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Famiglie Perverse – Cap. 3

By 2 Novembre 2025One Comment

Entrata in appartamento, trovò Gianni che aveva quasi finito di sistemare le valigie. La sala era in ordine, sul tavolo le ultime borse svuotate. Sofia non c’era: la porta della sua cameretta era socchiusa, si intravedeva solo la luce filtrare dalla fessura.
“Com’è andata?” chiese Gianni, alzando appena lo sguardo da un borsone.
Marianna gli sorrise, il cuore ancora in tumulto. “Bene. Tutto risolto.”
E come per confermarlo, proprio in quell’istante la lampada della sala si accese, facendo brillare la stanza. Marianna incrociò lo sguardo del marito, alzò un sopracciglio. “Visto?”
Gianni rise piano, scuotendo la testa. “Te lo dico sempre, tu si che sai come risolvere i problemi.”
Lei fece un passo verso di lui, si sporse e lo baciò sulle labbra. Un bacio breve, ma con dentro un sapore strano, diverso. “Ora però vado a farmi una doccia. Mi sento… sporca e sudata.”
Il sorriso malizioso che accompagnò quelle parole gli accese dentro un lampo. Gianni rimase a guardarla andare via. Il modo in cui camminava, l’odore che lasciava nell’aria — un odore diverso, forte, maschile — gli pizzicava le narici e la fantasia. Non era solo sudore. Era qualcosa di sbagliato, proibito. E quell’idea lo fece eccitare ancora di più. Si sentiva il cazzo che gli tirava duro sotto i pantaloni mentre la immaginava, lì sotto, in qualche situazione sporca.
Appena sentì il rumore dell’acqua scorrere nella doccia, Gianni si mosse piano, quasi in trance. Con passo lento attraversò il corridoio, fino alla camera di Sofia. La porta era solo accostata. Spinse appena, quel tanto che bastava per vedere dentro.
La scena che gli si aprì davanti lo fece quasi gemere. Sofia era sdraiata a pancia in giù sul letto, i gomiti piegati, intenta a scrivere qualcosa sul telefono. Le gambe piegate all’insù, i piedini nudi che dondolavano, la mini gonna arricciata abbastanza da scoprire il culetto sodo. Quel culo giovane e liscio, senza neanche un pezzetto di stoffa a coprirlo.
Gianni restò fermo, il respiro più pesante. La fissava senza riuscire a staccarsi. Ogni dettaglio lo incendiava: le cosce bianche, le curve acerbe eppure già perfette, quel modo innocente di stare lì, completamente ignara.
La mano gli scese all’inguine quasi da sola. All’inizio si limitò a stringersi il cazzo sopra i pantaloni, godendo della pressione. Poi, incapace di trattenersi, slacciò la cintura, abbassò la zip, e se lo prese in mano. Duro, gonfio, caldo.
Chiuse gli occhi un secondo e s’immaginò la scena: Sofia che si voltava e lo guardava con quegli occhioni spalancati, lui che la prendeva per i polsi e glieli bloccava sul letto, le gambe che si aprivano sotto il suo peso. Nella testa Gianni sentiva già il suono della fica che cedeva, i gemiti strozzati, i suoi colpi sporchi e bestiali.
Aprì di nuovo gli occhi e li puntò sul culetto nudo che si muoveva davanti a lui. Il respiro si fece più veloce. La mano stringeva e segava il cazzo con più forza, la cappella rossa che pulsava e gocciolava.
Gianni continuava a segarsi piano, lo sguardo rapito da quel culetto offerto. Il sole che filtrava dalla finestra cadeva proprio lì, illuminando la curva morbida delle natiche e il solco che il perizoma non copriva. Ma bastò un piccolo movimento per fargli mancare un battito al cuore: Sofia si girò lentamente, restando sdraiata sul letto, stavolta a pancia in su.
La minigonna si sollevò ancora un poco, e Gianni restò senza fiato: nessun tessuto sotto, nessuna mutandina a coprirla. La fica giovane, liscia, completamente glabra, brillava alla luce diretta del sole che entrava dalla finestra. Sembrava fatta apposta per essere guardata.
Sofia non alzò nemmeno lo sguardo dal telefono. Continuava a digitare con aria distratta, ma nel frattempo allargò piano le cosce. Un gesto naturale, innocente solo in apparenza. Gianni serrò la presa sul cazzo, sentendo il sangue che gli pompava forte.
Poi lei scivolò con la mano lungo il ventre, oltre l’ombelico, fino al pube liscio. Con due dita iniziò a sfiorarsi, appena, tracciando cerchi delicati sulle labbra già gonfie. Un sospiro le uscì dalla bocca, ma non smise di guardare lo schermo del telefono. Come se fosse la cosa più normale del mondo.
Gianni si morse la lingua per non gemere. Il cazzo pulsava nella sua mano, gonfio, lucido, mentre i suoi occhi seguivano ogni minimo gesto di quelle dita giovani. Sofia allargava sempre di più le gambe, aprendosi alla luce del sole, e la sua fica luccicava di umori. Cominciò a muoversi più veloce, le dita a picchiettare sul clitoride gonfio, il respiro che le si faceva più pesante.
Lui seguiva il ritmo, la mano che scorreva su e giù sempre più rapida, come se stesse scopandola a distanza. Ogni gemito soffocato di lei gli entrava nelle orecchie come una frustata. Se l’immaginava sul suo cazzo, cavalcargli addosso con quella fica stretta e già inzuppata.
Sofia gemeva piano, le gambe scosse da piccoli tremiti, il corpo che si arcuava mentre si masturbava senza vergogna, convinta di essere sola. Gianni si piegò un poco in avanti, il fiato corto, pronto a esplodere.
Il piacere lo travolse all’improvviso: si scostò appena dalla porta, puntò il cazzo teso alla mano a coppa e venne. Un getto denso e caldo gli riempì il palmo, seguito da altri scatti violenti che gli fecero tremare le gambe. Ansava forte, i denti stretti per non urlare, mentre lo sperma colava tra le dita.
Rimase fermo un attimo, il cuore che batteva all’impazzata, poi si ricompose in fretta. Camminò a passi lenti fino alla cucina, con la mano chiusa a pugno per non lasciare tracce, e si mise davanti al lavandino. Aprì l’acqua e si lavò con cura, strofinando le dita sotto il getto fino a togliere ogni segno di ciò che aveva fatto. Solo quando fu sicuro che non restava nulla, si asciugò e si ricompose i pantaloni.
Tirò un respiro profondo, provando a calmare il fuoco che ancora gli ardeva addosso. Poi tornò nel corridoio, verso la stanza di Sofia. Si fermò fuori dalla porta, lisciandosi la maglia come per mascherare il nervosismo, e bussò piano.
Dallo spiraglio della porta Gianni vide chiaramente Sofia scattare di colpo, come sorpresa da un rumore improvviso. Poggiò il telefono in fretta e tirò giù la minigonna con un gesto impacciato, le guance accese di rosso. Quando lui entrò, lei era già tutta raccolta, seduta composta sul letto, le gambe chiuse, lo sguardo basso.
“Sofia…” mormorò lui con calma, come se nulla fosse. “Dai, sistema un po’ meglio le tue cose. Quando la mamma esce dalla doccia, puoi andarci tu.”
Lei annuì in silenzio, gli occhi sfuggenti, una mano che si muoveva nervosa a grattarsi una pellicina sul pollice. Quel rossore sulle guance e quell’agitazione tradivano tutto. Gianni lo capì subito: non era solo imbarazzo, era la scia del piacere che si portava ancora addosso.
Con la coda dell’occhio notò lo spigolo del telefono che spuntava da sotto il cuscino. Non serviva essere un genio per capire: non stava solo “messaggiando”, stava guardando un porno. E si toccava mentre lo guardava. Sua figlia.
Il cazzo sotto i pantaloni gli pulsò di nuovo, e dovette stringere la mascella per restare impassibile. Fece finta di nulla, come se non avesse visto niente.
Proprio in quell’istante Marianna uscì dal bagno avvolta nell’asciugamano, passando davanti alla stanza. Si fermò un attimo sulla porta, sorridendo a quella scena innocente: il marito e la figlia insieme, a sistemare le cose.
Sofia, come punto da quella presenza, si alzò di scatto: “Vado io a fare la doccia…” disse, cercando una scusa per fuggire.
Mentre si chinava a prendere il telefono, Gianni la fermò con voce ferma:
“Quello non ti serve in doccia. E non succede niente se non lo tieni lì per un po’.”
Sofia si irrigidì, il respiro che le si fermò un attimo in gola. Sapeva che discutere con lui era inutile, che non avrebbe vinto mai. Con le guance ancora più rosse, annuì appena e lasciò il telefono sotto il cuscino. Poi, a testa bassa, si infilò in bagno, chiudendosi la porta alle spalle.
Marianna sorrise comprensiva, quasi materna, e tornò tranquilla in camera a vestirsi.
Gianni restò un attimo in piedi nel corridoio, lo sguardo fisso sulla porta del bagno da cui già arrivava lo scroscio dell’acqua. Poi, lentamente, rientrò nella stanza della figlia. Si sedette sul bordo del letto e allungò la mano. Il telefono era lì, nascosto malamente sotto il cuscino. Lo prese, lo sollevò davanti a sé.
Lo schermo ancora acceso, il video in pausa. L’immagine parlava da sola: un cazzo enorme, che spariva dentro una fica stretta e rasata.
Gianni sorrise appena, un sorriso sporco, perverso. “Troietta…” pensò, “così è questo che ti piace?”
Decise di andare oltre. Aprì la cartella dei video salvati. Ce n’erano altri: ragazze appena maggiorenni che si baciavano, si leccavano la figa sul divano a vicenda,; porno con “paparino” e “figliastra” scritto nei titoli, in cui la voce maschile ordinava e la ragazzina obbediva, si lasciava aprire il culo, godeva piangendo e ansimando.
Gianni sentì un brivido scorrerlo dalla nuca al basso ventre. Il cazzo, che poco prima aveva svuotato in mano, tornava a gonfiarsi prepotente nei pantaloni, segno che la sua eccitazione non si era mai davvero spenta.
Passò alla cronologia. Le ricerche erano una coltellata diretta al suo sangue.
Le ultime ricerche erano tutte lì, nude e dirette: “prima volta sesso anale”, “ragazza inculata dal patrigno”, “come dilatare il buco stretto”, “cazzi enormi anale”.
Il sangue gli martellava nelle tempie. Aveva davanti la conferma: quella ragazzina sognava di essere scopata senza pietà da un grosso cazzo maturo. E non solo, evidentemente stavo o voleva scoprire il piacere del sesso anale.
Gianni si passò la lingua sulle labbra secche, con un ghigno incredulo. “Cristo, ma sei marcia dentro… peggio di tua madre…” pensò, con il cazzo che ormai premeva duro sulla zip dei pantaloni.
Si rese conto che avrebbe potuto rimettere tutto a posto, chiudere il telefono e fingere di non aver visto nulla. Ma la tentazione era troppo forte. E lui aveva tempo.
Aprì la galleria fotografica. Lo schermo si riempì di immagini di Sofia: selfie davanti allo specchio, smorfie da ragazzina, ma poi, man mano che scorreva, qualcosa di diverso. Lei sdraiata sul letto senza maglietta, un braccio a coprire appena i capezzoli, lo sguardo ammiccante. Lei in bagno, nuda davanti allo specchio, la mano sul fianco e la fica liscia in bella vista. Lei sul letto con due dita infilate tra le gambe, la bocca semiaperta come in un gemito. Sofia piegata in ginocchio, la fotocamera dall’alto che catturava il buchino rosa allargato da un dito; Sofia sdraiata con la lingua fuori e il clitoride gonfio in primo piano.
Gianni trattenne il fiato. Era come se ogni foto gli scavasse dentro, gli facesse esplodere pensieri che fino a quel momento non aveva osato nemmeno formulare chiaramente. Sua figlia non era solo una ragazzina curiosa. Era una piccola troia che si fotografava mentre si masturbava.
Gianni si guardò attorno, le orecchie tese per captare ogni minimo rumore dall’acqua della doccia. Il cuore batteva forte, ma le mani erano ferme e precise. Tirò fuori il suo telefono, lo poggiò accanto a quello di Sofia e avviò il trasferimento. Una copia dopo l’altra, tutte quelle foto oscene, i selfie col culo e la fica spalancata, i video in cui si masturbava e godeva davanti allo specchio… tutto finiva nel suo archivio privato. Un tesoro proibito, un segreto che nessuno avrebbe mai dovuto scoprire.
Mentre lo schermo segnava “trasferimento completato”, un sorriso gli si allungò sul volto. Ora quelle immagini non erano più soltanto di Sofia: erano sue.
Ma non gli bastava. Doveva sapere di più. Se quelle foto erano li, erano li per un motivo. Doveva sapere a chi le mandava. Aprì le chat, una dopo l’altra. Scrollò con pazienza. Messaggi di amiche, cazzate di scuola, nulla di interessante. Nemmeno un ragazzo, nemmeno un accenno di flirt. Forse le faceva solo per sé stessa, per guardarsi allo specchio e godersi la propria immagine da troietta.
Gianni stava per chiudere, convinto di aver già trovato abbastanza materiale per le sue seghe future, quando un dettaglio gli catturò l’occhio. Una chat, la più recente. Nome: Martina.
Il respiro gli si bloccò in gola. Martina era quell’amichetta di città che ogni tanto passava da loro dopo scuola. La ricordava bene: ragazzina magra, alta, ricci neri, e occhi vispi e furbi. Sempre allegra, sempre a ridere con Sofia. Mai avrebbe pensato…
Aprì la conversazione.
Le prime righe gli fecero rizzare il cazzo come una sbarra d’acciaio.
“Oh Dio, ieri sera… l’ho visto di nuovo. Il cazzo di papà. L’ho visto per bene! Ti giuro Marti, è enorme.”
Gianni sentì il sangue ruggire nelle orecchie. Le mani gli tremavano mentre scrollava.
Martina rispondeva con naturalezza, come se fosse un discorso normale:
“Lo so, troietta. Te l’ho detto che me n’ero accorta anch’io. L’estate scorsa, quando eravamo in cucina… quei pantaloncini non nascondevano niente. Cazzo, aveva un’erezione mostruosa. Sembrava un’arma.”
Il cazzo di Gianni balzò vivo nei boxer sotto la sua mano. Quelle due piccole troie parlavano di lui, del suo cazzo, con quella naturalezza sporca che lo faceva impazzire.
Sofia:
“È troppo grosso. Marco, Jack… non ci arrivano manco vicino. Penso che mi spaccherebbe in due… ma solo a immaginarlo mi bagno.”
Martina:
“Porca puttana, ti ci vedo. Con quel cazzo enorme che ti apre la fica mentre urli. Non riusciresti neanche a camminare dopo.”
Gianni si passò la lingua secca sulle labbra. Senza accorgersene, aveva già il cazzo tirato fuori, la cappella gonfia che luccicava. Ogni parola era veleno dolce che lo incendiava.
Sofia continuava:
“L’altra sera… ma li ho spiati. Lui e mamma. Lui le ha messo il cazzo nel culo. Io… mi sono toccata fino a venire.”
Martina rispose con una raffica di cuoricini, faccine bagnate:
“Cristo Sofi! Sei una troia malata… ma ti amo per questo. Dev’essere stato incredibile. Avrei voluto vederli. Tuo padre che sfonda il culo a tua madre… oh Dio.”
Gianni grugnì a bassa voce, stringendo il cazzo più forte.
E la chat degenerava sempre di più.
Sofia:
“Tu non sei da meno, troia. Ti ricordi l’estate scorsa? Come guardavi mia madre in piscina? Mi ricordo bene i tuoi occhi fissi sulle sue tette e sul culo!”
Martina:
“Ahahah sì cazzo! Lo ammetto. Ma tua madre è una gnocca assurda. Con quelle tette enormi… le leccherei i capezzoli fino a farla urlare. Me la scoperei davanti a te senza problemi.”
Sofia:
“Sei una troia bisessuale.”
Martina:
“E tu no? Chi era che la settimana scorsa si è fatta leccare la fica e mi è venuta in bocca?”
Sofia non rispondeva subito. Poi, finalmente:
“… Sì. E allora? Godo troppo quando mi lecchi. Sei brava, Marti. Mi fai urlare come nessuno.”
Martina:
“Allora ammettilo: sei anche tu una troia bisessuale come me.”
Sofia:
“Ok. Lo ammetto. Sono una troia. Una troia che vuole il cazzo enorme di suo padre, che gode quando la sua migliore amica le lecca la figa… e che si scoperebbe anche sua madre. Contenta?”
Gianni quasi urlò di piacere, ma si morse la mano libera. Il cazzo pulsava come impazzito, la cappella rossa e gonfia.
E le due continuavano a stuzzicarsi:
Sofia:
“Io e te insieme. Ci prenderemo quel cazzo a turno.”
Martina:
“Porca troia. Ti immagini? Una succhia, l’altra cavalca. Poi ci scambiamo. Dio, mi sto toccando già adesso.”
Sofia:
“Mi immagino come sarebbe sentirmelo dentro. Anche nel culo…”
Martina:
“Porca troia, Sofi! Nel culo?”
Sofia:
“Sì… ho iniziato a provarci con il manico di una spazzola. Mi alleno! Fa male all’inizio ma poi… cazzo, mi fa godere più della fica”
Martina:
“Oh Dio… stai scherzando? Mi stai facendo eccitare da matti. Voglio vederti mentre lo fai. Facciamo così. Stanotte videochiamata!!! Voglio vederti con quella spazzola dentro al culo”
Sofia:
“Solo se tu ti infili qualcosa di grosso nella figa. Voglio guardarti mentre ti scopi forte e vieni per me.”
Martina:
“Affare fatto. Due di notte. Due troiette in diretta. Una col culo aperto, l’altra con la fica spalancata.”
“Che troiette…” sussurrò Gianni con la voce roca, mentre si segava guardando lo schermo. “Due piccole troie bagnate che sognano il cazzo del papà…”
Il suo respiro diventò affannoso, il cazzo pulsava forte tra le dita. Stava per esplodere di nuovo, un’altra volta, lì, nel letto della figlia. E mentre la mano stringeva più forte, lo schermo gli mostrava ancora l’ultimo messaggio di Sofia:
“Marti, ti giuro… prima o poi quel cazzo sarà nostro.”
Gianni rimase lì, col fiato grosso, il cazzo duro e il cuore che martellava, rendendosi conto che ormai non si trattava più solo di guardare. La sua bambina e la sua amichetta erano due puttanelle e non erano solo chiacchiere. Volevano il suo cazzo. Lo volevano davvero.
Il rumore della porta del bagno lo scosse come uno schiaffo. L’uomo chiuse di colpo la schermata del telefono, infilò in fretta il cazzo ancora duro nei pantaloncini e scivolò fuori dalla camera della figlia proprio mentre Sofia usciva, gocciolante, avvolta solo nell’asciugamano bianco che le stringeva appena il corpo.
Lei lo guardò sorpresa, ma subito sorrise:
“Tutto bene, papà?”
Gianni cercò di mascherare il battito martellante del cuore e il fiato corto. “Si si… Com’è andata la doccia, tesoro?” chiese, con quella voce morbida che usava per non far trapelare nulla.
“Bene…” rispose lei, stringendosi nell’asciugamano. Ma il suo sguardo tradì qualcosa: per un istante scivolò lungo il petto nudo di lui, fermandosi proprio sull’ovvio rigonfiamento nei pantaloncini. Un’occhiata rapida, ma precisa. Gianni, preso com’era dall’eccitazione, non se ne accorse.
Lei passò oltre, andando verso la sua stanza, e Gianni sgusciò in camera da letto. Si lasciò cadere sul bordo del letto, respirando a fondo, quasi a caccia d’aria. Ancora il cazzo pulsava sotto la stoffa. Ancora il sapore delle chat proibite gli bruciava nelle vene.
Poi la voce della moglie lo riportò alla realtà:
“Amore, vieni un attimo?”
Si diede una sistemata veloce e uscì. In cucina, Marianna era già pronta: un vestito morbido, leggero, colorato, che lasciava intravedere le curve piene e calde del suo corpo. Stava preparando il caffè con la naturalezza di sempre, ma bastò a Gianni uno sguardo per capire che anche lei lo sentiva.
“Ho pensato al programma di oggi,” disse, mescolando lo zucchero. “Facciamo la spesa, sistemiamo le cose a casa, mangiamo qualcosa, e poi magari una passeggiata tra le bancarelle. C’è un chiosco di gelati che ricordavo…”
Gianni la fissava, annuendo appena. Non ascoltava davvero. Ogni parola gli scivolava addosso. Nei suoi occhi vedeva solo la pelle liscia delle cosce sotto il vestito, le tette che si muovevano leggere a ogni respiro. La mente, sporca e confusa, passava da lei a Sofia, dalla moglie che parlava di gelati alla figlia che poco prima si era toccata fingendo di dormire.
Bevvero il caffè insieme. Sofia arrivò poco dopo, fresca, i capelli umidi sulle spalle, un vestitino corto e leggero che lasciava le gambe nude. Sembrava innocente, con quell’aria da ragazzina appena diciottenne, ma Gianni la vedeva diversa: lui sapeva. Sapeva cosa scriveva, cosa guardava, come si masturbava. Sapeva tutto.
Uscirono. Andarono a fare la spesa, risero tra scaffali e sacchetti, tornarono a casa per sistemare le cose. Una famiglia qualunque, in apparenza. Ma sotto la superficie, l’eccitazione era un veleno dolce che li avvelenava tutti.
A cena parlarono del più e del meno, Marianna scherzava, Sofia raccontava piccoli episodi ridendo. Gianni mangiava, annuiva, sorrideva quando serviva, ma in realtà non smetteva di osservarle. Ogni gesto. Ogni parola. Ogni sguardo.
Poi usciti per la passeggiata. Le luci calde dei lampioni, le voci delle persone, l’odore del mare mescolato allo zucchero filato e alle bancarelle. Gianni camminava tra le due donne, eppure sembrava di stare in un sogno erotico che non riusciva più a distinguere dalla realtà.
Marianna, sorniona, se ne accorgeva. Ogni volta che lo sfiorava di proposito con il fianco, ogni volta che la sua mano scivolava “per caso” lungo il braccio di lui, sentiva l’erezione del marito spingere nei pantaloni. Non disse nulla, anzi, ne godeva. Gli lanciava sguardi complici, ammiccava con un sorriso velato di malizia.
Sofia invece rideva, saltellava tra una bancarella e l’altra, ma ogni tanto tornava vicino al padre. E anche lei, inconsciamente o meno, lasciava che il vestitino svolazzasse un po’ troppo, che le cosce lisce scintillassero sotto la luce dei neon. Gianni non sapeva più se fosse lui a immaginarselo, o se lei lo stesse facendo apposta.

– Fine capitolo –

Ciao a tutti! Vi è piaciuto? I miei racconti sono tutte esperienze di vita vissuta in prima persona e non, ovviamente romanzati o alterati così come nomi e simili. Se questo vi è piaciuto fatemelo sapere, così saprò se continuare. Se non vi è piaciuto, fatemelo sapere lo stesso! ;) Suggerimenti e idee mi piacciono sempre e scusate se su alcuni aspetti psicologici dei personaggi mi dilungo ma mi piace sia il corpo che la mente e odio i personaggi piatti.
Se volete vedere anche il mio lato artistico, faccio parte del Kollettivo Zookunft!
Cercate online e mi troverete.
A presto, Cherise!

One Comment

  • cavalierservente cavalierservente ha detto:

    Moglie figlia e amichetta sempre alla ricerca di amore e sesso sfrenato faranno fare a Gianni quello che vogliono loro
    Sofia dopo aver fatto l amore con il padre potrebbe introdurre anche l amichetta e fare pensieri amorosi sulla madre
    Racconto erotico molto stimolante non posso masturbarmi perché la mia Signora e Padrona mi fa indossare una cintura di castità
    Spero prosegua con nuovi episodi

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