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Il furgoncino giallo di Gianni – versione integrale

By 26 Maggio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Esco dalla cabina e vado letteralmente a sbattere contro Gianni.

‘Tutto bene Miki?’ mi chiede scrutandomi in faccia ‘sei tutta rossa e mi era sembrato di sentire come un singulto’stavo per bussare quando sei uscita!’.

Nella sua voce non c’è malizia; non sta scherzando, né sta giocando al gatto con il topo (o con la topa sarebbe più corretto dire).

E’ solo sinceramente interessato a me e preoccupato per me.

‘Voglio morire’ penso dentro di me, mentre cerco invano di richiamare a raccolta i neuroni per riuscire a formulare una frase di senso compiuto ‘Voglio morire adesso, voglio che la terra produca immantinente una voragine e voglio finirci dentro’io e quella testa di minchia che sono”.

Potrei continuare ad insultarmi per altre due ore, ma non è questo il momento.

Adesso devo rispondergli, magari prima del prossimo Giubileo!

Finalmente, dopo avere deglutito a vuoto due o tre volte, riesco a produrre un debole ‘No, Gianni, nessun problema. Sto bene’sai com’è’noi donne’il ciclo’cioè l’ho finito’ma sai gli strascichi, la pressione bassa’.

Ringrazio mentalmente per una volta il fatto di ricevere ogni mese la visita delle ‘simpatiche amiche di tutte le donne’ come le chiama la mia migliore amica.

Non è vero che ho appena finito il ciclo, ma è una pur sempre valida scusa da tirare fuori dal cilindro per ogni occasione.

‘Allora non stare troppo al sole, mimmina’ mi dice Gianni tirandomi su uno spallino del reggiseno che nel frattempo mi era scivolato lungo la spalla.

Poi si volta e si allontana in direzione delle docce.

Il contatto delle sue dita mi fa trasalire e di nuovo avverto una sorta di morsa alla base dello stomaco.

Lo guarda da dietro e penso, in modo serio e critico per la prima volta da quando ci conosciamo, che è veramente un ragazzo bellissimo, non fosse altro per quelle spalle larghe, per quei riccioli rossi e per quel culo di marmo che sembra dire ‘mordimi’.

‘Oddio” penso sconsolata mentre scuoto ripetutamente la testa ‘dubbio non v’è (direbbe il buon Mago Otelma)’sono in calore. Non si spiega altrimenti questa improvvisa attrazione per uno che, per quanto bello, stupendo, attraente e decisamente trombabile, fino a ieri era praticamente un fratello per me’.

‘Come diceva Benigni in Berlinguer ti voglio bene’ohioioi, la veggo buia”.

Me ne torno così imbambolata e frastornata, un po’ dall’orgasmo e un po’ da questi pensieri, verso l’ombrellone e, senza troppa convinzione, mi rimetto a leggere Jane Austen, cercando di trovare requie nella descrizione di dialoghi di ottocentesca memoria improntati tutti alla ricerca di un buon partito da sposare, di una dote da concupire e di un casato da tramandare e da proteggere dalle insidie e dalla volgarità della nuova borghesia figlia della seconda rivoluzione industriale.

Verso le sette saluto tutti e mi avvio verso casa.

Mi faccio la doccia (quasi ci affogo da quanto me ne rimango sotto il getto dell’acqua), cucino velocemente una pasta e poi, da vera viveur della costiera, mi infilo il mio pigiamino con pantaloni e canottiera di Hello Spank e me ne vado a dormire.

Verso le undici sento bussare alla porta.

Una, due, tra volte.

‘Arrivo, un attimo’maccheppalle’ urlo con voce soave da scaricatore di porto.

‘Ma chi cazz’.ah ciao Gianni” dico, tentando di ricompormi.

‘Ehi, ma che ci fai in pigiama? Eri già a letto?’ mi chiede lui sinceramente stupito.

‘No’i capelli sparati in aria sono una nuova tendenza di oltre oceano e il pigiama fa molto’come dire’trombamiall’istantenonvedicomesonosessy? Ma che domande’certo che ero a letto conciata in questo modo’!’ gli rispondo acida.

Inspiegabilmente mi vergogno a farmi vedere così, in tenuta nature’senza un filo di trucco, con gli occhi pallati per il sonno, con i capelli arruffati e con un pigiama che non lo farebbe rizzare nemmeno a un naufrago da vent’anni su un’isola deserta.

Inspiegabilmente voglio essere carina per lui.

Inspiegabilmente voglio che mi trovi desiderabile.

Tutto questo inspiegabilmente (credo che si sia capito!!!)

Razionalmente ritengo di dovermi fare di bromuro!

‘Dai vestiti che andiamo a ballare!’ mi dice Gianni entrando in casa e dirigendosi deciso verso la mia camera da letto.

‘Levati quel pigiama antistupro e mettiti qualcosa di carino’oppure mettiti qualcosa e basta e usciamo”.

Lo vedo frugare nell’armadio e poi esclamare trionfante ‘Ovvia, ora sì che si ragiona’mettiti questo!’.

Guardo cosa ha messo sul letto.

Jeans, un top nero con le paillettes e una camicia nera trasparente sopra.

‘E bravo Gianni’ dico ‘anche un creatore di look sei diventato’bravo davvero! Però stasera non ce la faccio ad uscire’stavo già dormendo e per essere presentabile dovrei stare almeno un’ora in bagno’tra trucco e parrucco, capirai!’

Mi guarda deluso con quei suoi occhioni verdi da cane bastonato ed è così tenero e carino che quasi mi viene voglia di accontentarlo.

Ma davvero stasera non ce la faccio e glielo dico, promettendogli però di uscire la sera successiva e si indossare esattamente gli abiti che lui ha scelto per me.

‘Va bene, nata nongiovane’ci vediamo domani mattina’.

Mi cinge la vita e mi da un bacio sulla guancia.

‘Non dimenticarti brioscia e cappuccino, mi raccomando’e anche tutto il resto se vuoi’.

‘Vai via, va che è meglio’ gli rispondo spingendolo verso la porta ‘e ringrazia se domani mattina non arrivo con una baguette e te la metto sai dove’???’.

‘Sei sempre una vera signora” ride lui.

Poi esce dal cancelletto e monta in macchina svanendo rapidamente dalla mia vista.

Io me ne torno a letto, maledicendo mentalmente quell’insidioso calore al basso ventre e quel languore liquido che sento tra la gambe, che certamente mi farà sudare sette camicie per farmi riaddormentare.

Nonostante tutto ce la faccio a prendere nuovamente sonno.

Quando mi sveglio la mattina successiva però, non sono affatto riposata.

Mi sento indolenzita, frastornata.

Mi sento come se non avessi dormito, ma avessi pensato intensamente a qualcosa o a qualcuno’o forse a fare qualcosa con qualcuno.

Istintivamente, senza saper spiegare bene le motivazioni recondite del mio gesto, mi porto una mano in mezzo alle gambe e mi scopro bagnata.

E nel momento esatto in cui mi scopro bagnata, si parano davanti ai miei, due occhi verdi e dei riccioli rossi.

‘Allora è una mania!!!’ esclamo a voce alta, protetta della solitudine della mia casetta.

‘Ok, Miki’facciamo una diagnosi’in fondo vuoi iscriverti a medicina questo autunno, giusto???’

‘Giusto’ rispondo a me stessa.

La cosa grave è che sto dialogando con me stessa.

La cosa tragica è che lo sto facendo ad alta voce.

Lo cosa sconvolgente è che mi accingo a rispondermi con la voce in farsetto.

Poi’un lampo di lucidità…finalmente’!!!!

Devo parlare con un tono di voce più basso, altrimenti, se qualcuno mi sente da fuori, chiama la neuro, mi fanno un TSO (trattamento sanitario obbligatorio, n.d.r.) e tanti saluti alla mia estate di vacanze e follie (e scopate aggiungerei tanto per la precisione).

‘D’accordo’parliamone, ma a bassa voce. Allora dicevamo di una diagnosi, ok’?’

‘Ok’

‘Orbene’sei arrapata e questo è una dato incontestabile. Fossi in te, personalmente, opterei per due scelte. La prima è andare in farmacia a prendere un qualcosa che calmi i bollenti spiriti, la seconda è comprare un vibratore in modo da non dover andare necessariamente in overdose con bromuro e derivati’.

Dopo un po’ di contrattazioni su quale farmaco o derivato comprare per tenermi calma e sul tipo di vibratore da scegliere (vibratore vero e proprio, dildo tradizionale, stimolatore clitorideo, vibratore doppio, vibratore high tech’etc) arrivo ad un accordo con me stessa e decido di mettere in atto il mio piano quanto prima.

Adesso però ho un’altra impellenza più impellente (scusate il gioco di parole): devo andare a fare la spesa, altrimenti muoio di fame.

Faccio così colazione con quel che trovo in casa e poi, dopo una rapida doccia, mi infilo un vestitino corto, giallo e rosso, ed esco diretta la bar vicino a casa mia.

‘Ciao Miki, come stai?’ mi apostrofa la commessa.

‘Ciao Cinzia, tutto bene, tu?’ rispondo allegra.

‘Bene, bene’cosa ti preparo?’

‘Un cappuccino, per favore, e poi mi incarti una brioscina alla crema, anzi no’incartamene due va che è meglio!’

Cinzia smanetta con la macchina del caffè e poi, dopo aver preparato il cappuccino, mette in un sacchetto di carta le biosche.

Così con il profumato pacchetto in una mano, il cappuccino nell’altra e con il giornale, che mi sono fermata a comprare prima di andare al bar, mi avvio verso casa di Gianni, orgogliosa per essermi ricordata di tutto (anche del giornale che è solito leggere).

Arrivo e busso.

Nessuna risposta.

Mi guardo intorno e vedo la sua macchina’ribusso.

Ancora niente.

Busso e scampanello con violenza.

Finalmente Gianni arriva ad aprirmi la porta.

‘Entra’ mi dice con voce cavernosa e con gli occhi tipo lupo mannaro.

‘La sera leoni e la mattina coglioni, vero Giannino??? (allora non era un insulto’Osca Giannino ‘forse’ non esisteva ancora, n.d.r.)

Lui mi guarda e grugnisce qualcosa.

Lo seguo, immaginando che andrà in cucina a preparare la tavola per la colazione; invece torna in camera sua e si tende sul letto con un tonfo sonoro, quanto plateale.

‘Aspetta ancora due minuti’ma che ore sono???’

‘Ops” penso dentro di me ‘mi aveva detto di non arrivare prima delle 11 e sono solo le 10’.

‘Scusami Gianni’sono solo le dieci. Se vuoi torno più tardi’ dico un po’ mortificata per averlo svegliato.

‘No, non preoccuparti’vieni qui’vieni nel letto con me’.

Così dicendo mi prende per una mano e mi attira a sé.

Lo so che non è un gesto con finalità erotiche.

Tante volta abbiamo dormito insieme negli anni passati.

Ricordo che quando eravamo bambini e i miei genitori uscivano da soli, spesso rimanevo a dormire dai genitori di Gianni (o lui rimaneva da noi se erano i suoi genitori ad uscire) e noi due dormivamo insieme; la mattina le scene che si presentavano agli occhi della mamma di turno che veniva a svegliarci erano sostanzialmente due: io, piccolina e minuta, che dormivo distesa tipo uomo vitruviano e Gianni, grande e grosso, che se ne stava rincantucciato in un angolo oppure Gianni in un angolo e io che me ne stavo abbarbicata a lui come un scimmia attaccata all’albero.

Così anche adesso, memore del nostro passato, mi stendo accanto a lui senza la minima esitazione e senza la minima malizia.

Ma ormai non siamo più dei bambini e ben presto questa nuova situazione si palesa ad entrambi nel modo più eloquente e manifesto possibile.

Mentre sto quasi per addormentarmi, rannicchiata a cucchiaio tra le braccia di Gianni, avverto distintamente premere contro le mie natiche una inequivocabile erezione e sento la mano di Gianni risalire lungo il mio corpo, arrivando a sfiorarmi un seno.

Trattengo il fiato, indecisa se lasciarlo fare, fare finta di niente, oppure mostrare sdegno.

Opto per lasciarlo fare, facendo finta di dormire.

Ben presto però la mano di Gianni si insinua sotto la stoffa del mie vestitino.

Ora non posso più fare finta di niente.

‘Gianni’che stai facendo???’

Che domanda del cazzo, penso subito dopo; cosa vuoi che stia facendo’ti sta palesemente toccando le tette.

‘Ti sto toccando le tette’ risponde infatti lui, molto più pratico e diretto di me.

‘E ti sembra il caso?’ domando io (altra domanda del cazzo’ma cosa è un interrogatoria all’Interpool???)

‘Sei così profumata’sai di biscotto’impossibile resisterti’mmmm’che bella idea ‘servirti come colazione!!!’.

La sua voce è un sussurro roco contro il mio orecchio.

Sento un brivido.

Vorrei dirgli di smetterla; ma so che se glielo dicessi, lui smetterebbe’e non voglio che smetta.

Lentamente mi volto a guardarlo: è irresistibile con gli occhi assonnati e tutti i riccioli rossi che gli ricadono scompostamente sul viso.

Non so seguendo quale impulso, ma in un attimo mi ritrovo a cavalcioni si lui.

Nella parte superiore è nudo, indossa solamente dei pantaloncini sotto.

Gli do un bacio leggero sulle labbra e poi scendo subito a baciargli il lobo dell’orecchio e poi l’incavo del collo.

Scendo ancora più giù e mi dedico a leccargli il petto, le spalle, la pancia.

Scendo ancora.

Con i denti afferro l’elastico dei pantaloncini e li tiro giù; alla mia vista si presenta un cazzo di notevoli dimensioni sia per lunghezza, che per larghezza, decisamente turgido e desideroso di attenzioni.

Chiamando a raccolta tutto il mio coraggio e affidandomi al santo protettore del pompino (perché non è che a 19 anni avessi poi tutta questa esperienza’) lascio che la mia lingua accarezzi tutto il sesso di Gianni, dalla punta fino alle palle e poi a ritroso.

Eseguo questo andirivieni un paio di volte fino a quando non sento che Gianni sta spingendo il bacino contro la mia bocca.

Schiudo allora le labbra e lascio che il suo membro invada la mia bocca.

Sa di buono, penso, sa di lui.

Lo succhio un po’ e poi affondo, cercando di farlo entrare tutto in bocca.

Non è impresa facile, ma voglio essere brava per lui.

Improvvisamente realizzo questo: che voglio essere tutto per lui.

Improvvisamente comprendo che voglio che mi veda come una donna e non come la bambina che ha giocato con lui fino a poco tempo prima.

Improvvisamente voglio che goda della mia bocca.

E così mi dedico con passione a questo pompino, come se fosse l’ultima cosa che faccio nella vita.

Come se fosse un qualcosa che deve lasciare il segno.

Resistendo quindi al senso di soffocamento che mi assale, lascio scivolare il cazzo di Gianni tutto dentro la mia bocca.

E lo lascio uscire.

E poi di nuovo dentro, fino alla gola.

Sento la saliva che abbonda, ma non ci bado.

Continuo a fare su e giù con la testa, modulando la pressione delle labbra.

Sento le mani di Gianni che mi afferrano la testa e la spingono più a fondo.

‘Oddio Miki’che pompino favoloso mi stai facendo’e chi lo avrebbe immaginato” dice tra un gemito ed un altro

Nonostante mi senta venir meno per la violenza con cui mi spingendo la testa sempre più a fondo, godo di queste sue parole perché sono la conferma che quello che gli sto facendo gli piace.

E poi le parti si invertono.

Ora è lui che si muove e che, tenendomi ferma la testa, fa avanti e indietro con il bacino.

A un certo punto sento che il suo cazzo ha un fremito.

Tiro indietro il capo, ma la presa delle mani di Gianni è ben salda.

E subito dopo sento un getto caldo inondarmi la bocca e poi vedo Gianni ricadere stancamente sul materasso.

Io rimango per una frazione di secondo pietrificata: nessuno mi era mai venuto in bocca prima di adesso.

‘E adesso’cosa faccio adesso?’ mi chiedo ‘corro in bagno come un’indemoniata ‘oppure ingoio tutto?’
Opto per la seconda soluzione.

Gianni mi guarda e, nonostante la mia finta indifferenza, comprende la situazione.

‘Miki’scusami’ mi dice avvicinandosi a me e prendendomi tra le braccia come si fa con un bambino.

Con la mano libera mi accarezza la testa, mentre sento le sue labbra baciarmi piano le guance e la bocca.

‘Di cosa dovrei scusarti?’ tento di dissimulare io.

‘Dovevo avvisarti che stavo per venire’e dovevo permetterti di scansarti’.

(Caaaaaaaaazzo’se n’è accorto)

‘Scusami tu’ gli rispondo mortificata.

Mi viene quasi da piangere.

Fino ad un momento prima mi sentivo così sicura di me e ora invece mi sembra di essere una bambina alla prima esperienza.

‘Ma tu e Luca non facevate mai’queste cose?’ mi chiede.

‘No, cioè’sì, ma’insomma’come dire’mai fino in fondo’lo facevamo, ma come preludio ad altro’.

(La voragine che invocavo ieri’si potrebbe materializzare oggi, adesso, qui, ora????)

Gianni si alza a sedere sul letto, mentre io rimango raggomitolata nel letto.

‘Cioè, fammi capire bene’lui non ti ha mia fatto venire con la bocca?’ mi domanda con un tono a metà tra il divertito e l’incredulo

Scuoto la testa in segno di diniego.

(Voglio sparire’datemi il teletrasporto e fatemi sparire)

‘Chissà cosa penserà di me adesso’che sono una bambinetta inesperta e incapace’ penso, mordendomi il labbro inferiore.

‘Oh bhè’allora qui bisogna proprio rimediare’ dice lui, spiazzandomi.

Subito dopo mi fa girare sulla schiena e con un movimento fluido solleva il mio vestito e lascia che lo slip del costume scivoli lungo le mie gambe.

Con gesti sicuri, decisi e dolci e delicati al tempo stesso mi apre la gambe.

Sento la sua lingua lambire l’interno coscia e poi sfiorare leggera il monte di Venere.

Mugolo e Gianni lo prende come un gesto in incoraggiamento.

E così, un attimo dopo, sento la sua lingua farsi largo tra le mie labbra e puntare dritta alla mia fessura e penetrarla.

Mi lecca, mi succhia, mi morde.

La sua barba ispida, appena accennate, pizzica il clitoride che ben presto riceve anch’esso le attenzioni della sua lingua e dei suoi denti.

Adesso non mugolo più.

Ansimo.

Sempre più forte.

Mi gira la testa.

Sempre più forte.

Mi batte il cuore.

Sempre più forte.

Stringo gli occhi.

Sempre più forte.

Il mondo prende a vorticare.

Sempre più forte.

E poi’

Tutto si ferma.

E un momento dopo’

Tutto esplode.

La mia voce, la mia testa, il mio cuore.

Tutto esplode.

E in quell’attimo i miei occhi si spalancano e la mia voce sommessa si trasforma in un grido liberatorio.

Mi adagio mollemente sul materasso e chiudo gli occhi, aspettando che il mio respiro si plachi e che il mio cuore riprenda un ritmo normale.

Quando riapro gli occhi, vedo i riccioli rossi di Gianni sparsi scompostamente sul mio ventre.

E’ una visione che quasi mi commuove, non saprei dire il perché, ma vederlo così abbandonato su di me mi fa illanguidire.

Allungo una mano e gli carezzo la testa.

Lui alza lo sguardo, gli sorrido; lui mi sorride a sua volta e a sua volta mi carezza una guancia.

‘Brava la mia bambina’ mi dice.

Arrossisco, anzi no’prendo letteralmente fuoco.

‘Oddio, no’non mi arrossire, Miki!’ dice.

Poi ammutolisce e risale lungo il mio corpo, sfiorando la mia pelle con la sua.

Mi induce ad aprire le gambe per fargli posto e prendendomi il viso tra le mani, mi bacia le labbra, le guance, gli occhi, la punta del naso.

E’ dolce, è delicato.

Io chiudo gli occhi, godendo e assaporando questo attimo di tenerezza.

‘Scherzavo prima” mormora con voce roca ‘arrossisci pure quanto vuoi’sei incantevole con le guance rosse!’.

Sento una sua mano risalirmi lungo le cosce.

Trattengo il respiro.

‘Gianni’aspetta’ ma non riesco a finire la frase perché sua una mano si è nel frattempo insinuata tra le mie gambe e adesso sta lambendo le pieghe delle mia intimità, ancora umida per il precedente orgasmo.

Il suo alito caldo contro la mia clavicola mi fa perdere la cognizione delle cose.

Mugolo e gemo e mi agito.

Gianni sorride contro la mia pelle ‘Buona’lasciami fare’ mi dice.

Con le dita mi stimola il clitoride, indugiando lungo la fessura, che sento dilatarsi e bagnarsi copiosamente ad ogni nuovo passaggio.

Chiudo gli occhi, aspettando di sentire la penetrazione delle sue dita.

Che infine arriva.

Mi mette dentro il medio e l’anulare, mentre con il pollice torna a stuzzicarmi il clitoride.

Mi scopa con le dita, mentre sento distintamente lo sciacquettio che provocano le sue dita mentre si muovono dentro la mia cavità bagnata dei miei umori.

Quasi mi vergogno da quanto sono bagnata.

Vergogna che diventa quasi sgomento quando sento Gianni mormorare ‘Sei un fontanella, Miki’senti qua come sei bagnata”.

Mentalmente continuo ad invocare sempre la stessa voragine, che però non arriva, nemmeno questa volta!

Piano, lentamente, mi fa aprire ancora di più le gambe.

Sento la punta del suo cazzo cercare la strada.

Mi sfiora ed entra appena dentro di me.

‘No” gli dico improvvisamente.

Gianni si ritrae, si scosta di lato e mi guarda stranito.

‘Non farmi quegli occhioni lì, per favore” penso.

Ma non riesco a parlare perché un nodo mi sta serrando la gola.

Sento che mi si stanno riempiendo gli occhi di lacrime.

Mi tiro su a sedere e mi cingo le gambe con le braccia.

‘Scusami Gianni’io’non me la sento di fare’tutto’non oggi’ gli dico a voce bassa.

Oddio, sto parlando con la voce rotta di pianto, come fa una bambina.

Gianni mi guarda, mi sorride.

‘Scusami tu, non dovevo saltarti addosso in questo modo’Lo so che ti sei lasciata da poco con Luca. E” dice prendendomi il mento tra le dita ‘lo so che sei stata solo con lui!’.

Mi cade un macigno in testa’maporcamiseria’accidenti a lui, ma perché mi deve conoscere così bene!

E accidenti a me, ma per una volta non potevo fare la sfrontata e la disinibita?

E mica sono più vergine’!!!

Quasi, mi rispondo da sola!

Vaffanculo, controbatto sempre facendo tutto da me.

Guardo Gianni di traverso e mi sento un po’ mortificata.

‘Ehi’guarda che non c’è niente di cui vergognarsi”mi dice lui poggiando la sua fronte sulla mia.

‘Ma tu’come fai adesso???’ gli domando alludendo alla sua erezione ancora visibile.

‘Nooooo, gli ho davvero detto questo???’ penso continuando questo incessante e imbarazzante dialogo interiore ‘E se adesso mi risponde, vado a farmi una sega in bagno’cosa gli devo dire, no aspetta che te la faccio io???’

Mi prendo la testa tra le mani.

‘Vado in bagno’ dice Gianni.

Tiro su la testa di scatto e lo guardo con occhi indemoniati: ‘Mi ha sentito’Oddio mi legge nel pensiero’o forse son io che ho parlato a voce alta!?’

‘Vado a farmi un doccia’ precisa Gianni ridendo e avviandosi verso il bagno ‘tu prepara il caffè, va’che il cappuccino sarà marmato”

Mi alzo, mi rimetto gli slip del costume e mi avvio in cucina, dove, frugando dentro ai vari pensili, trovo infine caffè e macchinetta.

Quando il caffè viene su lo verso in due tazzine trovate nella piattaia sopra l’acquaio.

Mi giro per chiamare Gianni, ma lui è già alle mie spalle, così che mi ritrovo il suo viso a due centimetri dal mio; lo guardo imbambolata notando quanto sia bello.

‘Grassie” dice prendendo dalle mie mani la tazzina del caffè e stampandomi contemporaneamente un bacio sulla bocca.

Mi rilasso perché lui non sembra né imbarazzato, né arrabbiato per quello che è successo, o per meglio per quello che non è successo poco prima.

‘Senti un po” dice sorseggiando il caffè ‘io ti accompagno a fare la spesa oggi, ma tu domani, vieni con me in giro.

Stasera passa mio padre e mi lascia il furgoncino per andare a fare delle consegne’ce ne stiamo in giro per aziende vinicole tutto il giorno domani, va bene?’.

I genitori di Gianni hanno una ditta che produce tutto quello che serve all’industria vinicola: bottiglie, sugheri, etichette, nonché gli strumenti utilizzati dai somelier.

Andare in giro con lui per aziende vinicole è un vero spasso: non solo si visitano posti bellissimi che altrimenti rimarrebbero sconosciuti, ma si assaggiano vini e riserve che non sempre si trovano in vendita.

E in più, cosa non da poco, il vino te lo offrono gratis!!!

‘E me lo chiedi? Certo che vengo con te” gli dico saltellandogli intorno contenta per la bella prospettiva.

Lui mi si avvicina e mi bacio leggermente le labbra.

Mi morde il labbro inferiore, mentre io dischiudo leggermente la bocca.

‘Ancora no” mi dice soffocando un sorriso.

‘Ancora no’cosa??’gli domando senza capire la sua frase.

‘Ancora non sei venuta con me” risponde, mentre i suoi occhi verdi brillano come ossidiane.

Spalanco la bocca in un ‘Ohhhhh’ muto e subito lui si impossessa delle mie labbra e della mia lingua.

E’ forse il nostro primo vero bacio.

Ed è bellissimo; è dolce e tenero e tremendamente eccitante.

‘Ancora non sei venuta con me” ripete staccandosi appena dalle mie labbra e passandoci sopra la lingua ‘ma presto lo farai!’

Io sono troppo emozionata per quel bacio che vorrei durasse all’infinito per replicare.

E in effetti dura parecchio tempo.

Poi Gianni si stacca da me, mi accarezza una guancia delicatamente ‘E’ meglio andare’ dice ‘altrimenti dovrò replicare la doccia fredda che ho fatto prima”.

Gli sorrido grata per la sua ironia e la sua delicatezza.

Poteva riprovarci, e forse questa volta non avrei avuto né il coraggio, né la voglia di dire di no.

Ma capisco che non vuole prendermi in contropiede.

Vuole prendermi, questo sì, ma con i miei tempi.

E forse, penso, vuole anche che sia io a chiederglielo!

‘Andiamo a fare questa benedetta spesa” mi dice Gianni prendendomi la mano.

Istintivamente mi stringo di più a lui, come se avessi paura di una fuga repentina.

Adesso mi sento così sciocca ad averlo fermato.

Lo so che lui non mi farebbe mai del male; forse avevo solo bisogno di sentirmi dire che non importava, che lui poteva aspettare’o forse avevo solo bisogno di sentirmi protetta.

‘A cosa stai pensando?’ mi chiede scrutandomi di traverso.

‘A niente” rispondo io, senza troppa convinzione.

Lui si ferma e questa volta mi punta gli occhi addosso; io provo ad abbassare lo sguardo, ma lui, subitaneo, mi afferra per il mento e mi costringe a guardarlo fisso a mia volta.

‘Ehi Miki’va tutto bene’davvero!’

‘Gianno’io’mi dispiace, non so perché mi ha preso male prima’io volevo, cioè no, non volevo’uffa’ho fatto un casino!!’

Mi abbraccia.

Non come mi abbracciava quando eravamo bambini; mi abbraccia come un uomo abbraccia una donna. E tuttavia in questo abbraccio scorgo ancora la dolcezza e la delicatezza che aveva molti anni fa.

‘Non voglio che tu faccia niente che non vuoi fare’so aspettare sai’almeno altre dodici ore” e scoppia a ridere contro la mia spalla.

‘Oh, ma sei tremendo” dico io ridendo a mia volta.

‘Vabbè’proprio perché sei tu facciamo ventiquattro!!!!’.

Nel frattempo siamo arrivati alla macchina: Gianni apre le portiere e, dopo che sono salita, mette in moto e dirige la macchina verso il vicino Centro commerciale.

Ora devo dire che a diciannove anni non ero esattamente una donna di casa fatta e finita; soprattutto non avevo molta esperienza in fatto di economia domestica.

Così mi ritrovo a girovagare per il supermercato come un’anima smarrita, senza sapere esattamente dove andare a parare.

Alla fine, dopo quasi un’ora e mezzo che giriamo per i corridoi del negozio, Gianni mi fa cenno di ‘time out’ con le mani; comprendo che il tempo a mia disposizione, più o meno come la pazienza del mio accompagnatore, è terminato e, per niente soddisfatta della spesa fatta, mi avvicino alle casse, pago e ce ne andiamo.

‘Madonna che palle, non sono riuscita a compicciare molto con questa spesa’mi sa tanto che vengo a stare da te in queste due settimane’tu puoi cucinare per me, mentre io per potrei fare”.

Ammutolisco. E guardo Gianni di sottecchi.

Detta così sembra una proposta bella e buona: io vengo a stare da te’tu mi sfami e io ti scopo oppure ti faccio pompini a ripetizione.

Scuoto la testa con aria mesta; certo che i doppi sensi sono sempre in agguato, maledetti’ non finiscono mai, sono peggio dei Rotoloni Regina’

Lui non dice niente e così io tiro un sospiro di sollievo.

‘Forse non mi ha sentito” penso dentro di me.

‘Senti, ci fermiamo a casa giusto il tempo di scaricare la spesa e poi ce ne andiamo al mare e ci restiamo tutto il giorno, vuoi?’ mi domanda Gianni.

‘Ok, affare fatto’mangiamo in spiaggia e dopo’io faccio un pisolino sotto l’ombrellone”

Arriviamo a casa e, come da programma, sistemiamo i pochi acquisti fatti e poi, ci avviamo verso il mare.

Mentre sono di schiena, intenta a cercare le chiavi per chiudere la porta di casa, sento una mano che risale lungo le mie gambe, arrivando pericolosamente al bordo degli slip del costumo.

Mi fermo, pietrificata da quel gesto inaspettato.

‘Affare fatto, Farewell’io cucino per te’in cambio avrei in mente un certo corrispettivo”.

La sua voce roca contro il mio collo mi provoca un lungo brivido lungo la schiena.

Sento la mano di Gianni scostare l’elastico dello slip e passare pericolosamente vicino alla mia fessura.

Sento che mi sto bagnando e questa volta sento che non direi di no a nessuna richiesta.

‘Però” riprende lui ‘ti ho promesso che avrei aspettato almeno altre dodici ore e dodici ore saranno”.

Così dicendo ritrae la mano e con studiata lentezza risistema la mutandina del costume e ripercorre la strada precedentemente percorsa carezzandomi la coscia.

‘Bastardo” sibilo tra i denti in modo da essere udita.

La giornata sulla spiaggia passa anche troppo velocemente e ben presto arriva il momento di salutarci per andare a cena.

Lo so che il tempo, quando stai bene, scorre anche troppo velocemente: è un luogo comune che tuttavia cela un’indiscussa verità.

A me però fa anche un altro effetto: mi rende ansiosa.

E’ come se cercassi di memorizzare tutto, di trattenere nella mente ogni spezzone, ogni fotogramma, ogni istante delle situazioni che vivo.

Non si mai quale giorno vorremmo ricordare più in là nel tempo e io, nel rischio e nel timore di perdermi qualche pezzo di vita, faccio indigestione di particolari.

Il che di per sé non è un male’solo che, paradossalmente, mentre la vita scorre seguendo il proprio ritmo incessante e incalzante, io ho come l’impressione di non riuscire mai a tenere il passo e, per ogni attimo che vivo e che ritengo prezioso, ce n’è sempre uno e più di uno che invece mi è scappato.

Così alle volte mi faccio prendere dall’ansia.

Probabilmente se la mia attenzione non fosse indirizzata al tempo, ma agli oggetti, sarei una di quelle accumulatrici compulsive, tipo quelle che si vedono adesso su Real TIme in ‘sepolti in casa’.

Tutto sommato non mi è andata male!!

In questo momento tuttavia la domanda che mi rimbomba nella mente è ‘qualcuno dei nostri amici avrà notato qualcosa di diverso tra me e Gianni oggi?’.

Non siamo stati molto diversi dal solito: tra noi c’è sempre stata un’intimità particolare.

Oggi però, in più di un’occasione, Gianni mi ha sfiorato la schiena, mi ha passato un braccio intorno alle spalle, mi ha dato un bacio lieve sul collo.

Vorrei chiederglielo; vorrei sapere se secondo lui i nostri amici hanno notato qualcosa di diverso, ma mi sento frenata.

Di fatto anche io non so bene come siamo messi noi due.

Non siamo di certo una coppia, nonostante quello che è successo tra di noi la mattina.

E questa situazione di incertezza mi crea un certo disagio.

E me lo crea a maggior ragione perché non sono abituata a sentirmi limitata in pensieri, azioni e parole con lui.

E’ come se adesso che abbiamo condiviso un diversa intimità, invece di sentirmi più vicina a lui, mi sentissi in qualche modo estranea e distante.

E’ come se tutta la naturalezza che ha sempre contraddistinto il nostro stare insieme, fosse stata improvvisamente oscurata da una sensazione di imbarazzo che non riesco, nonostante tutto a dissimulare.

Chissà se mi sentirei così, mi chiedo, se non gli avessi chiesto di fermarsi stamani mattina.

La voce di Gianni mi strappa alle mie seghe mentali.

‘Mi raccomando’abbiamo fissato alle nove e mezzo con gli altri’passo a chiamarti’non farmi aspettare, come ogni volta, un’ora perché non sai che vestito metterti o perché devi truccarti o passarti lo smalto. Risparmiami questa volta, ti prego’abbi pietà di me’mi hai già seviziato a dovere stamani con il Centro commerciale!!!’

Gli faccio una linguaccia e lo saluto, senza dire niente: nella peggiore delle ipotesi, almeno non passo da bugiarda.

In questa casi la miglior difesa è il silenzio’né assenso, né diniego’silenzio e fine!

In effetti il tempo a mia disposizione non è poi molto e così inizio subito a darmi da fare: preparo velocemente la cena e poi doccia.

Alle nove sono già pronta e così, certa di fargli cosa gradita mi affaccio a casa di Gianni.

Come sempre, il povero rincoglionito, ha lasciato le chiavi attaccate alla serratura’fuori dalla porta.

E’ vero che è un nottolo di un metro e ottantacinque, ma, fossi in lui, non correrei comunque il rischio.

Entro di soppiatto, ben decisa a fargli uno scherzo.

Cerco di muovermi silenziosamente, come la pantera rosa, anche se un po’ meno agile e un po’ meno sinuosa.

Nella zona giorno non c’è. Nel bagno nemmeno. E non è nemmeno nella sua camera.

‘Stai a vedere che il bastardo è andato via senza passare a chiamarmi!!!’

Mi affaccio poi nella stanza dei suoi genitori e lì, nonostante tutta l’illuminazione sia dovuta alla luce nel salotto, lo vedo.

E’ nudo,sul letto, disteso sulla pancia e messo di traverso. Sta dormendo.

Rimango ipnotizzata a guardarlo.

‘Dio mio come è bello”

Spinta da non so quale impulso mi avvicino al letto e, cercando di non fare rumore per non svegliarlo, mi siedo sulla sponda vicino alla sua testa.

Allungo una mano a sfiorargli una guancia.

Con un dito seguo il suo profilo, fino ad arrivare alla bocca.

E’ morbida e mentre dorme, tiene le labbra leggermente dischiuse.

Mi avvicino a baciarle.

Le sfioro appena.

Faccio per alzarmi, ma mi sento afferrare una mano da una mano più grande della mia.

Mi trascina giù.

E’ un attimo e mi ritrovo sdraiata sul letto.

La stanza è in penombra, la finestra è leggermente socchiusa e tira una leggera brezza che increspa appena le tende.

Vedo il viso di Gianni a pochi centimetri dal mio: ha un buonissimo odore. Profuma di bagnoschiuma al muschio bianco. Ha ancora il capelli umidi e i suoi ricci sono ben scolpiti.

‘Scusami, non volevo svegliarti” mormoro contro la sua clavicola.

‘Non andare via’non scappare questa volta’.

‘No’ gli rispondo ‘non vado via questa volta’in fondo, sei stato di parola’hai aspettato ben dodici ore’.

Sento che sorride.

E avverto ancora il suo sorriso mentre mi bacia la bocca.

Le sue mani arrivano rapide a sbottonare i pantaloni e la camicetta.

‘Profumi di pesca’ mi dice mentre esplora con la lingua il mio corpo, ancora parzialmente coperto dall’intimo ‘di pesca e’qualcos’altro che non riconosco’sei buonissima!’

‘Ehi non sono mica un gelato’ rispondo quasi in un soffio, mentre inarco leggermente la schiena nel momento in cui lui passa con la lingua a sfiorare il mio ombelico.

‘No’sei meno fredda’ma sei da leccare tutta lo stesso”.

Un gemito mi sfugge dalle labbra.

Gianni lo prende come un incoraggiamento e in effetti, a dirla tutta, lo è.

Con i denti afferra l’elastico degli slip e li tira giù e con la stessa lesta abilità sgancia il gancetto del reggiseno.

Lo sento addosso a me e mi sento proprio schiacciata da lui, tanto che quasi faccio fatica a respirare.

Sento il cuore che comincia a battere fortissimo, ma in tutta onestà non credo che sia per l’effetto della compressione.

Mi muovo per cercare una posizione più comoda per me, ma Gianni, forse pensando ad una mia battuta in ritirata, mi prende le braccia e me le immobilizza portandole dietro la testa.
‘Questa volta non ti lascio andare via” mi ringhia.

‘Non ho nessuna intenzione di andare via’ gli rispondo, cercando di scandire bene le parole e guardandolo negli occhi.

E per dare maggior credito alle mie parole, apro le gambe in modo che lui possa sistemarsi in mezzo.

Sempre tenendomi le braccia ferme, sopra la testa, mi lecca i capezzoli, li succhia, li morde, ci passa la lingua con toccatine impertinenti e poi ci soffia sopra in modo da farli, se possibile, diventare ancora più duri.

Intanto sento il suo cazzo strusciare contro il clitoride e le grandi labbra: io sposto il bacino in avanti e mi muovo su e giù in modo da favorire lo sfregamento dei nostri sessi.

Mi eccitando moltissimo e sento che presto perderò il controllo.

Il mio respiro si fa corto, i gemiti sempre più frequenti.

Chiudo gli occhi e resto in attesa, godendo di questo attimo che sembra dilatarsi all’infinito.

‘Adesso ti scopo” mi sussurra Gianni e poi, con un unico movimento secco e deciso mi entra dentro, tanto che mi fa quasi male, nonostante sia molto eccitate e di conseguenza, molto bagnata.

Inizia a muoversi lentamente, con movimenti anche circolari come se volesse esplorarmi.

Poi, come è entrato, altrettanto repentinamente esce.

E poi rientra dentro di me. Questa volta però molto, molto lentamente.

‘Ti piace, vero’?’ mi chiede con la voce strozzata per l’eccitazione ‘dimmelo che ti piace”

Mugolo un ‘sì, mi piace’ stentato, quasi biascicando le parole: in questo momento non sono del tutto padrona delle mie azioni, né dei miei pensieri.

In questo momento ogni fibra del mio corpo e ogni cellula del mio cervello è intenta ad assaporare questa lenta penetrazione.

Sento tutto, in modo amplificato.

Sento la sua cappella lucida e congestionata che sfrega contro la mia fessura e sento la leggera pressione che esercita per riuscire ad entrare.

Sento la pelle serica del suo cazzo sfiorare le mie pareti intime.

Sento brividi di caldo e di freddo, tutti mescolati insieme.

E sento me.

Sento la mia intimità che lo accoglie, che quasi si dischiude al suo ingresso.

Sento il clitoride gonfiarsi per l’eccitazione ed ergersi, uscendo impertinente fuori dal cappuccio.

Sento la mia fica colare per l’eccitazione e l’attesa.

Lui continua così’lentamente, languidamente, senza urgenza’prolungando questo momento fino allo spasmo.

‘Voglio che tu lo senta tutto, centimetro dopo centimetro, fino in fondo’fino a toccarti l’anima”

Riconosco la mia voce che mormora in un soffio ‘Sìììììì’ mentre lo sento entrare ancora più dentro di me, fino ad arrivare in fondo.

Lì si ferma.

”Guardami’voglio che mi guardi negli occhi mentre fai l’amore con me”.

Mi costringo a dischiudere le palpebre, un po’ a malincuore (in fondo nel mio mondo sto bene) e incontro lo sguardo di Gianni.

Le sue iridi verdi hanno adesso un colore più scuro, intenso e la sua espressione è l’espressione di chi aspetta solo un cenno per lasciare andare ogni remora.

Gli sorrido con gli occhi e in quello stesso momento avverto una prima, flebile spinta.

‘Ancora’ gli dico, combattendo la mia battaglia per tenere gli occhi aperti ‘dammene ancora’.

Al mio secondo ‘ancora’, Gianni mi da una nuova spinta.

‘Ancora’ dico di nuovo incitandolo.

Afferro con le mani i suoi glutei e lo spingo forte dentro di me.

Lui assecondo il mio desiderio e comincia a muoversi più velocemente.

Lo sento entrare ed uscire con facilità.

Sento le sue palle sbattermi contro.

Apro ancora di più le gambe.

‘Fammelo sentire ancora più dentro, Gianni’cazzo’scopami forte” gli dico.

Non ho mai fatto l’amore in questo modo’così selvaggiamente direi.

Presa da un impeto che quasi non riconosco, sollevo le gambe e gliele metto sulle spalle.

Mi sfugge un gemito che è un misto di dolore e piacere.

‘Oddio quando ti sento così’lo sento tutto. Ti sento tutto’ gli dico, mentre avverto i prodromi dell’orgasmo.

‘Dai, Miki’lasciati andare’fammi sentire come godi’voglio sentirti allagare’voglio sentire le tue contrazioni’dai amore, vieni’godi’fammi sentire quanto sei diventata porca”

Le sue parole sono frustate dietro la schiena, dentro il cervello e soprattutto al centro del mio piacere.

Sento le prime contrazioni dell’orgasmo e, in un impeto parossistico, pianto le unghie dentro la schiena di Gianni, aggrappandomi alla sua spalle.

‘Vengo” gli dico piano e lo ripeto aumentando ogni volta il volume della mia voce.

La violenza e la lunghezza di questo orgasmo mi coglie impreparata.

Mi sento sciogliere, liquefare, fondere, incendiare.

Sento la vagina esplodere, nel momento di tensione massima.

E poi sento un calore incredibile tra le gambe e subito dopo, assieme alle contrazioni orgasmiche, avverto distintamente un piacere liquido sciogliersi dentro di me.

‘Oddio’mi sta stringendo tantissimo’cazzo quanto sei calda’mi hai allagato’oddio’vengo piccola, vengo”.

Mi lascio cullare dalle sue ultime vigorose spinte e chiudo gli occhi, godendomi il momento del suo godimento che arriva subito dopo il mio: sento infatti il cazzo di Gianni fremere e pulsare poi sento mischiarsi, al mio, il suo piacere bagnato.

Hai bisogno di una mano, bella signora?’ chiede una voce maschile alle mie spalle.

Mi volto di scatto, sorpresa da quel suono improvviso e inaspettato e subito incontro lo sguardo sorridente di Gianni.

Avevo riconosciuto subito la sua voce, ma istintivamente avevo scartato l’idea che potesse essere sua visto che siamo al mare e che, anche per Gianni e la sua famiglia, come per me con la mia, non è ancora cominciata la stagione balneare.

Subito prima che Gianni formalizzasse la sua proposta di aiutarmi io ero intenta a cercare di portare fuori con maldestra disinvoltura un enorme sacco della spazzatura pieno zeppo di erbacce e pine.

La mia mise, leggins neri, maximaglia grigia con stampati al centro due occhi verdi e una bocca rosso ciliegia e Converse nere con borchie argentate, è sicuramente da casalinga non tanto disperata, quanto incazzata nera!!!

Il signore che avevo incaricato di tenere pulito il piccolo giardino della mia altrettanto piccola, ma assolutamente deliziosa casetta in riva al mare, invece che mantenere tutto in ordine come io lo avevo lasciato a settembre, ha permesso che il caos e il degrado facessero da padroni.

Così, mentre mi avvio verso il cassonetto tenendo il sacco in spalla tipo befana, impreco tra me e me, usando, senza tante cerimonie un linguaggio decisamente più degno di un camionista che di una donna di 37 anni che tutti da quelle parti conoscono fin da bambina.

Eh sì perché in questa località marittima del litorale tirrenico ci vengo da sempre.

I miei genitori si sono conosciuti qui nei lontani anni ’70 e qui hanno poi comperato una casetta per passare le ferie.

Ricordo che da adolescente non volevo andare in nessun altro posto durante le vacanze estive e rammento nitidamente con quanta acrimonia, neanche troppo malcelata, mi lasciassi condurre in giro per le città italiane e le capitali europee dai miei genitori i quali, dopo tanti anni passati nel solito posto di mare, ‘erano giustamente desiderosi di spendere anche altrove le loro ferie.

Oggi che ho due figli i quali vogliono passare le vacanze solo ed esclusivamente al mare, ho una maggiore comprensione e un maggior rispetto delle legittime rivendicazioni dei miei.

La nostra abitazione è la tipica casetta di mare: una cucina/soggiorno piuttosto grande dotata dell’immancabile divano letto per ospitare comodamente amici e parenti, due camere da letto grandi e un bagno: completa il tutto un giardino dove troneggiano due pini, ai quali ho attaccato un’amaca sulla quale, con mio grande rammarico, non riesco mai a sdraiarmi quanto vorrei!

Negli anni passati ho rinnovato più o meno tutto l’arredamento, risalente ormai alla fine degli anni ’70, dando all’intera abitazione un’impronta in stile provenzale dove predominano colori tenui e molto luminosi quali’ il bianco, il beige e il color corda.

‘Come mai sei da queste parti?’ mi chiede Gianni dopo avermi tolto dalle spalle il saccone nero ad averlo tirato su senza sforzo alcuno.

‘Ho sentito Martina l’altro giorno e mi ha detto che c’era stata una libecciata violenta e che il mare era quasi arrivato alla soglia di casa. Sono così venuta a vedere se ci fossero stati dei danni e, approfittando della cosa, ho deciso di rimanere a dare una sistemata dentro e fuori. Il fuori soprattutto ne aveva davvero bisogno: passi per la libecciata’ma menomale che avevo incaricato Eugenio di tenere pulito il giardino’appena lo becco lo vedi come lo pettino!!!’.

‘Ma no dai, Miki’lascia perdere’lo sai che se gli dici qualcosa tu ci rimane male! Ormai non si può fare grande affidamento su di lui! Anche io lo scorso anno ho trovato un casino che non ti racconto’ma lascia stare’è Eugenio!!! Se ancora facciamo finta che ci sia di una qualche utilità è solo perché gli siamo affezionati. Ti ricordi quando da bambini ci portava a raccogliere le more e poi a rubare le pere nel campo del Picchioni?’

‘Certo che me lo ricordo’ gli rispondo sorridendo ‘ogni volta tornavamo con le ginocchia graffiate, le bocche e le maglie sporche di mora e una sacchettata di pere dure come il marmo che non erano buone nemmeno per la marmellata’però Gianni’quanto ci siamo divertiti”.

Io e Gianni ci conosciamo da quando eravamo bambini e le nostra famiglie erano vicine di ombrellone.

Lui ha cinque anni più di me e ancora ricordo come da bambina e da ragazzina fossi un vero gatto attaccato ai coglioni con lui: ‘Gianni, giochi con me a pallavolo? Gianni, mi fai giocare con le biglie? Gianni, mi porti sul pedalò?…Gianni, mi accompagni in paese stasera?…Gianni dai vieni con noi in discoteca, se ci sei tu i miei mi mandano altrimenti no!…Gianni, mi dai ripetizioni di matematica?? Gianni, mi spieghi come si fa a baciare un ragazzo?’

Ancor adesso mi chiedo come abbia fatto a non strangolarmi, soprattutto perché avendomi sempre intorno di fatto azzeravo le sue possibilità di imbrocco: per tutti io ero la ragazza di Gianni e anche se noi smentivamo qualsiasi coinvolgimento sentimentale tra di noi, lui d’estate, quando c’ero anche io al mare, non batteva chiodo.

E so perfettamente che la colpa era mia.

Anche perché Gianni era un bellissimo ragazzo: altro 1.85, occhi verdi, capelli rossi e riccioli che ricadevano scomposti ogni volta che usciva dall’acqua, fisico imponente e massiccio da giocatore di rugby.

Ancora oggi che ha quasi quarantadue anni i è un uomo decisamente attraente.

‘E tu perché sei da queste parti?’ gli chiedo ricordandomi che è una casualità ben strana incontrarlo di giovedì nel tardo pomeriggio alla casetta al mare.

‘Ho dei clienti da queste parti’ mi risponde lui. ‘Sono arrivato ieri e ritorno indietro domani. Approfitto del fatto di avere una casa in zona perché fare avanti e indietro è una vera palla, senza contare il costo della benzina!!’.

‘E Chiara?’ gli domando ‘Come sta?’

‘Bene!!! Adesso è tutta presa dall’organizzazione della comunione di Giacomo. Lo sai come è fatta: finchè non ha definito tutto nei minimi dettagli non ha requie. Senza contare che questo è periodo di bilancio e spesso torna molto tardi dall’ufficio. Andrea e i bambini’tutto bene?’

‘Sì, tutto bene. Pensa che i bambini hanno già iniziano a chiedere quando cominciamo a venire al mare’speriamo che il tempo si rimetta così inauguriamo la stagione. A proposito’tu e Chiara siete in debito con noi di una grigliata di pesce’non credere che me ne sia dimenticata!!!.

‘Ci mancherebbe che tu ti dimentichi di un debito gastronomico’più probabile che una banca estingua per sbaglio un mutuo!!! A proposito, stasera che fai?’

‘Come che faccio?’

‘Hai qualche impegno per cena?’mi chiede Gianni

‘Mmmm sì’ho l’amante che mi attende tra un paio d’ore’non lo vedi come sono in tiro??’

Gianni mi squadra, alza un sopracciglio in segno di ironica riprovazione e scoppia a ridere.

‘Cosa ridi testina di cazzo???’ gli chiedo rendendomi conto che ne ha ben d’onde, di ridere!

‘No, scusa Miki’è che sei tutta arruffata e impolverata’non sembri proprio pronta per un impegno galante!’ dice continuando a ridere sornione.

‘Senti se mi assicuri di avere qualcosa di umano da metterti e soprattutto se mi prometti di toglierti dai capelli tutti gli aghi di pino, stasera ti porto fuori a cena. Dei mie colleghi mi hanno detto che a pochi chilometri da qui hanno aperto un ristorantino di pesce dove si mangia davvero bene!! Vale la pena di andare in avanscoperta, così poi magari torniamo questa estate con Chiara ed Andrea!’.

‘Va bene, torna tra un mezz’ora’giusto il tempo di una doccia. Prima però andiamo a fare l’ aperitivo da Fausto’ti va?’

Fausto è il nostro vecchio punto di ritrovo.

Ancora oggi, quando usciamo fuori a cena, andiamo sempre a fare l’aperitivo da lui e sempre ordiniamo il ‘Bolide’, una cocktail inventato da Fausto in persona che è sempre lo stesso da circa trent’anni.

‘Vada per Faustino’a dopo!!!’.

Mentre Gianni si allontana io corro in casa.

Come sempre sono stata ottimista: mezz’ora per fare la doccia, asciugarmi i capelli, truccarmi e vestirmi’io??? Ma quando mai???

‘Vabbè’ pensò dentro di me ‘il quarto d’ora accademico non lo si nega a nessuno!!!’.

Mi infilo sotto la doccia e faccio in cinque minuti.

Esco e con una rapidità che non mi è proprio congeniale, mi trucco e mi sistemo (si fa per dire) i capelli.

Poi mi vesto: non è difficile scegliere cosa indossare.

A parte la tenuta da giardiniera, ho con me solo gli abiti che indossavo stamani in ufficio: un tubino leggero e sbracciato con fantasia optical bianca e nera, appena sopra il ginocchio e una giacca nera avvitata.

Unico tocco di colore le mie decolté rosso ciliegia.

Alle otto in punto Gianni suona alla porta.

‘Bastardo’ gli dico appena aperta la porta ‘lo hai fatto apposta ad essere puntuale al secondo’pensavi di trovarmi ancora mezza nuda, vero!!!! Confessa!!! Ma io ti ho fregato e sono già tutta vestita!!!’.

Nelle mie parole non c’è malizia.

Non vuole esserci almeno!

Non avevo inteso in alcun modo insinuare che sia arrivato puntuale giusto per trovarmi mezza svestita.

Tuttavia lo vedo ballonzolare da un piede all’altro come se fosse in imbarazzo e non sapesse come fare o cosa dire per scusarsi.

‘Oh Gianni’sto scherzando!!!’ gli dico per smorzare quell’inspiegabile tensione che si è creata in modo del tutto improvviso e imprevisto tra di noi.

La mia mente, istintivamente vola a ‘quell’estate lì’.

Poi dentro di me penso ‘Ma perché, come mi dice sempre Andrea, la bocca non la uso solo per fare pompini’mai che me rimanga zitta!!’

Gianni mi guarda e mi sorride.

Non è più imbarazzato o almeno adesso riesce a dissimulare bene.

Si avvicina e mi bacia delicatamente su una guancia, anche se molto, forse troppo, vicino alla bocca.

Non è un bacio fraterno.

Lo avverto distintamente, anche se non riesco a inquadrare questa sensazione, né a dare una spiegazione razionale a questo brivido che mi corre lungo la schiena.

Brivido che diventa quasi una scarica elettrica quando lui mi cinge la vita, lasciando poi che la sua mano accarezzi delicatamente il contorno delle mie natiche e, accostatosi al mio orecchio, canticchia a fior di labbra: ‘ The triangle tingles and the trumpet play slow’ Sei bellissima stasera, Farewell”

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Gianni mi tiene aperto lo sportello della macchina, mentre io riesco a mormorare solo un flebile ‘Grazie!!’.

Non posso tranquillizzarmi.

Il mio cuore non riesce a smettere di battere furiosamente.

Nell’abitacolo dell’auto il silenzio e la tensione sono palpabili; normalmente riuscirei a riprendere in mano la situazione buttando lì una battuta o, in casi estremi, ricorrendo alla mia formidabile ironia o al mio inossidabile sarcasmo: non questa volta.

Sento lo sguardo di Gianni addosso. Sento i suoi occhi che mi scrutano. Sento le sue parole cantilenate ‘ The triangle tingles and the trumpet play slow”.

Devo a Gianni tutta la mia cultura musicale.

E’ stato lui a farmi ascoltare per la prima volta Janise Joplin, i Clash, Bob Dylan i Nirvana, i Pearl Jam piuttosto che gli Smasching Pumpinks o i Placebo.

E’ stato lui a farmi scoprire la disperata bellezza dei testi di De Andrè e la ruvida poeticità di Guccini.

Ricordo che un’estate ho sentito a ripetizione Farewell di Guccini per l’appunto, tanto da meritarmi quel nomignolo’Farewell.

Gianni mi diceva che gli ricordavo la protagonista di quella canzone per la strofa che dice ”e sentire i tuoi passi che arrivano, il ticchettare del tuo buonumore’.

Non avevo mai portato i tacchi: quell’estate invece mi era presa la fissazione di indossare scarpe con il tacco alto, assolutamente scomode, ma indiscutibilmente di grande effetto.

La prima volta che ho indossato al mare i miei rimpianti sandali verde smeraldo, in completo con una tutina di jersey e un foulard a tenermi i capelli che riprendeva esattamente il colore di sandali, credo di aver fatto sgranare gli occhi a più di un ragazzo della mia compagnia; non solo o non tanto perché ero carina, direi piuttosto per il fatto che avevo finalmente subito la mia metamorfosi: da maschiaccio sempre in jeans e maglietta, senza un filo di trucco e con i capelli sempre arruffati, a ragazza femminile e a suo modo seducente, anche se decisamente ancora acerba.

‘Miki’scusa per prima’.

La voce di Gianni mi riporta con la mente al presente; mi volto a guardarlo: non c’è traccia di dileggio nella sua espressione.

Mi rilasso.

‘Scuse accettate” gli rispondo semplicemente.

Per un momento ho pensato di fare la finta tonta e di glissare, fingendo di non aver notato, prima, la sua voce, le sue mani e le sue labbra.

Ma io e Gianni ci conosciamo troppo bene e provo troppo rispetto e anche troppo affetto nei suoi confronti per dissimilare con lui un’emozione e una tensione che sappiamo entrambi aver provato.

‘Ti va se accendo la radio?’ mi chiede sorridendomi, finalmente a suo agio.

‘Ma certo’lo sai che per me sei sempre il Guru della musica’Allora, stasera cosa proponi?’ gli chiedo mentre mi sono già gettata a visionare uno per uno i suoi Cd.

‘No’Gianni, non ci posso credere’hai ancora Vitalogy?? Te l’ho regalato per il tuo compleanno! Quanti anni avevamo? Io diciannove, tu ventiquattro ed era l’estate del”.

Mi si smorza la voce in gola.

Era l’estate del 1995’quell’estate lì.

Gianni corre in mio aiuto, fingendo (sicuramente fingendo) di non rammentare.

‘Come non te lo ricordi???’ dice sorridendo ‘era l’anno della tua maturità’dai metti Nothingman’era la tua canzone preferita, vero?’

‘Sì’era la mia canzone preferita’ rispondo mentre infilo il Cd nel lettore e seleziono la traccia.

Subito la voce sensuale e calda di Eddie Wedder riempie l’interno dell’auto.

Once diveded’nothing left to subtract”.

Rimaniamo in silenzio ad ascoltare la canzone.

Quando finisce siamo arrivati al ristorante che, in effetti non è molto distante dalle nostre case.

Gianni spenge la macchina, ma rimane fermo.

Non scende, non dice niente, non si muove. Sembra respirare appena.

Poi si volta verso di me e mi guarda.

Mi scruta, sarebbe più esatto dire.

Sento i suoi occhi che mi trafiggono, che mi entrano dentro al cuore, dentro ai miei ricordi.

Vorrei sottrarmi, vorrei riuscire a difendermi, vorrei trovare un rifugio dove nascondermi.

Mi sento così nuda, così senza pelle di fronte a lui in questo momento.

‘E invece, per una radicata, vetusta e insidiosa abitudine, simulo una sfrontata sicurezza, cercando di sostenere il suo sguardo, ma avverto le guance prendere fuoco e sento uno strano formicolio nella testa.

Gianni allunga una mano e mi sfiora appena i capelli.

‘Andiamo dai, Miki’altrimenti ci danno via il tavolo!!!’.

‘Sì, andiamo” rispondo, tirando dentro di me un sospiro di sollievo.

Mi chiedo cosa stia succedendo stasera.

Mi chiedo il perché di questa strana attrazione tra di noi.

Non siamo più due bambini prima e due ragazzi poi che sono praticamente cresciuti insieme; siamo ormai due adulti con le rispettive famiglie, vicini da anni, ma non più intimi come un tempo.

And he who forgets…will be destined to remember” mi rivengono in mente le parole della canzone di poco prima.

C’è stato un tempo in cui, tra me e Gianni, poteva essere tutto.

Poi per paura, per pigrizia, per indolenza, per timore, per troppa amicizia quel ‘tutto’ si è trasformato in una confidenza non direi annacquata, quanto sbiadita se paragonata alla fulgida vividezza del nostro passato.

Sorrido e scrollo la testa come a scacciare un pensiero molesto.

Molesto nel senso che non voglio, non devo e non posso indugiare in certe nostalgie, in certe domande le cui risposte sono ormai fuori tempo massimo.

Entriamo nel ristorante.

Il posto è piccolo, una vera e propria bettola di mare, rivisitata e corretta con un arredamento moderno.

Mi piace questa sorta di conflitto tra antico e moderno: si viene a creare un’armonia inspiegabile e stridente, come quando ci si arrischia a mescolare, nel cibo, il dolce con il salato.

Le pareti sono tutte dipinte di nero, ravvivate però da quadri dai colori sgargianti; contrastano con questi ultimi delle fotografie in bianco e nero, verosimilmente degli anni ’60 e ’70, dove vengono ritratte barche di pescatori, reti da pesca affastellate sul porto, spiagge affollate e infine le stradine del paese che, se ci si sofferma a guardarlo senza sapere quale località venga rappresentata, potrebbe sembrare l’ambientazione di uno dei film di Montalbano.

Al soffitto troneggiano dei lampadari bianchi e rossi in metacrilato in puro stile barocco.

L’intera struttura è una palafitta e la terrazza si affaccia direttamente sul mare.

‘Mio Dio, che bel posto, Gianni’se il cibo è buono, tanto quanto l’ambiente è bello e accogliente’prendo la residenza qui!!!’

Ci sediamo e, seguendo i consigli del cameriere, ordiniamo la nostra cena.

Il vino suggeritoci è un vino locale buonissimo: fruttato, corposo, fresco al punto giusto.

Prima che arrivi l’antipasto ne abbiamo già bevuti due calici a testa.

‘Ehi Gianni’mica vorrai farmi ubriacare per approfittare delle mie grazie???’ gli dico ridendo, mentre porto nuovamente il bicchiere alle labbra.

‘Fosse facile farti ubriacare’ci proverei anche! Ma non mi conviene giocare a questo gioco con te! Ancora mi ricordo quando facevamo le indianate e tu, nonostante i miscugli indecenti che riuscivamo a fare, riuscivi sempre a tornare a casa sulle tue gambe!!!’.

Poi, improvvisamente comincia a ridere.

‘Gianni’ma posa il fiasco’che ormai non reggi più nemmeno due bicchieri di vino’ma che ridi!?’ gli chiedo mentre la sua risata mi sta già contagiando.

‘No scusa’mi è venuta in mente la prima volta, e una delle poche in verità, in cui ti ho visto ubriaca. Te lo ricordi il tuo sillogismo assurdo tra uomini e carrelli della spesa??”

‘No, non ricordo’ penso tra me ‘che cazzo avrò mai detto di così terrificante da suscitare ancora tanta ilarità anni dopo’???’

Guardo Gianni con aria rassegnata pronta a sentire l’infiocchettato racconto di una stronzata da guinnes dei primati.

Tra una risata e l’altra Gianni inizia a raccontare.

‘Allora’la tua teoria era che l’uomo è come un carrello della Coop e così come i carrelli della spesa non hanno la catena abbastanza lunga per poter riprendere lo spicciolo, senza obbligatoriamente attaccarli ad altri carrelli, così gli uomini non sono dotati di un pene abbastanza lungo tanto da sodomizzarsi da soli” Riscoppia ridere.

Io lo guardo sbigottita, più perché ricordo improvvisamente questo delirio che per il fatto che la mia mente sia stata capace di partorire un simile abominio!

‘Sì, me lo ricordo’e ricordo anche che tu hai detto A.I.U.T.O., sillabando la parola. Dopo di che mi hai portato via di peso’sarà meglio che lo posi io il fiasco!!!’.

Ridiamo.

Continuiamo così per tutta la durata della cena, raccontando e raccontandoci come non accadeva da tanto tempo.

Quando ce ne andiamo è ormai quasi mezzanotte.

Fuori non fa freddo. Si sta bene.

L’aria è pulita e la notte è limpida!

Arrivati a casa chiedo a Gianni di aspettarmi.

Entro, ‘prendo al volo dal frigo due birre e torno fuori.

‘Andiamo a fare due passi sulla spiaggia” gli dico facendo tintinnare le bottiglie di birra.

‘Ah, ho capito’sei tu che vuoi farmi ubriacare per abusare di me” mi risponde lui, mentre mi arruffa bonariamente i capelli e mi passa un braccio intorno alle spalle.

La sabbia è fredda, ma asciutta.

Intorno non ci sono luci, solo quelle del paese in lontananza e di qualche barca in mezzo al mare.

Il rumore dell’acqua fa da sottofondo alla nostra passeggiata.

‘Ti ricordi il primo concerto a cui sei stata?’

‘Certo che me lo ricordo’mi ci hai portato tu! Era il 3 luglio del 1989 ed era il concerto di Vasco Rossi per l’album ‘Liberi, liberi”l’ultimo concerto a cui sono andata invece è stato lo scorso anno a Milano. Io e Andrea siamo andati a vedere i Guns and Roses al Gods of Metal”

‘Ah già è vero’non ti ho chiesto niente poi’come è stato?’

‘Penoso, Gianni. Axel ormai è un cinquantenne grasso e goffo.

Il paragone con i vecchi Guns, specie se si è cresciuti ascoltando il live in Tokio del ’92 è impietoso’che brividi l’apertura del concerto con l’assolo di Slash’!’

Non riesco a finire la frase perché, nuovamente, sento addosso a me gli occhi di Gianni.

‘Perché mi guardi così?’ ho la gola improvvisamente secca.

‘E’ tutta la sera che ho voglia di fare una cosa”

‘Cosa’?’ gli chiedo, pentendomi subito della domanda.

La risposta infatti non arriva dalle sue labbra, ma con le sue labbra.

Mi bacia, carezzandomi il viso con una mano.

La sua lingua è morbida, calda.

Cerca la mia, la trova, ci gioca, la accarezza, la mordicchia.

Senza neanche rendermene conto, mi ritrovo sdraiata sulla sabbia.

Le mani di Gianni mi accarezzano il corpo, indugiano sulle gambe, risalgono lungo le cosce, arrivano al seno e lo sfiorano.

Continuiamo a baciarci.

Le mie mani sono finite sotto la sua maglietta e gli sto graffiando la schiena.

Lui è di fianco a me e posso sentire la sua erezione premere sulla mia coscia.

Agito le gambe in preda all’eccitazione.

Ora le mani di Gianni riscendono lungo la mia figura e si insinuano sotto al vestito cercando la mia intimità.

Senza troppo indugi lo sento scostare la stoffa degli slip; mi accarezza, mi stimola, vuole farmi eccitare.

Sono eccitata.

Le sue dita si insinuano dentro di me.

Emetto un gemito e istintivamente reclino la testa indietro.

Apro le gambe, per facilitate la penetrazione delle sue dita.

Mi sento già molto bagnata.

Con l’indice e il medio mi è dentro, mentre con il pollice mi sta stimolando il clitoride.

Mi sta facendo godere e mi sta portando molto velocemente all’orgasmo.

Probabilmente tutta la tensione della serata si sta liquefacendo tra le mie gambe.

L’erezione di Gianni preme contro di me.

‘Dio mio come vorrei sentire di nuovo il suo sapore in bocca”.

Questo pensiero mi fa improvvisamente spalancare gli occhi.

Metto a fuoco tutta la scena.

‘Non posso Gianni’non posso’scusami’ mormoro mentre, a fatica mi alzo, e poi scappo verso la mia casa, correndo senza voltarmi indietro.

Corro verso casa e non mi fermo fino a quando non ho chiuso la porta alle mie spalle.

Ho il fiatone.

Mi appoggio alla porta e mi lascio scivolare a terra, raccogliendo le ginocchia intorno alle braccia e apponggiandovi sopra la fronte.

Chiudo gli occhi, cercando di respirare lentamente, ma stento a calmarmi.

Non capisco cosa sia successo e soprattutto non capisco il perché della mia fuga.

Sono quasi pentita’anzi, togliamo il quasi’sono pentita di essere scappata in quel modo.

Faccio sempre così: quando non riesco a gestire le situazioni invece che affrontarle a muso duro, batto in ritirata.

E questa cosa mi fa una rabbia che non so descrivere; anche perché è un meccanismo involontario del quale mi rendo conto solo a conti fatti.

Ho le lacrime agli occhi per la frustrazione e, sebbene sia difficile ammetterlo perfino a me stessa, al fondo di ogni altro sentimento c’è sicuramente una buona dose di nostalgia e di rimpianto.

La mente corre all’estate del 1995: ‘quell’estate lì’ come negli anni ho preso a chiamarla.

Era l’anno della mia maturità e mi ero da poco lasciata con quello che era stato il mio primo fidanzato ufficiale, con il quale ero stata negli ultimi due anni.

Dovevamo partire insieme per la Sardegna, ma all’ultimo momento avevo realizzato che non ce l’avrei fatta a passare con lui due settimane.

Non lo amavo più, semplicemente.

Con il senno del poi e con l’esperienza ho successivamente realizzato che in fondo non lo avevo mai amato; ero stata innamorata di lui quello sì, ero stata innamorata della novità di avere una persona accanto, di avere qualcuno a cui pensare intensamente, qualcuno con cui condividere tante nuove esperienze.

Ma l’amore è un’altra cosa e quando le farfalle nello stomaco hanno smesso di battere le ali, tutto è finito.

Saltata la vacanza in Sardegna, avevo cercato di rimediare alla bene meglio.

Mi ero quindi organizzata per andare a Riccione con le mie amiche e, nell’attesa, ero andata alla mia casetta al mare per passare un paio di settimane a cavallo tra la fine di luglio e i primi di agosto.

I miei erano partiti per la Sicilia, così la casa era tutta per me; al mare qualcuno della mia storica compagnia era sicuramente già arrivato.

Non mi restava che preparare i bagagli.

Avevo pertanto preparato la valigia, stipando dentro l’inverosimile e, animata da un rinnovato spirito da single, mi ero messa alla guida della mia piccola Rover 100 rosso lacca.

Arrivata, avevo scaricato il mio bagaglio, avevo sistemato i vestiti e fatto una rapida ricognizione in casa per vedere se riuscivo a posticipare la spesa ad una altro momento.

Poi mi ero spogliata e, indossato il mio bikini nero e fuxia nuovo di pacco, le mie infradito e il mio vestitino corto di spugna, avevo riempito la borsa da mare e, con i miei immancabili occhialoni bianchi da sole da vera vamp, avevo fatto il mio ingresso ‘trionfale’ al Bagno Lupo di mare.

La fortuna era dalla mia: c’erano infatti molti più amici di quelli che avrei sperato’l’estate prometteva bene e, nonostante mi sentissi ancora scombussolata per la fine della mia storia, non dubitavo che mi sarei divertita.

Terminati i saluti di rito e gli immancabili racconti sulla maturità appena conclusa e sul prossimo inizio delle nostre avventure da universitari, mi ero concessa un lungo bagno e subito dopo mi ero spalmata la protezione solare e poi mi ero stesa sul lettino per un momento di meritato riposo, in compagnia del mio immancabile libro da spiaggia: quello era l’anno di Jane Austen ed io mi ero portata dietro oltre a ‘Orgoglio e Pregiudizio’ anche ‘Emma’ e ‘Mansfield Park’.

Ero quasi lì, lì per addormentarmi quando una voce ben nota, scostando il libro che stava inevitabilmente franando sulla mia faccia, mi aveva apostrofato dicendomi: ‘Ma dei libri un po’più leggerini, no eh??? Peseranno tre chili l’uno!!!’.

‘Gianni’ci sei anche tu’che bello’.

Mi ero tirata su dal lettino che sembravo una molla e in baleno ero tra le sue braccia.

‘Ma non dovevi andare in Sardegna con Luca?’ mi domanda Gianni.

‘Ci siamo lasciati, Gianni” gli rispondo senza entrare in troppi particolare.

‘E’ stato lui?’ mi chiede scrutandomi per scorgere tracce di sofferenza nei miei occhi.

‘No, sono stata io’mi dispiace tanto per lui’so che l’ho fatto soffrire, ma’non ero più innamorata di lui e non era il caso di continuare. E tu, non dovevi essere già arrivato a Miconos?’.

Improvvisamente realizzo che Gianni non doveva essere al mare.

‘Bhè, Miki’diciamo che siamo single entrambi. Anche io mi sono lasciato con Giulia e, prima che tu me lo chieda, perché so che me lo chiederesti’l’ho lasciata io. Anche io, come te, non ero più innamorato di lei’e non è obbligatorio essere eroi’non a ventiquattro anni almeno. Tra qualche anno la penserò diversamente. Tra qualche anno scenderò a compromessi con il resto del mondo’ma non è questo il tempo. Tu per quanto ti trattieni?’

‘Riparto il 12 di agosto e vedo con le mie amiche a Riccione, tu?’

‘Anche io riparto il 12 agosto, però vado a Ibiza’!!!’

Sorrido: due settimane con Gianni sono proprio una bella coincidenza.

‘Allora ritieniti praticamente sequestrato per i prossimi 16 giorni!!!’ gli dico, ridendo dell’espressione di finto sgomento che si è dipinta sul suo volto.

‘Che la forza sia con me” dice infatti lui, schioccandomi subito dopo un sonoro bacio sulla guancia.

‘Senti, tanto per cominciare’ dico io ‘domani mattina, mi accompagni a fare la spesa?’.

‘Che la forza sia con me” ripete lui mentre si spoglia, mostrando il suo bellissimo fisico già abbronzato ‘Sì, ti accompagno, gattino’però guai a te se vieni a fracassarmi le palle prima delle undici. Ho fatto un esame ieri e ho bisogno di calma, tranquillità e relax’anzi, visto che sfrutterai in maniera indegna la mia macchina e i miei servigi in queste due settimane, faresti cosa gradita se domani mattina ti presentassi con brioscia e cappuccino”

‘E magari un pompino, vero Gianni’che fa anche rima’ gli rispondo.

‘Se proprio insisti”chiosa lui sornione.

‘Maiale!!!’ dico io, inspiegabilmente in subbuglio per le immagini che sono affiorate alla mia mente.

‘ehi Maria Goretti’ti sei offerta tu’e a certi inviti è un peccato mortale dire di no!!’ continua a scherzare lui.

Poi, ridendo come un bambino, si avvia verso la battigia e in men che non si dica si è già tuffato dentro l’acqua.

Io mi rimetto distesa sul lettino e mi sorprendo eccitata per la mia stessa allusione erotica di poco prima.

Non è certo la prima volta che io e Gianni scherziamo bonariamente su questo argomento e mai, prima di adesso, mi era mai capitato di indulgere seriamente in certi pensieri.

‘Sarà colpa dell’astinenza e del calo dello stress dopo la maturità’con Gianni’sarebbe quasi un incesto’ dico tra me, ma in modo molto poco convinto, visto che immagini di noi due nudi a fare l’amore continuano ad affollare la mia mente, mentre sento distintamente il mio sesso gonfiarsi e bagnarsi per quell’inaspettato eccitamento.

Cerco invano di riprendere il controllo della situazione, provando a concentrarmi sulla lettura del libro o ascoltando distrattamente le chiacchiere delle mie amiche.

Ma non c’è niente da fare: sono sempre più eccitata.

Quando non ne posso più, mi alzo ringraziando mentalmente di aver gli slip neri, che altrimenti avrebbero rivelato quanto sia bagnata e con passo svelto mi dirigo verso la mia cabina.

Entro e chiudo a chiave.

La penombra dell’interno della piccola casetta è rischiarato solamente dalla luce che filtra dalle persiane.

Mi siedo e subito, con gesti quasi famelici, scosto la stoffa dello pezzo inferiore del costume.

Come previsto sono bagnatissima ed eccitatissima.

Il mio clitoride è lucido e gonfio e sembra implorare attenzioni e sollievo.

Inizio e sfiorarlo, prima lentamente, poi in modo sempre più rapido e deciso.

Mi bagno le dita con la saliva e continuo il mio movimento rotatorio.

Immagini sempre più nitide e sempre più spinte tengono prigioniera la mia mente.

Mi immagino distesa sul letto, con le gambe oscenamente aperte e in mezzo i riccioli rossi di Gianni.

Se mi concentro riesco quasi a sentire la sua lingua e i suoi denti.

Aggiungo alla rotazione sul clitoride, due dita che prontamente spariscono dentro di me a massaggiare e stimolare le mie pareti interne.

Con le dita dentro la fica comincio a fare dentro e fuori velocemente.

Ora, nella mia mente, Gianni sta risalendo lungo il mio corpo, leccandomi e strusciandomi addosso il suo membro duro.

Mi sfugge un gemito appena un po’ più sonoro.

Continuo implacabile il mio andirivieni dentro e fuori, mentre l’altra mano passa sul clitoride in modo sempre più rapido.

E nel momento in cui il cazzo di Gianni mi penetra con foga e passione, esplodo in un orgasmo liberatorio, trattenendo a stendo un grido di godimento.

CONTINUA’

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