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Racconti Erotici

giro, salgo, scendo e ….tiro

By 2 Dicembre 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

La fantasia si sa, dopo un po’ scivola via, il tempo passa, la persona che amiamo diventa parte di noi, qualcosa che ci completa e ci rende liberi, un odore che ci fa impazzire e bagnare gli slip solo se le sue labbra lentamente sfiorano il nostro viso posando un respiro che trema sulle pieghe del nostro collo nudo, mani che risvegliano i sensi lasciando che il respiro si fermi e gli occhi posino solo sui suoi occhi lentamente scivolando fino al ventre e accompagnando una mano a stringere un cazzo duro che di lì a poco cercherà di uscire da quei pantaloni e di infilarsi tra le tue mutande mentre una lingua metterà a tacere mille pensieri e ansie e stanchezze di una giornata di lavoro. Arrivi a casa spesso senza neanche la voglia di parlare, getti la borsa sulla sedia, lasci i vestiti un po’ dove capita in cerca di un comodo pantalone e di una maglia, magari una sua t-shirth smessa, giri scalza e ti butti sul divano, un bicchiere di vino, la tv accesa di compagnia, e gli occhi che si chiudono.
Stefano non c’è quasi mai a casa quando torno, quando posso lo aspetto sveglia anche solo per un bacio e per riscaldarmi la mano tra le sue gambe che raggiungo lentamente sfiorando con le punta delle dita il ventre, lasciando che come lingua scenda giù fino a sollevare l’elastico del pigiama, e a farsi spazio nel boxer dove il suo cazzo appena barzotto già dal bacio velocemente cresce tra le mie mani. La mia mano si riscalda, i miei occhi non sanno che immaginare e parlargli della fame che ho di lui, i miei capezzoli si disegnano sulla canotta, le mie gambe incrociano le sue e se lui è troppo stanco, beh, lascio che si rilassi, che si stenda, che si addormenti appagato con un bel pompino che mi bagni la gola di sperma che l’indomani al risveglio ancora sentirò e sorridendo con quel sapore mi alzerò per preparare il caffè. Se non siamo stanchi in quella casa si fa l’alba”e la fantasia non manca, la mia testa corre, pensa, immagina, spesso è solo il tempo a mancare.
Stefano per me è odore, sapore, tatto, sogno, fantasia, respiro fermo, passione, sesso, erotismo e autoerotismo; Stefano mi basta pensarlo perché abbia voglia di scopare e di fare l’amore e di raggiungere quegli orgasmi di qualche secondo che mi liberano il ventre e la mente ma dopo qualche minuto ho di nuovo voglia di lui.
Una sera tornai a casa prima del solito, ero stanca e da giorni il lavoro mi stava assorbendo al punto che tornavo e a malapena avevo la voglia di cenare o di sentire gli amici. Stefano al contrario si era anticipato ed era sceso al locale un po’ prima per lavorare al pc, così ero sola; mi preparai un bicchiere di vino, indossai la tuta e mi stesi sul divano guardando un po’ di tv quando il suo odore iniziò a sfiorare il mio naso e di lì a poco mi accorsi che aveva lasciato un suo maglione in un angolo, probabilmente qualche giorno prima dopo aver fatto l’amore mentre guardavamo un film. La mia patata iniziò a bagnarsi, non potevo fare a meno di toccarmi, di stringere quel maglione tra le dita e desiderare di toccarlo, di leccare il suo collo mentre le mani lentamente gli stringevano i fianchi fino a sbottognargli il jeans e ad afferrare il suo cazzo caldo e setoso tra le dita che poco a poco accoglievano un cazzo gigante e una punta tenera e leggermente bagnata che mi guardava e chiedeva e aspettava soltanto di essere leccata. Gli telefonai con una voce calda e vogliosa,
‘ciao amore, che fai? Sono a casa, speravo di trovarti ma a quanto pare non riusciamo a incontrarci molto in questi giorni’ho tanta voglia di te” e lui di tutta risposta:
‘ciao tesoro, hai ragione ma lo sai che ho parecchie cose da fare e mi sono anticipato, sono solo anche io, e sto cercando di lavorare anche se non ho molta voglia’.
La sua voce mi mancava, mi mancavano le sue mani, i suoi occhi nei miei e sul mio corpo, mi mancava il suo corpo nudo sul mio immerso dentro me, la sua lingua tra le mie cosce, tra le pieghe delle mie natiche, la sua lingua dolce e vellutata e bagnata a raccogliere lungo il clitoride e nella mia fica i miei umori; avevo soltanto fame di lui, sete del suo sperma, del sapore della sua pelle, mi mancava l’aria perché non avevo il suo respiro a darmi aria e a stringermi. Lasciai cadere il telefono, spensi le luci e mi stesi sul tappeto ascoltando un cd che avevamo fatto insieme; l’odore di noi era sempre più forte, strinsi il suo maglione e chiusi gli occhi immaginando di fare l’amore con lui. La fica era bagnata, i capezzoli duri, le gambe non riuscivano a star ferme e la lingua usciva sfiorando le labbra e pensando alla punta del suo cazzo girava, saliva, si infilava immaginando di leccare quel lembo di pelle che custodisce la punta da affondare fino in fondo fino a far sentire il cazzo nel ventre. Mi alzai di scatto e corsi a farmi un bel bagno caldo, immersa nella vasca non potei fare a meno di masturbarmi ma trattenni tutto dentro perché era lui che volevo bagnare dei miei umori venendogli tra le labbra, magari seduta sulla scrivania del suo piccolo ufficio nel retro della vineria. Una sorpresa in vineria era una splendida idea, per la serata, per la voglia di lui, per tutte quelle immagini che veloci scorrevano davanti ai miei occhi e alimentavano il desiderio e la voglia di scoparlo. Prima di uscire dalla vasca, con cura rasai tutta la patata, insaponandola e passando la lametta con la delicatezza con cui lui lascia che la sua lingua cammini disegnando quasi uno spazio intorno a quelle labbra da mordere, baciare, leccare, succhiare.
Corsi in camera da letto, indossai un completo di pelle nera acquistato da poco, Stefano neanche lo conosceva, lo avevo conservato nell’attesa di un occasione speciale e quella sera mi sembrava l’occasione giusta. Slip a vita bassa che a malapena copriva il sedere ma lasciava in risalto il tatuaggio che ho sull’osso sacro e sembra quasi invitare a fissare il centro per affondare il cazzo nel culo; reggiseno push up scollato e incrociato dietro, leggings neri aderenti, vestito di lana marrone leggermente traforato, stivali alti e neri e capelli sciolti come piace a lui: ero pronta per andare e strada facendo pensai che qualcosina di sfizioso da mangiare poteva completare il tutto. Mi ricordai che qualche sera prima avevamo parlato di cucina giapponese e del fatto che da tanto non ne mangiavamo; telefonai Stefano e gli dissi che raggiungevo Viola e altri amici, così la sorpresa sarebbe riuscita ancor di più.
Sapevo che il ristorante giapponese che piaceva a noi, faceva anche servizio di asporto così andai lì per prendere del surimi, del sashimi e intanto che aspettavo pensavo’
Verso le 10 arrivai da lui, c’era qualche tavolo ma lui stava lavorando al pc e lasciava fare tutto ai ragazzi; era lì seduto, con la solita mano destra che gli teneva il viso, immerso nel lavoro a malapena si accorse che era entrato qualcuno e si voltò sorridendo solo quando alzò lo sguardo e mi vide attraverso lo specchio:
‘e che ci fai tu qua?ormai sei diventata una pigra e non mi vieni più a far compagnia?!’
‘ciao amore, avevo voglia di vederti e ho pensato che qualche antipastino giapponese ti avrebbe fatto piacere, che ne dici?!ti aspetto nell’ufficio che devo anche parlarti di una cosa importante’; mi creai la scusa perché i ragazzi non ci disturbassero per un ora almeno e lasciai che mi raggiungesse nell’ufficio sul retro dopo un po’, giusto il tempo necessario di lasciare che il mio corpo facesse da piatto per servirgli gli antipasti.
Liberai un po’ la sua scrivania, usai la mia pashmina per abbassare un po’ la luce della lampada e lasciai correre nel lettore un cd che qualche tempo prima gli avevo fatto con dei bei pezzi, avevo voglia di ballare con lui.
Tolsi via il vestito, avvicinai a me la busta con gli antipasti giapponesi e mi stesi sulla scrivania posando sul seno il surimi, e sul ventre il sushimi: ero pronta per essere mangiata, non proprio come avrei voluto ma certo una cena completa non si poteva fare in orario lavorativo ma sarebbe stato estremamente eccitante cenare mentre fuori si lavorava, si chiacchierava e magari di tanto in tanto si buttava un occhio su quella porta chiusa dove gemiti silenziosi e ombre leggere danzavano. è passato tanto tempo ormai da quando stiamo insieme eppure lo amo come se fosse il primo giorno, lo desidero ogni giorno di più e il solo pensarlo basta a farmi impazzire e non voglio altro se non con lui, un altro uomo sarebbe interessante, un mezzo per provare con lui nuove sensazioni, nuove emozioni, nuove posizioni ma è un po’ difficile accettare per lui un altro uomo, non così facile come è stato condividere insieme Viola.
Stefano entrò e sorpreso rise ‘ma che hai fatto, sei troppo bella’.mmmm, che fame che ho, aspetta che ora ti faccio male’…gli piace usare quest’espressione e devo dire che mi eccita tremendamente.
Era lì che mi guardava e mi indicava il suo pantalone che piano piano ospitava un cazzo sempre più duro; si avvicinò e iniziò a leccarmi il collo lasciando che la sua saliva scivolasse e incontrasse la mia. Le sue mani mi sfioravano i fianchi, mi stringevano la patata che intanto stava bagnando quel bellissimo slip di pelle nera che ancora non era stato mostrato; lo guardai per chiedergli un bacio prima che la sua bocca sapesse di surimi. Stefano iniziò a mangiare surimi dal mio seno, raccogliendolo dai capezzoli, e leccando ogni angolo meticolosamente, anche io avevo fame ma quello era solo uno stuzzichino da assaggiare dalla sua bocca che non perse molto tempo e andò alla seconda portata: pesce crudo da condire tra le labbra con i miei umori. Le sue mani accarezzavano le mie curve vestite dai leggings che in un istante furono a terra scoprendo lo slip che nascondeva una patata rasata e bagnata che a sufficienza aveva condimento da dare per il sushimi. Stefano infilò completamente la sua testa tra le mie gambe, mi leccava, mi succhiava le labbra della fica rasata e nuda, ci affondava le dita facendo spazio a quella lingua che ormai era impazzita intanto che un suo dito veniva succhiato e leccato dalla mia bocca affamata del suo cazzo da mangiare e cavalcare con la punta umida e vellutata che sbatteva contro le mie gambe. Quel movimento delle sue dita, della sua lingua che si divideva tra natiche e patata, il desiderio di orgasmo trattenuto poco prima nella vasca, quel cazzo che mi sbatteva sulla pelle, mi fecero venire come a fiumi tra le sue labbra che con un bacio chiusero quell’istante. Stefano condì il suo sushimi e lo mangiò tutto lasciando che qualche pezzo scivolasse tra le pieghe delle mie gambe e saltasse come in padella sulla fica ormai aperta. Era ora di dedicarmi a lui, a lui che desideravo ancora tanto: lasciai che si sedesse sulla poltroncina in ufficio, mi inginocchiai e iniziai a mangiargli il cazzo, salendo, scendendo, tirando la pelle dalle palle in su e girando la lingua in quel lembo di pelle che custodisce la punta. Con la mano lo presi e lo stesi quanto più possibile perchè la punta fosse dentro, iniziai a girarci intorno con la lingua piano piano, dolcemente con dei movimenti leggeri e di tanto in tanto quasi fermi; allentai la mano e lasciai che la lingua entrasse in quella piega che avevo creato io e leccasse la punta in tondo mentre seguiva il cerchio creato dal lembo di pelle. Il mio pompino lo stava eccitando tremendamente, Stefano stava impazzendo, non faceva altro che dirmi ‘è bellissimo, sono senza parole’, e io continuavo, non riuscivo a smettere di portarlo fin dentro la gola fino a toccare il profondo per poi con la lingua leccarlo, succhiarlo e lasciare che quella punta uscisse e entrasse avvolta dalla mia saliva e morsa ogni tanto dai miei denti che ne facevano un gelato da mordere e leccare perché si sciolga in bocca e sfiori le labbra. Le sue mani tiravano i miei capelli, i suoi occhi mi cercavano e mi invitavano a mettermi a pecora per entrare nel mio culo mentre le sue mani stringevano i fianchi e mi sfioravano il tatuaggio su cui di lì a poco il suo cazzo dopo aver sfondato il mio culo, venne grondando sperma.
Ci stendemmo, posai il capo sul suo petto ascoltando le sue carezze, le sue dita che raccoglievano i miei umori spalmandomi sul mio seno; fuori c’era confusione ma noi eravamo lì e non ci importava di nulla.
La voglia era ancora tanta, da un suo cenno capii che dovevo sedermi su di lui: gli aprii le gambe e poggiai il mio culo sul suo cazzo che si stava risvegliando, il cd passava una canzone degli anni ’80, un classico da discoteca che spesso ballavo con gli amici in assenza di Stefano che lavorava, ma quella sera lo ballammo insieme.
Mi piegai in posizione da agnello, beh’a pecora e lasciai che il suo cazzo ancora umido di noi, entrasse nel mio culo, per molti minuti lo scopai da sola tenendomi stretta alle sue gambe con le mani, dopo un po’ ci girammo, lasciai che si stendesse e lo cavalcai spostandomi con il bacino e con il ventre verso destra in modo da girare intorno al suo cazzo, salire con le pareti della fica e riscendere e poi tirarlo salendo lentamente con il ventre posato sul suo pieno e gonfio di quel cazzo duro che io da sola stavo guidando quasi come ce lo avessi in bocca e glielo stavo facendo sentire tutto. Questo movimento mi fece impazzire, i suoi occhi erano fermi nei miei, era senza parole e mi guardava seguendo ogni mio movimento come in una danza. Raggiunsi l’orgasmo con il capo leggermente all’indietro quasi come se volessi bere da una fontana, le mani aperte e stese sul divano, le gambe semi piegate e il suo cazzo tutto infilato dentro me, avvolto dalla mia patata che se lo tirava per poi riscenderci senza fermarsi fino a venire. Mi guardò e disse
‘brava la mia porca, ora posso venire come dico io?’
‘certo, che ci fai ancora lì?esci e vienimi in faccia’
‘non aspetto altro ma prima ti giri, faccia al muro e ti perquisisco, non mi ricordo bene il tuo tatuaggio’.
Non avevo bisogno di altre spiegazioni, mi alzai e mi misi con la faccia al muro porgendogli il mio culo, le sue mani scivolarono lungo la mia schiena, sui fianchi, li strinse e mi entrò dentro sbattendomi con forza mentre la sua bocca mi mordeva il collo, me lo leccava, mi baciava tenendomi per i capelli, una cosa che a me fa impazzire. Capii che aveva voglia di venire, mi girai di scatto sedendomi per terra, inclinai il capo e iniziai a leccarlo tra le natiche, lungo le gambe, intorno alle palle ancora gonfie mentre una mia mano glielo stava lavorando per bene e con forza. Non passò molto tempo che Stefano mi afferrò per i capelli portandomi con la testa all’indietro e mi venne in faccia mantenendosi il cazzo in modo da sparare in faccia il suo sperma senza lasciare lembi di viso illesi e diffonderlo ovunque, anche sulle palpebre da cui poi lui lo raccolse per portarlo alla mia bocca., un gesto che mi fa impazzire, un gesto di un intimità unica che rende l’orgasmo speciale.
Ero felice, piena del suo odore, del suo sapore, completa; non c’è follia, non c’è cosa che non farei per Stefano, non c’è limite che non supererei con lui che mi porta a fermarmi e eccitarmi durante il lavoro, tra la gente, mentre cammino per strada o cucino, o mangio o mi riposo, se solo penso al suo viso, alla sua pelle, alla sua carne, al suo cazzo, alle sue mani, al suo sorriso, ai suoi pantaloni, al suo odore.
L’ufficio sapeva di noi, sapeva di sesso, e ormai il tempo era scaduto; ci guardammo e ridemmo pensando chissà cosa stavano pensando i ragazzi ma tutto questo importava poco; ci rivestimmo e mano nella mano uscimmo fuori. Un bel bicchiere di vino seduti insieme nella sala con i tavolini bassi e i cuscini grandi per terra, stretta tra le sue braccia chiusi gli occhi e pensai che forse ci mancava solo Viola in quel momento ed avevo davvero tutto, mi sarei stesa tra loro due e’..

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