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Racconti erotici sull'Incesto

Pesca miracolosa

By 16 Luglio 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

L’idea di alzarmi in piena notte per partecipare a quella che pomposamente veniva definita una ‘battuta di pesca’, non mi attirava.
Per me le ferie sono sacre e inviolabili. Il periodo che posso trascorrere al mare non deve essere inquinato con partecipazioni a manifestazioni pseudo-sportive o para-mondane.
Quel villinetto, quand’ero ragazzo, era abbastanza isolato, ora &egrave ‘incorporato’ in una fitta serie di costruzioni, tra le quali sontuosi alberghi, a più stelle.
La nostra casetta, comunque, &egrave rimasta lì, col suo pezzetto di terra intorno, a pochissimi metri dal mare.
Ma pensate, per partecipare alla ‘pescata’ dovevo prendere l’auto, guidare fino al porto, imbarcarmi sul peschereccio adibito ad uso dei villeggianti, mischiarmi alla gente, in gran parte teutonica, far finta di divertirmi, seguitare a far finta che quei pesciolini che sarebbero stati fritti a bordo erano stati pescati allora allora’ Insomma, far finta di tutto.
Glielo ho detto a Lorena, mia moglie, se vuoi andarci tu, con Sergio, nostro figlio, per me va bene, ma che ci venga anche io, scordatelo!
Anche Mara, sua sorella maggiore, che ospitavamo ogni estate con i suoi due pargoli, era del mio stesso parere.
Alla fine, Lorena decise che avrebbe fatto da ‘istitutrice accompagnatrice’ alla prole, figlio e nipoti, e ci sarebbe andata, comunque.
Alzai le spalle.
Finimmo di cenare allegramente, ad un certo punto Claudio, il marito di Mara, mia cognata, telefonò che sarebbe venuto l’indomani pomeriggio.
Lorena si assicurò che nella capace borsa ci fosse tutto il necessario: cappellini, occhiali da sole, creme solari’ catechizzò accuratamente il ragazzame, e disse che era ora di andare a dormire, in vista dell’alzataccia.
La banda dei tre, come la chiamavo io, dette la buonanotte e se ne andò al piano di sopra, a dormire nella propria camera. Il più piccolo, Sergio, mio figlio, di otto anni, venne a darmi il bacio della sera. I suoi cugini, Marco e Luca, rispettivamente di dodici e dieci, mi salutarono con la mano.
Chissà se avrebbero riposato!
Abbastanza calda la notte.
Devo dire che Lorena fu attentissima nell’alzarsi, al buio, dopo aver consultato l’orologio fosforescente. Non fece il minimo rumore. Fui io che, avendo il sonno leggero, aprii un occhio e la salutai, sottovoce.
Si avvicinò al letto, dove giacevo, del tutto nudo e col lenzuolo abbassato, si chinò, mi bacio con passione sulla bocca, e dette una bella ‘smanata’ al mio ‘piccio’ (lo chiamavamo così, e la sua era ‘piccia’) che reagì prontamente, a modo suo.
Le sussurrai che non so ne valesse la pena lasciare cotanto squalo per qualche minuscola alicetta. E fritta per giunta.
Me lo strinse dispettosamente, e se ne andò. Mi rimisi a dormire.
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L’ho detto che ho il sonno leggerissimo.
Percepii un leggero fruscio, aprii solo un occhio. Appena appena. Ero sdraiato al centro del letto. Braccia e gambe spalancate. Il caldo mi aveva fatto gettare a terra il lenzuolo. ‘Piccio’, evidentemente memore del saluto di Lorena, manifestava tutta la sua eccitazione.
La porta si stava aprendo lentamente.
La camera era sommersa in un discreto chiarore. Quello che filtrava dalle serrande. Era evidente che fosse giorno fatto. Senza muovermi, immobile, volsi lo sguardo verso la porta. Apparve Mara, in un corto accappatoio bianco, e aveva una tazzina in mano. Chiaramente era venuta a portarmi il caff&egrave. Guardò attentamente, i suoi occhi si abituarono presto a quella luce e distinsero perfettamente me, sul letto, e’ come’ stava ‘piccio! Me ne accorsi dalla visibile sorpresa che si leggeva nei suoi occhi.
Comunque, entrò, senza far rumore. Si mise ai piedi de letto. Rimase a fissarmi. Una mano scese all’interno del suo accappatoio’
Mara, a differenza di Loredana, che &egrave una vera bambolina, minuta e graziosa, perfetta nella sua adorabile proporzione femminile, &egrave un magnifico esemplare della sua terra, la Ciociaria, da dove, un tempo, giungevano le prosperose e floride balie per la nobili case romane.
Bene in carne, non grassa, tutt’altro. Ed era contrarissima a quelle che lei chiamava le piccole violenze alla natura. Se lì, ed anche là, c’erano i peli, era segno che la natura voleva così. Quindi già era troppo se si decideva a depilarsi le ascelle. Ed era uno spettacolo, sulla spiaggia, vedere come, con gesti rapidi e nascosti, cercava di non far debordare i suoi capricciosi e folti riccioli neri, dal costume da bagno.
Niente deodoranti, ma sana, frequente, e naturale pulizia.
E’ l’odore della lupa a richiamare il lupo, diceva, ed aveva una sua fragranza propria, in un certo senso inebriante, e non uguale a nessun’altra.
Mara rimase in ben visibile titubanza sul da farsi.
Alla fine si decise.
Pian piano si abbassò, con una mano prese il lenzuolo, e stava per mettermelo addosso.
Io finsi di svegliarmi allora. Mi stiracchiai, sistemai meglio il lenzuolo sul pennone ‘piccio’, aprii gli occhi, le sorrisi.
‘Buon giorno Mara.’
‘Buon giorno, Piero’ ti ho portato il caff&egrave’ ma’ forse vuoi dormire ancora.’
‘No grazie. Mi serve proprio.’
Mi misi seduto e tesi la mano.
Si chinò per porgermi la tazzina. Tremava. Mi sfuggiva con gli occhi.
Cercò di sorridermi.
Dall’accappatoio si scorgeva il rigoglioso seno, e riuscii a vedere, forse lo immaginavo, il suo colore alabastrino e le piccole venuzze azzurre.
Mi accorsi che Mara era veramente bella.
‘Vieni qui, Mara, siedi un momento vicino a me’ gli altri, adesso, staranno alle prese con la pesca”
Sembrava impacciata. Sedette sul letto. L’apertura dell’accappatoio seguitava ad offrirmi l’incanto della sua attraente nudità. I lembi s’erano allontanati e le gambe, belle sode e ben tornite, si presentavano ai miei sguardi curiosi e, devo ammetterlo, licenziosi. Non so se fossero gli occhi a parlare a ‘piccio’ o ‘piccio’ ad indirizzare gli occhi. Comunque, quella vicinanza, quella visione, mi eccitava.
Mi allungai per poggiare la tazzina vuota sul comodino. Volutamente strusciando su lei, col braccio, ed aumentando l’apertura dell’accappatoio.
Perbacco, che tette, e che capezzoli. Li avrei addentati subito e ciucciati.
Lei sembrava come pietrificata.
La guardai con un sorrisetto che voleva apparire ingenuo.
‘Non avevo mai potuto constatare, Mara, così direttamente, la bellezza delle tue tette”
‘Ma che dici, Piero”
‘Non schernirti, tesoro, sono bellissime’ guarda”
Aprii decisamente il suo accappatoio, ed oltre il seno apparve la nudità del suo ventre, e il folto boschetto nero che ornava la congiuntura delle sue gambe.
La guardai con aria intenzionalmente estasiata.
‘Ma sei uno spettacolo, cognatina mia. Che sei bella lo sapevo, ma non immaginavo che lo fossi fino a tal punto.’
Sorrideva, impacciata, ma non accennava a ricoprirsi.
‘Piero, basta’ ci conosciamo da tanto tempo”
‘Si, &egrave vero’ ma non così’ ti sei nascosta per tutto questo tempo, cattiva’ alzati’ per favore”
Lei mi guardò senza muoversi.
‘Alzati in piedi, Mara’ ti prego”
Si mosse per alzarsi, io presi un lembo dell’accappatoio e lei, levandosi in piedi, rimase completamente nuda.
Allungai la mano, accesi tutte le luci, rimasi affascinato. Non riuscii a trattenere una esclamazione, certamente non elegante ma spontanea e significativa.
‘Perdio, che culo!… Scusa’ voglio dire, che fisico statuario, perfetto’ e chi era Venere, al tuo confronto!!!’
Scosse leggermente la testa.
‘Cosa mi fai fare, Piero’, adulatore, paragonarmi a Venere. A quale statua di Venere?’
‘Venere callipigia’.’
Sapevo che la sua conoscenza del greco le avrebbe fatto comprendere subito il complimento: ‘callipigia’, dal bel sedere!
‘Addirittura’ ma sei proprio lusingatore, starei per dire che sei un gran ruffiano.’
Intanto, mi ero alzato anche io, nudo come lei, e le ero vicino.
Le andai alle spalle, ‘piccio’ era veramente eccitato. Andò a piazzarsi, con naturalezza, tra quelle natiche portentose.
Le afferrai le tette.
‘Se pazzo, Piero’ pazzo del tutto’ ma come ti permetti”
Però non si allontanava.
Una mano la carezzò, dal petto al pube, s’intrufolò in quella siepe riccioluta, con decisione. Sentii l’umido della sua vagina. Un umido eccessivo per non essere frutto della sua eccitazione. E notai che respirava con affanno, deglutiva.
Mi allontanai un po’..
‘Ecco, bravo’ Piero’ bravo’ allontanati”
Ma non le feci finire la frase.
Mi misi davanti a lei. L’abbracciai stretta, sentendo il caldo promontorio del suo seno premere sul mio petto, la baciai quasi con furia, e riuscii ad entrare con la lingua tra le sue labbra. Sentii che rispondeva al mio bacio, che il suo pube si stringeva a me, armeggiai con la mano. Il pene stava penosamente schiacciato tra i nostri corpi. Lo afferrai, lo introdussi tra le sue gambe, tra quei ricci rigogliosi. Lei, senza che le nostre bocche si allontanassero, divaricò un po’ le gambe, mi piegai alquanto sui ginocchi, portai il glande all’ingresso della sua stillante vagina, e la penetrai, lentamente ma decisamente. Fino a quando non urtai col fondo del suo grembo. Rimasi così un istante. Le misi le mani sotto i glutei, la sollevai un po’, intrecciò le gambe dietro la mia schiena, e cominciammo una scopata impetuosa, sfrenata, che ci travolse sempre più, con lei che gemeva, si agitava’ non ce la facevo più, in quella posizione, la rovesciai sul letto, senza uscire da lei, e raggiungemmo il piacere nello stesso momento, lei squassata da un orgasmo sconvolgente, mentre io mi scaricavo nel suo grembo, con un fiotto caldo e violento, che non finiva mai, e che lei accolse con un lungo sospiro appagante.
Rimasi su lei, in lei. Sudati e ansanti.
Poi, mi rovesciai su un lato e le leccai le tette, i capezzoli, li ciucciai lentamente, mentre con una mano la carezzavo tra le gambe bagnate dei nostri umori.
Mi guardò con le nari frementi e gli occhi splendenti.
‘Siamo due pazzi, Piero’ due pazzi’ non dovevamo”
‘Sei meravigliosa, bambina mia, splendida’.’
‘Piccio’ stava riprendendo vigore.
Mi sdraiai, presi la sua mano, la portai sul mio petto.
Lei mi carezzò, scese in basso, incontrò quella nuova ed ancor più eccitata erezione.
Mi fissò.
‘Ancora?’
Annuii, senza parlare.
Si mise seduta sul mio pube, sostenendosi sulle ginocchia, si sollevò, prese il glande, e lo condusse al rorido ingresso della sua splendida e stretta vagina. Vi si impalò con voluttuosa lentezza. Le afferrai le tette, le sprimacciavo, pizzicavo i capezzoli, e sentivo le ripercussioni in lei, le meravigliose contrazioni, e andava mungendomi con sempre maggior bramosia, con la testa rovesciata indietro, gli occhi socchiusi, e il lungo gemito, sempre più affannoso e roco, che sortiva dalle sue labbra.
Quella volta il suo piacere sopraggiunse improvviso. Sembrava una valchiria sfrenata’
‘Piero’ Piero’ Piero’. Ooooooooooooooooh!’
E si abbatt&egrave su me, baciandomi freneticamente sul volto, sugli occhi, sulle labbra, mentre il suo grembo andava riempiendosi del mio seme, e le mie mani carezzavano il suo meraviglioso culetto.
Non saprei dire con esattezza quanto tempo passò, cosa facemmo.
Ad un certo momento fu lei a sorridermi.
Mi guardò con una strana espressione nel volto.
‘Siamo proprio due pazzi.’
‘Che meravigliosa follia, amore mio.’
‘Dobbiamo alzarci. Abbiamo disseminato tracce della nostra pazzia dappertutto’ devo togliere lenzuola, tutto. Mettere tutto in lavatrice!
Sei matto, tesoro, ed io più matta di te’ ma sei meraviglioso”
Si alzò, in tutto lo splendore della sua nudità.
Mi guardò. Con aria sbarazzina.
‘A me la pesca &egrave andata bene, &egrave stata miracolosa! Chissà agli altri!’
Mi fece cenno di alzarmi, raccolse lenzuola e federe, accappatoio, si avviò, indossando i soli sandali e sculettando deliziosamente, verso la porta. Ad un certo punto si voltò, guardò verso il mio basso ventre.
‘Ciao Piccio, ricordati della mia ‘rete.’
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