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Da Penelope

By 27 Marzo 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Come ogni mattina, Caterina allungò la mano, ancora con gli occhi chiusi, e cercò la peretta del campanello per avvertire Olga, in cucina, che era sveglia e poteva portarle il caff&egrave.
Pochi istanti dopo, mentre non ancora era uscita dalle nebbie del sonno, la porta si aprì e apparve Nino con la tazza del caff&egrave.
Caterina si mise a sedere sul letto, senza accorgersi che la velata camicia era quasi del tutto sbottonata e che i rossi capezzoli del suo rigoglioso e sodo seno facevano occhiolino dalla scollatura.
Ma li aveva notati Nino.
‘Ciao, Nino, come mai sei tu a portarmi il caff&egrave?’
‘Buongiorno, mamma, Olga sta preparando qualcosa per il pranzo.’
Nino si avvicinò al letto, si curvò e, adocchiando golosamente le belle tette materne, le dette il bacio del buongiorno.
Era così distratto che invece di baciarla sulle guance, come era solito fare, le schioccò un dolce e umido bacione sulle labbra.
‘Come mai pensa già alla cucina, Olga?’
‘Perché &egrave mezzogiorno passato, mamma.’
Caterina guardò la sveglietta sul comodino.
Le 12,30.
‘Quanto ho dormito’ chissà come mai’ e sono tutta in disordine’ devo fare una bella doccia”
Intanto, aveva sorseggiato il caff&egrave e aveva messo la tazzina sul comodino.
Scostò la coperta.
Era veramente in disordine: camicia da notte arricciata, sollevata’
Guardò Nino, attese che se ne andasse.
Era abbastanza disinibita, Caterina, non c’era niente di male se i figli la vedessero sotto la doccia, mentre si cambiava.
Certo, la cosa non destava sorpresa quando c’era Mara, la primogenita che era già madre a sua volta a solo venti anni, ma neppure con Nino c’erano tabù.
Caterina s’era accorta di attendere Mara quasi sorprendendosi, ma Carlo la rassicurò. Si sposarono in tutta fretta, non proprio con l’entusiastico consenso dei genitori, ma oramai era fatta.
Divenne giovanissima mamma proprio il giorno della sua maggiore età, e l’anno dopo fu la volta di Nino.
Carlo era affettuoso, di carattere forte ma nel contempo dolce.
Ora, a trentanove anni, Caterina si interessava del suo locale, ‘da Penelope’, mentre Carlo aveva sempre seguitato a curare i suoi affari sulla Costa Smeralda, dove aveva un Restaurant a la moda e una discoteca per Vip.
Mara aveva sposato il direttore del complesso turistico e stava con padre e marito.
Nino aveva frequentato il collegio alberghiero, come interno, e ne era sortito, diplomato, proprio quella estate.
Avrebbe aiutato la madre.
‘da Penelope’ era un ristorante caratteristico, che apriva solo la sera, dalle venti fino a oltre l’una.
Lui era l’unico maschio, in quel locale.
Il resto, tutte donne: proprietaria-direttrice, cuoche, personale di cucina, cameriere, guardarobiera, segretaria, amministrative, la Maitre.
Clientela raffinata, composta per lo più di habitués, e ottima cucina, con fornita cantina.
Un piano, in sordina, diffondeva scelta musica e spesso la voce calda di Caterina.
Carlo visitava settimanalmente la moglie, ma, in estate, passavano anche diverse settimane senza che i due coniugi si incontrassero.
Caterina non sapeva se Carlo avesse delle distrazioni in Costa Smeralda, ma Mara le assicurava che il padre aveva un comportamento irreprensibile.
Lei a volte risentiva di quel modo di vivere.
A trentanove anni, bella ed esuberante come era, non poteva dichiararsi soddisfatta di quelle che definiva le ‘affrettate abbuffate’ di sesso.
Molto spesso quando ci si ingozza viene la nausea, si soffre l’indigestione, ma non ci si sazia.
Carlo, forse, aveva un altro carattere.
A parte che a lui poteva anche bastare scaricarsi a quel modo, ma c’erano da tener presente i venti anni più di Caterina.
Caterina era una gran bella donna, con tutti gli attributi in regola e ben distribuiti.
Gli occhi degli avventori erano tutti per lei, e non erano mancate della garbate avances, respinte con ugual garbo, ma decisamente.
Comunque, a Nino quegli sguardi degli uomini che sfioravano le curve della madre non andavano proprio giù.
Lui era stato undici anni in collegio, e a casa solo per brevi periodi di vacanza, parte dei quali, inoltre, aveva dovuto trascorrere all’estero per training.
Ora, però, era tornato!

Caterina si alzò dal letto, del tutto.
Ma che diavolo era successo!
Camicia macchiata da qualcosa che non riusciva a comprendere, e anche qualche traccia sul lenzuolo.
Si toccò tra le gambe.
Peli impiastricciati, induriti, come inamidati’
Vero che aveva avuto un sogno erotico e molto realistico, ma non le era mai capitato che la linfa del suo godimento avesse tali conseguenze.
Pensò alle cosiddette perdite bianche, alla leucorrea.
Ma lei non aveva mai sofferto simile malanno ed era un orologio perfetto. In tutto.
Che strano, poi, essersi svegliata con due ore di ritardo sull’orario normale. Di solito il range del suo destarsi non superava i venti minuti, intorno alle dieci.
Nuova, anche, la difficoltà di uscire dallo strano stordimento del risveglio.
Scosse le spalle.
Mentre era sotto la doccia, pensò che, forse, Nino aveva sbagliato il conto delle gocce del ‘tranquillante’ che lei prendeva prima di andare a letto, per spezzare la tensione procurata dal lavoro.
Fece mente locale.
Erano rincasati verso le due e mezzo.
Era andata subito nella sua camera, di li nel suo bagno, che era adiacente.
Quando era rientrata in camera, Nino era ad attenderla, per la buonanotte.
Lei lo aveva pregato di prepararle le gocce.
La bottiglietta era sulla toletta.
Intanto, s’era finita di svestire e, a nudo, come sempre, aveva indossato quella specie di velo che chiamava camicia da notte.
(Chissà se si era accorta che Nino la sbirciava, interessato, dallo specchio. Quella meravigliosa madre lo eccitava pazzamente. Lei, però, non aveva pensato allo specchio, perché era normale quel suo modo di fare. Anche essere nuda di fronte ai figli.)
Nino era andato nel bagno col bicchiere dove aveva messo le gocce, lo aveva riempito parzialmente d’acqua, si era avvicinato alla madre, che era seduta sul letto, le aveva porto il bicchiere, aveva atteso che lei lo avesse bevuto, era tornato nel bagno a lasciare il bicchiere. Aveva spento la luce del bagno, chiuso la porta, tornato dalla madre, che ormai era a letto, si era chinato, aveva poggiano una mano sul corpo della mamma ‘guarda caso proprio sul pube- e l’aveva baciata.
Era uscito.
Caterina stava ripassando mentalmente tutto questo. Intanto, si era asciugata e si era vestita.
Fece un fagotto con la camicia e le lenzuola, andò a mettere il tutto nella lavatrice.
La rifornì di detersivo, la mise in moto.
Era vicina l’ora del pranzo.

Caterina era sempre più perplessa.
Cosa era accaduto?
Anche quella notte rientrò, con Nino, alla stessa ora.
Pregò il figlio di prepararle le gocce e andò nel bagno.
Uscì, fu ancora più lenta nel cambiarsi.
Non andò subito a letto, ma sedette in poltrona, così, in camicia velata com’era, vicino al tavolino dov’erano alcune riviste e una pianta.
Nino si avvicinò col bicchiere, glielo porse.
‘Ti dispiace, Nino, prendermi un fazzolettino di carta nel bagno?’
Mentre Nino si allontanava per fare quanto la madre aveva chiesto, lei versò rapidamente il contenuto del bicchiere nella pianta, poi fece finta di finire di bere, si asciugò la bocca col fazzolettino che Nino le aveva dato.
Si alzò, scoprì il letto, si sdraiò, sbadigliò.
‘Buonanotte, Nino.’
Il figlio si avvicinò.
Questa volta la mano si poggiò sulla tetta.
Bacio, e via.

Era passata da poco un’ora.
La camera era quasi nel buio totale. Solo la luce che filtrava dalle serrande.
Un passo leggero.
Lei era su un fianco, col volto verso il comodino, rimase con gli occhi chiusi e appesantì il respiro.
Nino, cauto, guardingo, s’infilò nel letto, alzò pian piano la camicia dei Caterina, le divaricò con la massima attenzione le natiche, e vi infilò il glande che testimoniava una violenta erezione.
Lo condusse, sempre prudentemente, vicino alle grandi labbra, lo inserì tra esse, e cominciò a muoversi lentamente, badando che il piacere crescente non gli facesse perdere il controllo.
Ad un certo momento, Caterina si spostò, sempre nel sonno, e si spinse verso il fallo.
Il glande, facilitato dalla rugiada lubrificante che stillava dalla vagina, si trovò improvvisamente in essa, proprio nel momento in cui il seme proruppe.
A quell’inatteso ingresso la vagina ebbe alcune contrazioni, che munsero il pene di Nino che tremava per la paura.
Cominciò a tirarsi indietro.
Il corpo di Caterina lo seguì.
Lui insisté.
Si sfilò, sia pure a malincuore.
Asciugò il fallo alla camicia da notte.
Con la stessa leggerezza riuscì a scendere dal letto, a tornare nella sua camera.
Caterina restò a lungo meditabonda.
Quando aveva sentito un membro maschile vicino alla sua vagina, aveva dimenticato che era di suo figlio.
Le piaceva.
Peccato che era durato troppo poco.
Il ragazzo era eccitatissimo.
Comunque, quel tepore l’aveva invasa come un balsamo.
Sarebbe stata tentata di richiamarlo.
Subito.
Accese la luce, prese il flacone delle gocce, l’aprì, ne contò la dose, la bevve.

Fu un lungo tormento, per Caterina.
Accusando una lieve emicrania, la sera, ‘da Penelope’, girò poco tra i tavoli; non cantò.
Non sapeva se guardare Nino con rimprovero o con tenerezza.
In fondo, quel bel ragazzo era attratto da lei, tanto da sfidare qualsiasi pericolo, e, tutto sommato, si accontentava di scaricare in lei il suo ardore. Un po’ squallidamente, &egrave vero, ma forse per lui era tutto.
Comunque, le cose non potevano andare avanti così.
Del resto, bastava chiudersi dentro, la sera. E buonanotte!
Quale sarebbe stata la reazione di Nino?
Perché, però, incentrare la decisione solo su Nino?
Mentre pensava tutto ciò, stringeva spontaneamente le gambe, ricordava quella timida e rapida intrusione’ era stata lei, poi, a trattenerlo quando si era accorta che lui aveva raggiunto l’acme del piacere, ed era stato bello quel caldo rivolo ristoratore.
Per Nino, forse, era tutto.
Per lei no!
Allora?
Seguitare a fingere?
Era agitata, doveva ammetterlo, ed era forte l’eccitazione che le faceva contrarre il grembo e distillava in lei la prova del desiderio.
Quello che voleva cercare di capire era se fosse desiderio di ‘un’ maschio o desiderio di Nino!
Era seduta nel suo piccolo ufficio, in poltrona.
Bella ed elegante, molto sexy.
Nino entrò, le chiese come si sentisse.
Rispose che stava molto meglio.
‘Grazie, Nino, sei sempre molto affettuoso con la tua mamma. Vieni qui, dammi un bacio.’
Nino si avvicinò, si curvò su lei.
Lo abbracciò, gli prese il volto tra le mani, lo guardò fisso, lo baciò sulla bocca.
Tornarono a casa.
Lei rimase un po’ più del solito, nel bagno.
Rientrò in camera in accappatoio.
Non ripeté il rito della camicia da notte, quindi non restò nuda neppure per un attimo.
Rinnovò, invece, il sedere in poltrona, chiedere il fazzolettino, gettare nel vaso della pianta il contenuto del bicchiere.
Disse a Nino che sarebbe restata ancora qualche minuto in poltrona.
Lo attese per il solito bacio.
Nello sporgersi in avanti l’accappatoio si aprì quasi del tutto.
Uno spettacolo incantevole.
Nino si avvicinò lentamente alla madre, le poggiò la mano sulla coscia nuda, la baciò sugli occhi, sulla gola, sulla bocca.
Uscì dalla camera.
Caterina andò a mettersi a letto.
Supina.
Senza nulla addosso.
L’attesa fu più breve della sera precedente.
Lo stesso passo furtivo, di piedi scalzi.
Il rapido e felino entrare nel letto.
Nino allungò la mano per alzare la camicia da notte di Caterina.
Incontrò la pelle’ avanzò cauto’ era tutto così liscio, vellutato, incantevole.
Gli sembrava di morire per il desiderio.
La sua mano era sul ventre della donna.
Era indeciso’ forse doveva andarsene’ ma l’attrazione fu irresistibile’ ecco, quelli erano i riccioli della mamma’ sembravano muoversi, incresparsi come l’erba d’un prato incantato sfiorata dal vento’ le gambe si divaricavano appena, si aprivano’ non riusciva a crederci’ stava carezzando la vulva di Caterina, della splendida Caterina’ della sua meravigliosa mamma’
Si sdraiò, sulla schiena, con le tempie che parevano scoppiargli, il pene spasmodicamente eretto’ non aveva neppure la forza di muoversi’
Fu Caterina, invece, che si mosse, senza fretta ma decisamente.
Solo allora Nino s’accorse che la camera non era immersa nel solito buio, che dal lume sulla toletta veniva un tenue chiarore soffocato dal foulard rosa che era stato messo sopra’
‘e si accorse che Caterina era sveglia, lo guardava’ guardava il suo fallo’ era nuda, lei, nella sua smagliante femminilità’ si diresse verso il pube di Nino, e mentre accoglieva tra le sue labbra la pulsante virilità del giovane, gli si metteva a cavallo, offrendo il fantastico spettacolo del suo sesso, dei suoi glutei, del suo bocciolo che in essi era nascosto, allo strabiliato e sempre più eccitato figliolo che iniziò subito a lambirla con la lingua guizzante, in un crescendo di voluttà che saggiamente amministrò, voltandosi, al momento opportuno e andandosi a impalare sul sempre più incredulo Nino che la guardò in adorazione.
Fu una cavalcata condotta con l’esperienza d’una amazzone meravigliosa.
Nino la teneva per i fianchi, ogni tanto staccava le mani per carezzarle il seno, per titillarla tra le gambe.
Non aveva mai visto, né immaginato, la madre in quei momenti.
Era trasfigurata, con la testa rovesciata indietro, i capelli squassati dal galoppo, gli occhi socchiusi, le nari frementi, e un sordo gemito che le usciva dalle labbra, e andava aumentando, fino a quando, squassata dal piacere non s’abbatté su lui.
E lui si disfece in lei.
Le carezzò i capelli, teneramente, le sue labbra erano vicino all’orecchio della donna.
‘Mamma’ mamma’ ti adoro’ sei bellissima’ grazie’ grazie”
‘Sei tu splendido, bambino mio’ sei meraviglioso’ &egrave stato bello come non mai”
Fu tutto un scambiarsi baci e carezze, un cercarsi, esplorarsi’
Caterina non se ne spiegava la ragione, ma non aveva mai goduto tanto in vita sua, nel fare l’amore.
Ecco, la ragione.
Con Nino aveva fatto l’amore!
Restò su lui, si assopì.
Poco dopo dormiva anche Nino.
Beatamente.

Di solito Olga giungeva verso le otto e trenta e si metteva subito a sfaccendare ma, sapendo dell’ora tarda del rientro di Caterina e di Nino, non apriva neppure la porta che conduceva alla zona notte dell’appartamento, e attendeva il gracchiare del cicalino che era la richiesta del caff&egrave.
La tensione del giorno e le recenti emozioni, avevano fatto sprofondare Caterina e Nino in un sonno profondo, e quando l’orologio stava per indicare le otto Nino si accorse che la calda e morbida coltre era la sua incantevole mammina.
Le passò le mani sulla schiena.
Carezzò quelle natiche che conosceva solo per qualche fugace sfioramento carpito con mille espedienti.
Ora poteva insinuare le sue dita curiose tra esse.
Com’era tenero e delicato il bocciolo che custodivano.
Era bello carezzarlo, solleticarlo, stimolarlo.
Caterina cominciò a muoversi al percepire quelle provocazioni.
Lo baciò avidamente, e con la lingua cercò quella di Nino, e vi si intrecciò. Gli succhiò le labbra, voracemente.
Tutto ciò non lasciava sensibile Nino che presto si trovò di fronte alle richieste della sua esuberante giovinezza.
La provvidenziale e interessata Caterina non attendeva altro.
Smontò dal materasso di carne sul quale aveva anche dormito, e senza parlare andò a mettersi sulla sponda del letto.
Non ci fu bisogno di parlare, infatti.
Nino si mise prontamente tra le sue gambe e, favorito dalla sempre rugiadosa voglia della donna, la penetrò con trattenuta impazienza.
Sembravano vecchi ed esperti partners adusi da tempo a quegli incontri, e che avevano affinato la capacità di armonizzarsi per trarre paradisiaci accordi dalla fusione ei loro corpi.
C’era certamente qualcosa di connaturato che li univa e li guidava.
I palpiti dell’uno erano i palpiti dell’altro.
Ognuno godeva del godimento che sentiva invadere l’altro.
Quando sembrò che nulla più era rimasto insoddisfatto, e che gemiti e sospiri avessero sottolineato la conclusione di siffatto concerto angelico, Caterina escogitò un nuovo ‘spartito’.
Si pose sul fianco sinistro, alzò la gamba destra in alto, come se dovesse fare una ‘spaccata’ e offrì agli occhi estatici di Nino l’ingresso della grotta della felicità, dove lui prontamente andò a rintanare il suo sempre famelico e mai sazio lupo.
Per fortuna, sia la porta della camera da letto di Caterina, che quella che dava sul resto della casa, in corridoio, erano chiuse, altrimenti sarebbero certamente giunti agli orecchi di Olga gli echi dei loro orgasmi.
Inutile soffermarsi sul disordine del letto, sul groviglio di lenzuola e di coperte, sulla necessità che tutto fosse al più presto messo in lavatrice.
I corpi erano madidi di sudore e roridi di liquido seminale e di distillati di vagina.
Ce n’era dappertutto.
Era quasi il momento di alzarsi.
Caterina disse che voleva sentirsi ancora un po’ vicina a Nino.
Lui era di fianco, gli si sedette in grembo.
Si comprende bene dove andò a finire la punta del fallo.
Caterina ricordò la prima volta che lei e Carlo s’erano accoppiati.
Quel termine ‘prima volta’, le rigirava in testa.
Le suggerì qualcosa.
Lei aveva donato a Carlo la sua verginità fisica, il suo imene.
Ora era con Nino.
Il perineo era divenuto un piccolo rivolo scivoloso.
La punta del fallo di Nino era impaziente, quel buchetto lo seduceva.
Afferrò le tette della mano e la strinse a sé.
Sentì che qualcosa si muoveva, laggiù.
Qualcosa lo invitava, lo accoglieva.
Allora, prese i fianchi di Caterina, la allontanò da sé, la fece sdraiare, le alzò le gambe, e decisamente puntò il suo glande sullo sfintere palpitante nascosto tra le natiche.
Caterina, quasi a impedire che potesse esserci un ‘errore’ di galleria, si coprì la vulva con una mano.
Il battaglio di Nino vinse ogni resistenza, in effetti solo pallida e iniziale, e s’immerse vittorioso.
Cominciò a camminare, baldanzoso, avanti e dietro, lungo il viale del suo insperato e improvviso piacere, accolto con entusiasmo, baciato e stretto caldamente lungo tutto il cammino.
Caterina sembrava impazzita, era elettrizzata, inebriata.
Anche per lei era una nuova sensazione, ma la più bella.
Aveva donato a Nino qualcosa di sé, che sarebbe stata sua, solo sua, per sempre sua. Per sempre.

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