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Il buttafuori lo butta dentro

By 14 Giugno 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

In genere gli uomini mirano a sposare le ragazze ‘perbene’, poi però sognano avventure con le ‘puttane’. Io ho preferito sposare direttamente una puttana. Molto più eccitante.
In realtà sposai una ragazza perbene, ma poi ho fatto di tutto per trasformarla in puttana, in una donna propensa a scopare con chiunque le piaccia.. Non che io abbia avuto un gran merito, intendiamoci, diciamo che ho innescato e assecondato la trasformazione. La stoffa da troia ce l’aveva di suo.
Si chiama Flavia. è la madre premurosa di mio figlio, la compagna della mia vita e occasionalmente la mia pornostar privata. Le piace esprimere il suo talento esibizionista e ogni tanto si dà da fare per dimostrarmi che ha davvero la stoffa da troia.
Come sabato scorso, ad esempio.
Era una bella sera di questa calda primavera. Avevamo lasciato nostro figlio a dormire dalla nonna, poiché avevamo i biglietti per un concerto di musica classica. Dopo il concerto, Flavia disse che non aveva voglia d’andare a casa. Io ero d’accordo.
‘E di che cosa hai voglia?’ le domandai.
Lei accostò la guancia alla mia e mi sussurrò nell’orecchio.
‘Ho voglia di cazzo,’ disse.
Il turpiloquio è parte integrante del nostro equilibrio sessuale. Un equilibrio un po’ perverso per la verità, considerato che a me piace guardarla quando gode con un bel ragazzo incastrato fra le cosce.
Le dissi: ‘Non del mio, suppongo.’
‘Ummh,’ fece lei. ‘Preferirei qualcosa di nuovo.’
Ipotesi allettante anche per me. Decidemmo d’andare al Labirinth.
Al mattino lei aveva lavorato: professionista stimata’ il pomeriggio lo aveva passato col bambino: madre premurosa’ adesso voleva andare al Labirinth a caccia di maschi: troia infedele. La compagna del cuckold è questo, una donna che passa con disinvoltura dai ruoli pubblici a quelli privati più trasgressivi, una femmina che unisce senza contrasto le figure di angelo del focolare e di porca sfrenata.
Avrebbe voluto passare da casa a cambiarsi, ma io le dissi che stava benissimo così. Indossava un abito nero dalla generosa scollatura, che faceva risaltare le sue levigate rotondità, però riteneva che non fosse un abbigliamento adatto al Labirinth. Io invece sostenevo di sì.
‘Ti dà un aspetto da giovane signora di classe, elegante e sexy,’ le dissi.
Non è l’abito che fa il monaco, pensai, e non è il vestito che fa la troia.
Dovevamo fare circa quaranta chilometri. Il luogo in cui spassarcela lo avevamo scelto sufficientemente lontano dalla città in cui viviamo. Quando fummo in autostrada le dissi:
‘Sono certo che anche vestita così non avrai problemi a farti identificare di primo acchito come una femmina in calore a caccia di cazzi.’
Le piacque l’espressione ‘a caccia di cazzi’. Le carezzai le gambe e lei m’imprigionò la mano fra le cosce.
‘Già arrapato?’
‘Sai com’è’ E tu?’
S’inclinò verso di me sbaciucchiandomi sulla guancia. ‘Ho tanta voglia di cazzo.’
Il cornuto voyeur che è in me gongolava.
Il Labirinth prende nome dall’intreccio delle stanze all’interno del locale, alcune delle quali scarsamente illuminate in modo da facilitare gli approcci. Non è un privé in senso stretto, ma la notte si trasforma in un luogo di ritrovo per coppie scambiste.
In quel nome ci vedo anche un significato metaforico, come un’immagine del labirinto di emozioni proibite in cui ci si può perdere frequentando il locale. Il gestore è un satiro cinquantenne ben conservato, che sbava per le signore e signorine più attraenti, ma non sempre gli va bene’ con Flavia, per esempio, non gli è mai andata bene.
La sala principale non era molto affollata. Ordinammo entrambi un semplice Martini bianco con scorza d’arancia. Eravamo lì per ubriacarci di altre cose.
Flavia prese di mira un giovanotto seduto al bancone del bar. Me lo indicò, mi chiese se lo trovavo carino. Sa che mi eccita quando domanda il mio parere sui maschi che le piacciono. Approvai la scelta.
Senza aggiungere altro, lei si alzò dal nostro tavolino e andò a sedersi su uno sgabello accanto al giovane. Lui le rivolse la parola, lei rispose con fare cortese.
Seguii la scena da lontano, come un ornitologo nella jungla che spia il corteggiamento di due uccelli rari. Il ragazzo doveva essere simpatico, perché Flavia rideva spesso. Con movenze e sguardi lei diffondeva il muto messaggio della femmina che ci sta. Lo seduceva.
Forza Bel Ragazzo, pensai, dai che vai bene. In effetti era molto carino.
Ero tutto preso da questa operazione di spionaggio, quando al tavolo si avvicinò David, il padrone del locale. E ora cosa vuole questo rompicoglioni, pensai.
‘Senti Giulio,’ mi disse, ‘ti vorrei parlare, potremmo andare in un separè?’
Mellifluo, ambiguo.
‘Non mi muovo di qui,’ gli ringhiai. ‘Tanto lo so cosa vuoi dirmi.’
Lui ignorò il mio tono scontroso. ‘Tua moglie mi fa impazzire,’ disse con viscida sfrontatezza. ‘So come stanno le cose fra voi, quindi posso parlare liberamente, giusto?’
‘Parla pure come vuoi,’ dissi ostentando indifferenza.
‘Lei è sempre così fredda con me,’ aggiunse in tono lamentoso.
‘E allora? Io cosa posso farci?’
‘Potresti metterci una parolina.’
Quando si dice la faccia tosta. Chiedeva la raccomandazione per l’accesso alla passera di mia moglie. Per uno simpatico non ci sarebbero stati problemi, ma lui mi stava sui coglioni, quindi non so cosa mi trattenne dal versargli il vermouth sulla camicia Dolce e Gabbana.
‘I suoi amici se li sceglie da sola’ mi dispiace.’
‘Avanti,’ fece lui untuoso, ‘lo so come siete voi cornuti’ vi piace procurare gli stalloni alle vostre troie’ vedrai che ci divertiremo, noi tre.’
Fortuna che lo giudicavo una merda indegno di considerazione, altrimenti mi sarei incazzato. Diedi un colpetto al bicchiere di Martini, che si rovesciò versando il contenuto sui suoi pantaloni.
‘ Ehi che caz…’ sbottò lui.
‘Ops, scusa, non l’ho fatto apposta.’
‘Ma vaffanculo.’
‘Ok, ci vado, a patto che tu mi preceda prendendo un’altra strada.’
Finalmente comprese che non era aria. Si allontanò, ma intanto mi aveva distratto’ Flavia e Bel Ragazzo erano scomparsi.
Scrutai all’intorno. Spariti. Guardai verso la porta che immetteva all’intrico di corridoi, ma era impossibile che fossero già passati in una saletta riservata, più probabile che avessero preso la via della grotta oscura. Decisi di aspettare. Darò loro il tempo di rompere il ghiaccio, pensai.
Intanto mi si avvicinò il buttafuori. Si trattava di un ragazzone dallo sguardo gentile, che al contrario del suo principale mi stava simpatico. Aveva un aspetto asciutto, ma non quello dell’energumeno tutto muscoli che ci si aspetta da uno che fa quel mestiere.
Era slanciato e agile, i suoi movimenti elastici davano a tratti un’impressione di grazia come le movenze di un ballerino. Indossava una maglietta verde bottiglia che lo fasciava come un leggero strato di muschio avvolgerebbe la roccia levigata di un torrente. Non sapevo quale fosse il suo vero nome, tutti lo chiamavano Skittle.
‘Il capo ce l’ha con te,’ mi disse con distacco.
‘Il tuo capo è un pezzo di merda,’ gli risposi.
‘Tenderei ad essere d’accordo con te, se non fosse che mi paga lo stipendio.’
‘Ti ha chiesto di darmi una lezione?’
‘No, solo di tenerti d’occhio.’
‘Ok, tienimi d’occhio allora.’
‘Per la verità gli occhi li terrei molto più volentieri addosso a tua moglie.’
Eccone un altro, pensai. Praticamente diceva le stesse cose del padrone, ma chissà perché mi sembrò che le dicesse in maniera più simpatica.
‘Niente di personale,’ mi fece, e tese la mano. Gliela strinsi e lui si allontanò. La simpatia è una sensazione irrazionale, spesso reciproca.
Attesi ancora qualche minuto, poi mi scocciai d’aspettare e mi mossi. Entrai nella grotta.
La Grotta è ufficialmente la pista da ballo del Labirinth. Una sala sempre immersa nella semioscurità, caratterizzata dalla musica soft e dalle coppie che con la scusa del ballo guancia a guancia ci danno dentro a pomiciare. Là dentro intravidi ombre indistinte nel buio appena rischiarato da poche piccole lampadine a intermittenza sul soffitto, che si accendevano e spegnevano alternativamente, mai tutte insieme, così che il buio non era mai totale e la luce appena sufficiente a non sbattere il naso in una colonna.
Come gli occhi si abituarono all’oscurità, avanzai nell’antro. Le figure indistinte presero forma più definita, ma nessuna di esse aveva i contorni di quella che cercavo, cioè mia moglie presumibilmente fra le braccia del giovanotto conosciuto al bar.
Poi li trovai. Stavano sotto la volta di una nicchia incassata nel muro, una delle tante nicchie sparse in tutto il locale. Lui la baciava premendola contro la parete. Mi avvicinai.
‘Che intenzioni hai con mia moglie, giovanotto.’
Bel Ragazzo trasalì e si voltò sorpreso.
Flavia si affrettò a rassicurarlo. ‘è mio marito’ nessun problema.’
Ancora non gli aveva parlato di me, ma se Bel Ragazzo era un frequentatore abituale doveva sapere che di notte nel locale non era strano incontrare coppie come noi.
‘Mi piace guardare,’ confermai, illustrando in tre parole la natura delle mie inclinazioni sessuali.
Lui si rilassò e mi scrutò impacciato, come indeciso se stringermi la mano o darmi dieci euro di mancia.
Baciai Flavia e lei ricambiò con passione. La sentii eccitata e ne fui contento. Mugolò nella mia bocca tenendo le braccia abbassate. Solo allora mi accorsi che Bel Ragazzo aveva l’uccello fuori dai pantaloni. Lei glielo teneva in mano mentre mi baciava.
‘Atti osceni in luogo pubblico,’ commentai.
Flavia prese la mia mano e la portò giù sul cazzo. ‘Senti com’è grosso, amore.’
Lo toccai. Niente male davvero. ‘Che bel pitone,’ osservai.
‘Mmh sì,’ fece lei, ‘un bel pitone caldo.’
‘Ti chiamerò Hot Piton,’ dissi a Bel Ragazzo. Mi piacque quest’idea del pitone caldo da infilare io stesso nella tana calda di mia moglie.
Glielo carezzammo insieme. Lei baciava me, poi lui, poi di nuovo me’ e mentre ci baciava accadde l’imprevisto.
Flavia impugnava la mazza a due mani, la sua bocca che cercava alternativamente le nostre labbra, quando all’improvviso Bel Ragazzo emise una specie di rantolo e s’irrigidì. Trattenne il respiro’ ma non riuscì a trattenere l’eiaculazione. Venne schizzando l’abito della mia sposa, proprio all’altezza della tana.
‘Ehi’ mannaggia’ ‘
‘Ooh” Sospirò Bel Ragazzo, esalando un misto di piacere e di mortificazione.
Flavia, pur sorpresa, reagì con prontezza e non si staccò. Mosse la mano, gli fece una sega finché lui non finì di godere. Però era delusa. Non poteva essere altrimenti.
‘Peccato,’ le dissi baciandola sul collo.
‘Mi dispiace,’ esclamò Bel Ragazzo.
Lo chiamerò Rapid Piton, pensai.
‘Fa nulla,’ disse Flavia sconsolata.
Subito dopo cercò di sganciarlo. Era delusa.
Lo salutava, ma Bel Ragazzo la tratteneva tentando di giustificarsi. ‘Sei così bella’ e poi tuo marito’ quando mi ha toccato’ non sono mai stato con una coppia’ scusa’ non ho saputo resistere.’ Era visibilmente mortificato.
‘Cose che succedono,’ osservò lei, cercando di sganciarsi senza mancare di gentilezza.
Colpo di fulmine finito presto. Troppo presto. Lui sarà stato carino quanto vuoi, ma lei aveva bisogno di maschi che la scopassero, mica di adorabili bambocci che le macchiano il vestito. Bel Ragazzo insistette. ‘Aspetta un po’, ti prego. Mi riprendo subito.’
‘Vuole la rivincita,’ dissi io.
Lei tagliò corto. ‘Sono stanca ed è tardi. Meglio andare a casa.’
Tardi un piffero. Se le cose fossero andate in un altro modo, la notte sarebbe appena cominciata. Diedi una pacca sulla spalla a Rapid Piton. ‘Non te la prendere.’
Uscimmo dalla grotta.
Nel corridoio incrociammo David, il proprietario del locale.. A Flavia venne in mente di chiedergli se aveva un phon da prestarle, affinché potesse asciugare il vestito dopo averne sciacquato la macchia. Non so se lui intuì che cosa era successo.
Lui disse sì, aveva un phon da qualche parte. Mentre David andava a prendere il phon, noi scendemmo nel seminterrato ed entrammo in una toilette chiudendo la porta dall’interno. Flavia si tolse il vestito e lo strofinò col fazzoletto bagnato. Era bella e conturbante, così intenta a smacchiare il vestito che un giovane sconosciuto le aveva schizzato di sperma.
L’abbracciai da dietro e le misi le mani a coppa sulle tette. ‘Una povera donna va a caccia di cazzi in un luogo affollato di stalloni e resta a bocca asciutta,’ osservai. ‘C’è qualcosa che non quadra.’
Lei ancheggiò strusciandomi le natiche sul pacco. ‘Uffa., comincio a credere che anche stasera dovrò accontentarmi del randello coniugale.’
In quel momento bussarono alla porta. Era David che tornava col phon. Aprii uno spiraglio per prendere lo strumento, lui sbirciò dentro la stanza e dal suo sguardo acquoso capii che vedeva la mia donna con indosso soltanto il tanga e le scarpe.
‘Ti piace eh?’ gli chiesi.
Domanda retorica.
Allargai lo spiraglio, lasciandolo sbirciare a suo piacimento. Flavia non accennò il minimo tentativo di coprirsi e lui sembrò perdere all’istante tutta la tracotanza che me lo rendeva antipatico.
‘Bellissima. Che donna!’ sussurrò con un filo di voce. Gli cresceva un gonfiore sul davanti dei pantaloni.
Con mia sorpresa, Flavia gli sorrise. Gli mandò un messaggio sulle ali del sorriso. Significato del messaggio: ‘Potrei anche starci, se mio marito fosse d’accordo.’
Svergognata. Civettare col primo che capita posso capirlo, ma sapeva dell’antipatia che nutrivo per quell’uomo. D’altronde bisognava comprenderla: era appena uscita da una delusione e non era pensabile che si accontentasse del randello coniugale. Quello va bene per la routine, per le serate in famiglia, ma non in occasioni come quella, non quella notte, dopo aver passato metà nottata a caccia di cazzi. Di sicuro la breve storia con Bel Ragazzo Pitone Veloce l’aveva eccitata. Ero certo che le sarebbe andato bene qualsiasi maschio’ e forse considerava David un ripiego passabile.
‘Ti prego, lasciami entrare,’ mi sussurrò lui in un sospiro implorante.
‘Mia moglie non è una che si fa sbattere nella toilette,’ gli dissi.
Mentivo. Flavia poteva farsi scopare ovunque.
Non so se lei udì le nostre parole. Si piegò in avanti appoggiandosi al lavabo, come a richiamare i nostri sguardi sul culo tondo e sodo che farebbe saltare le coronarie a chiunque. Fissò David attraverso lo specchio e si morse il labbro inferiore’ un gesto che mi fa impazzire.
Chiusi la porta in faccia all’intruso e Flavia accese il phon, prese ad asciugare la chiazza umida sul vestito. Io la guardai, affascinato dalla sua impudica disinvoltura. Ne aveva fatta di strada, dalla prima volta in cui le dissi che mi eccitava l’idea di vederla scopare con altri uomini. All’epoca si stupì, ora si stupirebbe se le dicessi che sono geloso.
Poi si rivestì e uscimmo dalla toilette. Ormai ero convinto che ce ne saremmo andati, ma in quel momento intravidi Skittle, il buttafuori, che transitava in fondo a una sala nell’esercizio delle sue funzioni. D’istinto presi Flavia per un braccio e me la trascinai dietro. Raggiungemmo Skittle a metà di un corridoio e lo chiamai. ‘Ehi Skittle.’
Ci avvicinammo. Mi sentivo in piena trance da cornuto, determinato a trovare un maschio alla mia donna. Skittle costituiva un’alternativa di gran lunga preferibile a David.
‘Ti andrebbe di venire in una saletta riservata con me e mia moglie?’ gli domandai.
Fece un’espressione meravigliata. La mia iniziativa sorprese anche Flavia, la quale però reagì prontamente. Mise le braccia intorno al collo del giovanotto e gli sfiorò le labbra con un bacio.
Skittle estrasse la chiave di una porta da un mazzo di chiavi e me la porse. ‘Saletta numero sei,’ disse. ‘Mi faccio sostituire e sono subito da voi.’
Prendemmo il corridoio che conduce ai separé. Flavia sorrideva. Entrammo nella saletta numero sei e per fortuna vi trovammo un buon profumo di pulito. L’ambiente era arredato con pochi mobili, fra i quali faceva spicco un grande divano addossato a una parete. Ero molto arrapato.
‘Sai,’ mi disse Flavia, ‘a volte sembra che ti piaccia di più farmi scopare da altri che scoparmi te.’
‘Indovinato,’ affermai. Scherzavo, ma non ne ero del tutto sicuro.
Le sfilai il tanga e le dissi di tenere il vestito. ‘A Skittle piacerà levartelo lui stesso.’
‘Certo che sei un gran porco, lo sai?’ osservò.
Eh già’ lei si apprestava a farsi sbattere da un giovanotto che conosceva appena e il porco ero io. Pensa te le donne.
Skittle arrivò due minuti dopo. Bussò alla porta e io lo feci entrare. Flavia stava seduta sul divano, le gambe accavallate, in atteggiamento apparentemente distaccato. In realtà era molto eccitata. Anch’io ero eccitato, sapendo quanto lei avesse voglia di farsi montare.
‘Ora il buttafuori lo butta dentro,’ mormorai sospingendo il ragazzo verso mia moglie.
Lei sorrise e si morse il labbro inferiore. Il gesto che mi fa impazzire.
‘è tutta tua,’ dissi a Skittle.
Il ragazzo fu una piacevole sorpresa. Interpretò al meglio il ruolo del toro da monta, focoso ma non privo di tenerezza. Il classico tipo per il quale mia moglie potrebbe prendersi una cotta. Constatare che le piaceva, che forse per lei non era solo uno stallone occasionale, aumentò la mia eccitazione.
Dopo l’orgasmo, Flavia crollò esausta, piacevolmente sconvolta, sazia. E piena di sperma come piace a me.
Io non partecipai. Restai in disparte a godermi lo spettacolo.
‘Il buttafuori lo butta dentro,’ ripetei quando lui la penetrò. Mi piaceva la battuta.
Flavia rispose con un rantolo di piacere. Continuò a rantolare per tutta la durata dell’amplesso, segno evidente che il buttafuori lo buttava dentro bene.
Uscimmo dal separé dopo circa tre quarti d’ora. Eravamo tutti e tre molto soddisfatti. Mia moglie aveva quell’espressione di femmina appagata che a me piace vedere sul suo volto, dopo che un ottimo stallone l’ha fatta godere. Skittle appariva un po’ scombussolato. Una donna come Flavia lascia il segno.
Diedi al ragazzo un biglietto da visita. ‘Chiamaci,’ gli dissi. ‘Sono certo che mia moglie vuole rivederti.’
‘Sì,’ confermò lei con un sospiro, e lo baciò infilandogli la lingua in bocca.
Una piacevole sorpresa. Compresi che Flavia lo avrebbe rivisto volentieri, io pure, magari a casa nostra, in una situazione di maggiore intimità.
Prima di andarcene dal Labirinth passammo dal bar a farci il bicchiere della staffa.
Ritrovammo David, il padrone del locale. Era dietro al bancone. Ci squadrò come se cercasse di capire che cosa era successo. Che ti frega, stronzo, pensai.
‘Mi devi la spesa della lavanderia,’ mugugnò alludendo al Martini che gli avevo rovesciato addosso.
‘Mandami il conto,’ gli dissi caustico.
Versò una miscela di rum e sciroppo alla frutta nello shaker e agitò con professionale agilità, poi riempì due bicchieri. Per tutta la durata dell’operazione non distolse lo sguardo dalle tette di mia moglie.
‘Questo l’offro io,’ mugugnò ancora.
Mi domandai come sarebbe stato vederlo nudo fra le cosce di mia moglie. Un episodio inedito de la bella e la bestia, pensai.
‘Forse non sei così stronzo come sembri,’ gli dissi. ‘Magari hai qualche piccola speranza.’
Lui non reagì alla mia offesa, evidentemente per non compromettere la piccola speranza. Flavia gli sorrise.
Lasciammo il Labirinth che erano quasi le quattro di mattina. Andammo al parcheggio e io mi misi alla guida della macchina. Flavia si rilassò accanto a me, soddisfatta e piacevolmente stanca.
Imboccai la statale senza rispettare lo stop. Una manovra pericolosa, ma la strada era deserta. Se ci fosse stato traffico, qualche automobilista poteva incazzarsi e avrebbe avuto ragione.
‘Ti scoccia se lo vedo ancora?’ mi domandò lei alludendo a Skittle.
‘No,’ risposi. Quando mai mi era scocciato che rivedesse qualcuno che l’aveva scopata bene?
Mi baciò sulla guancia. ‘Sei un tesoro.’
Mise la mano destra fra le mie gambe. ‘Sai amore’ i cazzi mi piacciono tutti, talvolta qualcuno mi piace più del tuo, ma non amerò mai nessun cazzo come amo il tuo.’
La lusinga mi distrasse dalla guida. Per una decina di metri procedetti a zig zag nella carreggiata, ma per fortuna la strada era deserta. Se ci fosse stato traffico, qualche automobilista poteva incazzarsi. Magari mi avrebbe gridato cornuto.
E avrebbe avuto ragione.
In tutti i sensi.

weltan3@yahoo.it

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