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Il favore

By 16 Ottobre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

“Ti va di trovarci per un aperitivo stasera? Avrei un grosso favore da chiederti”. A cosa potevo pensare quando sul telefonino apparve questo sms firmato Marco? Problemi di soldi? Eppure il lavoro andava benino, e non aveva avuto neppure bisogno di mutui visto che la casa l’aveva ereditata dai genitori. Dentro di me feci molte ipotesi, ma quello che successe veramente fu a dir poco inaspettato. “Ok, alle 8 al solito bar. Posso sapere quale favore?” Risposi. “Preferisco parlartene di persona”. Non indagai oltre, e attesi la sera.

 

Con Marco siamo sempre stati molto amici. Si può dire che siamo cresciuti insieme, nella stessa classe alle elementari, alle medie, al liceo, solo l’università ci ha portato in due città diverse, ma ogni volta che tornavamo al paese era come se non fosse passato neanche un giorno da quando appena adolescenti iniziavamo a sperimentare le prime cazzate in piena libertà. Come succede a molti ragazzi l’ingresso nel mondo del lavoro ci aveva un po’ separati, visto che la voglia di far tardi la sera si era affievolita di molto passati i 30 anni, mentre aumentava la consapevolezza che l’età doveva farci perdere le brutte abitudini, e così le occasioni per vederci erano diminuite. Ma ci piacevano ancora gli stessi concerti, gli stessi film, persino le stesse ragazze, visto che lui due anni prima aveva finito per sposare Marzia, la prima fidanzata che ho avuto a 16 anni.

 

Alle 8 trovai Marco che mi aspettava al bancone, spiluzzicando pizzette e crostini e bevendo qualcosa di misteriosamente azzurro. Lo salutai con la solita pacca sulla spalla e le solite parole scherzose e chiesi alla barista un Americano, notando subito che c’era qualcosa che non andava. Invece di replicare a tono il mio amico sembrava quasi preoccupato, o addirittura intimorito, teneva lo sguardo basso e si guardava le scarpe. Ci scambiammo dei convenevoli di maniera ma era ovvio che girasse intorno ad un argomento che aveva paura di affrontare.

 

  • Da quanto ci conosciamo? – gli chiesi.

  • Da sempre… perché?

  • Allora dovresti sapere che con me puoi parlare di tutto. Forza, mi hai chiamato per chiedermi un grosso favore e il minimo che posso fare e ascoltarti. Tu non farti problemi a chiedere e io non mi farò problemi, eventualmente, a rifiutare. Se è questione di soldi sai che non ne ho molti, ma nei limiti del possibile una mano te la posso dare.

  • Non è questo…

  • Non ti avranno mica licenziato?

  • No, no! Il lavoro va abbastanza bene ed è sicuro, anche se lo stipendio non è certo il massimo.

  • E allora cos’è? Cosa mi volevi chiedere?

  • Uff… – Fece un grosso sospiro.

  • Dai, che non ti mangio mica!

  • Si tratta di mia moglie.

  • Marzia?

  • Ho solo lei, di mogli…

  • Lo so, ma mi sembra incredibile. Sembrate il ritratto della coppia perfetta… problemi di corna?

  • Tutt’altro…

  • Vuole farsi suora?

  • Dai lasciami parlare, già non è facile per me quello che devo dirti, poi se fai il coglione come al solito…

  • Il problema è che SONO un coglione… ok scusa parla pure.

  • Con Marzia va tutto bene. Abbiamo una casa, ora anche lei ha trovato un lavoro fisso, il matrimonio va benissimo… abbiamo pensato che sarebbe bello avere un bambino.

  • Splendido! Fatelo!

  • Ci stiamo provando. Più di una volta al giorno, non è la passione che ci manca. E… ci stiamo provando da più di un anno… il bambino non vuole venire.

  • Ho capito. Se vuoi un consiglio, c’è un amico di mio padre che è uno dei più bravi specialisti italiani in materia. Si chiama dottor Marcuzzi, di solito è sempre impegnatissimo ma se lo chiamo io sono sicuro che un giorno per una visita a Marzia lo troviamo in tempi brevi.

  • Siamo già stati da una specialista, non Marcuzzi ma un altro… ci hanno detto che è bravo pure lui, comunque, ed in effetti si è rivelato un’ottima persona oltre che un bravo dottore, per quello che ne possiamo capire. Abbiamo fatto tutte le analisi ed i test del caso ed il problema sono io. Ho una conta spermatozoica bassissima, praticamente ho una possibilità su diecimila di avere un figlio in maniera naturale.

  • Potreste provare con la fecondazione artificiale.

  • Ci abbiamo pensato. Ma abbiamo scoperto che c’è un altro problema… Non so se ti ho mai detto che mio padre ha avuto due fratelli prima di lui, entrambi nati deformi ed entrambi morti prima di compiere dieci anni.

  • No, non lo sapevo…

  • E’ una cosa che è successa altre volte nella mia famiglia, anche mia nonna ha avuto una sorella nata già morta, e mia cugina ha abortito un paio di anni fa perché il feto mostrava già segni della malattia… per fartela breve, se riuscissi a mettere incinta Marzia ci sarebbe il 25% di probabilità che anche mio figlio venisse fuori deforme. Non ce la sentiamo di correre il rischio.

  • Vi capisco, cavolo… Non potreste provare con la terapia genetica? Ho letto che ormai si può fare praticamente di tutto…

  • Si potrebbe fare. Non in Italia, però, qui è illegale. Bisognerebbe andare in Spagna, o in Germania, e oltre ai problemi logistici sarebbe anche molto costoso… non possiamo permettercelo.

  • Allora l’unica soluzione è ricorrere a un donatore.

  • Senti, te lo dico francamente, è inutile girarci intorno. In questi ultimi dodici mesi abbiamo speso un piccolo patrimonio, e anche la semplice fecondazione da donatore anonimo è piuttosto costosa. Inoltre… non ci fidiamo. Abbiamo sentito varie storie poco edificanti, bambini nati sieropositivi, o con l’epatite. Vorremmo un figlio sano, concepito naturalmente e… nostro. Questo non è possibile, ne abbiamo parlato e… ecco… ok, papale papale, ecco il favore che volevo chiederti: proveresti a mettere incinta mia moglie?

 

Inaspettato, dicevo… inaspettato è dir poco. Come si reagisce ad una richiesta del genere? Ero scioccato. Chesi a Marco se si trattava di uno scherzo. Non lo era. L’aperitivo si protrasse per più di un’ora mentre parlavamo, parlavamo, parlavamo. Mi spiegò che io ero l’unico che consideravano uno di famiglia, l’unico di cui si potevano fidare. Sapevano che potevo avere figli, quando avevo venti anni una mia ex fidanzata aveva voluto abortire dopo un “incidente di percorso”. Sapevano che ero veramente affezionato a tutti e due, non avrei fatto storie, ero abbastanza comprensivo ed intelligente da non accampare mai diritti di qualsivoglia genere sul bambino, quando fosse nato. Inoltre in quel momento ero single, avevo avuto qualche avventura con un paio di ragazze negli ultimi mesi ma nessun impegno che potesse trattenermi. Anche il fatto che Marzia avesse già avuto una storia con me, seppure quasi quindici anni prima, era d’aiuto. Forse l’imbarazzo sarebbe stato minore che con un completo estraneo… Parlammo, bevemmo, Marco versò persino qualche lacrima. Non me la sentii di dare una risposta subito, dissi che ci avrei pensato.

 

Marzia era ancora bellissima, a 30 anni appena compiuti. Non era una di quelle donne appariscenti, che senza tacco a spillo, minigonna e trucco marcato non sono loro stesse, Marzia aveva una sua sensualità interiore che si esprimeva negli sguardi, negli atteggiamenti, nell’allegria e nella gioia di vivere che erano sempre vivi nella sua voce. Certo, il fisico faceva la sua parte. Non era altissima, al massimo 1.65, ma tanti anni di aerobica avevano scolpito una figura sinuosa, atletica, con un pancino ancora da adolescente e un sedere praticamente perfetto, che ipnotizzava chiunque la vedeva passare di corsa nelle strade del paese, al mattino presto, le curve sottolineate da una tuta aderente. Il seno non era certo prorompente, ma ci si poteva accontentare. In più aveva una malizia che traspariva dalle piccole cose, il perizoma birichino che faceva capolino dal jeans, il capezzolo che si intravedeva scoperto sotto la maglietta, il piercing alla lingua e quello all’ombelico sempre in bella mostra. Marzia non aveva pudori nel parlare, ed era un piacere averla presente anche nelle serate tra amici, quelle senza peli sulla lingua in cui ci si fa vanto e un po’ si inventa delle conquiste passate, si commentano i gossip più recenti e si prospettano grossi sviluppi per il futuro.

 

Anche a quindici anni Marzia era così, una adolescente precoce e curiosa, con qualche brufolo in più ma gli stessi occhi furbi ed ammalianti. Io, un anno più di lei, ero sicuramente più immaturo ed imbranato, con altre non ero mai andato al di là del bacetto sulle labbra mentre di lei si favoleggiavano amori pornografici con ragazzi molto più grandi di noi. Le avevo fatto una corte spietata vincendo la timidezza del novellino, e quando finalmente strappai il suo assenso per qualcosa di più di un pomeriggio al cinema o una passeggiata mano nella mano ne fui orgoglioso, entusiasta ma anche un po’ intimorito. Sarei stato all’altezza? Le chiacchiere si dimostrarono però ben presto solo chiacchiere. Marzia era vergine quanto me, anche se col suo ragazzo precedente si erano visti nudi e si erano masturbati reciprocamente. E come me Marzia aveva voglia di perderla, questa dannata verginità, tanto che bruciammo le tappe molto velocemente e dai primi baci e dalle prime toccatine fugaci passammo ben presto al sesso orale, del quale ci scoprimmo entrambi grandi appassionati, e dopo solo due mesi al sesso vero e proprio.

 

Come spesso succede, la prima volta non fu il massimo. E si che mi ero impegnato, per un giorno in cui sapevo che avrei avuto la casa interamente a mia disposizione. Avevo trovato il coraggio di comprare i preservativi, le candele profumate, una bottiglia di vino fregata ai miei per liberarsi delle ultime inibizioni. L’inizio fu incoraggiante, entrambi alticci quel tanto che bastava, ci scambiammo lunghi baci, languide carezze, ci spogliammo rapidamente e mi gettai sul suo sesso bagnatissimo, per un cunnilingus che mi sembrò allo stesso tempo romantico e deciso. Quando fu sul punto di provare l’orgasmo mi chiese finalmente di penetrarla… e lì le cose iniziarono ad andare meno bene. Iniziai a farmi tante domande: come dovevo muovermi? Sarei durato abbastanza? Lei sentì molto dolore all’inizio, e mi preoccupai ancora di più. Dovevo smettere? Dovevo insistere? Dovevo accelerare per farla soffrire meno? Intanto Marzia si lamentava, anche se mi ripeteva che voleva che arrivassi a termine. Ma non ce la facevo. Inventai che avevo sentito qualcosa, forse il preservativo si era rotto, e uscii da lei. La vista del sangue sul mio pene mi fece preoccupare… e ammosciare. E le lenzuola si stavano macchiando! Corremmo ai ripari, nudi e inappagati, e ripulimmo tutto. Quando le chiesi se voleva che riprovassimo mi disse che non se la sentiva, ed un po’ tirai un sospiro di sollievo. Ci abbracciammo, ricominciammo a baciarci e finimmo inevitabilmente con le bocche sui nostri sessi. Quando venni, lei ingoiò il mio sperma. Era la prima volta, mi disse che voleva comunque che la serata fosse da ricordare, visto quanto mi ero impegnato perché fosse memorabile. Mi sentii in paradiso… pensai che forse saremmo stati persino meglio facendo solo sesso orale, senza osare nulla di più.

 

Per fortuna l’idea balzana durò solo qualche ora. L’indomani ci rivedemmo e, senza troppi preparativi e allestimenti, provammo a far l’amore per la seconda volta. Marzia sentì sempre dolore, ma molto meno della prima, io venni dentro il preservativo e dopo, visto che di sangue non ne usciva più, feci godere lei con la bocca e con la mano. Il terzo rapporto l’avemmo appena due ore dopo, e questa volta qualche mugolio di piacere lo emise persino lei. Da lì fu facile prenderci gusto… e per due anni lo facemmo in tutte le salse, sperimentando quasi tutto lo sperimentabile e non scartando quasi nulla.

 

La nostra storia durò due anni, e quando finì fu ovviamente per colpa mia. Ero ancora molto innamoravo e la desideravo costantemente, ma come si dice… il caviale è ottimo, ma a mangiarlo ogni giorno può anche venire voglia di una semplice pasta al pomodoro. Mi concessi un paio di scappatelle, e fin lì mi andò anche bene, ma qualcuno di troppo pettegolo venne a sapere della terza, lo riferì a lei che mi lasciò, tra pianti e offese alle quali non sapevo replicare. Avevo rinunciato alla ragazza che amavo e che mi faceva godere come nessun’altra in cambio di un pompino fatto pure maluccio da una di cui non ricordo neppure il nome, e che si rifiutò persino di farmi venire in bocca visto che a lei lo sperma faceva schifo.

 

Sono i casi della vita, eravamo più giovani e più scemi. Soprattutto io. Per molti mesi non mi parlò neppure, quando mi vedeva si voltava dall’altra parte e rifiutava con sdegno tutti i miei tentativi di scusarmi. Ma nel frattempo io avevo trovato un’altra ragazza, lei un altro ragazzo, i nostri amici erano tutti comuni ad entrambi e insomma, smettere di frequentarci per sempre era impossibile. Così, prima con molta cautela poi piano piano sempre più spontaneamente ricominciammo a parlarci, ad uscire, insomma ritornammo amici. Ritorni di fiamma non ce n’erano mai stati, un paio di volte c’avevo provato con lei quando era un po’ più ubriaca del solito, ma con scarsi successi. E di solito quando io ero single lei era fidanzata, mentre quando ero fidanzato io.. beh, avevo capito che le scappatelle era bene cercarle al di fuori del gruppo di amici.

 

Marzia non era stata la storia più importante della mia vita, rimpianti non ne avevo, però… lei mi aveva iniziato al sesso, con lei avevo scoperto quasi tutto ciò che mi piaceva anche adesso, nonostante tutto eravamo sempre rimasti amici ed ero orgoglioso che si fidasse di me. E potevo dire di no a Marco, che aveva trovato il coraggio di presentarsi davanti a me in quel modo?

 

Quella sera mi masturbai sotto le coperte come un ragazzino, quasi non riuscii a dormire. Al mattino, in una pausa dal lavoro, chiamai Marco.

 

  • Ho pensato alla tua proposta di ieri…

  • Cos’hai deciso?

  • Potrei starci.

  • Ok… – Emise un sospiro, non capii se di soddisfazione o di disdetta.

  • Però ad una condizione.. spero che capirai.

  • Spara.

  • Fare sesso con tua moglie… sarebbe troppo imbarazzante. E’ vero che l’abbiamo già fatto, ma eravamo ragazzi. Sono passati secoli. Mi sembrerebbe di tradire te, che sei da sempre il mio migliore amico. Lo sai che ci tengo a te e non potrei più guardarti in faccia se mi sentissi colpevole di un delitto così grosso.

  • Ma te l’ho chiesto io!

  • Lo so. Ma ammetterai che è una richiesta forzata dalle circostanze. Non so se ce la farei. Sarebbe tutto diverso se…

  • Se?

  • Se ci fossi anche tu con noi.

  • Vuoi dire… farlo in tre?

  • Esatto. In quel modo sentirei davvero di avere la tua approvazione. E per certi versi vostro figlio… l’avremmo concepito insieme. Anche tu saresti presente e partecipe, quindi… lo sentirei più tuo.

  • Mmh..

  • Eppoi… dai, ne parlavamo sempre di fare una cosa a tre, prima che tu ti fidanzassi.

  • Oh, stronzo, quella è mia moglie, mica una puttana raccattata per strada!

  • Ehi scusami, scherzavo, cercavo di stemperare…

  • Lo so, scherzavo anche io. A dire il vero ne abbiamo parlato anche con Marzia. Di farlo in tre, intendo. Abbiamo pensato che forse ce l’avresti posta come condizione, e a quanto pare ti conosciamo bene. Lei ha detto che ci proverebbe. E sono sincero, anche per me sarebbe meglio. Sarei più sollevato, avevo un magone a pensare a un altro uomo solo con lei…

  • Però il pisello non te lo tocco.

  • Smettila.. sempre il solito.

  • Ora dici così, ma quando saremo lì… ti vedevo sempre sai, negli spogliatoi del calcetto, che mi guardavi il pisello con quello sguardo bramoso…

  • Smettila, prima che mi penta di averti chiesto qualcosa!

 

Ci facemmo due risate. Non era facile in una situazione come quella, ma servì, sul momento. Rimanemmo d’accordo che mi avrebbe fatto sapere il momento più giusto per provarci, e ci salutammo.

 

Non ero certo digiuno in fatto di sesso, ma un’esperienza a tre non l’avevo mai avuta. Una volta mi era capitato, con una mia ex ragazza, di farlo con lei mentre un’altra coppia lo stava facendo nella stessa stanza a un metro di distanza, ma non c’erano stati né scambi di coppia né giochi tra noi, solo sguardi e l’alcool che scorreva a fiumi. Avevo sempre sognato di farlo, ma quella non era certo la situazione che immaginavo. Ero allo stesso tempo eccitatissimo e preoccupato, alla sera tornavo a casa e aspettavo una chiamata con l’ansia di chi aspetta di sapere se ha ricevuto il primo premio della Lotteria oppure una condanna a morte. Poi, dopo due giorni, la chiamata arrivò. Marzia avrebbe raggiunto entro pochi giorni il suo momento di massima fertilità, e pareva l’occasione giusta. Sabato sera ero invitato a cena da loro.

 

Nei giorni che passarono non chiamai mai Marco, solo qualche sms di convenevoli per chiedere conferma, e mi guardai bene dal contattare sua moglie. Arrivati al giorno fatidico entrai quasi nel panico. Non sapevo come vestirmi, dovevo mettermi elegante come per un’occasione speciale, oppure essere me stesso, come avevo fatto ogni altra volta che ero andato a cena da loro. Dovevo portare un regalo? Un mazzo di fiori? Una bottiglia di vino? Come ci si comporta, esiste un galateo per queste cose? Alla fine mi arrangiai, scelsi una giacca leggera sopra la t-shirt, un paio di pantaloni nuovi ed ai piedi scarpe da ginnastica. Comprai una bottiglia di bianco, un Muller Thurgau di una cantina piuttosto prestigiosa, così avrei fatto bella figura senza spendere un occhio della testa ed apparire esagerato, e cercai di dipingermi sulla faccia la tranquillità che non avevo. Arrivai a casa sua in perfetto orario e suonai il campanello.

 

Mi aprì Marco. Gli porsi la bottiglie e lo salutai mentre lui faceva fatica ad alzare lo sguardo.

 

  • Non dovevi – mi disse. – Non ce n’era bisogno.

  • Magari ce ne sarà. – Risposi, e gli strizzai l’occhio.

 

Marco mi fece entrare. Marzia ci aspettava in sala da pranzo sorseggiando un aperitivo, bellissima come al solito. Si era lisciata i capelli che erano più corti di come li ricordavo, non aveva trucco, indossava una semplice maglietta color arancio e sotto una gonna lunga fino al ginocchio. Ai piedi delle semplici infradito. Con un sorriso un po’ forzato mi offrì un Martini piuttosto generoso che accettai volentieri.

 

  • Sono… siamo contenti che sei venuto. – Mi disse.

  • Si fa di tutto per aiutare gli amici. – Risposi. Ci scambiammo un bacio sulla guancia e calò nella stanza un silenzio imbarazzato.

  • Beh, visto che sei così puntuale non potevamo essere da meno. La cena è pronta! – ci pensò Marco a risvegliarci. Ci sedemmo a tavola e provammo ad essere noi stessi.

 

La cena era deliziosa, e piano piano iniziammo a chiacchierare quasi come al solito. Ci aiutò il vino, visto che alla fine dell’antipasto di mare la prima bottiglia ci disse addio e lasciò spazio alla seconda, un altro bianco questa volta toscano, che con fatica facemmo durare mentre ci gustavamo degli ottimi spaghetti allo scoglio e un bel piatto di gamberoni. Non parlammo mai di sesso, o di quello che stavamo per fare, discutemmo di lavoro, di musica, del niente che passava in tv, dei nostri ristoranti preferiti e di disavventure successe ai tempi della scuola o ancora prima. Marzia all’inizio era piuttosto silente e lasciava parlare noi, ma l’alcool ebbe presto l’effetto voluto sulla sua figura esile, e diventò subito più loquace. Rideva alle nostre battute e ne raccontava di sue con la bocca un po’ impastata. La cena finì, consumammo due caffè e ci facemmo due giri di grappe… e tornò come per magia il convitato di pietra: l’imbarazzo. Marzia si alzò in piedi, un po’ traballante.

 

  • Dove vai? – le chiese Marco.

  • A lavare i piatti, così poi non ci pensiamo più… magari ci mettiamo sul divano a guardare un film…

  • I piatti possono aspettare. Forse non possiamo più aspettare noi… vieni qui.

 

Marzia le si avvicinò timorosa, lui si alzò in piedi e le prese la testa, per un bacio che parve durare in eterno. Io assistevo come incantato, silenzioso, mentre la lingua di lui forzava le resistenze di lei e alfine penetrava vittoriosa tra le sue labbra, fino ad incontrare la sua gemella. Marco l’abbracciava, con le mani le accarezzava la schiena spingendosi fino al sedere, mentre lei le teneva immobili ai suoi fianchi. Dalla schiena la mano destra di lui si spostò davanti, fino al seno che ora faceva intuire il capezzolo turgido, mentre la bocca di lei ora si era fatta temeraria e succhiava la lingua di lui, gli mordicchiava le labbra, esponeva sensualmente il piercing alle carezze del marito. I baci di lui si mossero dalla bocca al collo, mentre Marzia, gli occhi languidamente chiusi e la bocca aperta ed ansimante di piacere, sembrava sciogliersi tra le sue braccia. Poì aprì gli occhi e mi guardò. Guardò me, direttamente, mentre Marco la toccava ormai senza ritegno, e lo sguardo che mi rivolse fu di immenso desiderio. Sentii il cazzo irrigidirsi nei pantaloni. Ormai era troppo tardi per tornare indietro.

 

La mano di Marzia accarezzava ormai la patta dei pantaloni del marito, mentre lui, continuando a leccarla sul collo e sull’orecchio, le aveva alzato la gonna quel tanto che bastava per infilare la mano sotto a palpare quel sedere di marmo che mi faceva così arrapare. Quando Marzia sbottonò i pantaloni di lui e gli tirò fuori il pene durissimo… lo tirai fuori anche io, iniziando a masturbarmi lentamente. Marco mi guardò interrompendo per un attimo il bacio.

 

  • Se ti accontenti di guardare, è finita.

 

Mi alzai. Marco aveva girato sua moglie verso di me e si era chinato per slacciarle la gonna. Guardai Marzia che con una piccola smorfia fece spallucce, come a dire “ormai che siamo in ballo, balliamo”. Mi avvicinai e la baciai. Sapeva di alcool e di pesce, ma per me era come nettare degli dei, mi riportò in mente tanti ricordi che pensavo di avere ormai perduto, tante emozioni provate da ragazzino, più ingenuo e più puro di adesso. Marzia sembrò sorpresa dal mio bacio, come se pensasse che scoparmi e farsi mettere incinta poteva pure andar bene, ma un bacio voleva dire metterla sul piano dei sentimenti. Poi Marco le calò la gonna e le sfilò il perizoma, affondando la faccia nel solco tra le sue chiappe. Lei emise un gemito di piacere e di sorpresa, si appoggiò a me baciandomi lei, questa volta, e afferrandomi il pene che si ergeva fiero dalla cerniera dei pantaloni. Per un attimo temetti che sarei venuto subito, ma per fortuna seppi trattenere l’entusiasmo. Le presi la maglietta e la sfilai, esponendo i suoi piccoli seni. Marco intanto si rialzò in piedi e si strinse a lei da dietro. Ora Marzia era completamente nuda, mentre io e suo marito eravamo ancora completamente vestiti, ma con il pene durissimo fuori dai pantaloni. Il mio puntato verso il suo pancino, quello di Marco appoggiato maliziosamente tra le natiche. Io la baciavo sulla bocca, lui sul collo. Marzia era in estasi.

 

  • Mettiamoci sul divano. – disse Marco

  • No… sul letto… – Ansimò a fatica Marzia.

 

Ci recammo nella loro camera, una dea nuda con al seguito i suoi devoti. Ci togliemmo le magliette restando a petto nudo, stendemmo Marzia sul letto, Marco si spogliò anche di pantaloni e boxer e puntò il cazzo verso la sua faccia per farglielo succhiare, mentre io mi inginocchiai e le allargai le cosce.

 

Che fica perfetta! Ricordavo più di dieci anni prima una foresta di peli castani, ma allora depilarsi totalmente non era così di moda. Adesso Marzia non aveva neppure un pelo, lì sotto, il suo sesso era uno spettacolo meraviglioso. Sembrava la fighetta di una ragazzina, rosa, delicata, con le labbra a malapena aperte e il piccolo clitoride a far capolino. Ma tutta l’eccitazione della sua maturità era evidente da come era lubrificata. L’aprii molto delicatamente con la mano destra e mi gettai a leccare, mentre vedevo Marco che le accarezzava i seni con il grosso pene che entrava quasi completamente nella sua bocca. Non aveva un sapore intenso e fastidioso come molte donne, era pulita, candida. Avrei potuto dire pura, se non stesse godendo così tanto della attenzioni di due uomini contemporaneamente. Gemette quando le lambii il clitoride, ma sapevo che avrebbe goduto molto di più quando avessi iniziato a variare i miei bersagli. Affondai la lingua più che potevo dentro di lei, poi tornai a leccarle il clitoride lentamente, come si fa con un cono gelato, poi passai a sottolineare il percorso delle labbra esterne, mi mossi all’interno… Provai a far scivolare dentro di lei un indice, provocando ancora un mugolio. Inserii anche il medio e piegai le dita verso l’alto, mentre le succhiavo il bottoncino. Tolsi le dita fradice dei suoi umori e passai a stimolarle il clito con il pollice, con lenti movimenti rotatori, mentre con la lingua provavo a scendere più in basso. Quando stavamo insieme Marzia non disdegnava che io riservassi attenzioni al suo forellino dietro, anche se raramente arrivavamo al sesso anale vero e proprio. Leccai con cura la rosellina e notai che apprezzava ancora, eccome. Entrai ancora con indice e medio dentro la fica mentre continuavo a inumidirle il culetto, poi quando fui sicuro di averlo ben lubrificato saggiai con un dito la resistenza del suo sfintere.. Resistenza non ci fu. Una falange entrò dentro, con estrema lentezza, seguita immediatamente dalla seconda. Non volli esagerare, iniziai a muovere quasi impercettibilmente il ditino e ripresi a leccarla con più foga di prima. La sentivo ormai vicina all’orgasmo, passarono al massimo un paio di minuti che lei si tolse il cazzo di Marco dalla bocca, si alzò di qualche centimetro sui gomiti e quasi urlò.

 

  • Oddio, sto per godere! Godo! Godo!

 

Sentii lo sfintere stringersi attorno al mio indice, che infilai fino in fondo per acuire le sue sensazioni. Arrivarono sei o sette contrazioni, sottolineate dagli ansiti e dagli “oddio” di lei, poi tolsi il dito ed alzai la testa. Marco, a cazzo durissimo e completamente bagnato della saliva della moglie mi guardava.

 

  • Sono quasi geloso che goda così anche con te… Ora lasciami il posto, vediamo cosa so fare con questo.

 

Mi alzai e gettai via gli inutili pantaloni e le mutande. Marco fece mettere Marzia a pecorina e si posizionò dietro di lei. Io cercai le attenzioni della sua bocca sedendomi sul letto. Il mio cazzo aveva una circonferenza leggermente minore di quello di suo marito, ma era anche sensibilmente più lungo. Non ce la faceva a prendere anche questo in bocca fino in fondo, ma apprezzavo lo stesso il tentativo, e mi faceva comunque impazzire anche vederla leccare con sapienza intorno alla mia cappella, solleticarmi il filetto, scendere a succhiarmi i testicoli, tutto ad occhi aperti rivolgendomi sguardi di fuoco. Non ho mai sopportato le ragazze che fanno pompini ad occhi chiusi, oppure nascondendosi mettendo davanti al volto i capelli. Il sesso orale è anche un gioco di esibizionismo, e vedere una bella lingua al lavoro accompagnata da uno sguardo che ti dice senza parlare che il tuo cazzo è meglio di una cena di lusso aumenta di molto il piacere dell’atto. Marzia in questo era una maestra… lo era sempre stata a dire il vero, ma ora era anche l’eccitazione del momento a sottolineare la sua maestria.

 

Intanto Marco era al lavoro con la lingua, più sull’ano che sulla figa a dire il vero, tanto che pensavo quasi che l’avrebbe direttamente sodomizzata. Invece dopo qualche minuto si inginocchiò, puntò il pene verso di lei e lo infilò tutto con un unico movimento, quasi a toglierle il fiato. Marzia faceva ora fatica a succhiarmi, le spinte del marito erano molto decise e in un paio di occasioni sembrò quasi strozzarsi, facendolo entrare tutto fino in gola. Ma godeva, e molto. Dopo qualche prova si decise ad usare soprattutto la mano, segandomi davanti alla sua faccia con l’ausilio di qualche leccata quando possibile. Mentre la scopava Marco le teneva il pollice piantato nel culo, poi notò che la posizione era scomoda e la risistemò sulla schiena. Io mi sedetti sulla faccia di Marzia e le dissi di leccarmi le palle mentre mi masturbavo. La sua lingua mi esplorava i testicoli e il perineo, mentre Marco spingeva dentro di lei sempre più velocemente. Marzia sembrava godere, a bocca aperta e lingua di fuori, mentre le strofinavo il pene su tutta la faccia. L’odore del sesso era forte su di lei e pervadeva ormai tutta la stanza, aumentando se possibile la nostra eccitazione. Poi lei venne davvero, con un secondo orgasmo ancora più forte del primo.

 

  • Godo! Si! Si! Si!

 

Guardai Marco che mi sorrise. Aveva rallentato notevolmente i suoi movimenti, il cazzo gli usciva e rientrava lentamente nel lago che era la fica di Marzia, mentre lei si era attaccata al mio, durissimo, gemendo e succhiando come un bimbo attaccato al seno della madre.

 

  • E’ il tuo momento. – mi disse Marco. – Anche perchè non ce la faccio quasi più.

 

Tolse il cazzo da lei che reagì con un sospiro quasi di dispiacere, ma presi immediatamente il suo posto. Mi muovevo lentamente, volevo che Marco venisse prima di me per quello stupido orgoglio maschile che ci accompagnerà sempre, ma Marzia sembrò gradire il cambio di ritmo. Cercavo di spingere più a fondo che potevo, fino a toccarle l’utero. Volevo farle sentire che il mio era il cazzo più lungo… con Marco eravamo migliori amici da sempre, ma un po’ di competizione era naturale. Io l’avevo fatta godere con la bocca, lui scopando… un terzo orgasmo avrebbe significato vittoria certa, per me. Stupidaggini, lo so…

 

Marco intanto le aveva infilato il cazzo in bocca, e la stuzzicava dicendole cosa fare e quanto stava apprezzando…

 

  • Bravissima, così, prendilo tutto in bocca… oh si così fino in fondo… ingoialo tutto… ingoia il mio cazzo fino alle palle… fino in fondo, si… dai che ti piace… ti faccio bere tutta la mia sborra… così, succhialo… sei bravissima… succhialo… più veloce… più veloce dai… dai che sborro… dai… eccomi… vengo….

 

Le tolse il cazzo dalla bocca e si masturbò davanti alla sua lingua protesa in avanti. Immediatamente partì il primo schizzo, che la imbrattò sulla guancia, il secondo invece giunse a destinazione in bocca, e così il terzo, il quarto e il quinto. Marzia corse subito a succhiargli la cappella per spremergli fino all’ultima goccia di sperma, che ingoiò in maniera naturale, sempre ansimando con la faccia stravolta dal piacere e imbrattata del bianco seme del marito. Leccava e succhiava e io mi ero quasi fermato, incantato, a guardare quello spettacolo. Sentivo il mio cazzo pulsare dentro di lei, duro come non mai. Anche io non ero molto lontano dall’orgasmo.

 

A cazzo finalmente pulito alla perfezione Marco si spostò dalla sua bocca e scese dal letto.

 

  • Cazzo che sborrata. – disse asciugandosi il sudore. Si sedette su una poltrona che era nella stanza e si fermò ad assistere allo spettacolo.

 

Se prima pensando ad una situazione del genere mi sarei sentito in immenso imbarazzo ora una cosa del genere mi sembrava quasi naturale. Marco sembrava quasi sorpreso da quanto le cose erano andate alla perfezione, meglio di quanto sperasse, forse covava in sé un futuro da scambista… Marzia sicuramente avrebbe approvato, a giudicare da quanto godeva sotto i miei colpi. Forse senza la bottiglia di vino che si era scolata quasi per intero non si sarebbe comportata così, ma come si dice… in vino veritas!

 

Spingevo sempre più velocemente dentro di lei, mentre con la mano le carezzavo le cosce, la pancia, il pube depilato. La fissavo negli occhi, e finalmente anche lei fissava me. Si alzò sui gomiti, per guardare meglio il mio cazzo che la penetrava. Alzò di nuovo lo sguardo e per la prima volta si rivolse a me direttamente.

 

  • Scopami dai, più veloce. Voglio vederti godere.

 

Non avevo certo bisogno di molti altri incitamente, il mio cazzo entrava ed usciva frenetico nel lago che era la sua fica. Sentivo di stare per esplodere.

 

  • Cazzo dai, sto per godere anche io!

 

Marzia si alzò ancora di più sui gomiti.

 

  • Dai cazzo sborra! Schizzami addosso! Dammelo in faccia!

 

Non resistetti. Vedere un faccino così carino, oltretutto ancora sporco di qualche goccia dello sperma di Marco, chiedermi di venirle addosso mi portò oltre il limite. Uscii da lei, puntai dritto verso le sue labbra protese e… la inondai. I primi due schizzi di sborra bianca e copiosa le coprirono la punta del naso e le labbra, il terzo la centrò sull’occhio sinistro, che per fortuna teneva ben chiuso, il quarto andò a far compagnia a quello del marito sulla guancia e il quinto le finì sul mento. Spremetti le ultime gocce rimaste nella sua bocca, mentre lei leccava e succhiava la mia cappella ancora tremante per la lunga scopata. Non avevo mai avuto un orgasmo così abbondante, Marzia sembrava la reduce di un bukkake giapponese.

 

Marco intanto si era alzato i piedi.

 

  • Cazzo! – urlò quasi sgomento.

  • Hai visto che roba? – gli dissi soddisfatto della mia prestazione.

  • Cazzo! Le hai sborrato in faccia!

  • Si… beh me l’ha chiesto lei. Ho visto che l’avevi fatto anche tu, spero non sia una mancanza di rispetto!

  • DOVEVI METTERLA INCINTA!

 

In quel momento realizzai, e anche Marzia realizzò. Smise di leccarmi il cazzo e guardò il marito come se fosse appena uscita da un sogno. Io mi tolsi da sopra di lei… non ero lì per un’orgia ricreativa con amici, ero lì con uno scopo. Mettere la moglie del mio migliore amico incinta. Me l’aveva chiesto lui. E nessuna donna a quanto sapevo era mai rimasta incinta dopo un facial.

 

  • Cazzo…

  • Che cazzo pensavi??

  • Mi… mi dispiace. Era la foga del momento. Scusami… scusami anche tu, Marzia. Mi sento una merda.

 

Marzia si pulì lo sperma che aveva sull’occhio e si sedette sul letto.

 

  • Dai ragazzi, non litighiamo… è stata colpa mia. Eppoi niente è perduto, no? Se non avete nulla in contrario… beh, possiamo riprovarci anche domani!

 

Marco abbassò le braccia e sbuffò, vinto dalle circostanze. Marzia mi guardò e mi rivolse un sorriso complice. Qualcosa mi diceva che anche una seconda volta non sarebbe bastata…

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