Quanto descritto nel racconto è realmente accaduto, per ragioni di privacy ho modificato i nomi dei luoghi e delle persone citati nella narrazione.
Per le vacanze di Pasqua mia moglie ed io ricevemmo un invito dai nostri amici di Roma. Una coppia sposata con due figli, lui si chiama Giovanni, sua moglie Erika. Il luogo del soggiorno era particolarissimo: una casetta sperduta in mezzo agli appennini nelle Marche in un paesino di montagna con pochi abitanti. La prima sera cenammo in un ristorante localizzato in pianura a circa venti chilometri dalla casetta che ci ospitava. Tornando incappammo in una bufera di neve. La strada era coperta di bianco e la neve continuava a cadere abbondantemente. Ci fermammo per montare le catene sulle due auto e riprendemmo il viaggio in salita. Al tornante successivo la coltre di neve non battuta mi impedì di proseguire. Malgrado le catene le ruote a trazione posteriore non facevano presa e slittavano, facendo sbandare esageratamente l’auto, feci scendere lentamente la Mercedes lungo la strada per parcheggiarla accostando in un punto meno pericoloso. Giovanni, grazie alla sua auto più piccola e con la trazione anteriore, riuscì a fare quasi mezzo chilometro in più salendo, ma poi, pure lui, dovette parcheggiare la sua Golf. La notte era buia e silenziosa, si sentiva solo il rumore delle nostre scarpe calpestare la neve. Dopo una camminata in salita di quasi mezz’ora avvistammo le poche luci del paesino. Quando arrivammo alla casetta la neve era già alta 30 centimetri. Il paese era isolato. Trascorremmo una notte un po’ agitata. Per scaldare i locali dell’abitazione c’era solo un caminetto al piano terra, ma le camere erano senza riscaldamento. Andammo a letto presto, il corpo di mia moglie e il mio stretti in un abbraccio producevano calore, ci guardammo nella penombra e senza dirci nulla, pur desiderando di fare l’amore, rinunciammo per la vicinanza di nostro figlio che dormiva in un lettino vicino al nostro.
Io affascinato dalla neve, come sempre, ogni tanto mi alzai più volte per guardare il paesaggio dalla finestra: era un incanto. Vedevo i tetti delle case vicine, la stradina di fronte alla finestra, i rami degli alberi appesantiti dalla neve, era tutto coperto da una coltre di neve e continuava a nevicare copiosamente. La mattina seguente, era la vigilia di Pasqua, la neve aveva raggiunto uno spessore di mezzo metro. Non c’era nessuno in giro per il paese. Giovanni bussò ad una porta, uscì una vecchietta, scambiarono quattro chiacchiere, poi vidi il mio amico tornare verso di noi tenendo 4 uova tra le mani. Poi tornati a casa mangiammo qualcosa per colazione. Poco dopo sentimmo bussare alla porta, era un vicino che ci portò un piatto con alcune fette di salame, pezzi di formaggio e due pani; un altro vicino ci portò della legna da ardere nel caminetto. La solidarietà dei paesani fu meravigliosa! Di fatto eravamo quasi senza viveri perché pensavamo di consumare i pasti nei ristoranti o sul mare o in montagna dove avevamo programmato di fare alcune gite nel corso della vacanza. La casa era senza televisione, non c’era connessione a Internet né fissa né mobile, i cellulari non funzionavano. Mancava totalmente il segnale anche per poter fare e ricevere le telefonate. Rimanemmo completamente isolati per tre giorni. Giocammo a carte e con alcuni giochi di società, parlammo molto, ci divertimmo a tirarci le palle di neve, facemmo pupazzi di neve adulti e bambini compresi. Scoprimmo un modo di vivere di altri tempi. La sera mi trovai in una stanza solo con Giovanni, l’atmosfera era strana vista la situazione. Iniziammo a parlare delle nostre esperienze con le donne, soprattutto sessuali. Lui mi confidò che gli sarebbe piaciuto moltissimo vedere sua moglie finchè si faceva scopare da un altro uomo. Mi disse che lo avevano anche già fatto con un loro amico, “na favola” commentò in romano intendendo che gli piacque molto perché lo attizzava. Mi propose di scoparmi sua moglie. Io, stupito, gli chiesi: “ma lei sarebbe d’accordo?” Lui rispose: “devo convincerla a poco a poco, ma vedrai che prima o poi ci riuscirò”. Inoltre mi confessò che aveva una fantasia ricorrente: succhiare il pisello ad un uomo e forse bere il suo sperma, anche se temeva che gli avrebbe potuto fare schifo. Rimasi sorpreso, perché la sua fantasia era analoga alla mia. Così gli rivelai che lo stesso suo pensiero erotico fantasioso qualche volta ce l’avevo pure io. Ridemmo e lui mi disse “ma mica siamo recchioni!”, io risposi: “no, certamente no, sono solo fantasie che chissà se mai si realizzeranno”. Lui annuì. Parlando di questi argomenti mi eccitai e lui si accorse della mia erezione. Avvicinò la sua mano stringendomi leggermente il pisello da sopra i pantaloni. La mia erezione si alimentò ulteriormente e lo emulai. Avvicinai la mano al suo cazzo che era semi moscio, ma al mio tocco prese un lieve vigore. Non andammo oltre. Fu una situazione inaspettata ma spontanea per entrambi, non so come mai. Per me era la prima volta, non so se così fosse anche per lui. Poi Giovanni raccontò l’accaduto a sua moglie e io alla mia. Le donne non commentarono, si guardarono solo sorridendosi reciprocamente. La sera del giorno dopo Giovanni indicandomi disse a Erika: “noi andiamo su perché dobbiamo parlare”, sua moglie ci disse scherzando: “si si andate pure, brutti recchioni!”. Così ci ritrovammo nella stessa stanza del giorno precedente, questa seconda volta volutamente e probabilmente con più malizia. Riprendendo a parlare di sesso e con maggiore spontaneità ci toccammo a vicenda i membri. Questa volta sentii il desiderio per primo e presi io l’iniziativa, gli infilai subito la mano sotto gli slip e gli toccai il glande. Lui mi imitò infilando la sua mano sotto i mio slip e toccando appena il mio sesso che trovò durissimo. Iniziò a farmi i complimenti dicendo: “senti che cazzo, è stupendo!, ma quanto ce l’hai duro!”, poi pensando al suo mi disse: “eh, io da tre o quattro anni non ce la faccio, non mi si rizza!”. Continuammo a parlare di sesso e io continuai a tenere la mia mano sul suo pisello stimolandolo con lievi carezze sperando si ergesse. Ogni tanto sembrava prendere vigore, ma non lo sentii irrigidirsi. Lui mi strinse con la mano l’asta ma senza fare alcun movimento. Finì tutto lì senza che facessimo null’altro. Mi ero un po’ eccitato e non ero minimamente imbarazzato. Lui né l’uno né l’altro. Nessuno di noi due aveva pensato di andare oltre. Lo spazzaneve passò il martedì dopo Pasqua liberando la strada. Non fu una liberazione, quasi ci rattristò: era finita l’avventura: imprevista ma meravigliosa per tutto il contesto, per il paesaggio, per l’isolamento, per i pasti improvvisati con quel poco che c’era. Fu un’esperienza unica per i rapporti sociali con i pochi paesani che si fecero in quattro per sostenerci. Per il sesso la situazione fu strana, trasgressiva, forse irripetibile, ma senza rimpianti e senza rimorsi.



scusa, al quarto sono bloccato!
ti ringrazio, mi fa molto piacere sapere che ti sia piaciuto! il secondo capitolo l'ho completato. nel terzo sono bloccato.…
ne ho scritti altri con altri nick...spero ti piacciano altrettanto.
Vedi la tua posta indesiderata
Ti ho scritto, mia Musa....attendo Tue...