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Racconti Erotici

A volte un ex

By 10 Maggio 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

A volte un ex

 

 

 

Eccomi qui. A cena da Esteban. A un anno e mezzo dalla nostra rottura. E’ la sera del mio compleanno e lui ha cucinato per me. “E’ un suicidio cucinare pasta per un italiana, ma spero che ti piaccia”. Gli metto una mano sulla spalla e lo guardo con una finta espressione da antipatica. “Mah! …Se hai imparato qualcosa stando con me posso sperare di non vomitare..”

 

La familiarità della sua cucina, dove mi muovo come fosse la mia, il suo sguardo serio e gentile, che sento su di me quando sono voltata, il nostro muoverci allegro l’uno intorno all’altra. Questa complicità mi riscalda come il caldo sole primaverile che splende su questa splendida fine di giornata. Oggi compio ventotto anni. Avrei dovuto festeggiare a tutt’altra latitudine, ma la vita prende pieghe inaspettate e così questa sera sono qui, dove non avrei mai immaginato.

 

Mi sento rilassata, la presenza di Esteban mi rassicura e mi reinserisce in un ciclo che parte dal passato e arriva fino al futuro. Lui è sempre lo stesso. Solo un po’ più adulto e più muscoloso. Ma ha lo stesso profumo naturale di sempre, gli stessi movimenti felini e soprattutto gli stessi immancabili calzini bianchi che detestavo. Sono sicura che li ha messi per provocarmi. Ma adesso a vederli mi viene solo tenerezza. Mangiamo con tranquillità, parlando poco. Poi ci sediamo sul divano e mi metto a raccontargli dei miei progetti, delle mie amiche. Lui mi ascolta e mi guarda con un misto tra dolcezza e disagio. Raccontami Esteban, raccontami di te, delle tue paure, dei tuoi tormenti. E’ da così tanto che non parliamo davvero. Parlarti mi è mancato, mi è mancato il tuo capirmi senza sforzo, la tua sensibilità innata, la tua capacità di comprendere le emozioni più profonde del mio animo. Questo non glielo posso dire, ma lo guardo e spero che lui capisca. Raccontami, raccontami di te. D’un tratto inizia a parlare come un fiume in piena, mi fa partecipe di tutto un anno di vita vissuta lontano da me, le sue paure, le sue esperienze, le sue speculazioni. Io non ci sono nei suoi racconti, ma ci sono allo stesso tempo. Io sono il suo rimpianto, il suo vuoto, la sua assenza. Io che non sono più tornata quando lui si era finalmente deciso, io, stanca di aspettare che si decidesse a impegnarsi seriamente, mi ero innamorata di un altro. Tomas. Entrato nella mia vita come un tornado per prendersi tutto ciò che di buono e bello potevo donare per poi gettarmi via con il cuore spezzato, travolta dal suo non senso. Credo di essere finalmente guarita dalla mia ridicola ossessione per l’Amore. Amavo Esteban, amavo Tomas. La passione, la condivisione… l’Amore è stato folle e intenso, eppure adesso non sono rimaste neanche le ceneri in sua memoria. Solo qualche cicatrice ben nascosta dai miei sorrisi. Che senso ha l’Amore? Non ne ha proprio.

 

E adesso sono qui, con Esteban, seduta con le gambe incrociare sul suo comodo divano. Anche lui è nella mia stessa posizione. Chi ci vedesse non penserebbe mai che è da così tanto che non stiamo qui insieme. Lo so, lo so che se Tomas non mi avesse mollato in quel modo ora non sarei qui. Esteban non si sarebbe riavvicinato a me e io non lo avrei cercato per rispetto nei confronti di Tomas. Ma inutile pensare a tutto questo adesso, mentre sono qui. Mi sento bene, mi sento rilassata. Sto vivendo. Vedere che non tutto quello che ho vissuto nel passato è finito nell’immondizia mi conforta. Non è tutto schiacciato e buttato in uno scatolone informe sotto il letto come le cose che ho restituito a Tomas. C’è qualcosa che ancora vive e sa essere bello. Perché nulla dura? Perché la vita scorre in linea retta alla velocità della luce mentre io vorrei solo che arrestasse la sua folle corsa per entrare in una rassicurante circolarità dove la vita sia scandita da una dolce ripetizione? E allora sì, accontentiamoci di questo breve istante di pace e bellezza e viviamolo appieno, senza desiderare null’altro, senza aspettarci che possa durare più di un battito d’ali. Guardo Esteban e le lacrime mi scendono copiose sulle guance. Stavo bene con lui, eppure è finita; amavo Tomas ed ora non provo più nulla, se non sconcerto. Tutto ciò è troppo –troppo!- deprimente per essere espresso a parole. Esteban mi guarda e i suoi occhi diventano lucidi. “No, no” mi dice, e mi prende tra le sue braccia stringendomi forte a sé. So che mi capisce. So che mi ama ancora e so anche che è consapevole del fatto che non staremo mai più insieme. Io mi lascio trasportare da quell’abbraccio avvolgente e faccio mia quella sensazione, per serbarla nel futuro. Spero che tu non faccia mai nulla tale per cui non riesca più a far riaffiorare alla memoria i  nostri ricordi. Dopo quello che è successo, se potessi eliminerei quelli con Tomas come in quel film con  Jim Carrey. L’avermi privato della semplice purezza dei nostri ricordi è la cosa che gli rinfaccio di più. Erano la cosa più cara che avessi e adesso sono estranei al mio cuore, li sento come insudiciati, distorti.

 

Esteban, Esteban. Hai un profumo inebriante, mi metti le tue labbra sul collo, ti sento aspirare il mio profumo. Mi disacco. Ora vado, le amiche mi attendono al Groupie le fol per festeggiare insieme. Saremo otto, un bel numero contando che non sono nemmeno in patria. Le donne mi amano più degli uomini, rido io. Sono sempre più consapevole della presenza fisica di Esteban. Mi è bastato toccare la sua pelle e sentire il suo odore per lasciare il mondo astratto dell’intelletto e ritornare alle forme essenziali dell’essere umano. L’animalità. L’intelletto è sopravvalutato. E’ distruttivo. L’istinto invece preserva. Se lo avessi seguito già ad agosto mi sarei allontanata dalla forza distruttiva di Tomas. Però mi sono voluta convincere che sbagliava. Anche ora il mio istinto si scontra con la ragione. Per fortuna che ho le ragazze che mi attendono. Non ho scelta. Mi avvio alla porta e la apro. Io ed Esteban, gli occhi l’uno nell’altra, pieni di tutto quello che non ci siamo detti e che non ci possiamo dire. “Grazie”. Lo guardo e mi sporgo verso di lui, lo prendo tra le mie braccia e restiamo così, stretti l’uno nell’altra , per qualche lungo minuto. Non ha senso tutto ciò, non sono più innamorata, l’ultima cosa che vorrei è ritornare insieme a lui. Eppure ogni fibra del mio corpo vuole essere lì, desidera essere lì, e non vuole andarsene. Sento il suo corpo snello e muscoloso contro le mie curve morbide. Sento la sua mano forte accarezzarmi la schiena con dolcezza. Metto il naso sul suo collo e godo della senazione tattile di morbidezza e leggerezza che ne deriva. Il suo odore mi penetra nel cervello e fa scattare la parte incontrollabile di me. Con la presa ferma che lo contraddistingue Esteban mi distacca da lui, mi prende il viso tra le mani e mi da un bacio leggero sulla fronte, poi mi sorride. Io mi allontano e esco sul pianerottolo. “Grazie per la bella serata”, gli dico accarezzandogli la spalla e sorridendogli. Indugio un attimo a guardarlo, poi mi decido ed entro nell’ascensore. La porta si chiude. Mi lascio crollare contro la parete con un un sospiro. Sono accaldata. Sento i capezzoli turgidi ribellarsi al reggiseno e l’interno delle mutandine bagnato e caldo. Ho fatto bene a usare la testa. Avevo mille ragioni. L’istinto invece ne aveva solo una. Però ora come ora quella ragione mi sembra la più importante. Ritorno?

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