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Racconti erotici sull'Incesto

Lo zio Gino

By 31 Gennaio 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono un uomo per modo di dire.
E’ triste trovarsi adulti senza essere mai cresciuti.
E’ la battuta di una nota canzona, ma per me è stata la cruda realtà.
Non ho mai superato il metro e quarantacinque. Gli anni dell’adolescenza e della gioventù sono trascorsi tra amarezze e scherni, anche pesanti, di amici e conoscenti.
Avere un tale handicap in una società vanitosa, dove l’apparenza è tutto, è un vero e proprio dramma, soprattutto in un paese di contadini bifolchi, sperduto tra le alte montagne alpine, lontano anni luci dalle città moderne, quindi dalla civiltà.

Lo sviluppo della rete virtuale ed ‘Internet’, per fortuna, mi hanno permesso di conoscere il mondo. Ma, nello stesso tempo, è stato motivo di sofferenza e dannazione.
Da giovane potevo solo guardare le donne del paese, da lontano, senza osare alcun approccio, e senza la speranza che una di loro potesse interessarsi a me.
Non sono mai stato oggetto di particolari attenzioni da ragazze impertinenti o curiose.
Non ho studiato; per cui il conseguimento della licenza media ha significato la fine dell’adolescenza, caratterizzata da rapporti difficili con i coetanei, che si avvicinavano solo per prendersi gioco della mi statura.

A cinquantanni ero ancora vergine. Non avevo mai scopato una donna. La mia vita è stata una continua sofferenza, costellata da una sensualità insoddisfatta, di estremi desideri morbosi sfogati con la classica ‘pugnetta’.
Le notti le passavo insonne, a farmi delle lunghe seghe, una dopo l’altra, fantasticando sulle donne del paese e soprattutto su mia sorella, l’unica ragazza con cui potevo parlare.
Lei era più alta di me di dieci centimetri, però le donne possono permettersi il lusso di essere basse, quello che conta è la bellezza fisica.
Infatti, era molto proporzionata e devo dire anche avvenente. Vederla girare in casa mezza nuda mi provocava degli sconvolgimenti ormonali che, come sempre, sfogavo nel capanno degli attrezzi con seghe frenetiche.
La masturbazione era diventata l’unica pratica sessuale, quasi maniacale, con cui potevo sfogare la bramosia che provavo per mia sorella. Gli anni sono passati velocemente.
Dopo il suo matrimonio sono rimasto da solo con i vecchi. Ho tirato avanti come potevo.

Era abitudine consolidata che tutte le sere, quando mi ritiravo nell’intimità della mia camera da letto, di spararmi delle lunghe e convulse pugnette, sfogliando le riviste porno che avevo rubato, quando ero ragazzino, nella sacrestia di don Mario; un prete fuori dal comune che gli piaceva scopare, direi molto visto il via vai di donne che il vecchio porco confessava nelle secrete della chiesa. Qualche anno dopo il matrimonio anche la sorellina cominciò a frequentare l’arzillo vegliardo.
Venne il tempo dei computer. Mio nipote mi fece scoprire il mondo meraviglioso di Internet.
Da subito capì le possibilità ludiche che la rete virtuale poteva offrire ad un uomo come me, affetto da onanismo.
La masturbazione, spasmodica e maniacale, mi aveva ormai reso dipendente dalle immagini pornografiche.
La pura fantasia, però, non era più sufficiente a nutrire gli stimoli per arrivare all’orgasmo.
Prima di diventare un navigatore di Internet, giravo come un pazzo per il paese alla ricerca dell’ispirazioni per le mie seghe.
Sapevo dove andare. Infatti, ogni casa aveva un balcone, conoscevo le abitudine di tutte le donne del paese. Così, puntuale come un orologio svizzero, mi collocavo nelle vicinanze dei mie obiettivi ad ammirare le gambe e le parti intimi delle donne che si affaccendavano a stendere i panni.
Le osservavo come un maniaco, imprimendo nella memoria ogni minimo movimento. Mentre le guardavo allungarsi oltre la balaustra, in posizioni che mettevano in evidenza il culo e le tette, mi eccitavo tantissimo, immaginando di essere dietro di loro, di penetrarle con il mio cazzo duro, fino a farle impazzire dal godimento.

Quando il termometro dell’eccitazione raggiungeva il massimo livello di sopportazione, correvo come un folle a casa, a chiudermi nell’intimità della mia camera. Mi stendevo sul letto ed iniziavo a segarmi, immaginando quelle dolci creature nude, sui loro balconi, che oscenamente mostravano le tette e la figa, spudoratamente allargata con le dita della mani.
Immerso in quelle immagini erotiche, la mano cingeva il cazzo, correndo rapida su e giù. In quel movimento frenetico la pelle scivolava sulla massa carnosa in modo piacevole. Poi alla fine di quella maratona di autoerotismo, nel momento di maggiore intensità, raggiungevo l’orgasmo immaginando la figa dell’unica donna che ancora sconvolgeva i miei sensi: mia sorella.

Internet, finalmente. In pochi anni divenni un provetto navigatore.
Da quel momento il concetto di bellezza femminile cambiò radicalmente. Quelle superbe sventole che mostravano in modo sublime la loro bellezza mi fecero capire che le donne del paese non erano un granché.
Così, per molti anni il computer divenne l’unico compagno di giochi. Fedele e sempre presente.
I siti porno passavano in rassegna sotto i mie occhi, come la vetrina dei negozi, con una mano manovravo il mouse e con l’altra cingevo il cazzo muovendolo in modo convulso.
Gli occhi, la mente e la mano erano perfettamente sincronizzati. Le immagini penetravano attraverso gli occhi, la mente le elaborava stimolando il desiderio, che alimentava tutte le cellule del mio corpo. La mano, azionata da dai sensi sconvolti dalla bramosia, si agitava velocemente fino a farmi raggiungere il massimo godimento. Eppure, nonostante gli anni, al culmine dell’orgasmo avevo in mente una sola persona; una donna che aveva condizionato la mia adolescenza: mia sorella.

A cinquantenni suonati, mentre osservavo un sito porno, con immagini di donne con le gambe spalancate, che oscenamente mostravano fighe pelose, cominciai a riflettere sulle sensazioni che avrei provato se solo avessi avuto la possibilità di scoparmi una di quelle.
Mi rassegnai subito al mio triste destino. Perché non c’era alcuna possibilità che tale avvenimento potesse accadere. Le prostitute potevano essere una soluzione. Ma come fare? Vivevo in un paese fuori dal mondo. Ero senza patente ed incapace di guidare persino una bicicletta. Inoltre, il solo pensiero di lasciare il paese mi provocava delle crisi di panico.

Si dice che dio vede e provvede. Così una sera il destino cambiò le sorti della mia vita.
Dopo tanti anni passati a sfogare le perversioni sessuali, solo con me stesso, capitò un episodio che mi permise di provare le meravigliose sensazioni che solo una calda figa attorno al cazzo poteva dare.

Erano trascorse da poco le otto di sera. Il trillo assordante della porta cominciò a suonare. Come al solito ero davanti al monitor del computer a contemplare la bellezza conturbante delle modelle, che ormai conoscevo anche di nome. Mi tirai su i pantaloni e corsi a dare un occhiata alla finestra. Mi venne un colpo. Erano i Carabinieri.
Mi precipitai nelle scale, raggiungendo velocemente l’ingresso.

‘Buona sera!
‘Buona sera Maresciallo!
‘Gino scusaci se ti disturbiamo! ma abbiamo una rogna!
‘Una rogna?
‘Forse è meglio se vieni a vedere!

Lo seguì fino alla macchina. Appena aprirono la portiera posteriore vidi la rogna.
Era mia nipote Alessia, aveva la testa riversa sullo schienale, con le braccia a penzoloni.

‘Alessia? Ma cosa è successo?
‘Non lo so! E’ completamente ubriaca! L’abbiamo trovata nei giardinetti, stava dormendo su una panchina. Per terra c’era una bottiglia di grappa, vuota naturalmente!
‘Ubriaca? Ma perché? E perché non l’avete portata dai suo genitori?
‘Non potevamo! In un momento di lucidità ci ha detto che il padre l’aveva picchiata! Infatti ha delle ecchimosi sul volto! L’appuntato mi ha detto che lei era suo zio, così abbiamo deciso di portarla qui; fino a quando non avremmo chiarito la faccenda delle percosse! Lei mi capisce vero?
‘Ubriaca? Botte? Io non ci capisco nulla?

Stavo quasi per piangere dalla paura. Il Maresciallo mi afferrò le spalle e guardandomi in faccia:

‘Gino, Ascoltami! Stasera devi ospitare tua nipote! Hai visto in che condizioni si trova! C’è senza altro un motivo a tutto questo! Non credi? Quindi è necessario che lei stia lontana dai genitori! Almeno fino a quando non avrò chiarito la faccenda! Posso contare su dite?
‘Si! Si! va bene!

Il Maresciallo e l’Appuntato, sollevarono Alessia e la trasportarono fino alla camera da letto che era stata dei mie genitori, quando ancora erano in vita. Poi mi salutarono ed andarono via.
Appena rimasi solo presi il telefono e chiamai mia sorella.

‘Pronto? Caterina? Sei tu?
‘Si! pronto? Sei tu Gino?

La sua voce era scossa da qualcosa che la tormentava, ed io sapevo cosa.

‘Caterina! Sei da sola?
‘Si Dante è fuori!
‘A cercare Alessia?
‘Si come fai a saperlo?
‘Perché Alessia è qui da me!
‘Dio! Ti ringrazio!
‘Ti dico subito che è completamente ubriaca! Sono stati i Carabinieri a portala da me! Sanno anche che tuo marito ha usato le mani pesanti! Ha il viso tumefatto da ecchimosi!

Dall’altro capo del telefono sentì Caterina che cominciò a piangere. Dopo alcuni minuti di attesa.

‘Cosa è successo? E vero che Dante ha picchiato Alessia?
‘Si è vero!
‘Perché?
‘Dante ha sorpreso Alessia con un uomo! Stava facendo l’amore dietro le mura del cimitero!
‘Be! E cosa ci sarebbe di male?
‘Ci sarebbe di male che il giovane in questione tra una settimana si sposa! Con la nipote di Dante! La figlia di suo fratello!
‘Porca puttana!
‘E si porco puttana! Dante si è incazzato, accecato dall’ira ha iniziato a prendere a schiaffi lei ed il giovane!
‘Adesso capisco! Lei è scappata! Presumo che abbia comperato una bottiglia di grappa, poi si è ubriacata! I carabinieri l’anno trovata che dormiva nei giardinetti! Ha raccontato tutto! Così il Maresciallo ha pensato di portarla da me! Fino a quando non avrà chiarito la faccenda! Domani penso che verrà a cercarvi!
‘Come sta?
‘Adesso sta dormendo nella camera da lette di mamma e papa! Cosa facciamo?
‘Senti! Facciamo come hanno detto i Carabinieri! Ti chiedo un po di pazienza! Almeno per questa sera! Ora chiamo Dante e lo tranquillizzo!
‘Va bene!
‘Ciao Gino! E grazie di tutto!
‘Ci mancherebbe altro! Se non ci aiutiamo tra di noi! Ciao a domani!

Appena posai il telefono senti un forte tonfo. Proveniva dalla camera da letto. Corsi velocemente a vedere cosa era successo. Appena varcai la soglia trovai Alessia riversa sul pavimento. Caspita era caduta dal letto.
Tra mille difficoltà la sollevai dal busto, appoggiandola con la schiena al letto. Poi, mettendoci tutta la forza che potevo, riuscì a trascinarla sul letto. Solo le gambe sporgevano fuori. La girai mettendola a bocconi. Poi l’afferrai nuovamente dalle mani cercando di tirarla sul letto. L’impresa era impossibile. Alessia era un ragazza in carne. I fumi dell’alcol l’avevano resa completamente inerte. Quindi era impossibile spostarla anche di un solo centimetro. Ero stanco e madido di sudore. Scesi dal letto. Andai in bagno ad asciugarmi.

Ritornai in camera da letto, appena varcai la soglia vidi una scena che mi sconvolse i sensi. Prima di allora non ci avevo fatto caso, ma adesso, vedere Alessia in quella posizione era tutto una altra storia. Notai che indossava una gonna in jeans, cortissima. Era completamente spostata in alto lasciando scoperto i glutei. Alessia era riversa a bocconi sul letto, le gambe poggiavano con le ginocchia sul pavimento. Praticamente era nella posizione della pecorina. Il tenue perizoma scompariva tra le chiappe e lo spessore della figa appariva in tutto la sua superba e conturbante sensualità.

Un brivido percorse la schiena. La pelle si increspò come se fosse stata colpita da una folata di aria fredda. Il cazzo, sollecitata da quella scena da infarto, esplose nelle mutande ingrossandosi in modo osceno.
D’istinto mi sbottonai i pantaloni, calandoli fino alle caviglie, poi mi abbassai le mutande esponendo una erezione incredibile.
Quella scena era altamente erotica ed era impossibile resistere. Quindi comincia a spararmi una sega osservando quel panorama da mozzare il fiato.
Avevo gli occhi incollati sul culo di mia nipote e la mano che si muoveva veloce sul cazzo. Il sudore cominciò a colarmi sulle guance, formando rivoli lungo il collo.
Lentamente mi avvicinai a quel santuario di piacere. Mi inginocchiai, avvicinando il viso, fino ad avere il naso quasi a contatto con quei glutei rotondi e candidi come la neve.
Alessia era ferma, inerte, nell’aria aleggiava solo il suo respiro pesante ed il battito impazzito del mio cuore.
La tentazione di toccare era troppo forte. Non resistetti oltre, così vinto dalla bramosia posai una mano su una chiappa. Non successe nulla. Alessia continuava a ronfare.
Per alcuni minuti continuai a palpeggiare le sue stupende chiappe, mentre con l’altra mano mi strapazzavo il cazzo grosso e duro, fino a farlo diventare rosso.

Quell’esperienza era un occasione unica, che non si sarebbe mai più ripetuta.
Desideravo toccare quei glutei con la punta del cazzo. Il desiderio mi aveva reso una fornace in piena tormenta. La mia altezza purtroppo non mi permetteva di arrivarci. Così andai in cucina presi una cassetta della frutta. La posizionai tre le gambe aperte di Alessia. Ci salì sopra. Perfetto il cazzo era esattamente allineato alle sue chiappe.
In quei momenti tremavo come una foglia. Era la prima volta che toccavo una donna. Con le gambe tremule ed il respiro in affanno, brandendo il cazzo, avvicinai la cappella tra le chiappe candide di Alessia.
Finalmente avvenne il primo contatto. Era una sensazione inaudita. Preso dall’entusiasmo mi appoggia completamente, stringendo le chiappe, cominciai a strofinare il cazzo in mezzo ai glutei caldi e sodi. Era il delirio dei sensi.

Alessia continuava a dormire imperturbata.
Si sa che l’appetito viene mangiando. Mi colse il desiderio di vedere la sua figa. Scesi dalla cassetta, con il cazzo che oscenamente sporgeva duro dal grembo, la spostai indietro. Poi allungai le mani, posandole sui fianchi rotondi, dopo averli accarezzati, infilai le dita negli orli del perizoma e lentamente lo sfilai. Lo abbassai fino a meta coscia. Poi mi inginocchia per dare un occhiata. Appena scorsi lo scoscio di Alessia senza veli fui colto da un tremore incredibile. Per la prima volta in vita mia vidi una figa.
Vederla nelle immagini di Internet era un conto ma vederla dal vivo era un’altra storia. Alessia aveva una figa in carne, le labbra esterne era grosse e cosparse da una peluria rada, castano chiaro. In mezzo si intravedevano le labbra scure e frastagliate, sporgenti che terminavano in basso formando un V.
Rimasi a fissarla per alcuni minuti. Poi, vinto dal desiderio, poggiai le nocche delle dite e cominciai ad accarezzarla. Intanto con l’altra mano menavo dei fendenti frenetici sul cazzo.
In preda al desiderio più estremo spostai le labbra interne e per la prima volta potei ammirare la carne viva di una figa. Lucida e umida, ma caldissima.
La cupidigia e la brama di quel santuario di piacere mi spinsero a fare quello che avevo desiderato da tanti anni. Lentamente infilai un dito dentro la vulva vaginale.
Solo allora l’inerzia di Alessia si destò. Un leggero movimento del bacino fu il segnale che aveva percepito quel contatto.
Era una sensazione bellissima, sentire quelle caldi pareti morbide ed umide. Cominciai a muovere il dito dentro di lei; man mano che gli umori lubrificavano l’ingresso il dito penetrava all’interno senza alcuna resistenza. Solo un leggero mugolio testimoniava che quello stimolo era gradito da Alessia.
Durante quelle fasi concitate un lampo mi attraversò la mente.
Mi venne il desiderio di assaporare quel guscio di piacere. L’occasione rende l’uomo ladro. Cosi mosso dal desiderio morboso di gustare quelle prelibatezza, infilai la bocca nella vulva vaginale. Fui subito investito da un odore forte ed inebriante, che mi fecero girare la testa. Mi ripresi subito, e senza altro indugio iniziai a leccare quelle labbra nere e frastagliate. Poi facendomi più audace infilai la punta della lingua all’interno fino a toccare la carne viva. Quel contatto fece sobbalzare Alessia. Mi piaceva, il sapore di quella figa mi rendeva ilare, inoltre era gradito anche ad Alessia visto che dopo non smetteva di ansimare con suoni gutturali.

La bramosia si era ormai impossessato dei miei sensi. Il cazzo pulsava nella mia mano. La sega non era più sufficiente a placare il desiderio che provavo per quel corpo.
Mi spaventai per il pensiero che stava balenando in quel momento, mi alzai e corsi in bagno. Mi guardai allo specchio. Cosa diavolo stava facendo? Cribbio era mia nipote! Mi guardai nuovamente! Non scorsi alcun remore! Non ero riuscito a convincermi. Il desiderio di quel corpo era prevalso sulla ragione, per averlo non mi sarei fermato davanti a nessuno.

Ritornai da Alessia. Posizionai la cassetta della frutta tra le sue gambe ci salì sopra. Senza alcun preliminare, ma determinato, afferrai il cazzo come l’elsa di una spada, puntai la grossa e lucida cappella tra le labbra interne della figa, seguendo solo l’istinto animale, diedi una forte spinta al il bacino, così favorito dagli umori vaginali sprofondai interamente dentro quella nicchia di piacere. Alessia si destò ansimando, alzò il capo, per alcuni secondo si guardò attorno, poi chinò il busto, ritornando nuovamente in catalessi.

Dio mio, mi sembrava di svenire. Mi colse un senso di vertigine a vedere il mio cazzo, per la prima volta, all’interno di una figa vera.
La prima sensazione che avvertì fù il caldo infernale delle pareti vaginali che avvolgevano come una coperta termica interamente il cazzo. La figa di Alessia era stretta ma accogliente.
Ora dovevo muovermi, non potevo stare fermo con il cazzo piantato dentro la figa di Alessia, così, come avevo visto tante volte in Internet, afferrai Alessia dai fianchi ed iniziai a chiavarla.
I primi movimenti furono disordinati e concitati, poi iniziai a prendere un ritmo regolare. Quindi cominciai a penetrarla profondamente, senza soluzioni di continuità.
Il mugolio di Alessia divenne un vero e proprio canto cacofonico. Stava godendo. Era un delirio vedere il cazzo che sprofondava dentro quella giovane figa, stretta e calda. Quella scena mi infondeva un emoziona incredibile. Le spinte divennero sempre più veloci e possenti.
Dopo alcuni minuti di quella terapia devastante, cominciai ad avvertire i primi conati di sborra. I coglioni si erano irrigiditi ed il cazzo era diventato duro come l’acciaio. In quegli istanti avvertivo le pareti vaginali che si stringevano attorno al cazzo, come due morse. Era una sensazione incredibile.
Era l’apoteosi del godimento.
In preda al delirio estremo dei sensi, afferrai i fianchi di Alessia, dando due possenti colpi, penetranti, infine mi abbandonai al piacere.
Fiotti di sborra si riversarono dentro di la figa di Alessia. Continuai a muovermi dentro di lei fino a quando durarono i conati di sborra.
Alla fine esausto mi sedetti per terra. Alzai lo sguardo e vidi che dalla figa di Alessia fuoriusciva un liquido limaccioso e biancastro.

Dopo essermi ripreso. Riuscì, con molta fatica, a trascinare Alessia sul letto. Quindi ritornai nella mia camera per riposare, fiaccato da quella maratona di sesso.
Ma appena un ora dopo, ripensando a quanto era successo, mi venne nuovamente una gran voglia di scopare.
Ritornai da Alessia, lei intanto continuava a dormire serena. Si era girata sul dorso, aveva le gambe completamene divaricate.
Il cazzo intanto era tornato nuovamente duro e pronto ad affrontare una nuova avventura.
Stavolta prima di iniziare la cavalcata le ho sbottonato la camicetta, aperto il reggiseno ed esposto le sue meravigliose tette.
Continuava a dormire sodo, non dava alcun segno di ripresa. Era ancora sotto l’effetto della sbornia.
Bene, mi posizionai in mezzo alle sue cosce, spostai il perizoma di lato, dopo aver appoggiato la cappelle contro l’ingresso della figa, scivolai nuovamente dentro quel tabernacolo di piacere.
Stavolta la scopata era allietata anche dalla vista delle sue magnifiche tette.

La mattina seguente Alessia si svegliò e dopo aver fatto la doccia si presentò in cucina con un mio accappatoio.
Facemmo colazione. Parlammo di quello che era successo la sera precedente con suo padre.
Della notte di fuoco che le avevo fatto passare non ricordò assolutamente nulla.
La guardai con rammarico. Ormai conoscevo ogni centimetro del suo corpo, che è stato mio per una intera notte.

Dopo quell’episodio non ci furono più occasioni.

Ritornai alle mie sani abitudini. Una cosa però era cambiata, quando mi sparavo le seghe, al culmine del godimento, l’immagine di Alessia aveva preso il posto di sua madre.

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