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Racconti Erotici

La doppia vita di Sara

By 8 Febbraio 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono ferma già da un quarto d’ora nell’auto sulla piazzola della tangenziale, ma di lui ancora nessuna traccia. Che abbia deciso di non venire più? Sono nervosa; intanto mi osservo nello specchietto retrovisore e mi ravvivo un po’ il trucco: capelli biondi un po’ mossi, ombretto azzurro, cipria, rossetto magenta’ Stanotte indosso un top fucsia, molto appariscente, ed una gonna cortissima, rossa; perizoma nero, autoreggenti a rete, scarpe rosse con tacco alto. Mi piaccio, sono estremamente femminile e porca allo stesso tempo: sono riuscita ad esternare con il trucco e l’abbigliamento la gran voglia di cazzo che ho dentro.

Improvvisamente, mentre sono persa nei miei pensieri perversi, delle luci squarciano il buio della strada, un’altra macchina si ferma nella piazzola, si accosta dietro la mia auto e spegne il motore. Sarà lui? Prendo il cellulare e gli faccio uno squillo: il nostro segnale pattuito. Un uomo scende dalla macchina e si avvicina alla mia’ Allora &egrave lui, &egrave venuto finalmente! Non ne potevo più di aspettare’

Apre lo sportello, si siede sul sedile di fianco al mio. Non una parola. E’ un tipo sulla cinquantina, capelli brizzolati, grassoccio, uno che come al solito ho adescato su internet’

Mi osserva per qualche attimo, poi subito slaccia i pantaloni, li abbassa un po’ e tira fuori l’uccello. E’ ancora flaccido’ ‘Succhiamelo, puttana’. Non me lo faccio ripetere, sono lì per quello, stavo pregustando quel momento da ore’ Mi chino su di lui, sollevo il suo cazzo tra le dita e lo accolgo tra le mie labbra, tutto, ed inizio a succhiare: un sapore acre di cazzo misto a piscio, molto maschio. Lo sento gonfiarsi ed inturgidirsi nella mia bocca, inizio a muovere su e giù il capo, lentamente, mentre lo sento indurirsi sempre di più; poi mi fermo, lo afferro con la mano ed inizio a massaggiarlo, scappellandolo per bene. Una bella erezione: &egrave durissimo, come il marmo, non molto lungo ma abbastanza grosso, non riesco a stringerlo completamente tra le dita; la cappella &egrave rossa, gonfia, bagnata della mia saliva’ Lui inizia ad ansimare’ passo la lingua sulla punta, con piccoli colpetti, prima di appoggiare nuovamente le labbra ancora truccatissime e carnose sulla sua cappella, facendola scivolare dentro, lentamente, e succhiandola. ‘Si, così, Sara’. Sei una gran troia’.

Gli piace come succhio, ne sono felice ed anche io mi sto eccitando. Sento le sue mani accarezzarmi la schiena mentre gli succhio il cazzo muovendo su e giù la mia testa sempre più velocemente’ Le sue mani mi sollevano la gonna, mi toccano il sedere e mi schiaffeggiano le chiappe con decisione. Io affondo la mia bocca sempre di più, fin quasi ad arrivare alle palle. Lui scosta il filo del perizoma, sento il suo dito stuzzicarmi lo sfintere. Poi, di colpo, il dito &egrave dentro. Dolore, bruciore. Mi fermo per un attimo, emetto un gemito. L’altra sua mano mi afferra la testa. ‘Succhia”, quasi infastidito. E mi guida nuovamente, con decisione, sul suo cazzo, per farmi continuare a spompinarlo’

Così, riprendo a succhiare, mi sento una lurida sgualdrina, uno strumento del suo piacere, e questo mi fa impazzire. Sono eccitatissima; lui ansima sempre più e guida con fermezza i miei movimenti sul suo cazzo, sento la sua cappella spingere in gola, respiro affannosamente cercando di non vomitare. Il suo dito mi sta stantuffando il culo da qualche minuto, il bruciore &egrave passato, ora mi piace sentirlo muoversi dentro di me. Ansima sempre più forte, sento il suo cazzo letteralmente vibrare nella mia bocca. La sua mano sulla mia testa mi tiene ben ferma, con forza, mentre lui inizia a muovere il bacino su e giù, scopandomi la bocca e spingendo il suo cazzo sempre più in gola. &egrave tutto in un attimo. Il dito nel culo, che mi trapanava vorticosamente, si arresta. Il suo bacino si ferma per qualche momento. Un forte urlo di piacere, poi altri gemiti. La mia bocca inondata. ‘Sei una grandissima troia” &egrave venuto. Ingoio tutto. Adoro il sapore dello sperma. Altri getti mi colano in bocca, ritmicamente. Toglie il dito dal mio culo. Improvvisamente, mi sento vuota. Finisco di ingoiare tutto, da brava; poi mi scosto. Lui si pulisce con un fazzoletto, si riveste.

‘Sara, se voglio un altro pompino ti chiamo, tanto ormai il numero ce l’ho ”. Scende dalla macchina e sale sulla sua; rumore del motore, fari’ Mi sorpassa, va via. Gran bel pompino, sono una brava succhiacazzi, me lo dicono tutti quelli che hanno provato la mia bocca’ Anche per oggi, la mia voglia di cazzo &egrave soddisfatta.

Prendo il borsone che avevo nascosto dietro il mio sedile: via il trucco, via il top, via la gonna, le calze, via la parrucca bionda, via tutto’ Rimetto i miei jeans, la maglietta, le scarpe da ginnastica. I vestiti da donna nel borsone. Richiudo. Mi guardo nuovamente nello specchietto.

Sono di nuovo Mario. Ero un giovincello quando tutto ebbe inizio, lo ricordo perfettamente come se fosse ieri’ A causa della tempesta ormonale che caratterizza la pubertà, in quel periodo ero spesso in preda di irrefrenabile eccitazione. Mi masturbavo spesso servendomi di giornaletti e videocassette porno; immagini di donne nude, falli eretti, amplessi ed orge affollavano la mia mente e mi ossessionavano anche di notte, in sogno.

Soprattutto, però, mi masturbavo pensando a mia sorella, una ragazza carina di ventuno anni che andava in giro per casa semivestita, con minimo senso del pudore. Adoravo sbirciare attraverso la serratura della porta della sua camera mentre si preparava per uscire con il suo ragazzo di allora: la vedevo mentre, dopo la doccia, si sfilava l’accappatoio e, gambe toniche, seno prosperoso, sedere scolpito indossava ora un perizoma, ora uno slippino di pizzo, collant, autoreggenti, reggiseni a balconcino, minigonne’ E, più guardavo, più l’eccitazione saliva. E poi sfogavo questa eccitazione, furtivamente, rinchiuso in bagno, sperando che nessuno se ne accorgesse.

Quel pomeriggio ero da solo in casa, a preparare i compiti per il giorno successivo; non so, forse l’aria di primavera, forse l’immagine di mia sorella in autoreggenti la sera prima, fatto sta che non riuscivo a concentrarmi sullo studio. Avevo un unico desiderio: godere. Nervosamente cominciai ad aggirarmi per casa e, ad un tratto, mi trovai in camera di mia sorella.

Era un po’ in disordine, quel pomeriggio era dovuta uscire in fretta. Iniziai a curiosare tra le sue cose, e subito la mia attenzione si posò sulla cesta della biancheria sporca dove, alla rinfusa, vi erano i suoi vestiti della sera precedente. Presi la gonna, la osservai, la riposi con cura sul letto; una gonna corta, nera, di velluto. Iniziai ad immaginare mia sorella mentre la indossava, e subito avvertii un gonfiore all’inguine. Nella cesta c’erano anche le autoreggenti; le presi, le accostai alla gonna. L’eccitazione saliva sempre di più, e allora iniziai a rovistare tra i vestiti finché non trovai quello che stavo cercando’

Appena trovai il perizoma, lo avvicinai al viso, annusandolo; c’era il suo odore di femmina eccitata. Qualcuno ieri sera doveva averla fatta bagnare. Era un odore intenso, inebriante. Senza nemmeno rendermene conto avevo tirato fuori il mio cazzo ormai duro e mi stavo facendo una sega osservando i vestiti di mia sorella. Più li osservavo, più mi eccitavo; cercavo di immaginarla mentre si faceva infilare le mani sotto la gonna, sulle cosce, fino al perizoma. Immaginavo le dita insinuarsi scostando le mutandine fin dentro la sua figa bagnandosi dei suoi umori. Magari in un posto pubblico, affollato; magari al cinema’ Si, mi sembra che la sera prima fosse andata proprio al cinema. Ormai stavo masturbandomi da diversi minuti, il cazzo era durissimo, completamente scappellato. Immaginavo cosa potesse provare mia sorella sentendosi le mani addosso, accarezzata da un uomo desideroso di fotterla.

Ecco che velocemente mi spogliai e indossai le autoreggenti e il perizoma, con il cazzo che usciva di lato. Mi guardai allo specchio e’ all’improvviso, accadde qualcosa di sconvolgente. Ad un tratto, ero lei. Le mie mani erano le sue mani che giocavano con il suo corpo, dentro i suoi vestiti. Vedere quell’immagine e godere copiosamente fu un tutt’uno. I fiotti raggiunsero la superficie dello specchio, deformando leggermente l’immagine.

Ero esausto, ma sapevo cosa fare, lucidamente. Mi inginocchiai davanti allo specchio, ancora con indosso i suoi vestiti, e leccai il mio stesso sperma. Una sensazione strana, il caldo dello sperma e il freddo del vetro. Strana, ma piacevole. Un buon sapore.

Un sapore che non avrei mai più scordato e avrei cercato in quello di altri maschi.

Io, che da allora mi sarei sentito una donna.

E che da lì a poco sarei diventato una troia. Ormai accadeva sempre più spesso. Certe volte indossavo il perizoma di mia sorella anche per uscire, sotto i miei indumenti maschili; era eccitante sentire il filino di nylon del perizoma strofinarsi tra le chiappe e sul buco del culo mentre camminavo. Avevo anche imparato a depilarmi e, ogni volta che restavo solo in casa, mi truccavo ed indossavo gli abiti di mia sorella. Provavo una irrefrenabile eccitazione osservandomi allo specchio mentre mi penetravo il buco del culo con le dita e con l’altra mano mi toccavo l’uccello fino a venire: adoravo sentire lo sfintere contrarsi ritmicamente intorno alle mie dita, mentre godendo sporcavo gli abiti con il mio stesso sperma. Ogni volta che mi travestivo in casa, sentivo il cuore battermi forte in petto per la trasgressione e la paura di essere scoperto qualora qualcuno rientrasse in casa senza preavviso.

Un giorno accadde quello che, anche se non l’avevo ancora ammesso a me stesso, sarebbe prima o poi dovuto succedere. Ero solo, avevo appena finito di travestirmi ed ero all’impiedi dinanzi al grande specchio dell’ingresso, osservando compiaciuto il gran pezzo di femmina che ero diventato. Completamente glabro, truccatissimo. Mi mancava soltanto una parrucca. Vestita così, top, minigonna, perizoma, calze a rete autoreggenti, mettevo in mostra un culo da fare invidia a qualsiasi donna. Mentre ero distratto da questi pensieri di autocompiacimento, sentii le chiavi girare nella serratura. ‘Cazzo! Non possono essere i miei a quest’ora’ e mia sorella doveva essere all’università tutto il giorno’ Chi cazzo &egrave allora?’.

La porta si aprì di colpo ed entrò un ragazzo che non avevo mai visto, sulla trentina, vestito in tuta e scarpe da ginnastica. ‘E chi &egrave questo adesso? E perché ha le chiavi di casa? Che ci fa qui?’. Credo di essere diventato paonazzo, come un bimbo sorpreso a rubare un barattolo di marmellata, sentivo il cuore battere all’impazzata e mi mancava il respiro. Anche lui era sorpreso ed imbarazzato per la situazione. Iniziò a biascicare qualcosa. ‘Sono’ Il nipote del portiere’ Pensavo non ci fosse nessuno in casa’ Avevo’ Avevo anche citofonato’ Evidentemente non funziona il citofono’ C’&egrave’ Ci sarebbe’ Un pacco da consegnare, &egrave qui fuori’ Dei libri credo’ Mio zio aveva parlato con il padrone di casa e’ Mi aveva chiesto di portarli su’ Ma’ evidentemente disturbo’ Forse’. Forse &egrave meglio che vada via”. ‘Cazzo, cazzo, cazzo!!!’, cercavo di pensare ad una spiegazione plausibile, ma l’immagine di me riflessa nello specchio mi impediva di trovare una qualsiasi giustificazione. Inutile fingere, la cosa migliore era ostentare naturalezza, come se nulla fosse. ‘Prego, porta pure dentro i libri, puoi metterli di là nello studio’. ‘Va bene’. Uscì e rientrò poco dopo con uno scatolone, che poggiò lì dove gli avevo indicato, e poi si avviò nuovamente verso l’uscio. ‘Allora’ vado”, e continuava a fissarmi. Ma questa volta l’imbarazzo era svanito, c’era qualcosa nei suoi occhi che non saprei definire, un misto di curiosità e desiderio. Il cuore mi batteva ancora più forte di prima. Qualcuno mi aveva osservato nelle mie vesti segrete, stava ammirando le profondità nascoste della mia anima e non ne provava ribrezzo, come io invece avevo sempre temuto, ma anzi se ne sentiva attratto. Ero stata scoperta ed anziché condannata, mi sentivo apprezzata per quello che ero realmente. Lui era lì, con la mano sulla maniglia, nel gesto di uscire, ma restava immobile, inchiodato al pavimento, senza riuscire a muovere un passo. Era sotto il potere del mio fascino ambiguo.

‘Posso offrirti qualcosa?” A quel punto l’imbarazzo iniziale era svanito ed al suo posto cresceva la voglia; diventai sfrontata, volgare. Presi un bicchiere dal carrello degli alcolici, lo riempii di whisky e glielo porsi; io invece bevvi direttamente dalla bottiglia due o tre sorsi del liquore, asciugando con la lingua i rivoli di alcol che mi colavano dagli angoli delle labbra. Mi sentii bruciare, ma subito dopo una sensazione di leggerezza mi avvolse. Mi guardavo allo specchio, ma non mi sentivo più io nei panni di una donna. Ero veramente una donna. Una gran donna. Mi inginocchiai dinanzi a lui e iniziai a toccargli il pacco. Lui mi lasciò fare, poi si abbassò i pantaloni e i boxer. Era la prima volta che vedevo dal vivo un cazzo che non fosse il mio. Lo presi delicatamente tra le dita, ed iniziai ad accarezzarlo; poi lo afferrai con l’intera mano iniziando un dolcissimo massaggio. Mentre lo toccavo, mi avvicinavo sempre più col volto, annusandolo’ Sentivo finalmente l’odore di un maschio eccitato. Il suo cazzo diventava sempre più turgido tra le mie mani affusolate, e più si induriva più aumentavo la velocità della sega che gli stavo facendo. Sentivo il suo respiro crescere. Le sue mani mi afferrarono i capelli e guidarono delicatamente il mio volto verso di lui. Io lo fissai negli occhi e mi lasciai condurre, sentii il suo cazzo irrompere nella mia bocca. Ne avvertii subito il sapore nuovo, un sapore deciso, che non avrei più dimenticato. ‘Succhiamelo”. Ero eccitatissima, non me lo feci ripetere due volte. E, mentre tenevo in bocca il suo uccello, dirigevo il mio sguardo un po’ verso i suoi occhi che mi fissavano sbarrati, un po’ verso lo specchio che rifletteva scrupolosamente ogni gesto del mio primo pompino. Più mi guardavo mentre spompinavo, più mi eccitavo; più mi eccitavo, più succhiavo vogliosa’ Più succhiavo, più lui ansimava forte’ fino a che, dopo qualche minuto, si lasciò andare.

E venne. Copiosamente. Con un gridolino di liberazione.

Ad accogliere il suo seme c’era la mia bocca calda e umida.

Una bocca di donna. Con le sue labbra carnose e vogliose, turgide e truccate. Una bocca che, ne ero certa, avrebbe cercato ancora altri cazzi da succhiare. Altri maschi da far godere.
Dopo quel pompino non rividi mai più il nipote del portiere e, sebbene la mia testa fosse ancora piena di strane fantasie, cercai di non pensare più ai travestimenti e al sesso e organizzarmi una vita ‘normale’. Pertanto, pur continuando ad indossare spesso intimo femminile sotto i miei pantaloni e a sentirmi una femmina nell’animo, evitai qualsiasi ulteriore esperienza fino a quando, qualche anno dopo, non capii realmente quanto fossi troia e bisognosa di cazzo.

Per poter comprendere a fondo la mia natura di donna e di puttana dovetti infatti aspettare il servizio militare. Durante il periodo di leva mi guardai bene dall’esternare le mie fantasie di travestimento e le mie simpatie per i ragazzi; se ci tenevi a sopravvivere in certi ambienti, era meglio sottostare alle regole ed accettare le normali convenzioni. Tuttavia, una lettera anonima arrivò a turbare quella parvenza di serenità e calma che affannosamente ero riuscito a crearmi intorno. ‘Un uccellino mi ha detto chi sei veramente. Se non vuoi diventare la puttana di tutta la caserma sabato notte, quando sei in licenza, devi recarti al casolare che si trova al kilometro 28 della statale’. Ho sempre odiato i ricatti ma, in quelle circostanze, mi sembrava di non avere altra scelta. Qualcuno mi aveva scoperto e, se volevo salvare la mia reputazione tra i camerati era meglio obbedire. Pensai che me la sarei cavata con qualche centinaio di euro e che, finito il militare, sarei tornato alla mia vita tranquilla, lasciando per sempre il passato alle spalle.

Trovai facilmente il casolare, che si vedeva dalla strada. Al piano inferiore, le luci erano accese. Bussai alla porta di legno, ma non udii risposta. La spinsi; l’uscio era aperto. Così entrai’ Sembrava che non ci fosse nessuno. Anche l’arredamento era molto scarno. Quello che mi colpì subito fu che, nell’ampio salone di ingresso, vi era una branda accanto alla quale c’era un baule aperto, da cui uscivano alla rinfusa vestiti da donna, parrucche, uno specchio, accessori per il trucco. Mi avvicinai; attaccato al baule vi era un altro messaggio. ‘Indossa l’abito che più ti piace e truccati. Se non lo farai, dirò a tutti chi sei. Se lo farai, dopo stanotte ti lascerò in pace, per sempre’. Mi guardai intorno, ma non c’era nessuno. Mi affacciai alla finestra, non si vedeva anima viva né per i campi, né sulla strada. Pensai ad uno scherzo, e feci per uscire fuori dal casolare maledicendomi per essermi messo in questa situazione ma, con mia grande sorpresa, non riuscii ad aprire la porta di ingresso. Era chiusa dall’esterno. ‘Che scherzo del cazzo!’, pensai. ‘Vi siete divertiti abbastanza?’ Urlai. ‘Ora basta!’. All’improvviso dalla scala che portava al piano superiore si udirono dei passi, e poi comparve uno dei militari della caserma, in divisa, e con una buffa maschera di topolino sul volto. Lo riconobbi lo stesso da una cicatrice che aveva sulla mano, anche se ci avevo avuto poco a che fare in quei mesi di leva. Mi spaventai subito, perché in mano brandiva un grosso coltello. ‘Sei ancora così, troia? Adesso mi fai incazzare’ Ti avevo scritto di vestirti, volevo trovarti già tutta in ghingheri’ Su forza, vestiti da mignotta e fammi vedere quello che sai fare” E, così dicendo, si sedette sulla branda.

La faccenda divenne a quel punto abbastanza chiara: non potevo fuggire, urlare non sarebbe servito a nulla perché ci trovavamo in campagna e nessuno mi avrebbe udito. Nessuno poteva aiutarmi. Dovevo per forza ubbidire. Scelsi una camicetta rosa a maniche corte, delle calze scure, un pantaloncino crema e degli stivali bianchi. Indossai tutto in fretta, mi misi una parrucca bionda, mi truccai rapidamente con un trucco leggero. Vestendomi, la voglia sopita dopo tanti anni iniziò a risvegliarsi. Nonostante fossi spaventata a morte, mi sentii perfino un po’ eccitata; sentivo il mio cazzo gonfiarsi negli slip da donna. ‘Sono pronta” sussurrai. ‘E adesso cosa vuoi?’. Pensai che magari, facendogli un bel pompino, la sua voglia si sarebbe placata. ‘Io non voglio niente da te” mi disse con tono rassicurante’ ‘Voglio soltanto divertirmi vedendo quanto sei troia’. Mi fece mettere a pecorina sulla branda e mi legò, mani e piedi, alle assi della branda; i miei movimenti erano molto limitati. Iniziai ad avvertire una certa ansia. Poi lo sentii urlare verso il piano di sopra ‘Ragazzi! Venite! La troiona &egrave pronta’.

Scesero due uomini in boxer. Dall’aspetto fisico e dall’accento capii subito che erano stranieri. Uno era muscolosissimo, di colore, con gli occhi sanguigni. L’altro più magro, chiaro di carnagione, dell’est europeo probabilmente rumeno o polacco. ‘Allora, che ne dite, ragazzi?’. ‘Avevi ragione, &egrave veramente una gran puttana’, disse il ragazzo dell’est che subito si avvicinò a me, si abbassò i boxer, tirò fuori l’uccello e lo avvicinò alla mia bocca. ‘Succhiamelo troia’, mi disse. Era da tanto che non provavo un cazzo’ Il tono perentorio della sua voce, le manette, la minaccia del coltello, la paura che tutti potessero conoscermi quale ero realmente, la situazione che lasciava ben poco spazio alla mia volontà’ tutto contribuiva alla crescita della mia eccitazione. E così, quando sentii il suo cazzo spingere contro le mie labbra, non opposi alcuna resistenza, e lo lascia scivolare nella mia bocca, iniziando a succhiare. Lo sentivo gonfiarsi progressivamente, mentre lui lo spingeva sempre più in profondità, contro il palato, fin dentro la gola. Mi mancava il respiro ma non potevo muovermi, tra le manette che mi bloccavano gli arti e le sue mani che, poderose, mi tenevano ferma la testa. Dopo alcuni minuti, sentii che la sua erezione era completa. Sfilò il cazzo dalla mia bocca e, mentre si allontanava da me, avvertii subito un’altra presenza. Era il ragazzo di colore che era già nudo, con il suo arnese in mano, che si stava masturbando. Non avevo mai visto nulla del genere. Era enorme, con molte vene rigonfie e tortuose. Mi afferrò anche lui la testa e, con decisione, infilò il suo uccellone già durissimo nella mia bocca. Cercai di opporre un po’ di resistenza, invano. Era dentro di me, mi riempiva tutta la bocca, mi facevano male le labbra tanto era lo sforzo per contenerlo. Ma quella non era l’unica sorpresa della serata. Mentre ero concentrata nel fare il pompino al nero, ecco che sento delle mani afferrarmi i pantaloncini e tirarli giù, insieme alle calze e agli slip’ ero nuda. Un attimo dopo, sentii una sostanza oleosa bagnarmi il culo e, subito dopo, delle dita penetrarmi con facilità, prima un dito soltanto, poi due, velocemente. Doveva essere il ragazzo dell’est perché nel frattempo il militare era all’impiedi di fianco a me, e si stava masturbando gustandosi la scena, senza intervenire. Quando il mio buchino fu sufficientemente aperto a giudizio del polacco, questi smise di usare le dita e vi appoggiò il suo uccello. Era dietro di me, con una mano mi cingeva i fianchi, e con l’altra teneva in mano l’uccello aiutandosi a spingermelo dentro. Sentivo che mi stava penetrando, e mi faceva anche abbastanza male’ Ma non potevo urlare perché intanto in bocca avevo il cazzone del nero. Mugugnavo, ma questo li faceva eccitare ancora di più. Il nero aveva iniziato a stantuffarmi la bocca, che ormai era stata del tutto domata e riusciva ad accoglierlo per gran parte ad ogni colpo, senza che io soffocassi; il polacco era a cavalcioni dietro di me, col suo cazzo completamente dentro. Rimase un po’ immobile così, tutto dentro di me, prima di iniziare a scoparmi. Era la prima volta che sentivo un cazzo trapanarmi, e mi gustavo tutte le sensazioni. Il calore, il movimento, il bruciore, le spinte, le grida di quel ragazzo, i sospiri del militare che continuava ad incitarmi dicendo che ero una gran vacca. Improvvisamente, l’uomo di colore si stufò della mia bocca ormai esausta e’ Il polacco subito capì, senza neanche bisogno di parlare, si tolse rapidamente da dietro. Fu una sensazione stranissima, mi sentii tutta ad un tratto vuota’ Ma fu per poco, perché dopo qualche attimo sentii spingere qualcos’altro, qualcosa di dimensioni enormi, il cazzone del nero che premeva sul mio culetto ormai già aperto. Spingeva, ed il mio sfintere si dilatava ancora di più, a poco a poco. Faceva male, ed iniziai ad urlare con tutto il fiato che avevo in gola, fino a che sentii uno strappo ed un dolore lancinante, e lui mi fu di colpo dentro. Mi prese i fianchi con entrambe le mani ed iniziò a scoparmi con foga, sempre più forte e sempre più veloce; nel frattempo, il polacco ed il militare si avvicinarono al mio viso, entrambi con i loro cazzi in mano, masturbandosi velocemente’ Non capivo più nulla, vedevo quei cazzi davanti a me ma la mia attenzione era tutta rivolta verso il trapano che sentivo nel culo; ora non mi faceva più male, sentivo soltanto il piacere di essere scopata da quell’uccello enorme. Tutto ad un tratto sentii la sborra colpirmi il viso, con violenza, quasi fosse uno schiaffo; prima il polacco e poi, dopo qualche attimo, il militare’ Ero piena di sperma, sugli occhi, sulla fronte, sulle labbra’ sentivo i fiotti colarmi sul viso. Li leccai, per gustarmene il sapore, mentre lo stallone dietro di me continuava a sbattermi’ Ero pronta’ La voglia che avevo covato in tutti quegli anni’ Tutta ad un tratto’ la lasciai andare.

E venni.

Ho goduto come non avevo mai goduto prima.

Con dentro quel cazzo enorme che mi aveva sfondato.

E lui godette con me. All’unisono.
Le mie vibrazioni si fusero con le sue; le contrazioni del mio sfintere si accordarono agli spasmi del suo cazzo.

Le nostre grida si intrecciarono e riecheggiarono nel buio della notte.
Lanciai un urlo di liberazione e di piacere.

E mi trovai inondata della sua sborra. Felice e appagata, come una vecchia troia.

Fu allora che capii le reali intenzioni del mio camerata. In realtà non voleva essere un ricatto, ma voleva dimostrarmi quanto fossi davvero femmina. E dopo quella notte non ebbi mai più vergogna a manifestarmi quale ero, con grande gioia dell’intero reggimento’

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