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Il mio numero

By 19 Giugno 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Oggi si prennunciava la solita giornata di lavoro. Tutta la mattinata a impastare e cucinare, poi dalle 11 la sfilata dei clienti. La nostra botteghina per fortuna fa affari d’oro: la nostra pasta fresca e la nostra cucina affezionano le persone più disparate, studenti e single soprattutto, ma anche casalinghe e anziani che per un giorno non hanno voglia di sfacchinare in cucina per un piatto elaborato, e i lavoratori che ogni giorno per la pausa pranzo occupano la ventina di posti a sedere di cui disponiamo in sala. Quasi sempre gli stessi, a dir la verità. Di diverso oggi c’&egrave che &egrave un venerdì pieno di pesce, e lui mentre lo servo col solito gruppo di colleghi mi guarda con aria incantata. Dove? Mi guarda il ventre, i fianchi? O guarda nel vuoto? Al momento di deporre il suo piatto incrocio con gli occhi il suo sguardo che si solleva con una smorfia di imbarazzo. Non capisco perché la cosa mi abbia eccitato. A quasi cinquant’anni con menopausa galoppante questo poco più che ventenne come si permette di guardarmi con lascivia? Oggi tra l’altro sono peggio che indisposta, con questo caldo tormentoso non ho nemmeno messo il reggiseno, sotto il camice e la canottiera le mie povere mammelle si adagiano pari pari sulla pancia. Questa maledetta pancia, da qualche tempo mi sento sempre gonfia. L’unica cosa di me che oggi mi piace sono le mie venti unghie tutte appena laccate di nero che si accompagnano bene al mio caschetto, ai grandi occhi contornati anch’essi di nero col mio naso un po’ a gobba. Sarà che ci ho perso l’abitudine ad essere scrutata dai bei ragazzi, ormai pensavo di interessare solo vecchi marpioni, e gli sguardi rimangono attaccati casomai qualche secondo alle gambe, mai al fisico che ormai ha rotto gli argini. Quanti pensieri mi frullano in testa nel caldo della cucina! E se volessi darmi una botta di vita? Quando arriva l’idea folle. Solo due volte l’ho tentata, senza successo, &egrave proprio una mossa da troia. Ma anch’io ho i miei bisogni. Con un lamento mando dentro Francesco (ormai non c’&egrave bisogno di chef, &egrave tutto servizio’ vada un po’ a sudare) e gli do il cambio alla cassa. Facendo due rapidi conti mentali, con una zampata furtiva prelevo una carta da 5 e scrivo ‘chiamami-antonella’ col mio numero di cellulare: ora non mi resta che incrociare le dita. A dire il vero non so cosa sperare, forse &egrave meglio che non funzioni. Di questo ragazzo so dove lavora, sono clienti abituali lui e suoi colleghi. So che &egrave belloccio, asciutto, normalmente simpatico, espressivo, allegro; ogni tanto tenta la battuta; insomma un mezzo chiacchierone, di quelli sopportabili. Il nome non ce l’ho sicuro, credo Roberto. Il fatto &egrave che una figura di merda mi resterebbe attaccata tutta addosso, mi dovrò vergognare ogni volta che verrà qui a mangiare? Farò la figura dell’affamata? Non ho mai creduto che queste cose interessino gli uomini, anzi. Ma ormai &egrave tardi; la 5 &egrave bella che servita, Roberto si sofferma a osservare la scritta poi intasca nel portafoglio. Dovrebbe ricordare il mio nome ma non sono sicura che abbia collegato.

Oggi sarà una giornata lunga.

Finalmente squilla. Sono appena le 18, sono in casa da un’oretta ma non ho avuto tempo di pensarci. Numero sconosciuto. Sono certa che &egrave lui. Cercherò di dire poche scemenze e di puntare al sodo. ‘Pronto’ ‘Ciao’ ‘Chi sei?’ ‘Roberto’quello’ ‘ ‘Ho capito. Vieni da me?’ ”Sì” ‘Sai dove abito?’ (domanda cretina) ‘No’ ‘Via Manzoni 215’ ‘Quando?’ ‘Anche subito’ ‘Fra un’ora’ ‘A dopo allora’ ‘A dopo’. Tutto qui? Neanche un mi piaci, un come stai, un perché mi hai dato il numero. Fin troppo semplice. Mi sento una specie di mostro. E adesso? Fra un’ora? Ma &egrave pazzesco! Dovrei essere stanca, un’intera giornata di lavoro traffici e spese, ivece ora mi sento elettrizzata, non so cosa fare. Credo di dovere fare una doccia. Poi cosa indosserò? Mica posso mettermi da liscio per un ragazzo. Saranno anni che non ricevo nessuno in casa. Dopo il divorzio questa casa enorme e fredda si &egrave riempita solo di gatti, piante e libri. Mentre lavoro col telefono della doccia penso che non avrò nemmeno il tempo di darmi un’acconciatura decente; esamino mentalmente il mio abbigliamento intimo, qualcosa di sexy c’&egrave, in effettimi vedo come in un filmetto sexy degli anni d’oro, la cuoca maiala. Ma &egrave un ragazzo!

I capelli li risolvo legandoli indietro, codino e frangia mi danno un’aria sbarazzina. Non mi depilo ulteriormente, da un po’ non vado non mi va di andare in palestra ma il tappetino non &egrave ricresciuto troppo. Nell’interno coscia un accenno di peluria nerissima copre qualche cedimento. Mi do un po’ di crema, mi profumo. Con le dita bagnate indugio sul bidé per massaggiare e ammorbidire le labbra della vagina. Esploro l’armadio. Lui verrà sportivo, naturale, genuino, già l’immagino. Io non trovo nulla di adatto. Ancora completamente nuda faccio un giro per controllare le tende tirate, ma mi accerto che le giuste fessure alle finestre assicurino circolazione d’aria. Cammino scalza appoggiando lentamente le piante sul pavimento fresco, e stirando le dita con le loro unghie lucenti di nero. Giro attorno al letto chinandomi e facendo oscillare le mammelle, scoprendolo. E il cuore mi batte forte. Cerco qualcosa di alcolico da offrire e penso che ne ho bisogno ora. Perché tante cerimonie? La cosa &egrave partita asciutta, tecnica, chirurgica. Fra un quarto d’ora un cazzo entrerà dentro di me, &egrave questa l’unica cosa importante. Nulla potrà fermarlo, il mio corpo largo gli piace, e nulla potrà eccitarlo di più che il mio corpo stesso. Ormai ci siamo. Accosto la porta sul pianerottolo. Sta per suonare. Suona. ‘Sono io’ ‘Vieni, terzo piano’. Ho ancora un minutino. Non trovo di meglio che andare in camera da letto, piazzarmi sul letto con la pancia in su e la schiena leggermente sollevata da un cuscino, lasciare che le mammelle si adagino nuovamente sulla pancia, aprire oscenamente le gambe verso la porta dove lui apparirà, chiudere gli occhi. Ora non mi imbarazzo di nulla, il collo rugoso, le polpe non più tese sotto le braccia e sui fianchi, il seno cadente e il ventre grande erano specificati sul menù e lui li ha scelti. Pizzico i capezzoli, ruoto le dita sulle areole, accarezzo la pancia e massaggio l’ombelico. Il cuore batte a mille, le tempie fanno quasi male. Una singolare energia rimbalza alla vagina. Fra pochissimo un giovane cazzo entrerà dentro di me.

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