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abbandonata

By 13 Aprile 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Rimanere sola a 46 anni è stato uno shock per me. Mi chiamo Flavia, sono stata lasciata da mio marito dopo 20 anni di matrimonio, lui è scappato con una sua collega. Il bastardo mi ha lasciato senza niente, ha ritirato tutti i soldi in banca lasciandomi senza soldi e senza casa in quanto eravamo in affitto. Sono nel mio salotto, costretta dagli eventi a chiedere aiuto ai miei figli, alzo la cornetta, mi risponde Mario, il più grande : ‘Pronto?…’
‘Ciao Mario, sono tua madre..’
‘Mhh ‘ che vuoi ” mi risponde lui brusco. Il mio rapporto con i figli non è mai stato idilliaco. Tutti e due hanno ereditato dal padre il carattere scontroso ed autoritario. Negli anni trascorsi insieme abbiamo avuto diversi scontri e tutti finiti, grazie all’influenza del padre, con la mia sottomissione e l’accettazione del loro volere. Durante la loro adolescenza non ho mai ricevuto dai miei figli un aiuto, un gesto d’affetto. Sempre trattata come una serva, sistemavo i loro vestiti, rassettavo le loro stanze, tutti a comandarmi. Mi piange il cuore a sentire che le cose non sono cambiate anche se loro ora vivono da soli.
Mario e suo fratello Luca non hanno proseguito gli studi, sono andati via molto giovani da casa, entrambi hanno vissuto a Londra. A Roma, dove vivono ora, hanno aperto un tatoo center che immediatamente ha riscosso un enorme successo ed è uno dei più famosi nella capitale.
‘Hai saputo di tuo padre? Mi ha lasciato, ho bisogno d’aiuto, non ho dove stare, non ho i soldi per pagare l’affitto, si è portato via tutto..’, la lacrime mi bagnano le guance, sono terrorizzata dal futuro.
‘Embè ‘ vai a lavorare no?’, mi risponde lui secco.
Piango ora, singhiozzo pregando mio figlio di darmi una mano :’ Lo sai che non so fare niente oltre fare la madre e la moglie ‘ non trattarmi così, sono io che ti ho pulito il culo quando eri piccolo, sono io che ti ho cresciuto ‘ questo è il ringraziamento?’.
‘Va bene, non mi attaccare la pippa, non attacca..’, rimane in silenzio per uno o due secondi, il mio cuore batte forte nel petto.
‘Senti, io e Luca abbiamo un casino da fare, l’appartamento è enorme e ci servirebbe qualcuno che pulisca la casa, faccia la spesa ‘. tanto è quello che sai fare meglio no? Vieni da noi, ti faccio trovare la tua camera pronta, solo due cose voglio che siano chiare ”
‘Quali?’
‘Che tu non ti intrometta nei nostri affari e che non ci rompi le palle con la tua morale da donnetta di chiesa isterica, ci siamo capiti?’
‘Si ci siamo capiti Mario ”, tiro un sospiro di sollievo, almeno momentaneamente avrò un tetto sopra la testa, ” ci vediamo da voi nel pomeriggio’
Preparo le valigie, non riesco a smettere di piangere, sto lasciando quella che è stata la mia prigione per anni per un’altra che forse sarà ancora più dura ed umiliante. Mi faccio forza, penso che appena mi sarò sistemata andrò a cercare un lavoro, mi guadagnerò la mia libertà, farò in modo di non dipendere più da nessuno e da nulla.
Le mie cose entrano in un valigione giallo ocra, aspetto l’autobus che mi porta verso il centro. Ho lasciato le chiavi al portiere che mi ha ricambiato con la solita occhiata lasciva al decolté. Mio marito mi insultava sempre dicendomi che avevo una faccia ed un corpo da puttana ma che puttana non ero. Lui intendeva il sesso come un dovere, certe notti piangevo mentre lui si muoveva dentro di me riempendomi di oscenità verbali e fisiche. Il giorno dopo fuggivo in chiesa, il mio unico rifugio ad una vita di umiliazioni.
La mia devozione è sempre stata vista con disprezzo da mio marito e dai miei figli, giudicata una donnetta timorosa, paurosa. Quando tornavo dalla messa domenicale mi insultavano bestemmiando, accusandomi di volermi lavare l’anima con le preghiere.
L’autobus è pieno, i miei capelli neri e ricci sono sudati, li sento attaccati alla fronte, la camicetta a fiori aderisce umida alle mie forme. Mi faccio strada verso il centro della vettura. Un paio di extracomunitari di colore mi fissa il sedere, indosso una gonna beige lunga fin sotto le ginocchia ed un paio di scarpe nere a sandalo. Mi fermo davanti un vecchietto che mi guarda concupiscente il seno, una mano sulla valigia e l’altra a sorreggermi al palo che funge da sostegno.
L’autista corre, l’autobus sfreccia per i vicoli stretti del mio quartiere, gli scossoni mi fanno mancare la presa al sostegno, uno dei due extracomunitari mi sorregge, sento la sua mano toccarmi il seno, mi ricompongo immediatamente, rossa in viso.
Ora sono di nuovo in equilibrio, l’extracomunitario si avvicina a me, mi fissa negli occhi, la sua mano, nascosto dalla gente che affolla l’autovettura, mi sfiora le natiche. Evito di guardarlo, abbasso gli occhi sperando che se ne vada, lui si fa più audace. Il suo palmo aderisce al tessuto della gonna, muove le sue dita e stringe la mia carne, sobbalzo. Ora la carezza si fa oscena, scende tra le mie natiche, le massaggia avidamente tra l’indifferenza delle persone che sono sull’autobus. Il vecchietto seduto davanti a me, si gusta la scena col suo sguardo porcino, anche lui azzarda a un tocco.
Mi muovo brusca, sperando di far desistere i due molestatori. Non funziona, la mano del vecchio si posa sul mio ginocchio e sale verso l’interno della mia gonna, vorrei gridare ma mi vergogno troppo. Sento le dita del vecchietto viscide sulla mia pelle, carezza le mie cosce mentre l’altro continua a toccarmi il culo sempre più insistente.
Il vecchio ora è arrivato con le sue dita umidicce all’orlo delle mie mutandine, fa caldo, l’agitazione mi fa sudare, sento gocce umide che scivolano lente sul mio collo. L’extracomunitario mi sta alzando la gonna, il vecchio scosta il bordo delle mie mutandine. Mi mordo le labbra, guardo se qualcuno sta assistendo alla scena, in cerca d’aiuto. Nessuno guarda, tutti distratti nei loro problemi quotidiani.
L’extracomunitario tocca la mia pelle, lo sento insinuarsi tra le mie natiche, scostare il filo del perizoma, il suo dito tocca il mio buchino. Il vecchio tira osceno le mie grandi labbra, sudo tra le gambe, ho il cuore che batte all’impazzata, le dita lentamente si fanno strada verso il clitoride, lo stringe, mordo le labbra più forte.
Li sento penetrarmi nello stesso istante, vorrei urlare, vorrei farli smettere ma la mia educazione, la mia testa, la mia vergogna mi impediscono di farlo. Il vecchio infila le sue dita nella fica, le muove. L’extracomunitario mi entra con il dito medio nel culo, secco, doloroso, mi sento colare tra le gambe un liquido vischioso, mi sto bagnando.
Il vicino col cappello, un uomo dai capelli grigi che leggeva il giornale, ha intuito il movimento, aspetto la sua reazione. Mi tocca il seno invece di aiutarmi, guardo fuori dal finestrino, il tragitto è ancora lungo, sono immobile come quei cerbiatti che fissano i fari delle macchine nella notte. Mi cedono le gambe, la stimolazione delle dite degli sconosciuti mi sta facendo godere. Mi ripugna ma allo stesso tempo mi provoca brividi di piacere. L’extracomunitario infila un secondo dito nel mio culo. Mio marito durante il matrimonio aveva usato il mio secondo canale con violenza e molte volte. La prima volta piansi come una bambina, ricordo che il sangue macchiava le lenzuola. Ora le dita del nero scivolano facilmente nel piccolo pertugio, le muove avide mentre lo sento ansimare.
Intravedo la mia fermata, mi muovo di nuovo, afferro la valigia, li sento uscire da me, vedo la delusione nei loro occhi, mi avvicino all’uscita, i due extracomunitari si accodano.
Le porte dell’autobus si aprono. Scendo. I due ragazzi di colore sono sempre incollati a me.
‘Serve nà mano bella?’, mi dice uno di loro.
‘No, grazie’, rispondo io accelerando il passo.
Con un movimento fulmineo il più magro dei due mi sfila la valigia dalle mani.
‘Te la damo noi nà mano bella, seguice’.
Gli intimo di ridarmi la valigia ma quello va più veloce, la piazza dove ci troviamo è piena di persone che ignorano la scena, i portici sono gremiti di facce dalle nazionalità più disparate, cinesi, indiani, africani. Il vicino mercato rende ancora più caotica la situazione. Vedo il ragazzo di colore zigzagare fra i passanti, camminando frettolosamente con la mia valigia, verso una destinazione ignota.
‘Fermo dai’, grido io affannata.
Quello dietro di me mi risponde sarcastico :’tranquilla bella che te la ridamo la valigia, te stamo a dà n’aiuto’.
Vedo il ragazzo con la valigia entrare in un palazzo aprendo un pesante portone verde con i battenti color ottone.
Lo seguo, l’androne è scuro, la poca luce filtrata dalle finestre polverose illumina a malapena i muri dell’ambiente. Il ragazzo scende le scale per arrivare al pianerottolo del seminterrato. Nello spazio ci sono tre porte di un marrone scuro molto pesante, il rumore della piazza arriva ovattato fino a noi.
‘Ridammi la valigia ora, ti sei divertito abbastanza’, gli dico io pescando a piene mani nel mio ormai scarso coraggio, la mia voce è tremula dalla paura e dalla corsa.
‘nun se semo divertiti abbastanza bella, ma mò rimediamo’, mi risponde lui mettendo la valigia in un angolo. Il ragazzo dietro di me si avvicina e tira fuori un coltello a serramanico.
‘arzate la gonna’, mi fa il ragazzo della valigia, ‘sbrigate!’.
Obbedisco, terrorizzata dal coltello, alzo la gonna, le mie mutandine non coprono il pube, la mia fica è fuori dal tessuto dopo essere stata palpata sull’autobus, il mio inguine è bagnato dal sudore e dagli umori. Rimango a testa bassa mentre attendo la mossa dei due ragazzi, mi guardano ridendo, si gustano la scena, io rimango ferma, umiliata nella mia debolezza di donna sola, le mani a coprire la mia nudità.
‘Levate le mutande e mettite a pecora per terra’, intima quello col coltello.
Eseguo l’ordine dell’extracomunitario. Il pavimento è freddo e duro, sono carponi sulle mie ginocchia, col sedere esposto alla vista dei due ragazzi, ansimante dalla paura. Le loro mani si posano sulle mie natiche, dita callose da lavoro pesante frugano dentro di me, scostano la mia carne soffice.
‘Senti quant’è bagnata sta zoccola’, dice il magro mentre si sbottona i pantaloni, ‘pìamelo in bocca troia’.
Il cazzo del ragazzo è duro e lungo, la cappella rossa scivola tra le mie labbra, inizia a muoversi tenendomi per i capelli, spingendo il mio viso verso il suo sesso. L’altro, più robusto continua a frugarmi nell’ano, infila un dito, poi due, mi sputa sul buchino e poi ripete l’operazione, le sue dita scivolano nel mio orifizio.
Il ragazzo che mi infila il cazzo in gola continua ad incitarmi :’daje mignotta, succhialo tutto, ora con la lingua ‘. Daje ‘. Tira fori la lingua e leccame la cappella troiona ‘. Mhhhhh che pompinara che è questa’.
Le mani del ragazzo dietro di me mi afferrano le natiche, sento puntare verso il mio culo il suo cazzo, penetra dentro di me in un colpo violento, urlo, sento la carne dura del nero farsi largo nelle mie viscere, lo sento dimenarsi feroce nel mio culo. L’altro continua a scoparmi in bocca, il suo cazzo lungo mi arriva in gola, gemo, soffro ma un calore incontrollabile mi si accende nel ventre, mi bagno, sento la fica fradicia.
Quello dietro di me afferra le mie braccia e le porta dietro la mia schiena tenendole ferme, in gola ho il cazzo del suo amico che mi soffoca con colpi sempre più violenti.
‘Mhhhh, che culo, guarda quant’è largo, stà mignotta ne ha presi tanti di cazzi me sa ..’
‘Faje male ‘ sfondajelo de più, faje uscì er sangue a stà puttana’
Incitato dal suo amico il nero nel mio culo accelera i movimenti, sento il palo di carne sfondarmi dietro, scivolare sempre più in profondità.
Il primo mi viene in gola, ingoio a forza lo sperma viscido e salato mentre lui continua il suo movimento selvaggio tra le mie labbra :’dajjee ‘ si vengo zoccola ‘.. ingoia tutto’
Mi tira su il viso tirandomi i capelli, mi sputa mentre il suo cazzo continua a scoparmi in bocca, io piango, godo in silenzio, umiliata, scossa dalle sensazioni che provo, lacrime calde solcano le mie guance.
L’altro mi viene nel culo, sento lo schizzo caldo dentro di me, il porco viene urlando, animalesco. Continuo a piangere.
Mi lasciano nel sottoscala, sporca, in lacrime. Cerco di ricompormi, prendo la valigia e vado incontro alla mia nuova vita, un vita che all’inizio sarà dura, in balìa di due figli che non mi amano, in una situazione di assoluta dipendenza, ma ormai il fondo l’ho toccato, cosa ci può essere di peggio.

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Mi chiamo Flavia, sono stata abbandonata da mio marito ed ora sono costretta ad andare a vivere con i miei figli, due irriconoscenti che mi disprezzano e mi umiliano.
La disavventura con i due extracomunitari mi ha lasciato segni e lividi sulle gambe e sul viso. Mi incammino verso la palazzina dove vivono Marco e Luca, i miei figli. Salgo le scale, l’interno della palazzina è simile a quello dove mi hanno seviziato i due ragazzi di colore. Trattengo le lacrime, ormai sono abituata a trattenere il dolore, sento che mi sono avvicinata al punto di rottura, di non ritorno.
Suono il campanello, mi apre Marco, il più grande. Indossa una canottiera unta e sporca, mutande nello stesso stato, è scalzo e si sta pulendo i denti con il dito mignolo.
‘Entra ..’ mi dice in tono scocciato.
è ancora più muscoloso di quando è andato via di casa, i suoi avambracci sono coperti di tatuaggi, le sue spalle larghe ne sono completamente ricoperte.
La casa è enorme ed è enormemente sporca e disordinata, una pila di panni usati è ammonticchiata a lato di un divano rosso. Intravedo la cucina, piatti e pentole sono sparse alle rinfusa nel lavello, sul tavolo, sul frigorifero. In ogni angolo ci sono bottiglie di birra vuote buttate a terra.
‘Questa è camera tua’ mi indica Marco.
Più che una camera è un magazzino, la stanza è piccolissima, il letto singolo è sovrastato da vestiti maschili e sporchi. Quella che doveva essere una scrivania è diventata una pattumiera per cartacce e bottiglie vuote. Mi sento umiliata, ferita. Essere accolta in questo modo da mio figlio mi tormenta.
‘Dai ora, sistemati ed inizia a pulire questo porcile’
‘Dov’è Luca ora?’ chiedo io.
‘Sta in laboratorio, fra poco lo raggiungo, abbiamo un sacco di lavoro, comunque fatti cazzi tuoi, non iniziare a chiedere cose che non ti riguardano, stasera a cena ti diamo le regole’
Regole ! A 46 anni mi trovo a sottostare alle regole dettate dai miei figli, mi faccio coraggio e vado in bagno. Anche il bagno è lurido, tracce di muffa ovunque, asciugamani buttati a terra, un odore di sporco e umidità ovunque. Lavo via i segni della violenza subita, mi metto una tuta comoda e delle ciabattine. Quando esco Marco se ne è già andato. Inizio a rassettare la casa, mi fermo per pranzo, mangio una mela, l’ultima ancora buona in un cestino pieno di frutta marcia.
Sono alla quarta lavatrice, stendo i panni ovunque, lavo i pavimenti e butto gli innumerevoli sacchi della spazzatura, la casa sta tornando ad essere decente.
Sento la porta aprirsi, voci maschili : sono Luca e Marco; vado verso di loro, faccio per baciare Luca salutandolo ma lui mi scansa brutalmente. Ha tre anni meno di Marco ma è più alto anche se è magrissimo, si è fatto crescere la barba, indossa occhiali dalla montatura nera, una canottiera e dei jeans sdruciti. Mi guarda con disprezzo e mi dice :’come sei sciatta ‘ con la tua tuta da mercato di quart’ordine, non ti posso vedere così, mi vergogno di essere tuo figlio’.
Le lacrime mi sgorgano spontanee mentre sento Marco che ridacchia col fratello, sono crudeli, tali e quali al padre. Fuggo nella mia cameretta, che durante la giornata ho sistemato, mi butto sul letto a piangere, loro entrano nella stanza.
‘Che cazzo fai, ti metti a frignare, lo hai fatto per vent’anni, ci hai stufato, se vuoi stare qui non ti devi far sentire’ continua Marco guardandomi con disprezzo, il mio cuore si infrange in mille pezzi.
‘E poi ..’, fa Luca incalzandomi, ‘non sopporto le donne in tuta, fammi vedere gli stracci che ti sei portata dietro, non la voglio una madre sciatta in casa mia, guarda l’appartamento com’è pulito, mi fai fare brutta figura’.
Sghignazzano divertiti, io ho passato la giornata a sistemare casa ed ora si stanno prendendo gioco di me. Li guardo disgustata dalla loro cattiveria, loro non si scompongono, fermi sull’uscio con le braccia incrociate mi osservano divertiti.
Luca si fa avanti :’vediamo che fini capi d’abbigliamento abbiamo qua’, inizia a frugare nella valigia e nell’armadio. Butta a terra tutti i miei vestiti.
‘Levati la tuta’, mi intima Marco.
‘Ma come?’ balbetto io incredula.
‘Hai capito bene, togliti quella cazzo di tuta, non la vogliamo più vedere, vero Luca?’
Luca annuisce mentre continua a gettare sul pavimento i miei vestiti.
‘Se non ti levi quella cazzo di tuta te ne vai a dormire dove vuoi, tanto ce l’hai un’altra casa dove andare no?’
Sono dei bastardi, non sono i miei figli, due bestie aguzzine che si approfittano della situazione per una loro vendetta personale. Mi tolgo il giacchetto ed i pantaloni della comoda tuta che indosso, li getto a terra in un gesto di sfida, loro mi ridono in faccia :’ah ah ah che donna, hai visto com’è coraggiosa?’
Sono semivestita sul letto, in mutandine e canottierina leggera, i miei figli mi scrutano, Luca dice :’anche i calzini e la canottiera, su dai, svelta che voglio bruciare questi stracci’
‘Ma non ho niente da mettere ”, rispondo io spaventata dal gioco perverso che stanno facendo.
‘Sti cazzi, domani te li compriamo noi i vestiti ” mi risponde Marco ” certo dovrai pagarli con i tuoi servizi, ma comunque farai un bel lavoro’ conclude ridendo.
Tolgo i calzini e la canottiera, rimango col reggiseno e le mutandine.
‘Che lingerie da suora ‘ ‘ dice Luca, poi rivolto al fratello :’abbiamo ancora il completino dell’ultima zoccola che stava con te, quella che ci siamo fatti in due?’
‘Arianna? Si credo ‘ vado a vedere’
Marco sparisce mentre Luca ammonticchia tutti i miei vestiti ed esce dalla stanza. Rimango sola, con le mani cerco di coprirmi, che crudeltà è mai questa? Possibile che nella mia vita io abbia fatto così male da meritarmi questo trattamento?
Tornano, Marco mi porge un completo di pizzo nero, trasparente e minuscolo, guardo il tanga, praticamente è un triangolino minuscolo di stoffa con un filo sottile che dovrebbe coprire il mio sedere.
‘Dai non abbiamo tutta la serata, abbiamo fame, sbrigati a cambiarti e vai a cucinare, Marco ha comprato bistecche patate e birra, stasera si festeggia il tuo ritorno’ dice Luca seccamente.
Aspetto che se ne vadano, sfilo la mia biancheria ed indosso quel completo così estraneo a me, i peli del pube fuoriescono dal minuscolo triangolino, mi sento nuda. Il reggiseno è di una misura più piccola, i capezzoli escono dalle coppe, mi vergogno. Al momento non ho alternative, sono al verde, non ho una casa, non ho parenti con cui sono rimasta in contatto : durante il matrimonio mio marito mi ha fatto tagliare i ponti con tutti i miei parenti, dal giorno del matrimonio ho smesso di vedere tutti, una vita umiliante.
Esco dalla mia stanza, seminuda, scalza, fortunatamente ho lavato il pavimento penso tra me, entro in cucina, Marco e Luca mi danno un’occhiata veloce dal divano, dove sono seduti a scolarsi una birra.
‘Ecco brava, cucina svelta che abbiamo un ospite’ dice Marco.
‘Come un ospite? Non vedi come sono conciata? Siete pazzi?’ urlo io ormai sull’orlo del crollo.
‘E che fa?’ dice Luca ‘pensi che il nostro amico non abbia mai visto una donna? Non sei nemmeno questo granché!’
Ridono tra di loro, i bastardi frutti del mio ventre, ingoio la mia vergogna e l’umiliazione continua che sono costretta a subire. Inizio a cucinare, pelo le patate e le metto al forno, sono una brava cuoca, era il mio unico momento di svago durante gli anni di matrimonio, stappo una birra e mi siedo al tavolo della cucina, i pensieri turbinano nella mia mente, cerco una via di fuga, prometto a me stessa che domani andrò a cercare un lavoro, che mi rifarò una vita, tutto piuttosto che questa vita.
Luca si affaccia in cucina.
‘Che cazzo fai? Mica sei qui in vacanza! Svelta vieni a pulire in salotto, ci è cascata della birra sul pavimento, devi asciugare’
Non mi dà il tempo di replicare, rassegnata lascio la mia birra, ormai quasi finita, sul tavolo e prendo lo straccio. Loro sono svaccati sul divano guardando una partita di calcio. Mi vergogno a stare davanti a loro seminuda, in reggiseno e perizoma. Mi inginocchio sul pavimento, sento il freddo delle mattonelle sulla pelle, loro mi guardano il culo, oscenamente esposto, coperto solo dal minuscolo filo che si infila tra le mie natiche.
‘Hai capito mammina che culetto che si ritrova a quasi 50 anni?’ dice Marco sarcastico rivolto al fratello.
Luca annuisce sogghignando. Io continuo ad asciugare il pavimento dalla birra, sembra che l’abbiano gettata apposta, tutto il contenuto della bottiglia è a terra. Mi alzo dopo aver concluso :’ho finito, posso tornare in cucina o vi serve qualcos’altro?’
‘Vai, puoi anche bere ora, non ci finire le birre però, non vorrei che oltre ad essere una rompicoglioni diventi anche alcolizzata’
Torno in cucina, berrei tutta la birra del frigo se servisse a togliermi dall’anima il peso che mi affligge. Apro la seconda birra, la prima inizia a donarmi un leggero senso di stordimento, spero che la seconda lo acuisca.
Suonano alla porta : è il loro amico. Li sento parlottare, ridere sguaiatamente. All’ingresso della cucina si presenta un energumeno enorme, ciccione, con un completo di pelle ed anfibi. Indossa un gilet senza maglietta, la sua pelle è completamente tatuata, disegni osceni, donne con le gambe larghe, culi, simboli religiosi accostati a demoni e mostri deformi. La sua testa è completamente rasata e sfiora lo stipite della porta. Dei baffetti neri ed un pizzetto a punta rendono il suo viso leggermente luciferino.
è fermo sulla soglia, mi squadra e poi senza presentarsi mi dice :’prendi una birra, mi hanno detto Marco e Luca che sei la sguattera di casa’
Allibita ed intontita dalla birra mi giro verso il frigo, con la coda dell’occhio vedo il gigante squadrarmi il sedere. Gli porgo la birra, lui sorride e mi dice :’mhh non sei male, hai un bel culo’. Se ne va in salotto, li sento ridere tutti e tre, i miei figli e l’energumeno.
Metto sulla padella le bistecche, mi scolo la terza birra nel frattempo, l’alcol attutisce le mie sensazioni negative. Le bistecche sono cotte, li chiamo dopo aver apparecchiato. Si siedono. Nel momento in cui mi sto sedendo anche io Luca mi blocca :’che stai facendo?’
‘Mangio ” rispondo io seccata ‘o non ne ho il diritto?’
‘No, stai in piedi a fianco di Aldo, il nostro amico potrebbe avere bisogno di qualcosa, tu lo devi servire’
‘Ma ‘ ‘ non faccio in tempo a continuare, lo schiaffo di Marco mi colpisce in piena guancia, ridono. Lacrime di dolore solcano la guancia rossa e gonfia, come possono farmi questo, sono diventata il loro oggetto?
‘Muta, non ti azzardare a contraddirci, qui sei al nostro servizio, sei la nostra cameriera, la nostra sguattera, la nostra schiava, sei fortunata ad avere noi, capisci? Devi solo obbedire, obbedire e basta’ mi urla Marco, Luca e l’energumeno si gustano la scena.
In lacrime mi pongo a fianco di Aldo che in quel momento sta addentando la carne, la sua mano libera inizia a palparmi il sedere, nemmeno mi guarda, continua a parlare indifferente con i miei figli. Le sue dita ruvide premono contro le mie natiche, le carezzano maldestramente, scivola oltre il sottile filo del perizoma, sento la punta del suo dito spingere sul mio buchino, singhiozzo con gli occhi abbassati.
Il gigante beve birra dalla bottiglia, rutta mentre continua a palpeggiarmi, tengo le mani giunte all’altezza dell’inguine, la testa bassa, persa nella mia umiliazione, il mio cervello cerca una via di fuga, chiudo gli occhi aspettando che la situazione cessi, voglio solo andare a letto e dormire per dimenticare momentaneamente tutto quello che mi sta succedendo.
‘La troia ha delle belle tettone ” fa il gigante sorridendo beatamente verso i miei figli.
‘Già ‘ ‘ risponde Marco.
Luca interviene :’ fagliele vedere Mamma, tira giù le coppe del reggiseno’
‘No non voglio’ rispondo io, la mia voce esce debole e timorosa. Marco si alza dalla sedia, mi schiaffeggia ancora, uno schiaffo, due. Cado a terra, in ginocchio, piangendo.
‘Allora vuoi che ti faccia male vero?’ mi urla ancora contro mio figlio. Anche Luca si alza, mi prende per i capelli, gli strillo di fermarsi, ma lui avvicina il suo viso al mio.
‘Tu fai quello che ti diciamo altrimenti prima ti gonfiamo di botte e poi ti cacciamo fuori di casa’
‘Perché mi fate questo?’ singhiozzo mentre mi tiro giù il reggiseno scoprendo il mio seno. I capezzoli sono turgidi, loro se ne accorgono.
‘Allora gli piace’ fa Marco stringendone uno tra le dita, mi fa male ma la reazione è che il capezzolo si erge ancora di più.
Il gigante, che nel frattempo osservava la scena si alza, si mette a gambe divaricate di fronte a me. Sono ancora a terra, mi carezzo con le mani le guance doloranti. Posso guardare direttamente il tatuaggio sulla pelle tirata della pancia dell’energumeno, un diavolo cornuto che sodomizza una fanciulla giovanissima, la scritta sotto il disegno è eloquente :’fuck everyone’. Si sbottona il pantalone di pelle, si tira giù gli slip. Un mostro di carne rosa mi si para davanti gli occhi, il cazzo dell’uomo è enorme, non è eretto. Posso vedere ogni singola vena che attraversa la verga dell’energumeno, sbarro gli occhi quando lui mi tira per i capelli verso di lui.
‘Ingoia zoccola!’ mi incita, mentre la mia bocca rimane chiusa. Sento la cappella di quel cazzo mostruoso sulle mie labbra, me lo sbatte sulle guance sempre tirandomi per i capelli. Piango disperata, non voglio fare quello che mi chiede davanti i miei figli.
Marco e Luca incitano il gigante pelato, lo spronano :’Dai Aldo, spaccagli la bocca, faglielo ingoiare tutto quel cazzone ”, e poi rivolti a me :’ ‘ allora mammina, hai visto che bel birillo ha il nostro amico, su apri la boccuccia, altrimenti ti cominciamo a prendere a calci’
Apro la bocca, la carne dell’energumeno mi riempie, soffoco, lo sento muoversi, mi spinge la testa più a fondo, il cazzo mi arriva in gola, si sta indurendo, è enorme, non riesco a tenerlo, mi sfilo di forza, piango, lui mi tira i capelli e mi forza a riprenderlo in bocca. Il cazzo è totalmente duro, stento a farlo entrare, allargo la bocca il più possibile, ogni volta che mi scappa fuori l’energumeno mi tira di più i capelli verso di lui.
‘Vi prego, basta ‘. ‘, supplico io.
I miei figli mi guardano ridendo, non dicono nulla, si godono lo spettacolo seduti al tavolo, bevono birra, fumano.
Il cazzo enorme mi scivola fino alla gola, mi viene da vomitare, il gigante muove il suo palo su e giù, mi scopa furiosamente in bocca, rivoli di saliva mi colano ai lati delle labbra, vomito birra, lui spinge di più, mi tappa il naso, sento le lacrime che si mischiano alla saliva ed agli umori dell’uomo.
‘Ahhhh come ciuccia questa troia’, esclama il gigante guardando i miei figli.
Con la coda dell’occhio vedo Luca che tira fuori una bustina di polvere bianca, scosta la tovaglia e ne butta un po’ sul tavolo. Cocaina, i miei figli, i miei aguzzini, sniffano coca, ne offrono al gigante. Lui si sfila dalla mia bocca, io riprendo fiato, lui sniffa una striscia e poi si gira verso di me.
‘Mhhh piange’ ma ha la fica che gli cola ” , dice l’energumeno a Marco e Luca.
Mi tocco la fica, è vero, è bagnata, mi sento sporca, nonostante l’umiliazione e la ferocia di quello che mi stanno facendo il mio corpo reagisce in modo inaspettato, il solo toccarmi mi provoca un brivido.
Il gigante mi fa alzare a forza, mi piega sul tavolo, le mani dietro la schiena, i seni schiacciati sulla formica del tavolo, a pochi centimetri le strisce di coca e il viso di Luca che si avvicina al mio. Prende con le dita un po’ di polvere e me la mette sotto il naso. L’energumeno mi penetra da dietro, un dolora lancinante, urlo ed inspiro, aria e coca, mi sento soffocare. L’uomo mi scopa brutalmente, ad ogni colpo di reni il tavolo si muove di qualche centimetro. Luca mi fa respirare altra coca, la testa mi gira, il dolore è lancinante, Aldo mi tiene le natiche allargate e col pollice cerca di entrare nel mio culo, mi fa male, il ritmo dei suoi fianchi aumenta. Ormai ho perso il controllo del mio corpo, solo dolore e una foschia informe davanti gli occhi, piango, ma non c’è solo quello, nel mio ventre sento un calore irrefrenabile, sto godendo, mi chiedo per quale assurdo motivo quello che sto subendo mi debba provocare queste sensazioni.
Il pollice entra nel mio culo, sento l’uomo muoverlo, allargare il mio buchino, il suo palo di carne mi slabbra la fica con forza. Marco e Luca ridacchiano, mi pungono il seno con le forchette, mi fanno male ma, ad ogni nuova ondata di dolore, un piacere incontrollabile mi fa cedere le gambe, inizio a gemere, non posso fermarmi.
‘Ma la mammina gode?’ fa divertito Luca al fratello.
‘Eh si, mi sa che è una gran zoccola, vero mammina?’
Non gli rispondo, ora il mio ventre è in fiamme, il cazzone dell’uomo mi penetra a fondo, sento la fica colare liquida e calda, sto godendo, il cuore mi si spacca da quanto va veloce.
Il gigante urla, lo sento sfilarsi e sborrare tra le mie natiche, io resto inerte, tramortita sul tavolo, un filo di bava cola dalle mie labbra, l’orgasmo mi squassa le viscere, potente, silenzioso. Sono spaventata, dai miei figli, da quello che mi stanno facendo ed anche da me.
Marco si accende una sigaretta, mi si avvicina all’orecchio :’è solo l’inizio’.
Ho i brividi.
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All’indomani della visita del gigante pelato mi sveglio dolorante, il rapporto avuto con l’energumeno è stato violento, il seno mi fa male a causa delle punture infertemi dai miei figli con le forchette, posso vedere i segni rossi sulla mia pelle. In casa c’è silenzio, guardo l’orologio, sono le sette di mattina, è martedì, i miei figli dovrebbero essere fuori casa tutta la giornata per il lavoro allo studio. Mi vesto, o almeno, mi metto il reggiseno e le mutandine che i miei ‘aguzzini’ mi hanno concesso di mettermi .
In cucina preparo un caffè mentre la città si sveglia lentamente, guardo fuori dalla finestra, vite normali, problemi quotidiani, vorrei essere una di quelle persone. Decido che appena avrò dei vestiti andrò fuori, cercherò un lavoro, una sistemazione, decido che fuggirò da questa gabbia in cui i miei figli mi stanno costringendo.
Marco passa davanti la porta della cucina, mi vede, mugugna e si dirige verso il bagno, sento lo scroscio della sua urina, mi chiedo dove ho sbagliato con loro. Anche Luca è sveglio, si presenta in cucina nudo, faccio finta di niente, una situazione irreale, lui nudo ed io in mutandine e reggiseno. Gli chiedo quando avrò dei vestiti.
‘Stasera te li portiamo’ mi risponde seccamente.
‘Un altro giorno’, penso, e poi potrò uscire.
Luca beve il caffè e torna in camera sua, io rassetto la cucina dallo schifo lasciato la sera prima, le macchie di sperma sul pavimento mi ricordano la violenza subita, la brutalità dell’amplesso mi dà i brividi. Passo a pulire in salotto mentre i miei figli escono dalle loro rispettive stanze, Marco è al telefono, una conversazione concitata.
‘Te l’ho detto che ora i soldi non li ho, ma te li ridarò presto, ho per le mani un paio di occasioni ”, è visibilmente arrabbiato.
” no, certo che non ti voglio fregare ‘ no ‘ non fare cazzate ‘ pagherò te lo giuro ”, ora è spaventato, io continuo a pulire il pavimento, sembra che la birra se la siano tirata addosso, che porci.
‘Ok ‘ va bene ‘ a pranzo da noi, ci vediamo dopo’.
Marco riattacca, guarda Luca preoccupato, poi si rivolge a me :’a pranzo vengono un po’ di persone, fra poco ti porto dei vestiti, devi fare come dico io, intesi ?’
Annuisco, non dico nulla, finalmente dei vestiti, domani penso di fuggire, devo andare via da questo posto, ogni briciola di amore per i miei due figli è scomparsa, ora li vedo come i miei carcerieri, i miei aguzzini.
Escono, io continuo a sistemare la casa. Dopo un ora l’appartamento è tornato decente, mi faccio una doccia, un minimo di sollievo dopo due giorni pesantissimi, l’acqua calda carezza la mia pelle, flash sporadici del rapporto subito la sera prima mi tornano in mente, brividi profondi mi fanno accapponare la pelle, non capisco se sia disgusto o piacere, mi rifiuto di credere che ad una parte di me stessa quel tipo di violenza possa piacere. Mi asciugo con un telo pulito e me lo lascio addosso, mi siedo sul divano, la porta dell’appartamento si apre, è Luca.
‘Questo sono i vestiti, mettiteli ”
Butta sul divano una delle due buste che ha in mano, la apro. Tiro fuori un groviglio di pelle e catene, guardo mio figlio con un aria interrogativa, non capisco.
‘Che c’è? Te lo devi mettere, dai ‘ ‘, fa lui sbrigativo.
‘Ma sei matto? Cos’è questo?’
Luca mi raggiunge in un attimo, mi dà uno schiaffo che mi fa cadere a terra, inizio a piangere, lui mi afferra per il collo, stringe, sento l’aria mancare.
‘Non hai capito zoccola, devi fare quello che ti diciamo, ci servi vestita così, ora non mi fare perdere tempo, mettiti quella cosa e non rompere il cazzo’
Mi lascia il collo, mi rialzo singhiozzando, prendo il mucchietto di pelle e lo indosso. è simile ad ad un body, un collare di pelle mi cinge il collo, il ‘reggiseno’ è composto da due strisce di pelle che contornano il seno lasciandolo scoperto, dall’attaccatura delle coppe scende una striscia di pelle che passa sotto l’inguine e sale verso le spalle attaccandosi alla parte posteriore del collare. Praticamente nuda.
‘Daiii ‘.’, insiste Luca, ‘ci sono altre cose!’
Tiro fuori dalla busta un paio di scarpe di pelle con fasce di pelle alla caviglia ed alle dita, il tacco è altissimo, le indosso, barcollo rialzandomi.
Luca da dietro mi tira i capelli, me li stira e li lega in una coda di cavallo fermandoli con una striscia di pelle, è brusco, mi fa male, continuo a piangere coprendomi il seno.
‘Zitta puttana, è una vita che ti sento piangere, non ti sopporto più, ringraziaci piuttosto che frignare. Abbiamo visto ieri come ti bagni quando vieni scopata, fai la pudica ma sei una grande zoccola ”
Mi ferisce, mi spaventa, il ricordo dei miei liquidi caldi mi fa pensare che una parte di quello che dice sia la verità. Rimango in piedi, in attesa di Luca che rovista dentro la busta, tira fuori una corda.
‘Siediti sulla sedia ”, mi intima mio figlio.
Obbedisco, la sedia è larga, metallica, la spalliera rotonda è fredda al contatto con la mia pelle, Luca da dietro lega una fascia di pelle sui miei occhi, io respiro a fatica, ho paura. Sento mio figlio legarmi una corda ai polsi, lo stesso alle caviglie, io taccio, silente mi faccio trattare come una bambola. Stringe le corde, le mie mani sono legate dietro la spalliera, le mie gambe vengono divaricate, poggiate sui braccioli e fissate anch’esse con le corde, sono oscenamente esposta.
Luca armeggia di nuovo nella busta, il silenzio è pesante, interrotto dal mio ansimare. Sento un dolore fortissimo ai seni, delle pinzette metalliche vengono applicate ai miei capezzoli, il dolore è lancinante, urlo, un altro schiaffo, piango.
‘Mhh, ma lo sai che così non sei male?’ lo sento , è dinanzi a me.
Il rumore della zip è inconfondibile, si sta sfilando i pantaloni, io mi irrigidisco, non può farmi questo.
Sento la sua carne molle poggiarsi sulle mie labbra, tengo la bocca chiusa, continuo a piangere, inorridita da quello che mio figlio ha intenzione di fare. Le sue dita stringono forte il mio naso, non respiro, sono costretta ad aprire la bocca, il cazzo di Luca entra prepotente tra le mie labbra dischiuse, si gonfia nella mia bocca, prepotente.
‘Ingoia ” mi intima, ‘ ‘ ingoialo tutto, succhia il cazzo al tuo bambino’
Le lacrime scendono abbondanti mentre inizio a succhiare il cazzo di mio figlio, sono un brivido d’orrore, la mia mente non si capacita di quello che sta accadendo, nemmeno nei miei incubi peggiori avrei potuto pensare di essere usata da Luca in questo modo.
Si muove nella mia bocca, spinge fino in gola il suo cazzo, mi tiene per i capelli facendomi muovere la testa, schizza il suo seme caldo e viscido, sono costretta ad ingoiare.
‘Ahhh che bella svuotata, ci voleva dopo tutto questo stress. Ora vado, tu aspettaci’
Piango sommessamente, lo sperma mi cola dalle labbra, nessun rumore, sono legata in una posa oscena ad una sedia, non vedo vie di uscita, non so cosa mi aspetta. Le gambe iniziano ad intorpidirsi, non riesco a tenere il conto del tempo, sembra infinito.
Rumori alla porta, si apre, voci, tendo l’orecchio a cercare di capire chi è. Marco sta parlando calorosamente con qualcuno, i passi sono di alcune persone, non sono solo due, il cuore impazzisce nel petto, le gambe e le braccia mi fanno male, aspetto di essere liberata.
‘Ecco quello che ti dicevo ‘.’ Sento dire Marco mentre entra in soggiorno, dove sono legata.
” questa è la nostra mammina, pensavamo che ti avrebbe fatto piacere un piccolo ‘ presente’
Passi che si avvicinano a me, sento il fiato di qualcuno su di me, sa di aglio e vino, il silenzio è insopportabile, non oso parlare.
La catenella che lega le due pinze attaccate ai miei capezzoli viene tirata forte, strillo. Uno schiaffo mi colpisce forte, smetto di urlare, la catenella viene tirata di nuovo, non urlo.
‘Mhh impara presto eh?’ sento dire a qualcuno dall’accento straniero.
‘Abdul, Gizmo venite a vedere’
Altri passi, le mani sul mio corpo si moltiplicano, tirano la catenella, fitte indescrivibili torturano i miei capezzoli, mi infilano le dita in bocca, pizzicano il mio seno, urlo ancora ed ancora mi schiaffeggiano, inizio a piangere.
‘Mettiglielo in bocca Abdul, vediamo se è brava ”
Per l’ennesima volta vengo costretta ad allargare le labbra per ricevere il cazzo di qualcuno che non conosco, il palo di carne dello sconosciuto mi scivola in bocca, duro, il suo odore pungente giunge alle mie narici dilatate dalla respirazione affannata, si muove nella mia bocca, è lunghissimo, la cappella mi arriva in gola, mi viene da vomitare.
‘Povera ” sento fare all’uomo che dà gli ordini, ” la stai facendo soffrire.
Qualcuno sta tirando le pinze attaccate ai miei capezzoli, le stringe, le gira, le tira, il mio seno è dolorante ma sento che qualcosa sta succedendo in me, ad ogni fitta di dolore la mia fica pulsa, reagisce, si bagna come affamata di sensazioni forti, non capisco cosa mi sta succedendo, una parte di me è inorridita da quello che mi sta succedendo, l’altra, quella nascosta sta uscendo fuori, si mostra in tutta la sua irrefrenabile fame di stimoli.
La scudisciata mi colpisce all’improvviso, sul seno, rumore di cuoio sulla mia pelle, urlo, con il cazzo in fondo alla gola, mi strozzo, l’uomo attaccato a quel cazzo mi tira per i capelli.
‘Ti strozzo troia, succhialo per bene’
Ansimo, la seconda scudisciata è più forte della prima, delle dita tirano le mie grandi labbra, si insinuano nella mia natura.
‘Ma la zoccola è bagnata!’
Sento Marco e Luca ridere di gusto.
‘La mamma è veramente una puttana libidinosa, anni ed anni ad andare in chiesa e guardala, pronta a farsi scopare come una cagna ”
Luca ha ragione, il desiderio che prima era appena accennato ora sta montando, inizio a muovere il bacino, la mia parte irrazionale sta prendendo il sopravvento. Non parlo, un altro colpo del frustino, sulla fica, urlo, dopo il dolore arriva il piacere dell’assenza, altro colpo, ingoio più a fondo il cazzo dello sconosciuto, ora sono io che muovo la testa a fagocitare quella massa di carne pulsante.
Un altro cazzo si poggia sulle mie labbra, vogliono che ne prenda due in bocca, allargo la bocca, li sento forzare per entrare entrambi, la mia lingua si muove furiosa sulle loro cappelle umide.
‘mhh brava ‘ ingoiali tutti e due’
Il frustino continua a colpirmi, il seno, il clitoride, le mie gambe, ormai insensibili, sono divaricate ad offrire la mia fica agli sconosciuti, sto godendo, ormai ho perso il senso della realtà, sono una nocciolo di piacere perverso al centro del mio essere.
Sento delle dita penetrarmi, gemo mentre succhio, ormai senza freni, i cazzi dei due sconosciuti. Le dita si muovono dentro di me, aumentano di numero, una, due , tre ‘ fremo.
‘Sleghiamola’.’ Sento suggerire Luca.
Vengo liberata, mi fanno alzare ma le gambe non mi reggono, mi legano le mani, forte, dietro la schiena, mi liberano gli occhi, stento un pochino a mettere a fuoco, mi adagiano sul divano.
Sono tre uomini di colore, alti, muscolosi, due di loro hanno una barba lunga e folta, il terzo sembra un ragazzino, li sento chiamarlo Gizmo, è come se un altra me stia vivendo questa esperienza.
Gizmo ha un cazzo mostruoso, è eretto, enorme, minaccioso. Le braccia legate mi fanno male, mi sdraiano sul divano mentre Gizmo mi allarga le gambe, violento mi penetra, urlo, un filo di bava cola dalle mie labbra, la mia fica cola, slabbrata da quell’ammasso di carne duro.
Gli altri due continuano a scoparmi in bocca, sto godendo, sono allibita da questa pensiero ma il piacere mi squassa lo stomaco, la mia fica è grondante di umori.
Mi girano, mi fanno piegare sulle ginocchia, vedo uno dei due con la barba prendere il frustino nero, in cima vi è una linguetta di pelle rigida, altre mani mi allargano le natiche, li sento sputare sul mio buchino, alzo gli occhi, Marco e Luca si stanno masturbando, i miei figli stanno godendo vedendo la madre scopata come una cagna, mi eccito ancora di più, non sono più la loro madre, o almeno, lo sono ed allo stesso tempo sono una femmina golosa di emozioni, il torbido della scena dei cazzi dei miei ragazzi duri ed eccitati per me mi fa sentire troia.
Il frustino colpisce forte tra le mie natiche, il dolore è intenso, la lingua di uno degli uomini ci passa sopra alleviando il mio dolore, godo. Un’altra scudisciata ed un’altra leccata, impazzisco. Marco mi porge il suo cazzo duro, lo guardo ed apro la bocca invitandolo con gli occhi ad entrare tra le mie labbra. Lo succhio, aspiro forte, lui mi tira i capelli facendomi male, ma ormai il male è relativo, è piacere, il piacere del dolore.
Ad ogni scudisciata grido sfilandomi il cazzo dalle labbra, vedo fili di umori e bava, vedo la sua cappella lucida e bagnata, me lo spinge fino in gola, sempre tirandomi per i capelli.
Gizmo mi sta infilando le sue dita nel culo, mi fa malissimo, lo sento allargare la mia carne morbida, sputa sul suo cazzo e penetra nel mio sfintere dolorante. Urlo ancora, incurante lui inizia a muoversi nel mio culo, ad ogni colpo il cazzo penetra più a fondo. Luca si unisce al fratello, li lecco come una zoccola impazzita, anche gli altri due ragazzi si uniscono ai miei figli, passo da una cazzo all’altro, succhiando, leccando, ingoiando. Le mie cosce sono fradice dagli umori che colano dalla fica, Gizmo mi scopa furiosamente nel culo, più scivola dentro di me più godo, un godimento misto a dolore, vengo schizzando i miei umori in un getto viscido e caldo.
Gizmo mi viene sulla schiena, lo sento schizzare abbondantemente il suo liquido vischioso, io sono persa nel mio orgasmo. Gizmo viene rimpiazzato da Luca, ormai il mio buchino è oscenamente largo, scivola in me con facilità, sento i suoi colpi di reni potenti sfondarmi il culo, continuo a godere spampinando gli altri, assaporo il cazzo di Gizmo, asciugo lo sperma colante dal sua cazzo enorme, Luca mi schizza dentro, godo di nuovo, in una serie ininterrotta di orgasmi. A turni mi entrano tutti nel culo, mi scopano mentre ormai io giaccio inerte sul divano, in una estasi di dolore, piacere e sottomissione, mi sento la loro cagna, voglio essere la loro cagna.
Hanno concluso tutti, dalle mie natiche cola il loro sperma, l’odore nella stanza è forte, mi fa fremere di nuovo, mi sento ancora eccitata, insaziabile.
Gizmo mi tira su la testa con la mano :’apri la bocca’ mi ordina.
Io obbedisco, non ne ho abbastanza.
Mi urina in bocca, ingoio la sua pipì, voglio essere la sua squallida latrina, la sua troia da violare, gli altri si accodano, mi pisciano in bocca, sul corpo, Luca mi allarga le natiche e dirige il suo getto caldo nel mio culo, vengo nuovamente gridando. Godo come una puttana e penso :’magari non me ne vado domani, aspetterò qualche giorno’.
Fine.

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