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La permuta

By 3 Marzo 2014Ottobre 13th, 2021No Comments

– Franco, dobbiamo parlare.

Quando tua moglie comincia una frase con queste parole le probabilità che la discussione non trascenda sono tendenti a zero.

Eppure fu proprio con queste parole che Daniela mi accolse al mio ritorno dal lavoro.

Mi resi conto che la cosa buttava davvero male quando vidi uno sconosciuto comodamente seduto sul mio divano in salotto. Si era tolto la giacca e la cravatta e sembrava a casa sua, seduto in mezzo con le braccia larghe lungo gli schienali e la gambe accavallate, la caviglia sinistra appoggiata sul ginocchio destro.

– Lui è Michele. – m’informò Daniela. – È di lui che ti devo parlare. –

– Va bene, come vuoi, Daniela.

Mi colpì la differenza di età tra i due. Mia moglie ormai avrebbe compiuto quarant’anni tra pochi mesi, anche se si manteneva in ottima forma, mentre questo Michele non ne dimostrava più di trentadue o trentatré.

Un bel ragazzo, alto, bruno.

Un’espressione di sfida po’ troppo spavalda per i miei gusti. Un tantino arrogante.

Daniela era seria e preoccupata, mentre l’uomo pareva rilassato, addirittura compiaciuto. Quasi strafottente.

Daniela deglutì, si torse le mani visibilmente nervosa e alla fine trovò il coraggio di affrontare l’argomento.

– Ti sarai reso conto di quanto la nostra vita sessuale sia diventata insoddisfacente negli ultimi tempi, no?

– Insoddisfacente? Non capisco.

– Beh, sì. Noiosa, dai, Franco.

– Noiosa? Ma cosa dici?

– Franco, sto dicendo che non riesci più a darmi le emozioni di cui ho bisogno! – Daniela sembrava spazientirsi.

– Come fai a saperlo, se non ti sei degnata nemmeno di fare finta di accettare le mie avance nelle ultime sei settimane?

Ora Daniela appariva in imbarazzo e guardò Michele in cerca di aiuto.

– Franco, quello che Daniela sta cercando di dire…

– Scusa, giovanotto, io non so neanche chi cazzo sei e come fai a pensare di avere il diritto di fare il gradasso in casa mia. Io per te sono il signor Falcone e mi dai del lei. Chiaro?

Il suo colorito assunse tonalità tendenti al violaceo e mi parve di vedere un filo di fumo uscirgli dalle orecchie. Forse era la mia immaginazione.

Comunque uno a zero per me, anche se sapevo che questo punteggio avrebbe potuto cambiare presto.

– Michele, lascia stare. È meglio che ci pensi io. Senti, Franco. Non è che io non ti ami più. Anzi, io penso il meglio di te e non riuscirei a immaginare la mia vita senza la tua presenza accanto.

– Quindi non mi stai dicendo che ti sei innamorata di qualcun altro, no?

– Certo che no, almeno, non esattamente…

Mi guardò intensamente, forse aspettandosi che io capissi il suo punto di vista.

– Non voglio che nulla cambi tra noi, Franco. Io sono innamorata di te come il primo giorno. Forse però, spiritualmente, sono cresciuta più di quanto abbia fatto tu e ho bisogno di espandere i miei orizzonti anche in altre direzioni, capisci? Per trovare me stessa, per la mia maturazione emotiva, perché sia in grado di dare un contributo più cosciente e costruttivo alla coppia, quindi anche a te, Franco!

Incredibilmente pareva che credesse veramente alle stronzate che diceva: lo sguardo era intenso e si accalorava nella discussione.

– Quindi per “ritrovare te stessa” hai bisogno di farti fottere da ‘sto Michelino qua?

– Non è da te essere così volgare, Franco. Non c’è bisogno di sarcasmo. Credevo che saresti stato più comprensivo nei riguardi delle mie esigenze.

– Allora come definiresti questo tuo atteggiamento, Daniela?

– Piuttosto come un allargamento di vedute, una relazione più intensa…

– Tipo un “allargamento di vedute e di gambe” e una relazione intensa al punto di prevedere le corna?

– Non stai facilitandomi le cose, Franco. – mi disse con un’espressione delusa e di sottile rimprovero, come verso un bambino ostinato.

– Scusa, non voglio certo complicarti la vita mentre stai ritrovando te stessa…

– Accetto le tue scuse, Franco.

– Comunque, alla fine, non ho capito bene cosa vuoi.

– Franco, hai capito benissimo.

– Invece no. Devo essere ritardato. Dimmelo con parole semplici, se non ti spiace.

I due si guardarono. Chiaramente la conversazione stava prendendo una piega che non avevano previsto.

Sospirando, Michele fece cenno con la testa a Daniela di avere pazienza e spiegarmi.

Credo però che oltretutto non fosse disposto a rivolgersi a me dandomi del lei e chiamandomi signor Falcone.

– Beh, avevamo pensato di continuare come prima, solo che io uscirei con Michele due o tre volte la settimana. Non ti renderesti neanche conto della differenza.

– E tu pensi che quest’accordo sia la cosa migliore per noi?

– Certo, Franco! Ne abbiamo parlato a lungo con Michele: io potrei non esserci per te qualche sera, ma sarei sempre a casa per l’ora di colazione!

Questa non me l’aspettavo proprio. Che grande concessione! Poiché ero sempre io a preparare la colazione anche per lei, non vedevo il sacrificio…

– E in questo modo sei sicura di riuscire a ritrovare te stessa, Daniela?

– Sicuro, Franco! Naturalmente con l’aiuto di Michele. E anche del tuo, ovviamente.

– Ottimo. Quindi secondo te il ménage ideale sarebbe come quello delle ultime sei settimane: tu che ti fai trombare molte volte alla settimana dal piccolo Michele qui seduto sul mio divano ed io che mi scordo la tua passera.

Daniela mi guardò sconsolata.

Poi guardò Michele che sembrava sul punto di scoppiare e che stringeva i pugni con rabbia.

– Ma no, Franco. Basta! Non creare altre difficoltà. Mi spiace averti trascurato negli ultimi tempi, ma non ho intenzione di negarti nulla d’ora in avanti. Vedrai, ti farò felice.

– E il ragazzotto qui è d’accordo sul fatto che la sua fidanzata lo cornifichi con il marito con qualche occasionale scopata di consolazione? – E lo guardai negli occhi, come se aspettassi una risposta da lui.

Vidi un ghigno di trionfo apparire nel suo viso.

Era l’occasione che aspettava per la vendetta.

– Fai come vuoi, vecchio, scopala tutte le volte che ti pare. Non credo che possa provare qualcosa con te dopo aver sperimentato uno stallone come me!

Daniela lo guardò allarmata, ma lui ormai non lo fermava più nessuno.

– Col tuo pisellino dubito che si accorga perfino di avercelo dentro dopo che io l’avrò allargata per bene, amico mio!

– E’ così, Daniela? Confermi che il suo uccello sia così più grosso e che lui lo sappia usare meglio di quanto faccia io col mio?

– No! Non ho mai detto niente del genere e non so da dove abbia preso quest’idea! Lui non è più grosso di te e nemmeno è un amante migliore! Più rude, forse, diverso, ma non migliore.

Aspettai qualche secondo per cercare l’effetto per il mio prossimo commento e quando li vidi concentrati su di me, dissi a voce bassa, quasi parlando tra me e me:

– Sì, dev’essere così. Lo dice anche Federica. Quasi con le stesse parole.

Ci fu un attimo di gelo.

Daniela era a bocca aperta e con gli occhi spalancati.

Il primo a riprendersi fu però Michele, che si alzò finalmente dal mio divano incazzato come una pantera.

– Brutto bastardo, lascia fuori mia moglie da questa storia!

– Mi spiace, ma credo che ormai sia troppo tardi per lasciarla fuori. È coinvolta eccome!

– Ti ammazzo, brutto figlio di puttana! – Disse cercando di avvicinarsi a me con la faccia contratta dalla rabbia e i pugni serrati.

Mia moglie si frappose e lo bloccò prima che facesse qualche sciocchezza.

– Lascia stare, Michele, è per il tuo bene. Non hai speranze contro di lui.

Aveva ragione, naturalmente. Michele era più giovane, più pesante e sicuramente passava qualche ora in palestra.

Io però avevo avuto un’infanzia e un’adolescenza difficili, ero cresciuto in un quartiere degradato di case popolari e le risse per strada erano all’ordine del giorno.

Inoltre avevo lavorato per quasi vent’anni nel mondo delle costruzioni, nei cantieri. L’avrei spezzato in due se avesse voluto scoprire la differenza tra i muscoli gonfiati in palestra e quelli costruiti in cantiere.

Michele parve pensarci e si fermò. Peccato…

– Perché tiri in ballo la moglie di Michele in questa storia? Lei non c’entra niente! – mi chiese Daniela con una certa preoccupazione nella voce.

– Veramente è stata lei a tirare in ballo me. Un mese fa mi ha chiamato a sorpresa mentre guardavo il Milan in tv per parlarmi del fatto che aveva scoperto la vostra tresca.

Se Daniela era sorpresa, Michele sembrava addirittura pietrificato.

Non aveva idea che sua moglie fosse al corrente.

Ragazzi, cominciavo veramente a divertirmi.

Due a zero, per il momento.

Intanto, per qualche secondo nessuno aprì bocca. Stavano tutti cercando di metabolizzare l’informazione che avevano appena appreso.

Daniela fu la prima a rompere il silenzio.

– Franco, stai confessando di esserti trombato la moglie di Michele?

– Forse la prima volta, quando abbiamo deciso di scopare per vendetta. Poi le altre volte l’emozione è stata tanto intensa che devo proprio dire che il nostro è stato un vero “fare l’amore”. Una comunione di anime e corpi. Un sentimento che è cresciuto fino al punto di travolgerci. Altro che trombare.

– Sei un bugiardo! Brutto bastardo! Mia moglie non se la farebbe mai con un vecchio puzzone come te!

Guardai Daniela, che era circa della mia stessa età e che non aveva gradito il fatto che mi chiamasse “vecchio”, e si vedeva.

Provai quasi compassione per questa povera donna che aveva combinato un bel casino senza neanche rendersene conto.

E che forse cominciava a sospettare che le sue scelte avrebbero dovuto essere diverse.

– Se vuoi delle prove, mio buon Michele, posso descriverti quella bella rosa che si è fatta tatuare e ti posso anche indicare il punto preciso. Oppure preferisci che ti descriva come fa quando gode, le cose che dice e come muove la testa? – e nel dirlo la imitai girando violentemente la testa da parte a parte diverse volte con gli occhi chiusi e la bocca aperta emettendo un verso roco e ritmato.

Se lo sguardo avesse potuto uccidere io sarei già morto da un bel pezzo.

Ora non solo sapeva che avevo visto nuda la sua bella moglie ventisettenne, ma anche che l’avevo trapanata al punto da farla godere.

Decisi di affondare il coltello nella piaga.

– Veramente non avevo mai visto una donna perdere il controllo come lei al solo titillarle i capezzoli. Davvero sorprendente. E i pompini, poi, l’impegno che ci mette!

– Bugiardo! Lei non fa pompini!

– A te forse, ma io mi sono preso il tempo di spiegarle quanto avrebbe potuto essere divertente e adesso è lei a insistere per farmeli. Se tu invece di correre dietro alle mogli degli altri ti fossi preso la briga di occuparti della tua avresti ottenuto gli stessi risultati.

– Basta! – disse scostando villanamente la mano che Daniela teneva sul suo braccio – Torno a casa da Federica e le faccio vedere io!

– Per entrare in casa tua dovresti avere la chiave. Una come questa. – e gli mostrai una delle mie chiavi.

– Vuoi che non abbia le chiavi di casa mia, idiota?

– Quelle della nuova serratura che abbiamo installato questa mattina?

Lo vidi afflosciarsi visibilmente.

– Beh, allora ragazzi buona continuazione. Io vado.

– Franco, dove vai? Mi lasci? E le tue cose?

– Vado da Federica, no? Tutto ciò che m’interessava è già da lei o nel camioncino che ho noleggiato e che mi aspetta in strada.

Daniela per la prima volta si accorse che qualcosa mancava dalla sala.

Con apprensione si diresse verso la camera e si rese conto che le mie cose erano sparite.

Cercò di fermarmi gettandomi le braccia al collo.

– Franco, che ne sarà di me? Come farò a sopravvivere?

– Ti lascio la casa, tanto è in affitto. E la macchina, se riesci a mantenerla col tuo lavoro di precaria a mezza giornata al call center. E poi c’è il buon Michelino che certamente vorrà aiutarti. Anche se non per molto, credo, perché lavora per suo suocero che ci ha già detto che non vuole più vederlo a partire da lunedì.

Mi avviai verso la porta e mi girai a guardarli. La loro aria costernata e sconfitta era ben diversa da quella arrogante e spavalda di un’ora prima.

– Ciao, Michele. È stato un piacere conoscerti. E, Daniela, grazie per tutti i bei momenti che abbiamo passato insieme. Peccato che siano dovuti finire. Addio.

Me ne andai chiudendo la porta alle mie spalle.

Mentre aspettavo l’ascensore li sentii discutere tra loro e anche alzare la voce.

Tre a zero per me e palla al centro.

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Qualcuno potrà dire che io sia stato troppo severo e sbrigativo nell’abbandonare Daniela.

La verità è che non ne potevo più. Non era la prima volta che mi tradiva e non sarebbe stata l’ultima.

Non c’erano figli che ci legavano e poi la mancanza di rispetto nell’anche solo ipotizzare che avrei potuto finire con l’essere d’accordo con l’assurdo programma che i due deficienti avevano preparato per me mi aveva fatto decidere per una rottura immediata.

Non nego però che il fatto di permutare una moglie infedele, quasi quarantenne e senza un soldo con una ventisettenne scatenata che avrebbe ereditato una fiorente azienda nel campo dello smaltimento dei rifiuti sicuramente abbia inciso sulla mia decisione. Chiamami scemo…

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