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Capezzolo retratto 04

By 11 Maggio 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Capezzolo retratto 04

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Un consiglio, leggete prima i capitoli precedenti.
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La vacanza al mare
Capitolo 4

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Questo è un racconto erotico e di fantasia. Ha delle basi scientifiche, ma che non si sostituisce al vero problema cui demando, a chi soffre veramente di questa patologia, di recarsi dal proprio medico di fiducia e di non fermarsi al primo consulto medico.

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Quella mattina quando mi fece la domanda, rimasi con la bocca aperta con il caffè che mi scendeva di traverso nella gola.
‘Che ne dici se ci prendiamo due giorni di ferie a Pasqua? C’è ne andiamo al mare. Vuoi?’

Non sapevo che rispondere ed ero incredula, ma dopo aver tossito e rovesciato tutto ciò che era in tavola, con le lacrime agli occhi, gli risposi balbettando che mi sarebbe piaciuto moltissimo. Lo abbracciai e lo baciai con trasporto. Solo successivamente divenni paonazza nel ricordare che lo avevo baciato in bocca. Non l’avevo fatto apposta. Era accaduto per via della gioia e per la contentezza.

Chiedere il permesso al lavoro non fu facile come credevo, ma alla fine mi concessero i giorni di ferie e le due settimane che ci separavano prima di partire furono veramente lunghe.
Preparato lo zaino con giusto lo stretto necessario, ci avviammo e devo dire che andare in macchina con il signor Vincenzo fu una vera prova di pazienza salomonica.

Forse ero troppo abituata a muovermi con i mezzi pubblici, ma vedere come guidava con la lentezza e una flemma da far venire il latte alle calcagna, mi faceva venire la voglia di scendere e spingere la macchina. Devo dire che le ore di guida furono quanto meno proficue. Parlammo a lungo e imparai a conoscere chi era veramente il signor Vincenzo e la defunta moglie. Ne approfittai anche per spalmarmi la crema ai capezzoli e come mi spogliai, la macchina sbandò. Non pensavo che il vecchietto fosse ancora arzillo e che si interessasse ai miei seni. Devo dire che mi fece piacere pensare che attiravo il suo interesse, ma divenni anche paonazza come realizzai che stavo dando uno spettacolo a quanti ci superavano.
Giunti finalmente al mare, fu una vera impresa trovare parcheggio e come vidi la casa; la pazienza aveva superato i livelli di guardia. L’appartamento era situato nel pieno centro storico e a ben guardare, era decisamente fatiscente. Non so cosa mi aspettavo, ma ogni secondo che passava, diventavo sempre più introversa.

Prima di salire la lunga rampa di scale, cui non volli salire sull’ascensore per scaramanzia con la scusa di volermi sgranchire le gambe, dovemmo aprire i contattori. Dovetti lottare contro la mia fobia dei ragni e le ragnatele mi facevano venire la pelle d’oca.
Ovunque vi erano lenzuola e teli di nylon (leggi, nailon) a proteggere i mobili dalla polvere ed il parquet. Aperte le finestre entrava la luce su un ambiente umido e freddo. Il mio umore diventava sempre più nero.

Insieme iniziammo a scoprire i mobili e ogni volta era per me era una vera sorpresa. Incredula, mi immaginavo come se fossi stata catapultata in una fiaba di dame e cavalieri.

L’arredo risaliva certamente agli inizi del 800 e le luci pur fioche, illuminavano gli ambienti in modo surreale per via dei giochi multicolore che facevano. Nella vasta sala, con tanto di vero camino già caricato con la legna, troneggiavano statue di fauni e veneri. Due li avevo riconosciuti, erano copie famosissime presenti in altrettanti musei.
La prima volta che lo vidi in un album della biblioteca, ero giovane e ne rimasi turbata. Studiai la foto con vivo interesse per carpire ogni segreto del fallo umano, del pene eretto. Altre foto attirarono il mio interesse, ma mai come quello dei fauni con i loro genitali in erezione.

All’epoca avevo iniziato a provare nuove sensazioni e ogni volta che mi soffermavo, avevo il cuore in tumulto e strane e piacevoli sensazioni che mi provenivano dal basso ventre. Non avevo ancora conosciuto la masturbazione, ma mi sentivo eccezionalmente bene e frizzante.

Esattamente come all’ora ne rimasi turbata e come vidi i quadri, rimasi letteralmente a bocca aperta. Molte delle scene raffigurate rappresentavano donne e uomini nudi. Pochi i cherubini di antica memoria, ma alcuni veri e propri dipinti pornografici in cui i protagonisti erano stati colti nel momento culminate dell’atto amoroso come se fossero stati fotografati e non dipinti.

Lasciata la sala con l’ampia volta, ci riportammo nel corridoio e tolte le lenzuola e i teli, ora all’ingresso, sotto all’arco vi era un busto nero di Mussolini e sul capitello di fronte una famosa copia in miniatura della statua di Venere senza le braccia. Alle pareti sempre molti quadri che riconobbi, facevano parte del periodo detto futurista o qualcosa del genere… Giusto gli anni che precedevano la guerra.

‘Vieni. Questa è la tua camera.’

Rimasi letteralmente sotto shock. Un enorme letto a baldacchino troneggiava contro la parete tappezzata da pregiati tessuti e aperta la finestra, potei rendermi conto realmente di quanto fossi diventata una principessa delle fiabe. Anche la camera del signor Vincenzo non era da meno, con le ampie volte decorate e arricchite da disegni e dipinti. Divenni rossa come un pomodoro come vidi attaccato al muro un quadro con la defunta moglie e lui in atteggiamenti inequivocabili. Se le proporzioni erano esatte, lui da giovane doveva avere una proboscide al posto del cazzo. Quel pensiero ludico mi ha fatto stringere le gambe per una scossa che ho percepito provenirmi dal pube. Non l’avevo mai visto come un uomo e ora, davanti a me, mentre lo guardavo stavo provando una profonda eccitazione.

Nelle due ore che seguirono spolverai e passai l’aspirapolvere sui tappeti. Feci i letti e come tornai in camera del signor Vincenzo rimasi a guardare il quadro che lo raffigurava. Mi chiesi come poteva il pittore aver dipinto una cosa del genere. Forse li aveva fotografati e poi li aveva dipinti successivamente. Nella realizzazione dell’opera era stato molto preciso. Le labbra vaginali semi aperte di lei in cui si poteva vedere alcune sospette goccioline color panna. Lui che si sorreggeva su di un braccio e con al centro e ben evidenziato il cazzo di proporzioni cavalline, umido di umori chiaramente gavinali.
Il calore che non si era del tutto sopito, torna preponderante e percepisco chiaramente la vulva pulsarmi in preda ad una forte eccitazione. Faccio le pulizie nella camera e resto forse più del necessario per contemplare il resto degli altri quadri.

Giunta l’ora del pranzo, ci avviamo al ristorante e poi a fare una lunga passeggiata in quello che scoprì essere chiamato ‘budello.’ Molta la gente che come me osserva le vetrine o come noi che passeggiavano per cercare di digerire l’abbondante pasto. Era tanto che non mi prendevo una vacanza e mi sentivo bene. Il mare, il suo odore, la gente, il sole. Sul molo mi venne la pazza voglia di gettarmi a fare un bagno per la contentezza e lo dissi al signor Vincenzo che mi guardò sorridente ed incredulo. Mi fece i complimenti e mi disse una frase che mi fece veramente piacere.
‘Si vede che la cura che fai ti sta giovando. Sembri un’altra. Brava.’

Volevo tornare a casa ed applicarmi i tiracapezzoli, ma non volevo perdere un solo secondo di quella stupenda giornata. Dopo il tè bevuto ad un tavolino a ridosso della spiaggia, andammo in giro per negozi a vedere capi di abbigliamento e in giro a cercare amici di lui, ma come mi disse, abitavano quasi tutti in collina e la gente del posto, gli indigeni, avevano lasciato il mare per i turisti.

Tornati in casa, lui si sdraiò sul letto per il suo riposino anche se era passata l’ora abituale e io mi dedicai a finire di fare le pulizie nel salone. Mi attardai parecchio nell’osservare i dipinti e le numerose foto poste sulle mensole. Riconobbi i figli, alcuni paesaggi che si stagliavano sul fondo e come mi accorsi che il sole se ne fu andato, chiusi tutte le finestre. Se mentre da una parte le facciate della casa davano l’impressione che fosse fatiscente, l’interno era una vera sorpresa e poi il giardino. Non mi ero accorta che sotto alla mia finestra ci fosse un giardino recintato da un alto muro.

Venni raggiunta dal signor Vincenzo che mi strappò dalle faccende domestiche e ci incamminammo nuovamente in cerca di un ristorante per la cena. Andammo molto lontani a piedi e devo dire che quando uscimmo di casa non ne volevo sapere di mangiare, ma giunti, l’appetito era stato ben stimolato.
Volle mangiare tutto a base di pesce e dopo il caffè e l’ammazza caffè, ci avviammo verso casa dove trovammo il budello pieno di gente. Supposi che stavano facendo lo struscio, non potevo credere che fossero tutti turisti.

In casa, mi lavai e finalmente cambiata, applicai per la prima volta in quella giornata le ventose ai capezzoli. Il pizzicore che si dipanò immediatamente, mi fece capire che mi stavo eccitando. Per tutto il giorno, avevo avuto una certa tensione sessuale e forse, per la voglia di provare il letto da favola o forse perché avevo bevuto troppo vino quella sera, avevo voglie pazze. Mi vestii al solito modo e non avendo voglia di studiare o di allentare la tensione che continuava a crescermi dentro, mi recai nel salone con le tette semi nude e i tiracapezzoli correttamente applicati. Sentivo uno strano prurito alla vulva e sapevo esattamente da cosa e per cosa era dovuto. Ero eccitata e avevo voglia di masturbarmi. Seduto su una poltrona, davanti al camino acceso, il signor Vincenzo stava assorto con i suoi pensieri.
‘Vieni Teresa. Fammi compagnia… Ho una domanda da farti.’

Per la prima volta lo vidi con un bicchiere di vino in mano fuori pasto.

‘Tieni assaggiane. è un vino di Madera.’

Lo adorai come fossi un sommelier, ma che ero completamente estranea alla qualità del vino. Lo assaggiai e mi accorsi che era più un liquore che un vino o comunque, era completamente diverso da quello che avevo bevuto durante i pasti quel giorno.

‘Mi dici perché non esci con i ragazzi? Mi vuoi raccontare la tua storia?’

Abbassai lo sguardo e contemplai il corposo vino. Per farmi coraggio, buttai giù tutto d’un fiato il contenuto del bicchiere e lo guardai. Non ho idea se era a causa del fuoco o per quello che avevo bevuto, ma mi sentivo tutta calda e strinsi le gambe per il pizzicore intenso che stavo provando. Le parole iniziarono ad uscire come l’acqua che scorre in un fiume.
(continua…)

Maxtaxi

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