Skip to main content
Racconti erotici sull'Incesto

Nel libro del destino

By 4 Luglio 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Sarei tentata di cominciare dalla fine.
Non posso, però, perché dovrei ammettere che tutto &egrave finito! E non lo voglio. No, non lo voglio!
Ho pensato al ‘destino, cio&egrave, come dice Bertolt Brecht, alla ‘prederminazione fatale dell’accadere’. Voi sapete quanto la mente galoppi. ‘Prederminazione fatale” conduce a ricordare il Fato, che nell’antica Grecia era considerato figlio del Caos e della Notte. Nella matematica, il termine ‘caos’ non mi porta alla semplicistica spiegazione che si tratta di ‘aspetti irregolari e incostanti della natura’, ma mi conduce alle definizioni del ‘caos deterministico’.
Insomma’. Non capisco più niente.
Meglio dunque, cercare di dire come le cose si siano svolte.
Carla e Piero avevano detto che andavano un po’ a riposare, dopo pranzo.
Il ‘boss’, Ugo, era impegnato in una delle sue solite riunioni tecniche. Io avevo una sessione di esami, alle 16.00, in Facoltà. Volevo informare i ragazzi che, forse, avrei potuto fare un po’ tardi. Mi avviai alla loro camera, in fondo al corridoio, stavo per bussare quando sentii dei suoni strani, come un lamento soffocato e un ‘Peo’ ah’ Peo’ ah”. Abbassai cautamente la maniglia, la porta non era chiusa a chiave, aprii appena, un piccolo spiraglio’.
Carla era inginocchiata sul lettino, di traverso. Piero era dietro lei. Entrambi nudi, come li ho fatti io.
Lo specchio mi consentiva di cogliere ogni particolare della loro spettacolare scopata. Non saprei come definirla: una scopata, alla pecorina, e mai vista per l’ardore di lui che, afferrato alle tettine della mia bambina dava dei colpi eccezionali che, se non l’avesse trattenuta per ‘ le tette, l’avrebbero buttata dall’altra parte. Lei sculettava da matta e mugolava..Peo’. Peo’ Lo specchio mi diceva, quando lui si tirava un po’ indietro, prima di riaffondare nuovamente il suo sesso in quello della sorellina, che il fallo del mio ragazzo era di rispettabili dimensioni.
Oddio, quel’ disgraziato’ me l’avrebbe squarciata la mia Carletta!
Mi allontanai silenziosamente.
Ero sbalordita, sgomenta, turbata, ma nel contempo quella scena mi aveva affascinata ed eccitata. Incredibile, io, a quasi cinquantacinque anni, mi arrapavo, gli inglesi direbbero che ero horny, insomma mi eccitavo sessualmente al vedere quel travolgente amplesso, e per di più tra i miei due figli: fratello e sorella.
Cosa mi eccitava di più? Il vigoroso pene di lui o l’orgasmo di lei? O proprio il fatto che tutti e due erano frutto delle mie viscere? Erano entrambi ‘usciti’ da me! Quasi quasi ne ero orgogliosa.
E fu proprio quella sera che il mio comportamento fece comprendere a Ugo, ancora saldo e resistente, che avevo bisogno di una ‘prestazione’ eccezionale, e mentre, capendolo dalla posizione che avevo assunta, mi stava energicamente ed efficacemente montando da dietro, anche lui afferrato alle tette, e queste erano le mie, abbastanza solide, io godevo da matta, e non nego che andavo alternando i personaggi: ora ero io, oppure ero Carla, comunque me la spassavo, anche testimoniandolo sonoramente; adesso nel mio grembo sentivo il ‘cosone’ del mio bambino, che mi stava deliziosamente portando ad eccezionali vette orgasmiche.
Magnifico.
Credo che Ugo non se lo era mai sentito mungere con tanta foga!
Due giorni dopo, si ripresentarono condizioni più o meno analoghe. I ragazzi ancora una volta si erano ritirati per il ‘riposino’. Ero curiosa. In un certo senso mi volevo convincere che l’esuberanza di Piero aveva quasi costretto la sorella a quel rapporto anche se lei, ed &egrave comprensibile, ne aveva voluttuosamente goduto.
Mi chinai a spiare attraverso la serratura.
Piero era in poltrona, nudo come un verme, col suo fallo svettante come un pennone senza bandiera. Magnifico, imponente’
Ma ecco la ‘piccolina’, vestita’come il fratello, che gli si avvicina, si china a baciargli il sesso, quasi di sfuggita, e poi, apre le gambe e gli si mette a cavallo. E’ una ‘cosina’, la mia Carletta, di fronte alla mole del fratello, ed &egrave inconcepibile che’. Pensiero frettoloso e imprudente, il mio. Altro che assurdo’ Lei prese delicatamente il glande del fratello, lo portò tra le sue gambe e, con lasciva lentezza, lo fece scomparire in sé. Si fermò un momento, poi iniziò un andirivieni, sempre più frenetico, fino a stringersi a lui, freneticamente, spingendo forte il bacino, e gemendo’.
Lui la baciò sulla bocca, fu percorso da un fremito, dette un colpo di reni e’.
‘Che bello Peo’ che bello’ sì’ riempimi’ riempimi’!’
Solo allora mi accorsi, alla mia età, che stavo nervosamente titillandomi tra le gambe, attraverso il vestito. Oh, se Ugo fosse stato in casa!
^^^
Carla doveva tornare a casa, Aldo, il marito, stava per rientrare in sede.
Decisi di accompagnarla io, all’aeroporto, unitamente a Piero.
Furono sempre vicini, vicinissimi, si tenevano per mano. Ero curioso di vedere come si sarebbero salutati, ma’ c’ero io’
Un abbraccio, un casto bacio, qualche parolina sussurrata all’orecchio. Occhi lucidi di lei, voce rotta dal pianto’ Volto impietrito di lui. Poco prima della chiamata per l’imbarco, dissi che dovevo allontanarmi un momento: toletta! Li lasciai soli, nell’angolo della grande sala. Non appena girai l’angolo, si abbracciarono e baciarono follemente, incuranti della gente. E che diavolo! Pensai dentro di me. Solo due ore fa, a casa, appena finito di fare le valige, s’erano abbandonati a una scopata travolgente e’ rumorosa. Forse ‘ed ero maligna, ed anche invidiosa- in lei c’era ancora la testimonianza di quella cavalcata!
Tornai, indifferente, ma ero curiosa di sapere’
Chiamata per l’imbarco, ancora i ciao’ ciao’ con la mano.
Piero ed io tornammo all’auto.
‘Guido io, ma?’
‘No, grazie, preferisco guidare io.’
Ci avviammo, lentamente, per immetterci nel traffico.
Lui, taciturno, guardava la strada, con un’espressione indecifrabile.
C’era una certa cattiveria, in me, devo riconoscerlo, e non riuscivo a frenarmi, stavo per esplodere.
‘Calma Elda’ ‘mi ripetevo mentalmente- ‘cosa ti proponi con un attacco violento’?
Lo guardai.
‘Triste, Piero?’
Annuì, senza rispondere.
‘Ti dispiace che sia partita la sorellina?’
‘Certo, mamma.’
Tornai a guardarlo, e credo che il mio volto fosse alquanto tirato.
‘Allora, Peo, finito lo spasso?’
‘Beh non lo chiamerei spasso, ma &egrave chiaro che sia piacevole stare con la propria sorellina.’
‘Non ne dubito’ di giorno’ e di notte’ sempre’!’
Aggrottò le sopracciglia, mi guardò, e nel contempo divenne rosso in viso.
‘E’ così.’
‘Per quattordici giorni’.’
Ripet&egrave monotonamente.
‘Per quattordici giorni.’
‘E’. e’ quante scopate vi siete fatte?’
Vidi, guardandolo con la coda dell’occhio, che si irrigidiva.
Sempre fissando la strada, ed ora pallidissimo, mi rispose staccando le parole.
‘Non le abbiamo contate!’
‘Allora, non neghi!’
‘Dovrei?’
‘No. Ma non avreste dovuto farlo. Pazzi, fratello e sorella’!’
‘Un uomo e una donna!’
‘Entrambi figli del mio grembo!’
Mi guardò e non so se con sfida, ammirazione, od altro.
‘Meraviglioso grembo, ma’, se &egrave come quello di Carla! O’ &egrave anche migliore?’
‘Pazzo e anormale! Lo sai che &egrave incesto?’
‘Io direi che sono sano, per fortuna, sanissimo, e normale, normalissimo. Con regolari stimoli, fisiologici, dettati dalla natura, amante della bellezza, della donna’ Che, mi volevi gay?’
‘Stupido. Non capisci niente. Che giri di parole fai. Dico che potevi andare con tutte le donne che volevi, ma non con tua sorella!’
‘Ma allora, tu sei razionale, lucida, fredda, una che regola i propri istinti secondo regole scientifico-matematiche?’
‘Che c’entra, Piero, stai andando fuori tema. Io sostengo che un rapporto sessuale tra fratello e sorella non &egrave lecito.’
‘Scusa ma’, scusa se entro in certi particolari, ma tu, ti ecciti solo con tuo marito? Non ti &egrave mai capitato di sentire qualche’ pulsione’.’
Non lo lasciai finire.
‘Non &egrave quello che ‘si sente’, ma come lo si indirizza.’
‘Sicch&egrave, mi tengo la fame, e me la faccio passare a casa.’
‘Più o meno così.’
‘E ti &egrave capitato di ‘differire’ la’ scorpacciata?’
‘Sicuro.’
‘Mi puoi fare un esempio?’
‘Piero, non sono discorsi tra madre e figlio.’
‘Ti prego, ma’. E’ per capire”
‘Lo vuoi proprio sapere?’
‘Si.’
Fissai la strada, guidavo lentamente. Cercai di pesare le parole.
‘Bene. Mi &egrave capitato di vedere te e Carla fare l’amore, diciamo così, in modo veramente travolgente, e’ in un certo modo. Sì, ho avuto stimoli, eccitazione’. E la sera tutto &egrave stato appagato da tuo padre, da mio marito. Chiaro?’
Mi guardò maliziosamente.
‘Sei sicura che pensavi a lui, a tuo marito, mentre lo facevate?’
Sobbalzai.
‘E a chi dovevo pensare?’
Alzò le spalle.
‘Mah! Non so”
Era veramente provocante quel benedetto ragazzo, e indisponente.
Mi accorsi che il suo sguardo stava percorrendo insistentemente e indiscretamente il mio corpo, soffermandosi sui particolari, sul collo, sul seno, sulle gambe.
Un suo piccolo cenno del capo, di assenso, mi disse che’ avevo superato l’esame.
Stavamo per arrivare a casa.
‘Sicch&egrave, Piero, per concludere, basta che sia una femmina. Il resto non conta.’
‘Proprio così, &egrave più che naturale.’
Misi l’auto in rimessa, prendemmo l’ascensore, entrammo in casa.
Nell’ingresso, Piero, quasi un palmo più alto di me (che non sono piccolina o magrolina, non per niente mi chiamano Juno, lo so bene) mi prese tra le sue poderose braccia e mi strinse forte, il mio seno sul suo petto. Mi sollevò. Mi baciò sugli occhi, mi sfiorò la bocca, poi scese al collo. Sempre delicatamente.
‘La mia bellissima mamma. Tutto bene?’
Nel depormi giù, sempre tenendomi stretta, strusciai su di lui’ sentii la sua patta, ben fornita. Ricordai quello che avevo veduto dallo specchio. Ed io, vecchia, presunta razionale, mi compiacqui di quello strofinio. Le mie grandi labbra, lo sentii, s’inturgidirono. Il mio grembo si contrasse.
In fondo, pensai, non &egrave che Piero abbia tutti i torti.
^^^
Andavo rimuginando che, come era giusto, avevo detto a Piero che sapevo tutto e che deploravo il suo, anzi il loro comportamento. Dovevo trovare il modo di dirlo anche a Carla. Forse le avrei telefonato, in proposito. No, dovevo farlo a voce, con discrezione, alla prossima occasione.
Inutile, il compito di una madre, di indicare la strada ‘retta’ ai figli, non finisce mai.
Non so perché, ma quella conversazione con Piero, mi aveva dato una specie di carica. Mi aveva trascinato nel campo del sesso, e me lo aveva fatto conoscere sotto un aspetto del tutto particolare. Piero aveva affermato che &egrave più che ‘naturale’ che quanto avviene tra i due sessi, possa accadere sempre e comunque, indipendentemente da quelli che definiamo ‘legami’, di sangue, parentela o affinità. Le ‘attrazioni’ non conoscono razza, colore, religione. E sembrerebbe che due esseri che hanno il DNA in comune, posseggano la caratteristica di manifestare la massima possibile attrazione reciproca.
Ero un po’ scettica. Forse si trattava di una spiegazione pseudo-scientifica inventata al solo scopo di giustificare certi accadimenti.
C’era un modo per accertarne la validità. Si dice, per validarla.
Vediamo, dunque.
Io ho visto Piero nudo, mi sono compiaciuta del suo fisico, del ‘coefficiente’ di virilità, ho assistito a una sua prestazione sessuale che per il tipo di manifestazione e comportamento della partner si dimostrava più che pregevole. Mi aveva provocato eccitazione sessuale, tutto ciò, desiderio erotico?
Ebbene, la risposta era: sì! Mio figlio era per me desiderabile sessualmente, era appetibile, cio&egrave pienamente adatto a sfamarmi in proposito!
Quello che stava accadendo tra le mie gambe, al solo pensiero di ciò, lo confermava in pieno.
E il bello era che non mi vergognavo di quello che pensavo e provavo.
C’era però’ un ma!
Ma, ero io ‘appetibile’ per un giovane della sua età, e in particolare per lui?
Stavo uscendo dal bagno, dal ‘meditatoio’.
Mi alzai, mi guardai nel lungo specchio. Criticamente.
‘Niente male, Elda. Non si vedono segni di cellulite, la carne &egrave ancora soda. Tette ben fatte, floride ma non grosse, con venuzze bluastre, e non pendenti, anzi; ventre piatto, assenza di smagliature, fianchi ben disegnati, un didietro di tutto rispetto, anche esso ben solido; natiche nervose; gambe dritte, senza alcuna vena sporgente.
Visto che c’ero, dovevo approfondire l’esame esplorativo.
Sedetti sullo sgabello, col bacino bene in fuori, e la luce che cadeva proprio tra le mie gambe. Le spalancai. Incorniciato da un pelo folto e riccio, ma non ruvido, si apriva il mio sesso. Grandi labbra carnose, ma non troppo, belle dure, sensibili. Al solo passarvi le mie mani (ed erano le mie!) s’inturgidivano e il pelo s’increspava. Piccole labbra rosee, lisce, senza sfrangiature, e il clitoride che faceva capolino, laggiù, come a dire che c’era anche lui e non voleva essere trascurato. Un leggero tocco, col dito, e tutto fu in movimento. Specie’. dentro.
Sarò presuntuosa, ma quello era il corpo d’una donna assolutamente non disprezzabile. Mi venne da sorridere quando ricordai che un collega mi aveva detto che i miei allievi mi chiamavano ‘Juno scopabilis’. Se lo ero per loro.
Quella sera Ugo fu impegnato in una ‘stunning performance’, una favolosa prestazione, durante la quale dovetti stare bene attenta per non lasciarmi sfuggire dalle labbra il nome di Peo. Fu eccezionale, il mio uomo, e sembrava ringiovanito di almeno vent’anni.
Alla fine, sudato e felice per quanto aveva provocato in me, mi guardò sorridendo, e mi disse che ero fantastica, più deliziosamente impetuosa d’una trentenne. E si congratulò con me. ‘Glielo’ carezzai, grata. Ma pensavo’ ad altro.
Ero stata lì lì per gridargli la stessa implorazione di Carla: ‘riempimi’. riempimi’!’
Sicuramente mi sarebbe passata quella momentanea fissazione.
Comunque, era certo che guardavo Piero in un modo ben diverso da prima. Era veramente un bel ragazzo. Tra l’altro, ero talmente presa da quella specie di mania passeggera, che mi sembrava che anche lui mi contemplasse in modo diverso dal solito. Mi guardava, e dopo avermi percorsa tutta con i suoi occhi scintillanti, annuiva leggermente col capo, con un particolare sorrisetto sulle labbra. Di quelli che potrebbero significare: ‘però!’
Più per cortesia che per altro, gli ricambiavo il sorriso e, in un certo modo, mi sentivo lusingata.
Fu due giorni dopo. Ero sulla scala, nel mio studio, arrampicata per cercare un libro sulla parte alta della scaffalatura, e per avvicinarmi meglio al mobile avevo messo un piede su un ripiano.
Piero era sotto di me, con gli occhi alzati.
Stesso sguardo, stesso risolino.
Ma questa volta parlò.
‘Però! Sei proprio uno schianto, mammina mia. Hai due gambe’!’
Attese che scendessi, mi aiutò, col suo modo di prendermi per le ascelle e strofinarmi a lui. Mi accorsi, senza ombra di dubbio, che non era rimasto insensibile alla visione che aveva commentato.
Altro che patta. Era un vero e proprio cuneo che s’inseriva tra le mie povere e tremanti gambe!
Gli sorrisi.
‘Gambe di vecchia bambino mio’ Lo sai quanti anni ho, vero?’
Mi prese per le mani, mi allontanò da lui, mi fece girare su me stessa.
‘Credo che tu abbia sempre aumentato, e di molto, la tua età. Hai una silhouette invidiabile. Insomma sei uno ‘schianto”
‘Perché mi prendi in giro.’
‘Ho l’aria di prenderti in giro?’
Mi dette una pacca sul sedere, a mano aperta, trattenendosi in una carezza sensuale e concupiscente. Si capiva da come stava accuratamente palpando la mia natica.
” e sei deliziosamente e veramente giovane’ come immaginavo’.’
Gli detti un leggero buffetto sulla guancia.
‘Sciocchino!’
Mi avvicinai alla scrivania dove avevo poggiato il libro, lo aprii, mi misi ad esaminarlo. China.
Lui mi era a fianco, con una mano sulla mia spalla che, lentamente, scivolò sulla schiena, s’infilò sotto il braccio, carezzò l’attaccatura laterale del seno’. Proseguì, cautamente’ palpandolo ben bene.
‘Sciocco un cavolo, mamma. Sei veramente portentosa. Portentosa e ‘tosta’!’
Venne dietro me, inzeppò la vigorosa protuberanza dei suo calzoni tra le mie natiche e mi afferrò le tette, stringendo tra le dita i capezzoli che subito s’erano eretti!
Mi mossi per farlo allontanare.
S’incuneò di più.
‘Ma cosa fai, Piero’ sei matto?’
‘Scusa ma’. Sei irresistibile’. Scusa”
Ma non si allontanava.
Doveva essere eccitatissimo, sentii che tremava, mi stringeva, forte’.
Sicuramente stava concludendo, con improvvisa e insolita rapidità, la sua eccitazione’. Lo sentivo.
D’improvviso, mi lasciò, con una mano si afferrò tra le gambe, e si allontanò in fretta.
Dopo alcuni minuti bussò alla porta dello studio.
Ero seduta dietro la scrivania, un libro dinanzi agli occhi, ma non leggevo. Pensavo.
‘Avanti.’
Entrò. S’era cambiato.
Sedette sulla sedia, dall’altra parte’
‘Scusami, ma”. Non potevo immaginare’.’
‘Ho capito, Piero, ho capito’. Neanche io potevo immaginare che tu’.’
‘Scusami”
Scossi la testa.
‘Insomma, bambino mio’ o Carla’ o io’.’
‘Non dire sciocchezze, ma. Carla &egrave nulla, di fronte a te’.’
‘Ti rendi conto di quello che dici?’
‘Ti rendi conto dell’effetto che mi fai?’
In quel momento Rosetta venne ad informarci che la cena stava per essere servita.
^^^
Quella sera, a letto, ero tanto meditabonda e confusa che non mi accorse neanche (no, non finsi) che Ugo, memore delle mie recenti manifestazioni, era più che disposto a’.
Ma avevo ben altro per la testa.
Come dovevo comportarmi?
Una voce interiore mi diceva: ‘consigliati’!
Sì, ma con chi?
Con un sacerdote, neanche a parlarne. Anche se l’avessi preso alla larga, generalmente, senza specificare il caso, già sapevo la risposta.
Con uno psicologo? E ti pare che quello, pur se io gli avessi detto che’un’amica’ si trovava di fronte a un dilemma, non capiva la foglia e che l’interessata ero io?
A me scocciava immensamente far sapere, sia pure a un professionista della materia, che alla mia età, ed anche per la mia, sia pur modesta, posizione accademica, non solo avevo due figli che scopavano tra loro, ma che mio figlio aveva chiaramente dimostrato che’ mi si voleva fare ed io, soprattutto, mi infoiavo al solo pensiero.
Non me lo avrebbe detto, ma sicuramente avrebbe pensato: che famiglia!
Mi venne in mente di parlarne con qualche amica, raccontando la solita storiella, che avevo letto che in Inghilterra, su una certa rivista, era apparsa la lettera di una madre, che raccontava (e qui tutta la storia) chiedendo all’esperto come si dovesse comportare. Alla fine avrei chiesto: e tu, come ti comporteresti?
Si. Avrei fatto così. Magari al bar, durante l’intervallo.
Enrica mi rispose che erano cose da ospedale psichiatrico.
Franca, invece, disse che purtroppo lei aveva solo due figlie femmine. Peccato, perché alla sua età (che &egrave anche la mia) l’occasione di una scopata del genere, non se la sarebbe proprio lasciata sfuggire. Figlio o non figlio, una ripulitura alla propria vecchia ciminiera con un robusto e gagliardo scovolo, non era proprio da perdere. E se ci fossero state anche ‘ripassate’ successive, tanto meglio.
Mentre Franca ne parlava con tanto entusiasmo io mi stavo eccitando.
Lei guardò verso la porta.
‘Vedi, Elda, se il ‘lui’ fosse come quel fusto di Piero, tuo figlio, sarebbe proprio da incosciente farselo scappare.’
Mi voltai, Piero stava entrando nel bar.
‘Ciao mamma, buon giorno signore’ sono passato a prenderti, credendo che tu abbia finito”
‘Ciao caro. Veramente’ ho ancora un’ora di lezione’ se vuoi puoi aspettarmi. Questa mattina sono stata accompagnata da una collega, ma &egrave già andata via e tuo padre &egrave ancora a Milano.’
‘Sono venuto appositamente, mamma, ti attendo in biblioteca.
Arrivederci signore.’
Si avviò alla porta.
Enrica lo guardava sorridendo, e Franca se lo stava ‘facendo’ con gli occhi.
Perplessità aumentate, le mie, dopo questa chiacchierata.
Ma, ero sinceramente perplessa o non piuttosto ambigua?
Pensosa e confusa, mi avviai in aula.
^^^
Come aveva detto, Piero mi aspettava in biblioteca.
C’erano molti lettori, in genere studenti.
Lui ero solo, sfogliava un volume.
Alzò la testa, mi vide, gli occhi gli si illuminarono, mi sorrise, chiuse il libro, si alzò, andò a restituirlo, si avvicinò a me.
Ci avviammo all’uscita.
Nell’ascensore mi sussurrò che avevo l’aria di una che stava macchinando qualcosa.
Alzai le spalle, senza rispondere.
Aveva parcheggiato nel cortile, al posto riservato a me.
Mi aprì lo sportello, attese che salissi, dando una evidente sbirciata alle mie gambe che per il mio modo di salire in auto si mettevano più che abbondantemente in mostra.
Chiuse lo sportello, si mise al posto di guida.
Uscì lentamente, immettendosi nel traffico.
‘Veramente chic, le tue ‘autoreggenti’; un ricamo elegante’ altro che i collants!’
‘Grazie.’
‘Scommetto che tutto si armonizza, nel tuo abbigliamento intimo.’
‘Cerco di farlo.’
Mi guardò con aria furbesca.
‘Scusa, ma’ la tua cattedra &egrave aperta o chiusa davanti?’
‘Cosa vuoi dire?’
‘Beh’ perché se &egrave aperta sarà difficile ai tuoi allievi non distrarsi’.’
‘I miei allievi sono giovanissimi, dei bambini in confronto a me.’
‘Bambini un po’ cresciuti’., più di me”
Lo guardai cercando di sorridere con indifferenza.
‘Ma tu, Piero, pensi sempre alle stesse cose?’
‘Direi, piuttosto’ ‘alla stessa cosa”
‘Fissato!’
‘Sarà così.
Che fa, andiamo a casa o mangiamo qualcosa fuori?’
‘Credo che Rosetta abbia preparato tutto. Meglio a casa.’
Infatti, trovammo che si doveva solo andare a tavola.
Una rinfrescata e via.
Come al solito ottimo pranzetto.
Al termine, Piero mi propose di andare a prendere il caff&egrave a Piazzale delle Muse, da dove si spaziava sulla campagna, sul vecchio aeroporto.
Non c’era molta gente.
Sedevamo proprio di fronte al vuoto che era sotto di noi.
Quando venne il cameriere, Piero mi guardò e mi propose:
‘Irish coffee?’
Annuii.
Piero fece segno, con la mano, che ne doveva portare due.
Quando ci furono serviti, li gustammo quasi golosamente.
Caff&egrave, whisky, crema di latte. Squisiti!
Piero stava sorridendo tra sé e sé.
‘Fa’ sorridere anche me, Piero. Cosa stai pensando?’
‘Alla ambigua assonanza di una parola inglese: deary, ‘cara mia’ e ‘dairy’, latteria’ e al fatto che certe ragazze le’ meritano entrambe!’
‘E’ inutile’ pensiero fisso!’
‘Ma, mamma, &egrave un gioco di parole’ &egrave naturale.’
‘Quindi, poiché non sono proprio priva di seno, anche io, a suo tempo, entravo in quella categoria.’
‘Il fatto &egrave, che la mia bella e florida mamma non ne &egrave mai uscita! Lo sai che sono orgoglioso di essere stato allattato da te?’
‘Ed eri avido, vorace, non la smettevi fino a quando non le avevi svuotate!’
‘Ecco perch&egrave ne sono sempre attratto?’
‘Dal seno femminile?’
‘Dal seno della mia mamma! La fonte che mi ha alimentato!’
Feci finta di non aver sentito, non volevo imbarcarmi in una conversazione che poteva divenire problematica.
Portai il discorso su temi futili, e cercai di indirizzarlo sulla situazione politica.
Parlavo quasi sempre io, mi stava a sentire, diceva poche parole.
Ad un tratto, mi prese le mani, mi guardò.
‘Mamma, perché non andiamo al cine? Qui vicino c’&egrave un ‘Cine Forum’.’
‘Cosa proiettano?’
‘Un film di Ingmar Bergman, non ricordo il titolo, ma di solito sono lavori interessanti e ben interpretati.’
‘Preferirei qualcosa di più leggero. Non sono nel momento adatto per pensare alle inquietudini degli altri”
‘Perché, tu ne hai?’
‘Chi non ne ha. Sarei del parere di andare a casa per prendere il necessario, e poi in palestra. Anzi, per favore, Piero, telefona alla palestra per sentire se c’&egrave un posticino per.’
Piero prese il cellulare, telefonò.
‘Mamma, dalle 18,30 alle 19,30.’
‘OK, caro, grazie.’
Confermò l’appuntamento.
Non erano ancora le 17.00.
Tutto il tempo per non affrettarsi, anche se noi abitavamo dall’altra parte della città.
‘Piero, ne profitti anche tu per un po’ di ginnastica?’
‘Ti accompagno, e ti aspetto, ma non mi metterò in tuta.’
Pagò il conto, risalimmo in auto, ci avviammo lentamente verso casa.
Gli dissi che andavo a indossare qualcosa per la palestra. Di solito sotto la tuta indosso una leggera calzamaglia che mi lascia libera nei movimenti.
Mezz’ora prima, Piero mi avvisò che era pronto.
Giungemmo in palestra, tolsi la tuta, la serbai nell’armadietto, indossai le scarpe apposite. Piero mi seguiva con gli occhi, in ogni movimento. E’ logico che la calzamaglia, leggerissima, evidenziasse il corpo.
‘Ma’, non credi che sia troppo ‘ostentante’ questa tenuta? Non c’&egrave nulla da indovinare. E’ tutto splendidamente mostrato, anche nei particolari. Hai un personale splendido, lo sai, ma la tua calzamaglia &egrave una vera e propria provocazione, una sfida’ o sbaglio?’
Era divenuto rosso in viso, e il tono della voce era risoluto.
Cercai di prenderla scherzosamente.
‘Allora’la devo’ togliere?’
Mi rispose con maggior durezza.
‘Allora ti devi rivestire! Mettere la tuta.’
Si alzò, mi venne vicino.
‘Sei sconvolgente, ma’, conturbante. Senti come batte il cuore!’
Prese la mia mano e la portò sul suo petto. Era vero, il suo cuore galoppava, ed il fatto &egrave che stava cominciando a galoppare anche il mio.
‘Sento, ma i cuori ‘devono’ battere. Senti anche tu!’
E portai la mia mano sul seno.
Lo carezzò dolcemente, lo strinse, con forza, quasi con violenza. La leggerezza del tessuto mi faceva sentire chiaramente le sue dita, e non riusciva a nascondere l’erezione del mio capezzolo. Se ne accorse anche lui, Lo strinse, come se volesse punirlo, tra l’indice e il pollice.
‘Ahi, Piero, mi fai male!’
‘Anche tu mi fai male!’
Mi guardò duramente. Si allontanò.
E così andai a fare ginnastica in tutta, con lui seduto poco lontano.
Quando aprì lo sportello per farmi risalire in auto, mi sfiorò la guancia con un bacio.
‘Grazie, mamma!’
^^^
Rosetta aveva lasciato un biglietto, in cucina, sulla credenza. Mi informava che era tutto pronto, in frigo.
Mi affacciai alla porta dello studio dove c’era Piero.
‘Piero, hai fame, o posso fare un bagno? Non ci metto più di mezz’ora.’
‘Nessuna fretta, fa’, fa’ con comodo. Guardo un po’ la TV.’
Dieci minuti nel tepore dell’acqua, lievemente odorante di colonia, quella classica, la 4711. Pensavo a Piero. Era stata una vera e propria esplosione di gelosia. Gelosia di figlio! Ma, era solo questa?
Ci riflettevo, asciugandomi.
Indossai il corto accappatoio e andai in camera, seduta alla toletta, a spazzolare i capelli.
Un lieve colpo alla porta.
‘Ma’?’
‘Si?’
‘Posso entrare?’
‘Vieni, vieni.’
Lo avevo detto senza pensare che l’accappatoio lasciava nude le gambe fino a metà coscia, e che non chiudeva perfettamente, specie stando seduta, sì che le tette, ancora abbastanza belle e floride erano malamente contenute e ogni tanto si affacciavano dalla scollatura.
Piero entrò, si mise dietro di me, si chinò e mi baciò teneramente sul collo.
‘Volevo chiederti scusa, mamma, per come ho parlato, in palestra, ma non ho saputo frenarmi. Mi scusi?’
Allungai la mano per carezzargli il volto, lo tirai verso me e ricambiai il bacio.
‘Ma sicuro, bambino mio che ti scuso. Anzi, non c’&egrave niente da scusare. Sono stata io ad essere poco riflessiva e a’ conciarmi in quel modo.’
Nel fare ciò, una tetta fuoriuscì quasi del tutto. Lui la vide, gli tremarono le narici.
‘Scusa anche per quel’ pizzico. Ti fa ancora male?’
‘Nessun male, né allora né ora.’
‘Fa vedere.’
Ed ancor prima che potessi dire o fare qualcosa, aveva girato la mia poltroncina, ed era di fronte a me, aveva allontanato ancor più il lembo dell’accappatoio, e si era abbassato a guardare il capezzolo.
‘Poverino, adesso Piero ti fa passare la bua.’
Lo baciò’ lo lambì con la lingua, lo prese tra le sue labbra, in bocca e cominciò a ciucciare quel benedetto capezzolo che s’era subito elettrizzato.
Era dolcissimo, e nel contempo avido.
Sentii che la voce era un po’ roca quando gli dissi, con dolcezza, che’ sì’ va bene’ grazie’ basta così’ Ma non volevo che smettesse, perché, tra l’altro, anche tra le gambe stava accadendomi qualche cosa!
‘Insomma, Piero, sei diventato un ragazzone e ancora cerchi la tetta della mamma.’
‘Perché sono splendide, mamma, meravigliose.’
E in cosi dire, prese entrambi i lembi dell’accappatoio e li spalancò. Il debole nodo della cintura si sciolse, e io restai quasi completamente nuda di fronte a lui.
Fece mezzo passo indietro.
‘Che visione, la mia mamma, che splendore’ da quanto tempo sognavo di poterti ammirare così, di potermi chinare sulla sorgente della mia vita. Incantevole sorgente, nascosta nel folto d’una foresta di seta”
Si inginocchiò, con le mani mi’ forzò’ a dischiudere le cosce’ rimase come estasiato.
‘Come sei bella, ma’, come &egrave bella’ così delicata, rosa’.’
Sembrava ammaliato da una apparizione inattesa. C’era qualcosa di ieratico nell’espressione del suo volto, dei suoi occhi.
Chinò il capo’ tra le mie gambe, e depose un bacio di fuoco proprio là, tra le piccole labbra roride e frementi della vagina dalla quale era nato.
Interromperlo bruscamente mi sembrava quasi sacrilego, di fronte alla sua devozione rapita.
Gli carezzai dolcemente i capelli.
‘Non devi, Piero, non devi’ sono la tua mamma!’
Ma la sua lingua non aveva tregua, lambiva, s’intrufolava, si ritraeva. Le sue labbra succhiavano il mio clitoride. Stavo impazzendo, combattuta dalla coscienza di doverlo far smettere, subito, e dal ventre che andava sempre più sussultando. Un’ondata di piacere mi andava rapidamente, troppo rapidamente, invadendo’ ecco’ sì’ stavo precipitando, no, non precipitando, ma salendo nel più alto dei cieli della voluttà’ Oddio’ oddio.. l’orgasmo mi travolse, i gemiti irruppero sempre più forti’ vibrai come una foglia al vento’ poi rimasi’ esausta, sfinita, affannata, senza rendermi pienamente conto di cosa stava accadendo. Sapevo solo che avevo goduto in un modo sconosciuto, ma sublime, insuperabile.
Piero alzò gli occhi, mi guardò.
‘Sei meravigliosa’. grandiosa”
‘Che abbiamo fatto, Piero, che abbiamo fatto”
‘Nulla di male, mamma, ti ho solo detto, e in piccolissima parte, quanto ti amo, cosa tu sei per me”
‘No’ non con mio figlio”
Si alzò.
Era evidente, nei pantaloni, la sua eccitazione che, non posso negarlo, mi intimoriva ma nel contempo di incantava. Anche io ero su di giri, quella lingua era stregata, e’ pensavo al resto.
Lui tremava, il mio bambino.
Comprensione per lui, o carità per me?
Allungai la mano, abbassi la zip’ balzò fuori di colpo il suo grosso e fremente fallo. Lui mi guardava con occhi sgranati. Non mi rendevo conto che ero seminuda, e quando mi alzai, l’accappatoio cadde sul pavimento. Completamente nuda.
Mi avvicinai a lui, gli sbottonai la camiciola, gliela tolse. Slacciai la cintura dei pantaloni, che scivolarono al suolo.
Dal boxer svettava, superbo, la virilità del mio bambino. Un bambino di 185 centimetri d’altezza, e di non so quanti di fallo.
Sembra impietrito.
‘Mamma, voglio tornare da te’ in te”
Ne fui quasi impressionata. Era come in trance.
Mi prese tra le sue braccia, mi depose sul letto, col bacino sulla sponda e le gambe fuori.
Con pochi gesti si liberò del boxer, delle scarpe.
Era proprio uno splendido ragazzone. Incombeva con tutto il suo fisico.
Prese dolcemente le caviglie, le alzò, le spinse in modo che flettessi le ginocchia, la aprì al massimo.
Mi guardò con gli occhi pieni di pianto.
‘Eri così quando mi hai dato la vita, vero, mamma?’
Annuii, commossa.
Avvicinò il suo grosso glande alla mia piccola vagina, e mi penetrò con voluttuosa lentezza.
Allora fui io a dargli la vita.
Ora era lui a darla a me!
Sarebbe stato stolto tentare di opporsi. Opporsi alla natura.
Non solo non volevo, ma non potevo.
Quel ‘ritorno’ di Piero nel mio grembo, era nel libro del destino.
^^^ ^^^ ^^^

Leave a Reply