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Il maschio alfa

By 12 Febbraio 2018Ottobre 1st, 2021No Comments

Mercoledì, ore 9 e 5 del mattino.

– Buon giorno, amore.
– Ciao Stefano.
– Che c’è? Sembri agitata.
– Rocco sa di noi due. Mi ha affrontata questa mattina e m’ha rivelato che un suo dipendente ci ha visti in quel ristorante ieri sera.
– Merda! Questo complica le cose, ma non è la fine del mondo. Avevamo considerato anche questa possibilità, ricordi?
– Sì, lo so. Ma ora che ci siamo è una cosa che fa male. Dopotutto Rocco ed io siamo stati sposati per venticinque anni. E abbiano due bambini.
– E tu cosa gli hai detto?
– Più o meno quello che avevamo concordato. Non ho negato, tanto sai che non sono brava a raccontare balle.
– E allora?
– Mi sono attenuta a quanto avevamo deciso. Gli ho detto la verità.
– Cioè cosa? Che tu sei una donna capace e intelligente, colta e preparata. Un’avvocatessa, nientemeno, e una delle migliori qui a Milano. Che è rimasta sposata per ben venticinque anni con un semplice meccanico, un uomo che non ha mai cercato di crescere, migliorarsi, farsi un nome e una posizione. E che oggi, finalmente, desidera stare con un vero maschio alfa, un uomo alla sua altezza, che sappia farsi carico della sua vita come merita e non che piagnucoli ogni volta che debba farle un regalo o soddisfare un suo capriccio.
– Una cosa del genere, sì. Ma non dipingerlo troppo male. In fin dei conti ha la sua piccola azienda e finora è riuscito a mantenere me e i nostri due figli in modo dignitoso, anzi, mi ha mantenuta per gli ultimi due anni di università e per il tirocinio non pagato dei successivi due. Quando abbiamo provato il mio discorso, io e te, suonava come se io avessi il diritto di stare con uno come te, ma quando lui mi ha ricordato i sacrifici che ha fatto per me, beh, le mie parole sembravano un po’, come dire… Egoiste, ecco.
– Lascia perdere. Egoiste o no, ormai sono problemi suoi. Gli hai detto chiaramente che se non accettasse lo status quo il nostro studio di avvocati lo farebbe a pezzi e lo lascerebbe senza un soldo, senza azienda, senza casa e senza i suoi figli?
– Sì, Sì! Ma sono rimasta stupita dal fatto che pareva che non gli importasse nulla di tutte quelle cose e continuava a ripetere che non poteva credere che dopo tutti questi anni io lo stessi buttando via malgrado la dedizione e la lealtà che mi aveva dimostrato. Io continuavo a ripetergli che non avevo intenzione di rinunciare a lui, ma che mi pareva di aver diritto a un piccolo extra. Ma non credo che accettasse le mie parole e quanto gli proponessi. E ora mi sento in colpa e non vorrei perderlo.
– Come sarebbe a dire “un piccolo extra”, Mara? Io per te sarei solo un piccolo extra? E allora tutte le volte che mi dicevi che non avresti potuto più fare a meno del mio cazzo? Che ti portava in paradiso e che non avevi mai provato un piacere così intenso? L’hai detto tu stessa o ricordo male?
– Sicuro, hai ragione. Ma quando ho sposato Rocco ero così giovane e inesperta. Lui era delicato e gentile, attento e rispettoso. Con te, invece, che sei così autoritario e dominatore, ruvido e esigente, mi sono sentita in una dimensione nuova e diversa. Non avevo mai neanche sospettato che al mondo ci fossero uomini come te, capaci di darmi il piacere che mi dai tu.
– E che continuerò a darti! Tuo marito deve solo accettare che tu viva in un altro livello, ora. Fatto di nuove sfide, nuove soddisfazioni e nuovi piaceri. Ma il maschio alfa in questa storia sono io e a lui non resterà che rassegnarsi. Mi spiace comunque che tu debba buttare via venticinque anni della tua vita. Facciamo una cosa: fammi preparare qualche documento e domani pomeriggio passerò da lui a parlargli.
– Quali documenti, Stefano?
– Un sacco di stronzate scritte in linguaggio legale, abbastanza da spaventarlo. Sai, le solite cose che impressionano gli ignoranti e i creduloni, non so, la minaccia di un’ordinanza restrittiva che gli impedisca di avvicinarsi a te, alla vostra casa o ai vostri figli, e magari anche una minaccia di congelamento dei suoi conti bancari e di quelli della sua azienda, insieme a una richiesta di trasferimento della proprietà a te. Lo sotterrerò di carte bollate in modo che capisca chi comanda e che se non si dovesse comportare come desideriamo potrebbe passare dei guai seri. Tutte balle, naturalmente, ma saranno sufficienti a fargli capire chi è il maschio alfa in questa storia.
– Come vuoi, Stefano, ma non hai visto la sua faccia furiosa questa mattina. Speriamo…

Giovedì, ore 15:33

– Signor Bardelli?
– Sì?
– Io sono l’avvocato Benedetti e…
– Lo so chi sei.
– Bene, quindi risparmiamo tempo. Credo che Mara le abbia confermato che la nostra relazione continuerà in futuro senza una data di scadenza precisa o prevedibile. Quello che forse non le ha detto è perché lei dovrebbe acconsentire senza protestare a questa cosa. Posso appoggiare la borsa qui? Grazie. Lo studio legale nel quale Mara lavora è di mia proprietà e ho venti avvocati ai miei ordini. Li ho selezionati personalmente in base alla loro abilità e alla loro mancanza di scrupoli. Le assicuro che non avrò nessuna esitazione a scatenarli tutti contro di lei in caso di problemi. In questi documenti c’è tutto. Le spiego brevemente: questa è una richiesta di divorzio, già firmata da sua moglie e dal suo avvocato. Quest’altra è la richiesta di congelamento dei conti bancari della sua officina fino a quando non sarà venduta e il ricavato diviso a metà. E quest’altra è la richiesta di una ordinanza che la obblighi a sgomberare la sua abitazione nel giro di ventiquattro ore per poi impedirle di avvicinarsi alla casa, alla sua officina, a sua moglie o ai suoi figli a meno di cinquecento metri. Vede a quali conseguenze potrebbe andare incontro se le venisse in mente di creare problemi? Non potrebbe più muoversi, non avrebbe più un soldo nemmeno per assumere il più sgangherato degli avvocati, perderebbe tutto e, indovini un po’, io starò scopandomi sua moglie come e più di prima.
Fece una pausa
– Guardi, Bardelli, lei è grande e grosso, ma i Neanderthal non comandano più. Ora sono i cervelli a dirigere il mondo. Ma alla fine non è nemmeno necessario che si debba passare alle vie legali. Tutto quello che vogliamo è che lei non si opponga al fatto che io continui a trombarmi la sua Mara tutte le volte che ne avrò voglia e lei la potrà avere quando sua moglie ne avrà voglia, esattamente come negli ultimi quattro mesi. Perché prendersela, in fondo? Tra un paio d’anni ne avrò abbastanza e voi potrete tornare ad essere una coppia felice come prima, giusto?

Si accomodò meglio sulla sedia metallica con braccioli davanti alla scrivania, metallica anche questa, dell’officina.
– Ecco, il mio discorso l’ho fatto. Ora tocca a lei decidere. Se sua moglie fosse stata soddisfatta della sua situazione non saremmo qui, ora, le pare? Il mio consiglio è di accettare lo status quo. Capisce che se sua moglie avesse provato dei sentimenti per lei io non avrei potuto portargliela via, giusto? La prenda come un’opportunità per cambiare e migliorare la sua condizione. Voi lavoratori manuali ne avete sicuramente bisogno. Tenga conto che io glie l’ho portata via non perché sia affascinante o irresistibile, ma perché sono il maschio alfa e ho saputo dirle come questa storia sarebbe andata a finire, esattamente come sto facendo con lei.
– Hai finito, scimmiotto? Vedo che anche tu, come la maggior parte della gente, oggi, non hai idea di cosa sia un maschio alfa e hai bisogno di un meccanico che te lo spieghi.
– Sarebbe da ridere che un cornuto mi dovesse spiegare le cose della vita. A me!
– Se non capisci le parole ti faccio vedere le figure. Spesso una figura vale più di mille parole.

Si alzò dalla scrivania e mollò un diretto destro sulla mascella dell’avvocato. Forte. Ci fu un soddisfacente rumore di ossa rotte, denti che saltavano. Stefano Benedetti fu proiettato contro la parete per poi cadere al suolo, uno sguardo di assoluta sorpresa nella parte del viso che ancora era in grado di mostrare una espressione.
– Fai finta che questa sia la figura uno.

Lo prese per il bavero, lo sollevo da terra, lo rimise in piedi e gli sferrò un gancio al plesso solare che lasciò l’avvocato dolorante e senza fiato.
– E questa la puoi considerare la figura due.

Il povero avvocato si trovava di nuovo a terra, mentre Rocco infieriva sul suo corpo con le scarpe antinfortunistiche. Si accanì contro la sua mano destra col tallone, rompendogli il polso e diverse ossa della mano, poi lo prese a calci nel costato, fermandosi solo quando sentiva le il rumore delle costole fratturarsi.
– E queste sono le figure tre e quattro. E piantala di frignare! Sto cercando di insegnarti qualcosa della vita, cose che non sai, ma se continui a lamentarti non imparerai niente, capito, alfa delle mie palle? Ah, devo aggiungere che avevo promesso a me stesso, ancora quand’ero alle elementari, di non usare mai la mia prestanza fisica per risolvere le questioni, ed anche in questo caso avevo deciso di lasciar perdere e non pensarci più, finché non sei arrivato tu, scimmiotto, con la tua valigetta di pelle e il tuo vestito da fighetto a prendermi per il culo con le tue minacce. Anche noi gente del popolo abbiamo un certo limite di sopportazione, oltre il quale possiamo perdere le staffe.
Il meccanico rimase lì, con il piede destro sopra la gola dell’avvocato a terra, finché questi non tornò a prestargli attenzione.

– Torniamo ora alla tua istruzione: Il termine “maschio alfa” è stato usato per la prima volta in relazione ai branchi di lupi. È il maschio che spiega agli altri cosa devono fare. Può non essere il più furbo e qualche volta nemmeno il più grosso e forte, ma è senz’altro il più cattivo e figlio di puttana. Quello che uccide senza nessuna esitazione, che non ha scrupoli, né morale. Tu, scimmiotto, sei lontanissimo dai tipi come lui. Magari puoi fare il gradasso nel tuo ambiente con l’aria condizionata pieno di damerini incravattati e signore in tailleur, ma qui, in periferia, al Gratosoglio, non sopravviveresti venti minuti con quell’atteggiamento strafottente. E poi dici di essere furbo! Non ti sei portato neanche un testimone! Sei un bel pirla, altroché.

In risposta, ebbe solo qualche gorgoglio.

– Torniamo a noi, e a quello che potrebbe essere il nostro futuro. Lo scenario uno è che tu mi denunci. È la tua parola contro la mia, io negherò tutto, ma può darsi che mi sbattano in galera. Può darsi anche di no, oppure potrebbero farmi uscire qualche giorno dopo. Davvero troppi “se” e “ma”. Nel caso peggiore mi daranno un anno di galera, durante il quale imparerei davvero come far male alla gente. E appena uscirò avremo un’altra conversazione privata come quella di oggi. E ti verrò a trovare ogni volta che ti faranno uscire dall’ospedale, puoi starne certo. Oppure, e questo è lo scenario due, potresti considerare la tua avventura qui come una lezione e un contributo al tuo bagaglio di esperienze. Di cosa può accadere a chi tromba le mogli degli altri. Decidi tu. E ora vai fuori dalle palle che devo pulire il pavimento che mi hai tutto sporcato di sangue. Hai capito, alfa del cazzo? E poi tra poco comincia la partita del Milan.

Giovedì ore 19:35

– Stefano, tesoro, dove sei? Pensavo saresti tornato ore fa… Io sono in ufficio che ti aspetto.
– Sono al pronto soccorso dell’ospedale San Carlo. Sono qui da quattro ore. Mi hanno detto che forse mi ricoverano, ma non è sicuro.
– Oh santo Cielo! Cos’è successo? Hai avuto un incidente?
– No, Mara, il fatto è che ho sbagliato a giudicare tuo marito, sicuramente l’ho sottovalutato. Sono andato a trovarlo da solo, senza testimoni. Mi ha rotto il naso, mi ha buttato giù tre denti, mi ha rotto due costole, il polso e diverse ossa della mano e forse c’è qualche problema anche alla mascella. Faccio fatica a parlare e non posso masticare.
– Ma non è possibile! Rocco non ha mai fatto male a una mosca.
Te lo assicuro: ti mostrerò la radiografie, alla prima occasione.
– Santo cielo! Non ci posso credere. Non il mio Rocco! Non può averti fatto ciò che dici! E ora cosa farai, lo denuncerai? Posso pregarti di non farlo?
– I carabinieri sono già stati qui, Mara, chiamati dai medici del pronto soccorso quando hanno visto le mie lesioni, ma ho detto loro che sono stato aggredito da uno sconosciuto per strada. Il tuo gentile e inoffensivo marito mi ha spiegato che questo sarebbe stato solo l’anticipo di qualcosa di molto più serio se l’avessi denunciato. Io… Io non posso affrontare un altro pestaggio come questo. Ho deciso di non dire nulla.
– Stefano, da come me ne parli sembra che ti sia lasciato spaventare da lui, che invece è un uomo gentile e pacifico, te lo posso assicurare.
– Invece non è così, credimi. Ho le radiografie delle mie ossa rotte a dimostrarlo. Ora scusami ma gli antidolorifici che mi hanno dato mi danno sonnolenza e non riesco più a parlare. Ci sentiamo eh?

Venerdì ore 9:50 – Ospedale San Carlo – accanto al letto di Stefano Benedetti.

– Stefano, ascoltami. Mi devi aiutare. Ieri sera avevo paura di tornare a casa e ho girato intorno con la macchina fino alle nove. Poi finalmente ho preso il coraggio a due mani e sono salita all’appartamento. Ma le serrature sono state cambiate! Non sono riuscita ad entrare. Ho suonato, ma non ha risposto nessuno. Ho passato la notte da una amica. Stamattina ho controllato e le mie due carte di credito non sono più attive e il nostro conto cointestato è vuoto. Sono disperata. Puoi dire a uno dei tuoi avvocati di cominciare le pratiche del mio divorzio e far sloggiare Rocco dall’appartamento? E posso stare da te nel frattempo?
– No, Mara.
– Come, no? A cosa mi stai dicendo di no? All’avvocato per il divorzio o all’accogliermi in casa tua?
– A entrambe le cose. Mi spiace, ma se uso il mio studio per andare contro di lui, quello mi ammazza. Non voglio correre rischi, a fine mese terminerà il tuo periodo di prova e non sarai riconfermata. Ti darò una buonuscita, stai tranquilla. Quando lo vedrai glielo dirai, vero? Che ti ho licenziata?
– Stefano, non mi hai capita. Non ho più una casa e non ho più un soldo. Mi devi aiutare, altro che licenziarmi!
– Mi spiace, Mara, ma tu non hai visto la faccia di tuo marito quando me le ha suonate. Faccio solo quello che devo per non prenderle più.
– Stefano, ma che razza di pusillanime sei diventato? Sei patetico. Ieri ti vantavi di essere un maschio alfa. Oggi tremi di paura e sospetti che mio marito, che è un vero uomo, dieci volte più di te, si nasconda sotto il tuo letto.
– Lascia perdere, Mara. Non avrai pensato sul serio che avrei potuto mettermi con una troia infedele come te, vero?

Venerdì ore 22:29

Mara sedeva nella sua macchina, spenta, sul piazzale della stazione di servizio lungo la statale che la portava a Brescia, dove aveva una sorella che avrebbe potuto ospitarla. Non aveva imboccato l’autostrada perché era senza soldi e le sue carte di credito non funzionavano. Ora era rimasta anche senza benzina. Aveva cercato in tutti modi di far accettare le sue carte di credito e debito all’accettatore automatico, ma questo alle fine se le era inghiottite senza permetterle di fare rifornimento. Aveva chiamato la sorella per avvertirla del suo problema, ma questa non aveva dimostrato molta simpatia e in modo sbrigativo aveva escluso che potesse andarle incontro per prelevarla in quella stazione di servizio. Con un sospiro uscì dall’auto, afferrò la sua borsa, si lisciò la gonna e si avvicinò all’uomo che in quel momento stava riempiendo di gasolio il serbatoio del suo furgone ammaccato per chiedergli un passaggio.

L’uomo l’aveva adocchiata fin da subito e sorrise a sé stesso. Questa volta sarebbe stato più attento. L’ultima volta s’era fatto beccare e aveva dovuto passare quattro schifosissimi anni in galera con l’accusa di violenza carnale e aggressione aggravata. Il suo errore era stato quello di lasciare in vita la prostituta che aveva aggredito e picchiato selvaggiamente e questa aveva potuto testimoniare contro di lui. Non pensava a sé stesso come a un maschio alfa. Si sentiva piuttosto un lupo solitario. Ma che importavano le definizioni, in fondo? L’importante era la preda, bella, appetitosa, elegante, che gli cadeva tra le braccia senza fatica. Quel tratto di strada era sempre stato produttivo per lui, pensò ancora, leccandosi le labbra.

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