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Cristina e il capo – Terza parte

By 11 Ottobre 2019Dicembre 16th, 2019No Comments

Erano le 9,30 del mattino quando l’ingegnere telefonò a Cristina.

“Scusi Cristina, dovrei parlarle un attimo, può venire nel mio studio?”

“Certo ingegnere”

Cristina aveva già capito che il motivo della chiamata era di natura sessuale e si preparò mentalmente al solito contraccolpo che avrebbe inevitabilmente subito. Dentro di se qualcosa le diceva di rifiutare una volta per tutte di prestarsi ai giochetti del suo capo, ma qualcos’altro le diceva che tutto sommato questa storia la faceva sentire desiderabile e bella, una donna da ammirare e desiderare e questa sensazione la stupiva e lasciava senza fiato ogni volta. In balia di questi pensieri entrò dal capo e richiuse la porta alle spalle. Il capo le chiese se lei era disponibile alle 11.00 ad accompagnarlo in un lussuoso albergo del centro ad un incontro con un responsabile estero della ditta per la quale lavoravano. Le chiedeva solo di essere gentile e “disponibile” e che non voleva assolutamente forzarla. Lei rispose che ci avrebbe pensato qualche minuto e poi gli avrebbe dato una risposta. I minuti che seguirono furono tremendi, in balia delle due sensazioni prima descritte ma decise alla fine che forse le conveniva non rifiutare e che tutto sommato, se i due non avessero chiesto cose esagerate, poteva anche risultare piacevole. Non fu una decisione facile ma fu presa. Fu una sua decisione autonoma di scendere un quarto d’ora prima per acquistare un intimo più seducente: collant meno coprenti (8 den) color castoro da indossare sotto la gonna lunga a pieghe e con gli immancabili stivali, un perizoma marrone tutto trasparente e reggiseno push-up in tinta per sfoggiare un bel decolleté sotto la camicia marrone con collo alla coreana. Alle 11.10 erano già nella hall dell’albergo a fare le presentazioni. Un bel moro proveniente dal Canada, ma di probabili origini mediorientali, un gran bell’uomo sulla quarantina, brizzolato e con una rada barba molto curata. Una volta nella suite la fecero accomodare in poltrona e per il primo quarto d’ora lei prese degli appunti inerenti il colloquio di lavoro che si andava svolgendo. Poi l’ingegnere la guardò maliziosamente e le chiese di dimostrare all’ospite quanto fossero disponibili a venirgli incontro per l’affare che si stava concludendo. L’uomo si avvicinò a Cristina che restò seduta e il capo disse:

“Cristina, mi raccomando, io la lascio con lui, non ci saranno problemi ma se ha bisogno chiami, io sto per un po’ alla reception”

Lei un po’ si spaventò quando vide uscire il suo capo dalla stanza, ma si disse che lui non l’avrebbe mai messa a rischio di un incontro pericoloso. L’uomo era in piedi accanto a lei e le versò da bere; Cristina è astemia e rifiutò garbatamente scostando la mano dell’uomo gentilmente. Quel contatto però fu l’inizio di ciò che accadde in seguito. L’uomo trattenne la mano di Cristina e la prese delicatamente nella sua, invitandola silenziosamente ad alzarsi. Si ritrovò in piedi, vicinissima allo sconosciuto che era sensibilmente più alto di lei; Cristina doveva alzare la testa in alto per guardarlo e lui abbassarla ma questo non impedì che le loro labbra si sfiorassero. Aveva un buon odore, intenso ma molto piacevole e il sapore di quelle labbra carnose non dispiacque a Cristina che pose le mani sulle spalle dell’uomo che la cinse alla vita. Lei era in punta di piedi mentre le loro lingue si intrecciarono e il gioco durò quel tanto che bastava per eccitare l’uomo che cominciò a sfregare leggermente il suo bacino con un’erezione evidente che premeva contro lo stomaco di Cristina. Lei sentì l’eccitazione salirle piano dentro mista alla vergogna che sempre la prendeva in quella situazione che ormai si presentava per la terza volta in due settimane. Per vincere questo disagio decise di passare all’attacco; portò la mano all’altezza del rigonfiamento e si lasciò ricadere sulle piante dei piedi, staccando le labbra da quelle dell’uomo e abbassando la testa. Mentre tirava fuori il cazzo dalla patta poggiava la fronte al petto dell’uomo che le carezzava le braccia. Quando afferrò il membro già duro nella mano avvertì che era veramente molto grosso, lo teneva a stento nella mano magra e nervosa, e cominciò a percorrerlo per la sua lunghezza; anche questa non le parve corrispondente agli standard degli altri membri che aveva avuto in mano fino ad allora. Lo guardò e si rese conto che aveva ragione; era grosso e lungo, molto scuro e il glande scoperto era di un rosso scuro, quasi viola, lucido e francamente invitante. Lui le sollevò la testa mettendole due dita sul mento e ripresero a baciarsi, poi lui la fece voltare e cominciò a baciarla sul collo, lentamente, facendola definitivamente eccitare. Lei lo afferrò di nuovo da dietro, sentì la punta del cazzo sulla schiena e si chiese che effetto avrebbe mai fatto un cazzo così grosso su di lei ma soprattutto dentro di lei, se le avrebbe fatto male e ne ebbe un po’ di paura. Decise allora che forse sarebbe stato meglio farlo venire subito, così magari si accontentava e avrebbe evitato un rapporto completo. Si voltò e cominciò a slacciare la cravatta e poi a sbottonare la camicia; era muscoloso, dei bellissimi pettorali si mostrarono allo sguardo di lei che tirò fuori la punta della lingua a leccare un capezzolo. Lui sospirò e lei insistè anche con i denti; a lui parve piacere molto e la lasciò fare. Afferrò ancora una volta l’attrezzo grosso e duro nella mano e stavolta ne ebbe piacere e desiderò averlo tra le labbra. Spostò l’uomo con decisione verso la poltrona, lui si sedette e lei si chinò inginocchio a calargli i calzoni. Poi tenne ritto il grosso membro e si stupì ancora una volta delle dimensioni. Leccò le palle, lentamente, poi lo guardò e vide uno sguardo abbandonato ma vigile. Riabbassò lo sguardo e lo prese in bocca e lo percorse più volte lentamente, mentre lui le carezzava la testa. Le riempiva davvero la bocca, era proprio grosso e mentre pensava questo sentì bussare alla porta e rabbrividì. Era l’ingegnere che fu fatto accomodare. Si sedette su una poltrona di fronte a loro e osservò la scena, poi siccome Cristina si era fermata disse dolcemente:

“Vada Cristina, non si preoccupi. Se crede che sono di troppo tolgo il disturbo”

Lei non rispose e riprese il pompino che aveva interrotto. Teneva il cazzo ritto con una mano e succhiava con la bocca e non si avvide che il suo capo aveva cominciato a segarsi lentamente. Dopo un paio di minuti l’uomo dal grosso cazzo la fece alzare e volle che lei si sedesse a cavalcioni su di lui. Voleva prenderla così ma lei rimase in piedi, si sbottonò la camicia e poi chinò il busto in avanti e, in piedi, mostrando le spalle al capo, lo riprese in bocca. Il capo però si alzò, sollevò la gonna di Cristina, calò i collant sotto le natiche e cominciò a leccarla, scostando il perizoma. Lei desiderò di essere presa, così avrebbe evitato che glielo chiedesse l’altro e disse:

“La prego ingegnere, mi prenda”

L’ingegnere si alzò e le infilò il cazzo tra le natiche dopo averla sditalinata un po’ e introdusse l’asta nella vagina umida di lei cominciando ad oscillare. Finalmente lei si rilassò e cominciò a gustare l’andirivieni del cazzo nella figa e cominciò a percorrere l’asta dello straniero con convinzione mentre succhiava e leccava avidamente, mugugnando e sospirando di tanto in tanto. L’ingegnere la prendeva con calma, assaporandola tutta e con il pollice le stimolava l’ano, rendendolo più ricettivo. Lei capì che tra poco l’avrebbe preso nel culo ma questo non la preoccupò e continuò a succhiare l’altro; però le cose presero un’altra piega: lo straniero la voleva possedere e quasi la costrinse con forza a sedersi su di lui. Lei si sedette e introdusse piano il cazzo dentro la sua carne; penetrò senza difficoltà e lei si stupì positivamente di ciò; lo accolse tenendogli le mani sulle spalle e cominciò ad assecondare i movimenti delle mani di lui, strette ai suoi fianchi, sulla gonna arrotolata. Il capo teneva larghe le natiche di lei e sputò due volte per inumidire l’ano e poi si pose dietro di lei. Il cazzo entrò facilmente nel culo caldo ed accogliente di Cristina che sentiva dei piccoli dolori alla vagina ma il piacere presto li fece passare in secondo piano e poi scomparire del tutto. Era una sensazione strana sentire dentro di se un cazzo così grosso e lungo, non riusciva ad entrare tutto dentro e il cazzo del suo capo premeva a volte contro l’altro attraverso la carne di lei e ciò le procurava dei brividi che la spingevano a pronunciare delle aahhhh molto profonde ed inequivocabili. Dopo circa tre minuti di questo trattamento lo straniero si contorse e lei ebbe paura che lui le venisse dentro e si sollevò; prendeva la pillola ma meglio non rischiare. L’altro rimase semi sdraiato sulla poltrona a segarsi, lei si mise carponi così che il suo capo potesse di nuovo incularla mentre lei succhiava ancora il grosso cazzo dello straniero che tanto piacere le aveva arrecato. Lo straniero si contorse e si agitò mugolando, lei capì che stava per godere e decise di dimostrare ad entrambi gli uomini che la stavano “usando” che era veramente sensuale e “porca” come non mai. Si spostò quel tanto che bastasse a far scivolare fuori dal suo retto il cazzo del capo, in ginocchio prese entrambi i cazzi nella mano, lo straniero si alzò e lei li prese alternativamente in bocca per circa un minuto, poi si accomodò in poltrona e attese che i due venissero. Venne prima il capo che spruzzò lo sperma sulla fronte e tra i capelli di lei; l’altro tardava a venire e allora lei si mise una mano tra le cosce chiuse per godere a suo modo. Proprio mentre sentiva montarle il piacere lo stranierò cominciò ad urlare e venne riversandole getti copiosi, almeno quattro, sulla faccia. La colpì sugli occhi impiastricciandoli tutti, sulla bocca e le inondò le guance; Cristina divenne, nel giro di 5 secondi, una maschera di sperma e venne così, ad alta voce, mentre i due cazzi strisciavano sul suo viso e sui suoi occhi, spalmandole la densa crema sul volto. Una doccia e via

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