Skip to main content
Racconti Erotici

EMMA > STORIE: NEL MARE AZZURRO E CRISTALLINO…

By 8 Novembre 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

NEL MARE TRASPARENTE E CRISTALLINO D’AGOSTO

Come sempre più spesso mi accade in quest’ultimo periodo, entrare nella camera da letto mi costa una fatica indescrivibile…
…e dunque non cercherò di descriverla.
Tu sei lì, disteso nel grande letto ed io ti guardo…
…e come sempre più spesso mi accade in quest’ultimo periodo, faccio fatica a riconoscerti. Il tuo viso pallido, emaciato. I tuoi occhi infossati, alonati di nero. La pelle tesa, quasi traslucida, che sembra consumata dal tempo e dal dolore, del tuo volto…
…il tuo volto che ho sempre trovato bellissimo, affascinante…
…e che ho sempre amato…
…ho amato?
Sai, mi chiedo spesso se davvero io ti abbia amato, o meglio: se ti abbia amato davvero…
…e non me lo chiedo adesso che ti sto perdendo perché, come ho spesso sentito dire in giro, “si impara ad amare una cosa, quando la si per-de”…
…io mi sono rassegnata alla tua perdita; con dolore, con straziante angoscia, con una rabbia sconfinata che mi stringe il cuore…
…ma mi sono rassegnata, me ne sono fatta una ragione…
…e me ne domando il perché.
Perché ora, mi chiedo? Perché non &egrave successo prima, quando ancora le tue radici non affonda’vano così profondamente nel mio essere e perderti sarebbe stato si, doloroso…
‘sarebbe stato si, terribilmente angosciante…
‘ma mi avrebbe lasciato il tempo e la forza di ricostruire. Abbiamo combattuto insieme, abbiamo lottato con tutte le nostre forze e la nostra volontà per costruirci il nostro futuro…
…ed ora che ci siamo, a questo strafottuto futuro, esso mi si sgretola tra le mani!
Sai, nonostante tutti i miei sforzi, non riesco ad abituarmi all’idea dello svolgersi della mia vita senza di te.
La vedo andare avanti, perché deve andare avanti; mi vedo impegnata nel mio lavoro e nei miei mille interessi; mi vedo affrontare, con la mia solita solerzia, il mio ruolo di madre, e pre’sto forse anche di nonna…
…ma ci pensi? Riesci a vedermi come un’affettuosa nonnina? Quante volte ci abbiamo riso insieme, ricordi?…
…ed il ricordo mi strappa lacrime dagli occhi…
…che soffoco…
…perché non voglio che tu le veda…
…perché mi sono data questo stupido ruolo di donna forte, di moglie ferma e decisa, incrol’labile come una roccia; di tua compagna inalterabile nel bene e nel male…
…mentre dentro il dolore mi distrugge…
…e mi vedo proseguire sulla mia strada e lungo il cammino della mia vita, senza di te…
…e riesco anche a vedermi abbracciata ad un altro uomo…
…sono ancora abbastanza giovane e bella ed attraente e piena di desideri e di curiosità e di voglie…
…e ricevere i suoi baci, le sue intime carezze; giacere con lui in un letto, nuda, e giocare col suo sesso, e sentire il mio corpo lenito da quelle carezze’
‘ rimarginarsi le ferite al riaccendersi del desiderio e del piacere…
…il mio corpo…
…ma nulla potrà riempire il vuoto dell’anima, che tu avrai lasciato…
…perché ti amo? Perché ti ho amato?
Me lo sono chiesta sempre, in tempi non sospetti, e fortunatamente non ho potuto trovare una risposta perché non ho termini di paragone, non ho elementi di confronto per stabilire se davvero IO sia soddisfatta della mia vita…
…o, forse, della mia vita: si!…
…e della nostra, insieme?…
…sei stato il mio primo uomo…
…l’uomo che ho scelto come compagno per la mia vita e sei sempre stato un ottimo compa’gno: dolce, attento, premuroso, disponibile a mettere i tuoi egoismi al servizio non di me, mal del nostro rapporto in comune.
Non sei stato l’uomo ideale, non avresti potuto esserlo, né sei mai stato un uomo perfetto, non avresti saputo esserlo; ma sei stato un uomo buono e degno, con tutti i tuoi difetti, con tutte le tue debolezze ed i tuoi limiti.
Forse per questo ti ho amato, perché non ti sei mai vergognato di non essere perfetto…
…ed hai voluto crescere con me…
…e sei cresciuto con me, in questi venticinque anni di avventura insieme…
***
Grecia, 25 anni fa!
Un’isoletta sperduta nell’azzurro cristallino e trasparente del mare Egeo; undici ore di traghetto dal porto più vicino; non ci sono strade asfaltate e dunque non c’&egrave traffico, non c’&egrave caos. Un unico centro abitato che sembra quasi “attorcigliato” attorno al porticciolo e che poi si protende un po’ verso l’interno, a sfiorare appena la lussureggiante e verdeggiante vegetazione che copre il resto di questo scoglio sperduto.
Kamara? Kamara? ci investe l’urlo dei vecchi pescatori che si stringono attorno allo sparuto grup’po di turisti scesi dal traghetto e che hanno trovato il coraggio di scegliere questo posto in capo al mondo, come meta delle loro vacanze.
E noi, tra essi!
Do you like a good room?… bella signora? m’insegue la voce allegra di un vecchio che mi guarda am’mirato e sorpreso.
Ed io mi stringo attorno al braccio di Alessandro: me ne frego della “buona camera”; ma sono fe’li’ce soltanto di quelle due parole: “…bella signora! ”
Mi sento felice di essere una “bella signora!”.
Una giovane, bella, felice, “signora”!
Sono felice perché sono qui.
Sono felice perché solo una settimana addietro ho compiuto diciott’anni.
Sono felice perché solo tre giorni addietro ho sposato l’uomo che amo… che credo di amare… che co’munque ho deciso di amare.
Sono felice perché la mia pancia, sempre più grossa ed aguzza, ormai arriva dappertutto prima di me.
Sono felice perché fra qualche mese la creatura che cresce in me finalmente nascerà. Po’trò finalmente stringere tra le mie braccia la mia bambina… io stessa bambina… due bambine: lei figlia ed io madre.
Sono felice perché finalmente inizia per me una nuova vita… la mia vita, nella quale ora ho una nuova famiglia… la mia famiglia, al di fuori di quell’ossessione che &egrave stata sinora la vita nella mia vecchia famiglia.
Sono felice… perché sinora sono stata infelice.
Ed allora raddrizzo le spalle, petto in fuori, e con quel pancione che fende l’aria davanti a me, come un apripista, mi appoggio al braccio di mio “marito” in modo che tutti mi guardino ed un po’ mi invidino perché sono proprio una “bella signora”: una piccola, giovane, felice, “bella signora”!
***
E ti guardo, in quel letto…
…quel letto in cui per 25 anni abbiamo dormito assieme, in cui abbiamo consumato i nostri infiniti atti d’amore…
…non solo lì, figuriamoci!…
…ti piace sorprendermi, vero? Ti piace arrivare in silenzio alle mie spalle mentre, nella nostra grande cucina, sono impegnata attorno ai fornelli ed abbracciarmi da dietro e stringere con for’za le tue mani attorno al mio seno; piano, perché Paola dalla sua stanzetta non ci senta; infi’lar’mi le mani sotto la corta gonna…
…mentre io mi fingo seccata e protesto e scherzosamente ti scaccio e ti respingo…
…e accorgerti che non indosso gli slippini…
…sei sorpreso?…
…sei sempre sorprendentemente sorpreso dalle mie stravaganze, vero?…
…ma cosa credi che non me ne sia accorta, brutto scemo? Che non lo abbia letto nei tuoi occhi, il desiderio, mentre rientrando a casa mi baci teneramente sulla bocca per salutarmi…
…mai una volta, in 25 anni di vita insieme, sei uscito di casa o sei rientrato senza salutarmi con un tenero bacio sulle labbra…
…anche quando tra noi c’era tensione…
…anche quando il nostro rapporto ha scricchiolato…
…perché non sempre sono state sole “rose e fiori”
‘nella vita reale non lo sono mai…
…un bacio lieve come una carezza, come lo sfiorarsi leggero delle ali di una farfalla; un bacio breve, rapido e fugace, ma che ti nasce dal profondo del cuore…
…ed io te ne sono grata…
…te ne sono sempre stata grata…
…ed ho sempre cercato di farti sentire quanto lo desiderassi quel bacio, quanto mi fosse necessario, come non ne potessi fare a meno…
…cosa credi, brutto scemo, che non l’abbia letto nei tuoi occhi il desiderio? E, rapida, ho sfilato le mutandine perché tu mi trovassi pronta, perché tu ti rendessi conto, con un lieve tocco, di come anch’io desideri quelle tue intime carezze…
…e lo facciamo lì, in piedi, contro il lavandino, rapidi e trepidanti, il cuore in gola per il timore che Paola possa irrompere improvvisamente e sorprenderci così…
…che vergogna!..
…sarebbe poi così grave che nostra figlia, anche se ormai quasi adulta, si rendesse conto di come il nostro desiderio &egrave maturato con noi mantenendosi, però, sempre intenso e vivo e senza limiti?…
…e non c’&egrave angolino della nostra casa che non ci abbia visto avvinghiati, allacciati, compene’trati, come timorosi amanti…
…mi mancano le tue mani sotto la mia gonna; mi mancano in maniera dolorosamente stra’ziante; mi ritrovo spesso di fronte a quel lavandino, mentre lavo i piatti o risciacquo la verdura, e provo il bisogno, un bisogno impellente e quasi fisico, di sentire le tue mani attorno al mio seno, le tue dita lievi risalire lungo le cosce, affondarvi in mezzo…
…ed il sesso mi si bagna a quel pensiero…
…e le lacrime mi scendono dagli occhi…
…e piango, finalmente libera di non farmi vedere da nessuno!
E ti scruto, con un’ansia che non vorrei provare e che riesco a nascondere a chiunque tranne che a me stessa, alla ricerca di quel tenue movimento del tuo petto…
…respiri ancora, grazie a Dio…
…lento il tuo respiro, quasi stanco; stanco di costringere l’aria a riempirti i polmoni per ossige’nare quel po’ di sangue che ancora ti circola nelle arterie, spingendo avanti quel po’ di vita che ancora ti sostiene…
…perché mi costringi a questo strazio, brutto stronzo, figlio di puttana?
Tu non immagini cosa significhi, ogni volta che ti vedo, far correre il mio sguardo al tuo petto per vedere se ancora respiri…
…tu non immagini quanto dolorosa sia questa mia lenta morte, atterrita dalla tua lenta morte…
…perché non muori, finalmente?…
…per liberare te da questo strazio…
…per liberare me dallo strazio del tuo strazio…
…mio dio, darei la mia vita, perché tu non morissi mai, sapendo benissimo che ormai la tua fine &egrave così vicina!
Immobile, il tuo petto appena scosso dagli esili respiri, i tuoi occhi sono aperti e seguono, attenti, ogni mio movimento…
…i tuoi occhi…
…i tuoi grandi occhi scuri, quasi neri, vivi, accesi, intriganti…
…che strano, ho come l’impressione che tu voglia nutrirli dell’immagine di me.
Quasi sempre ormai i tuoi occhi sono chiusi, come se ti costasse un’immane fatica sollevare le palpebre, come se ti costasse una fatica ancora più grande osservare le immagini del mondo attorno a te; un mondo vivo e pieno di vita, una vita che sboccia in ogni dove…
…una vita che invece in te si sta spegnendo lentamente…
…ma ogni volta che io varco quella soglia i tuoi occhi si aprono e, stanchi, ingialliti, invecchiati nonostante la tua ancor giovane età…
…quei tuoi occhi brillanti di sofferenza, luccicanti di dolore, seguono ogni mio movimento…
…che stai cercando di fare? Di accumulare visioni di me per riempire il vuoto, il buio, la so’li’tu’di’ne che ti aspetta? Oppure anche tu, nel terrore che da un momento all’altro sopraggiunga la morte, vuoi recare con te un’ultima immagine di questo mondo che ti ha brutalmente respinto…
…l’ultima immagine di me?…
…ed anche di questo ti sarò eternamente grata…
…ed anche di questo mi sentirò eternamente in colpa e mi costerà un’immane fatica nel mio lento riadattamento alla vita, senza di te…
…e allora, brutto stronzo, perché non rimani? perché non resti accanto a me e ti giuro che io ti apparirò sempre come tu mi vuoi…
…o come mi hai sempre voluta…
…ed io, sciocca e superba, non ho mai voluto essere…
…o come mi desideri…
…o come mi hai sempre desiderata.
***
Grecia, 25 anni fa.
Un’isoletta sperduta nell’azzurro cristallino e trasparente del mare Egeo… che meraviglia!
Sono incantata dalla sua placida bellezza e dalla sua pace che si adattano perfettamente alle in’do’lenti pigrizie del mio stato. Eppure mi alzo presto al mattino, quando la luce del sole ancora non accende di vividi colori questa natura incantata, ma la soffonde soltanto di un monocromatico chia’rore, che rende quasi tutto più caldo, ovattato, intimo.
Io e la mia pancia ci alziamo dal letto, piano, in silenzio per non svegliare Alessandro che dorme tranquillo e beato.
Lo guardo.
Trovo che sia bellissimo addormentato. E continuo a guardarlo. A lungo. E mi dico che lo amo.
***
Davvero ti ho amato?
Sono solo una bambina…
…sono una bambina “sola” e tu sei stato l’unico ad entrare nella mia solitudine e non fuggirne via. Non hai cercato di consolarmi, non hai cercato di farmi capire che la vita &egrave “bella”, nonostante tutto…
…non &egrave bella la mia vita…
…&egrave un inferno…
…ma se io ci vivo dentro, ci puoi vivere anche tu; ci “vuoi” vivere anche tu, mi fai capire con quei tuoi grandi occhi scuri, quasi neri, vivi, attenti, intriganti, che mi seguono in ogni movi’mento…
…quante volte mi sono arrabbiata con te…
…ricordi?…
…perché mi guardavi in quel modo intenso, scrutatore, seguendo ogni mio movimento, quasi volessi nutrire il tuo sguardo solo dell’immagine di me…
…smettila di guardarmi così, ti investivo incazzata…
…non so guardarti in altro modo, rispondevi senza spostare gli occhi da me…
…ed allora non guardarmi per niente, ribattevo io sempre più stizzita…
…e tu abbassavi gli occhi a terra; come vuoi, mormoravi con voce triste, ma quando non ti guardo mi sembra di morire. Ed io ti sorprendevo nuovamente a fissarmi…
…e sorridevo, felice, dentro di me, mentre all’esterno ti fulminavo, torva.
Mi avvicino al letto e siedo accanto a te; ti prendo uno mano…
…mio Dio com’&egrave tenue e leggera…
…quasi non riesco a “sentirla” questa tua mano…
…e come invece le ho sempre sentite intensamente, quelle tue mani, sempre lievi e leggere ma forti, sul mio corpo, sulla mia pelle, sul mio essere “donna” e quante sensazioni incontrol’labili ed incontrollate; quanto piacere hanno saputo infondermi…
…come la tua bocca, come le tue labbra…
…mi chino a sfiorartele ora…
…secche, ruvide, riarse…
…e cerco di baciarti come ti ho sempre baciato, come tu hai sempre baciato la mia bocca: intensamente seppure con tenue leggerezza, con una passione lieve e quasi impalpabile ma così sensuale che mi mette i brividi addosso…
…dì: te lo ricordi il nostro primo bacio? Io ho solo 12 anni e tu nemmeno 14; ci conosciamo da sempre, sia’mo cresciuti insieme e tu sei l’unico vero amico che ho ed ho il terrore di perderti…
…ti vedo così più grande di me, così più maturo…
…e temo che possa innamorarti di qualcuna di quelle stupide ragazzine che ti ronzano attorno…
…perché mi sembri bellissimo…
‘perché sei bellissimo!
…e ho il terrore che mi abbandoni da sola nel mio inferno…
…quanta paura, quanto imbarazzo; come sono tremanti le nostre labbra, incerte, esitanti…
…che buffa immagine: quei due goffi ragazzini, vicini ma senza toccarsi, senza sfiorarsi, solo le labbra accostate, unite, premute le une contro le altre…
…occhi serrati…
…ed ora? come andiamo avanti?…
…ma quanta tenerezza!
Ed il tuo respiro si fa rantolante, affannoso, quasi si spegne…
…cristo, se devi proprio morire, muori almeno baciandomi ancora una volta! Una sola, unica, ultima volta…
…come stai? ti chiedo con un sorriso che vorrei indifferente…
…bene, rispondi con la voce che ti si &egrave fatta bassa, lenta, roca.
&egrave forse un sorriso quella smorfia che ti deturpa la bocca?
Cerco di sorriderti anch’io.
‘ma non &egrave vero! Non &egrave assolutamente vero che tu stia bene e nemmeno forse un po’ meglio.
E poi scor’go il dolore nei tuoi occhi e mi sento male.
‘ma spero che finisca presto, aggiungi con la tua voce che si spegne in un rantolo quasi inudibile….
No, ti prego, non dirlo! Lo sai quanto male mi fa sentirti dire queste cose orrende…
…ma lo spero anch’io…
…lo spero per te, per questo tuo tormento…
…ma non credere che io potrò star meglio, brutto pezzo d’idiota!
***
25 anni fa, una limpida mattina, in una casetta bianca su di un’isoletta sperduta nell’azzurro cri’stal’lino e trasparente del mare Egeo… che languido abbandono!
Guardo Alessandro, sprofondato nel sonno e non posso fare a meno di pensare che lui certamente ama me! Questo &egrave sicuro e di questo io sono assolutamente sicura.
Inviandogli un bacio con la mano, vado in bagno, sfilo la leggera camicia da notte e siedo sul water; faccio la pipì; ne faccio un sacco da quando sono incinta… e non so perché questo pensiero mi fa ridere. Sempre.
Mi lavo, a lungo e lentamente, con calma. Qui non c’&egrave nessuno che mi dà fretta.
Completamente nuda, vado nella piccola cucina della casetta bianca, appena fuori del borgo, come arroccata su una piccola altura che fronteggia questo meraviglioso mare trasparente e cristallino, che abbiamo preso in fitto da un pescatore per questa nostra “luna di miele”.
Ho fame… abbiamo fame! Ormai, da un po’ di tempo a questa parte, abbiamo sempre fame, lei ed io… la mia pancia ed io!
Mi preparo la colazione che consumo seduta ad una sedia del piccolo tavolo di legno verniciato di bianco e mentre mangio cerco di prendere, pian piano, possesso di questa mia nuova realtà: questa &egrave come se fosse la mia casa, dove vivo da sola con mio marito… e mia figlia. Come suonano dolci alle mie orecchie queste parole: la mia casa, mio marito, mia figlia!
Non mi sento né spaventata, né angosciata, di fronte all’enorme carico di responsabilità che mi sono tirata addosso: di donna di casa, di moglie, di madre; anche se ho solo 18 anni. Così come non ho avuto alcuna esitazione quando ho deciso di mandare tutto a quel paese e seguire la mia strada… difficile, nebulosa, in salita e forse irta di difficoltà, ma &egrave la ‘mia’ strada; anche se non ho ancora 18 anni quando l’ho intrapresa.
Ho finito di mangiare, raccatto la mia pancia e, sostenendola con le mani, torno in camera da let’to; Alessandro continua a dormire tranquillo.
Ma come diavolo fa, mi chiedo, a dormire così, quando lì fuori c’&egrave una giornata radiosa come questa? Una natura invitante come questa? Un mare trasparente e cristallino come questo?
Da sballo!
***
Perché mi sono chiesta così spesso se ti abbia amato veramente?
Forse perché a diciott’anni non si può essere sicuri di conoscere davvero l’amore, specie se si viene fuori da un inferno come quello in cui io ero immersa…
…e non si desidera altro che uscirne, in qualsiasi modo…
…anche facendosi mettere incinta da un ragazzino che &egrave il mio migliore amico, l’unico che sembra avermi capito, l’unico che sembra avere un po’ di pietà per la mia infelicità…
…si, perché io ti ho mentito, ti ho ingannato…
…e non ho mai trovato il coraggio di confessartelo…
…e me ne sono sempre vergognata terribilmente ed ancora adesso me ne sento in colpa…
…e forse per questo ho cercato di essere per te quella moglie ideale che tu hai sempre desiderato; quella “compagna” viva, attraente, seducente, affascinante, che ti rendesse la vita degna d’essere vissuta insieme, che tenesse sempre vivo in te il desiderio di tornare a me; quell’amante scatenata, disinibita, “trasgressiva” e forse, nell’intimità, anche po’ puttana, capace di tenere sempre vivo in te il desiderio di me e che non ti facesse mai pentire delle tue giovanili scelte, della tua giovanile incoscienza quando hai deciso di non “lasciarmi sola”, di non abbandonarmi al mio destino come pure sarebbe stato comprensibile che facessi…
…e sai una cosa, mio dolce sposo?…
…non avrei potuto desiderare marito migliore di te, che non ha mai tradito le sue promesse, né le mie aspettative…
…e dunque non importa se io non ti abbia amato veramente…
…e bada che non sto dicendo che non ti ho amato, ma solo che non lo so…
…che forse ti sono grata per la dedizione che mi hai dimostrato in tutti questi anni di felice vita in comune…
…per l’abnegazione che mi hai dimostrato quando, giovanissimo, ti ho spinto ad accettare una mia decisione, già radicata nel mio profondo, con l’inganno e la menzogna…
…perché non &egrave vero che la colpa sia stata tua, che si sia trattato di una tua maldestra distrazio’ne, quando sono rimasta incinta…
…sono stata io che ho fatto in modo che capitasse, l’ho voluto scientemente, consapevol’mente…
…ricordi?…
…quando te l’ho rivelato?…
…sono agitata, tesa, tirata come la corda di un violino…
…ma &egrave solo la paura che tu possa tirarti indietro…
…e mi guardi con quel tuo sguardo strano, profondo, ma pieno di dolcezza; quel tuo sguardo con il quale mi guardi sempre, quando mi guardi…
…ed io m’incazzo, perché mi sembra che tu non riesca a capire la portata e la drammaticità di quanto ti sto rivelando…
…sono incinta, porca puttana! Capisci? Ti urlo inviperita, incinta, incinta, incinta!…
…e allora? fai tu con quella tua sovrana indifferenza che mi manda in bestia…
…e allora? Brutto stronzo, per colpa tua… ti accuso con finta cattiveria: perché sei un co’glione… io adesso sono incita. Che cazzo faccio, io, adesso?…
…che diavolo significa ‘che cazzo faccio, io, adesso’? mi chiedi sorpreso. E per la prima volta vedo il tuo sguardo incupirsi e passare nei tuoi occhi una scintilla di risentimento…
…e la paura mi fa precipitare il cuore; la paura che tu non ne voglia sapere né di me, né della mia creatura…
…si, non so che fare, fingo di piangere disperata, i miei mi ammazzeranno quando verran’no a saperlo ed ammazzeranno il mio bambino… ma piuttosto mi ammazzo io, prima!…
…sei una stronza! dici con voce bassa e profonda ed in quella voce sento tutta la tua rabbia, finalmente allo scoperto: sei una grandissima, fottutissima stronza…
…ah, io? ti sfido aggressiva, tu sei lo stronzo… perché per colpa tua…
…ma non mi lasci finire: ed io? mi chiedi ora sempre più doloroso… o forse, addolorato?… e nel tuo sguardo non c’&egrave più il ragazzino appena ventenne, ma l’uomo adulto, ferito e forse tradito dalla sua donna: io per te non c’entro, vero? Quello che porti in grembo non &egrave figlio mio, quanto tuo? Chi ti dà il diritto di essere l’unica a decidere del suo futuro, del tuo, del nostro?…
…ed io ti guardo tra le lacrime; e queste non sono lacrime finte, queste credo siano proprio lacrime d’amore, perché so quello che stai per dire…
…ti conosco così bene, io!..
…e mi sento stupida perché, anche solo per un attimo, ho dubitato della tua buona fede…
…ed anche se mi sento in colpa perché ti sto quasi estorcendo questa decisione, pure so che essa &egrave sincera, dettata non dal sentirti responsabile e colpevole ma dall’amore che mi porti…
…perché di questo io non ho mai avuto il minimo dubbio…
…come hai potuto pensare per un solo momento che io potessi abbandonarti? mi ringhi contro e quel ringhio nasce dal fatto che io lo abbia pensato: Tu sai che io ti amo, e non da ora, io ormai sono “geometra” e lavoro già quasi da un anno…
…e fai una pausa…
…e mi sorridi…
…ed i tuoi occhi tornano a splendere come sempre li ho visti risplendere quando mi guardi con amore…
…posso chiedere la “tua mano”? concludi allegramente…
…e ridi…
…ed io rido…
…e ci abbracciamo…
…ed io non riesco a fermare le mie lacrime…
…e tu non riesci a fermare le tue…
***
Una calda estate di 25 anni fa, in Grecia; un’isoletta sperduta nell’azzurro cristallino e trasparente del mare Egeo; in una casetta bianca, appena fuori del borgo come arroccata su una piccola altura che fronteggia questo meraviglioso mare trasparente e cristallino, tutta nuda e portandomi a spas’so la mia invadente pancia, vado in camera da letto dove Alessandro continua a dormire beato e tranquillo, dovendo recuperare le energie spese durante questa “folle” notte.
No, non abbiamo fatto l’amore, perché da quando sono entrata nel quarto mese di gravidanza, abbiamo deciso di comune accordo di non avere più rapporti sessuali penetrativi, per timore che possano nuocere al feto… forse non &egrave vero, forse &egrave solo una sciocchezza, ma entrambi preferiamo così; ed io gli sono grata di questa sua “accortezza” anche perché le mie risposte agli stimoli sessuali sono cambiate radicalmente come se le mie zone eroticamente attive si siano spostate più in superficie, sulla pelle… “trasmigrazione erotica epidermica”, la chiama ironicamente Alessandro… e pro’vo uno strano, insolito ed intenso piacere nell’essere accarezzata, toccata, palpata, massaggiata, anche baciata, su tutto il corpo ma non raggiungo più l’orgasmo… o meglio, anche il mio orgasmo &egrave cambiato, facendosi più lento, meno vibrante e forse più lungo ed intenso ma la penetrazione mi provoca quasi dolore… non so se davvero fisico o non piuttosto solo psicologico… comunque sia, Alessandro si &egrave adattato in fretta a questo mio nuovo modo di “godere”, fatto di carezze, di baci, di sfioramenti e di contatti.
Ma questa notte era la nostra prima notte di “luna di miele”… e mi &egrave occorsa poca fantasia, ma molto tempo e fatica, per ridurlo nello stato di totale spossatezza in cui versa ancora questa mattina.
Infilo il costume da bagno, una specie di prendisole con una ridicola gonnellina a pieghe che dovrebbe nascondere la mia pancia e invece sembra messa lì apposta per dire: guardate, guardate come sono bella grossa e tonda! Sopra ci annodo un pareo leggero e trasparente e raccatto la borsa da mare, già pronta dalla sera precedente.
Inviando un ultimo, silenzioso, bacio al mio bell’addormentato maritino, esco nel sole che comincia a farsi brillante.
Scendendo verso il porticciolo acquisto dai negozietti che si affacciano su questa che dovrebbe essere la strada principale del paese e che mi pare invece uno sconnesso viottolo di campagna, un po’ di provviste (pane, formag’gio greco, feta, pomodori, frutta, una bottiglia di acqua minerale), mi fermo all’unico bar, sulla spianata del piccolo molo, per mangiare un dolcino… io ne potrei fare a meno ma lei… la mia pancia… proprio no… e poi mi cerco un pescatore che con la sua barchetta a motore mi porti, circumnavigando l’isoletta, a qualche spiaggetta deserta ed isolata; navighiamo, sciabordando lentamente, sulla superficie trasparente di questo mare cristallino; il pescatore mi lancia occhiate ammirate ed ammiccanti… specialmente alle mie gambe che sono rimaste belle, lunghe, affusolate e snelle… le belle gambe di una ragazzina diciottenne che si sente in pace con se stessa e con il mondo.
Quando vedo, verso riva, una insenatura molto bella, piccola e stretta, con la lussureggiante vegetazione che arriva quasi a lambire l’acqua lasciando soltanto una sottile striscia di sabbia bianca e finissima, dico al pescatore di accostare e di tornare a prendermi verso l’imbrunire e, quando lui scompare oltre il promontorio che chiude questa piccola baia, sistemo il telo da mare sulla sabbia, le mie sigarette… no, non dovrei fumare: me lo ha vietato il dottore, Alessandro me lo impedisce fulminandomi con occhiatacce, che io fingo di non vedere, ogni volta che faccio per accendermi una “cicca”… ma ora non c’&egrave nessuno che mi rimproveri se ne accendo una… i miei occhiali da sole ed il mio inseparabile libro.
La spiaggia &egrave completamente deserta, il sole comincia a riscaldare l’aria, l’acqua &egrave di una limpidezza cristallina e tiepida; non so per quale motivo, forse non ce n’&egrave alcuno se non il piacere della mia libertà, sfilo il costume da bagno e nuda mi immergo nell’acqua.
Dio che sensazione meravigliosa! Indescrivibile. Di libertà totale ed assoluta.
Non posso fare a meno di pensare, mentre sguazzo pigramente nell’acqua dove il mio pancione mi sembra tanto leggero e lieve, che se qualcuno mi avesse visto così solo qualche mese addietro sa’reb’be rimasto eccitato dalla vista della mia bellezza di giovane “ninfa” vestita solo della sua pelle… ora, invece, mi troverebbe oscenamente buffa e ridicola… ma chi se ne frega? Tanto qui non c’&egrave proprio nessuno.
Terminato il bagno, siedo sul telo da mare, le gambe distese e leggermente allargate, il ventre che quasi poggia sulle cosce ed i seni, quasi raddoppiati di volume, che riposano sul ventre; dopo essermi asciugata comincio a spalmare sulla pelle le varie creme: una per la pancia, una per il seno, una per il viso.
In questo periodo ho uno strano rapporto con il mio corpo, al quale dedico molta attenzione e molte cure perché non sia “sciupato” dalla gravidanza, ma non &egrave solo questo: il fatto &egrave che provo un piacere quasi estatico a carezzarlo, massaggiarlo, toccarlo con le mie stesse mani, come se provassi meraviglia ed allo stesso tempo soddisfazione nel toccare con mano i piccoli e grandi mutamenti che si manifestano quotidianamente in esso: le mammelle che si ingrossano, i capezzoli che si sono fatti larghi e sporgenti, la pelle divenuta liscia e tesa come seta, il palpitarmi del sangue nelle vene.
O forse &egrave semplicemente che cerco un contatto sempre più diretto con quel germe di vita che sento svilupparsi dentro di me.
***
E Paola? mi chiedi sommessamente, posando quella tua ormai impalpabile mano su una mia coscia…
…e resta lì, ferma, quasi inerte tanto che mi vien fatto di pensare che il tuo sia un gesto involontario…
…perché mai sei riuscito a tener ferme le tue mani quando si posano sulle mie gambe…
…quando siamo da soli, ma anche alla presenza d’altra gente…
…sempre un po’ troppo in alto, sotto la mia gonna, quelle tue mani…
…e sempre in movimento…
…ed io mi vergogno, mi infastidisco, ti fulmino con le mie occhiate brucianti di sdegno e di imbarazzo che tu fingi di non vedere…
…e sono convinta che addirittura te ne diverta…
…e la mia rabbia aumenta…
…ma non ho mai respinto quelle tue indiscrete carezze…
…abbiamo anche litigato, dopo; ti ricordi quante volte?…
…sei uno stronzo! ti investo non appena ne ho la possibilità…
…perché? mi chiedi con quella tua irridente aria di bravo ragazzino educato, ipocritamente inconsapevole delle proprie marachelle…
…perché mi vergogno! sbotto infastidita: E tu lo sai!…
…ti vergogni che la gente veda quanto io ti desidero? Quanto io sono orgoglioso di avere una moglie bella ed affascinante e seducente? e la meraviglia nel tuo sguardo sembra accrescersi…
…mi vergogno perché mi tratti come una “troietta”! e il fuoco nei miei occhi si accende ancor di più…
…e che importa? dici con slancio: tu ‘sei’ la mia troietta…
…e mi abbracci e mi baci e quei baci mi fanno dimenticare tutto il resto, anche la mano che mi si infila sotto la gonna e non sta mai ferma…
…perché non la muovi adesso quella mano?…
…vorrei tanto risentirla infilarsi sotto la gonna!
Arriva oggi pomeriggio con l’aereo delle sette, ti rispondo distrattamente…
…perché? chiedi cercando di nascondere la nota d’ansia e d’attesa che ti vibra nella debole voce…
…come perché?…
…sei tu che le hai detto di tornare? le hai detto che ero grave?…
…no, &egrave stata una sua scelta…
…ma i suoi studi, il suo lavoro?…
…credi che siano più importanti di un padre che muore?…
…ed immediatamente mi pento di averlo detto…
…stupida, idiota, misera donna senza cuore e senza cervello…
…ma sono così stanca!…
…le hai detto che sto morendo? chiedi e per un attimo vedo nei tuoi occhi l’antica scintilla di rabbia, di risentimento che te li faceva risplendere all’inizio della tua malattia…
…tu forse non ci crederai, ma &egrave questo che mi uccide lentamente: l’assenza ormai, in te, di ogni reazione…
…lo so, povero caro, sei stanco di combattere una battaglia persa in partenza; sei stanco di una lotta senza quartiere e senza sosta sapendo di averla persa ancor prima di iniziare ad affron’tarla…
…ma questa tua dolorosa rassegnazione, adesso, mi dà il segno non della tua resa ma della “fine” di questa guerra…
…e della tua sconfitta…
…e della mia, con te…
…e dopo la guerra ci sarà finalmente la pace…
…per chi?…
…per te…
…per me?…
…non la voglio questa pace, non la voglio! Ti prego amore mio, torna a farti vincere dalla rab’bia, dal risentimento; torna anche ad essere cattivo, perfido, pieno di livore verso il mondo; torna ad avercela a morte contro tutto e contro tutti, me compresa…
…com’eri all’inizio del tuo male, rammenti?…
…i tuoi scoppi d’ira immotivati…
…la tua sorda rabbia, contenuta e trattenuta fino al limite estremo, che poi improvvisamente esplodeva per un nonnulla, per una stupida parola, per l’immagine di un film, per il banale motivetto di una canzone che parlava di vita e d’amore…
…il tuo folle odio per l’allegria, la spensieratezza, la gaia e scanzonata aspettativa della “vita”…
…quale allegria può avere un uomo condannato a morte, quale aspettativa?…
…il ghigno feroce che aveva sostituito il tuo dolce sorriso…
…e le tue bestemmie, le tue invettive…
…maledetto di un Dio, bastardo e senza cuore, perché io? perché ora? perché con questa assurda ed interminabile ed insopportabile agonia?…
…che non era l’agonia della malattia, ma l’agonia del sapere e dell’attesa…
…anch’io l’ho maledetto quel Dio, e l’ho pregato e l’ho implorato…
…perché non ti riconoscevo, perché non riuscivo più a vedere in te il ragazzo dolce, sempre un po’ stralunato, pieno di sogni e di speranze; e poi l’uomo tenero, pacato, sempre riflessivo e ra’zionale che avevo imparato ad amare; quel Dio, bastardo e senza cuore, non solo stava cer-cando di strapparti a me, con questa assurda malattia, ma ti aveva trasformato in un altro, in un uomo diverso ed a me sconosciuto: duro, inasprito, addirittura violento…
…mi hai anche picchiato, una volta; ricordi?…
…tu…
…che per una vita intera hai sfiorato il mio corpo soltanto con carezze e baci…
…tu…
…che hai sempre riso dei miei improvvisi e bruschi cambi d’umore…
…mi eri diventato insopportabile…
…e ti confesso che forse ti ho anche odiato…
…ma eri vivo, in quei momenti di follia…
…e soprattutto eri abbarbicato a quel barlume di vita che ancora ti restava ed eri terrorizzato dalla paura di perderlo…
…quel barlume di vita…
…dal quale adesso non vedi l’ora di staccarti…
…ed io non posso accettarlo, questo!
***
Grecia, 25 anni fa; un’isoletta sperduta nell’azzurro cristallino e trasparente del mare Egeo, in una calda mattina d’estate, su una spiaggetta isolata e solitaria, molto bella, piccola e stretta, con la lussureggiante vegetazione che arriva quasi a lambire l’acqua, sulla sottile striscia di sabbia bianca e finissima: me ne sto seduta sul telo da mare, nuda, a massaggiarmi il corpo ed il pancione, la mente sgombra da ogni pensiero fastidioso, riempita soltanto da questa pigra e beata serenità che m’invade e pian piano s’impossessa di tutto il mio essere.
Improvvisamente volgo il capo. Ho sentito un rumore, un fruscio?… o soltanto ho avvertito una presenza?
E vedo a poca distanza da me, verso il fondo della baia, un uomo che mi osserva: non &egrave molto giovane anche se non riesco a definirne l’età (ma se hanno superato la trentina, a me sembrano tutti uguali) e questo “rude marinaio” (chissà perché l’ho sempre identificato a questo modo, nella mia mente, anche dopo, tutte le volte che ho ripensato a questa assurda ed incredibile storia) &egrave più sulla quarantina, se non oltre addirittura: alto, muscoloso, i capelli così chiari che non so se siano bianchi o biondi, lunghi, fluenti sulle spalle; due profondissimi occhi azzurri fissi su di me; la pelle del viso &egrave un po’ rugosa, secca, bruciata dal sole.
&egrave completamente nudo (ma stranamente quella nudità non mi infastidisce) ed il suo corpo &egrave uniformemente abbronzato, di un bronzeo color cioccolato.
Lo trovo molto bello, anzi: bellissimo. Proprio quello che le mie sciocche compagne di scuola, “ochette” come sono, definirebbero: “un gran bel fico”!
Tra le gambe gli pende il pene flaccido ma che anche in quella posizione appare enormemente lungo e grosso. Non posso fare a meno di osservarlo ed arrossisco, credo, quando mi accorgo che lui si &egrave accorto della direzione del mio sguardo.
L’uomo mi guarda con una strana espressione di ammirazione e sorride beato.
So che dovrei sentirmi inquieta o anche soltanto imbarazzata da quella sorprendente “apparizione’; ma non sono né spaventata né intimorita, solo un po’ mi vergogno perché di fronte alla scultorea bellezza di quel corpo atletico ed abbronzato il mio corpo ingrassato e pallido sembra ridicolo; per cui faccio per coprirmi con l’asciugamani che ho accanto; l’uomo, a passi lenti ma ampi, avanza verso di me, sempre con sulle labbra quel sorriso rassicurante; mi si inginocchia a fianco e, continuando a fissarmi negli occhi, posa una delle sue mani sulle mie; scuote il capo e, in un inglese stentato, ma corretto, mi chiede gentilmente di non coprirmi.
Lo guardo attonita, perplessa… forse un po’ infastidita da tanta sfacciataggine… ma qualcosa mi si scioglie dentro, lentamente, sotto quello sguardo intenso e carico d’ammirazione.
Perché? gli domando anch’io in inglese, avvampando sotto l’intensità di quello sguardo.
Sei bellissima così… fa lui… la cosa più bella che possa capitare ad un uomo di vedere.
Scoppio a ridere, forse un po’ nervosamente. No, faccio schifo! affermo, più per compiacimento che per convinzione: non vedi che sono grassa come un maialino?
Non provo imbarazzo a restare così, nuda, sotto il suo sguardo.
E non &egrave perché lui ha un’età per cui potrebbe essere mio padre, ma c’&egrave qualcosa nel suo sguardo che &egrave così terribilmente dolce, tenero, carezzevole… e poi penso che probabilmente il mio “stato” mi protegga dal lascivo desiderio maschile, quel desiderio che ho sempre letto nello sguardo dei maschi quando guardano le mie belle gambe lunghe, snelle e nervose, sotto la minigonna o il mio ancora acerbo seno, ma già prorompente, sotto le magliette corte ed attillate; quello sguardo lascivo e pieno di volgare desiderio che non vedo invece negli occhi azzurri di questo “rude marinaio”. Insomma non penso assolutamente di essere attraente così grossa e sformata come sono. E, lo confesso, quelle sue penetranti occhiate solleticano il mio amor proprio… di quasi donna e di quasi madre.
La sua mano però lascia le mie e si posa, con una delicatezza infinita, sulla parte alta del mio ventre, proprio sotto lo sterno dov’esso comincia a sporgere in avanti, quasi al centro, la punta delle dita leggermente spostate a sinistra, a percepire il palpitare del mio cuore.
Si muove? chiede curioso.
Deve essere un dormiglione… gli rispondo per nulla infastidita da quel contatto… si sveglia sempre tardi la mattina! Come suo padre…
E dov’&egrave suo padre? getta lì, senza curiosità né reazione alcuna, come se fosse concentrato soltanto sul contatto con il mio ventre.
E’ nella nostra casetta, giù al villaggio, che dorme beato anche lui… ma presto ci raggiungerà. E non lo dico per mettere una certa distanza tra di noi o come arma di difesa personale (credo di non averne bisogno); solo lo dico perché &egrave vero.
Il dorso della sua mano mi sfiora un capezzolo e lui, continuando a guardarmi sempre fisso negli occhi, prende a carezzarlo con il pollice, lasciando ferma la sua mano a palma sotto sulla pancia. Ed il capezzolo si indurisce immediatamente; se ne accorge, ma io non faccio nulla per farlo smettere, solo sposto i miei occhi dai suoi ed osservo con quanta delicatezza quel dito si muova.
Quando una donna &egrave incinta… afferma il “rude marinaio” con una tale dolcezza che gli illumina il volto… i suoi capezzoli diventano ipersensibili!
Lo so! rispondo ed ho socchiuso gli occhi godendo di quel tenue sfioramento che mi piace infinitamente; mi giro leggermente verso di lui: china il capo e ora mi sfiora il capezzolo con le labbra che sento secche ma calde; lo risucchia abilmente e la carezza diviene ancora più appagante; un brivido mi attraversa il petto quando i suoi denti si stringono appena appena attorno al quel bottoncino di carne.
Mi piace!
Con le mani sollevo l’altro seno spingendo la punta verso di lui perché mi succhi anche l’altro capezzolo; lo fa! E mentre lo fa la sua mano scivola sul mio ventre, leggera, calda, delicata, per quanto sia dura, rugosa, ruvida; alla sommità dove la pelle del ventre &egrave tesa, sull’ombelico prominente, poi scende verso il basso, seguendone la con’vessità, sulla piega dell’inguine; le sue dita arruffano gli ispidi e folti peli del pube, scivolano tra le cosce a sfiorare le labbra del mio sesso che da un po’ di tempo sono sempre tumide e leggermente aperte; il medio sfrega per un attimo contro la clitoride provocandomi come una scarica elettrica; la punta del dito trova l’imbocco della mia vagi’na e resta lì, fermo (né dentro né fuori) ma io lo sento. Solleva il capo staccando la bocca dal mio seno e torna a fissarmi negli occhi; anch’io affondo lo sguardo in quell’azzurro sconfinato e trasparente dei suoi occhi nel quale mi pare di affogare; so che sta per baciarmi… e desidero che lo faccia; le sue labbra sono riarse, brucianti, quando si posano sulle mie che si dischiudono spontaneamente, la lingua guizza nella mia bocca ed io gliela risucchio.
Restiamo a lungo così, io seduta sulla sabbia, lui accosciato al mio fianco, leggermente proteso verso di me; una sua mano sul mio seno, l’altra che si perde sotto il mio ventre gonfio e quel dito che &egrave lì, come se volesse entrare in me, ma non trova il coraggio di farlo; le labbra premute, le lingue avvinghiate.
Ed il nostro bacio mi sembra che duri in eterno, come se il tempo si sia fermato; finche improvvisamente io “vengo” con tutti i muscoli del corpo contratti ed il lento fluire, inarrestabile, del mio piacere.
So che non ha senso, che &egrave assurdo, che non dovrebbe essere così, ma quelle labbra brucianti, quell’avida lingua invadente, mi fanno quasi impazzire; finché lui si stacca, si risolleva, mi guarda ancora con una infinita dolcezza e, volgendomi la schiena, si allontana.
Io resto lì, frastornata, confusa, i miei sensi ancora “squinternati” da questo strano “orgasmo”, a guardarlo allontanarsi e noto che ora ha il grosso pene duro, rigido, svettante verso l’alto.
Ancora mi sto domandando cosa mi sia successo, che diavolo abbia fatto, quando mi accorgo che lontano, all’orizzonte, una barca fende il mare in direzione della baia; mi rivesto in fretta ed avanzo nell’acqua bassa fino a che dalla barca non scende Alessandro, sorridente, felice, pieno di vita. Ci corriamo incontro, ci abbracciamo, ci baciamo e passiamo una bellissima giornata di mare.
Mi sento davvero felice che lui ora sia qui con me; mi sento felice del nostro ritorno insieme alla casetta bianca, di fare la doccia con lui, accarezzandolo ed essendone accarezzata; di farmi bella per lui… entro i limiti in cui questa pancia ingombrante me lo consenta… per recarci a cena in un meraviglioso e caratteristico ristorantino locale (che poi &egrave anche l’unico presente sull’isola!), di passeggiare con il suo forte braccio attorno alla vita, sotto le stelle luminose, lungo le vie del borgo… e di ridere… e di scherzare… e di baciarlo… e di essere baciata.
***
Ti fisso, accigliata, e non faccio alcuno sforzo per nasconderti quello che puoi leggere nel fondo dei miei occhi: dolore, sofferenza, stanchezza e rimpianto…
…tra noi ormai non ci sono più queste finzioni…
…tu non le hai volute…
…se vogliamo vivere assieme questa terribile tragedia, mi dicesti un giorno dopo una delle tue terribili crisi di rabbia perché mi avevi sorpresa a piangere, da sola, nascosta, sforzandomi di non farti vedere quanto soffrissi: dobbiamo imparare entrambi a convivere con il dolore e la sofferenza, ad accettarla, lasciare che ci investa e ci travolga. Non voglio costrin’gerti a nascondere il tuo dolore e non voglio essere costretto a nasconderti il mio…
…però &egrave stato molto più facile dirlo che farlo…
…lo sappiamo benissimo entrambi.
Si, ti rispondo decisa e con pochi riguardi: le ho detto che stavi morendo…
…non dovevi, mi rimproveri con quella poca energia che ti rimane…
…non dovevo? e perché non avrei dovuto? e la rabbia, come sempre più spesso mi accade, comincia a momtare.
…&egrave inutile coinvolgere anche lei… tossisci scuotendoti tutto, come se queste poche parole ti avessero estenuato…
…Dio, sei assolutamente senza pietà: nemmeno gli lasci la consolazione di poter parlare con quelle poche persone che gli sono vicine; perché dev’essere sempre più solo con la sua sofferenza?…se non puoi fare altro per lui, risparmiagli almeno questo…
…ti prego…
…ma tu, bastardo di un Dio senza cuore, non le ascolti le mie preghiere, non le vuoi ascol’tare…
…in questo calvario inumano, riprendi sempre più flebilmente: Paola &egrave così giovane, sen’si’bile, non voglio che sia turbata dalla… dalla…
…non finisci la frase…
…perché non hai più la forza di farlo?…
…o perché ancora non trovi il coraggio di pronunciare quelle due terribili parole?…
…” mia morte!”…
…e mi auguro che sia così, perché questo significherebbe che ancora non ti sei rassegnato e, forse, hai ancora voglia di combattere…
…ma ho paura che, purtroppo, non sia così…
…e mi sento assolutamente impotente di fronte alla tua rassegnazione…
…smettila! ti impongo con durezza…
…scusami, amore mio, se spesso assumo questo tono duro ed intransigente con te che soffri tanto; non &egrave certo per insensibilità che lo faccio, ma se non fossi dura con te non potrei mai esserlo nemmeno con me stessa…
…e mi abbandonerei al pianto…
…come ho voglia di fare adesso…
…ma non posso…
…non devo…
…lascia anche agli altri il “diritto” di soffrire, proseguo con finta indifferenza ma la mia mano trema accarezzandoti la fronte: non farne una tua prerogativa; lei &egrave tua figlia ed &egrave giusto che soffra per te, che sia disperata, devastata dall’idea della tua… morte!
‘vedi? io l’ho trovato il coraggio di dirla quella terribile parola…
…la odio, la detesto, ci ho pianto all’infinito, mi ha spezzato il cuore, mi strazia le viscere ogni volta che ci penso…
…ma non mi fa più paura!…
…la parola!
Il tuo respiro si fa sibilante, ma una strana espressione soddisfatta si disegna nel pallore del tuo viso ed i tuoi occhi, guardandomi, tornano a farsi neri e profondi, come un pozzo senza fondo nel quale ho amato tuffarmi, senza paura, infinite volte, mentre un’ombra di sorriso si disegna sul’le tue labbra sottili ed esangui…
…sei proprio senza cuore, dici con un tono che tradisce però la dolce ironia di dirmi una bugia, sapendo che io so…
…non sono senza cuore, ti dico di rimando con lo stesso tono leggero, ma soltanto in appa’renza: sono solo realista…
…tu ridi, o quantomeno fai quella smorfia che ti deturpa il viso e che dovrebbe essere una smorfia d’allegria…
…quel bellissimo viso che m’incantavo a guardare quando pensavo che tu non te ne accorgessi e tu, d’improvviso, alzavi gli occhi a fissarmi con sguardo interrogativo…
…che hai da guardarmi così? mi chiedevi ansioso…
…come ti guardo? domandavo io di rimando…
…non lo so, hai un’aria strana, dicevi riflessivo…
…sei bello! affermavo fingendo adorazione e poi mi mettevo a saltare tutt’in giro, dimenan’do’mi forsennata’mente come fanno le fans di una star del cinema, all’uscita di un teatro, quando vedono passare il loro idolo, e gridavo in falsetto: sei bello, sei bello, bellissimo, sei il più bello del mondo ed io ti adoro…
…e tu ridevi divertito…
…ora non sei più bello come allora, ma io ancora ti adoro!
Tu sei solo una bugiarda, dici adesso con triste abbandono: ma non sai quanto mi facciano bene queste tue menzogne…
…lo so, ti sorrido…
…ed io ti amo…
…lo so…
…ti ho sempre amata…
…so anche questo…
…mio dio, insorgi con allegro sdegno: ma non c’&egrave nulla che possa dirti che tu ancora non sappia?…
…dimmi che vuoi restare con me…
…vorrei, questo lo sai…
…e allora dimmi che resterai con me…
…questo non posso dirlo, sarebbe una menzogna…
…e allora mentimi…
…scema, te ne accorgeresti; ti sei sempre accorta delle mie bugie…
…anche se tu non hai mai cercato di mentirmi…
***
In una notte d’estate di 25 anni fa, sotto le stelle, per le viuzze chiassose di un villaggio sperduto su di un’isoletta sperduta nel mare azzurro e cristallino e trasparente, mi sento felice accanto ad Alessandro, che mi stringe a sé e mi bacia ogni tanto. E non penso al mio “rude marinaio” né a quello che &egrave accaduto.
&egrave accaduto e basta!
Anche se non dico nulla, a mio marito, di quello che &egrave successo su quella spiaggetta.
Eppure l’indomani mattina non ho dubbi. Né alcuna esitazione.
Mi alzo molto presto, mi preparo, mando un bacio ad Alessandro che dorme tranquillo e mi faccio depositare sulla stessa spiaggetta deserta di ieri; sistemo la mia roba con cura, poi mi metto nuda e siedo sul telo com’ero il giorno prima.
Lo aspetto.
Senza fretta, senza ansia, senza impazienza, senza angoscia che mi serri la gola; so che verrà ed io desidero che venga.
E dopo un po’ lui arriva, col suo passo elastico, uscendo dalla fitta boscaglia che circonda la spiaggia; si ferma nuovamente ad una certa distanza a guardarmi, ancora una volta &egrave nudo ed il pene gli pende floscio tra e gambe; ma subito comincia ad indurirsi, a salire verso l’alto, rigido, teso, leggermente vibrante.
Lo fisso e questa volta non provo vergogna, non mi importa che lui se ne accorga; ne sono affascinata, attratta, eccitata.
Il “rude marinaio” avanza, con la sua cadenza lenta e misurata, verso di me; si ferma alle mie spalle e con tocco lieve mi sfiora i capelli.
Io resto immobile.
Poi si pone al mio fianco destro e si china, ma non si inginocchia; mi sfiora le labbra con le sue ed io dischiudo appena la bocca pronta a ricevere il suo bacio; ma lui si raddrizza lasciandomi dentro un desiderio inappagato di quelle labbra ardenti, di quella lingua infuocata; come una sensazione di attesa, languida e palpitante allo stesso tempo; con una mano mi sfiora la guancia e volge il mio capo dalla sua parte.
Sollevo il capo a guardarlo: il suo sorriso &egrave dolce, carezzevole, invitante, e l’azzurro dei suoi occhi &egrave così liquido e trasparente che mi pare quasi di potermici immergere… e mi ci immergo.
Mi tiene una mano sotto il mento perché il mio viso sia proteso verso di lui e con l’altra mano si cinge il pene alla radice e lo spinge verso la mia bocca; lo sfioro con le labbra e lo sento guizzare, vibrare, fremere. Non sono io che comando alle mie labbra di aprirsi. &egrave come se siano animate da volontà propria e lo accolgono felici tra le loro pieghe increspate; la lingua lo percorre per tutta la lunghezza e percepisco uno strano sapore salato, come di salsedine; sento che mi scivola in bocca per tutta la lunghezza. Uno strano pensiero mi attraversa la mente: non pensavo che ci entrasse tutto, grosso com’&egrave, ed invece… provo una strana sensazione di calore e di levigatezza, di durezza ma allo stesso tempo di cedevole morbidezza; tiro indietro la testa finché non &egrave quasi del tutto fuori della mia bocca, ne lecco avidamente la punta, a lungo, poi lo reimmergo tutto, fino in fondo; tenendolo così, sollevo gli occhi e guardo il mio “rude marinaio”: &egrave immobile, teso, le braccia lungo i fianchi, gli occhi ridotti ad una sottile fessura e sulle labbra quel suo meraviglioso sorriso, ora arricchito dal desiderio e dal piacere. E mi sento felice, sorprendentemente soddisfatta di essere io l’artefice di quel piacere. E voglio concederglielo quel piacere, fino in fondo; anche perché pian piano mi invade una sensazione di fusione; tenendo tra le labbra il suo pene mi sembra quasi di fondermi con lui, interamente, di fondermi con quel posto, di fondermi con l’universo… e vorrei che questa sensazione non smettesse, durasse all’infinito.
Non so dire per quanto tempo io galleggi in questa cullante irrealtà, mantenuta viva da questo gioco osceno, ma ad un tratto “sento” che il “rude marinaio” sta per godere e, senza esitazione, consapevolmente, lascio che lo faccia lì, nella mia bocca spalancata.
Il suo sperma ha un sapore molto forte, ferroso, quasi acido, ed &egrave densissimo ma, soprattutto, sembra non dover smettere più: mi inonda la bocca talmente copioso che strasborda dalle labbra semiaperte e mi gocciola sul mento, sui seni, sul ventre, raccogliendosi nella fontanella dell’ombelico.
Non ho ancora ripreso contatto con il mondo quando lui, ansimando leggermente, mi si inginocchia accanto, mi sfiora lieve sulla bocca e si china a raccogliere con la lingua una goccia perlacea che &egrave restata proprio sulla punta di un capezzolo, come incollata; poi tenendo la lingua a punta fuori della bocca, l’avvicina alle mie labbra; io gliela succhio e lui mi bacia finalmente con passione; gli cingo il collo e lo attiro a me cercando di fondere il mio corpo con il suo, la mia anima con la sua ed abbandonandomi al mio godimento. Fino a che, come il giorno prima, si risolleva e se ne va, lasciandomi lì, svuotata, affranta, sgomenta… ma appagata.
All’orizzonte compare il puntino indistinto di una barca che si avvicina. Ed ancora una volta accolgo Alessandro, felice della sua vicinanza, del suo amore, della sua presenza; dimentica del mio “rude marinaio”, ma non pentita.
***
…e non mi hai mentito, nemmeno quando avresti dovuto…
…e forse certamente lo avesti anche voluto, ma indubbiamente non hai potuto…
…&egrave un brutto periodo quello, per noi…
…ricordi?
Forse stiamo insieme da troppo tempo ed ognuno di noi pensa che non ci sia più nulla da dover scoprire, nell’altro…
…ed io mi sento persa…
…inutile ed abbandonata…
…come un limone da cui sia stato spremuto l’ultimo goccio di succo e che viene gettato nella pattumiera, con indifferenza…
…e ci stacchiamo l’uno dall’altra…
…e ci allontaniamo…
…lo so, la colpa &egrave certamente anche mia perché non ho il coraggio di affrontarti a muso duro, come ho sempre fatto, e chiederti brutalmente: ma che diavolo stiamo facendo?…
…ed invece, lentamente, mi lascio affogare in questo mare di solitudine, di sconforto, di delusione…
…e mi lascio andare alla deriva…
…l’età che avanza inesorabile…
…tu così distante, distaccato, ormai disinteressato a me…
…e nostra figlia che cresce, si fa donna…
…e le sue scelte di vita la portano sempre più lontana da me…
…e le combatto, le ostacolo, le contrasto con tutta la mia forza, queste sue scelte che trovo assurde ed offensive…
…presuntuosamente sicura di essere l’unica a sapere cosa sia meglio per il suo bene, per il suo fu’turo, per la sua felicità e, invece, non mi accorgo che sto solo difendendo disperatamente il mio “egoismo di madre”, il mio possessivo amore…
…per difendere il quale sono pronta anche a mettermi contro di te, contro il tuo infinito amore per lei….
…quell’amore che, stupidamente, confondo con comoda accondiscendenza…
…e la perdo…
…e perdo anche te…
…che dolorosa sensazione di inutilità, in quei momenti…
…quanta rabbia, quanto livore, quanto risentimento, nelle nostre discussioni che si fanno immancabilmente liti violente, quasi dominati dal desi-derio di farci reciprocamente del male, di ferirci…
…e la distanza intanto aumenta…
…e le barriere si fanno invalicabili…
…ed il vuoto nella nostra anima si fa sempre più desolato…
…ed &egrave facile per chiunque inserirsi in questo vuoto e dare l’impressione di poterlo riempire…
…tu ne sai qualche cosa, vero?
Ricordi quella sera che sei tornato tardi ed io ti avevo cercato dappertutto senza trovarti…
…non ho un motivo preciso per farlo se non che, ancora una volta, ho litigato furiosamente con Paola alla quale non perdono la decisione di andarsene di casa, lontano, per costruirsi la sua vita…
…ma che diavolo le manca?…
…cosa non le abbiamo dato?…
…e scioccamente fraintendo il suo anelito di libertà come il desiderio di tradire le mie aspettative…
…e ti cerco soltanto per fare di te il capro espiatorio delle mie frustrazioni…
…rientri a tarda notte, sereno, tranquillo, fischiettando…
…e già questo non posso sopportarlo…
…perché: come puoi essere così placidamente indifferente allo strazio del mio cuore che non mi dà pace?…
…e quando, fuori di me per la rabbia e per l’invidia di questa tua assurda serenità, ti investo: ma dove cazzo sei stato fino a quest’ora?…
…tu mi guardi con quel tuo modo strano che hai di guardarmi…
…e mi sorridi…
…taci a lungo, scrutandomi e poi mi dici, con una freddezza che mi raggela: con un’altra donna!
Mi hai uccisa, lo sai? Con quelle quattro parole, peggio che fossero colpi di pistola. Perché sento che &egrave vero!
Finita!
Con la rabbia che mi esplode dentro, insieme al dolore, insieme all’angoscia, insieme alla furia cieca…
…che per la prima volta non mi fanno trovare le parole e me ne resto lì a guardarti, gli occhi dilatati dall’orrore, la bocca spalancata dalla paura…
…ci vai a letto? chiedo ansimando violentemente, in cerca d’aria pura…
…no, rispondi con fermezza: non ancora, ma lo desidero moltissimo…
…lo desideri?… brutto bastardo senza cuore, dopo tutto quello che ti ho dato, tu desideri un’altra?… come hai potuto preferirmi un’altra?… come puoi desiderare un’altra donna che non sia io?…
…e vorrei saltarti agli occhi, strapparti il cuore, devastarti l’anima…
…e tu sai, se sia capace di farlo!…
…per desiderare qualcosa, mi rispondi da una distanza siderale: occorre che quel qualcosa si renda desiderabile, non trovi?…
…e non sono le parole…
…ma i tuoi occhi…
…quello che ci leggo dentro: dolore, angoscia, ma soprattutto rimpianto…
…un doloroso rimpianto…
…di me?…
…di me che non sono più la donna che tu…
…e per fortuna ho capito!
Non &egrave stato facile…
…non &egrave vero?…
…non &egrave stato facile per niente, però siamo riusciti a ricostruire; siamo riusciti nuovamente ad aiutarci l’un l’altra a capire, a comprendere…
…siamo riusciti soprattutto a ritrovare il gusto di parlarci…
…io ho ritrovato in te l’uomo dolce, tenero, comprensivo, capace di accettarmi come sono e di amarmi proprio perché sono così…
…e tu hai ritrovato in me la compagna desiderabile e desiderosa…
…ed abbiamo ritrovato anche nostra figlia!
Se quella volta tu mi avessi mentito…
…sarebbe bastata una piccola bugia…
…ringrazio Iddio perché ti ha fatto incapace di mentire…
***
25 anni fa, in Grecia, su un’isoletta sperduta nell’azzurro del mare trasparente e cristallino, su una spiaggetta nascosta agli sguardi indiscreti, non mi pongo domande né interrogativi.
Non voglio.
Ho 18 anni, sono sposata, sono incinta… e sto vivendo questa stupenda avventura con il mio “rude marinaio” e mi sento felice.
Mi basta!
L’indomani mattina sono ancora lì, su quella spiaggetta di sogno; non mi aspetto nulla, non desidero che accada qualcosa: solo voglio accettare quello che accadrà.
Questa volta però non posso mettermi nuda a prendere il sole poiché a qualche metro dalla riva, poco discosto, &egrave ormeggiato un grosso gommone con a bordo un gruppo di giovani schiamazzanti.
Un po’ mi sento delusa, un po’ infastidita, perché quella presenza mi appare come un’invasione della mia “libertà”; non so perché ma questa insenatura la “sentivo” mia, esclusivamente, come in un sogno “privato”, dove non puoi accettare invasioni estranee che vengano ad alterare la tua realtà! Per cui prego Iddio che se ne vadano presto; ma sono ancora lì, quando “lui” ricompare, bello e nudo come sempre; sorridente come sempre.
Esce dalla vegetazione che chiude sul fondo la spiaggia e, indifferente a queste estranee presenze, mi si avvicina con quel suo passo deciso e sicuro, ma assolutamente tranquillo; tende le mani, aiutandomi a rialzare, e piega leggermente il capo di lato per baciarmi sulla bocca. Rispondo al bacio con slancio ma poi mi tiro indietro indicandogli con la testa gli invadenti “turisti”; si ferma un attimo a fissarli, pensieroso, poi comincia a raccogliere le mie cose.
Lo osservo, sorpresa, ma lui non mi dà alcuna spiegazione; tenendomi sempre per mano si avvia verso la vegetazione, da dove &egrave venuto; protesto dicendogli che aspetto mio marito, che devo essere lì tra poco, quando lui arriva.
Lui sorride con una alzata di spalle e continua trascinarmi; lo seguo docilmente, soggiogata dalla sua presenza, e attraversiamo un pezzo di quella fragrante “boscaglia” fino ad arrivare ad un’ampia radura nella quale sorge una casetta di legno. E’ un posto incantevole, dove una specie di boschetto di oleandri selvatici diffonde tutt’attorno un odore dolciastro ed inebriante. La casa, costruita su una spianata di sabbia, ha un patio in legno sostenuto da grossi tronchi grezzi; ad uno di essi &egrave legato, a circa due metri d’altezza un palo in orizzontale che forma una specie di croce; alle due estremità di questo palo ci sono due occhielli di legno nei quali passano due corde spesse e logore; il patio &egrave occupato da un grande tavolo di legno massiccio ed alcune poltroncine di vimini; sul tavolo c’&egrave una serie di boccaccetti di vetro che contengono non so cosa.
Mi conduce nei pressi del patio e mi attira a sé.
Mi bacia, profondamente, con una passione quasi sensuale. Lo bacio anch’io (&egrave un po’ comico perché per abbracciarmi deve piegarsi lateralmente per evitare il mio pancione che occupa un bello spazio di fronte a me).
Mi sfila le bretelline del costume e fa emergere le mammelle gonfie, le bacia delicatamente inturgidendomi i capezzoli; fa scivolare ancora più giù il costume ed emerge la mia pancia grossa, liscia, pallida; deposita anche lì piccoli baci; si china ancor più per sfilarmi completamente il costume e posa le labbra sui peli del pube, la lingua guizza in basso a sfiorare l’attaccatura delle grandi labbra.
Un fremito mi percorre e penso che voglia ricambiarmi l’intima carezza di ieri; invece lui si rialza e mi porta vicino al palo a croce; mi lega attorno ai polsi una delle estremità delle corde, senza stringere troppo, e poi le tira un po’ in su, in modo che io resti in piedi, le braccia sollevate verso l’alto con la faccia rivolta verso il paletto orizzontale.
Non ho paura di essere così legata: so che non potrebbe mai farmi nulla di male, anzi!
Lui si avvicina al tavolo ad esaminare qualcuno dei vasetti; io lo guardo senza ansia, senza alcuna aspettativa.
Perché…? gli chiedo quando lui solleva lo sguardo verso di me. Sorride con aria complice: Perché sei mia “prigioniera”, dice con voce bassa e profonda: prigioniera del mio amore.
Ha detto proprio così: “del mio amore”?
Credi che ce ne sia bisogno? domando io ma lui non mi risponde; viene a porsi alle mie spalle, e quasi abbracciandomi da dietro inizia a spalmarmi sul seno… non so cosa… &egrave una specie di crema trasparente che ha odor di miele e di cannella e mentre me la spalma sento il contatto del suo corpo contro la mia schiena: il petto che mi sfiora le spalle, il membro duro che striscia contro il mio fondoschiena.
Non provo vergogna o apprensione a starmene così e lasciandogli fare quello che vuole; il dolce massaggio delle sue mani sul davanti del mio corpo e del suo pene sul didietro mi illanguidisce… e quel linimento sconosciuto che mi ha spalmato sul corpo improv’visamente comincia a fare effetto. Ed &egrave un effetto strano, indescrivibile: come un leggero calore che mi si diffonde sotto la pelle; una leggera vibrazione che ad ondate progressive mi invade e sale fino al cervello e mi lascia vuota, aperta, ricettiva. Uno strano pizzicorìo proprio sulla punta dei seni, sul basso ventre, nei lombi contratti, che mi fa desiderare le sue carezze, i tocchi leggeri delle sue dita sapienti. Sento che le sue mani, da dietro, ora mi allargano le natiche… oh mio dio ma cosa sta facendo?… e la punta del suo pene che preme lì dove non dovrebbe… no, no, non voglio… oh siii… preme: si… spinge: si… mi dilata: si… scivola in me, lentamente; entra in me, piano e piano risale; lo sento: duro, grosso, invadente; lo sento risalire centimetro dopo centimetro, occuparmi tutta; cerco di stringermi attorno a quella impossibile invadenza e tenerlo lì, sentirlo pulsare contro la mia carne, nella mia carne…
Lui resta immobile, aderente alla mia schiena, immerso in me… e non si muove… e non mi importa nulla… in pie’di, nuda, legata… posseduta in maniera innaturale da questo sconosciuto… e tutto il resto scompare, attorno a me: il cielo, il mare, il bosco, la casa… il tempo! Solo lui dentro di me ed io attorno a lui; sento le sue mani attorno ai seni, i capezzoli cercare il contatto con quelle dita ruvide e dure; il ventre gonfio palpitare a quello sfioramento delicato come una piuma, il sesso aperto invitarle ad entrare… e le sue labbra sul collo, sulla schie’na. Ma &egrave il suo smisurato “essere maschio”, che vibra nella profondità del mio essere femmina, che mi fa godere.
E non &egrave il mio solito orgasmo violento, squassante, convulso: &egrave un risalire lento del piacere che ad ondate progressive mi stacca dalla realtà e mi manda alla deriva in un mare increspato di godimento; un moto lento, ondulato, ma che progressivamente sale e mi sommerge.
Forse &egrave l’effetto di quegli unguenti che ha usato?
Non lo so e non mi interessa saperlo!
Percepisco soltanto, e con assoluta certezza, che il suo piacere si fonde con il mio: bruciante, incontenibile, che sembra non dover mai finire e mi allaga i visceri e sale verso il cuore, impossessandosi della mia anima.
E mi sembra quasi di sentirlo in gola, in bocca, il suo sapore!
Chiudo gli occhi e sono in un altro mondo, in un altro universo, dove tutto avviene con una lentezza esasperante che mi fa stridere i nervi tesi e scoperti; dove ho piena coscienza di ciò che accade ma lo vivo con un distacco quasi soprannaturale; ho la percezione di me stessa, delle sensazioni indicibili che progressivamente sommergono il mio corpo ed il mio cervello, ma come se le vivessi nella “vita” di un’altra: ora seduta sulla sabbia, la schiena poggiata al paletto e le braccia sempre legate sul capo, le gambe distese ma allargate al massimo; lui &egrave di fronte a me e regge nelle mani l’estremità di tre cordicelle che terminano, all’altro capo, con un piccolo morsetto di metallo: un morsetto &egrave attaccato al mio capezzolo sinistro, un altro a quello destro ed il terzo finisce tra le grandi labbra del mio sesso agganciato a quel bottoncino di carne turgida, enfiata, prominente; ne sento il pizzicore ma non ho alcuna percezione di dolore e quella pressione mi piace, mi sollecita, mi fa impazzire; lui tira le cordicelle ed io sussulto assalita da scariche nervose che mi si concentrano nei lombi contratti. E poi il suo membro &egrave prepotentemente immerso nella mia bocca e quando lui acuisce il mio piacere con quelle scariche nervose che partono dal seno e dal sesso, più acuto si fa in me il desiderio di impossessarmene, di sentirlo mio ed affondarlo fino in gola. E poi sono distesa di schiena sul tavolo, le gambe piegate con le ginocchia rialzate ed i piedi puntati sul bordo del piano, divaricate, e la sua bocca aderente lì in mezzo; e la sua lingua che lambisce, che lecca, che affonda; e le sue labbra che si chiudono attorno al centro del mio piacere e lo risucchiano con forza, con ingordo desiderio; ed io continuo a godere e non vorrei mai smettere. Ed ora, sempre distesa sul tavolo, il sedere proprio al bordo, le gambe penzoloni, mentre lui, tra le mie cosce spalancate, in piedi, strofina tra le dita della destra un po’ di un’altra crema che ha preso da un altro dei suoi vasetti; prende tra le dita uno dei miei capezzoli e lo ruota perché si imbeva di quello strano intruglio, poi mi strizza l’altro capezzolo con le dita unte e, se pur non vedo, sento che fa lo stesso col mio sesso… ed il fuoco mi si riaccende dentro! Un fuoco di piacere e di desiderio e di voglia e di…
Stai godendo? mi chiede osservandomi sempre con quel suo sguardo intenso.
E come mentirgli? Oh si… si… si… urlo soltanto.
Vuoi godere ancor più? e non aspetta la mia risposta, ma credo che non ce ne sia bisogno: Tira su le gambe!
Lo faccio e lui mi infila piano nell’ano il dito medio unto di quel suo strano intruglio; dopo averlo mosso un po’ in giro, esplorandomi, comincia a farlo andare avanti e indietro sempre più forte e più veloce ed io grondo tutto il mio godimento sotto quella carezza oscena, forse brutale, forse indecente, ma che mi fa pian piano impazzire senza ormai nessun ritegno.
Non ne posso più e sono io stessa che faccio aderire la parte posteriore delle cosce al suo petto e poso l’incavo del ginocchio sulle sue spalle e ponendogli le mani sulle reni lo attiro a me… dentro di me! Mi penetra piano, con infinita dolcezza ed estenuante lentezza, con una tale delicatezza che non ho mai riscontrato in nessun uomo. Ma entra in me fino in fondo.
Mi prende così, su quel tavolo, dolcemente, muovendosi appena appena; ma mi prende fin dentro l’anima, spingendomi fino al punto in cui nessuno &egrave mai riuscito a spingermi…
Non so quanto sia durato tutto questo, ma certamente un tempo infinito, perché il tempo si &egrave fermato.
Ed improvvisamente mi accorgo che la luce del sole si &egrave fatta obliqua e le prime ombre si allungano su quella radura.
&egrave come una frustata improvvisa, come un ceffone inaspettato, come un brusco risveglio. E per un attimo ho paura che si sia trattato solo di un sogno; ma sono seduta su una delle poltroncine di vimini, nuda, sudata, ansimante ed imbrattata del suo seme. No, indubbiamente questo non &egrave un sogno.
Lui mi si avvicina porgendomi un bicchiere e facendomi bere qualcosa.
Mi sento improvvisamente meglio (e peggio allo stesso tempo)
Alessandro! Oh mio dio, mi starà cercando…
Mi alzo, agitata e frenetica. Lui cerca di calmarmi, rassicurarmi; lo respingo con violenza e barcollando, ancora stordita, comincio a raccattare i miei “stracci”; mi aiuta a rivestirmi e tenendo in mano la mia borsa da mare mi riporta alla spiaggia: &egrave completamente deserta! Mi lascio prendere dal panico, dall’angoscia e sento calde lacrime scivolarmi sulle guance.
Lui da un angolino quasi nascosto della boscaglia spinge in mare un piccolo canotto a motore, mi aiuta a salire e si dirige verso il porticciolo.
***
Quando guardo Paola in faccia, riconosco sempre la soave bellezza del tuo viso: i tratti dolci e finemente regolari; e l’accattivante pienezza del sorriso; ma nei suoi occhi d’oro c’&egrave sempre la tenace ostinazione che &egrave propria del mio essere.
Anche ora, mentre mi guarda con il volto stanco, preoccupato, tirato, dopo il lungo viaggio, riconosco te, in lei…
…come sta? mi chiede con ansia malcelata, dopo i rapidi baci di saluto…
…che vuoi che ti dica, figlia mia?…
…&egrave alla fine ormai! dico rassegnata e vedo il luccichìo di una lacrima che si riflette nell’oro dei suoi occhi…
…e scorgo nell’espressione disperata del suo viso la stessa ansia di rivederti, di riabbracciarti, che ho letto nei tuoi occhi quando hai saputo che stava per tornare…
…e la stessa paura!
Vi osservo, stretti uno tra le braccia dell’altra; i suoi morbidi, soffici, vaporosi e biondi capelli, frammisti ai tuoi che si sono fatti invece crespi, di uno stopposo colore indefinito ed ormai radi; il rosa incarnato del suo viso delicato in netto contrasto col pallore cadaverico del tuo…
…eppure come mi apparite uguali…
…come va? le chiedi con fatica ma cercando di soffocare la sofferenza; mentre nulla puoi contro l’emozione che ti serra la gola nel rivederla finalmente…
…va bene, papà; va bene per me… e tu? ti domanda lei ostentando indifferenza ma anche la sua emozione &egrave trasparente sul suo viso…
…ora mi sento forte come un leone, tenti di scherzare, ora che ci sei tu…
…ed ancora quella stretta salda, profonda, interminabile, come se entrambi aveste paura di staccarvi…
…per sempre!
Vi osservo entrambi con dolore, come se foste una parte di me che mi &egrave stata staccata a viva forza…
…lei, seduta sul tuo letto, che ti parla facendo vagare lo sguardo per la stanza perché non trova il coraggio e la forza di guardarti in faccia, di leggere sul tuo volto il dolore e la sofferenza, ma soprattutto di veder trasparire nei tuoi occhi neri la rassegnazione…
…ed al contrario tu la guardi fissa…
…forse non ascolti nemmeno le sue parole, dalle quali fingi invece d’essere interessato…
…la guardi e basta…
…intensamente…
…e sembri voler nutrire queste tue ultime ore della sua immagine…
…quasi incredulo che possa esistere…
…quante volte ti ho visto osservarla con questa espressione di rapita sorpresa, quand’era piccolina: una vispa bimbetta bionda, incontenibile; da ragazzina con la sua bellezza di cui eri certamente geloso anche se non lo davi a vedere; da donna adulta orgoglioso della sua fierezza…
…quante volte ti ho sorpreso a guardarla così, estasiato…
…e nel petto il cuore mi si riempiva di affetto, per tutti e due.
Poi sollevavi gli occhi a guardare me…
…e nel tuo sguardo galleggiava la soddisfazione, l’orgoglio…
…e tanto amore!
…smettila di guardarmi così…
…non so guardarti in altro modo…
…ed allora non guardarmi per niente…
…e tu abbassavi gli occhi a terra; come vuoi, mormoravi con voce triste: ma quando non ti guardo mi sembra di morire.
Ed io ti sorprendevo nuovamente a fissarmi…
…e sorridevo, felice, e ti guardavo anch’io con dolcezza.
Ed esco dalla stanza perché non riesco a reggere questa vista…
…&egrave troppo bella…
…e troppo dolorosa…
…e sento i tuoi occhi che mi pungono la schiena, seguendo ogni mio movimento.
***
25 anni fa, in Grecia, sul fare della sera, in mezzo a questo mare azzurro cristallino e trasparente, con l’angoscia che mi serra la gola ed il cuore che mi batte all’impazzata.
Poco prima di arrivare al porticciolo, incrociamo una barca sulla quale Alessandro &egrave stravolto, quasi impazzito dalla preoccupazione e dall’angoscia; però il sollievo nel vedere che sto bene, che non mi &egrave accaduto nulla di grave, fa si che accetti di buon grado la scusa che gli propino: mi sono sentita male sulla spiaggetta e fortunatamente quel “pescatore” mi ha soccorso, portandomi nella sua casetta all’interno dell’isola dove mi hanno fatto stendere su di un lettino e mi sono addormentata, svegliandomi solo poco prima.
Tornati a casa, Alessandro mi fa visitare da un medico; un medico francese, che non so come e dove abbia pescato, il quale ci rassicura che va tutto bene e non c’&egrave alcun problema… anche se a me pare che mi guardi in maniera un po’ strana… forse ha capito?… ma probabilmente &egrave solo una mia impressione.
E’ ovvio che dall’indomani mattina mio marito non mi lasci più andare da sola a mare; fa il sacrificio di alzarsi presto ed &egrave sempre accanto a me, attento, premuroso, pieno di sollecite gentilezze e trascorriamo il resto della “luna di miele” in uno stato di felicità reciproca, quasi grati ognuno della presenza dell’altro; non torniamo più su quella spiaggetta isolata ed io non incontro più, né lo cerco, il mio “rude marinaio”. Perché sono davvero felice di stare con Alessandro e lo ringrazio, dentro di me, per le sue attenzioni, per la sua pazienza, per la disponibilità che mostra nel soddisfare i miei capricci e le mie “mattane”.
L’ultima notte di permanenza sull’isoletta, terminato di sistemare i bagagli, non ho sonno; per cui, mentre Alessandro dorme tranquillo come sempre, io vado a sedermi su una poltroncina di vimini sul terrazzino prospiciente la villetta dove alloggiamo. E’ notte fonda, il cielo stellato, un grande silenzio tutt’attorno; mi sento felice anche se un po’ malinconica e la mia mente, libera, vaga (non so dove).
Non inseguo precisi pensieri anche se vagamente penso che presto dovrò lasciare questo scorcio di Paradiso dove posso essere felice senza far nulla e tuffarmi nell’oscuro e frenetico svilupparsi della mia vita futura.
Un fruscio, lievi rumori; aguzzo la vista e, buia nel buio, scorgo una sagoma che avanza sui gradini del terrazzino; riconosco il chiarore dei suoi capelli, il chiarore del suo sorriso: il mio “rude marinaio” &egrave venuto a salutarmi!
Non mi chiedo come abbia fatto a trovarmi, come sappia che io sono qui, questa notte, da sola, forse ad aspettarlo. Non mi importa nulla; mi alzo e sono fra le sue braccia; mi bacia con quel suo modo che ha di baciare: intimo, profondo, sensuale; senza staccarmi dalla sua bocca faccio scivolare ai miei piedi la camicia da notte mentre lui fa lo stesso con i calzoncini che sono il suo unico indumento; completamente nudi lasciamo che i nostri corpi si sfiorino, si tocchino; le sue dita dure, callose, ma così delicate, mi sfiorano i capelli, il viso, il collo, i seni; poi si posano sul ventre… e mia figlia, dentro di me, si agita (sente anche lei quelle dolci carezze?). Finalmente stacca la sua bocca dalla mia, mi sospinge con le natiche contro la balaustra del terrazzino e mi fa sollevare una gamba con il piede posato sul sedile di una poltroncina, si accuccia di fronte a me, tuffa la testa tra le mie cosce e, mentre “sento” intensamente quei baci così intimi, che mi accendono brividi frustanti lungo tutto il corpo, con le mani gli accarezzo i serici capelli, morbidi, e sento fluire da essi, attraverso le mie mani, tutto la sua energia, la sua potenza, il suo incolmabile desiderio di me: prendimi, amore, prendimi tutta, bevi la mia passione, la mia libidine, la mia voglia di vivere…
Mi scuoto, sussulto, ansimo… gemo…
Ancora tremante e scossa dai brividi del piacere, lo faccio rialzare e con movimenti lenti e difficoltosi, ora mi inginocchio io di fronte a lui, circondo con le mani la radice del suo pene e vi tuffo attorno la bocca; senza riguardi, senza grandi preparativi, senza eccitanti giochini: voglio soltanto che anche lui goda fra le mie labbra… e non ci vuole molto perché lo faccia.
Mi rialzo rapida ed accosto le mie labbra alle sue: lui ha in bocca il sapore di me, di tutto il mio essere donna, del mio piacere… ed io il suo!
Le bocche si saldano, le lingue si cercano e si uniscono.
Nonostante il mio ingombrate peso, la mia mole sgraziata, tenendomi avvinghiata al suo collo, senza staccare le labbra dalle sue, riesco a sollevare le gambe circondandogli le reni; lui mi sostiene con le sue forti braccia… ed ancora ci uniamo, completamente!
Quando siamo sazi uno dell’altra, si stacca da me, mi osserva per un lungo momento con quei suoi meravigliosi occhi trasparenti e con quel suo splendido sorriso accattivante, e mi dice: Addio… e sii felice!’
Forse me lo dice, o forse no. Forse son io che lo penso, ma di una cosa puoi star ben certo, ‘rude marinaio’: io sarò felice!
Sono rimasta a lungo lì, in piedi, nuda, a guardare il buio, anche se ormai la prima luce dell’alba comincia a scolorare il cielo…
Un lungo brivido nella schiena, trascinando la mia camicia da notte, torno in camera da letto, mi infilo sotto il lenzuolo e mi stringo piano a mio marito, ansiosa di tornarmene a casa ed iniziare la mia nuova vita.
***
…perché mi hai raccontato questa storia? mi chiedi con sempre maggior fatica…
…non so… ti rispondo e, come raramente &egrave accaduto nella nostra vita, sfuggo il tuo sguardo… forse perché volevo che tu lo sapessi…
…ma perché ora? insisti…
…perché voglio che tu capisca una cosa: quasi certamente, in quell’occasione, si sarà trattato della stupida avventuretta estiva di una ragazzina appena diciottenne, incinta ed in un particolare momento della propria esistenza, che si &egrave fatta scopare da un abile “rude marinaio”, forse un “cacciatore” di straniere arrapate; io però, in quel momento, sentivo di amarlo quel “rude marinaio”, anche se di un amore del tutto particolare, insolito, senza senso; e se mi avesse chiesto di rimanere lì, su quell’isola incantata, forse avrei lasciato te e tutto il resto e sarei fuggita con lui. Ma lui non me lo ha chiesto ed io sono tornata da te, con te… e ti giuro che non me ne sono mai pentita!
…sollevo lo sguardo al tuo viso che finalmente &egrave disteso in un’espressione serena e rilassata; gli occhi socchiusi ed un dolce sorriso si &egrave come cristallizzato sulle tue labbra…
…ed il tuo respiro s’&egrave fermato…
…il cuore mi scoppia…
…ed una lacrima rotola sulla mia guancia…
…io spero che tu abbia sentito le mie ultime parole…
…perché ti giuro che io non t’ho mai tradito…
…e tu, pur non essendo un “rude marinaio”, mi hai condotta, sicuro, attraverso il mare azzurro, trasparente e cristallino, della nostra vita…
…grazie amore mio…
…e addio!

Leave a Reply