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Il volo dei desideri

By 7 Febbraio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Quante volte avevo fatto quel sogno erotico!
Quante volte avevo sognato ad occhi aperti!
Il mio desiderio proibito: essere scopata su un aereo.
Da ragazza avevo visto ‘Emanuelle’ ed ero rimasta turbata dalle scene erotiche che la stessa aveva girato.
Ricordo che andando a letto, quella sera, mi toccai sino a sentire i miei umori inondarmi le dita e, anche per molti giorni a seguire, il turbamento era rimasto lo stesso.
Il tempo cominciò a lenire la mia passione segreta, ma quando sentivo il rumore di un aereo o ne vedevo uno, tornavo subito ai ricordi di quel film e il bisogno di masturbarmi esplodeva.
Così, un giorno di molti anni dopo, decisi di combattere la mia paura del volo e prenotai una transoceanica: Milano – Los Angeles.
Dopo anni di matrimonio fedele avevo deciso di partire con una mia amica: lo scopo era prettamente rivivere la storia del film.
Scaricai la foto di Emanuelle da internet, chiesi alla mia sarta di farmi un vestito similare e per il viaggio indossai gli stessi indumenti intimi che il film aveva fatto intravedere: reggicalze grigio e tutto quello che ricordavo.
Volevo essere Emanuelle per nove ore, dimenticare tutto del mio mondo perfetto, lasciarmi andare e assaporare tutto quello che da anni celavo nel mio profondo.
I brividi che sentivo mentre salivo la scaletta per l’imbarco non erano di freddo e nemmeno di terrore per il viaggio, ma sicuramente brividi di piacere per quello che avrei fatto, per quello che mi sarei fatta fare’
Sculettai ostentatamente per i metri che mi dividevano al mio sedile e feci in modo che non ci fossero dubbi sul fatto che, oltre ad essere una donna procace, ero anche una che poteva darla: avevo preso la mia decisione: volevo essere lei per il tempo di quel volo.
Avevo notato un discreto uomo sui quarantacinque che aveva perso letteralmente gli occhi sui miei glutei e la camicetta, aperta, aveva fatto il resto..
Feci in modo che i miei cambi d’accavallamento cosce fossero piuttosto spregiudicati, le aprivo più del necessario in modo che potesse intravedere la calza autoreggente dal lato del vestito.
I suoi sguardi erano ormai pieni di libidine e, quando s’incrociarono con i miei, feci in modo che gli parlassero e facessero capire che poteva osare.
A volte il silenzio &egrave più eloquente che qualsiasi parola.
La mia amica sapeva del mio progetto indecente: essendo sempre stata una libertina impenitente, l’idea l’ aveva fatta sorridere e anzi, si era detta disposta a partecipare in qualche modo.
Io l’avevo subito bloccata dicendo che quelle nove ore dovevano essere mie, la mia rivalsa al mio mondo di moglie perfetta’solo nove ore, ma senza tabù.
Mentre le dicevo questo, il mio pensiero era tornato a mio marito, ai miei due figli, al mio modo di essere una donna tenera in amore, senza grilli per la testa, senza mai stare fuori delle righe, anche in amore solo sesso tradizionale: adesso volevo tutto!
Quelle nove ore sarebbero state il mio lasciapassare per l’inferno.
Così, quando l’uomo si alzò e venne a fianco del mio sedile vuoto, io diventai ‘Emanuelle’
Misi la coperta rossa, che avevo portato apposta, sopra le mie ginocchia scoperte e aspettai gli eventi.
La mano calda furtivamente si era appoggiata alle mie cosce e piano saliva dallo spacco portando dietro il vestito, il gesto mi aveva fatto aumentare i battiti del cuore, mi sembrava di vedere il mio seno danzare per seguire il ritmo.
La mano esperta si era appoggiata all’interno delle cosce e aveva cominciato a giocare con la fine delle calze, poi, improvvisamente era salita decisa arrivando sul mio inguine e aveva cominciato a frugare sotto i miei slip fradici d’umori.
Il primo dito che s’ introdusse in me trovò un fiore aperto, un prato pronto ad essere coltivato.
Subito le dita raddoppiarono e il ritmo divenne più intenso, allargai le gambe e chiusi gli occhi.
Avevo sentito distintamente il rumore di una cerniera, poi sentii l’odore acre del cazzo maschile e poco dopo la mia mano toccava con cupidigia e curiosità quel membro fuori della famiglia..
Sentivo i seni bagnati, i capezzoli duri come il marmo.
Facevo mentalmente confronti con il cazzo di mio marito e percepivo la similitudine, forse questo era più tozzo, più grosso come circonferenza.
Mi sentii spostare sul fianco e, come Emanuelle, fui scopata.
Le luci erano soffuse e la notte era avanzata da tempo: il rumore dell’aereo copriva i leggeri gemiti e la mia amica era una complice perfetta.
Il contatto carnale mi fece subito esplodere in un orgasmo violento che a stento riuscii a trattenere dentro la gola.
Mi sentivo una cagna in calore, ma mi piaceva essere in quella parte.
Per pochi minuti quel membro misterioso aveva violato il mio corpo con il mio tacito consenso.
Un fiotto caldo fu il segno che il mio misterioso amante era arrivato dove voleva, un paio di colpi secchi, una palpata ai seni, un bacio, anzi, un morso sul collo, come a marcare la preda, poi un altro rumore di cerniera e il senso di vuoto che mi rimaneva dentro.
Ero rannicchiata ancora in preda a quella tempesta ormonale, stavo ripercorrendo i momenti cruciali di quel rapporto quando mi sentii accarezzare i capelli e poi i seni.
Un battito d’ali, le palpebre socchiuse per vedere chi era.
Avevo percepito, nell’oscurità, la fragranza giovanile.
Riconobbi un passeggero che ricordavo fosse un paio di fila più indietro, evidentemente si era accorto di quello che era successo e del mio stato e, senza remore, aveva preso il posto del primo.
Senza preamboli mi fece girare e mettere con la faccia davanti ai suoi calzoni, ancora una volta il rumore di una cerniera mi faceva pregustare il futuro.
Il cazzo che avevo preso in mano era notevolmente più grosso di quello lasciato e il ragazzo aveva un altro modo di presentarsi.
Senza aspettare o chiedere niente mi mise una mano sulla nuca e mi spinse tra le labbra il suo desiderio.
Cominciavo a fare cose che con mio marito non facevo mai e già questo bastava a farmi sentire viva come da molto non mi sentivo: il primo approccio, le mucose aperte per inspirare il sapore, sentire le vene pulsare una volta oltrepassato il glande, poi, lasciarsi andare, sentirsi femmina, troia, puttana, sentirsi soddisfatta di esserlo.
La mia bocca prese il suo ritmo, le labbra fecero il loro dovere, la lingua aiutò il resto e ben presto ero la padrona del mondo.
Il ragazzo pendeva dalla mia bocca come uno scolaretto, l’unico suo problema era non urlare a squarciagola sotto i miei attacchi.
Il sapore dello sperma nella mia gola fu il mio premio.
Aveva goduto solo lui.
Il sedile rimase vuoto mentre la mia voglia era piena.
Aspettai il prossimo accaldata, sudata: sentivo l’esigenza di rinfrescarmi e nello stesso tempo farmi notare ancora da chi, per caso, non mi avesse visto; mi alzai e, mettendo a posto la gonna con movimenti lenti e maliziosi, mi avviai alla toilette.
Eravamo nel momento del massimo sonno, circa le due di notte.
Entrai nella toilette e feci per chiuderla, ma una mano scura l’aveva fermata e adesso forzava l’entrata.
Era un ragazzo di colore sui 30 anni.
Deciso si chiuse la porta dietro di se e, senza tergiversare, mi mise una mano tra le gambe andando direttamente alla ricerca del mio miele.
La situazione era diventata bollente stretta in quel piccolo buco, il ragazzo si era slacciato la cintura e abbassando i calzoni aveva dato dimostrazione di quanto fossero fondate le voci sui cazzi enormi dei neri.
Ero ammutolita guardando quel pezzo di carne pulsante, pensavo all’impossibilità di averlo dentro, ma il ragazzo non la pensava allo stesso modo e in poco tempo mi dimostrò che aveva ragione.
Mi alzò come un fuscello e, mettendomi sul piccolo lavabo, mi aprì le cosce senza fatica.
Il rumore delle calze che sfregavano contro il suo corpo e poi un senso di pieno incredibile nel mio utero, mi sentivo squassare dalla foga di quel maschio e nello stesso tempo mi sentivo esplodere di piacere.
Una mano sulla bocca attutiva le mie grida di godimento.
Senza pietà venivo penetrata, solo un oggetto di piacere per quel maschio, ma in realtà era quello che volevo.
Venni due volte e lui ancora non dava nessun segno di godimento, la mia figa si era adeguata a quelle misure; il sedere si era arrossato a forza di sfregare contro il lavandino.
Come se avesse letto nei miei pensieri, mi fece scendere e girare.
Il tempo della manovra che già mi era di nuovo dentro con tutto se stesso.
In quella nuova posizione mi sentivo riempire ancora di più, anche perché lui mi aveva alzato le gambe e mi sbatteva indegnamente contro il piccolo vetro che avevo davanti.
Mi guardavo e quello che vedevo era altamente eccitante.
Il bruciore delle pareti vaginali sotto quello sforzo era notevole, ma il piacere era unico, il mix era a favore del godimento.
Chiusi gli occhi e aspettai che il mio carnefice prendesse il suo piacere, per la prima volta in vita mia mi sentivo come avevo mille volte sognato e, per la prima volta sentii la mia voce dire:
– Vieni’ti prego vieni’non ne posso più.-
Come se quella fosse una parola d’ordine concordata, il ragazzo mise le mani sui miei fianchi e dandomi un a serie di colpi violenti eruttà tutto il suo sperma.
Mi sentivo un lago, sentivo il liquido che dopo avere riempito la mia vagina lentamente cominciava a scivolare giù per le cosce.
Il tempo di sentirlo uscire e uno schiaffone sulle natiche con una frase:
– Sei nata per fare felice gli uomini.-
Poi, il rumore di una porta che si apriva e richiudeva e infine il silenzio ristoratore.
In quel bagno guardavo il mio viso stravolto, i capelli arruffati, le calze stracciate in diversi punti, la figa che cominciava a contrarsi nel tentativo di tornare normale.
Ero incredula e spavalda, avevo davvero fatto io quello che era successo in quelle poche ore?
Io, la brava madre di famiglia, ligia e devota?
Allungai il dito sulle cosce e raccolsi una grumo di quello sperma appena ricevuto, guardai lo specchio e mettendomelo in bocca assaporai la linfa vitale.
Con una nuova luce negli occhi pensai:
Sì mia cara’sei tu che li hai fatti morire e che hai ancora un paio d’ore prima della fine del viaggio’

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