. tutto ok??” e posò la sua mano sul suo polpaccio. Lei non reagì. “Lucia?” fece poco più forte. Intanto cominciò a muovere la mano lentamente godendosi la morbidezza della carne di lei attraverso la calza. Di nuovo nessuna reazione. I sensi di colpa del vecchio cominciarono ad essere seppelliti sotto il peso dell’eccitazione che la situazione gli provocava. Quella donna che una mezz’oretta prima aveva quasi scansato la sua mano sulla spalla (per schifo? perché era vecchio? Non lo sapeva ma non gli era proprio piaciuto!) adesso non aveva difese. Poteva toccargli le gambe senza che lei potesse dire nulla. Era un po’ spaventato ma la faccia di Lucia completamente abbandonata gli diceva che in quel momento lei era lontana e ci avrebbe messo un po’ per tornare… quanto gli serviva! Erano anni che non metteva le mani su un corpo femminile ma non ricordava di aver mai toccato gambe così. Scese con la mano e sfilò le scarpe alla donna… -Però, la piccola Lucia… guarda che scarpe… ma dove stavi andando conciata così? Che volevi fare? farti violentare da qualche delinquente??…- le guardò il disegno che le facevano le calze sui piedi e si abbassò ad annusarli. Subito dopo a leccarli. Erano irresistibili, ed erano tutti suoi. Il contegn ormai era andato. Nemmeno il minimo movimento da parte di Lucia che sembrava completamente andata. Pure il respiro era molto lento. Risalì con le mani per le gambe fino ad alzare la gonna. Non poteva credere ai suoi occhi. C’era l’attaccatura più scura e poi un buco all’altezza delle mutandine che dava l’idea dello strappato.
– Maledetta puttana… sei venuta qua a provocarci… ti piace vestirti da puttana, è? E se adesso ti uso anche da puttana che ne dici?? Vediamo se ti piace..- e comincio a toccarla lì, poi a leccarla. Poi udì un lamento… si era svegliata?? Scattò indietro ma vide che dormiva ancora. Il cuore gli batteva all’impazzata, temette di avere un infarto. Poi si calmò. E la toccò di nuovo guardandola. Faceva delle piccole smorfie. La sua fessura era così morbida. Capì perché lei dovesse fare la morigerata, perché era così irresistibile che quello era forse l’unico modo per non essere violata. Ma adesso era lì, e la sua solita compostezza non poteva aiutarla in nessun modo. Cominciò a penetrarla in quella fessura così calda, accogliente e i gemiti aumentarono fino a che non sussurrò “… no, vi prego, no… non davanti a lui…”
Poi si aprì la porta dietro di lui e comparve la figura di uno degli inservienti più anziani.
“Salve signor Mario!.. ero venuto per pulire la stanza ma non immaginavo stesse qui… ma vedo che è ‘occupato’.. chi è questa bella ragazza??” ed assunse un’aria di perfida sfida.
“E’ mia nuora… e sta dormendo quindi è meglio che usciamo subito..”
“Con calma signor Mario, tanto la signora non sembra per nulla disturbata dalla nostra presenza.”
“La prego, esca di qui…”
“No, non credo signor Mario.. altrimenti dovrei andare a spiegare al ragazzo che sta di là cosa stavano facendo alla sua mamma. Secondo me non la prenderebbe benissimo, che dice? Anche perché non credo la signora stesse ‘partecipando’ molto al giudicare dal suo viso…”
“Io…. io non… non è come pensa… è mia nuora…”
“Vero signor Mario, è solo un gioco… e adesso giochiamo in due…” dicendolo si avvicinò di scatto alla signora e prima che il nonno potesse dire qualcosa le stava palpando i seni… “che bella puttanella è sua nuora signor Mario, lei è molto fortunato..”
Il nonno era rimasto di sasso. La situazione era pericolosissima e lui c’era dentro con tutte le scarpe. Andò subito alla porta e la chiuse a chiave stavolta. Si voltò e il tizio lo aveva già tirato fuori strusciandolo sul bel volto della nuora. Questa visione lo turbò molto. Ebbe pena di Lucia mentre invece tra le sue gambe spuntò un’erezione… che sensazione! Aveva scordato cosa si provava! Il tempo era pochissimo e voleva sfruttare il momento.. si avventò sulla donna mentre vedeva la sua bocca violata da quell’uomo orribile che aveva preso a farsi la sua bocca. Ebbe paura che si strozzasse per la violenza con cui l’uomo lo infilava ma un secondo dopo prese anche lui a penetrarla. La donna era bagnata e questo facilitò il nonno. In un momento Lucia si trovò presa in una morsa che non avrebbe immaginato nemmeno nel peggiore dei suoi incubi. I due si fermarono di scatto solo nel momento in cui uscì dalla bocca della donna un gemito strozzato solo dall’affare che non le permetteva di parlare chiaramente. Nonostante quello si capivano bene le sue parole: “vi prego basta, non davanti a mio figlio.. vi prego…”. Aveva iniziato a piangere ma non dava l’idea di essere cosciente di chi avesse intorno. L’inserviente lo capì prima del nonno e ricominciò ad infilare il suo membro sporco in quella bellissima bocca ancora incredulo per la fortuna capitatagli ma deciso a succhiare fino all’ultima goccia di quel nettare. Nessuna delle prostitute con cui era stato era così bella. Avrebbe voluto mangiarsela. Più si eccitava e più forte spingeva in bocca in un impeto del tutto insano. Quella visuale preoccupava il nonno che però, impotente, poteva solo continuare a prendere quanto poteva dal corpo della donna. E più i due spingevano più la donna singhiozzava mentre i suoi umori tradivano un’insensata eccitazione. Chissà che sogno o che incubo stava vivendo in quel momento Lucia. Poi i due vennero nei due buchi a distanza di pochi secondi. Il nonno ebbe la prontezza di girare il viso in modo da far colare lo sperma dell’inserviente fuori e non farla strozzare mentre quest’ultimo si rimbracava con aria soddisfatta dicendo che non vedeva l’ora di ripassare e intimando al nonno di fare silenzio se non voleva che tutti sapessero cosa aveva fatto. Quello se ne andò e il nonno pulì velocemente con due fazzolettini bagnati sia la bocca della donna che fra le gambe.
Andrea piombò in camera che il nonno aveva ancora i fazzolettini in mano, la gonna di Lucia ancora un po’ alzata e la camicia ancora leggermente sbottonata.
“Nonno… cosa sta succedendo qui? Non dovevi andare in bagno?? Tu…”
“Niente Andrea, il bagno comune era occupato e sono venuto in camera cercando di non svegliare tua madre. Parla piano che ancora dorme…”
“Si, mia madre…” Andrea guardò la madre e poi il nonno che le lanciava un’occhiata furtiva. “Nonno, forse è meglio che esci e aspetti fuori dal bagno comune… sai, forse a mamma darebbe fastidio se sapesse che qualcuno è qui mentre dorme…” non aveva prove ma gli dava un enorme fastidio che suo nonno s’attardasse in camera con sua madre vestita in quel modo.
“Certo Andrea, hai proprio ragione… perdona tuo nonno ma ad una certa età quando uno ha dei bisogni..”
“Si nonno.. i tuoi bisogni” dicendolo gli aumentò la rabbia. “Adesso però è davvero il caso che vada nonno. Se non ti dispiace rimango anche io a riposare un po'”.
“Ma no dai.. torna giù a giocare con noi… dobbiamo finire la partita”.
“No nonno, davvero, sono molto stanco!” e dicendo queste parole lo accompagnò verso la porta…
“Va bene… fammi sapere come sta poi…”
“Si nonno, ci penso io adesso! A dopo…” chiuse la porta ontento di non avergli messo le mani addosso e si voltò verso sua madre.
Vide il bicchiere con la vodka e il rum poggiati sul comò, poi il bicchiere ed infine la scatola dei sonniferi. “Ma che diavolo hai fatto? Sei impazzita?”
Le ascoltò subito il cuore e sentì che respirava. Tirò un sospiro di sollievo. La chiamò più volte ma sembrava assente, drogata. Decise di girarla perché aveva sentito del pericolo di ingoiarsi la lingua in quello stato. Quindi le riabbottonò la camicia, la prese per le gambe e la girò. Sentì le gambe sotto le sue mani e si ritrasse velocemente come se avesse sentito la madre riprenderlo severamente. Si ricordò di come l’aveva apostrofato malamente la mattina solo per il fatto di averla presa mentre stava cadendo. La odiò di nuovo, come quella mattina. “Sono tuo figlio e devo avere paura di metterti una mano addosso? E’ questo l’amore di cui mi hai sempre parlato mamma?” per qualche secondo rimase seduto sul letto guardando per terra quasi sentendosi in colpa. Ma in colpa per cosa?? Non aveva fatto nulla di male? Di cosa aveva paura?? Che si sarebbe eccitato toccando la madre?? Se invece di pensare una cazzata del genere si fosse vestita decentemente quel giorno su quell’auto non avrebbe dovuto assistere a quella scena… già, l’auto… quegli imbecilli le avevano messo le mani addosso e lei nemmeno se ne era accorta. Se invece suo figlio le evitava una caduta ci metteva un attimo ad aggredirlo. Quegli extracomunitari e quel vecchio potevano toccarla, invece il figlio no. Si girò verso di lei, era di nuovo furioso. “Ma se adesso ti tocco non puoi dire niente, vero? Adesso siamo solo io e te…” detto questo le mise una mano sul polpaccio e cominciò a muoverla piano. La madre non reagiva. Si sentì svenire per il senso di colpa e per l’ansia. Immaginò sua madre girarsi verso di lui e guardarlo con quell’aria severa che lo trafiggeva ogni volta. Poi si scosse di nuovo. Stavolta non lo avrebbe rimproverato. Si sentì infallibile. Stavolta era lui a comandare.
“Quei bastardi t’hanno messo le mani addosso come sto facendo io ora…” e ripensò a tutte quelle mani che la strusciavano. Salì e scoprì ancora un po’ la gonna. Ma si fermò. Era la madre. Andava bene prendersi quella piccola rivincita, ma non avrebbe fatto nulla di più. Non avrebbe più dormito la notte altrimenti. Era sicuro di poter guardarle il suo sedere senza scandalizzarsi ma semplicemente decise che non voleva farlo. Non serviva. Tornò giù con la mano fino ai piedi, che erano rimasti nudi. Poi un lampo! Gli tornò come se lo stesse sentendo in quel momento per la prima volta l’odore di quelle calze al naso. Già, quella volta in bagno… non si era più spiegato bene cosa fosse successo. Fu solo un errore. Quell’odore. Adesso erano lì, davanti a lui, tangibili. Poteva risentire quell’odore. Non c’era nulla di male. Sentì ancora quel rimprovero severo. Come se avesse ucciso qualcuno!!! E invece non stava facendo nulla di male!!! La madre sarebbe andata su tutte le furie, ma avrebbe sbagliato! Probabilmente non avrebbe più potuto farlo in futuro perché dopo il cazziatone che le avrebbe fatto la madre non avrebbe più toccato un goccio di alcool… di sicuro non mischiando coi sonniferi! E lei voleva insegnare a lui. Come le era saltata in mente una stupidaggine del genere??? Mentre vagava per il suoi pensieri continuava ad andare su e giù con la mano, tastando involontariamente sempre con più forza. Sentendo sotto le dita la curvatura delle gambe, la parte sotto del ginocchio, poi ancora il polpaccio, la caviglia… aveva proprio delle belle gambe, e la cosa lo innervosiva in un certo senso. “Hai fatto proprio un bel regalo ai quei maledetti porci!! Ora staranno a casa a masturbarsi pensando a te che li lasciavi fare.. brava mamma, ottimo lavoro… e io dovrei sentirmi in colpa, anche solo a sentire l’odore dei tuoi piedi.. è ridicolo! Sono tuo figlio! Sono una parte di te…” per quanto provava a giustificare quell’atto non riusciva a darsi pace. Non capiva perché avrebbe dovuto farlo, ma nemmeno perché invece avrebbe dovuto. “Mi appoggio vicino a te almeno riposo un po’ pure io..” e dicendo questo fece per mettersi ma si accorse che il letto era abbastanza piccolo per entrambi. Così decise che si sarebbe messo col capo ai piedi del letto, ripetendosi che così certamente ci sarebbe potuto stare anche lui. QUesto avrebbe detto alla madre se lo avesse sorpreso così! “Sorpreso”?? Ma di che parlava? Non stava facendo nulla!
La visuale lo turbò ancora. La gambe della madre da lì sembravano ancora più belle. Ricominciò ad accarezzarle, perché poteva (!!!),era il figlio. Intanto col viso si sistemava avvicinandolo involontariamente verso i piedi della madre fasciati da quelle splendide calze. Si disse che quello era l’odore di tutte le donne. Lì c’era la madre, ma quell’odore lo avrebbe sentito da qualsiasi altra donna… ebbe un’erezione. Tentò di contenerla respirando a fondo e cercando di non pensare, ma se apriva gli occhi quello spettacolo era lì. E l’odore di lei era bellissimo. Ma non era l’odore della madre, era l’odore di una donna. Qualsiasi donna avrebbe avuto quell’odore. Chiuse gli occhi ed immaginò di stare vicino ad un’altra donna. Cominciò a toccarsi da sopra il pantalone. Era una donna qualsiasi, e lui poteva approfittarne. Doveva! Poi oltre ad annusare cominciò a baciare quei piedi sentendo l’odore e il sapore delicato ancora più forte. Poi li leccò. Si sentì stupido a farlo ma la madre non gli diceva nulla, quindi era giusto così. Prese a masturbarsi mentre leccava e toccava fino a che tirando la gamba la gonna si alzò leggermete. Dal lì sotto la visuale era molto più ampia e vide qualcosa di strano. Ma che calze erano? Ne fece solo un discorso di curiosità e salì con la mano alzando la gonna mentre con l’altra continuava a menarselo. Ma che diavolo era? Un buco?? Perché era vestita come una puttana? Vide anche le mutandine che il nonno non aveva fatto in tempo a rimettere a posto e che quindi erano rimaste scostate. Capì che doveva immediatamente fermarsi ma nonostante questo l’eiaculazione era partita abbondante e veloce come non mai.
Non riuscì a controllare quel che stava facendo e venne abbondantemente sopra la madre. Cosce, gambe, gonna, calze.. sporcò tutto.
In un attimo il cervello riprese a funzionare. Ma cosa diavolo aveva fatto?? Si era masturbato usando la madre?? No, non la madre… era una donna… una qualsiasi donna, maledizione! Scattò in bagno e prese dei fazzoletti per pulire. Aveva il terrore che lei potesse svegliarsi in quel momento. Prese i fazzoletti e cercò di togliere il più in fretta possibile il suo sperma da addosso alla madre.
Così, mentre Lucia giaceva inerte con una lacrima che era rimasta a rigarle la guancia su quel letto in quel giorno da incubo portata via da tutto quello in cui aveva sempre creduto e gettata in una società di violenze primitive che lei stessa sentiva di aver scatenato, Andrea era vicino a lei che tentava disperatamente di pulire, oltre che il frutto del suo peccato, anche la sua anima.

 

“Ciao tesoro… che ci fai lì sulla sedia? Ehi ma.. che ore sono? Quanto ho dormito?”

“E’ mattina mà… nonno ha detto che potevamo rimanere per la notte e così ti ho lasciata dormire”.

Andrea era teso come non mai. Dopo l'”incidente” era rimasto per parecchio tempo a rimuginare su quel che era successo cercando una giustificazione accettabile al suo comportamento. Si sentiva sporco, sentiva di aver tradito la fiducia della madre. Non riusciva quasi a guardarla negli occhi. Il brutto è che dopo qualche ora aveva cominciato a guardare nuovamente il corpo della madre disteso sul letto. Sembrava così assente. Poi piano piano si era cominciato a far spazio nella sua testa l’idea di sfiorare di nuovo quelle gambe. Gli era tornato in mente l’abbigliamento intimo della madre. “Ma perché si è vestita come una puttana? Cosa diavolo voleva fare? Non capisce l’effetto che può avere sugli uomini maledizione??” e di nuovo gli tornavano in mente le mani di quegli uomini sull’autobus, lo sguardo del nonno sul suo corpo indifeso. L’eccitazione lo aveva ripreso ma era terrorizzato dal toccarla di nuovo. Pensava si sarebbe svegliata da un momento all’altro. Allora aveva guardato il cellulare e senza rendersi effettivamente conto di cosa stesse facendo aveva preso a scattarle delle foto dal basso. “Le cancellerò stasera stessa”- si ripeteva. Alzava il vestito e la fotografava con quel maledetto intimo da puttana. Di nuovo era eccitato e cominciava a non controllarsi. Annusava i suoi piedi, le sfiorava le gambe per sentire la morbidezza del polpaccio attraverso la calza. Poi  Lucia aveva fatto dei movimenti come per svegliarsi e lui era andato a mettersi sulla poltrona fingendo di giocare col cellulare.

Ora, però, non riusciva a  guardarla negli occhi. La paura di essere scoperto aveva per un po’ azzerato l’eccitazione. Intanto sotto si sentiva il clacson: era arrivato il padre, era ora di tornare a casa e lui era quasi grato che quel momento fosse finito.

 

Per i giorni a seguire la situazione si era parzialmente calmata. Lucia si comportava di nuovo amorevolmente con lui anche se, da quel giorno, sembrava fosse turbata… ed in effetti lo era. Era stato uno dei peggiori giorni della sua vita. Ricordava solo di essere crollata dal sonno, probabilmente per lo stress di quella violenza subita in autobus. Si era svegliata la mattina con dei forti dolori pubici, probabilmente dovuti alla contrazione avuta dopo essere uscita dall’autobus e con un odore molto sgradevole in bocca. Vedere suo figlio vicino a lei l’aveva tranquillizzata. Le erano tornati in mente tutti i dubbi avuti su di lui. Dubbi insensati. Dubbi che l’avevano costretta a subire una violenza vera e propria. Dubbi che l’avevano condannata. L’unica cosa che veramente le permetteva di andare avanti era il poter essere certa dell'”innocensa” del figlio nei suoi confronti. Ma come aveva potuto dubitarne?? Si sentiva così stupida adesso. La sera stessa poi, tornati a casa, aveva giustificato quell’abbigliamento al marito come un modo per fargli una sorpresa. Era troppo eccitato per dubitare e qualcosa e così era stata costretta a soddisfarlo nonostante avrebbe voluto dimenticarsi del sesso per il resto della sua vita. In più i gemiti di dolore che emetteva ad ogni penetrazione erano serviti solamente ad infuocare il marito. Alla fine di quella tortura era rimasta sul letto passando dal dolore fisico a quello, straziante, che sentiva interiormente. Avrebbe amato la sua famiglia ancora di più, nessuno avrebbe mai saputo dell’accaduto.

 

 

Gianluca non riusciva a credere ai suoi occhi. Era passato dietro ad Andrea e aveva buttato un occhio ed era sicuro di aver visto una foto di gambe con calze sul suo cellulare. Era impossibile ma doveva verificare. Così all’ora di ginnastica si era allontanato con la scusa di dover andare in bagno ed era andato a prendere il cellulare di Andrea. Tutto normale, se non ché c’era un programmino sul cellulare che lui conosceva molto bene. All’apparenza un orologio, era un programma fatto per nascondere files su un cellulare. Fortunatamente sapeva bene che bastava disintallarlo per avere accesso a tutti i file e così aveva fatto.

In principio avrebbe giurato si trattasse di comuni foto pornografiche facilmente reperibili da internet, ma poi in una… a guardare meglio… quella era Lucia!! Non poteva credere ai suoi occhi! Avrebbe voluto masturbarsi immediatamente di fronte allo spettacolo dell’innocente signora, ma poi ebbe un’idea migliore. Era quasi sicuro che il figlio avesse fatto tutto all’insaputa della madre. Non si vedeva benissimo il viso, ma abbastanza per capire che lei stesse dormendo. “E bravo Andrea… così ti piace la mammina è… vedi puttana? Lo fai venire duro pure al tuo bambino…”

Quella era un’inaspettato regalo, ma si poteva ricavare molto di più di una sega nel bagno della scuola. In preda alla frenesia aveva attaccato il suo cellulare scaricando tutte le foto. Il giorno stesso aveva salvato le foto su internet e prima che venisse sera, quando Andrea si era accorto nel panico più assoluto, che i file che aveva nascosto erano di nuovo visibili, pure il resto della gang era stata messa al corrente della situazione. Si erano incontrati e dopo una prima fase di commenti osceni, avevano cominciato ad organizzarsi.

Già il giorno dopo si presentarono ad Andrea con un ghigno che parlava da solo. Andrea in un attimo aveva ricollegato.

“Ti piace la mammina?? Beh… non è colpa tua… tutti si ecciterebbero con una puttana del genere…”

Andrea si lanciò come impazzito contro i tre che però ebbero facilmente la meglio su di lui. Damiano gli assestò un pugno che lo fece traballare pesantemente e poi cadere in terra.

“stai calmo eroe.. guarda queste foto, forse le conosci, perché le hai fatte te… che ingenuo, qui quasi ti vedi… che dici? Quella puttana di tua madre ti riconoscerebbe?? Ora però ste foto le usiamo noi e un po’ di amici su internet… abbiamo organizzato un bel segone di gruppo con qualche amico, vuoi venire pure te??”

“Io lo sapevo che era una puttana… lo sapevo!!!” Aggiunse Gianluca quasi ansimando per l’eccitazione.

Andrea lo guardò con odio. Li guardò tutti. Avrebbe voluto ucciderli. Avrebbe dato qualsiasi cosa per ucciderli, si sentiva terrorizzato.

Pensava al sorriso della madre pieno d’amore, e poi guardava quei ghigni. Non sopportava sapere quelle foto nelle loro mani. Poteva solo immaginare i loro commenti. Scappò via quasi potesse tornare indietro nel tempo a quella maledetta notte. Sembrava tutto un incubo.

Intanto le risate dei tre lo inseguivano come degli spettri.

 

“Salve ragazzi…. se cercate Andrea non c’è, è a scuola.. ma… non dovreste essere lì pure voi??”

Il tono di Lucia era esattamente quello che eccitava Gianluca.

Dei tre ragazzi era il più piccolo e, normalmente, anche il più timido, ma di fronte a quella donna si accendeva in lui qualcosa di perverso.

“No, è lei che cerchiamo cara signora…”

Quel tono non piaceva per niente a Lucia che, però, si era ritrovata quasi spinta dentro da quel tono perentorio.

“Ancora tu Gianluca…. non ho scordato l’ultima volta sai?!.. piccolo pervertito… sai che ti dico? E’ il caso che torni a casa tua..” 

“Non andiamo da nessuna parte signora…” rispose Gianluca con un ghigno di sfida…

Mentre Damiano le chiudeva la porta dietro le salì la paura. Per un attimo ebbe l’impressione di non avere controllo su quei tre, come se le regole della società civile fossero state chiuse fuori… improvvisamente il suo tono divenne più remissivo: “ragazzi, andiamo, basta scherzare… ho davvero delle cose da fare, magari se tornate nel pomeriggio…”

“Non andiamo da nessuna parte signora, ci sono delle foto che deve vedere…”

“Non voglio vedere nessuna foto! Andatevene o sarò costretta a chiamare la polizia!!!”

“Va bene signora, la chiami… così le vedranno con noi… sono sicuro che apprezzeranno…”

Lucia rimase sconvolta. Non aveva idea di cosa parlassero ma le tornò in mente l’episodio sull’autobus con quei due criminali… ebbe un moto di disgusto…

“Guardi.. riconosce qualcuno signora Lucia?”… Damiano cominciò a mettere le foto sul tavolo una ad una mentre Gianluca continuava a fissarla dalla testa ai piedi…

“Ma che roba è questa?? Cos’è? Tua madre Gianluca?? A che gioco stai giocando maledetto pervertito?? Vuoi che ci parli io con tua madre..???”

“Beh, una mamma lo è di sicuro, ma non quella di Gianluca signora” il tono di Damiano era fastidiosamente compiaciuto di se’ stesso.

“Oh mio Dio…” cominciava a riconoscere quell’intimo…

“Maledetti… come avete fatto?? Vi denuncerò per questo!!”

– come avevano osato? Come ci erano riusciti??-

Tentò di calmarsi ma era impossibile, ed un tono non volutamente isterico uscì dalle sue labbra: “ragazzi, ma come vi è saltato in mente di fare una cosa del genere?? Come?? Questa cosa è gravissima… dovrò prendere provvedimenti.. ma siete ancora in tempo per lasciare queste foto sul tavolo ed andarvene immediatamente… Venire qui e farmele anche vedere… ma come pensavate ce avrei regito?? Dicendovi bravi?!?!? Qui non siamo in uno dei vostri filmetti… ANDATEVENE ADESSO!” 

L’ultimo urlo aveva smascherato la sua paura.

I tre ragazzi continuavano a sorridere guardando l’ultima foto…

Lucia rimase confusa per qualche secondo, mettendo a fuoco la foto.

Poi la vide, ma fu come assentarsi. Le risa intorno, la foto, i ragazzi… per un attimo tutto si dissolse e stette in un limbo… il più tempo possibile!

 

“No signora, non faccia così” intervenne Manolo che fino a quel momento era stato in silenzio, “vedere suo figlio le fa sempre quest’effetto?” e intanto la rimise in piedi.

 

Lucia si divincolò da quello strano abbraccio e rimase a guardarli. Dentro di sé ancora non realizzava. C’era Andrea in quella foto, ma cosa stava facendo? Perché gli aveva fatto una cosa del genere? Sicuramente era un gioco, ma che razza di gioco…

 

“Chissà se anche a suo marito faranno lo stesso effetto…”

Il pensiero di Antonio la risvegliò di improvviso. Rimase a guardarli ancora non sapendo che dire. Non rusciva a realizzare.

 

“Avanti, tagliamo corto, voglio metterle le mani addosso” Gianluca aveva ripreso ad ansimare forte.

Lucia reagì di impulso e prese un coltello che era sul tavolo: “se ti avvicini t’ammazzo, maledetto animale!”

 

“Calma calma calma…. lo scusi signora, è vero che è una bestiolina sto ragazzino” fece Damiano prendendo di peso Gianluca e spostandolo. “Ci scusi se si è permesso di offenderla.. nessuno ovviamente le farà nulla. Certo è che la situazione è delicata e non vorremmo assolutamente che questa cosa andasse in giro..”

“Cosa volete?” chiese Lucia col terrore negli occhi, troppo spaventata per immaginare alcunché.

 

“Nulla di che signora, davvero… sa, suo figlio più di qualche volta ha fattoo un po’ lo stronzo con tutti noi. E’ molto intelligente per la scuola, ma non abbastanza nella vita per capire che bisogna farsi gli amici invece che nemici…”

“Cosa volete fare ad Andrea?? Non provate ad alzargli un dito…”

“Ma cosa va a pensare signora? Nulla del genere, non ci giudichi così male. Solo un gioco.”

Lucia tirò un sospiro di sollievo mentre posava il coltello sul tavolo. Non doveva provocarli, doveva mantenere la calma.

“Vede, l’altro giorno Andrea si è permesso di dare della ‘racchia’ alla madre di Manolo…”

Lucia: “ragazzi, vi prometto che sarà punito per questo, non doveva assolutamente..”

Damiano: “.. e Manolo ci è rimasto maluccio, poverino… certo, è vero che non tutti hanno la mamma che ha lui..” e le passò lo sguardo per tutto il corpo.

Lucia: “Ma no… sono sicuro che Andrea non intendesse…”

Damiano: “a giudicare dalle foto anche Andrea ha una falla.. che sia stata lei ad aprirla con quell’abbigliamento..” fece come per accennare alle foto “.. oppure che sia solo un suo problema, questa falla c’è…”

Lucia sentì un forte senso di colpa. Ripensò alla discussione con Gianluca, qualcosa cominciava ad essere più chiara nella sua mente. Era stata così ingenua… ma era vero, era stata lei a provocarlo. Ripensò alle foto. Povero Andrea… chissà cosa stava passando… il senso di colpa per quelle provocazioni gli bruciò forte nel petto.

“Comunque signora, qualunque cosa l’abbia spinta a vestirsi così e qualsiasi cosa sia passata nella testa di suo figlio direi che è il caso che il tutto rimanga fra di noi. Vogliamo solo fare un piccolo gioco… dato che Andrea si diverte sempre a mettere in difficoltà i suoi compagni- (continuava a mentire)- oggi metteremo lui in difficoltà.”

“Ma si può sapere cosa volete fare? metterlo in difficoltà? Cosa intendete??”

“Date le sue ‘inclinazioni’, direi che Lei è l’unico soggetto che potrebbe metterlo in difficoltà… ci lasci divertire un po’. ce lo faccia vedere in imbarazzo… tanto ci basta…”

“Siete seri? Solo questo? E come vorreste fare?”

“Non noi signora, ma lei… lui è molto geloso della sua mamma poverino… oggi lei ci inviterà a pranzo e gli faremo provare un po’ di gelosia…. sa come si arrabbia quando qualcuno osa camminare in un raggio di 10 chilometri dalla madre, no? Abbiamo portato pure un abbigliamento un po’ più adatto.. lo abbiamo scelto con cura…”

“No ragazzi, state a pranzo senza problemi… fatemi battute davanti a lui o quello che volete, ma rimango così, va bene uguale…”

Damiano: “sa signora… detto fra noi… non è detto che sia come sembra. Ci pensi.. sono solo foto… potrebbe essere stato solo un momento di sbandamento o addirittura potrebbe esserci qualche altra spiegazione” quelle parole stavano accendendo una luce di speranza in Lucia, -aveva ragione! Lo aveva subito dato per colpevole di qualcosa.. aveva già fatto questo errore…-

“.. però signora mia… poniamo che non ci sia niente di male.. immagina che cosa penserebbe la gente vedendo queste foto, no? Detto fra noi tutta questa storia potrebbe risolversi da sola o al massimo con una delle incazzature ingiustificate di Andrea.. faccia come le diciamo e fra qualche ora rideremo su tutta questa storia. Altrimenti basta una chiamata e le foto andranno prima on line, poi su facebook ed infine a suo marito, a suo padre…”

Lucia guardò impressionata i due ragazzoni negli occhi, facevano sul serio, e poi spostò lo sguardo su Gianluca. Le metteva ribrezzo il pensiero che potesse guardarla così davanti a suo figlio.

Una cosa, però, era sicura. Quelle foto andavano distrutte. Pensò di nuovo al suo abbigliamento di quel giorno con tristezza. Non avrebbe rovinato la vita di suo figlio. Che quei ragazzi avessero quella stupida ‘rivincita’ su Andrea. Il figlio probabilmente si sarebbe arrabbiato, ma non era abbastanza per rischiare il suo futuro.

“Ah, signora… ovviamente se dovesse dire pure solo mezza parola ad Andrea per noi il divertimento sarebbe finito e… niente più accordo…”

“Andrea non saprà niente. Prendetevi questa vostra rivincita e poi cancellate le foto. Sono sicura di potermi fidare di voi..”

“Assolutamente signora…. siamo dei bravi ragazzi dopotutto.. Adesso si cambi che fra poco suo figlio sarà qui…”

Andrea entrò dentro casa con mille pensieri.
Aveva sbagliato, lo aveva fatto.. una parte di sé continuava a pensare all’episodio sull’autobus, poi al nonno, all’abbigliamento di sua madre.
– Perché?? –
Continuava a ripeterselo. Il pensiero che quei criminali l’avevano vista in quel modo, però, era solo colpa sua. La madre poteva avere strane inclinazioni (il pensiero ancora lo disturbava), ma a “metterla in mano a quei maledetti” era stato un suo momento di black-out. Ma che mi ha detto la testa?

Aprendo la porta pensò di essere ancora intrappolato in uno dei suoi ultimamente frequenti incubi.
Vestitino grigio, sandaletti tanto innocenti quanto sexy. Era inchinata verso il forno e il vestitino le disegnava perfettamente il sedere.
“Mamma sei bellissima”, Andrea era rimasto come intontito. Avrebbe voluto dire -ma cosa ci fai con quella roba addosso?- e invece quello fu quanto gli uscì di bocca.
Lucia si girò fulminandolo, poi lo guardò sul volto. Era in una sorta di adorazione. Le fece tenerezza. Per un momento vide quanto la amava e lo amò profondamente. Si sentì amata, come se quell’adorazione fisica fosse lo specchio di tutto l’amore che un figlio potesse provare per la madre.
“Ciao Andrea!” la voce di Manolo riportò entrambi bruscamente alla realtà, così vicini in quel piccolo dramma e allo stesso tempo impersonificando due antagonisti in quella strana storia.
“Non dire sciocchezze e lavati le mani così mi aiuti a portare le cose in tavola.”
Il tono di Lucia era perentorio. Ad Andrea serviva una lezione. Si era messo in quella situazione da solo. Sarebbe pure potuta andare nuda per casa ma comunque non sarebbe stato giustificato. Desiderare la propria madre, dopo tutto quello che lei aveva fatto per lui. Dopo averlo accolto in questa vita, aver rinunciato alla sua per lui. Dopo anni di frustrazioni per potergli permettere di aspirare a posizione alle quali lei aveva dovuto rinunciare.
Lucia si stava autoconvincendo sempre più che a suo figlio quella lezione servisse davvero.
-mi vuoi? sono tua madre e mi vedi come una prostituta qualunque da fotografare quando priva di sensi??- per un secondo le venne da piangere di nuovo – e allora vediamo se sei contento che i tuoi amici mi vedano così… brutto idiota!-
Quei pensieri le passarono velocemente davanti gli occhi e per un attimo ebbe quasi paura che Andrea potesse leggerli.
Già, Andrea. Era rimasto sulla porta impietrito.
– e se sapesse cos’hanno questi schifosi porci in mano…- pensò Lucia.. – giuro che questa farsa durerà il minor tempo possibile-.
“Avanti Andrea, abbiamo ospiti. Ho detto vatti a lavare le mani” poi si avvicinò ad Andrea.
“Se fai una piazzata delle tue da ragazzino viziato oggi mi ci trovi. Se non vuoi passare i guai comportati da bravo ospite… non sto scherzando…”
Andrea filò in bagno meccanicamente.
– perché sono qui? Cos’hanno in mente?- pensò Andrea mentre in salone Lucia tirava un sospiro di sollievo. Se Andrea avesse fatto una piazzata e quei ragazzini avessero tirato fuori le foto? Quell’argomento non doveva essere tirato fuori, ma morire lì, quel giorno in quella casa. Quelli erano poco più che bambini. Poteva controllarli. Bastava dargli quel che volevano: l’incazzatura di gelosia di Andrea. Allo stesso tempo lei doveva essere brava a controllare quell’incazzatura perché non sfociasse. Non importa come ma lo avrebbe fatto.

“Però che bei vestitini che mette la signora Lucia per casa. E’ sempre così?” Gianluca era venuto a lavarsi le mani.
“Cosa volete? Soldi? Ve ne darò…” rispose Andrea.
“Vogliamo godercela un po’. Se farai il bravo ce la guardiamo e stasera sarete una famigliola felice. Altrimenti tua mamma vedrà le foto… poi tuo padre, poi gli altri… che dici? E’ una bella prospettiva?”
“Non potete farlo…”
“Brutto pervertito…. non permetterti di dirmi quel che posso fare?? Sinceramente??? Se comandassi io vi avrei già rovinato questa bella famigliola. Detto tra noi spero proprio tu faccia qualche cazzata così convincere Damiano a tirar fuori le foto sarebbe un giochetto. Secondo me esploderai come l’idiota che sei.. ora vieni a pranzo che ho uno spettacolo da godermi.. a proposito, secondo te è normale che una donna vada in giro così per casa?? Non è che le piace provocare i ragazzetti?? Ma davanti al figlio dico io… che dici? E’ così puttana?” disse lasciandosi il suono delle sue risa dietro.

– Cosa era preso alla madre? Perché vestirsi così per casa? Perché invitare quei tre?? Sapeva quanto li odiava. Cosa stava cercando di fare??-
Per un attimo Andrea pensò di confessare tutto alla madre, persino delle foto. Poi abbassò la testa e scuotendola si indirizzò verso la cucina sperando che quel momento finisse il prima possible.

I ragazzi mostrarono subito le loro intenzioni. Erano tutti seduti a farsi servire dalla signora buttando gli occhi ovunque. Lucia passò a mettere la pasta e non appena andava oltre il porco di turno si girava a rimirare il sedere. Gianluca fece di più e cominciò con le foto col cellulare. Andrea era rimasto in silenzio a guardare quel teatrino guardandoli fissi sperando che la madre seguisse il suo sguardo. E se li avesse beccati? Se si fosse arrabbiata? Loro come avrebbero reagito? Se almeno la madre non si fosse vestita a quel modo quel giorno… era maledettamente invitante… “invitante”??? Ma che andava a pensare…
Gianluca fece cadere un pezzo di pasta (era così ovvio!) e si chinò a raccoglierlo. La vista era favolosa. Cominciò a scattare foto sotto gli occhi di tutti. Lucia si girò di scatto.
“Gianluca, sempre a giocare con questo cellulare… dai, pensa a mangiare la pasta che si fredda” e gli fece un sorriso. Nessuno si accorse di quanto era contratto.
Andrea pensò di impazzire: lo aveva beccato, lo aveva visto scattare foto. La madre era ingenua, non stupida. O forse si?
“Certo signora, agli ordini!” rispose Gianluca divertito.
“Prendo la sedia appoggiata al muro signora?” disse Damiano.
“No caro, lascia, tanto è rotta. Mi poggio qui un momento che tanto poi ho da mettere a posto un po’ di cose di là. Allora ragazzi? Vi piace?”
Lucia s’era messa poggiata sul bracciolo del divano con le gambe in vista puntate da tutti gli occhi presenti nella sala. Andrea distolse presto lo sguardo cercando qualche motivo per attrarre l’attenzione su di sé.
“Allora ragazzi? Come vi è andato poi il compito?”
“Malissimo! Ma la colpa non è mia. La prof di inglese oggi è venuta in classe con le autoreggenti e… insomma, con tutto il rispetto signora, eravamo tutti un po’ distratti. Lei che è donna, e pure una bellissima donna, pensa che sia possibile che l’abbia fatto apposta?”
– già si spingono così oltre?? Adesso mia madre li caccia- pensò Andrea.
“Ma guardate” Lucia si mosse cominciando a parlare. “Dipende”. In un istante si distese sul divano muovendo sinuosamente le gambe.
Sembrò a tutti di guardare in un film erotico italiano anni ’80. Il momento dell’accavallo lasciò agli occhi dei ragazzi lo spettacolo delle autoreggenti. Con un semplice gesto testosterone, rabbia, incredulità schizzarono alle stelle. Le calze erano ancora più sorprendenti del resto dell’abbigliamento ed ora anche le lavorazioni che in teoria erano pensate per i momenti più intimi erano alla mercé degli sguardi estasiati.
“Dipende dalle intenzioni. Magari a volte una donna dovrebbe rendersi conto che alla vostra età magari siete sempre col testosterone alto. Magari la vostra prof nemmeno immagina cosa pensate. Magari per voi anche queste che ho io addosso possono essere sexy” Lucia si era calata perfettamente nella parte. Aveva raggiunto uno stato di perfetta finzione calandosi nel ruolo di una donn sicura di sè che ha in pugno un gruppo di ragazzini eccitati… e fra quelli c’era suo figlio. Non doveva pensarci.
“Beh, in realtà non si vedono per nulla” aggiunse prontamente Manolo che venne guardato con sgomento da Andrea.
La situazione era del tutto irreale. Quella non era sua madre.
“Guardate, mi piacerebbe davvero farvele vedere per sapere la vostra opinione. Ieri ho litigato con mio marito perché secondo lui sono provocanti mentre io sono sicura che sono delle calze normali e che lui è esagerato… però meglio di no dai…”
“Ma signora, se le nasconde dobbiamo pensare che abbia ragione suo marito. Se sono normali perché non farcele vedere?” incalzò Manolo mentre gli altri due annuivano.
“No mamma dai…. io ti conosco e conosco papà, sono sicuro che ha esagerato, lui e la sua stupida gelosia del cavolo. E poi ti puoi fidare di questi ragazzi no? Sono miei amici, LO SAI.” Andrea non era riuscito a nascondere un tono del tutto rabbioso e il rimarcare il “lo sai” era evidentemente un messaggio alla madre: smettila e subito (!!!) urlava Andrea dentro la sua testa.
– avanti schifosa puttana… adesso fammi vedere se continui a giocare… mostra tutto! Ma poi sparisci dalla mia vista e non tornare più schifosa…- pensava febbrilmente Andrea mentre perdeva del tutto il senno.
“Si, ma non è nulla di che..” Lucia aveva distolto lo sguardo da Andrea.
-Ah si? Non solo mi fotografi ma adesso non ti importa se questi porci mi vedono?? Te ne pentirai… stai sicuro che te ne pentirai. Ora guarda le loro facce cretino!-
“Secondo lui già questa riga sotto il piede non dovrebbe esserci” ed allungò il piede facendo cadere a terra un sandalo.
“… poi qui c’è un ricamo… non posso farvelo vedere tutto, ma si vede un po’..” fece Lucia alzandosi con una mano il lato della gonna.
“Cosa sarebbe? tipo dei fiori?” fece Damiano.
Gianluca, che era il più vicino, le sollevò ancora un po’ la gonna col massimo della naturalezza: “ma no, guarda, sono dei rombi”.
“No mamma! Avevi ragione te… sono ok! Cosa c’è per secondo allora?” Andrea ruppe il filo conduttore di tutta quella situazione.
Lucia scostò con delicatezza la mano di Gianluca e tornò i cucina..
“Che fai stronzo? La puttana si faceva mettere le mani addosso… se non si metteva in mezzo questo stronzo!” incalzà Gianluca.
“No Gianluca, non esagerare… siamo tutti gentiluomini, no?” disse con tono calmo e deciso Damiano.
Manolo seguì Lucia di là.
“Mettiti dentro questo… altrimenti questa giornata finisce male per te e tuo figlio” Manolo porse una pallina a Lucia. Non capiva cosa fosse ma spaventata e presa di sorpresa obbedì cercando di coprirsi per quanto possibile dagli occhi di Manolo che era lì a fissarla eccitato.
“Hai notato che tuo figlio non fa altro che dissarti il culo signora?” quel “signora” finale suonava tanto come presa in giro. Manolo le mise una mano sul culo e se lo tastò. Lucia si divincolò scappando in salone con 2 piatti. “Manolo, prendi gli altri?” Lui obbedì infastidito.
Si rimisero a tavola e stavolta Lucia si mise sulla sedia. Il pranzo si consumò fra qualche battutina sulla bellezza della signora e Gianluca che faceva cadere di tutto pur di andarsene sotto al tavolo a godersi lo spettacolo.
Poi, in un momento di distrazione per Andrea Damiano disse qualcosa all’orecchio di Lucia che si rabbuiò di nuovo.
“Ragazzi, forse ho bisogno di sdendermi un momento. E’ tutto il giorno che sento le gambe pesanti. Voi continuate…”
“Ma no signora.. ci permetta di farle un massaggio, si sentirà molto meglio”
“Ma no dai, non preoccupatevi, non voglio approfittarmene…”
Quel teatrino era davvero fastidioso ma Andrea decise di farlo terminare a modo suo: “No mamma, Damiano ha ragione. Te lo faccio io.”
“Tu??” rimasero tutti sgomenti per un attimo.
“E certo. cos’è? Un figlio non può più prendersi cura della propria mamma?”
“Ma certo tesoro…”
Andrea era un pò imbarazzato, ma meglio lui che loro. Dentro di se sperava che, sventato questo tentativo, i tre se ne sarebbero andati.
“Signora, alzi le gambe altrimenti non funziona” e così dicendo manolo alzò le gambe di Lucia lasciando ancora un’ottima visuale a tutti.
Andrea cominciò il massaggio quasi impacciato cercando di parlare di altro mentre la morbidezza della pelle di Lucia nel Nylon scorreva sotto le dita. Ad un tratto Manolo attivò con un pulsantino il congegno che era dentro Lucia. Le scappò uun gemito. “piacevole questo massaggio” disse prontamente cercando di attribuire a quello il suo gemito. Manolo proseguì. Lucia era ricopera di spasmi quasi impossibili da trattenere. Andrea non poté trattenere una naturale erezione che tentò di coprire con una gamba della madre. Se l’avessero scoperta loro sarebbe stata la fine.
Lucia si accorse dell’erezione che cresceva sotto il suo polpaccio e, presa dalla rabbia e dall’annebbiamento dovuto ai continui orgasmi, allargò le gambe offrendo il massaggio dell’altro piede. Tutti ci si avventarono sopra e in un secondo delle mani eerano arrivate fin sopra il polpaccio.

A salvare la situazione arrivo’ il suono del campanello.
I tre che si erano gettati sulla donna si ritrassero istantaneamente.
Lucia si giro’ a Manolo che era il piu’ vicino alla porta ordinando con dolcezza
“puoi andare ad aprire per favore?” mentre tentava di ritrarre anche il piede che era rimasto in mano al figlio.
Senti’ la voce del marito: “ciao… sono Antonio, sei un amico di Andrea?”.
Intanto Andrea non lasciava andare il piede della madre che cominciava a stranirsi.
Quando Antonio entro’ dentro casa vide la scena della moglie vestita in modo decisamente troppo audace per un pranzo con dei ragazzi e il figlio che le massaggiava i piedi mentre gli altri due ragazzi erano in piedi a guardare.
“Andrea, cosa stai facendo?”
“Un massaggio a mamma… ha i piedi stanchi…”, la voce di Andrea risuonava vuota.
“Non preoccuparti Andrea, ora vanno meglio, grazie..” ordino’ spaventata Lucia tentando di ritrarre il piede.
Andrea, a testa china, continuava col massaggio per nascondere l’erezione che, a causa del continuato massaggio, non accennava a sparire.
Antonio era esterrefatto e visibilmente infastidito da quella situazione che stentava a capire: “Adesso finiscila Andrea. Levati da li’ che non e’ nemmeno igienico..”
Manolo sfrutto’ quell’occasione per far vibrare di nuovo la pallina dentro Lucia che ebbe uno spasmo che non seppe trattenere.
“Adesso basta!” intimo’ Antonio andando a togliere fisicamente il figlio da quella situazione. L’erezione allora fu evidente.
Antonio guardo’ attonito per un paio di secondi fino ad intimare al figlio: “Vieni un momento di la’ con me…”
Giusto il tempo che i due uscirono e Lucia si ritrovo’ con 6 mani sulle cosce e sul sedere.
“Stai zitta se non vuoi che tuo marito sappia tutto su Andrea. Avanti… per una toccatina non vale la pena rovinaare una famiglia…” Manolo aveva una voce grattata dall’eccitazione.
Ai tre non sembrava vero avere tutto quel ben di dio tra le mani. Lucia dal canto suo si sentiva violentata da quelle mani. Si sentiva sporca. Manolo la aiuto’ facendo vibrare di nuovo la sua intimita’. Cerco’ di rimanere in se’ nonostante l’eccitazione provocatale dall’attrezzo. “La pagherete… potrebbero sentirvi… vi paghero’, ma lasciatemi… prendete dei soldi e lasciatemi stare… vi prego”.
I ragazzi erano eccitatissimi da quell’atteggiamento supplichevole. Manolo lancio’ le sue mani in mezzo alle gambe della donna, ma non appena tasto’ la sua umidita’ lei gli diede uno schiaffo da farlo trasalire.
“Tutto apposto?” chiamo’ Antonio da sopra.
“Sparite immediatamente…” i ragazzi presi in contropiede cominciarono a defilarsi.
“Si amore, tutto ok… i ragazzi giocavano fra loro…”
Prima di uscire Manolo, con la guancia ancora rossa fuoco, si mise in bocca le due dita ancora umide sorridendo malignamente a Lucia che chiuse la porta in faccia ai tre.
Antonio scese le scale molto contrariato: “Amore, tu a volte sei davvero un po’ troppo sulle nuvole…” disse alla moglie scendendo.
Lucia pensava e ripensava a quanto accaduto in quei giorni:
Il rientro fortunoso del marito, prima, che l’aveva salvata dai tre aguzzini e forse anche da se stessa, poi la visita di uno di loro. Era quasi arrivata a casa quando si era presentato Manolo uscendo quasi da dietro un’albero. Nonostante l’ansieta’ che caricava un po’ la situazione non aveva potuto fare a meno di pensare a quanto queella situazione sembrasse uscita dal classico film visto e rivisto su canale 5 di domenica pomeriggio.
Damiano non era andato vestito da lupo, pero’, bensi’ sussurrando come un agnellino. Dopo averle vomitato addosso una serie di “scusa” in modo del tutto impacciato e dopo essersi calmato un po’ aveva tentato di difendere la sua posizione. Era stato coinvolto quasi senza volerlo in quella situazione che ora era sfuggita un po’ di mano a tutti e poi, preso dall’eccitazione della situazione (Lucia non aveva potuto soffocare del tutto il moto di orgoglio che le era nato da qualche parte nel suo intimo sentendolo parlare di lei come di una “creatura irragiungibile”) non era riuscito a tirarsene fuori. Ammise, arrossendo in volto, di non riuscire piu’ a masturbarsi senza pensare a lei. Vedendolo farfugliare in quel modo distratto -ai limiti dell’incongruenza fra frasi successive, penso’- provo’ una profonda tenerezza, pensando alle mille paure della sua eta’. Quella forte empatia la porto’ ad accarezzare dolcemente la spalla del ragazzo. “Io voglio fare qualcosa perche’ a lei non debba succedere nulla… sono sicuro che posso farli ragionare, lo faro’ per lei… perche’ non se lo merita… perche’ lei e’ la madre che avrei voluto avere io…”. Quelle parole l’avevano invasa di un misto di serenita’ (dopo tanto tempo sentiva di avere di nuovo qualcuno dalla sua parte) e senso di protezione nei confronti dell’uomo che era di fronte a lei… che dopotutto era solo un ragazzo.
Quindi si ridesto’ da quei pensieri in quel macchinone enorme. Era con le gambe accavallate, la gonna alzata di non moltissimo sopra al ginocchio, calze color carne, il piede sospeso era scalzo. Manolo era al posto di guida, Gianluca davanti e Damiano seduto al posto accanto a lei. Aveva ottenuto che i tre fossero abbastanza distanziati per fare quel che dovevano fare. Per un attimo l’occhio cadde sul membro di Damiano e si penti’ di aver accettato.
– Non mi toccheranno e non mi faranno foto- penso’, questo conta. Le avevano, anzi, promesso che via via avrebbero anche cancellato quelle in loro possesso. Spero’ fosse vero, per ora le bastava stare lontana anni luce da casa sua e senza mani addosso.
Aveva avuto il desiderio di fare un’altra scenata quando le era arrivata la prima chiamata, ma Manolo le aveva assicurato che era tutto quello che era riuscito ad ottenere per il momento. Alla fine aveva accettato, un po’ perche’ non voleva che Manolo subisse ritorsioni da Damiano, magari indotto da quella serpe di Gianluca, in parte perche’ le era sembrata l’unica fuga possibile dal rischio di violenze da parte dei tre.
-Niente foto, niente mani addosso ed e’ un mio problema, non della mia famiglia- pensava.
Li sentiva mentre si avvicinavano all’orgasmo. Ormai, alla terza volta, era arrivata al punto di poter predire quanto tempo mancava ad ognuno. Cercava di non guardarli per non incentivarli. In realta’ si era ormai instaurata una sorta di legge non scritta. Una volta Gianluca aveva tentato di toccare e si era preso una pizza. Il divertimento che quella situazione aveva suscitato in Damiano aveva impedito a Gianluca ogni possibile reazione. Ai tre sembrava piacere il fatto che lei tenesse una sorta di controllo, e questo le dava un potere che lei aveva assolutamente il bisogno di non perdere. La sua “intoccabilita'” li eccitava, lei lo sapeva ormai. Aveva imparato che bastava il movimento rotatorio della caviglia per accelerare il loro “arrivo” in certe situazioni, che a Damiano piaceva essere tenuto a bacchetta, che Gianluca avrebbe voluto umiliarla, che Manolo si vergognava piu’ degli altri e si teneva coperto dal sedile del guidatore mentre si toccava. Ogni tanto Gianluca sembrava perdere la testa, ma bastava fare la maestrina per metterlo al suo posto ed eccitare Damiano per essere sicura di rimanere intoccabile. In quelle situazioni Damiano veniva anche “premiato” con la sua gonna che si alzava una quindicina di centimetri piu’ del dovuto. Altre volte faceva cadere la scarpa fingendo teatralmente di non accorgersiche Damiano la prendeva ed annusava per poi essere “beccato” e restituirla quando lei si girava nuovamente.
Cercava di non pensare a tutto quel che le succedeva intorno, ma ogni tanto realizzava il tutto e le prendeva una profonda tristezza.I tre sembravano troppo distratti da lei per accorgersi… di lei! Il pensiero di farlo per la sua famiglia era il principale conforto. Non aveva dimenticato l’erezione del figlio al contatto coi suoi piedi, me nemmeno se ne era data una spiegazione. Forse data naturalmente dal contatto con le parti intime. Contatto che c’era stato volontariamente o involontariamente e che il marito aveva visto. Ripensava all’imbarazzo di quel momento, al broncio che non aveva piu’ abbandonato il viso del marito, alla’aria tesa che ormai si respirava a casa.
-Passera’- pensava. Si era decisa che avrebbe convinto Andrea ad andare dallo psicologo, un po’ per mostrare una reazione decisa al marito e un po’ per essere sicura di dissolvere ogni possibile problema psicologico del figlio. In ogni caso avrebbe salvato la sua famiglia, in un modo o nell’altro.
Il telefono squillo’ riportandola ad una realta’ fatta da tre ragazzini a masturbarsi guardandola. Si rese conto che questa volta aveva dimenticato di mettere il silenzioso al telefono.
“Avanti, risponda signora…” disse subito Gianluca come risvegliato da quella situazione.
Prendendo il telefono vide il nome Andrea lampeggiare sul display del telefono e lo rimise subito dentro. Troppo in fretta.
Damiano se ne accorse: “Chi e’?”
“Nessuno..”
“Dammi il cellulare!” disse Gianluca sembrando stranamente eccitato dalla situazione.
“Gianluca smettila altrimenti le prendi. Rimani al tuo posto, fai il bravo e forse ti lascio continuare quel che stai facendo…”
“Mi dia il cellulare signora Lucia..” la voce di Damiano era calma e decisa.
Stavolta il suo giochetto non aveva funzionato.
“Me lo dia subito se non vuole che richiamiamo chiunque sia..”
Lucia obbedi’ come ipnotizzata da quella fermezza.
Damiano sorrise. Lucia pote’ vedere un lampo di cattiveria pura passare negli occhi di Gianluca.
“Divertiamoci un po’ Damiano, ok?”. Damiano annui’ alla proposta di Gianluca. Manolo si giro’ verso avanti quasi a volersi “lavare le mani” di tutto, come se non guardando potesse lavarsi di dosso la colpa. Lucia cerco’ invano il suo sguardo.
“Adesso ripete quel che diciamo noi, altrimenti Andrea ci sentira’ e poi dovra’ spiegare piu’ di una cosa”.

Lucia li guardava impaurita. Rispose e senti’ la voce del figlio: “mamma, sono io… volevo chiederti se ci siete a cena tu e papa’ oppure se devo pensarci io…”
“Ciao amore… io arrivo fra un’oretta a casa. E’ da due ore che sono in giro per fare la spesa per voi e…”
Andrea non capiva. L’aveva chiamato “amore”??? Ma se nemmeno lo guardava in faccia nell’ultimo periodo quasi quanto lui non guardava lei. E poi cos’era quel tono vuoto?
“Mamma, ma va tutto bene??”
“Si si…”, si affretto’ a dire Lucia cercando di distendere la voce, “sono solo stanca e..”
Tento’ di capire il labiale di Damiano mentre Gianluca sghignazzava vicino.
“E’ tutto il giorno che sono sui tacchi e sono stanchissima…. considerando che sono in giro per voi due stasera mi fai un massaggio alle gambe e ai piedi…”
Tutto avrebbe voluto dire tranne quello. Cerco’ di resistere alle parole che le vennero sussurrate subito dopo, ma lo sguardo di Damiano non lascio’ possibilita’ di scelta: “stasera ci pensi tu a mamma, va bene? Cerco di stare a casa un po’ prima che arrivi papa’, va bene? Cosi’ evitiamo che si arrabbi…”
Di la’ i “v-va be-bene” di Andrea erano diventati quasi un balbettio. Sapeva che quelle parole lo avevano disorientato ma era il tono un po’ roco della sua voce che la infastidiva.
“Adesso devo andare Andrea… a dopo!” disse, ma avrebbe voluto dire “a mai piu’!” tanto era imbarazzata, infastidita e arrabbiata.
Una volta attaccato i membri di Damiano e Gianluca sembravano gonfi come mai prima. Anche Manolo, seppur di spalle, aveva ripreso a masturbarsi con foga.
In pochi minuti vennero tutti, Gianluca non trattenne appositamente lo schizzo che arrivo’ sul polpaccio di Lucia colandole sul piede.
“”Ma che sei cretino??” gli urlo’ contro Manolo. Gli altri due aguzzini pensarono fosse per la macchina, Lucia lo vide come un moto di difesa nei suoi confronti.
“Non c’e’ problema, prima di tornare a casa le compriamo un altro paio di calze, cosi’ ci lascia queste come regalo”, sentenzio’ Damiano.
Cosi’ fecero: Damiano mando’ Gianluca a sceglierne un paio “interessanti”, la portarono nuovamente in un luogo appartato, e tutti e tre si goderono attimo per attimo il cambio della signora. Lei fece il piu’ in fretta possibile per evitare che i tre si ricaricassero al punto da pretendere un nuovo show ma i tre, seppur nuovamente eccitati, sembravano non vedere l’ora che lei andasse a casa. Sapevano che lei non avrebbe potuto tirarsi indietro, non del tutto. Non dopo aver alluso al fatto di tornare prima del padre. Altrimenti Andrea si sarebbe insospettito e avrebbe chiesto dov’era stata, perche’ tornava dopo un intero pomeriggio di spesa con le due cosette che avrebbe preso al negozietto vicino casa per giustificare la sua assenza. Quel massaggio ci sarebbe stato, lei ci sarebbe arrivata con un intimo “da puttana” (penso’ con rassegnazione) e i tre bastardi se ne sarebbero andati a casa a continuare a “pensare a lei” e a tutto quello che avrebbe dovuto affrontare una volta a casa.
La lasciarono poco lontano da li’, ma abbastanza per non essere visti insieme.
Copri’ quel breve percorso pensando a tutto e a niente. Suono’ ricordandosi solo un attimo dopo di avere le chiavi.
Andrea apri’ facendosi sfuggire uno sguardo troppo insistente sulle gambe della madre. Poi distolse e guardo’ a terra. Era vagamente rosso in viso. Lucia si rese conto che stava aspettando quel momento. Lo guardo’ con tristezza.
-Non preoccuparti piccolo mio, ti faro’ curare e tutto tornera’ alla normalita’… te lo prometto..- lo penso’ cosi’ intensamente che credette che Andrea l’avesse sentita.
Lo penso’ cosi’ intensamente che senti’ i suoi occhi bagnarsi.
“Mamma? Ma va tutto bene? Sembravi strana prima… vuoi davvero che io… insomma…”
Ricaccio’ le lacrime piu’ in fondo che pote’ e si sforzo’ per parlare piu’ serenamente possibile, quasi come se il suo Andrea fosse di nuovo piccolo>
“Vieni piccolo mio, hai promesso un massaggio a mamma, ricordi? Su’…. prima che arrivi papa’, giusto un minuto pero’…”
Stavolta era seria, di li’ a poco sarebbe tornato il marito. Avrebbe buttato giu’ tutta casa a testate piuttosto che farsi trovare di nuovo in quel modo.
Passando davanti ad un mobile vetrato pote’ vedere lo ssguardo del figlio fisso a guardarla mentre camminava davanti a lui.
“Avanti, in fretta…” disse… e stavolta una lacrima le scese.

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