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Racconti erotici sull'Incesto

Storie di ordinaria follia. Il”baluba”

By 22 Gennaio 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Storie di ordinaria follia. Il ‘baluba’

Passeggiavo solitario lungo Via Mazzini, il salotto di V****a, cercando di ammazzare il freddo pomeriggio invernale che resisteva impavido alle lancette dell’orologio.
Una lunga teoria di lussuose boutiques mi accompagnava da ogni lato, in netto contrasto con la mercanzia adagiata su grandi tele di stoffa bianca che alcuni venditori ambulanti cercavano di piazzare ai passanti.
Trasecolai quando la coda dell’occhio catturò un particolare sorprendente che mi strappò dal corso dei pensieri.
Appoggiati al muro vidi un paio di pantaloni militari, un giubbotto di pelle e un berretto di lana gialla che rivestivano un colosso, un gigante nero che osservava la folla come un vigile sul suo trespolo osserva il traffico. Io, dall’alto (in questo caso meglio dire dal basso) del mio metro e novantacinque, ritornai bambino alzando gli occhi su quel bestione a cui arrivavo appena alle spalle, nello stesso modo in cui uno scolaretto scruta intimidito la maestra.
La sua pelle era d’un nero bluastro, solcata da segni profondi che mal s’accordavano con la sana gioventù che traspariva dagli occhi sorridenti.
-Ciao ‘mico !- , mi apostrofò vedendomi rallentare involontariamente il passo. ‘Tu vuoi CD ? Ochiali ‘Pucci”o olologio ‘Ralex’ ?’solo venti euro’- continuò con voce gutturale il gigante d’ebano, indicandomi il piccolo bazar che aveva allestito ai suoi piedi.
Mi fermai a pochi centimetri da lui, alzando gli occhi per guardarlo e assaporando la sensazione che gli altri provano solitamente guardando me.
Comprai un CD, e durante il mercanteggiare ch’&egrave d’obbligo in questi casi iniziammo a chiacchierare.
Mi raccontò, col suo italiano stentato ed irresistibile, che si chiamava Pierre, che era originario del Sudan e che da due anni sbarcava il lunario a quel modo bazzicando il centro di V****a.
-Ma apena po’ soldi- , mi disse con un vocione che ricordava Barry White , -tornare Sudan! Tornare da mia dona ! Io qui sempre solo’solo seghe !
Questa confessione pungolò la mia fantasia, che so essere malata ma proprio per questo terribilmente appagante. L’accecante scintilla del genio mi divampò nella mente, permettendomi di intuire i vantaggi sublimi che da quella situazione potevano derivarmi.
-Se vuoi io ce l’ho una donna per te’-, lo rincuorai battendogli su una spalla, con un sorriso mellifluo che dovette sembrargli quello d’un magnaccia che cerca di far rendere il suo capitale.
Mi fissava seriamente, lo sguardo un po’ ebete, cercando di capire se lo stessi sfottendo. Mai come in quel momento mi ricordò un personaggio di Conrad, di quelli imbarcati su un bastimento pericolante e sballottati tra notti brave in qualche bordello indiano e mirabolanti avventure nei mari tropicali.
-Io no putana…no soldi !- , mi rispose accigliato, fiutando l’imbroglio.
-No, no, niente puttane-, mi affrettai a chiarire io. ‘ E’ una bellissima donna invece. Non giovanissima, diciamo una cinquantina d’anni portati da dio ‘ma veramente bella, te l’assicuro. Se vuoi può essere tua.
-Tu prendere Pierre per il culo!
-No’ te l’ass’
-Io no crede, tu dare me putana, io no soldi’-, m’interruppe bruscamente.
Cavai dalla tasca dei pantaloni il portafogli, e gli mostrai la carta d’identità.
-Ecco, io abito a questo indirizzo,- gli dissi sorridente, indicandoglielo coll’indice. ‘Vieni domani sera verso le otto e vedrai, ci sarà da divertirsi. C’&egrave solo una cosa’voglio guardare mentre te la scopi. Sai, ho gusti un po’ strani’
-Oh, no problema se tu piace guardare , io venire lo stesso-, rispose grattandosi dubbioso la testa. ‘ Ma se &egrave scherzo io rompere tuo groso culo bianco, io fare lavoretto che poi girare con panolone per un mese !
Pensai che se l’apparato genito-urinario del favoloso negro era in proporzione al resto del corpo, la cosa sarebbe stata tutt’altro che raccomandabile.
In quel momento non invidiai per nulla la sorte che l’indomani sarebbe toccata alla cagna, mia madre Rebecca, che avrebbe dovuto soggiacere alle voglie represse del colossale africano.
-Allora d’accordo, a domani sera alle otto, in via S********a 45’ce la farai a trovarla?- gli chiesi, pronto ad andarmene.
-No preocupa ‘mico, se esere da scopare io trovare’io avere radar’-, sogghignò, abbagliandomi coi denti bianchissimi e indicandosi con un dito la patta dei pantaloni.
Lo salutai e me ne tornai a casa fischiettando, mentre nelle mutande il lupetto affamato ululava tutta la sua impazienza per il giorno seguente.

La sera successiva, alle otto in punto, il campanello della nostra villetta di periferia squillò.
– Va’ tu ad aprire, c’&egrave una sorpresa per te-, dissi a mia madre, che mi guardava incerta chiedendosi chi potesse essere a quell’ora.
Mio padre no di certo, visto che da una settimana si trovava in Francia per lavoro e non sarebbe tornato che alla fine del mese.
Quando si alzò dal divano pensai che Pierre poteva dirsi ben fortunato ad assaggiare un simile bocconcino, meritata ricompensa per gli anni difficili che stava vivendo nel nostro Paese.
Quella sera la cagna era bella più che mai nella sua elegante vestaglia di seta nera, con la pelle bianchissima delle caviglie, del collo sottile e del volto nobile splendente nel suo lucore e impreziosita dai lunghi capelli fulvi che come lingue di fuoco le ricadevano sulle spalle.
Appena aperta la porta di casa fece un balzo all’indietro, intimorita, come se la maniglia d’ottone fosse stata rovente.
Si volse verso di me con aria interrogativa, chiedendosi chi fosse l’energumeno che si stagliava sull’ingresso.
-Fallo entrare. E’ Pierre, un amico-, le ordinai.
Aprì completamente la porta ed il colosso, piegando leggermente il capo per non sbattere contro la volta, entrò in casa.
-Bonasera signora, io Pierre -, sorrise tendendo la mano a mia madre.
La cagna guardava me e lui alternativamente, quasi intontita, cercando di capire chi fosse e cosa volesse l’essere mastodontico che da solo quasi riempiva l’ingresso.
Strinse istintivamente la mano che le veniva porta, e la sua sembrava quella candida di una bimba racchiusa in quella d’un gorilla.
-Ciao ‘mico, tutto bene ?- , mi salutò Pierre vedendomi sul divano.
-Ciao Pierre-, risposi, alzandomi e raggiungendo i due.
-Lei &egrave la donna di cui ti parlavo ieri, mia madre Rebecca’che ne dici? Notevole vero? -, gli sussurrai ammiccante ad un orecchio, alzandomi in punta di piedi (sigh!).
-Mama? Come tua mama ?-, bofonchiò il ragazzo, sgranando gli occhi incredulo. ‘Tu prendere in giro Pierre, lei no può esere mama tua’
-Sì che lo &egrave invece, non vedi come ci somigliamo ! Se comunque per te ci sono problemi’
Fissò brevemente il mio viso e quello di mamma, e perplessità e stupore invasero la sua faccia a mano a mano che l’estrema somiglianza gli balzava agli occhi.
-Tu volere che io scopo tua mama’e tu guardare ?-, chiese infine, allibito.
-Uffh, quante storie, non la trovi forse bella ?
-Oh, tua mama molto bela. Sembrare principesa di Nord. Esere fata. Io volere lei’io grande scopatore, io fottere anche se figlio guardare, pas des problemes, no problema’-, farfugliò infine, senza staccarle gli occhi di dosso.
La cagna, che era rimasta ad ascoltarci in silenzio, sussultò sentendo cosa le veniva chiesto di fare.
-Ma amore, non vorrai che’-, iniziò a supplicarmi, terrorizzata e ormai prossima alle lacrime.
-Taci sgualdrina !-, ringhiai .- Tu fai quello che dico io! Voglio vederti scopare con lui, e cerca di lavorartelo bene anche, se non vuoi che m’incazzi sul serio !
Mamma , pungolata dalla voce del padrone, tornò immediatamente ad essere la mia cagna, la superba schiava sottomessa ad ogni mio desiderio. Abbassò gli occhi docilmente e si rassegnò al suo destino.
-Bene! Andiamo in camera da letto ed iniziamo subito la serata-, sbottai io, prendendo mia madre a braccetto ed accompagnandola nell’altra stanza. Il cucciolone di due metri e venti ci seguì con un sorriso ebete sul faccione scuro, già pregustando le delizie che quell’angelo diafano gli avrebbe procurato.
Appena fummo in camera mi gettai sul piccolo sofà accanto al letto.
-Fammi divertire, datti da fare col ‘baluba’-, ordinai alla ‘signora’, rifilandole un non molto tenero schiaffo sul sedere. ‘E tu Pierre falle tutto quello che ti pare, casomai ti fermo io, non ti preoccupare.
‘Se ci riesco’, pensai osservando il formidabile negro che se ne stava impalato in mezzo alla stanza, colla testa calva a pochi centimetri dal pesante lampadario di cristallo.
-Oh dona bianca, tu ciucciare cazzo di Pierre ora, io tanta voglia’-, ansimò avvicinandosi a mia madre.
La cagna si inginocchiò davanti a lui e, dopo aver slacciato la cintura, fece scivolare a terra i suoi pantaloni di cotonaccio, lisi ma pulitissimi.Già dal bozzo che deformava gli slip si poteva capire quale fosse il calibro del gigante d’ebano.
Ma quando mia madre tolse anche quelli, il mio sobbalzo sul divanetto non fu meno forte di quello che scosse lei.
Un arnese enorme, scuro come pece, si innalzò in tutta la sua imponenza, prodigiosa escrescenza carnosa che sembrava vivere di vita propria, succhiando la vita dell’organismo al quale era abbarbicata. Pareva una sorta di parassita alieno, uno strano rettile tropicale che riposasse su di un tronco annerito da un incendio.
Il mio lupetto affamato, che al confronto sembrava il gingillo d’un neonato, si rintanò affranto e intimidito nel buio della sua tana.
Mamma se ne stava immobile ad osservare quell’incredibile scettro di carne, terrorizzata ed affascinata insieme, quasi stesse a pochi centimetri da un serpente velenoso.
Si girò verso di me con occhi supplichevoli, e il suo era lo sguardo del condannato a morte che per l’ultima volta prega il giudice che lo può graziare.
La fissai con un’espressione feroce. Il mio silenzio fu più convincente di tante parole.
Avvicinò la bocca all’immenso glande color caff&egrave, grande quanto un pugno, e dischiuse le labbra.
Pierre le prese rudemente la testa fra le mani e mormorò : -Apri boca signora bela, io tanta voglia, io volere pompino’
Non appena tra le labbra di mamma intravide uno stretto pertugio, si esibì in un profondo colpo di reni, immergendo lo spaventoso manganello tra le fauci della cagna. Mia madre divenne violacea,poi cianotica, come se avesse cercato di ingoiare un braccio fino al gomito. Mi sembrava di assistere al trattamento riservato a certe oche per farle ingozzare e produrre fois gras in abbondanza.
La ‘signora’ non resistette a lungo alla verga superlativa che doveva arrivarle ai polmoni.
Si divincolò in qualche modo e iniziò a vomitare sul pavimento, sputando e tossendo senza ritegno.
-Vacci piano Pierre. Con quel coso che ti ritrovi tra le gambe me la strangoli-, dissi scoppiando a ridere, mentre il negro prendeva a masturbarsi furiosamente. ‘E tu datti da fare, ciucciaglielo per bene !
La cagna prese a leccare i grossi testicoli bruni, ingoiandoli a turno e massaggiandoli con la lingua. Risalì quindi lungo l’asta e arrivata alla sommità ne titillò con cura maniacale la punta violacea.
Pierre stava per impazzire.
-Ohhh’io morire’tu grande ciucciacazzi’-, bofonchiava ad occhi chiusi, accarezzando la fulva chioma di mia madre.
Finalmente la sgualdrina si decise a fare sul serio.
Ingoiò lentamente quello straordinario pezzo di carne, quell’incubo di trenta centimetri, cercando di farne sparire il più possibile nella bocca rovente.
Il gigante d’Africa le strinse il capo tra le mani ed iniziò a muovere il bacino avanti e indietro, con movimenti lenti e fluidi, prendendo a scoparla in gola con foga animalesca.
L’enorme fallo riusciva a penetrarvi solo per metà, ma già doveva arrivare all’imboccatura dell’esofago, a giudicare dai conati che stavano scuotendo la cagna e dai patetici tentativi che faceva per respirare tra un fendente e l’altro.
Oramai una piccola e lurida pozzanghera di vomito e saliva si era formata ai piedi dei due, ma Pierre continuava a dimenarsi come un tarantolato, la lingua di fuori e gli occhi fissi su mia madre, grugnendo parole incomprensibili.
Improvvisamente si fermò, togliendo il micidiale arnese dalla bocca martoriata di mamma.
Quest’ ultima prese a respirare convulsamente, trattenendo a stento il vomito e togliendo con le dita le lunghe bave luccicanti che ancora allacciavano le sue labbra all’insaziabile verga.
-Basta, basta’io quasi venire’tua mama tropo brava, tropo bela…io volere fottere lei !-, uggiolò Pierre.
Mi alzai dal divanetto e presi una scatola di preservativi dal cassetto del comodino.
Il formidabile negro nel frattempo si era già spogliato completamente, rivelando un fisico asciutto e levigato che celava, sotto la pelle bruna, muscoli guizzanti e poderosi.
-Tieni-, gli dissi, – metti uno di questi. Sai…non per sfiducia, ma non si sa mai’
E gli gettai i condoms.
-Oh, io no malato’io sano come pesce. Ma se tu volere io scopare con cappuccio, pas des problemes. Spero solo esere mia misura’io fare fatica trovare !
Non stentavo a credere che fosse sano come un pesce, e nemmeno che faticasse a trovare dei preservativi che si adattassero alla proboscide che si ritrovava tra le gambe.
-Se quelli sono troppo piccoli possiamo provare con la pellicola per alimenti’-, dissi tra le risa.
-Oh, io avere già provato’no buona, passare tutto’io quasi diventato papà !-, mi rispose seriamente, ennesima prova del fatto che a volte la realtà supera la fantasia.
-E tu che fai ? Spogliati, voglio vedervi scopare !-, sibilai alla sgualdrina.
L’angelo pallido che mi diede la vita slacciò la vestaglia, che cadde a terra con un leggero fruscio di seta. Il negro spalancò la bocca vedendo tanta grazia e sensualità a sua disposizione : mancava solo che una bava di saliva iniziasse a scorrergli lungo il mento.
-Dona bianca esere stupenda’tua mama favola, io diventare matto’-, balbettò.
Si avvicinò a lei e la prese tra le braccia, sollevandola con la stessa facilità con cui avrebbe alzato un gattino.
La posò delicatamente sul letto e cominciò ad accarezzarle i seni, massaggiando i capezzoli rosei e turgidi ed esplorando ogni anfratto della sua pelle morbida e setosa.
Ma la sua brama era troppo rabbiosa per potervi resistere a lungo.
Spalancò con brutalità le cosce della cagna puntando la terribile biscia, che il preservativo copriva solo a metà, all’imboccatura del suo sesso glabro e invitante.
-Con calma, o me la squarti !-, gli dissi con decisione, mentre toglievo i pantaloni della tuta ed iniziavo a masturbarmi piano.
-Io fare piano’io orsacchiotto’-, mugugnò Pierre, iniziando ad affondare nel ventre di mamma la sua verga degna d’un grizzly.
La ‘signora’ ne accolse una buona metà mugugnando piano, mentre le carni vermiglie che custodivano il suo sesso si dilatavano allo spasimo. Ma quando il colosso forzò ulteriormente il caldo nido che gli si opponeva, mia madre non poté trattenersi.
Urlò come non aveva mai fatto, squartata da quel maglio implacabile che lacerava ogni resistenza.
Pierre prese a possederla con maestria, esibendosi in affondi decisi e completi . Borbottava mezze frasi a denti stretti, mescolando italiano, francese e un oscuro linguaggio che doveva essere quello del suo Paese.
-Aaagghh…oh mon dieu, c’est la fin du monde’Abuka’nghe pataruk’tua mama &egrave favola’calda e streta come vergine di Sudan !-, grugniva il porco, intensificando la terribile cavalcata.
Mamma continuava a gridare come un’ossessa, soffocando lacrime e singhiozzi. Mi sembrava un capretto sacrificale immolato sull’altare del più perverso piacere filiale.
Il dolore che provava doveva essere devastante, e difatti lungo i glutei e le pallide cosce non tardarono a scorrere alcuni rivoli di sangue.
Per almeno un quarto d’ora il favoloso negro si abbuffò a quel modo con mia madre, il suo enorme corpo scuro e muscoloso che schiaffeggiava quello latteo e morbido di lei. Pareva che vita e morte, bene e male, paradiso e inferno se ne stessero avvinghiati su quel letto disfatto, sudati e tremanti.
Ad un tratto la cagna smise di latrare il suo dolore , restandosene immobile e silenziosa a subire i tremendi affondi del negro, come carne martoriata appesa al gancio d’un macello.
Pierre ebbe pietà di lei. O forse no, a giudicare da quello che mi chiese arrestandosi bruscamente.
-Oh’tua mama fantastica’io volere fottere lei in culo, potere ?
Stavo per rispondergli di no, persuaso che il suo affare avrebbe rischiato di farle male sul serio, quando il faccione dall’espressione supplichevole mi convinse a concederglielo.
-Okay, fa pure, ma non metterglielo dentro tutto o me la spacchi-, gli dissi.
Pierre uscì da quel pezzo di carne tormentata e la mise carponi sul letto, maneggiandola come se fosse una bambina.
Mi alzai e mi fiondai su di lui, trattenendolo per le spalle.
-Calma, calma’che me la vuoi ammazzare, povera donna ?- gli dissi tra il preoccupato e il divertito. -Aspetta un attimo, sta’ immobile e tieni a freno il pitone.
Corsi in bagno e rovistando nell’armadietto la trovai, viscida e profumata amica di tante avventure. Tornai in camera e la gettai a Pierre.
-Tieni, mettiti un po’ di questa sull’uccello !-, ordinai con tono che non ammetteva repliche.
Il negro iniziò a spalmarsi con cura la crema idratante sul manganello.
-Mettine, mettine, che tanto pago io !-, gli dissi ridendo, notando che risparmiava sul lubrificante.
-Amore, ti prego, non farglielo fare’questo mi ammazza’-, piagnucolò la cagna, guardandomi con occhi dolenti dopo aver osservato terrorizzata il devastante strumento di piacere.
A questo punto molti di voi avrebbero cambiato idea, lasciando che l’amore avesse la meglio sul piacere. Io no, e le rifilai un ceffone violento che lasciò un sigillo purpureo sulla candida pelle della guancia.
-Sta’ zitta ! Non ti permettere di esprimere desideri o di contraddirmi !-, ruggii, strattonandola per i capelli e penetrandola con uno sguardo di fuoco.
-E tu che fai ? Impalala, che aspetti !-, dissi stizzito al negro, che ci osservava a bocca aperta.
-Sì capo, io fottere mama tua’ma io avere mai visto cosa simile’io no credere’-, biascicò.
-Taci e scopa, non fare commenti
Il bestione avvicinò la verga allo sfintere di mia madre, che mi fissava col bel volto rigato dalle lacrime, quasi volesse dirmi ‘hai visto quello che faccio per te ? Questa &egrave la prova che sono tua, la tua lurida sgualdrina, come piace a te”.
Il bastone di carne si immerse lentamente nello stretto budello della cagna, che strepitava e singhiozzava come una partoriente nonostante fosse stato lubrificato in abbondanza.
-Oh dio, bagodi n’ke meruk’ suo culo &egrave belisimo’come mettere cazzo in forno di pane, streto e bolente !-, balbettò Pierre iniziando a muoversi vigorosamente dentro di lei. Le afferrò i seni, tenere e lattiginose colline di carne tiepida che danzavano davanti a me, e cominciò a impastarli con voluttà.
La cagna urlava senza nessun ritegno mentre la colossale verga affondava ritmicamente nelle sue viscere. Le cosce e il preservativo erano ormai ricoperti da un velo di sangue, che attraverso piccoli e lenti rivoli si raccoglieva sulle lenzuola.
-Rallenta porca puttana, e non sbatterglielo dentro tutto, ché me la sventri !-, ringhiai.
Il mio sguardo fu così cattivo e convincente che Pierre, strappato dal crogiolo di sensi in cui era immerso, diminuì il ritmo e la profondità della penetrazione.
-Scusa ‘mico, io tanta voglia’culo di tua mama &egrave fine di mondo, come scopare vergine di Sudan !-, mi disse col faccione contrito.
‘ E dai con ‘ste vergini del Sudan’, pensai. ‘Se sono tutti come lui, in Sudan di vergini devono essercene rimaste poche’
Frattanto quell’animalesco accoppiamento aveva aizzato il cane rabbioso che mi scalpitava tra le cosce. Il mio obelisco, dolorante e teso allo spasimo, era veramente poca cosa di fronte a quello da esposizione del formidabile negro.
Un po’ me ne vergognai, io che avevo sempre superato a pieni voti l’esame ‘doccia dopo la partita di calcetto’.
-Che ne dici Pierre se mi unisco anch’io alla combriccola ?-, gli chiesi, salendo ginocchioni sul letto.
Quel negro superlativo, che avrebbe accoppato un toro a scapaccioni, mi guardò come se stesse studiando una piattola.
-Io no metere in tuo culo, e neanche prendere’io no finocchio !-, esplose gonfiando il petto, punto sull’onore.
-Ma che hai capito, pisellone bruciato!-, scoppiai a ridere io. ‘Voglio solo divertirmi un po’ con la mia mammina’
Strattonai con rabbia i capelli della cagna e avvicinai la sua bocca al membro.
Non chiesi e non spiegai : lei sapeva come darmi piacere.
Ingoiò la verga fino alla radice, carezzandomi delicatamente con la lingua i testicoli gonfi. Presi a penetrarla con violenza in gola, mentre Pierre l’infilzava da dietro. Ben presto trovammo la giusta coordinazione, uscendo e riaffondando nel suo corpo simultaneamente, come una macchina ben oliata.
Mamma, impalata come un maialino da latte allo spiedo, si limitava a gemere piano tutta la sua sofferenza. Ma non osava distogliere i suoi occhi dai miei, sapendo che la cosa contribuiva ad accrescere il mio godimento.
E contribuiva ad accrescerlo anche il puzzo di sudore del negro, acre e pungente, che si mescolava al delicato aroma di vaniglia del corpo di mia madre.
-Oh, io stare per venire’io volere sborrare in boca tua mama’-, mugolò Pierre ad un tratto, abbandonandosi ai movimenti convulsi e involontari che precedono l’orgasmo.
-No ! In bocca a mia madre posso venire solo io, non t’azzardare ! Non lo permette neanche a mio padre’vieni sulla schiena, se vuoi !
Lasciò il ventre della cagna, si tolse rapidamente il preservativo e appoggiò l’arnese sulla sua schiena, i grossi testicoli che lambivano i glutei.
-Ohhh’aaggghhh’io godo’io sborro’akike’nghe babadi’-, urlò con un vocione che mi fece rabbrividire, quasi lo stessero sgozzando.
L’incredibile biscia sembrò prender vita mentre sputava il suo veleno viscido e biancastro. E ne aveva veleno arretrato da scaricare ! Almeno una decina di getti violenti e interminabili che riempirono la schiena della ‘signora’.
‘Cazzo che sborrata. Questo qui se va alla banca del seme lo fanno azionista di maggioranza”, pensai, desideroso d’imitarlo.
-Stringi le labbra, che voglio godere !-, mormorai a mamma, intensificando la penetrazione.
Pochi colpi veloci e profondi in quella calda guaina di carne mi bastarono.
Vi conficcai completamente il membro, coi testicoli che tamburellavano contro il suo mento, e anch’io raggiunsi l’estasi, l’effimero nirvana concesso anche ai non eletti.
Mamma ingoiò tutto il seme che le avevo donato, lasciando che la verga si ammosciasse nella sua bocca accogliente. Iniziò quindi a ripulirmela con la linguetta vorace, senza che le chiedessi nulla, mentre grosse lacrime scure di rimmel le solcavano il viso. La baciai, e il mio fu nuovamente il bacio affettuoso di un figlio devoto.

Pierre, dopo essersi ripulito e rivestito, riprese il suo inseparabile borsone e si avviò verso il portoncino d’ingresso.
-Oh, storia incredibile !-, disse voltandosi con un ampio sorriso. ‘ Io mai visto cosa così ! Mama e figlio scopare’e a quel modo. Io no credere se no vedere. Ma esere stato ecitante da matti ! Io volere rifare’quando rifare ?
-Aspettiamo un po’. Dalle il tempo di riprendersi, povera donna’me l’hai quasi ammazzata-, risposi guardando verso la porta socchiusa della camera, dove mia madre si stava ancora leccando le ferite.
-Va be’-, borbottò un po’ deluso,- tu sapere dove trovi me, quando volere ancora grosso cazzo africano originale. Tu fai fischio, io arrivare. Io deciso di aspettare tornare in Sudan, mia fidanzata no denti e no scopare fino a matrimonio’
Rovistò nel borsone di cuoio che conteneva tutti i suoi averi e mi ficcò tra le mani un paio di occhiali da sole.
-Ecco, questi esere ochiali di marca, esere ‘Pucci’. Prosima volta dare te olologio ‘Ralex’ o borsa ‘Guitton’ per tua mama’-, proseguì speranzoso.
Aprì la porta e dopo un rapido saluto se ne andò. Restai ad osservarlo mentre si allontanava nella fredda notte invernale spruzzata di neve, e gli augurai di essere baciato al più presto dal rovente sole d’Africa.

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