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I’m just a slave

By 3 Agosto 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Capitolo 1

L’incontro

Naturalmente, non &egrave stato un inizio fulmineo, &egrave passato qualche tempo tra il primo contatto e la mia sottomissione, ma se io ora mi trovo in questa condizione, seduta nuda con un dildo conficcato nella figa che cola umori sulla sedia, i capezzoli eretti e il culo ancora dolorante per l’ultima cavalcata del mio padrone, tutto questo in fondo &egrave successo per una mia provocazione, per una scorrettezza che mi ha rivelata, mi sono illusa di dimostrarmi forte e in realtà ho finito solo per scoprire il fianco e rendermi vulnerabile. E colui che ora domina il mio corpo, la mia mente e le mie voglie, colui che ora mi ordina di scrivere le memorie di ciò che tra noi &egrave accaduto per suo esclusivo volere, Lui, il mio padrone non ha sprecato l’occasione. Ha sfruttato la mia debolezza, mi ha piegata, ora sono in ginocchio ai suoi piedi, per sempre o sino a quando lui vorrà così. Io stessa ho perso ogni volontà di discostarmi volontariamente da lui, la mia nuova condizione mi ha resa felice, per quanto se qualcuno me lo avesse detto solo sei mesi fa gli avrei riso in faccia beffardamente. Ma ormai servire il mio padrone &egrave la mia vita, sono la sua cagna, la sua puttana affamata di cazzo, quel suo cazzo che adoro come un idolo pagano e che servo fedelmente, secondo nei miei desideri solo alla voglia di soddisfare pienamente il mio padrone. Sono un suo possesso ora, e godo come non mai prima d’ora, lui mi ha insegnato cosa sia il sesso, cosa sia la sottomissione degli inferiori agli esseri superiori. Non &egrave un sessista il mio padrone, se le donne sono intelligenti le rispetta e le considera tali e quali in tutto e per tutto agli uomini intelligenti, ma se un uomo &egrave stupido allora anch’egli merita solo di essere sottomesso all’intelligenza di chi sa, di chi pensa di chi &egrave in grado di dimostrare la sua appartenenza al rango degli animali dotati di intelligenza, gli umani, o gli Homini Sapiens Sapiens se preferite. E io non sono un essere intelligente, non abbastanza per competere con qualsiasi dominatore, anche il più debole. Prima di conoscere Lui ero una ragazza ochetta come tante altre nel mondo, tutta presa da un mondo frivolo ed inconsistente, priva di uno scopo e di un fine per la mia vita e le mie azioni. Ora so cosa fare, dove andare, Lui ha avuto la bontà di donarmi una missione, ora so dove portare la mia vita e non mi interessa se alcuni troveranno tutto ciò orribile o degradante, io ora so cosa voglio sono sicura di qualcosa, ho una certezza cui appigliarmi e tutto questo grazie a lui. Tutto cominciò il giorno del mio diciottesimo compleanno. Avevo organizzato una grande festa per tutti i miei amici e compagni di classe. Lui si era presentato alla festa regolarmente invitato, essendo il ragazzo di una mia amica e compagna di classe. Poco dopo il mio compleanno quella storia finì, non spiegherò qui come e perché, ma quel legame mi tornò parecchio utile in seguito. Comunque quella sera la festa era in una pizzeria del luogo in cui vivo, una città troppo piccola per aver perso il gene dominante del pettegolezzo continuo e troppo grande per poter cogliere i lati positivi di una comunità ristretta. Fatalità lui finì a sedere vicino a me, con la sua ragazza al fianco. Io sono una ragazza carina, niente di speciale, sono abbastanza bassa, appena un metro e sessanta (uno e cinquantotto in realtà), sono magra con un bel culetto sodo e alto, le gambe belle, per quanto corte, e soprattutto un seno molto grande, una quarta che sul mio fisico magro risalta da morire, per il resto ho un viso carino, da bambina con grandi occhi castani chiari ed i capelli castani. Quella sera portavo vesti attillate che esaltavano il mio seno prepotente ed una gonna molto corta, con un miniperizoma trasparente, vestivo da troia senza un motivo, sentendomi bella, senza capire che, senza nessuno da soddisfare, il mio abbigliamento era solo esposizione inutile. Notai che Lui un paio di volte aveva guardato le mie grosse tette ed io me ne ero inorgoglita pensando al confronto con la mia amica, snella e alta, ma quasi piatta. Nel corso della cena si rise e si scherzò, si bevve anche e ad un certo punto, nel piegarmi per ascoltare meglio una mia amica distante poggiai il mio seno sul suo braccio. Lui non fece niente di particolare, ma quando io mi accorsi invece di ritrarmi spinsi provocante il mio seno in avanti e approfittando del fatto che tutta l’attenzione era concentrata su la ragazza che stava raccontando una storia divertente, forse per il troppo alcool, spinsi la mia mano, coperta dalla tovaglia, lungo la sua coscia, fino ad afferrargli il pacco. Trovai sotto la stoffa rigida dei jeans la sua erezione, che mi sorprese per dimensioni, e sorrisi ammiccante a lui che ora mi guardava. Poi sussurrai all’orecchio: ‘Non mi puoi proprio resistere eh?? Ti piacerebbe avere due tette così da toccare, ma non le avrai mai!’ . Poi mi ritrassi sempre con sguardo provocante. E fu allora che lui mi gelò. Al mio sorrisetto rispose con uno sguardo duro, secco, che mi spezzò il sorriso e il fiato, e mentre volgeva la testa altrove sentì la sua mano salire sulla mia coscia, verso l’interno, poi nel momento finale della scenetta della mia amica, quando tutti scoppiarono a ridere, lui strinse forte, prendendomi in lembo di pelle e torcendomelo. Un male cane, riuscii a mascherare l’urletto che seguì come parte integrante della risata, e mentre tutta la tavola continuava a ridere e a commentare, lui ridendo si avvicinò a me e con una voce gelida e dura, mi ingiunse: ‘Tra due minuti vai in bagno e aspettami.’ Rimasi pietrificata ancora una volta, aspettai due minuti, con in testa una confusione incredibile, sotto i suoi occhi attenti che ogni tanto mi scrutavano cattivi. Mi alzai, senza credere a me stessa, ma stavo ubbidendo. Dissi ridendo ad un’amica sottovoce che andavo in bagno e mi allontanai diretta nell’altra sala dove c’era il bagno. Entrai, il locale era grande ma il bagno era unico, senza divisioni tra maschi e femmine. Mi fermai al lavandino, trepidante, fingendo di controllare il trucco. Il bagno era vuoto. Mentre mi allontanavo avevo sentito la sua voce profonda annunciare alla sua ragazza che sarebbe uscito a telefonare ad un amico che lo aveva cercato. Lei non sospettò niente. Trenta secondi dopo la porta del bagno si aprì. Era lui. Chiuse a chiave dietro di sé, e mi scrutò ancora con occhi torbidi. Stavo tremando, da una parte volevo urlare, andarmene, dall’altra ero tremendamente curiosa di veder cosa aveva in mente, anche eccitata da questa situazione così strana. Senza parlare avanzò verso di me, io mi ritrassi senza pensare, proteggendomi il viso con le mani. Mi afferrò i capelli e mi fece girare, mentre con l’altra mano mi afferrava la maglia, che mi tolse con un unico movimento fluido, lasciando i capelli per un attimo. Mi riprese, io balbettai: ‘Co.. co’ cosa vuoi fare? Aspetta’ non puoi” non mi considerò neanche, avevo un reggiseno che si allacciava sul davanti lo sganciò con una mano sola, quasi senza guardare, io rimasi senza fiato, le mie tette rimasero libere, il reggiseno trattenuto dalle bretelline sulle braccia, mentre i capezzoli eretti sfidavano la forza di gravità, puntando verso l’alto dritti e sodi come le tette di cui tanto andavo fiera. Si fermò un attimo sempre tenendomi per i capelli e sussurrò: ‘Dicevi che non avrei mai potuto avere le tue tette?’ Alzò il braccio e mi appioppò due sberle pesantissime sulle tette, sulla mia pelle bianca si stampò l’immagine delle sue dita. Poi mentre io ancora sussultavo per il dolore, incapace di muovermi e di urlare, presa nella morsa dei suoi occhi, prese tra le dita il mio capezzolo destro e lo torse crudelmente. Il dolore era forte, eppure ero eccitata. Una lacrima prese a scendermi sulle guance e lui implacabile mi sussurrò: ‘Io quando voglio una cosa me la prendo. Faresti bene a ricordartelo. Ora chinati a novanta.’ Come in trance, ubbidii. Da dietro mi sussurrò: ‘Togliti le mutandine e dammele’ Ubbidii ancora, rimanendo a novanta mi tolsi il perizoma bagnato dei miei umori e glielo porsi. Lo afferrò, poi mi diede due sonore sculacciate, lasciando ancora il segno sul mio culo. Tornò a parlare, gelido come sempre: ‘ Le troie come te non meritano le mutande, questa verranno con me. Rivestiti e torna al tavolo e non osare più provocarmi.’ Mi sculacciò ancora sul culo, e presami per i capelli mi rimise in posizione eretta solo per colpirmi ancora al seno. Poi senza una parola si girò e uscì. Rimasi immobile qualche secondo, poi mi resi conto di trovarmi senza maglia, con il reggiseno aperto mi precipitai a chiudere di nuovo la porta a chiave e mi rimisi in ordine. Si era portato davvero le mutande via e la cosa mi preoccupava. La mia gonna era davvero corta e leggera e con il minimo movimento sbagliato avrebbe rivelato la mia scandalosa nudità. Prima di uscire mi toccai la figa. Grondavo di umori, ero quasi ad un passo dall’orgasmo. Uscii e mi diressi al tavolo, e per tutta la sera cercai disperatamente di non far notare il mio turbamento e la mia condizione. Ci riuscii credo, ma dal quel giorno non riuscii più a smettere di pensare a lui, ai suoi occhi, alla sua voce e a quelle mani forti che mi avevano dato tanto male quanto piacere. Era diventata un’ossessione per me, mi ero innamorata di lui, senza speranza, presa nella sua rete. Avevo bisogno di rivederlo, e così misi a punto un piano. Lui studiava lingue all’università, più vecchio di me di un paio d’anni, perciò feci in modo di simulare un calo di rendimento in inglese e tanto bastò perché i miei genitori, solleciti, mi chiedessero se per caso necessitassi di ripetizioni. Simulando preoccupazione accettai, però, dissi, avrei scelto io il professore, in quanto conoscevo chi aveva la competenza necessaria. Con la stesa scusa ottenni il suo numero di telefono dalla sua ragazza, che in quelle poche settimane era diventata la sua ex ragazza e che ancora soffriva per quella separazione. Certo lei non sospettò nulla, sapendomi sua amica fraterna e fedele, come sino ad allora mi ero dimostrata, e ritenne la mia richiesta innocente. Avuto il numero mi accinsi a contattarlo.

La sottomissione

Lo chiamai di primo pomeriggio, verso le due, mi rispose al quarto squillo, con voce cortese, tranquilla: ‘Pronto!’
‘Ciao M. come stai?’
‘Chi sei esattamente?’
‘Sono Elena, ci siamo conosciuti in pizzeria ricordi?’ tenevo una voce forzatamente disinvolta, cercando di non lasciar trasparire la tensione
‘ Sì, ricordo troietta. Cosa vuoi?’ La sua voce era cambiata, era tornata dura fredda e imperiosa, non c’era traccia di cortesia, mi agitai, presi a balbettare
‘N..n..niente, volevo chiederti solo’ sai avrei bisogno di lezioni di inglese perché’. Perché non vado bene ultimamente e mi chiedevo se”
La sua risposta fu secca: ‘Non dire cazzate, non cercheresti me per avere lezioni di inglese dopo quello che &egrave successo, cosa vuoi veramente?’
Non riuscii a rispondere subito, colta alla sprovvista balbettai qualcosa di incomprensibile.
‘Allora? Non ho tempo da perdere, cosa vuoi?’
Finalmente risposi, buttando fuori la parola di colpo: ‘Rivederti’
‘Perché?’
‘Perché mi sei entrato nella testa e non riesco a dimenticarti, non mi sono mai eccitata tanto come l’altra sera e’ e”
Mi interruppi, incredula di quanto avevo appena detto. Ripresi a parlare ancora ormai piangendo per la tensione e la vergogna e tra i singhiozzi gli dissi che mi ero innamorata di lui, che lo amavo e lo volevo al mio fianco. La sua risposta ancora una volta mi spiazzò, disse:
‘ E cosa ti fa pensare che io voglia una stupida come te al mio fianco? Non capisci niente, per me saresti solo un peso, perché mai dovrei volerti, cosa mi dai tu di speciale?’
Risposi ancora tra i singhiozzi: ‘Io’ Io’ Io posso darti solo me stessa, tutta me stessa, tutta per te’ senza condizioni’ solo tua”
Lui riprese, implacabile, freddo: ‘Ti stai offrendo a me volontariamente, in tutto e per tutto. Intendi quindi diventare di mia proprietà, diventare la mia schiava personale? Ti avviso che non ti amo, tu serviresti solo a soddisfare ogni mia voglia, dovresti obbedire a me in tutto e per tutto, senza pudori di alcun tipo, saresti solo un mezzo per soddisfare ogni mia voglia. Vuoi che sia così? Pensaci bene, perché se acconsentirai non ci sarà modo di tirarsi indietro.’
Presi a sorridere tra le lacrime, sentii il mio corpo ardere di eccitazione e mi dichiarai: ‘ Sì, voglio essere la tua schiava.’
E’ iniziata allora la mia vita.
Prendemmo accordi per vederci a casa mia due giorni dopo, il venerdì pomeriggio alle tre. La casa sarebbe stata vuota, i miei lavoravano entrambi fino alle otto di sera ed io sono figlia unica. Lui non disse altro, prese nota dell’appuntamento e senza salutarmi riattaccò.
Passai due giorni in trepidante attesa. Ai miei dissi che venerdì pomeriggio avrei avuto ripetizione di inglese in casa, acconsentirono senza problemi, vedendomi così fiduciosa della persona che avevo scelto. Avevo già avuto altri ragazzi e non ero nemmeno più vergine, ma mai mi ero preparata con più cura per un appuntamento. Dilaniata dai dubbi, non sapevo come accoglierlo. Mi preparai al meglio, mi depilai con cura lasciando solo un cespuglietto di peli sulla figa, mi profumai e mi vestii scegliendo attentamente l’abbigliamento. Optai per una gonna sopra il ginocchio, larga a balze, scarpe col tacco nere su autoreggenti color carne, senza mutande, memore di quanto mi aveva detto nel bagno, e con un reggiseno nero in tinta con la gonna, un push-up che esaltava la mia quarta misura. Sopra una canotta scollata bianca, che lasciava scoperte le spalle e gran parte del mio generoso decollet&egrave e della schiena, allacciata com’era dietro il collo. Mi truccai con un trucco leggero, quanto bastava per esaltare i colori del viso, senza esagerare. Poi attesi. Alle due e mezza ero già pronta. Avevo messo in ordine la camera, cambiato le lenzuola, pulito tutto e profumato l’ambiente con il mio incenso preferito. Fuori era una fredda giornata di novembre, controllai ancora di avere il necessario per la cioccolata calda, il t&egrave, il caffé, controllai per l’ennesima volta di aver preso la pillola, di avere i preservativi, di essere in ordine. Era tutto pronto. Attesi. Cercavo di distrarmi guardando la mia telenovela preferita registrata il giorno prima, ma non riuscivo a seguire la trama, la mia mente volava a cercare di immaginare cosa sarebbe successo di lì a poco. Ero già eccitata. Non avevo mai avuto esperienze di dominazione, non sapevo nemmeno bene in cosa consistesse. Il mio ex ragazzo era poco dotato e non aveva grande fantasia, non ero mai riuscita a godere con lui e non avevo sperimentato niente se non una volta quando mi chiese di fargli un pompino. Accettai di buon grado, ma al secondo affondo era già venuto, mentre io mi ritraevo schifata dall’idea di prendere in bocca il suo seme. Insomma ero inesperta, non avevo provato niente di diverso dalla posizione classica del missionario e mai avevo provato un cazzo più lungo di 12 centimetri, tanto misurava l’affarino del mio ex. Chissà cosa mi avrebbe chiesto lui. Chissà cosa voleva dire esattamente essere una schiava. Attesi. Finalmente il campanello suonò. Scattai ad aprire, gli aprii sorridendo e dissi: ‘Ciao!’. Mi colpii uno schiaffo in pieno volto. Il mio corpo reagì avvampando di dolore e piacere. Sentii la sua voce parlarmi mentre i suoi occhi si piantavano nel mio cervello: ‘Ascoltami bene cagnetta, per te io sono sempre e solo il tuo padrone, dovrai chiamarmi così, e quando verrai ad aprirmi mi verrai ad aprire in ginocchio e mi saluterai baciandomi rispettosamente le scarpe. Chiaro?’ Risposi di sì, mortificata, mentre la mia eccitazione aumentava a dismisura sentendo quella voce che mi maltrattava. Mi inginocchiai prontamente ai suoi piedi e baciai le sue scarpe da tennis. ‘ Bene, disse, ora portami in salotto, sempre a quattro zampe, dove stabiliremo una volta per tutte le regole cui dovrai scrupolosamente sottoporti. Se trasgredirai verrai punita.’ A gattoni, lo precedetti in salotto e mi accucciai ai piedi del divano intuendo la sua volontà. Sentii la sua voce soddisfatta dire: ‘bene, brava, vedo che cominci a capire cosa voglio da te.’ Il mio corpo avvampò come non mai per la buona notizia, la mia figa colava già umori sul tappeto. Riprese a parlare: ‘ Ascoltami bene perché non mi ripeterò. Tu da ora in poi sei di mia completa proprietà, tutto di te mi appartiene, tu vivrai per soddisfare i miei desideri più reconditi, dovrai ubbidirmi in tutto e per tutto, senza esitazione, se non ubbidirai verrai punita. Potrai chiamarmi solo padrone e rispondere alle mie domande con sì padrone. Io sono il tuo nuovo Dio, per te non deve esistere altro che la missione di soddisfarmi, e se io sono il tuo dio il mio cazzo sarà il tuo profeta, e come tale dovrai adorarlo. Proverai piacere fisico solo quando e come vorrò io. Tu per me non sarai Elena, ma Elena la Troia, la troietta, la cagna o comunque mi andrà di chiamarti, ora e per sempre, chiaro? Inoltre vi sono una serie di regole fisse. Quando mi riceverai e saremo soli verrai ad aprirmi completamente nuda, in ginocchio, come ti ho detto, vestita solo di questo collare che d’ora in poi porterai sempre, come segno della tua sottomissione a me’ mentre parlava mi porse una fettuccia di raso nera che mi legò stretta al collo. Aveva una specie di ricamo floreale sul davanti, sembrava un ornamento ottocentesco. Riprese a parlare: ‘Ti ho già detto come mi devi salutare. Alla porta verrai sempre così a meno che non sia io ad impartirti istruzioni differenti. In mia presenza rimarrai a quattro zampe a meno che non sia io ad ordinarti il contrario. Per il momento la tua sottomissione e la nostra relazione rimarranno segrete, se mai deciderò di presentarti come la mi ragazza ti verrà comunicato. Passiamo al tuo aspetto. Alzati.’
Obbedii.
‘Spogliati completamente’
Obbedii senza esitare e rimasi nuda di fronte a lui ad eccezione del collare. Ero eccitata senza ritegno, sapevo cosa mi attendeva ma la cosa mi faceva solo piacere.
‘ Non sei male. Le tette sono abbastanza grosse, ma credo che presto ti attaccherò al più potente tiralatte in commercio e ti darò una cura di ormoni per ingrandirle ulteriormente. Vedi di rimanere di questo peso e tieniti in forma, voglio che tu sia soda. Inoltre ti voglio depilata completamente. Hai il rasoio e la schiuma in bagno.’ Risposi Sì.
Mi colpì con un pugno nello stomaco, alzandosi di scatto dal divano. Caddi ai suoi piedi, senza fiato, dolorante: ‘Cosa hai detto?’
‘Sì’ padrone’ boccheggiai
‘Va meglio, vedi di non dimenticarlo. Andiamo in bagno.’
Gli consegnai silente, a quattro zampe da terra, il rasoio e la schiuma. Mi fece sedere sul bidet a gambe aperte, spalmò la schiuma sul mio ciuffo di peli superstite e poi mi rasò completamente, con movimenti sicuri, rapidi, veloci. Disse: ‘D’ora in poi sarà tua cura mantenerti sempre rasata, se non lo farai verrai punita.’ Annuii.
Ormai ero completamente sua. Ero talmente eccitata da questa situazione, dai suoi modi imperiosi, dalla sensazione di sentirmi preda di qualcuno di più forte di me che mi dominava che avevo la figa letteralmente in fiamme e il dolore che le sue botte mi avevano procurato non avevano fatto altro che aumentare la mia eccitazione. Ho scoperto solo in seguito di essere masochista, o meglio ho scoperto cosa volesse dire la parola masochista e mi sono riconosciuta in essa. Il mio padrone mi asciugò la figa e ne approfittò per titillare il mio clitoride gonfio e duro come non mai. Gemetti di piacere non appena mi sfiorò, sperando ardentemente che si spingesse oltre, ma non lo fece. Mi rimise a quattro zampe e si diresse in salotto. Lo seguii docile. Disse: ‘Senti Troia, ho un po’ freddo, perciò preparami una cioccolata in tazza in fretta, puoi farlo stando in piedi, ma vedi di sbrigarti.’ Obbedii e in cinque minuti, lavorando nuda ai fornelli preparai la cioccolata che poi zuccherai seguendo le sue istruzioni e gli portai la tazza. Sorrise compiaciuto e dopo avermi dispensato un cenno di apprezzamento che mi sciolse le ginocchia, mi chiese se volessi anch’io un po’ di cioccolata. Risposi correttamente Sì padrone e lui mi ordinò di versare la cioccolate rimanente dentro una ciotola capiente e di portagliela. Quando ebbe la ciotola tra le mani, mi ordinò di piegarmi, toglierli le scarpe e di fargli da sgabello poggiapiedi. Obbedii e lui mi pose la ciotola sotto il viso, per terra, comunicandomi che d’ora in poi visto che ero una cagna avrei mangiato in questo modo, e mi lasciò lappare la cioccolata mentre con i piedi sulla mia schiena lui faceva zapping in tv. Poi tornò a parlare, spegnendo la tv: ‘Hai mai fatto un pompino?’ ‘Sì padrone, una volta.’ ‘Ti &egrave piaciuto?’ ‘E’ durato troppo poco padrone’ ‘Non sei più vergine suppongo troietta vero?’ ‘No, padrone.’ ‘Chi ti ha sverginato’ dissi il nome del mio ex ragazzo. ‘E’ uno sfigato, suppongo abbia un cazzo ridicolo’ ‘Sì, padrone, di dodici centimetri padrone’ Aggiunsi sperando di soddisfarlo ‘Hai mai sentito niente con lui?’ ‘No padrone’ ‘Con me sentirai tutto molto bene. Tiramelo fuori e comincia a succhiarmelo meglio che puoi, qualcosa mi dice che dovrò insegnarti a soddisfarmi come merito. Mi piace sentirlo giù fino in gola, quindi preparati a ingoiarlo più che puoi e ti verrò in bocca e tu non osare sputare, dovrai ingoiare tutto fino all’ultima goccia’ Abbassai gli occhi, docile, mentre mi eccitavo sempre di più e servilmente acconsentii. Si sedette meglio sul divano mentre io decisa a fare tutto per il meglio, cominciavo a slacciargli la cintura e i pantaloni. Quello che estrassi dai boxer mi sconvolse, non avevo mai visto niente del genere, un cazzo enorme, largo e nodoso, ancora a riposo , con una cappella già grande e larga per quanto ancora coperta dalla pelle. Rimasi stupita a guardarlo mentre il mio padrone rideva della mia esitazione. ‘Non ne avevi mai visto uno così grosso vero?’ ‘No padrone mai’ quanto &egrave lungo?’ chiesi curiosa. ‘Sono 25 centimetri di cazzo che ti sfonderanno in tutti i buchi e faranno di te la troia più vogliosa del pianeta. E ora datti una mossa e comincia a succhiare, cagna!’ Avvicinai la mia bocca a quella cappella enorme. Dapprima leccai tutto attorno, scendendo con la lingua lungo l’asta, fino alla base, per poi risalire e ridiscendere ancora, come avevo visto fare in un film porno visto con alcune mie amiche in una serata per sole donne, poi mentre con una mano carezzavo i coglioni grossi e duri che pendevano sotto quell’asta imponente con l’altra presi a scappellare quel cazzo superbo che cominciava ad ergersi imponente. Cercai di prendere in bocca la cappella, ma era troppo larga e non riuscivo a farla entrare nella mia piccola boccuccia, lavorai ancora di lingua e di labbra, baciando e carezzando e leccando quel cazzo maestoso che ormai svettava dritto davanti a me. Ogni tanto cercavo lo sguardo del mio padrone che mi squadrava con occhi duri senza lasciare trasparire alcun segno di piacere. La cosa mi spaventò e tentai ancora una volta di introdurre in bocca quella cappella smisurata. Mentre allargavo le labbra a dismisura senza fare progressi sentii la sua mano poggiarsi sulla mia testa. Rimasi immobile, trepidante. ‘Ora ti insegno come devi fare troia.’ Spinse con la mano sulla mia testa e con il cazzo sulle mie labbra, io cercavo di aprire la bocca più che potevo ma non c’era verso, non riuscivo, sentivo male, fino a che lui non diede un colpo secco in avanti e con un schiocco sordo mi trovai la bocca invasa da quel cazzo immane. Mi sentivo soffocare e mi faceva male la mascella sottoposta ad una apertura esagerata ma il mio padrone non se ne preoccupò ed io in mezzo al dolore mi sentivo bagnare, il tappeto recava già i segni della mia tangibile eccitazione. Sentii il mio padrone ansimare di piacere e dire ‘ecco qui troia, vedi che ci entrava! E ora cominciamo questo pompino.’ Si alzò in piedi trascinandomi in ginocchio appesa per la bocca al suo cazzo, poi prese a stantuffarmi in gola senza pietà. Mi stava letteralmente scopando in gola, io respingevo a fatica i conati di vomito che la sua lunga mazza piantata in profondità mi provocava, abbassai gli occhi cercando di vedere quanto cazzo avessi ingoiato e mi accorsi con orrore che avevo in bocca solo una piccola parte di quella mazza spropositata, appena un terzo e che il mio padrone avrebbe tranquillamente potuto sfondarmi la gola solo spingendo più in giù la sua mazza smisurata. Continuò a scoparmi la gola con foga, portando anche la mia mano sul cazzo per masturbarlo mentre lo spompinavo. Il cazzo che stringevo tra le dita era talmente grande da impedirmi di stringerlo tutto in una sola mano. Io continuavo a sentire male alla mascella, ormai quasi sfondata eppure quel pompino forsennato mi stava eccitando, mi sentivo completamente sua, completamente nelle sue mani. Avevo la consapevolezza che se lui lo avesse desiderato avrebbe potuto farmi molto più male e che dovevo solo alla sua bontà il risparmiarmi, inoltre nel suo smisurato potere su di me, sentivo che quello che stavo facendo gli donava piacere e questo mi mandava in estasi. Presi a sfregare la mia micetta fradicia sul tappeto nel tentativo di aumentare il mio piacere già prossimo ad un orgasmo. Lui vide i miei movimenti e smise di stantuffarmi in bocca, ritrasse il suo lungo cazzo eretto e lucido di saliva dalla mia gola fino a uscire completamente con un altro schiocco cupo, nel frattempo mi aveva preso per il capelli e questa volta tirò fino a farmi urlare di dolore, portandomi in posizione eretta. In piedi arrivavo a metà del suo petto da quella posizione mi piegò la testa all’indietro, sempre tirandomi i capelli, fino a che i miei occhi non incontrarono i suoi accesi dal fuoco dell’ira. Mi parlò sibilando per la rabbia repressa, mentre l’altra mano aveva raggiunto il seno sinistro e mi torceva dolorosamente il capezzolo eretto provocandomi altri inevitabili brividi di piacere: ‘Cosa stavi facendo troietta? Stavi cercando di godere senza il mio consenso per caso??’ Piagnucolando risposi: ‘No padrone, no, stavo solo” ‘Stavi solo cosa? Te lo dico io cosa stavi facendo, idiota. Meriti una severa punizione, tu devi godere solo quando sarò io a voler farti godere, e anche in quel momento dovrai pensare principalmente al mio piacere capito? E ora ti punirò come meriti. Mettiti in ginocchio su quel divano e spingi il culo ben in fuori.’ Eseguii l’ordine impartitomi prontamente e mi misi sul divano le braccia posate sulla sommità dello schienale, le ginocchia sulla seduta ed il culo spinto in fuori, come il mio padrone mi aveva chiesto. Sentii che armeggiava intorno ai suoi pantaloni, non osavo guardare poiché non ne avevo ricevuto l’ordine. Sentii sibilare qualcosa nell’aria e fui colpita violentemente sul sedere. Una cinghiata. Urlai per il dolore ed il piacere, mentre sentivo la mia figa colare umori lungo le cose ed il clitoride pulsare gonfio come non mai. Il mio padrone mi diede un attimo di pausa poi un uragano di colpi si seguito si abbatté sulle mie chiappe. Mi sentivo bruciare come se mille aghi mi avessero punta contemporaneamente, urlavo senza sosta, con urli rochi, intrisi di un piacere incredibile anche a me stessa. Contai sette colpi consecutivi, prima di sentire la cintura cadere a terra e la mano sinistra del mio padrone afferrarmi il fianco. Sentii la sua voce arrochita dall’eccitazione e dalla fatica dire: ‘Ora puoi godere, mia splendida ciucciacazzi!’ mentre sentivo la sua enorme capella posarsi all’ingresso della mia stretta fighetta colante umori. Attese qualche secondo, poi entrò in me completamente con un unico colpo secco che mi fece urlare di dolore e poi senza smettere di urlare il dolore si trasformò in piacere e raggiunsi il primo orgasmo della mia vita, dopo un solo colpo del mio padrone. Sentivo il suo cazzo occuparmi la pancia, mi sentivo così deliziosamente piena da annullare qualsiasi altra sensazione di piacere provata in precedenza, insignificante di fronte a tanta potenza, ancora in pieno orgasmo, mentre i miei muscoli vaginali si contraevano attorno a quel bastone di carne mi sorpresi ad urlare: ‘Sì, sì, sì, sfondami padrone, prendimi, lo sai, sono la tua troia’ Ah, come godo, sei magnifico, così piantamelo fino in fondo, lo sento in gola tanto &egrave lungo, scopami amore, scopami mio padrone” D’improvviso lui prese a muoversi con impeto dietro di me, io mio lungo orgasmo era appena scemato che già sentivo sopraggiungerne uno nuovo che montava nelle mie viscere squassate da tanta mascolina potenza. Mi prese per i capelli mentre anche lui grugniva di piacere, sfondandomi ancora e ancora, torturandomi i seni con la mano libera, staccando le mie gambe dal divano e sostenendomi quasi senza mani, impalata sul quel cazzo enorme; continuò a pompare per venti lunghissimi minuti, ho perso il conto di quanti orgasmi ho provato ma forse non ho mai smesso di godere dal primo all’ultimo istante della sua penetrazione, in un unico lunghissimo orgasmo totalizzante, sentivo le cosce completamente bagnate e la figa in fiamme per l’eccitazione e per la lunga e poderosa scopata che stava subendo, fino a che con gesto improvviso il mio padrone uscì da me e tornò a girarmi mettendomi seduta sul divano. Senza indugi spinse il suo cazzo verso la mia bocca e questa volta riuscii ad accoglierlo con sforzo molto minore. Mi scopò in quella posizione per qualche tempo, sempre con il suo cazzo in gola a dettare il ritmo del mio dolore e del mio piacere, poi, senza estrarre la sua mazza mi trascinò giù dal divano. Con il suo enorme cazzo incastrato in bocca io non potevo fare altro che seguirlo ginocchioni, assecondando i suoi movimenti, mentre lui rideva di gusto, chiedendomi se mi piacesse il mio guinzaglio, io annuivo, mentre ancora una volta mi eccitavo in questo gioco barbaro. Compiuto un breve giro tornammo sul divano, ma questa volta io ero stesa per il lungo e lui mi scopava in bocca rimanendo in piedi sopra la mia testa. Continuò per un altro po’, poi lo sentii gemere più forte diede due colpi più profondi che mi fecero soffocare poi mi scaricò in gola un’enorme quantità di sperma calda, che mi affrettai ad ingoiare senza esitazioni scoprendo anche un sapore gradevole che non mi sarei mai aspettata. Mi ordinò di ripulirgli il cazzo, &egrave così feci, poi si sedette sul divano con un sospiro soddisfatto dicendo: ‘Brava troietta, sei riuscita a soddisfarmi per adesso. Ora ti concedo di riposare qui stesa ai miei piedi per un po’, ma preparati perché questo &egrave solo l’inizio di quello a cui verrai sottoposta.’ Ebbi quasi un altro orgasmo a quelle parole, mi stesi tranquilla e silenziosa ai suoi piedi sul tappeto, mangiandomelo con gli occhi, mentre il mio orgoglio saliva alle stelle. Mi sentivo felice come non mai e non mi sbagliavo perché quel pomeriggio avevo trovato la mia ragione di vita. Assaporando il sapore del suo sperma, mi chiesi quale sarebbe stata la sua prossima richiesta e dentro di me decisi che lo avrei accontentato a qualsiasi costo.

N.B. E’ il mio primo racconto, i commenti di qualsiasi tipo sono graditi, scrivetemi a usagina1988@yahoo.it. Il racconto &egrave fantasia ma ispirato ad una persona reale che mi suscita questo genere di’ sentimenti.
Quel pomeriggio non successe molto altro, erano oramai le cinque e mezza quando lui aveva avuto il suo orgasmo e lui aveva un impegno poco dopo, perciò si limitò a divertirsi un po’, mi fece camminare a gattoni avanti e indietro divertendosi a colpirmi con calci e schiaffi sul sedere e sulle tette, poi mi diede diversi ordini, mi fece rotolare per terra come un cane, mi addestrò al comando ‘Dammi la figa’, dovevo cio&egrave sporgere il culo e la figa più in fuori e in alto possibile davanti ai suoi occhi, abbassando la testa e le spalle fino a terra , rimanendo si intende sempre a gattoni. Infine prima di andarsene mi annunciò: ‘Mi sono dimenticato di aggiungere che tu dovrai essermi fedele, mentre io potrò tranquillamente continuare a scopare tutte le ragazze che voglio, &egrave chiaro?’ Annuii, ma la notizia mi intristii non poco. Vedendo il mio volto corrucciato il mio padrone rise poi con una dolcezza finora sconosciuta disse: ‘ascoltami bene, questo era nei patti sin dall’inizio, ma rassicurati tu rimarrai sempre la mia schiava, le altre donne non insidiano il tuo ruolo. Inoltre oggi sei stata brava, perciò credo che la prossima volta ti porterò un regalo. Io sono il tuo padrone e ti accorgerai che so essere anche buono e dolce se tu sarai brava a soddisfarmi, se disubbidirai però dovrò essere duro, e ricorda che lo faccio per il tuo bene, stare ai miei ordini &egrave il tuo ruolo e essere la mia schiava un privilegio che ti permetterà di capire il tuo ruolo nella vita. Ricorda che sei un essere inferiore, sei estremamente stupida, sciocca, capisci poco e vai bene a scuola solo perché ripeti la lezione a pappagallo, non credere che non sappia delle figura di merda che fai con i professori quando si tratta di ragionare e non credere che io mi possa fare ingannare scambiando la tua idiozia per ingenuità, l’ingenuità stessa &egrave stupidità, se non sei abbastanza abile per capire come va il mondo vuol dire che non ci arrivi non che sei ingenua. Non mi dispiace il tuo candore da ochetta, gli occhi sbarrati che ti ho visto fare di fronte a discorsi normalissimi che tu non capivi, ma &egrave solo la dimostrazione del fatto che sei inferiore. Pensaci bene, prima di oggi pomeriggio non avevi nemmeno idea di come si facesse un pompino ne di come si facesse davvero sesso, se non fossi giunto io ad aprirti gli occhi saresti rimasta insoddisfatta per tutta la vita. Le botte che ti do servono ad allenarti alla vita e l’esperienza che ti fai con me servirà a renderti piacevole per tutta la popolazione maschile del globo e per tutte quelle donne in gradi di ragionare, quindi superiori a te. Questo &egrave il futuro, chi ha potere e intelligenza domina su chi &egrave inferiore e se sei brava a servire otterrai molti più vantaggi di quanti non ne otterresti ribellandoti al tuo destino di sottomessa. Questo week-end ho da fare, ci vediamo lunedì, non importa che tu lo dica ai tuoi, ti voglio pronta per lunedì alle 14 e 30, qui a casa tua. Non ci sono istruzioni particolari, oltre a quelle che sai. Ho il tuo numero di cellulare, può darsi che ti invii qualche ordine via sms. Eseguilo prontamente e scrupolosamente in caso contrario puoi star certa che lo verrò a sapere. Inoltre pretendo che tu mi informi dei tuoi spostamenti e delle tue attività per tutta la durata del week-end. E’ tutto chiaro?’
‘Sì padrone!’ ‘Bene allora, a lunedì troia e vedi di farti trovare ben bagnata perché avrò voglia di sfondarti di nuovo. E vedi anche di pulire e riordinare il salotto, se farai capire ai tuoi cosa succede tra noi non mi vedrai mai più.’ Lasciò il salotto e se ne andò. Rimasi immobile al centro del salotto, ancora nuda, ancora in ginocchio. Ero fuori di me dalla felicità, piangevo di gioia, quel lungo discorso fatto con una calma che non conoscevo mi aveva rivelato quanto fosse buono il mio padrone e quanto gli dovessi per la bontà che aveva avuto nello scegliere di occuparsi di me. Ero al settimo cielo, mi aveva anche detto che ero stata brava e che mi avrebbe portato un regalo! Ero già di nuovo bagnata ed eccitata, ma mi trattenei dal masturbarmi, in ossequio alle regole poste dal mio padrone. Mi rivestii, più comodamente, e pulii con cura le tracce della cavalcata. Il problema era il tappeto, per ovviare all’inconveniente della macchia creatasi con i miei umori, rovesciai apposta sul tappeto un vasetto di yogurt bianco che avevo in frigo. Ora anche l’odore era di yogurt e non di sesso femminile, mamma non lo sarebbe mai venuto a sapere, massimo mi avrebbe sgridato per la mia sbadataggine. Sempre eccitata dalla mia nuova esperienza, con il cellulare sottomano sperando in un ordine del mio padrone, mi lavai e mi misi a studiare. Passai una serata tranquilla, mangiai con i miei, raccontai loro un sacco di balle su quanto era stata proficua la lezione e poi mi accinsi a dormire. Stavo per addormentarmi quando ricevetti un messaggio. Era Lui, scriveva: ‘Buonanotte schiava, voglio che tu domani vada a scuola senza mutande e con i pantaloni a vita bassa, i più bassi che hai e lascia che quando sei seduta si veda quanto più culo possibile. Sono certo ubbidirai.’ Mi prese un’altra botta di eccitazione e durai fatica a non masturbarmi tra le lenzuola. Naturalmente il giorno dopo ubbidii e a scuola notai come tutti i maschi della mia classe cercassero ogni scusa per passare dietro la mia sedia, dove metà del mio culo faceva mostra di sé senza alcuna copertura e notai anche gli sguardi invidiosi di un paio di compagne. Il pensiero di fare tutto ciò per ubbidire al mio padrone e, non lo nego, gli occhi eccitati dei miei compagni, mi fecero eccitare ancora, tanto da distrarmi dalle lezioni. Il tempo volò e tornai a casa tutta tesa nello sperare in un nuovo messaggio o perlomeno in un week-end velocissimo per poterlo rivedere lunedì al più presto. Gli spedii puntualmente i messaggi con annotati i miei spostamenti e le mie attività, ma non mi diede altri ordini se non un messaggio contenente l’abbigliamento da indossare per il sabato sera, una scelta peraltro piuttosto coprente che mi deluse: niente gonna, maglia poco scollata, mutande e reggiseno indosso. Aspettai con il cuore in gola fino a lunedì, ma lui non si fece sentire, infine arrivò il momento tanto atteso. Alle due come al solito ero pronta, lavata, depilata, profumata, già nuda e già vogliosa, anche se la mia micetta si era asciugata forse in tutto un paio di volte da venerdì pomeriggio sino a quel momento, e di notte non avevo fatto altro che sognare il mio padrone intento a scoparmi in ogni posizione possibile o perlomeno immaginabile dalla mia ristretta immaginazione. Alle due e trenta suonò il campanello, mi precipitai alla porta, controllai fosse il mio padrone dallo spioncino, mi misi a quattro zampe e aprii, nuda davanti a lui come mi era stato ordinato. Entrò e la sua voce calda mi sorprese ancora una volta per soavità a bellezza, mentre gli abbracciavo le ginocchia, folle di gioia e di eccitazione, con le lacrime agli occhi e mentre gli baciavo le scarpe, lo sentii ridere piano e salutarmi così: ‘Buongiorno cagnetta, vedo con piacere che ti ricordi come accogliere il tuo padrone. Cuccia ora.’ Mi accucciai. ‘Rotola’ Rotolai sul freddo pavimento di marmo e tornai ad attendere un suo ordine: ‘Dammi la figa’ Mi misi in posizione, prontamente. Sorrise e mi ordinò di andare in cucina a preparargli qualcosa di caldo. Aggiunse che potevo lavorare in piedi. Lo feci. Avevo notato un sacchetto nella sua mano, e mentre preparavo lo sentii esplorare le stanze della mia grande casa (sono figlia di due genitori ricchi). Trovò camera mia e dal piano superiore mi ordinò di raggiungerlo là con la cioccolata calda. Risposi sì padrone e dopo qualche minuto lo raggiunsi con la tazza in mano piena di calda cioccolata fumante. ‘Bene, ho saputo che sabato mattina e sabato sera hai ubbidito ai miei ordini, perciò ti ho portato un regalo, come promesso’ disse bevendo a piccoli sorsi la cioccolata ‘mettiti a cuccia e chiudi gli occhi.’ Ubbidii. Lo sentii estrarre diversi oggetti dal sacchetto che aveva con se, ma il suono non mi rivelò di cosa si trattasse. Attesi trepidante un suo ordine di riaprire gli occhi, ma non giunse. Dopo qualche tempo invece sentii le sue mani posare qualcosa di alto e rigido intorno al mio collo, mentre qualcosa di freddo e rotondo si posava sulla mia scollatura, vicino ai seni, qualcosa che poi venne allacciato stretto sul retro del collo. Poi mi fece alzare e stavolta fu il mio busto che ricevette le sue attenzioni, mi allacciò quello che intuii essere un corpetto rigido, piuttosto stretto, tanto che faticavo a respirare e sentivo i miei seni sorretti e stretti da quel aggeggio che ora indossavo, sempre senza darmi l’ordine di aprire gli occhi il mio padrone mi face fare qualche passo intorno al letto su cui era seduto, intuii che mi aveva portato davanti allo porte a specchio del mio armadio. Attesi ancora, tornò al sacchetto, ma non mi mise indosso nient’altro, si pose invece dietro di me, in piedi. Mi strinse a se con gesto brusco che mi strappò un sussulto, poi, mentre sentivo sotto la stoffa dei pantaloni il suo cazzo in semi erezione mi ordinò di aprire gli occhi. Ubbidii e quello che vidi mi piacque da impazzire. Avevo al collo un collare alto e rigido che mi costringeva a tenere alta la tesa, in pelle rossa, con un grosso anello di acciaio che mi pendeva tra i seni e sotto un corpetto rigido, sempre in pelle rossa, che mi strizzava il busto facendolo apparire ancora più sottile del normale e che per contrasto costringeva le mie notevoli tette a puntare ancora di più verso l’alto. Il corpetto per altro non mi copriva nemmeno i capezzoli, ma si limitava a fasciare le tette e a sostenerle da sotto. Mi piacevo vestita così, sembravo proprio una puttana sottomessa, pronta a ricevere metri di duro cazzo e litri si saporita sborra. Sorrisi quasi involontariamente, mentre la mia figa fradicia lasciava colare un filo di ulteriore eccitazione lungo le cosce. Il mio padrone parlò: ‘Vedo che ti piace questo abbigliamento da schiava.’ Risposi eccitata ‘Sì padrone, &egrave molto bello, &egrave il regalo più bello che abbia mai ricevuto.’ Lui aggiunse voltandomi verso il letto ‘ Come vedi ci sono anche le mutandine e il guinzaglio, ma li useremo solo al momento opportuno’ Era vero, sul letto dietro di me riposavano un perizoma rosso talmente piccolo e trasparente che dubitavo potesse coprire anche solo il taglio tra le grandi labbra ed un guinzaglio rosso di pelle che misurava circa un metro di lunghezza. Il mio padrone continuò: ‘Ho anche un’altra sorpresa per te, ma devi chiudere ancora gli occhi, girarti con il culo verso lo specchio e piegarti a novanta.’ Lo feci. Si allontanò di due passi, tornò al mio fianco. Un sibilo nell’aria ed un colpo forte alle chiappe. Gridai di dolore colpita da una frustata energica. Pensavo si trattasse della cinghia ma i successivi colpi che il mio padrone mi inflisse sul culo, sulle cosce ed anche sulla mia figa esposta e indifesa, mi rivelarono, mentre le mie grida si facevano rauche di dolore misto a piacere e le mie cosce arrossate trovavano refrigerio grazie alla mia colante eccitazione, che il mio padrone non stava usando lo stesso attrezzo della volta scorsa, i colpi erano diversi e diverso il dolore. Smise dopo qualche tempo, persi quasi subito il conto dei colpi ma le gambe mi tremavano e sentivo pulsare e bruciare tutte il culo e le cosce. Lui mi intimò di aprire gli occhi e di rimirarmi nello specchio. Ubbidii. Era uno spettacolo magnifico che mi procurò una forte scossa di piacere, tanto al cervello quanto nelle mie zone erogene, ricordo distintamente che gemetti come una troia vogliosa nel vedere il mio culo e le cosce striate di rosso, in tinta con il corpetto che indossavo, e soprattutto nel vedere il mio padrone in piedi di fianco a me, in piedi, senza maglia, con il suo torace magro ricoperto di saldi muscoli, le gambe avvolte in un paio di jeans e con in mano un frustino da cavallo, nero. Mi guardava ghignando, nello specchio incontrai il suo sguardo, riempiendo il mio di sottomissione e piacere, mentre lui con gli occhi mi ordinò di non distogliere lo sguardo mentre ancora una volta sollevava il braccio. Osservai il movimento lineare del suo braccio, la discesa veloce di quella frusta rigida che mi colpì ancora una volta mentre io senza urlare mi scioglievo gemendo in un orgasmo insensato che mi costrinse a convulsioni incontrollate. Persi l’equilibrio e sempre gemendo di piacere, mentre la mia figa si contorceva in spasmi gocciolanti, caddi sul letto con il torso, inginocchiata sul pavimento. Finii di godere mentre il mio padrone mi guardava soddisfatto. Io stavo rimirando il suo fisico statuario, con gli occhi annebbiati di lacrime e piacere, e la sua mente sublime stava già progettando come farmi godere a dismisura. Seppi di lì a poco il risultato delle sue congetture. Si abbassò su di me, fece passare il suo braccio tra la mia vita e il letto, poi mi sollevò, in un unico movimento, appoggiando il mio corpo sulla sua spalla destra. Fece qualche passo sicuro, trasportandomi di fianco al letto e da lì tornò a sollevarmi, voltandomi per aria e adagiandomi a pancia in su sul letto. Si slacciò i jeans, mentre io lo guardavo quasi in estasi e rimase in boxer davanti a me, sotto la stoffa aderente si notava la parziale erezione di quella bestia di nerchia che il mio padrone mi aveva rivelato recentemente. Io ero già di nuovo eccitata, quando poi con fare noncurante si denudò del tutto, lasciando il suo cazzo semieretto penzolare maestoso davanti ai miei occhi, ancora una volta increduli o forse dimentichi di tanto splendore e di tanta grandezza, ero già di nuovo bagnata come non mai. Salì sul letto, pose le ginocchia a lato delle mie spalle e ordinò: ‘Prendilo in bocca.’ Non esitai, il suo membro svettava a pochi centimetri dalle mie labbra, alzai la testa e presi in bocca quanto più potei. Lui sembrò felice di quel trattamento ed io aumentai la foga, sentivo quella cappella crescere dentro la mia bocca, era eccitante. Portò la sua mano destra sull’asta e con un movimento veloce , mentre la punta del suo cazzo stazionava in bocca a me, intenta a ciucciarlo come meglio potevo, liberò la cappella dalla pelle che ancora la avvolgeva. Mi trovai improvvisamente la bocca piena. Il suo cazzo era aumentato di dimensioni ancora una volta, faticavo a tenerlo in bocca ora, ma cercavo in tutti i modi di soddisfarlo. A differenza della prima volta, ora provavo un piacere enorme nel succhiare quel suo bastone nodoso, assaporavo il sapore forte del suo cazzo, ne cercavo con la lingua i rilievi, lo carezzavo dentro la bocca, lo stringevo tra le guancie, succhiando come se avessi in bocca una cannuccia spropositata, poi mi lanciavo con uno scatto su quella nerchia, ingoiandone fino a quando non sentivo la punta toccarmi la gola. Il mio padrone mi guardava con occhi attenti, severi come al solito, ma non arrabbiato. Infatti disse: ‘Sei migliorata, cominci a capire come si fa un pompino.’ Poi prese a pomparmi lentamente in bocca, qualche colpo, non di più, quanto bastava perché la mia eccitazione crescesse ancora nel sentirmi così posseduta. Poi si sfilò dalla mia bocca, si spostò agilmente tra le mie gambe, che sollevò con le mani fino a farmi toccare le spalle con le ginocchia. Poi da quella posizione punto il suo maestoso arnese verso l’ingresso della mia fichetta sbrodolante. Prima di penetrarmi parlò: ‘Ora puoi godere’. Poi lentamente mi penetrò. Entrava in me centimetro dopo centimetro, senza fretta senza scomporsi. Io gorgogliavo gemiti di piacere. Continuò lentamente mentre io mi sentivo riempire completamente, come se mi stesse penetrando l’intero organismo e non solo la figa e l’utero. Ormai il mio era un gemito sonoro, quasi un urlo, gutturale e continuo, giunse fino in fondo sentii i suoi coglioni gonfi e grossi posarsi sulle mie chiappe, mentre lui continuava nelle spinta per guadagnare tutti i centimetri possibili. Ero convinta che se avessi aperto ora la bocca mi sarebbe uscita la cappella da lì, mi sentivo talmente piena da scoppiare, una sensazione fantastica, ero ormai in pieno orgasmo. Il mio padrone attese che le mie contrazioni si calmassero, che i miei urli si affievolissero, poi parlò: ‘Pensi di non poterti sentire più piena di così vero?’ ‘No padrone, mi sento piena fino a scoppiare, non &egrave possibile essere più piena di così!’ Dissi con ogni pieni di sognante devozione e selvaggio godimento. Lui si limitò a scuotere la testa: ‘Ti sbagli, disse, ora ti farò il culo e ti accorgerai che ci si può sentire molto più piene. Ti piacerà vedrai, inoltre &egrave necessario che io prenda qualcosa di vergine dalla mia schiava, non posso certo accontentarmi!’ Mi spaventai non poco, balbettai: ‘Ma’ ma’ &egrave troppo grosso, non ci entrerà mai, non l’ho mai preso nel culo sono vergine” Le mie flebili proteste caddero nel vuoto. Ritentai: ‘Padrone, la prego, non mi sfondi il culo, ho paura, morirò di dolore con quell’arnese piantato nelle viscere!’ ero veramente terrorizzata, ma Lui non fece altro che guardarmi duro e sentenziare: ‘Se dovrai morire di dolore morirai di dolore soddisfacendomi. E ora smettila di piagnucolare, se non la pianti invece di usare il lubrificante ti inculerò a secco.’ Rabbrividii e piangendo smisi di emettere suoni. Si sfilò da me, lasciandomi vuota come non mai e mi ordinò di girarmi. Lo feci. Prese ancora un oggetto da quel sacchetto. Era vaselina. Ne spalmò con cura una dose abbondante sul mio buco del culo, poi si dedicò a lubrificare la sua nerchia. Infine avvicinò un dito al mio sfintere e premette infilandolo dentro. Premetto, prima di allora nulla aveva violato il mio culetto, ero completamente vergine e quel dito mi fece sentire un bruciore notevole. Lo sentii girare dentro di me e ungermi le pareti di quello stretto pertugio. Poi uscì. Si posizionò sopra di me. Portò la cappella sullo sfintere e prese a spingere lentamente. Non riesco a descrivere con le parole il dolore che provai, fu come se un ferro rovente mi si stesse conficcando nella viva carne, mi sentivo tagliare lentamente in due, come se un taglialegna pigro stesse conficcando con lentezza esasperante la sua accetta nel mio culo per dividerlo in due emisferi. Piangevo di dolore e mi lamentavo sottovoce. Ma inesorabilmente il volume delle mie lamentele si alzava. Continuò a penetrarmi gradatamente, non sapevo quanto cazzo fosse entrato, ma mi sentivo dilatata oltre i limiti del possibile e ormai urlavo come una scrofa al macello, senza ritegno, piangendo e urlando versi di puro dolore. Il mio padrone mi colpì duramente con uno schiaffo sulla nuca e mi ingiunse di tacere, che finora aveva inserito solo la cappella e che se non l’avessi piantata subito sarebbe entrato di colpo. Cercai di zittirmi. Il mio padrone riprese a spingere, entrò dentro di me sempre di più, sempre più in profondità, sentivo il mio intestino scavato da quel bastone spropositato, sempre più duro e consistente, infine con un colpo secco lui infilò gli ultimi centimetri di cazzo e io sentì le palle sbattere sulla mia fichetta fradicia. Ero in uno stato pietoso, il cuscino era intriso di pianto, scucito in più punti dalla violenza dei miei morsi, gemevo senza riuscire a controllarmi e qualche volta mi scappava un breve urlo, mi sentivo bruciare come se avessi un fuoco acceso nell’ano, spaccata come una melagrana matura. Il mio padrone non si curò dei miei lamenti e cominciò un movimento dapprima lento poi sempre più convinto e possente dentro il mio culetto piccolo e ormai spaccato. Il dolore cominciò a diminuire un pochino, quanto bastò per rendermi conto che il mio padrone aveva ragione: la sensazione di pienezza provata in precedenza era nulla in confronto a questa che provavo ora, e il cazzo del mio padrone mi sembrava talmente grosso da superare il metro di lunghezza, era una sensazione incredibile, come essere penetrate da un palo il doppio più grosso di quello precedente. Mio malgrado ai gemiti di dolore si mischiarono presto quelli di piacere. Ancora il dolore era intollerabile, ma tra il dolore e la penetrazione sempre più convinta, veloce e profonda del mio padrone onnipotente, l’eccitazione stava salendo. Non passarono cinque minuti che ancora una volta mi scoprii a parlare come mai avrei immaginato: ‘Mmmmhhh sì, padrone sì, continua ti prego, ho un dolore incredibile ma mi piace sentire il tuo enorme cazzo nel culo, ooooohhhh Dio mio quanto &egrave grosso’. Ah, non ci posso credere’ Sì, sì sì, così continua’ ahh, padrone sono la tua troia fa di me ciò che vuoi, mettimelo in culo quando vuoi, adoro sentirmi spaccare dalla tua nerchia, sì, sì, Ahh, aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh! Sìììììììììììììììììììììììììììììììììììììì!’ Vennì ancora una volta, sbrodolando umori sul letto, contraendo i muscoli del mio sfintere devastato contro quella nerchia enorme, non smisi di godere dopo il primo orgasmo, il mio padrone pompava con regolarità, senza un suono, estraendo una grossa porzione del suo cazzo per poi piantarmela di nuovo di slancio nelle viscere gorgoglianti, senza un suono senza una parola. Io venni parecchie volte, quattro se non sbaglio, prima che il mio padrone non si decidesse ad uscire dal mio culo, per poi gettarmi a terra ai piedi del letto, di fronte allo specchio, ancora una volta. Si mise in piedi davanti a me e mentre con il frustino mi colpiva le tette, si masturbava, puntando la cappella livida verso il mio volto. Senza preavviso me lo infilò in bocca, spinse fino in gola e diede quattro o cinque poderosi colpi che rischiarono di soffocarmi, poi uscì di nuovo, grugnii e venne. Sei poderosi schizzi di sborra calda e odorosa mi riempirono la faccia. Mi costrinse a guardarmi allo specchio. Ero una maschera di sperma, i capelli imbrattati, le labbra, il naso, gli occhi, le guance, le stesse sopraciglia e le ciglia, colavano sperma sulle mie tette arrossate dalle botte. Sempre guardandomi nello specchio per suo esplicito ordine presi a leccare e a pulire accuratamente la sua cappella. Sapeva di sborra mista a merda, la mia stessa merda che ora leccavo con tanta devozione. Venni di nuovo osservandomi, vedendomi così troia, intenta a leccare sborra e merda, piena di seme in faccia, con un collare da schiava e un corpetto da troia, con le chiappe arrossate e le tette livide di botte. Venni supplicando il mio padrone di punirmi e di usarmi ancora perché solo lui poteva farmi godere. Infine istupidita dal piacere mi lasciai cadere a terra. Non era finita. Il mio padrone mi rimise in ginocchio, avvicinò il suo cazzo alla mia bocca, mi tappò il naso e mi ingiunse: ‘bevi’. Mi pisciò in bocca, una lunghissima pisciata odorosa che mandai giù senza fiatare, ancora in trance sessuale, ancora completamente in suo potere. Alla fine pulii di nuovo spontaneamente la cappella del mio padrone dalle ultime gocce e dopo aver ricevuto un brava troia dal mio padrone, mi accasciai sul tappeto semisvenuta dal piacere. In quella posizione potevo vedere il mio buco del culo ancora allargato dalla nerchia del mio padrone. Lo sentii rivestirsi, cercai di rialzarmi in piedi, ma ero sfinita, riuscii solo a rimanere a quattro zampe davanti a lui. Disse: ‘Sei stata brava oggi, forse ti sei meritata un premio. Ci vedremo presto, ora metti e posto e riposa schiava, la prossima volta pretenderò di più.’ Se ne andò, lasciandomi felice come non ero mai stata. Come un automa riordinai tutto, misi a lavare le lenzuola, nascosi corpetto, perizoma, guinzaglio, frustino, collare e vaselina, poi stremata, vestita di un pigiama, dopo una veloce doccia, mi addormentai con il cellulare tra le mani, nella speranza di essere svegliata da un suo messaggio. Ero una schiava al settimo cielo.

N.B. E’ ancora una volta fantasia, grazie a tutti quelli che mi hanno scritto, sarei lieta di ricevere ulteriori commenti, di qualsiasi genere. Il racconto non &egrave finito, ho in mente ulteriori sviluppi. Spero vi piaccia, &egrave la prima volta che scrivo.

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