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Racconti erotici sull'Incesto

La zattera

By 18 Febbraio 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

naufragata su una zattera’
assetata’ guardo in alto’
‘. le speranze

Quando Mario se ne era andato, improvvisamente e rapidamente, con un infarto che lo ha stroncato al tavolo di lavoro, sono rimasta con Giorgio, di solo otto anni.
Mario, giovane e brillante condirettore, con una lusinghiera carriera che gli si prospettava, non c’era più.
Commoventi manifestazioni d’affetto, affettuosa e numerosa partecipazione all’ultimo commiato, parole di elogio.
Poi, partiti anche i ‘suoi’ e i ‘miei’, rimanemmo a casa, soli, Giorgio ed io.
La Banca mi chiamò qualche giorno dopo, e grazie al mio diploma di ragioniera mi offrì un posticino all’ufficio mutui.
Mi sentivo come una naufraga, in balia dei marosi. Giorgio era l’unica mia salvezza, la mia zattera.
Quella stessa sera, gli dissi di prendere il suo pigiamino e di venire nel mio letto. Non poteva restare vuoto quel posto. Durante le interminabili ore di insonnia avrei sentito, almeno, il suo respiro.
Ho vissuto solo per Giorgio, sempre. Gli ho parlato continuamente di suo padre. Ho deciso di vestire semplicemente, essere sempre acqua e sapone, e non ho voluto, per espressa scelta, mai accettare complimenti, lusinghe, proposte. Ho indicato a Giorgio quella che ritengo essere la ‘sua’ m&egraveta: un posto dirigenziale in banca. E lui, caro e affettuoso, mi ha esaudito. Mi ascolta ancora. Ha scelto ‘scienze bancarie’. Si &egrave iscritto al primo anno.
E’ un giovane serio, un po’ chiuso, riservato. Ha molto del carattere paterno, ed anche nel fisico gli somiglia parecchio. Lui, Giorgio, &egrave più bello, però. Un personale piacevolissimo, proporzionato, armonico. E’ quello che si dice un bel ragazzo.
Ho seguito in lui la normale evoluzione che di una giovane pianta fa un rigoglioso fusto. Ecco la parola giusta: Giorgio &egrave un ‘fusto’!
E non nascondo che sempre più spesso il pensiero andava lontano. Mi guardavo nello specchio, riconoscevo che non ero da buttar via, che certi sani e naturali impulsi mi invadevano sempre più prepotentemente, ma’ avevo deciso, fin dal primo momento, nessuno avrebbe preso il posto di Mario.
Ci stavo pensando anche questa mattina, mentre ero intenta a preparare la colazione a Giorgio.
Sabato, banca chiusa, università non ancora iniziata. Vigilia delle vacanze estive. Giornata abbastanza calda.
Ho tirato via la camicia da notte ed ho indossato una vestaglia leggera e corta.
Giorgio dorme ancora. A torso nudo, coi soli pantaloncini. Mi sono fermata a lungo a guardarlo, ammirarlo, prima di lasciare la camera avvolta nella penombra. La luce che filtrava dalle tapparelle formava strisce chiare sul suo petto già abbronzato.
Ero in cucina, affaccendata, sorridevo, tra me e me. Non mi ero accorta che lui, scalzo, era alle mie spalle. Di solito, sfiorava con una lieve carezza i miei capelli e mi dava il suo allegro ‘ciao mammina’.
Quella mattina, invece, sentii che scostava un po’ la mia vestaglia, sul collo, e le sue labbra si posarono sulla mia pelle, in un bacio diverso dal solito’ ahi’ un piccolo morso’ Ma non mi fece male’ anzi’ era gradevole.
Mi voltai per guardarlo. Era la prima volta che mi ‘ salutava in quel modo. Strano. Mi stavo asciugando le mai.
Mi tolse l’asciugamano, mi prese per le spalle, mi girò verso lui. E’ alto quasi un palmo più di me, come suo padre. Mi esaminò da capo a piedi, con gli occhi.
‘Dalla porta, controluce, sembra che non indossi nulla’ ma come ti sei vestita questa mattina? Vestita! Dovrei dire spogliata!’
Sentii di arrossire.
‘Hai ragione, caro, vado a infilarmi qualche altra cosa. Sto male, così, vero?’
‘No, ma’, sono io che sto male’ una visione del genere’ appena sveglio”
‘Sei un po’ diverso dal solito, questa mattina, Giorgio”
‘Questa mattina? No ma’, sto come sempre, come può stare uno della mia età che dorme nello stesso letto con una donna come te’ ma ti sei guardata allo specchio?’
‘Che discorso, Giorgio. Cosa dovevo guardare, una donna che si avvicina ai quaranta?’
‘Ma’, ci sei o ci fai? Tu sei uno schianto di femmina. Lo so da sempre, e sempre più. Ero sveglio quando ti sei tolta la camicia e così, nuda, sei andata a prendere la vestaglia nell’armadio. Sono rimasto fermo, senza respiro”
Fu come una folgorazione. Ero sbalordita, turbata, smarrita. Mi sembrò che la mia voce fosse alterata quando tentai di parlargli. Lui mi teneva stretta a sé, con le mani sui miei fianchi.
‘Non mi dirai, Giorgio’ non mi dirai’ che tua madre ti ha fatto’ come dire’ ti ha fatto eccitare?’
La stretta aumentò. Non volevo crederci, ma quello che sentivo chiaramente sul mio ventre era il sesso di mio figlio. Oddio, non poteva essere vero.
‘Solo eccitare? Ma’! Mi sono arrapato da morire.’
E spinse significativamente il gonfiore della sua patta verso me.
Volevo svincolarmi, ma temevo che un mio qualsiasi movimento potesse essere frainteso, scambiato per acquiescenza. O peggio ancora!
Cercai di controllarmi al massimo.
‘Va a sedere, Giorgio, la colazione e pronta.’
Sedetti anche io. Rimanemmo in silenzio, guardandoci di quando in quando, di sottecchi. Ero profondamente assorbita dai miei pensieri.
‘Io eccitavo sessualmente mio figlio. E da quando? Era esplosa improvvisamente una simile incontenibile attrazione, tanto che non aveva esitato a dirmelo e a’ manifestarmela’ concretamente? Ma era dieci anni che dormiva nel mio stesso letto. A volte si avvicinava a me, lo abbracciavo. Riposava tranquillo’ O forse ero io che ritenevo che fosse sereno? Beh, certo, sarebbe stata prudente, e saggia, a un certo momento, una minore promiscuità. Ma quello era Giorgino, il mio piccolo Giorgino’ ed io la sua mamma’ Quanto era appena accaduto, il contatto con lui’ col suo sesso’ quel bacio che era un morso, mi fece riflettere. Ma non &egrave che c’era anche qualcosa di inconfessatamente e forse inconsciamente morboso nel fatto che avevo seguitato a far dormire nel mio letto quel tocco di marcantonio?
In fondo, quel suo eccitato ‘coso’ che premeva sul mio ventre, non era, poi, tanto sgradevole. Al solo pensiero stavo sentendo che il mio grembo non stava tranquillo. Da quanto tempo il mio sesso non aveva provato i richiami dell’altro sesso! Inavvertitamente, scrollai le spalle e feci un profondo respiro.
‘Cosa c’&egrave, ma’?’
‘Niente, caro’ pensieri’ ricordi”
Mi carezzò i capelli, il volto. Teneramente. Mi venne la pelle d’oca. Diavolo d’un figlio, aveva fatto improvvisamente crollare lo scudo protettivo che avevo pazientemente costruito, a mia difesa, in lunghi anni di sacrificio. Scoprivo di essere ancora donna, femmina. Cosa naturale alla mia età.
Corsi nella mia camera, chiusi la porta, tolsi la vestaglia, mi guardai allo specchio. Mi vidi in una nuova luce. Ero ben fatta, di altezza media, con seno sodo e perfetto, ventre piatto, fianchi eleganti, e un paio di natiche rotonde e ben sostenute. Le palpai, erano sode. Gambe snelle. Nessuna smagliatura. I riccioli del pube erano neri, nerissimi. Mi venne spontaneo di divaricare le gambe, flettermi leggermente sulle ginocchia. Grandi labbra disegnate nettamente, ed anche le piccole, col loro roseo che nessuno aveva sfiorato da tempo. Sentii un brivido in tutto il corpo. Diavolo d’un figlio, che cosa era stato capace di risvegliare in me! Ma, quella sera, dovevo dirgli di andare a dormire nell’altra camera o far finta di nulla? Decisi di lasciare che le cose seguissero il loro verso. In verità, più che fatalismo era il timore di restare sola, in quella camera, come non ero mai stata. Un vero e proprio panico che al solo pensiero mi sgomentava. La miglior cosa era continuare la quotidianità. Non era successo nulla. Invece no. Era accaduto! Quel vibrante cilindro di carne calda lo avevo sentito! E come! E più ci pensavo più mi sentivo turbata. Non avevo mai pensato al sesso di Giorgio, tanto meno ne avevo considerata la funzione erotica. Ero divenuta improvvisamente curiosa, desiderosa di conoscerne le caratteristiche i particolari. Non ero un’esperta, in materia, l’unico fallo che avevo conosciuta &egrave stato quello di Mario. E lo ricordavo con infinita nostalgia, con rimpianto, lo consideravo sempre insostituibile.
Certo, avevo visto di sfuggita mio figlio nudo, anche di recente, ma non mi ero mai soffermata ad esaminare l’anatomia dei suoi organi riproduttivi. Come ‘lo’ aveva? Ci pensavo, ora, e’ si’ proprio così’ la mia vagina era irrequieta, sentivo che le grandi labbra si congestionavano, i peli si sollevavano, come quando stavo per accogliere in me Mario. Il mio meraviglioso Mario! Dovevo allontanare quel pensiero che stava divenendo morboso.
Proprio in quel momento bussò Giorgio e, da dietro la porta, mi chiese che programma avessi per la giornata. Gli risposi che sarei rimasta a casa, non gradivo andare in piscina. Poi avrei preparato qualcosa da mangiare, avevo in mente un filetto ai ferri e insalata mista.
Disse che andava tutto benone. Sarebbe restato a casa anche lui, aveva mille piccole cose da fare.
E fu così, che poco prima della solita ora in cui, il sabato, pranzavamo, si presentò nel piccolo soggiorno tuttofare dove di solito ci fermavamo a leggere o a vedere la TV, in accappatoio, subito dopo la doccia.
‘Ma sei ancora bagnato, Giorgio, ti fa male’ aspetta che vado a prenderti qualcosa da infilare.’
Tornai poco dopo con boxer, pantaloncini, camiciola.
Mi ringraziò, mi sorrise, si alzò, fece cadere l’accappatoio, si chinò per infilare il boxer.
Lo guardai attentamente. Proprio lì, per’ sapere. Mi sembrava tutto perfetto, per forma e dimensione. Inutile, non aveva difetti il mio bambino.
La mia ‘passerina’ mi fece capire di essere perfettamente d’accordo.
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Consumammo il pasto parlando delle cose più futili. Ero io a rimuginare mille pensieri. Per questo, sparecchiato, e messo tutto a posto, aiutata da Giorgio, gli dissi che sarei andata a riposare un po’. Non lo facevo quasi mai, ma quel pomeriggio sentivo l’assoluta necessità di isolarmi e riflettere.
Salutai Giorgio, andai in camera, abbassai un po’ le serrande, mi spogliai, indossai una leggera camiciola, non molto lunga, e mi sdraiai sul letto, sopra le lenzuola. Era abbastanza calda la giornata.
I pensieri si affollavano nella mente, si dissolvevano, tornavano’ fu così che mi assopii, senza accorgermene. Non so quanto tempo dormii. Ad un certo punto aprii gli occhi. Al suo solito posto, Giorgio, supino, dormiva profondamente. Forse sognava’. Il suo pantaloncino, ed era evidente che indossava solo quello, era tirato, in mezzo alle gambe. Anzi, sollevato, si vedeva chiaramente il fallo che spingeva e che stava a disagio così compresso e prigioniero. Mi avvicinai a lui, quasi in ginocchio, con la testa sul lenzuolo, cercando di spiare all’interno dei pantaloncini.
Proprio così. Fallo eretto, oppresso nel pantaloncino’. Bastò spingere con cautela la stoffa e ‘quello’ sgusciò fuori in tutta la sua apprezzabile dimensione. Chissà cosa sognava Giorgio.
Rimasi incantata, affascinata, a guardarlo, ed ero tentata di allungare la mano e sentirne la consistenza. Ma non c’era bisogno, era ben turgido, rigoglioso, e il glande era paonazzo. Si mosse appena, Giorgio, tornai subito al posto mio, di fianco. La camicia s’era un po’ sollevata, la scollatura aperta, stavo per riordinarmi, quando vidi Giorgio porsi su un gomito e guardarmi. Feci finta di dormire.
Di solito, Giorgio, dopo essere stato qualche secondo così, si accostava a me e aveva due modi per restarmi vicino: poneva il suo capo sulla mia spalla e si faceva abbracciare; oppure, con delicatezza, passava il suo braccio sotto la mia testa e mi stringeva a sé. Proprio come fanno i bambini.
Ero in attesa, sempre con gli occhi quasi chiusi del tutto, ma da un tenue spiraglio delle palpebre lo vedevo.
Mi guardava fissamente, sorrideva appena, aveva le labbra strette.
Pochissime volte riposavo il pomeriggio e quasi mai Giorgio lo aveva fatto.
Con movimenti cauti e lenti, si avvicinò ancora.
Chinò appena la testa, verso il mio seno. Una mammella fuoriusciva in parte dalla scollatura, si scorgeva l’areola e un po’ del capezzolo. Sentii la sua lingua, timida ed esitante, lambirmi appena. Poi, come al solito, poggiò il capo, ma questa volta più in basso, sentivo il suo respiro sul mio seno. Si voltò completamente su un fianco, alzò la gamba sinistra, poggiò il ginocchio, nudo, proprio sul mio pube, lo mosse come per una lieve carezza.
Sul fianco sentivo il vigore della sua energica erezione, e un leggero, quasi insensibile strofinio che ,però, andava sempre più turbandomi. Ero sbalordita, sbigottita, sconvolta. Quel contatto mi piaceva, mi infiammava il ventre’ risvegliava sensazioni, impulsi, desideri che credevo eliminati per sempre.
Incredibile, avevo improvvisamente e inaspettatamente scoperto che Giorgio era un maschio, un prestante maschio e’. non mi era indifferente.
Dovetti sforzarmi per restare ferma, immobile. Ma era sempre più difficile.
Ora, la sua mano sinistra s’era posata sulla tetta, la carezzava delicatamente, attraverso la leggerissima stoffa, le dita titillavano il capezzolo che sentivo furiosamente turgido e’ ingordo. Che bello se avessi potuto sentire ciucciarmeli’ rabbrividivo per l’intimo piacere che il solo pensiero mi procurava. Ma che faceva Giorgio?
Insinuava un braccio intorno a me, si sdraiava, mi stringeva a lui, mi stava letteralmente trascinando su lui, mi carezzava la schiena, le natiche, infilava la mano sotto la camicia’ oddio’ stava inarcando il bacino e con l’altra mano si arrabattava per liberarsi dei pantaloncini, muoveva le gambe, quasi senza curare che mi svegliassi o meno’ ed io facevo ipocritamente finta di dormire ancora, cosa impossibile con tutto quell’armeggiare’
Sentivo di deglutire a fatica, il respiro diveniva difficile’ non riuscivo a oppormi, però, a tutto quel rimestare, con morboso interesse, ma dovrei piuttosto dire con angosciata e nel contempo smaniosa convinzione che stava per succedere qualcosa assurda e inammissibile, inqualificabile, biasimevole, ma che letteralmente mi irretiva. Mi affascinava irresistibilmente, mi coinvolgeva senza possibilità di scampo. Stava per accadere l’ineluttabile, ineluttabilmente, e sapevo che era l’ irreparabile.
Non mi ero opposta, no, a quel trascinamento, anzi lo avevo perfino agevolato. M’ero sollevata alquanto per favorigli di alzarmi del tutto la camicia, fino a sfilarmela dalla testa. Eravamo carne contro carne. Il suo glande, gonfio e sodo, tumido, era tra le mie gambe, ancora ben strette. Bastò un mio leggero movimento, e s’inserì tra le grandi labbra’ lo sentivo all’ingresso caldo e umido della vagina.
Aprii appena gli occhi. Giorgio aveva i suoi chiusi e un’espressione indescrivibile sul volto. Non riuscivo a controllare il mio grembo, lui mi carezzava il sedere, la schiena’ Fu un attimo’ allargai le gambe, sollevai il bacino, lo riabbassai e il fallo di Giorgio penetrò lentamente, maestosamente, voluttuosamente in me!
Un profondo sospiro di Giorgio.
‘Ma” sei bellissima”
Ormai tutto era compiuto.
Dieci anni di casto digiuno pretesero prepotentemente il compenso per così lunga privazione.
Anche sopraffatta dalle sensazioni che mi sconvolgevano deliziosamente, capivo, ero consapevole, che non stavamo scopando, no, ero io che lo scopavo sfrenatamente, ingordamente, avidamente, come se temessi di perderlo da un momento all’altro. In quell’istante pensavo solo al mio piacere, al mio godimento. Lo raggiunsi rapidamente, ma riuscii a superare lo scompiglio dell’orgasmo che mi squassava perché non volevo fermarmi, e non mi fermai neppure quando gli energici colpi di reni di Giorgio, e le sue mani che mi artigliavano le natiche, mi preannunciarono la calda inondazione del suo seme, che munsi voluttuosamente e lasciai spargere in me come balsamo meraviglioso. Sentivo che gemevo, con voce sempre più roca. Solo allora, affannata, sudata, mi gettai su lui, gli presi il volto tra le mani e lo coprii di baci. Scosse lievemente la testa.
‘Ma”. Ma”’
Non riusciva a dire altro.
‘Cosa c’&egrave, bambino mio? Cosa c’&egrave?’
‘Credevo di morire per il piacere, ma” &egrave stato infinitamente più bello che in sogno’ non ci posso credere’ ma’, &egrave vero?’
‘E’ vero piccolo mio, &egrave vero’ senti”
E strinsi forte il suo fallo in me.
Ero voluttuosamente spossata. Non riesco a descrivere cosa provavo. Ero piena ma ancora affamata, contenta ma non completamente appagata. Non fu facile, per me, tirarmi sul, mettermi supina.
Giorgio cominciò a carezzarmi con mano delicata, dita gentili e curiose, labbra avide mi baciavano, gli occhi, le labbra, il seno, il ventre, più giù.
Le sue dita erano desiderose di sapere, indiscrete. Si muovevano come se percorressero uno scritto in caratteri braille, come se cercassero di leggere’
Mi facevano fremere’
Allungai la mano’ il suo fallo sembrava non essere stato sottoposto a quella entusiasta e convulsa galoppata, non essere stato munto con appassionata e vorace avidità. Era in tutta la sua affascinante virilità’.
Fu naturale per me, scostare le gambe, e per lui insinuarvi la mano, titillare il clitoride, inserire un dito nella vagina che seguitava a distillare la testimonianza del mio e del suo piacere. Allargai ancora più le gambe, alzai le ginocchia poggiandomi sui talloni. Grigio si mise in ginocchio per guardare il mio sesso, lo scrutava, sorrideva, poi guardò me. Un piccolo cenno di assenso, col capo. E lui fu tra le mie cosce, col glande svettante. Lo portò all’ingresso eccitato e impaziente della mia vagina, mi penetrò con dolce decisione, fino in fondo. Sentii battere il glande, come se, addirittura, volesse penetrare anche nell’utero. Annodai le gambe sul suo dorso.
Cominciò una deliziosa, sempre più voluttuosa stantuffata, e ad ogni colpi mi accorgevo di gemere come mai mi ricordavo essermi accaduto. La velocità cresceva, e così il piacere. Credo che urlassi, ad un certo momento, ed avevo piantato le unghie nella schiena di Giorgio, accompagnandone i movimenti sempre più inebrianti. Nel medesimo istante che sentii il suo denso liquido sprizzare in me, mi sembrò di perdere i sensi, tanto era travolgente il mio orgasmo. Mi sembrò di sprofondare in un vortice di piacere e poi salire alle vette del godimento. Non ero più in balìa dei marosi, sul punto di affogare. Ero aggrappata alla mia zattera. Uscii fuori lentamente, da quel rapimento estatico, da quella ebbrezza.
Lui giaceva su me, ansante, e con un volto bellissimo. Quando riuscì a parlare, la sua voce era diversa dal solito.
‘Non credi che abbiamo aspettato troppo, ma’?’
Annuii.
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