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AL CINEMA DA SOLA

By 3 Febbraio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

AL CINEMA DA SOLA

‘No, no e poi no’. Ero sola in casa e stavo lottando contro il mio desiderio di uscire: avevo voglia di sesso, e l’idea era di uscire a cercarmi un cazzo in giro.
Ma avevo da studiare, mancavano pochissimi giorni all’esame di matematica e io non avevo fatto granch&egrave. In più, le maledette dispense erano ancora lì: non ero più tornata allo sportello di sostegno agli studenti, temendo di ritrovarci lo ‘scopatore folle’ di quella sera.
Tentai di concentrarmi di testa sul libro ma non c’era nulla da fare: la mia fica pulsava e mi chiamava, pretendendo il suo piacere.
Uscii: non avevo idea di dove andarmi a cercare un amante! Mi misi in macchina e gironzolai un po’ per la città. Casualmente uscii dal centro e mi ritrovai nella zona periferica, nei pressi del centro commerciale. E all’improvviso, nella mia perversione, ebbi un lampo: il cinema multisala!
Avrei cercato lì la mia scopata per quella sera. E chissà, magari ci guadagnavo anche un bel filmetto porno.
Parcheggiai. Entrai e alla cassiera del multisala, un po’ scandalizzata, chiesi un biglietto per ‘Casalinghe vogliose’, in sala 9.
Entrai e mi sedetti. Erano le 20.15 e quindi il film era già iniziato; nel cinema c’era parecchia gente. soprattutto coppie, mi accorsi nel buio. Ma c’era anche qualcuno da solo. Giovane, speravo, e soprattutto pulito.
Io comunque decisi di sedermi da sola, scegliendo un posto in fondo alla sala, all’estremità destra della fila. Mentre camminavo per raggiungere la mia sedia, tossicchiai un po’, giusto per far notare la mia presenza agli uomini soli che erano lì.
Molti, infatti, si voltarono a guardarmi, e anche quando presi posto, notai che in tanti si giravano incuriositi.
La pellicola era banalissima: diverse storie di casalinghe che, a casa, se la facevano con uomini vari: il salumiere che aveva portato loro la spesa a domicilio, l’idraulico che riparava i rubinetti, il vicino di casa entrato per chiedere un po’ di zucchero.
I minuti passavano: il primo tempo era quasi finito, ma io ero ancora seduta da sola, e il peggio era che le immagini pornografiche del film mi avevano eccitata moltissimo.
Quando si accese la luce dell’intervallo, praticamente tutti i presenti mi guardavano, fra il divertito e lo scandalizzato. Notai una coppia sui trent’anni, due file davanti a me, che parlottava guardandomi e ridacchiava; tre uomini di mezz’età, dal lato opposto al mio, mi fissavano in silenzio. Ero imbarazzata, così finsi di mandare un messaggio dal cellulare, per poter tenere gli occhi bassi, fissi sullo schermo.
L’inizio del secondo tempo fu una liberazione. Sullo schermo, passavano le immagini di una giovane e procace casalinga bionda che tornava a casa con le sporte cariche di spesa e sulle scale trovava il migliore amico di suo figlio, e ovviamente tra i due succedeva di tutto.
Ero molto presa dalla storia, direi quasi coinvolta, così mi disinteressai di quel che mi accadeva intorno.
Così, quando la donna, stesa sul tavolo da cucina, venne inculata dal ragazzetto protagonista della storia, sentii una voce suadente accanto a me che mi sussurrò: ‘E tu, ti faresti inculare così?’. Tremai, e restai immobile. Era una voce abbastanza giovane, calda, ma non riuscivo a vedere il suo proprietario. Nel buio, la sua sagoma dai contorni netti lasciava intuire che si trattasse di una persona dal fisico muscoloso, con tratti del viso che rivelavano un’età tra i 20 e i 30 anni, e comunque molto regolari. Sorrisi, nel buio, poi risposi: ‘No, inculare no, non me lo farei mai fare da nessuno’.
Il mio ormai vicino di sedia ridacchiò e riprese: ‘E che ti faresti fare?’
‘Tutto’, replicai io.
Ci fu silenzio. Poi l’uomo mi prese la mano e se la portò al pene, che già sotto il jeans sembrava lungo e ben teso. ‘Complimenti ‘ gli sussurrai in un orecchio ‘ hai proprio un cazzo da competizione, perfino sotto i vestiti. Me ne daresti un po’?’
Lui non se lo fece ripetere due volte: lo tirò fuori e me lo mise in mano.
Restai ammutolita, incapace di dire o fare nulla: solo, mi impressionava questo pesante oggetto di carne nelle mie mani. Ma lui fu rapido a non farmi avere ripensamenti: con un colpo secco mi sollevò la gonna e mi poggiò le mani sul sesso. Non mi toccò: fu piuttosto il suo giocare con troppa rapidità a mettermi un po’ di angoscia.
Ma, vista la mia non-resistenza, l’uomo insinuò la mano sotto l’elastico della mutandine e mi penetrò con un dito. Si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò: ‘Fammi una sega’.
Ero come ipnotizzata. Mi rendevo conto che non era quello che volevo, essere trascinata con tanta immediatezza in questo gioco. Avrei voluto’cosa? Chissà. Forse qualcuno che mi si avvicinasse con dolcezza, mi accarezzasse i capelli, mi stuzzicasse sfiorandomi con leggerezza e solo dopo, quando magari già bruciavo di desiderio, passasse al dunque.
Invece quest’uomo che nel buio mi toccava così intimamente, senza aspettare che fossi pronta, senza parlare, senza farmi una carezza preparatoria’era una delusione.
Ancora una volta mi accorgevo che la ricerca di sesso occasionale poteva rappresentare un rischio: anzi, ero fin troppo fortunata ad aver trovato finora uomini che non ne approfittavano troppo. Piuttosto, solo uomini frettolosi, che non sapevano aspettare, che non avevano voglia di attardarsi. O, semplicemente, uomini attenti solo al proprio piacere, e non al mio.
Ma d’altronde, cosa pretendevo? Non erano miei amanti. Non li conoscevo neppure. Come mi veniva in mente che qualcuno di loro potesse preoccuparsi di me?
Prendiamo quest’uomo, ad esempio: chi era? Di lui cosa sapevo? Che faccia aveva? Qual era la sua età? Di che colore aveva gli occhi? Non sapevo nulla di lui: era solo una sagoma indistinta accanto a me, che mi stava facendo un forsennato ditalino senza rendersi conto che mi graffiava la fica, perché ero più asciutta che mai, e al quale io stavo facendo una sega niente male, visto che lui era eccitato come un cavallo.
Masturbava e masturbava, spingendo sempre più a fondo il suo dito dentro di me, facendomi male. non ne potevo più, così, pur di staccarlo da me, gli mormorai in un orecchio. ‘Voglio prendertelo in bocca. Ci stai?’. Non se lo fece ripetere. Mi tolse le dita dalla fica ‘ finalmente!-, mi afferrò per i capelli e mi tirò la testa in grembo.
Mi ritrovai con il suo pene in bocca: non era grosso ma molto lungo, e quasi mi soffocava. Nuovamente mi pentivo di quella iniziativa: ma che mi era venuto in mente, andarmi a cercare un uomo così, in un cinema porno? Ma ero impazzita? Non ebbi il modo di pensare ancora: mi resi invece conto che la cosa migliore era darmi da fare, per portare lo sconosciuto all’orgasmo e liberarmi al più presto da lui, che ora mi schiacciava su di sé, premendomi la schiena e le spalle sul suo ventre.
Mi sollevai leggermente, gli afferrai saldamente il cazzo alla base e cominciai a fargli una pompa velocissima. Lo masturbavo, tirando su e giù la pelle, rapidissima, mentre gli succhiavo la cappella e gliela titillavo con la lingua.
Lui ansimava e sbuffava, mentre si contorceva sulla sedia. Avvertii le sue palle che si indurivano, mentre salivano verso l’alto. Contemporaneamente, il pene, ormai lunghissimo, mi sbatt&egrave sulle tonsille, provocandomi una atroce sensazione di soffocamento. Succhiai più forte che potevo, aumentando ancora il ritmo della sega: l’uomo mi venne in bocca all’improvviso, dando un poderoso colpo di reni. Il suo sperma caldo mi inondò la bocca. Fu una sensazione stranissima: un sapore sconosciuto, piuttosto sgradevole, a metà tra la candeggina e la cipolla.
Mi sollevai e mi pulii la bocca. Non vedevo l’ora di uscire da lì, adesso. Ero disgustata. Da quell’uomo, ma soprattutto da me stessa.
Sullo schermo scorrevano le immagini di una ragazza che stava scopando con due uomini contemporaneamente. Che fantasia!
L’uomo accanto a me aveva preso un fazzolettino di carta dalla tasca e si stava pulendo il pene. Quando ebbe finito, lo ripose con cura nello slip, come una cosa preziosa. Il suo gesto mi fece riflettere: lui, che era un uomo, aveva tutta quell’attenzione, quella delicatezza, per il suo cazzo. Era come se’ lo rispettasse. E io? Io avevo rispetto della mia fica? Ero attenta verso di lei, ero gentile, pretendevo che anche gli altri la trattassero con gentilezza? Per un attimo mi vergognai della mia promiscuità.
L’uomo intanto aveva chiuso il suo tesoro nei jeans; si rivolse verso di me, rimettendomi di nuovo le mani sotto le mutandine. ‘Tu non hai goduto ‘ disse ‘ che faccio, continuo a fottertela?’
Il suo ‘romanticismo’ non ebbe l’effetto sperato. Infastidita, mi alzai, presi la borsa e uscii di corsa dalla sala.

Gioialuna

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