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La femme masquée

By 10 Giugno 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Quando l’impalcatura che celava la facciata fu rimossa, dopo diversi mesi, la curiosità di tutti, che si domandavano, cosa mai sarebbe comparso, quale negozio, quale attività avrebbe avuto inizio, fu in un certo senso delusa.
Un elegantissimo ingresso, in cristallo e lucido ottone inossidabile, con la scritta, sul vetro, ‘Le Sablier’, e, sotto, ‘spettacoli esclusivi’.
Inaugurazione venerdì prossimo.
Prenotazione obbligatoria.
Prezzi piuttosto elevati.
Debutto della ‘Femme Masquée’, vietato ai minori.
Spettacolo unico, ore 06.00 p.m.
Non una foto.
Non diceva molto e non se ne sapeva molto.
‘Le Sablier’ &egrave la clessidra a sabbia (la clepsydre &egrave quella ad acqua).
In cosa consistesse lo spettacolo lo si poteva arguire da quanto, sapientemente guidata, trapelava dalla stampa: la ‘donna più bella del mondo’ si esibiva in assoli di danza, e, a quanto era dato intendere, il pezzo forte sarebbe stato ‘Salom&egrave’.
Il locale era descritto, per la verità in modo molto sintetico, come un ‘café-concert’, con tavolini e poltrone intorno alla sala, un palcoscenico che si prolungava con una passerella che s’inseriva tra gli spettatori.
Era specificato che il prezzo del biglietto si riferiva alla sola assegnazione di un posto (quattro ogni tavolo) e che la consumazione era obbligatoria. Non c’era il listino, ma a giudicare dal costo dell’ingresso si capiva che doveva essere abbastanza cara.
Il sabato successivo alla ‘prima’, comprai il giornale, andai subito alla pagina degli spettacoli.
Titolo eccezionale: ‘Il trionfo della donna mascherata a Le Sablier.’
Si parlava dell’insuperabile performance della danzatrice misteriosa, lo splendore d’una donna incantevole, sempre elegante e graziosa. Era descritta come una femmina seducente, dalle forme perfette, insuperabili..
Questo mentre mi recavo per andare a scuola.
All’uscita, sulla porta del locale, un avviso precisava che lo spettacolo si ripeteva dal lunedì al venerdì, solo alle 06.00 p.m., e si informava il pubblico che era tutto prenotato per i prossimi tre mesi!
A me interessava poco.
Non avevo ancora diciotto anni, né i soldi per andarci.
Comunque, acquistai giornali specializzati, riviste teatrali, si parlava molto della Femme Masquée, ma mai una foto.
Non solo non si faceva vedere in viso, durante lo spettacolo, ma non consentiva pubblicazione di sue foto.
In classe c’erano alcuni che già avevano compiuto diciotto anni, si estrasse tra loro chi dovesse andarci, a spese dell’intera classe, ed anche le ragazze aderirono all’iniziativa.
Fu sorteggiato Daniel.
Facemmo una sottoscrizione per consentirgli di ‘andare a vedere e riferire dettagliatamente’.
Quando, l’indomani, si mise a raccontare, aveva gli occhi inebriati, lo sguardo incantato.
‘Un fenomeno, ragazzi, una bellezza da non credere, una grazia’ E nessuna volgarità, nemmeno quando resta completamente nuda, al centro della passerella, e poi si rialza ed elegantemente raggiunge il palcoscenico. Certe gambe, certe tette, per non parlare di un sedere scultoreo. E’ qualcosa di indescrivibile.’
Mentre parlava si lisciava la patta dei pantaloni.
E lo fece anche qualche ascoltatore, aiutandosi col palpare la compagna più vicina.
Tornai a casa, come al solito.
^^^
Papà Maurice, mio padre, aveva letto di quell’exploit eccezionale, disse che se avesse avuto denaro lui ci sarebbe andato’ tanto per’ sapere. ‘Che sarà mai questa danceuse misterieuse..!’
Ma lui era ‘imprigionato’ in Centrale, a quell’ora. Da anni faceva il turno 15.00-22-00. Abbastanza comodo, gli permetteva di pranzare e cenare a casa. Il sabato era libero, ma ‘Le Sablier’ era chiuso.
Maman Jasmine, si stringeva nelle spalle, senza parlare.
Jasmine era ma petite jeune maman, la mia mammina. Aveva appena diciotto anni più di me. Era la nostra gamine, la nostra monella, come la chiamavano io e papà.
Girava sempre per casa con degli ampi chemisier, e malgrado l’aiuto di Genévi&egraveve, che veniva per qualche ora al mattino, era sempre indaffarata. Ad una cosa non rinunciava, al suo lungo bagno in vasca, dove poltriva immersa nell’acqua lattiginosa che le arrivava fino alla gola. Poi restava nella sua camera, dove accendeva la solita musica, e vi restava per un bel po’, per poi uscire, allegra e briosa e mettersi a sfaccendare.
Papà guadagnava benino, ma gamine voleva concorrere alle spese della famiglia e mentre io studiavo o andavo in palestra o al tennis, e papà era in Centrale, lei metteva a frutto la sua prodigiosa esperienza di fisioterapista, e andava da qualche cliente. Era specializzata soprattutto per le artrosi cervicali. Si diceva che avesse mani miracolose.
I giorni trascorrevano più o meno uguali, ma c’erano sempre tante cose da fare, non avevamo tempo per annoiarci.
Il sabato mattina loro andavano per compere.
Poi si pranzava insieme, e si decideva per il pomeriggio e per l’indomani.
Non c’erano grosse varianti: cine, stadio, gite in periferia con rientri che stancavano più di una settimana di lavori pesanti!
Eravamo alla vigilia della conclusione del liceo.
Se riuscivo, contavo di iscrivermi all’ESSEC, école supérieure des sciences économiques et commerciales.
Intanto, compivo diciotto anni.
Ricevetti molti regali, ed anche una bella sommetta di denaro, oltre all’annuncio che mi sarebbe stata raddoppiata la paghetta, l’argent de poche.
Finalmente potevo andare a ‘Le Sablier’.
Avevo prenotato il posto da tempo, pagando solo il diritto di prenotazione.
Andai a ritirare il biglietto, era per venerdì, alle 06.00 p.m. juste, in punto. Porta alle 05,30 p.m.
Gamine stava per uscire. Il suo solito impegno, fino a verso le otto.
Vide che mi preparavo accuratamente.
‘Perché così elegante Pierre?’
‘Vado a un compleanno.’
‘Farai tardi?’
‘No, darò gli auguri, ma dopo un po’ me la filo.’
‘Ciao, tesoro.’
Dopo poco uscii anche io.
Alle 05,31 ero seduto al mio tavolo. Prima fila, centrale!
Era severamente proibito l’uso di macchine fotografiche o di ripresa di qualsiasi genere. Era consentito il binocolo. Ma io, in prima fila’.
In pochi minuti la sala era al completo.
L’orchestra suonava in sordina, motivi lenti, armoniosi, avvincenti.
Assoluto divieto di fumare.
Erano già passati per l’ordinazione, avrebbero servito subito, per non disturbare lo spettacolo.
Lo speaker dette i benvenuto, ci spiegò che quella sera ‘madame’ avrebbe eseguito tre danze sulle musiche di illustri compositori: Canto indù, Sheherazade, Salomé.
Si pregava di applaudire solo alla fine e di non lasciare il proprio posto durante le danze.
La solita conclusione: ‘grazie per la vostra presenza e buon divertimento’!
Era giunta la consumazione. Ci eravamo messi d’accordo, al nostro tavolo (una coppia non giovanissima, un signore di mezza età, ed io), ed avevamo ordinato champagne. Il signore solo, aveva commentato: ‘à la guerre comme à la guerre’, in effetti, quando si &egrave in ballo si balla.
Champagne di marca e millesimato, caro come se avessimo invitato a cena una dozzina di Veuve Clicot!
Le luci si abbassarono, si alzò il sipario.
Nel centro, la donna mascherata, raccolta su se stessa, con le braccia intorno alle gambe, avvolta in veli multicolore. La testa nascosta da una impenetrabile maschera di seta.
A mano a mano che le languide note si susseguivano, si alzò lentamente e prese a danzare con una grazia avvincente; passò velocemente sulla passerella, tornò indietro. S’intravedeva il suo corpo perfetto, ammaliante, e i veli lo esaltavano più che celarlo.
In ultimo, sembrò sbocciare dai quei veli e rimase immobile, completamente nuda, con un seno meraviglioso, gambe perfette, un fondo schiena da sogno. Rimase così, addirittura per qualche minuto, perché gli applausi erano scroscianti, interminabili.
Sì, era veramente uno spettacolo avvincente, e per me anche molto, molto eccitante.
Il signore solo, sussurrò che quelle erano miches, chiappe, formidabili. L’altro, quello della coppia, aggiunse che anche le nénés, le tette, non erano da meno e sghignazzando aggiunse figurarsi il resto e sottovoce borbottò all’altro che era proprio un bel pezzo di minette!
La moglie faceva finta di essere distratta.
Sheherazade fu ancora più coinvolgente della prima danza, ma quella che ci afferrò tutti, ci coinvolse, ci travolse, sì che era difficile non applaudire, restare seduti, fu Salomé. Con i veli che cadevano ad uno ad uno, lasciandola completamente spoglia, in atteggiamento rapito e statuario, sulla passerella, a pochi metri da me. Una danza languida, voluttuosa, seducente.
Era di spalle, con la sua schiena incantevole. Le sue gambe perfette.
Si voltò per ringraziare.
Lo spettacolo del suo seno, del suo ventre, del suo pube, del lieve rigonfiamento del monte di venere, dove cominciava il boschetto delle delizie che a malapena nascondeva la grotta del tesoro, non può descriversi. Non ci sono espressioni adeguate.
Piegò la gamba per inchinarsi a ringraziare.
Sulla coscia sinistra, in alto, quasi nascosto dai riccioli corvini, un piccolo tatuaggio: un giglio stilizzato. Minuscolo, rosso.
Gli spettatori non finivano mai di applaudire.
Come aveva detto lo speaker, alle 07.30 p.m. precise, il sipario cadde, le luci si spensero in parte, la gente sfollava lentamente. I commenti si incrociavano, entusiasti.
Era vero, la ‘femme masquée’ era superiore ad ogni aspettativa.
Mi avviai verso casa, adagio, senza fretta.
Entrai. Ero il primo.
Poco dopo ecco maman, allegra e frizzante come di consueto, e come al solito nel suo chemisier svolazzante.
Attendemmo papà per la cena. Non importava fare tardi. Domani riposo.
La notte sognai la donna mascherata.
E la pensai anche il mattino successivo, e durante il giorno’
Mi era entrata nel sangue.
Sarei andato tutte le sere a vederla, ma il portamonete non me lo consentiva.
^^^
Stavo svolgendo la tesina assegnatami dall’insegnante di storia: I Borboni.
Avevo molto materiale, raccolto qua e la, specie attraverso internet.
Dovevo coordinare il tutto, e, come si dice, ‘buttarla giù’.
Domenica mattino.
Papà Maurice era uscito da poco. Ogni tanto, come capo turno, gli tocca la giornata festiva, dalle nove del mattino alla stessa ora del giorno successivo.
La bella gamine, aveva fatto il suo bagno, aveva ascoltato la sua musica (credo che le servisse d’accompagnamento alla ginnastica), ed era venuta nella mia camera-studio, portandomi una tazza di caffellatte. La poggiò sulla scrivania, sedette sul bracciolo della poltrona.
Era in accappatoio, bianco, corto, e in testa aveva avvolto un asciugamano, a mo’ di turbante. Sorridente, particolarmente bella.
Si chinò per leggere sul monitor.
L’accappatoio si apre un po”
Tette superbe’ come quelle della donna mascherata.
‘Prendi un po’ di latte, Pierre’ Cosa fai?’
‘Sto cercando di mettere insieme una tesina che devo consegnare martedì.’
‘Posso vedere?’
‘Certo.’
Sedette sulle mie gambe.
Leggero l’accappatoio, e altrettanto i miei pantaloncini.
Si era seduta altre volte sulle mie ginocchia, gamine, ma quella volta, sia per la veduta delle tette, sia per l’accostamento alla signora mascherata, la cosa era diversa.
Sentivo chiaramente le sue natiche tonte e sode, il solco che le divideva. E sentivo ancor più l’eccitazione che mi stava pervadendo.
Maman lesse qualcosa.
‘Ah! E’ sui Borboni.
I miei preferiti.
Io sono una contraddizione in termini: repubblicana convinta e sfegatata fan dei Borboni.’
‘Come mai?’
‘Non lo so come &egrave nata questa specie di ammirazione. La ho da bambina, mi mascheravo da regina borbonica. Due matte, io ed Amélie, la mia migliore amica.’
Parlava, muoveva il mouse e si muoveva lei. Era una carezza continua al mio sesso che non ne aveva proprio bisogno, in quel momento. Ero in tiro. Possibile che non se ne accorgesse?
Temevo che seguitando così da un momento all’altro mi sarei impiastricciato tutto.
Forse era meglio, mi sarei liberato da quella tensione spasmodica.
Ma, lei se ne sarebbe accorta?
Forse se le parlavo l’eccitazione si sarebbe attenuata. Dovevo’ distrarla’!
‘Quale di Borboni ti interessa di più?’
‘Un po’ tutti. E’ il fascino della ‘casa’. I Borboni!
Pensa che eravamo tanto pazzoidi che io e Amélie ci siamo fatte tatuare, da sua sorella più grande, che &egrave una professionista in materia, un piccolo stemma dei Borboni.’
‘Uno stemma borbonico?’
‘Si, un giglio stilizzato”
Per poco non mi veniva un colpo.
Anche la donna mascherata aveva un piccolo giglio stilizzato, sulla coscia sinistra, molto in alto, seminascosto dai riccioli del pube.
‘Un giglio? Dove? Non l’ho mai visto!’
‘Non &egrave in un posto accessibile agli occhi di tutti!’
Sorrise, con quella sua aria maliziosa per cui la chiamavamo gamine.
‘Ma io posso vederlo, vero?’
‘Non so’ devo pensarci”
‘Dai, ma’, adesso abbiamo segreti tra noi? Fammelo vedere.’
‘Un’altra volta’ devo mettermi il tanga.’
‘E che c’entra il tanga.’
Sorrideva divertita, io stavo sulle spine.
‘E’ che il piccolo giglio rosso si trova quasi nell’inguine”
Rosso’ nell’inguine’
‘Sinistro?’
‘Bravo, hai indovinato!’
‘Devo vederlo adesso, subito!’
‘Perché tanta fretta?’
‘Te lo dico dopo.’
Stavo perdendo le staffe, un dubbio atroce mi tormentava.
Una coincidenza stranissima: lo stesso tatuaggio, stesso colore, stesso posto!
Mi alzai cercando di dominarmi.
La sollevai di peso e la deposi sul letto.
‘Ma Pierre, cosa fai?’
Stava ridendo, per lei era uno scherzo.
Per me no!
Aprii senza tante cerimonie l’accappatoio, le dischiusi le cosce.
Era quello! Era quello!
Rimasi in ginocchio, incantato.
La guardai, sbalordito, sgomento.
‘La femme masquée!’
Sbarrò gli occhi, impaurita, sconvolta.
Nascosi il volto tra le sue gambe, baciando, lambendo il giglio dei Borboni.
Cercò di alzarsi, di mettersi seduta.
‘Ti scongiuro, Pierre, ti scongiuro’ sta zitto’ non rovinarmi’ non distruggere tutto”
I non mi saziavo a baciarla, ora la mia lingua era tra le sue grandi labbra.
Era rimasta immobile, di sasso, le dita nei miei capelli.
Alzai le mani, le afferrai il seno, lo strinsi, freneticamente.
E seguitavo a leccarla, quasi furiosamente, avevo succhiato il clitoride, ora la lingua era dentro di lei, con movimento circolare. Stavo divenendo meno nervoso, meno furioso, ma sempre più eccitato.
Maman era la donna mascherata, Salomé.
Era bellissima, stimolante.
Avevo la voglia di morderla.
Ma si, dovevo morderla.
Mi arrampicai su lei, le presi i capezzoli tra i denti, leggermente.
‘Pierre, ti prego, non lasciarmi segni’ ti prego”
Tornai a leccarle il sesso.
Sentii che cominciava a muoversi.. dapprima lentamente, poi sempre più smaniosa, e gemeva, con gli occhi chiusi, una mano sulla bocca.
‘Pierre, tesoro, bambino mio’ cosa vuoi fare”
Questo, ma’.
Via pantaloncini, boxer, camiciola.
Via tutto.
Puntai il mio fallo rubizzo e irrequieto tra le sue gambe, la penetrai, stringendo i denti, avvinghiato alle sue cosce, trattenendomi a stento dall’essere quasi brutale.
Era una cosa meravigliosa.
Mia madre era Sheherazade.
E il pompare diveniva sempre più deciso.
Ma lei, ormai, s’era abbandonata completamente ai sensi.
Aveva incrociato le gambe sulla mia schiena, inarcato il bacino, e contraccambiava voluttuosamente le mie spinte, accompagnandole con gemito incalzante che sfociò in un grido, alto, incontrollato e dal fremito convulso che la sconvolse, e poi la lasciò, inerte, mentre una colata bollente di liquido seminale la invadeva.
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Quella notte non conoscemmo tregua.
Ormai la diga era rotta.
Quella notte nacque la nostra complicità.
Lei avrebbe tolto la maschera solo quando era con me.
E, come me, non vedeva l’ora di toglierla’
La cosa andò avanti per un bel pezzo.
Non avevamo paura di nulla, non temevamo nessuno.
L’essenziale era fare l’amore.
Ma ve lo immaginate che io, Pierre, andavo a letto che la donna misteriosa di cui parlava tutto il mondo?
E lei voleva venire a letto con me, passionalmente, voluttuosamente.
L’unico che ci guardava e non si rendeva conto della nostra allegria, della nostra connivenza, era il buon papà Maurice.
E non riusciva neppure a capire come la sua donna era meno desiderosa degli amplessi coniugali.
Un giorno, sulla porta a vetri de ‘Le Sablier’, apparve un avviso: ‘Le rappresentazioni sono sospese per indisposizioni della ‘femme masquée’.
Sette mesi dopo nacque Teodora, dono di Dio.
La mia sorellina.
O mia figlia?
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