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La donna sandwich

By 7 Luglio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Alla fine del febbraio scorso mi persuadesti a trascorrere una settimana in montagna a Dolonne, Courmayeur, ospiti di un tuo vecchio amico, che non avevo mai conosciuto.

Tra noi le cose non stavano andando bene, anzi per dire la verità, pensavo fosse arrivato il momento di scrivere la parola fine al nostro rapporto, che del resto non era mai stato una cosa seria, almeno per me..

Il sesso funzionava ancora, ma erano finiti i fuochi d’artificio dei primi mesi ed io mi stavo decisamente annoiando.

Non avevo ancora individuato chi mi avrebbe fatto di nuovo tremare il pelo tra le cosce,
ma era solo questione di tempo.

Per di più io non amo la montagna e soprattutto Courmayeur : mi ricorda le estati interminabili che mi costringevano a passare quassù da bimba, sorvegliata a vista, sulle note della misteriosa litania :
-per i tuoi polmoni, cara, ci vuole la montagna-.

E io odiavo il Monte Bianco, che mi incombeva addosso minaccioso ogni volta che uscivo sul balcone del Pavillon, albergo d’elezione della mia famiglia.

Ho sempre amato il mare, e tutto ciò che con quest’ultimo ha attinenza; infatti, da quegli anni lontani della mia fanciullezza, non ero più tornata a Courmayeur che per brevi soggiorni: fortunatamente i miei polmoni sono completamente guariti.

Ma ora avevo deciso di assecondarti: anche se non amavo lo sci, avrei potuto sempre stendermi al sole e abbronzarmi, in mezzo alla neve, riposarmi , rimpinzarmi di torta alle pere e cioccolato della pasticceria Dolce Voglia e soprattutto conoscere Fabio, questo tuo amico di cui mi parlavi sempre.

Tu forse speravi di recuperarmi, magari impressionandomi con le tue conoscenze vacanziere, oppure pensavi che un po’ di tranquillità montana mi avrebbe fatto riflettere, insomma forse avrei riflettuto e avremmo ripreso la nostra storia.

Ormai stavamo per arrivare , fuori della macchina la notte era buia e fredda, percepivo la neve intorno a noi, come in attesa; sicuramente avrebbe ricominciato a scendere presto.

-Quando conoscerai Fabio mi darai ragione, vedrai; &egrave il tipo dell’intellettuale, quello che ti piace tanto, ma &egrave più freddo dell’Alaska; io gli voglio bene come un fratello, e lui ne vuole a me, dai tempi dell’Università, ma quanto a donne’-

Appizzai l’orecchio, e mi feci attenta:-Quanto a donne?-

-Beh, ne ha avute pochissime, ora per esempio &egrave solo, dopo che si &egrave mollato con Francesca, e sono passati mesi; Courmayeur di questa stagione &egrave il paradiso della fica, e lui tutto il giorno se ne sta sui campi da sci, e la notte la passa in solitaria; ma ti pare normale? a volte penso, e non sono il solo, che gli interessino più gli uomini delle donne, ma che non voglia ammetterlo’, forse gli fate paura, che dici?-

-Dico che voi uomini non cambiate mai, se uno non si butta sulla prima ‘fica’, come ci chiamate , che sia almeno passabile, deve essere sicuramente gay.
Forse Fabio deve solo trovare chi l’attizza veramente e nel momento giusto ; non vedo l’ora di conoscerlo, mi hai incuriosito-

Smettesti di parlare, ormai eravamo arrivati ; ci fermammo di fronte ad una antica grossa casa in sassi, che ricordavo di avere notate in passato: pare risalga , nel nucleo originario, al 1300.

Tutte le luci del piano terra erano accese; mentre scendevo dalla macchina, la grande porta d’ingresso si spalancò ed io affrettai il passo, per sfuggire al freddo intenso che mi toglieva il respiro.

Mentre Massimo prendeva i bagagli , andai incontro all’uomo che con un gran sorriso mi accoglieva, a braccia aperte.

-Sei Fede, vero? Max mi ha tanto parlato di te, che mi pare di conoscerti’-

Rimanemmo un attimo a guardarci negli occhi , mentre le sue mani sulle mie spalle mi trasmettevano un chiaro messaggio: mi piaci, ti aspettavo.

Io , inconsciamente, passai la lingua sulle labbra, un aperto segnale di desiderio corrisposto.

Ti ho voluto da morire, in quel momento, Fabio: avevi un’aria così giovane, smilzo nel maglione nero troppo grande, gli occhi grigi più belli del mondo dietro i classici occhiali seriosi.

Alto come me, le nostre labbra erano a pochi centimetri di distanza, potevo sentire il tuo fiato caldo e i peli fra le mie cosce agitarsi’

-Ehi, Fabio, vieni ad aiutarmi, questa donna si porta dietro la casa, quando si muove’-

La voce di Massimo ruppe l’incanto:- A dopo- mormorasti.

-Si- risposi sommessa.

Vi abbracciaste, con grandi pacche sulle spalle; fu allora che mi venne l’idea, ancora informe, di avervi tutte e due insieme: si trattava di perfezionarla.

Era passato un secolo dalla mia ultima esaltante esperienza con due maschi in contemporanea; ora avrei voluto ripeterla, perché la situazione si presentava ottimale: avevo un uomo a cui ero ancora legata ma che non mi accendeva più come una volta e un altro , appena conosciuto, che mi faceva bagnare al semplice tocco delle mani.

Sarebbe stato necessario solo un po’ d’alcool, per far infrangere ai due il tabù della loro amicizia.

Ero sicura che sarei riuscita ad attuare il mio piano, avrei usato qualunque mezzo per riuscirci.

Ma fu più semplice di quanto pensassi.

La casa mi accolse splendida, grande, calda ; Fabio ci accompagnò alla nostra camera
pregandoci di fare in fretta, perch&egrave la cena era quasi pronta.

Aveva cucinato lui, era ansioso di farci assaggiare la sua specialità, la ‘ polenta concia ‘.

Pensai che era l’occasione adatta al mio vestito di lana rosso, ancora ‘vergine’.

E’ un completo gonna ‘pull corto, di colore rosso cupo; una fila di bottoni piccoli, neri e lucidi scende dalla clavicola sinistra fino al fondo della gonna, lunga a metà polpaccio, con la breve interruzione di una striscia di pelle nuda , scura, l’inizio del mio ventre piatto.

Decisi di fare le cose in grande: una pesante cintura di anelli metallici intrecciati diede splendore alla mia pelle eternamente abbronzata, separando i due pezzi del vestito.

Poi aprii i primi bottoni del pull e gli ultimi della gonna, in modo da far balenare un seno e una coscia: adoro mostrare il mio corpo, ne sono orgogliosa, sempre e comunque.

E Fabio doveva vedermi al mio meglio, perché lo volevo: il ricordo delle sue mani sulle spalle era una promessa di future sensuali delizie.

Tacchi alti , trucco gotico e gioielli assortiti ( i miei feticci portafortuna) completavano l’insieme.

Come Max mi vide, capì tutto, ne sono sicura; per questo mi circondò le spalle con un braccio, in segno di possesso.

Fabio ci venne incontro, guardandomi ammirato; ora era lui a passarsi nervosamente
la lingua sulle labbra, mentre i suoi occhi mi lanciavano chiari messaggi.

Ruppi il silenzio: – Fabio, che profumo; come hai fatto a indovinare che la polenta concia &egrave uno dei miei piatti preferiti?-

-Beh, sapevo che adori il formaggio, e allora’-

In effetti nell’aria aleggiava l’intenso profumo di toma e fontina , insieme a quello caldo e pesante del mais cotto.

Sulla tavola troneggiava anche un Jambon de Bosses, il prosciutto crudo speziato con erbe di montagna , caratteristico del posto, vera passione di Massimo.

Appena seduti, attaccammo voracemente a mangiare, eravamo affamati tutti e tre, e la conversazione divenne caotica; già eccitati ci sforzavamo di riempire gli eventuali silenzi.

A questo contribuì l’eccellente vino rosso di Donnas , l’ideale compagno della polenta concia.

I due uomini dimostrarono di saperlo apprezzare.

Io sono astemia, l’acqua minerale delle sorgenti intorno a Courmayeur per me &egrave buona come il vino.

Terminata la cena, in cui si parlò di tutto e di niente, sia Max che Fabio avevano il volto arrossato e gli occhi lucidi mentre rievocavano i bei tempi dell’Università.

Così mi alzai dicendo:

-Perché non vi mettete sul divano, il caff&egrave lo faccio io e ve lo porto; prima sistemo la tavola, in fondo qualche cosa dovrò pur fare per sdebitarmi dell’ospitalità’-

-Buona idea,-disse Fabio- ho giusto una bottiglia di grappa alla pera da assaggiare’-

Sistemati i piatti nella lavastoviglie, preparai il caff&egrave ; quando fu pronto, liberai altri bottoni del mio vestito e con il vassoio in mano mi ripresentai ai due uomini, che nel frattempo, sbracati sul divano, vicini vicini, si stavano facendo di grappa alle pere, persi nelle loro confidenze.

-Posso?- dissi, posando il vassoio sul piccolo tavolino e facendomi posto tra di loro.

Mi guardarono , videro il mio corpo seminudo balenare tra il rosso del vestito ed io sentii, prepotente, l’odore del sesso passare tra di noi, come una corda che ci stava legando stretti; dietro le mie spalle le loro braccia si incrociarono ed io mi appoggiai all’indietro sul divano sbottonando anche gli ultimi bottoni del pull: il seno abbondante e nudo stava lì, tra di loro, come una provocazione.

Silenzio assoluto.

Fui io che accarezzandoli sul collo, piegai i loro visi sui capezzoli turgidi, eccitati, dolenti.

Resistettero , inizialmente, guardandosi negli occhi, quelli neri di Max in quelli grigi di Fabio, poi cominciarono a succhiarmi con frenesia, mentre io li stringevo a me, tutti e due con lo stesso desiderio.

Fabio infilò una mano nello spacco della gonna e trovò la mia fichetta bagnata e bollente.

Decisi che dovevamo muoverci di lì, ci voleva un posto più comodo.
-Andiamo a letto- proposi (ma era un ordine) con voce roca.

Ci alzammo, abbracciati , anzi loro si appoggiavano a me , l’alcool e l’eccitazione li faceva barcollare.

Fabio apì una porta vicino alla stanza da pranzo: era una grande camera da letto; accese solo una piccola luce, nell’angolo.

Ci spogliammo velocissimi ; notai che i ragazzi erano già eccitati e pronti, così pensai che se non avessi regolato io il traffico, sarebbe finito tutto troppo presto.

Anche io avevo i sensi in overdose , ma decisi di prolungare l’attesa , per aumentare il piacere.

Così ci stendemmo sul letto , io in mezzo; cominciai ad accarezzare lentamente i loro sessi, che bruciavano nelle mie mani, quello di Fabio più corto e tozzo, quello di Massimo lungo e sottile.

Gemendo, si voltarono tutti e due verso di me.

-Baciami, Max, mangiami la bocca ‘implorai

e a Fabio :

– Accarezzami’-.

Fabio mi baciò il seno, leccandomi dolcemente i capezzoli , mentre accarezzava il mio ventre, lisciandolo, come fosse stoffa preziosa, per scendere più in basso e penetrarmi all’improvviso e con forza con le dita; mi inarcai, gemendo.

-Fede, -mi soffiò nell’orecchio,- come sei calda e stretta e bagnata, ti voglio, anche se non so quanto resisterò dentro di te, ti prego, ti prego’-

Aprii le cosce, in segno di resa; e me lo trovai sopra, dentro, a riempirmi della sua carne; sentivo le pareti della mia vagina allargarsi per accoglierlo e l’orgasmo salira dentro di me, come una marea.

-Puttana, troia..- l’insulto di Massimo non fece altro che acuire il mio piacere.

Ricominciò a mordermi le labbra, a mangiarmi la lingua, mentre strusciava con frenesia il sesso contro il mio fianco.

-Voglio venire con te, Max, , il mio piacere sarà la schiuma del vostro latte salato, fermati, ti voglio dentro…-

Fabio stava per riempirmi, me ne accorsi dalla maggior rigidità del suo pene , che cercava di spingersi sempre più a fondo.

Infatti, con un grido, mi inondò: e mi parve che il suo seme avesse il calore del sole; trattenni l’orgasmo restando immobile.

Poi scivolò via, lasciandomi ansimante, irrigidita.

E fu la volta di Massimo a penetrarmi, era molto più eccitato del solito, mentre spingeva
a colpi di reni; iniziò a succhiarmi i capezzoli, come volesse portarmi via, con il latte, l’anima.

Io allungai una mano e strinsi quella di Fabio, che prese ad accarezzarmi l’interno del braccio, una delle mie zone erogene preferite.

Non riuscii più a trattenermi: non sapevo dove ero né con chi, sapevo solo che stavo per immergermi nel mare più rosso e meraviglioso che ci fosse, quello del piacere assoluto, che non ha né volto né cuore.

-Vieni, Massimo- ansimai, in un tono che glielo fece fare subito, con un grido;
e mentre lui si svuotava in me, mescolando il suo seme con quello dell’amico , fui travolta da un orgasmo tumultuoso che mi lasciò spossata.

Ma non era ancora tutto quello che volevo; Max, forse inconsciamente, mi aiutò.

Come ho già detto, non l’avevo mai sentito così eccitato : infatti, senza uscire da me, ritornò
nuovamente rigido, probabilmente non voleva permettere all’altro maschio di possedermi di nuovo.

-Dietro, prendimi dietro-gli mormorai.

Mi rivoltò ed io sentii rivoli di sperma colarmi giù per le cosce; mi eccitai nuovamente.

Fabio stava sdraiato accanto a me, in silenzio.

Alzai il sedere e Max mi passò tra le natiche il fallo bagnato di sperma, poi infilò due dita nella fichetta e mi inumidì il buchino, anche se non ce n’era b isogno, eccitata ed aperta com’ero.

Iniziò a penetrarmi, mentre io mormoravo oscenità, completamente stravolta.

Fu allora che Fabio , il viso sotto al mio, cominciò a baciarmi, poi a succhiarmi le tette, per scendere fino al ventre e alla fica .

Quando iniziò a leccarmela, ingoiando insieme al suo sperma anche quello di Max e il mio miele, mi mancò il respiro dal piacere.

La sua lingua, come un piccolo cazzo, entrava e usciva dalla mia vagina in fiamme.

Con una mano toccai il suo sesso : era duro e pronto.

Intanto Massimo, tutto dentro di me, mi stringeva i seni doloranti con le mani.

Allora, alzando leggermente il busto dissi:- Fabio, voglio anche te, vi voglio dentro tutti e due’-

Fu lesto a capire, ora i nostri visi si incontravano di nuovo; drizzai il busto del tutto, facendo uscire Max da me, ma solo per poco.

Il tempo di impalarmi su Fabio, per risentirlo di nuovo dentro la mia vagina; poi mi curvai in avanti, porgendo il sedere a Massimo, che mi penetrò con un colpo solo.

E poi fummo un corpo unico con tre teste, ci muovevamo in sintonia, vedevo con la mente i due falli nel mio ventre appoggiati l’uno all’altro, divisi solo da una sottile parete di carne.

Ricominciai a baciare Fabio, ormai le mie labbra erano gonfie e insensibili;

Quando mormorai :-Abbracciami, vengo- non so a chi mi rivolgessi.

So solo che mi ritrovai avviluppata in quattro braccia maschili, stretta da soffocare:- La donna sandwich-, pensai, prima di cadere a testa in giù nel pozzo del piacere.

Anche i miei due uomini si svuotarono in me , quasi simultaneamente.

Poi giacemmo sul letto sfiniti, uno addosso all’altro.

La prima a parlare fui io :- Vado a lavarmi, non potrei dormire , così appiccicosa e bagnata’-

Così mi rifugiai nel bagno, riempii la vasca, e mi immersi nell’acqua calda; la mia felicità era assoluta, il mio corpo cantava e il mio cervello finalmente taceva.

Quando ne ebbi abbastanza, mi asciugai e mi avvicinai alla finetra; scostai le tende e mi accorsi che nevicava: bianco su bianco.

Infreddolita tornai in camera: un pesante dolciastro odore di sesso mi colpì .

Max e Fabio dormivano alla grande, sedere contro sedere; risi : -Capirai- mi dissi – tra l’alcool e il sesso ‘chi li sveglia questi?-

Mi infilai al caldo, tra loro due, e per occupare meno spazio aderii alla schiena di Max in posizione ‘cucchiaio’; subito Fabio , nel sonno, si voltò e fece lo stesso con me: me lo ritrovai incollato al sedere.

-Ed eccomi di nuovo donna sandwich- pensai, e sprofondai nel sonno.

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