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Educazione al sorriso

By 7 Novembre 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

EDUCAZIONE AL SORRISO

-Prego per di qua. Si sieda, sarà stanca del viaggio. Mi dia pure il suo soprabito e quel pacchetto che tiene in mano. Lo mettiamo subito in frigorifero.
‘Saranno dei pasticcini’ Pensò la donna ‘che mio marito ha di regalargli, giusto per non arrivare a mani vuote’.
Stupita di tanta gentilezza seguì l’uomo nel salotto e, su suo invito, si sedette su una sedia di fronte a lui.
-Desidera qualcosa da bere? Un caffè, una bibita?
La donna non sapeva cosa rispondere: era già nel gioco s/m o poteva rilassarsi come fosse in visita ad un conoscente?
L’uomo versò un succo di pompelmo e le offerse un bicchiere.
-Gr’grazie- Balbettò, prendendolo in mano e aspettò che lui si servisse, prima di berlo.
-Allora, mi racconti, cosa si aspetta da questi giorni. Cosa le ha detto suo marito?
-Ehm- Si schiarì la voce ‘Behee’.che devo ubbidirle”fare la brava’..e imparare da lei come ci si deve comportare’..
-Bene- Disse lui ‘Ma lei cosa si aspetta da me, precisamente?-
La donna imbarazzata non sapeva cosa rispondere. Non aveva pensato a quei giorni in termini precisi: ma li temeva. Aveva timidamente tentato di rifiutare la proposta del marito: nell’intimità d’una coppia si può sperimentare giochi diversi, sottomettersi e lasciarsi guidare dal proprio amante-padrone, ma con un estraneo come avrebbe dovuto comportarsi? Si sarebbe dovuta trasformare in prostituta, donando il suo corpo a chi non amava?
La prima volta che suo marito le propose dei giochi s/m ne ebbe paura, ma l’amore per lui e la fiducia che gli riponeva, la fecero accettare. Si rese conto, quanto quei particolari giochi fossero eccitanti. Affidarsi completamente ai voleri del proprio partner, farsi legare e sottomettersi impotente, le provocava apici d’orgasmo mai raggiunti prima.
Fu molto sorpresa della proposta di passare alcuni giorni con un estraneo. Spesso il marito manifestava sospetti e gelosie anche quando usciva con le sue amiche: figuriamoci se si fosse incontrata con un altro uomo, senza di lui. Acconsentì alla proposta, ma non aveva voluto pensarci, fantasticare come sarebbe potuta essere quella nuova esperienza. Era andata a casa di quell’estraneo come ci si reca da un dentista: un fatto inevitabile.
Dunque, cercò le parole adatte per rispondere a quella inaspettata domanda: -Ma’che lei mi insegni’..ad essere una’.
-Schiava- Le suggerì lui
‘Si’ecco’una schiava’migliore’..di’
-E lei crede di essere una brava schiava?
-Ma’io’obbedisco’.obbedisco sempre a ‘mio marito. E lui mi ha raccomandato di fare altrettanto con lei- Le sembrò una buona risposta.
-E’. Come si spiega che suo marito abbia voluto che venisse qui, se è così ubbidiente?
‘Eccomi in trappola’ Pensò. Imbarazzata e titubante:
-‘Forse’..lui’.. vuole da me di più’.. e’. io non so darglielo-
-Lei crede?- Fece lui, con un’espressione severa:
‘Ora facciamo una prova.
Lei s’irrigidì, improvvisamente preoccupata. Si sentiva come nuda di fronte a quelle domande, allo sguardo indagatore dell’uomo. Non sapeva se tenere il bicchiere, ancora mezzo pieno, in mano, posarlo, finire di bere. Accavallò le gambe e subito le rimise parallele, indietreggiando coi piedi sotto la sedia.
-Si rilassi signora- Commentò lui, con un sorriso:
-La lezione non è ancora iniziata. Oggi le spiegherò alcune caratteristiche che ritengo indispensabili nel comportamento di una schiava. La richiamerò, se commette degli errori, ma senza punirla. Dato che, però, non mi piace ripetermi, da domani, non sarò più così indulgente. Trascorreremo queste ore per conoscerci meglio-
Lei vuotò il bicchiere, per niente tranquilla e la sua ansia cresceva sempre di più. Avrebbe preferito saltare tutti quei preliminari e arrivare subito al sodo: come strapparsi il famoso dente, ma evidentemente l’uomo voleva cuocerla a fuoco lento.
-Suo marito- Proseguì – Mi ha parlato in termini lusinghieri, di lei. So che si comporta bene e, infatti, l’ha mandata da me, perché vuole che perfezioni alcuni aspetti della sua già ottima educazione. Ogni sera, lui telefonerà, per informarsi come sta procedendo l’addestramento: quindi non si preoccupi-
‘Ogni sera? ‘Trasalì fra sé e sé ‘Ma non dovevo stare qui, solo un giorno?’ Era ciò che suo marito le aveva detto per rassicurarla ed accettare quella proposta.
L’uomo notò il nervosismo della donna:
‘Vedo che è ansiosa di cominciare! Le consiglio, se le occorre, di andare in bagno, perché più tardi, è inteso vero, sarò io a decidere il cosa, il come e il quando. L’aspetto di qua fra dieci minuti-
Lei non rispose e corse alla toilette. Erano gli ultimi minuti di libertà. Poteva forse ribellarsi? Si chiese appena seduta sulla tazza. Scappare via, senza dirgli niente e tornare a casa, inventando una scusa? E come? Se non sapeva neanche, esattamente dov’era. Era stata accompagnata dal marito al treno e intrattenuta con continui messaggi al telefonino, in modo da impedirle di guardare dove fosse diretta. Ricevette l’ordine di scendere all’ultimo momento. Presa in consegna da quell’uomo, fu costretta ad inforcare degli occhiali molto scuri, che le impedivano di distinguere il paesaggio; salita su un’auto e fatto un percorso di mezz’ora, era giunta in un piccolo paese: ignoto.
Tutto era stato concordato precedentemente col marito.
Il progetto era eccitante: vivere la storia di un viaggio misterioso ed essere prigioniera di uno sconosciuto: una delle sue fantasie si stava realizzando.
No. Era lì e voleva stare al gioco. E poi quel tipo la incuriosiva. Sembrava rispettoso e autorevole, nello stesso tempo.
Tornata nella sala, l’uomo le chiese:
-E’ pronta? Possiamo cominciare?
La donna annuì
– Per prima cosa, mi faccia vedere cosa ha portato nella valigia-
Lei si diresse verso quella, dicendo: -Non so esattamente, l’ha preparata mio marito e’..-
-Attenta! Prima regola: una schiava può parlare solo quando ne ha il permesso. Se lo ricordi!- Lei arrossì, fermandosi, sorpresa.
-Ora può andare a prendere la valigia e aprirla-
La donna si chinò ma lui, con tono severo: -Ferma! Ha sbagliato di nuovo! Torni qui, per favore-
Lei si alzò di scatto e cominciò a tremare nervosamente, la testa china, le mani che non sapevano dove stare, si avvicinò titubante all’uomo.
Lui, con voce calma e rassicurante, proseguì:
-Stia tranquilla, signora, glie l’ho detto! Oggi non ho intenzione di punirla se commette errori. So che lei è brava e ubbidiente e vedrà, ci capiremo- Poi proseguì:
‘Suo marito mi ha assicurato rispetto alla sua consapevolezza del suo ruolo: e cioè, che una schiava vive per compiacere il suo padrone. Ogni movimento che compie, ogni postura che assume, è per attrarre l’attenzione su di sé, sul proprio corpo, sulla sua disponibilità ad offrirsi in ogni momento. Ha capito? Può rispondere!-
-Si”-
-Si, signore, mi chiami così, e completi sempre la risposta, per favore-
-Si, signore’..?!
-Completi! ‘Si, signore, ho capito signore’ Ripeta, per favore-
La donna stava per completare la risposta, ma lui la fermò nuovamente.
-Mi scusi, ma non ci siamo! Anche il tono della voce è importante! Lei non è un soldatino, ma una schiava, contenta di esserlo, mi sembra. Faccia un bel sorriso! Ecco, così-
‘Non c’è che dire, quell’uomo ci sapeva fare’, Pensò lei, ‘Passava dal tono severo del padrone a quello rassicurante di un padre. Senza toccarmi, mi ha già soggiogata ai suoi voleri, pur continuando a trattarmi con rispetto, a darmi del lei’
La donna cominciava a capire perché era stata mandata da suo marito, così tranquillamente.
-Ora ha capito? Risponda!-
-Si, signore, ho capito signore- Rispose la donna annuendo con la testa, gli occhi bassi, ma il sorriso di una felice sottomessa.
-Benissimo, brava. Ora può andare e aprire la valigia- E precedendo la mossa della donna, le consigliò:
-Si chini mantenendo le gambe il più possibile dritte, in modo da mostrare il suo bel sederino-
Anche questa volta la donna arrossì, ma non si vide, perché voltata di spalle, anzi di natiche.
Era vestita normalmente, con un golfino sopra la camicetta, una gonna sopra il ginocchio, calze autoreggenti. Solo le scarpe erano ‘da schiava:’ il tacco altissimo, col piede in vista, trattenuto da sottili strisce di cuoio.
-Brava, ora mi mostri il contenuto, capo per capo, oggetto per oggetto-
Ella notò che nella valigia c’erano tutto l’occorrente che suo marito le imponeva durante i giochi s/m, compresi gli strumenti di tortura. Di nuovo provò un certo imbarazzo. Prese un fascio di cinghie borchiate e le mostrò all’uomo.
-Avanti, mi illustri cosa sono-
-”.Be”’è un corpetto’… Ecco’qui c’è la cintura che va stretta alla vita, queste sono le spalline e qui si infilano ”.(imbarazzatissima)’.. le’tette”si, le tette- Lo sguardo dell’uomo sembrava interessato, ma non traspariva alcun desiderio osceno: e questo la rassicurò, facendola proseguire nella descrizione con meno titubanza.
-Queste cinghie, invece, passano in mezzo alle gambe’-
-Ottimo, le posi pure su quella sedia-
-Queste sono delle mutandine e come vede”.hanno degli spacchi davanti e dietro per”.insomma’..-
-‘Mostrarsi e rendersi sempre disponibili- L’aiutò lui.
-Si signore, è così’- E le posò anch’esse sulla sedia.
-Questo è il bavaglio- Una pallina con cinghie di cuoio ‘Per impedirmi di gridare”.e questo è il mio ‘cane’- Lo prese delicatamente in mano e lo baciò, come gli aveva insegnato suo marito: era una paletta di cuoio rigido.
-Gli sei affezionata, mi sembra- Commentò lui sorridendo, mentre accavallava le gambe.
‘Si sta eccitando, mi sembra, anche se non la da a vedere’ Pensò la donna mentre iniziava a prender gusto al gioco. Era la tipica sensazione della schiava che sentiva di compiacere il padrone:
-Si signore, gli sono affezionata- Proseguì, maliziosamente, accarezzandosi le natiche con esso.
Poi, dalla valigia, prese in mano un corto frustino’
-E questo è il tuo gatto?- Chiese l’uomo con fare scherzoso.
-Be”non proprio, signore. Il gatto”il gatto è più lungo e con molte strisce e’. e qui non c’è.
-E con questo dove ami farti accarezzare’?-
-Be”.un po’ dap’-Completi la risposta, schiava!- Le ordinò con voce severa.
-Mi perdoni, signore’.-Trasalì lei, con gli occhi lucidi e il timore che volesse usare l’arnese subito:
– Amo far’.mi acc’.accarezzare un po’ dappertutto, signore.- La donna era di nuovo intimorita, ma estremamente eccitata: un’inequivocabile umidità la bagnava in mezzo alle gambe.
-Me lo dia, per favore- Lei si avvicinò e si inginocchiò davanti a lui, porgendogli il frustino, tenuto sulle palme aperte delle mani, come le aveva insegnato il marito.
-Mi guardi!- Le impose lui e prese lo strumento volgendo la punta ad anello sotto il mento di lei, per accompagnare il suo movimento.
-Molto bene!- L’uomo apprezzò il gesto:
-C’è ancora qualcosa nella valigia?- La schiava, compiaciuta dal complimento, si alzò e si chinò, questa volta, con le natiche prominenti e sculettanti, mentre traeva gli ultimi oggetti.
-Queste sono polsiere e cavigliere complete di anelli, le catene e la corda, per farmi stare ferma quando merito una punizione”
-Le può indossare, per favore?-
-Si, signore, subito, signore-
-Aspetti, venga qui, con le catenine, quelle corte. Mi porga i polsi, grazie-
La schiava, di nuovo in ginocchio, rivolse il suo sguardo verso di lui e si lasciò incatenare prima ai polsi, con una catena lunga una ventina di centimetri; poi l’uomo, senza dire una parola, le toccò colla punta del frustino la spalla per spingerla indietro e farsi porgere le caviglie, che assicurò con una catena della stessa lunghezza.
-Ora, provi ad alzarsi, sempre guardandomi’.-
Le catene le impacciavano il movimento e si rese conto che, l’ordine di guardarlo, complicava il controllo dell’equilibrio.
-Se non riesce- Commentò lui malignamente ‘Può rimanere a terra e farmi da cagnetta’..-
Lei, ferita nell’orgoglio, cercò di mettersi in piedi. Dopo alcuni maldestri tentativi, che provocarono delle risatine nell’uomo, si alzò, un po’ barcollando e appena trovato l’equilibrio’…
-Ha, ha, ha’..Che imbranata! Si rimetta in ginocchio, per favore!- Con disappunto, lei eseguì.
-Bene, ora si alzi in piedi, un po’ più svelta, questa volta.
La donna contrasse lo sguardo. Tentò di accontentare il padrone, ma ricadde a terra. Poi, finalmente, stava per farcela, ma lui la fece ricadere, gridandole:
‘Deve guardarmi, mentre si alza in piedi!-
La schiava, ora aveva il viso rigato dalle lacrime. Comprendeva di essere completamente in balia del suo persecutore. Di nuovo avrebbe preferito ricevere frustate o altro. Quella tortura la stava annientando nell’animo. Derisa, si vergognava di se stessa e ricominciò a temere quell’uomo, come all’inizio.
-Su, non mi dirà che ha disimparato a stare in piedi!- Le disse continuando a ridere:
-Ha, per caso bevuto?- Rincarò la dose, vedendola impacciata e contrariata.
Dopo alcuni tentativi disastrosi, in ansia e tremante:
-Non cela faccio’non riesco”- Disse piagnucolando
-Zitta, schiava!- la minacciò col frustino a mezz’aria:
‘Avanti, esegua l’ordine, senza tante storie!- Poi, notando che la disperazione impediva alla schiava qualsiasi coordinamento nei movimenti, la afferrò da una ciocca di capelli e la tirò su di peso:
-Ahaa, ahiaa- Si lamentò, mentre cercava di nuovo l’equilibrio, in piedi.
-Ora stia ferma, per favore e mi dica: quali errori ha commesso! Risponda!- Tremante e timorosa, comincio a balbettare: – Non’.non sono riu-riuscita ad alz”-
-NOO! Ancora non ci siamo! Possibile che non capisca: eppure lei sembra una personcina intelligente!- La schernì, beffardo e proseguì con tono pedante:
-Ora le elencherò io, tutti i suoi sbagli: alcuni molto gravi, altri meno. Ascolti attentamente! Poi dovrà rispondere correttamente alla mia domanda. Ha capito? Risponda!-
-Si si-signore, ho ca-capito signore’.-
L’uomo, sospirò e cominciò con calma a parlare:
Il primo è l’errore più grave: si ricordi! Una schiava non deve, nel modo più assoluto, emettere neanche una sillaba, senza un permesso esplicito.
Secondo: qualsiasi sia l’ordine, la schiava deve cercare di eseguirlo, con diligenza e creatività. Il padrone sa che potrà compierlo e la schiava deve agire come se fosse l’ultima azione della propria vita.
Terzo, ma questo fa parte dell’addestramento per il quale lei è qui: una schiava deve eseguire gli ordini o subire le punizioni con l’espressione di chi sta compiendo, con felice soddisfazione, il suo dovere.
Quarto e ultimo per importanza è la mancata esecuzione dell’ordine. Ha capito, ora?-
-Si signore, ho capito signore-
-Speriamo’.Ora mi risponda alla domanda! Quali errori ha commesso?..Aspetti: stia dritta e guardi davanti a sé. Ora risponda, per favore!-
La donna cominciò spedita a rispondere. Si ricordava bene il primo errore e il terzo, ai quali aveva fatto più attenzione, ma poi si perse: un po’ per lo sguardo severo del padrone, un po’ per la tensione accumulata in quella situazione anomala. Le ricordava quando a scuola, interrogata, non sapeva rispondere alla lezione studiata e ristudiata il giorno prima: più l’insegnante insisteva, più le si annebbiava la mente.
-No, no! Non ci siamo!- Commentò lui, sempre molto calmo:
-I casi sono due: o lei mi ha mentito, dicendomi di aver capito, (e sa che mentire ad un padrone è gravissimo), o lei è scema! Su, risponda!-
La donna propese per la seconda ipotesi, giusto per non far precipitare la situazione, ma invano. Cercò di rispondere con un tono sottomesso e compunto, ma traspariva lo sforzo di pronunciare quelle parole:
-Ha ragione signore, sono proprio scema, signore-
Vedendo che gli insulti la intimidivano e prostravano ulteriormente, l’uomo le consigliò con perfidia:
– Si insulti, per favore, con parole sue! Anche in riferimento a quella scena ridicola, alla quale ho dovuto assistere.’.E continui a guardare davanti a sé, nel vuoto!- Le ordinò mentre lei, istintivamente, abbassava la testa.
Con un’umiliazione che non aveva mai provato in nessuna sevizia precedente, si vide costretta a dichiarare: – Si, signore sono proprio una ‘Stupida’Deficiente’..Completamente handy’. Faccio schifo’..Merito di essere punita’..severamente’.- E alcune lacrime le rigarono il viso.
-Ne prendo atto!- Commentò l’uomo, con ghigno soddisfatto.
-Ora so che per farle entrare le mie regole in quella stupida testolina, dovrò accompagnare gli ordini con sollecitazioni dolorose. E’ vero? Risponda!-
-E’ così, signore’-Completi la risposta, dannazione!- Gridò l’uomo, saettando nell’aria il frustino.
Nuovamente intimorita e tremante, la donna rispose:
– E’ vero, signore, per’.per farmi entrare le sue’regole nella mia’stupida testolina, mi dovrà’.’Cosa aveva detto, oddio”..Mi dovrà punire, signore.-
Brava, molto bene. Su, un bel sorriso! Ecco, così. Ora vediamo se è capace di preparare una bella cenetta. Mi chieda pure, dove può trovare gli ingredienti. Badi che la riuscita del pasto è necessaria, ma lei è qui, sotto la mia attenta osservazione: è fondamentale che lei si comporti come una schiava, mi raccomando!-
Le allentò le catenelle dei polsi e delle caviglie per consentirle di muoversi più agevolmente.
‘E ora che faccio?’ Si domandò la donna: ‘Cosa vorrà da mangiare? Potrò domandarglielo, senza il suo permesso?’ Decise di chiedere dove fosse la pasta, così avrebbe saputo se era quello che voleva. Poi lo stesso per la carne o la verdura: si, era una buona idea.
Cercò di muoversi come le sembrava più consono ai desideri di quel padrone: camminava ancheggiando, cercava di far sobbalzare le tette, si chinava senza piegare le ginocchia, provava in tutti i modi di mostrare le sue forme femminili come”.sì, come una puttana.
Cominciava a piacerle quel gioco provocante, che la faceva sentire donna e schiava nello stesso tempo. Sapeva di essere osservata attentamente.
Più volte, scorse l’uomo che in silenzio, prendeva appunti su un taccuino. Era certa di commettere degli errori che le sarebbero costati cari e questo la eccitava ulteriormente.
Preparò la tavola e intuì che la cena sarebbe stata solo per lui. Capitava anche a casa, con suo marito di doverlo servire digiuna.
-E’ pronto, signore! Se lo desidera, può accomodarsi a tavola!-
-Lo vedo, grazie! Non c’era bisogno di dirmelo!- E segnò alcune crocette sul taccuino.
Si alzò e si avvicinò a lei, brandendo il frustino. Le toccò una mano con esso e la diresse fino ad imporgliela dietro il collo. Poi sfiorò l’altra, che raggiunse velocemente la prima. Sempre con quell’arnese in mano, corresse la postura della donna: le fece divaricare leggermente le gambe, avanzare il petto in avanti, indietreggiare il bacino. Infine, lo passò sulle labbra, per fargliele dischiudere:
-Brava, ferma così! Quando non sta eseguendo un ordine deve stare così! Se lo ricordi! Ora vediamo come ha preparato la tavola: bene, complimenti! Almeno la donnina di casa, la fa bene. Ora può cominciare a servirmi.
L’uomo sembrò gradire il pasto e come fu servito. Solo in alcuni casi segnava delle crocette sul taccuino e finito che ebbe, impose alla schiava di riunire i pochi avanzi in un piatto e lavare le stoviglie usate.
La donna si sentiva lo sguardo del padrone addosso, come un pesante mantello, ma rassicurante e protettivo. Era completamente concentrata nell’esecuzione degli ordini, sulle posture da assumere. Proprio il gioco che prediligeva. Non avere la responsabilità di pensare al dopo, né ricordare il prima: vivere al presente, momento per momento e delegare completamente la propria vita al suo padrone.
Mentre lavava i piatti, l’uomo si divertì a sfiorarle le gambe con la frusta; la punta dell’arnese la accarezzava delicatamente dalle caviglie alle cosce, s’insinuava sotto la gonna, alzandogliela e scoprendola fino alle natiche.
Ad un iniziale cenno di reazione, l’uomo impose alla schiava una completa indifferenza all’operazione: doveva continuare a lavare i piatti come se non stesse succedendo niente.
Ancora una volta la donna si sentì percorsa da brividi di piacere, tra l’imbarazzo di mostrarsi ad uno sconosciuto e il timore che quel piacevole e solleticante massaggio si trasformasse improvvisamente in sferzate dolorose.
Successivamente il padrone la guidò verso una poltrona su cui lui si accomodò e fece inginocchiare la schiava ai suoi piedi. Sempre con la punta della frusta le impose le mani dietro il collo e le sfiorò il viso per ricordarle la corretta postura ed espressione del viso.
– Come anticipai a suo marito, questo è il regolamento delle mie lezioni: il mio metodo educativo.
Le mise un foglio davanti: -Ecco, legga a voce alta-
Lei eseguì.
Nel preambolo era spiegato che la schiava cedeva al padrone la completa gestione della sua vita: il corpo con tutte le facoltà che esso poteva esprimere, la mente, annullandone la volontà. Il padrone poteva, di volta in volta concedere una parziale autonomia in concordanza alle esigenze di situazioni specifiche, quale respirare liberamente o parlare. Anche le emissioni vocali o i gesti inconsulti, che potevano sfuggire al controllo, erano considerati atti di ribellione. Dopo le regole generali, appena apprese in quelle poche ore, era spiegato dettagliatamente il significato delle tante crocette che l’uomo continuava a segnare sul taccuino. Ogni scorrettezza, mancanza, errore, di comportamento, era punito, in base alla sua gravità, con determinati punti. Parlare senza permesso, non assumere le posture corrette, ad esempio valeva un punto. Mentire, disubbidire, cinque. Se in queste mancanze erano presenti atti come l’ingiuria, la ribellione, si quadruplicava il valore. Ogni punto-campione equivaleva ad un colpo di frustino sulla schiena o sulle gambe. Il colpo sulle natiche valeva due punti, in mezzo ad esse, tre punti, sulla pancia quattro, sul petto cinque, sull’imene, sei punti. Ogni sbaglio era annotato e comunicato all’interessata, così come il punteggio complessivo. L’interessata aveva la facoltà di richiamare l’attenzione dell’educatore, in qualsiasi momento, per comunicare l’essere disponibile a ricevere la punizione, parziale o totale, accumulata fino a quel momento. In compenso l’educatore poteva decidere in che modo e in quale parte del corpo eseguire la punizione.
-Fin’ora, per la cronaca, lei ha accumulato settantadue punti ‘ Fece il padrone con voce melliflua e di rimando all’espressione allarmata della schiava, continuò: – Ma non si deve preoccupare, non verrà punita come da regolamento: non sarebbe né giusto, né leale nei suoi confronti. Non poteva sapere di sbagliare. D’altra parte, come anche lei si aspetta, una punizione le sarà ugualmente impartita per imprimerle bene le regole appena apprese nel suo cervellino.
Dato che domani sarà una giornata lunga e faticosa per tutti e due, è meglio andare subito a riposare: le mostro la sua’..camera da letto.-
Dirigendo la schiava, come al solito con la frusta, la fece alzare e camminare davanti a sé, fino ad arrivare in una stanza.
La donna vide una camera ordinata, una libreria colma di libri e riviste, un letto a una piazza e uno strano armadio con una pretuberanza orizzontale, alta una cinquantina di centimetri, che si estendeva per metà del pavimento.
-Si fermi! ‘ Le ordinò l’uomo, mentre si dirigeva verso quella specie di tavolo-armadio. Alzò uno sportello a botola e ordinò alla schiava di entrare in un piccolo pertugio. La donna ci guardò dentro ed eseguì senza fiatare.
‘ Si chini, per favore, che devo chiudere. ‘E’ pazzo’, pensò, ‘più di così non riesco a raggomitolarmi’. Ma sollecitata dal peso del pesante sportello, si ritrovò con la testa fra le gambe e le ginocchia all’altezza delle orecchie.
– Le auguro una buonanotte e spero che sia di suo gradimento la sistemazione. In ogni caso, io dormo in questa stessa stanza e gradirei non essere disturbato.
Non fu tra le migliori notti che aveva trascorso. Ci mise un bel po’ a addormentarsi, in parte per la tensione e la preoccupazione, in parte per la posizione nella quale era costretta.
Più volte si svegliò sudata e tremante, magari dopo un incubo nel quale era presente sempre una scena claustrofobica, come il non riuscire a respirare o l’essere vittima di un incidente automobilistico, in cui rimaneva intrappolata nelle lamiere.
Verso mattina si svegliò di soprassalto, spaventata da un suo stesso grido. Subito sentì un colpo sopra il coperchio e una voce che le imponeva il silenzio.
Si preoccupò ulteriormente ed assalita da brutti pensieri, non riuscì più a dormire. Cosa l’aspettava, cosa le sarebbe successo: quali e quante punizioni avrebbe dovuto subire. Le fantasticherie sul dopo, sul suo destino di schiava ceduta ad uno sconosciuto, severo e intransigente, la fecero bagnare come se si stesse masturbando. La posizione le impediva di toccarsi e rimase, due, tre ore, non sapeva quanto, in quello stato d’eccitazione morbosa, immersa nel buio.
Ad un certo punto, sentì che il padrone s’era alzato. Cominciò a sudare freddo dall’ansia: fra poco avrebbe saputo.
Aspettò.
Tese l’orecchio per captare ogni rumore.
Aspettò.
Cercava di capire che cosa stesse succedendo, cosa lui stesse facendo.
Aspettò.
Finalmente si aperse il coperchio e l’uomo le ordinò di uscire. Era tutta anchilosata, rattrappita: le manette e la catena alle caviglie non facilitavano l’operazione.
Notò, con preoccupazione, che lui aveva fatto partire un cronometro: stava evidentemente prendendo il tempo che ci metteva ad alzarsi.
Un’altra cosa della quale avrebbe dovuto render conto.
Iniziò a sudare e sbiancò in viso: le sue membra addormentate non rispondevano, non aveva sensazioni tattili ai piedi e le sembrava di non avere la forza di uscire da quel loculo.
Sarebbe stato difficile vivere quel giorno, molto difficile.
L’uomo la guardava con sufficienza e compatimento:
-Quando la signora avrà la compiacenza d’essersi messa in piedi- Disse con sarcasmo: -Potremo cominciare la lezione!-
A quelle parole, con uno sforzo che le procurò un crampo sotto le ascelle, riuscì a sedersi sulla sponda dell’armadio. Non si permise di emettere alcun grido, temendo la reazione dell’uomo, che già aveva in mano il frustino, ma quella fitta tremenda la costrinse a fermarsi seduta, qualche secondo.
Respirò profondamente due o tre volte e cercò di riprendersi.
Poi senza curarsi più del dolore, si girò, facendo perno sul bacino, e mise le gambe a terra.
-Bene- Fece lui: -Ce l’abbiamo fatta, mi pare! E’ sempre così addormentata la mattina?- Le chiese beffardo e proseguì: -Mi segua in bagno, per favore-
E la guidò verso la stanza con la punta del frustino.
La donna cominciava ad essere infastidita dal modo falsamente cortese di trattarla. Le dava del lei, usava espressioni di cortesia, ma, nel frattempo, la sbeffeggiava, le imponeva umiliazioni, la sottometteva ai suoi voleri.
-Ora, se vuole, può espletare i suoi bisogni corporei in questo vaso: come può notare il colino serve a separare la parte liquida, da quella solida. Le consiglio di cogliere al volo questa opportunità, che le concedo: non so se e quando ne avrà un’altra più avanti, durante la giornata.
La donna, visibilmente imbarazzata, si sedette sul recipiente e, da sotto la gonna, si sfilò le mutandine. Capì che lui avrebbe approfittato anche dei suoi bisogni corporei per causarle sofferenze e si sforzò d’evacuare.
Non le era mai successo di doverlo fare di fronte ad un uomo, neanche con suo marito. Il gabinetto era sempre stato il luogo di massima intimità in famiglia, fin da piccola: il posto nel quale si poteva stare in pace con se stesse e si era certe di non poter essere disturbate.
Piegata in avanti, si sforzò, ma inutilmente. Lo stimolo che aveva sentito, appena alzata dal loculo era totalmente scomparso.
-Le do due minuti di tempo- E fece ripartire il suo dannato cronometro.
Lei avrebbe voluto dirgli di poter essere lasciarla sola, che sarebbe bastato anche meno, ma ebbe paura di parlare.
Niente da fare, non uscì neanche una goccia.
-Be’, se non ne aveva bisogno, poteva anche dirmelo. E’ inutile perder tempo. Si alzi, svelta e venga in cucina.-
La donna lo guardò da sotto in su con odio malcelato. Fece per rimettersi le mutandine quando lui le fermò la mano toccandola col frustino:
-Quelle se le sfili pure, non si addicono ad una schiava! E faccia un bel sorriso: vedrà, sarà più divertente di quanto creda. E’ da quando si è alzata, che ha un grugno’.-
Lasciò cadere a terra l’indumento, scrollandoselo dai piedi e accennò un mezzo sorriso con la bocca, ma dagli occhi traspariva nervosismo ed apprensione:
-Mi prepari la colazione- Le ordinò appena giunti nella stanza: -Il suo cibo è qui che l’aspetta- Disse l’uomo, indicando il piatto con gli avanzi del giorno prima: – Ma otterrà il permesso di mangiare solo se lo avrà meritato.
La donna si sforzò di sorridere ed eseguì l’ordine, ricordando di muoversi con grazia e femminilità. Si rilassò, vedendo la soddisfazione del padrone e ricominciò a godere dello stesso gioco della cena della sera prima.
Malgrado stesse attenta, lui continuò a segnare crocette sul taccuino. Presto le avrebbe comunicato i perché e la somma dei punti accumulati.
Finito che ebbe di rimettere in ordine la cucina, l’uomo la guidò verso la sala nella quale era stata, appena arrivata: la sua valigia e le attrezzature giacevano sulla sedia sulla quale erano state posate il giorno precedente.
Lui si sedette sulla poltrona lei si mise in posizione d’attesa, in piedi: le gambe leggermente divaricate, il petto in fuori, il bacino indietro, le mani dietro il collo e la bocca dischiusa.
-Benissimo!- Fece l’uomo: -Suo marito è molto fortunato. Lei è una persona intelligente e in gamba. E’ veramente un piacere aver a che fare con lei-
Questa volta il sorriso di lei fu spontaneo.
-Si ricordi quest’espressione felice che ha appena fatto! Anzi, la rifaccia e stia ferma così!- Prese uno specchio e glie lo mise di fronte:
-Questo è esattamente l’atteggiamento che deve assumere ogni qual volta le verrà dato un ordine o le verrà imposta una punizione. Mi ha capito? Risponda!-
-Ho capito, signore- Rispose lei con aria tranquilla e mantenendo il sorriso.
-Ottimo- Proseguì:- Ora possiamo cominciare la lezione.
La permanenza in mia compagnia sarà più o meno lunga, secondo la velocità d’apprendimento da parte sua. Se lo vorrà, e mi sembra che sia perfettamente in grado di recepire i miei insegnamenti, potrà ripartire oggi stesso. Dipenderà solamente da lei o dalla sua voglia di rimanere con me.- Quest’ultime parole possedevano un che d’ironico, che rifecero preoccupare la donna.
‘Cosa vorrà insegnarmi, ancora, in quale trappola mi vorrà far cascare’ Pensò, ma fu subito esaudita nella sua curiosità.
-Come già le dissi- Iniziò a parlare l’uomo: -Una schiava deve essere al completo servizio del padrone e in rapporto a lui non vale nulla: meno della sua merda. Per questo deve mostrare di ammirarla e desiderare gustarla come fosse la delizia più buona che non abbia mai mangiato. Si ricorda di quel pacchetto che le diede suo marito e che misi in frigo ieri? Ne contiene una porzione, accompagnata da una bottiglietta di liquido giallo, anch’esso prodotto dal suo amato padrone. Ebbene, ora dovrà chiedermi se per favore glie la possa dare. Ho qui una videocamera per immortalare l’avvenimento e per mostrare la prova dell’estrema devozione al suo padrone.-
A quelle parole, la donna trasalì. Non se l’aspettava, non era mai stato toccato un argomento simile con suo marito. Sapeva che orinare addosso faceva parte del gioco s/m. Che a molte donne piaceva. Quello lo avrebbe anche accettato. Ma mangiare i suoi escrementi’.Solo l’idea le provocava la nausea, la voglia di vomitare.
-Sto aspettando.- Disse lui, tranquillamente.
Lei accennò un sorriso. ‘Certo’ Pensò, ‘Se mi sforzo, mi tappo il naso, trangugio il tutto, posso ripartire, tornare a casa’. E quell’idea la rassicurò.
Ma lui aggiunse: -Vuole che glie la riscaldi, aggiungendoci qualche spezie, o preferisce spalmarla sul pane? O forse le piacerebbe intingere le dita e leccarle come fosse una crema?-
Più parlava, più s’addentrava nei particolari, più lei si sentiva un groppo allo stomaco. Il sorriso le sparì e storse la bocca dal disgusto e infine sbottò:
-Basta, bastaouk!- Chiuse la bocca per trattenere un conato di vomito, portandosi una mano alla bocca.
-Ma signora, che fa? Le pare un contegno da schiava ubbidiente? E dov’è finito il suo bel sorriso?
La donna arrossì confusa e rispose: -Mi sc’..-
-Taccia schiava!- Non la lasciò continuare: -In ginocchio, svelta! Lei sta abusando della mia pazienza!-
Lei eseguì tremante.
-Sorrida!- Le intimò
La donna si sforzò di richiamare l’espressione, ma non ne aveva la benché minima voglia.
-Bene, almeno questo l’ha imparato! Credo sia giunto il momento di comunicarle il punteggio fin qui accumulato. Le ho segnato dieci punti per le perdite di tempo, quando s’è alzata e quando ha fatto quella commedia sul cesso. Altri dieci punti sono per aver avuto indosso le mutandine e per il tentativo di rimettersele, cosa veramente disdicevole per una schiava. Inoltre ha guadagnato altri venti punti durante la preparazione della colazione, il servizio e la rimessa in ordine della cucina: piccoli errori, come voltarsi verso il padrone senza necessità, fatto esattamente sei volte; sporcarsi le dita con la marmellata, mentre la spalmava sulla fetta di pane, nel tentativo, anche involontario, di mangiare senza il permesso, due volte; reagire alle attenzioni del padrone, mentre era intenta a lavare le tazze, tre volte; smettere l’espressione sorridente, cinque volte. Infine, cosa molto grave, parlare e muovere la mano senza permesso per complessivi venti punti.
Quanti ne ha guadagnato in tutto? Risponda-
-Ho guadagnato in tutto sessanta punti, signore!- Disse la donna, ancora con quel sorriso forzato.
-Benissimo, vedo che è capace a calcolare! E ora mi dica, vuole la punizione subito o aspetta più tardi, quando avrà un punteggio più consistente?-
-Se non le dispiace, la vorrei subito, signore.- Rispose la donna, senza pensarci su. La tensione del momento e la voglia di procrastinare il più possibile l’argomento merda, l’aveva convinta a rispondere in quel modo. Poi era dalla notte che cercava di far tacere quell’incontenibile stimolo che partiva dal suo ventre infuocato e voglioso: meglio spegnerlo in una maniera o nell’altra. Ricevere una punizione era la soluzione migliore, che le avesse provocato un orgasmo o che al contrario l’avesse fatta stringere dalla paura e dal dolore.
-Come vuole lei, signora. Dunque sessanta punti diviso tre fanno venti. Quindi si metta nella posizione adatta: il viso a terra, il bacino per aria: con le mani se lo scopra e separi bene le natiche: colpirò lì in mezzo. Esegua, per favore. E sorrida! Deve dimostrare tutta la sua felicità per le attenzioni del padrone. La avverto è l’ultima volta che la richiamo per quell’espressione. Successivamente, ogni volta che non l’avrà sul volto, le segnerò venti punti. Quindi stia attenta! Non vorrei rimandarla a casa con un vestito a losanghe sulla pelle, a furia di frustate! Un’altra cosa importante: potrà reagire ai colpi, manifestando il suo compiacimento, al massimo con mugolii: non voglio sentire grida o addirittura implorazioni, che saranno punite severamente triplicando la dose di frustate! Ha capito? Risponda!-
-Ho capito, signore.- Fece la donna sorridendo, mentre si metteva nella posizione richiesta. Razionalmente era affascinata dalla calma di quell’uomo che eseguiva con professionale distacco il suo compito, ma la sua indole masochista stava per prendere il sopravvento. Già la posizione assunta, l’attesa della punizione, l’essere in balia dello sconosciuto, la stava eccitando. Dimenticò la minaccia del pasto disgustoso, dimenticò che quell’uomo non fosse suo marito, dimenticò tutto: si concentrò solo sulla punizione che stava per ricevere e attese, chiudendo gli occhi.
L’uomo le mise davanti al viso uno specchio in modo da controllare la sua espressione.
Sentì la punta del frustino accarezzare la fessura tra le natiche e indugiare sul foro anale. La sua figa si bagnò come un riflesso condizionato.
Poi cominciarono i primi colpi. Lei mugolava, sforzandosi di mantenere un leggero sorriso. Ma l’uomo aumentò la forza delle frustate su quella parte così sensibile e ben presto lei perse l’espressione sorridente. Come non bastasse, l’aguzzino, alterava le pause tra una frustata e l’altra, facendole durare da frazioni a qualche secondo finché i mugolii si trasformarono in urla sguaiate. La donna perse ogni ritegno e riuscì a malapena a trattenere pianti e implorazioni.
-Le piace farsi punire, eh?- Domandò l’uomo, appena diede l’ultima tremenda sferzata sulla carne rossa e rigonfia: -S’è già guadagnata altri duecento punti per aver smesso di sorridere! Vuole continuare la punizione o rimandiamo più tardi!-
-Più tardi, per favore, signore- Rispose piagnucolando la schiava, sforzando la bocca in una smorfia ad imitazione d’un sorriso.
-Allora si ricopra, svelta! O vuole forse corrompermi, mostrando quelle sue grazie posteriori?-
-N’no, sign!-Taccia, non le ho dato il permesso di parlare!- La interruppe lui brutalmente e segnò altre crocette sul suo dannato taccuino:
-Ebbene, sono ancora nella attesa della sua richiesta di poter assaggiare i bocconi prelibati, preparati dal suo beneamato maritino. Preferisce mangiarli freddi o li devo scaldare a bagnomaria?-
-‘..- Non rispose nulla. La donna, ancora piegata a terra, immobile, confusa e nauseata, dolorante e sorpresa dalla piega degli avvenimenti, non sapeva che cosa rispondere, che cosa fare.
-Se vuole- Proseguì lui: -Posso convincerla io ad eseguire i voleri del suo padrone. Si alzi, prego e vada al centro della stanza.-
Lei eseguì come un automa. La mente vuota, ora non aveva più sensazioni di nessuna natura: era entrata istintivamente in quello stato d’animo di semitrance che l’assaliva e la permeava quando era immersa in una sessione sadomaso.
Lui le raccolse i capelli in una ciocca e fissò quest’ultima ad una fune che pendeva dal soffitto:
-Si metta in punta di piedi, per favore!- Le chiese con quel tono cortese, ma risoluto ed ella eseguì:
-Non esageri! Mezza punta è più che sufficiente.- Tirò la corda dei capelli, affinché la donna rimanesse tesa. Poi preso un collare alto, glie lo fissò intorno al collo, imponendole la testa diritta:
-Si tiri fuori le tette, per favore!- Le ingiunse.
La donna stava per slacciarsi la camicetta, quando lui le fermò le mani con la punta del frustino, dicendole;
-Ferma! Che fa! Le ho detto di tirar fuori le sue protuberanze anteriori, non di esibirsi in uno spogliarello! Si attenga agli ordini, o sarò costretto a punirla severamente!-
Lei cacciò una mano nella scollatura della camicetta e sgusciò prima una mammella e poi l’altra:
-Ora metta le mani dietro il collo. Crede d’esser abbastanza brava da tenerle in quella posizione o devo incatenargliele?-
La donna si scosse dal torpore a quella domanda: non era abituata a dover pensare o rispondere in una situazione del genere:
-Me le fissi- Rispose, sorridendo e solo in quel momento si rese conto d’aver perso completamente il controllo sul proprio corpo. Era scossa da piccoli tremiti ai muscoli delle gambe che si trasformavano in brividi nel percorso tra la schiena e l’attaccatura dei capelli. Tremiti che si ripercuotevano in contrazioni involontarie dei muscoli vaginali. Quella preparazione lunga e meticolosa, l’aveva immersa in uno stato d’eccitazione che montava piano, piano e via, via s’impossessava delle membra, dei muscoli, delle viscere: come in una spirale, percorreva le volute di un godimento masochista estremo che prometteva l’estasi di un orgasmo prorompente e sublime. Percepiva contemporaneamente sia i mille stimoli fisici, che provenivano dalla posizione impostale, sia le mille sensazioni psichiche, che ballavano nella sua mente come schegge impazzite:
-Me le fi’fissi’.per favore’- Sussurrò di nuovo, mentre l’uomo già armeggiava dietro di lei con le manette e il collare. Passò una corda attraverso un anello incastonato nella parete di fronte e all’estremità appese una sorta di piatto rettangolare. All’altra estremità, terminante con un moschettone legò due catenelle, una per ogni tetta. Fece scattare due morsetti sui capezzoli, ottenendo dalla donna, un mugolio prolungato.
-Mantenga il sorriso, per favore- Le disse l’uomo, mentre mollava la presa della corda, la quale tirò bruscamente le mammelle.
La donna fece istintivamente due passetti in avanti per contraccolpo e per lenire la fitta di dolore.
Lui la contemplò un attimo e poi andò a prendere dei mattoni. Ne posò uno sul piatto, che faceva da contrappeso alla corda fissata ai capezzoli. Lei puntò i piedi per terra e sforzandosi di mantenere il sorriso emise un piccolo gemito.
Ne prese un altro e lo mise sopra il primo. Ora le tette erano tirate spasmodicamente e la donna in punta di piedi, riusciva a mala pena a toccare il pavimento per non rimanere appesa con le sole mammelle e i capelli.
-Oh povera cara- Le disse l’aguzzino, vedendola in equilibrio precario: -Ora l’aiuto!-
Prese una corda elastica e fissatane un’estremità ad un anello della parete dietro di lei, la tirò fino a fargliela passare in mezzo alle gambe; anch’essa terminava con un moschettone al quale erano agganciati due morsetti. Rimboccò l’orlo della gonna in vita e morse le grandi labbra con quei piccoli terribili marchingegni.
La schiava emise un grido prolungato, seguito da altri lamenti, mentre cercava di riassestarsi, arretrando il bacino e avanzando il petto. Ora tutto il suo corpo era estremamente teso e il solo tocco della sua vagina aveva stimolato ancor più l’eccitazione, che le sue stesse urla ed implorazioni acuivano, verso un orgasmo prossimo a venire.
L’aguzzino le si avvicinò di nuovo con un’espressione di rimprovero e con tono risentito:
-Dato che non riesce a stare agli ordini le metto questo!- Le disse, mentre le imponeva un bavaglio sulla bocca: -Spero che le piaccia la musica!- Era costituito da una fascia di cuoio da allacciare dietro la nuca, che in corrispondenza della bocca aveva fissata un’armonica.
-Credo che lei sia pronta a chiedermi di poter mangiare quei bocconi, ma per esserne sicuro e meglio convincerla, adotterò un sistema, di solito infallibile-
Prese uno scudiscio ed iniziò a frustarla sulle tette: ogni colpo, che affondava su quella parte molle e sensibile, era totalmente assorbito dalle mammelle rese immobili dalla tensione della corda. Ed ogni colpo si ripercuoteva sui morsetti della vagina, sempre più dolorosamente stimolata.
L’uomo continuava le sferzate, apparentemente incurante e sordo ai suoni angosciati, all’espressione disperata della schiava. Le lacrime scendevano copiose e rigavano il suo volto stravolto, che cercava inutilmente di comunicare la sua resa incondizionata. Gli accordi striduli dello strumento suonavano inesorabilmente sia in inspirazione, che in espirazione e accompagnavano, come nel peggiore degl’incubi, la terribile flagellazione. La donna, la cui vagina si contraeva e si rilasciava spasmodicamente, proruppe nel più bestiale degli orgasmi, lanciando un ultimo accordo acutissimo, per poi emettere piccoli suoni ansimanti.
La tortura terminò e l’uomo le sganciò i morsetti; le tolse il bavaglio e infine, liberò la testa dal gancio sul soffitto. La donna crollò a terra e biascicò un:
-Po’posso’per’favore’man..giare’i boc’-
-Stia ferma lì e taccia per favore- Le intimò e uscì dalla stanza.
Quando tornò aveva in una mano un vassoio con un piatto di bocconcini marrone e un bicchiere contenente del liquido giallo; nell’altra una videocamera. Posò il vassoio s’un tavolino basso:
-Mi guardi, mentre riprendo la scena. Ora può parlare! Un sorriso, avanti!- La incoraggiò.
Lei, muovendosi a fatica, si mise in ginocchio, guardò con un’espressione di sussiego verso la videocamera e con un leggero sorriso disse:
-Signore, per favore, posso mangiare e bere il cibo preparato dal mio amatissimo padrone?-
-Me lo chiede per un favore che le devo concedere?- Rispose lui con tono beffardo.
-Si, signore, per piacere’.-
-E lei cosa è disposta a farmi, in cambio?-
-‘..-
-Su, risponda. Io le concedo di gustare il pasto di suo marito e lei cosa mi concede?-
-Quello che vuole, signore, quello che vuole- Rispose affranta e spossata. Tutto gl’avrebbe concesso, pur di terminare quella terribile sessione.
-Cosa ne dice di cinquanta colpi di frustino sulla sua vagina, bella aperta da tiranti sulle grandi labbra?-
-Si, si, va bene’.-
-No, signora, deve chiedermelo per favore!-
Sempre più stanca e desiderosa di terminare, riposare, smetterla, lo implorò:
-Per favore, signore, mi dia cinquanta colpi sulla vagina.-
-Me lo chiede per favore?-
-Oho, si, si, si.-
-E lei cosa è disposta a farmi, in cambio?-
La schiava si rese conto della trappola che le era scattata contro e che le si avvolgeva come una ragnatela senza vie d’uscita. Si accasciò ai piedi dell’uomo implorando pietà, promettendo di subire tutto quel che lui avrebbe voluto farle e di abusare pure sessualmente del suo corpo.
L’aguzzino, scostandole il viso con un piede la rimproverò:
-Si ricomponga e si vergogni! Credevo fosse una signora per bene e invece si sta comportando come una troia di quart’ordine! Si ricordi che è sposata! Si rimetta la gonna a posto e si avvicini al tavolino.-
Lei eseguì, procedendo a quattro gambe, la testa china:
-Ora guardi quei bocconi come fossero la più desiderabile leccornia che non possa mai gustare. Ne metta in bocca uno e lo assapori bene, prima di deglutirlo. Esegua!-
Lei fece tutto come ordinato, ma quando, ormai pronta ad un sapore disgustoso si mise il primo boccone in bocca, ci rimase di stucco. Guardò stupefatta l’uomo che stava riprendendo la scena con la videocamera e poi scoppiarono tutti e due a ridere: lei di una risata liberatoria, quasi isterica, lui per la scena esilarante di una donna che s’era fatta seviziare, aveva perso completamente la sua dignità, per nulla: quei pezzi marrone erano di pura cioccolata:
-Avanti, cosa aspetta! Finisca il pasto- Le intimò, mentre le riempiva a forza la bocca con quei deliziosi pasticcini: -Beva, così riuscirà a deglutire!-
La donna prese il bicchiere e quello che sembrava piscia era in realtà del te con molto limone.
Finita la cerimonia condusse la donna verso la camera e la fece sdraiare sul letto; la coprì con un plaid e le consigliò di riposare.
Si risvegliò dopo qualche ora, fra le braccia di suo marito che la baciò teneramente.

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