Skip to main content

Le avventure – ep1 – Il postino

By 26 Novembre 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Aprii il portone di ingresso, bastarono pochi centimetri e una folata di vento mi procurò una tremenda pelle d’oca. A parte un paio di calzini ai piedi ero completamente nuda. I capezzoli in un istante mi divennero duri e bruni. Era una fredda giornata di ottobre. Pioveva.
Sarebbe stato meglio aspettare a liberarmi del pigiama’ oppure vestirmi. Vestirmi avrebbe richiesto tempo però.
‘Una vestaglia’ ecco di cosa ho bisogno’ di una vestaglia!’
Mi ripromisi di annotarlo nella lista dei regali di Natale.
– Willy?
Chiamai ad alta voce sbirciando all’esterno dal pertugio.
Attesi alcuni secondi’ poi accostai il portone per il freddo.
– Dove si è cacciato?
Dissi tra me e me.
Ero piuttosto seccata. Ipotizzai di lasciar perdere, poi decisi di ritentare.
Riaprii il portone accettando di subire un nuovo brivido e di nuovo chiamai.
– Willy? Vieni!
Aspettai qualche secondo, ma invano.
– Willy? Non vuoi venire a fare colazione con me?
Dovevo rassegnarmi.
– Quel birbante sarà in giro da qualche parte’ fradicio.
Non mi andava per nulla di modificare i miei progetti per un capriccio del mio cane. Avrebbe avuto tutto il giorno per divertirsi a correre in giardino sotto la pioggia. Io invece avevo in mente di fare una simpatica colazione’ e poi dovevo prepararmi e uscire. Mi aspettavano in ufficio per le dieci e mezza.
I miei piani erano già rovinati. Non potevo far entrare Willy in casa tutto bagnato.
Eppure sporsi la testa per cercarlo un’ultima volta. Presi fiato e’
– Ah! Ci sei.
Il giovane pastore belga mi fissava sotto la veranda a pochi metri dall’ingresso. Fermo e asciutto era rimasto per tutto il tempo silenzioso fuori dalla mia visuale.
– Cosa fai lì cucciolone? Vieni dentro che c’è freddo.
‘Che ho freddo.’
Continuò a fissarmi come se non capisse. Gli rivolsi un sorriso per fargli intendere che non lo stavo sgridando.
– Vieni. Facciamo’ una delle nostre colazioncine.
Rimase dove era. Corrugai la fronte.
– Dai che hai capito.
Ormai tremavo gelata, ma quel contrattempo piuttosto che dissuadermi mi aveva convinta ad insistere.
– Willy vieni qui subito!
Era abituato alle nostre colazioncine. In genere si precipitava in casa addirittura prima che lo chiamassi’ infatti per certe questioni Willy sfoggiava un sesto senso incredibile. Forse era per il brutto tempo, ma quella mattina si stava dimostrando particolarmente tonto.
– Non ti va? Mi faccio la colazioncina da sola?
‘Non mi va di farmela da sola”
Avrei anche potuto. Non era un obbligo stare assieme’ ma non aveva mai rifiutato la mia compagnia. Era insolito’ e non mi andava giù.
– Se vuole faccio io colazione con lei.
Una voce maschile mi fece trasalire. Proveniva dal cancello di ingresso.
Scattai immediatamente dietro la porta per essere sicura che le mie nudità fossero tutelate.
‘Non si è visto niente.’
In vacanza ero ormai solita fare topless in spiaggia, ma il contesto era completamente diverso.
Dopo tutto mio marito avrebbe trovato anche intrigante quella situazione’ ma io non potevo mostrarmi nuda sulla soglia di casa a chiunque.
Potevo stare tranquilla. Per il freddo mi ero arrischiata ben poco oltre la soglia.
‘Non mi può aver vista.’
Chi di preciso ‘non’ mi aveva vista?
Per scoprirlo mi affacciai timidamente’ con attenzione a non espormi più che per la testa.
– Salve. Lei è la padrona di casa?
– Sì…
Era un uomo anziano su di una bicicletta con un berretto blu in testa e una giacca catarifrangente gialla.
– Sono il postino signora.
Non lo avevo mai visto. Io ricordavo un tizio in scooter e più giovane.
– Oh’ salve.
– C’è posta per lei.
Gli sorrisi gentilmente mentre un nuovo brivido di freddo mi percorreva il corpo.
– Grazie. La lasci pure nella buchetta.
Il vecchietto mi sorrise a sua volta, guardò il cielo e poi tornò a rivolgersi a me.
– Quindi non me lo offre un caffè?
‘Vorrei’ il problema è che sono completamente nuda.’
Non potevo nemmeno dirgli che in quella fredda giornata di pioggia gli negavo un quarto d’ora d’asilo.
Alzai la voce.
– Intanto le apro’ ma mi conceda un paio di minuti per’ per’
– Per rendersi presentabile?
– Sì’ esatto.
– Non c’è alcun problema signora’ anzi’ se disturbo me ne vado.
‘Povero vecchietto.’
– No! Aspetti. Non disturba affatto. Le apro.
Premetti il bottone ‘apricancello’ e sbirciai di nuovo all’esterno.
– Ora è aperto.
Di colpo il postino parve titubante.
– Il cane è pericoloso signora?
– Willy è buonissimo’ se però non si fida, mi’ rendo presentabile’ e vengo a tenerglielo.
‘Alla fine ho praticamente ammesso di essere nuda”
– Grazie signora’ come sa è un dato di fatto che i cani non amano i postini.
– Mi dia cinque minuti.
Chiusi la porta e salii le scale per tornare in camera e vestirmi.
Sbuffai. Quella gentilezza mi costava la revisione del mio intero programma.
Indossai mutandine pulite e un paio di jeans rimasti in giro dal giorno prima’ in topless mi misi in cerca degli indumenti mancanti. Passando davanti allo specchio non potei fare a meno di fermarmi e ammirarmi il seno.
I capezzoli erano ancora piuttosto contratti. Con le mani raccolsi i capelli e li portai sopra la testa per ammirare le mie forme.
– Niente male.
Sarebbe potuto essere interessante farmi trovare così da mio marito al suo rientro dal lavoro.
In mancanza del vento freddo avrei sempre potuto ricorrere ad un cubetto di ghiaccio.
– Uuuhh’
Mi compiacqui con me stessa per l’idea ad alto tasso erotico.
Lasciai andare i capelli sciolti e portai le mani sulle mie tette. Le afferrai delicatamente’ con i polpastrelli stuzzicai i capezzoli. Erano piuttosto sensibili.
Avevano bisogno di essere leccati per bene!
Una catena di idee mi fece ricordare che avevo il postino alla porta.
– Ops!
Aprii un cassetto e presi un maglioncino. Mi finii in mano uno dei miei preferiti. Bianco di cachemire.
Cercai con gli occhi il reggiseno tolto la sera prima. Lo avevo messo nel cesto della biancheria, assieme alle mutandine.
Tornai verso il cassetto dell’intimo pulito ‘ era ancora aperto.
Poi sentii Willy abbaiare e mi fermai.
– Al diavolo! Ora cosa succede?
Rinunciai al reggiseno. Mi incamminai fuori dalla stanza infilando il maglioncino.
Corsi giù per le scale e mi precipitai all’ingresso.
Aprendo il portone trovai in veranda il vecchio postino chinato ad accarezzare Willy.
– Alla fine ho preso coraggio’ sono entrato e abbiamo fatto amicizia.
Sbattei le palpebre. Scombussolata per la fretta più che per il fatto.
– Come le ho detto è buonissimo.
– Oh sì, lo è. Non fa una gran guardia.
L’anziano si alzò e venne verso di me.
Willy lo seguiva scodinzolando.
Non aveva mai espresso ostilità per nessuno, tanto meno per i postini.
Poi quel vecchietto aveva un aria davvero simpatica. Alto e magro con grossi baffoni grigi. Il volto era segnato da profonde rughe, gli occhi azzurri erano ancora brillanti e vivaci’ anche se pareva un po” rincoglionito.
– Non è un cane da guardia’
Ci tenni a precisare.
Lo sarebbe potuto anche essere, ma lo avevo ‘tirato su’ con abitudini più rivolte alla compagnia.
– Però un cane da guardia in una villa in mezzo alla campagna fa sempre comodo.
– Infatti mio marito vorrebbe addestrarlo.
Io non volevo invece.
– Del resto sarebbe un peccato che perdesse questa indole così bonaria. Di cani io ne ho visti.
– Lo dico sempre a mio marito. Willy è il mio cucciolone.
– Sì’ è davvero un bel cucciolone.
Intanto il postino era arrivato alla porta.
– Venga entri pure.
– Grazie’ permesso.
Fermai Willy che in coda si stava approfittando dello stesso permesso.
– Eh no! Hai rinunciato alla colazioncina’ ora rimani fuori.
Il mio cucciolone ci rimase malissimo. Inclemente io lo lasciai fuori.
‘Però se mi sbrigassi con questo caffè’ una capatina dentro potrei concedergliela.’
Anche io ero di indole bonaria.
Riportai l’attenzione sull’ospite. Lo feci accomodare. Lasciai che coi suoi tempi appoggiasse il borsello della posta e appendesse la giacca umida all’attaccapanni.
Poi lo invitai per il caffè concordato.
– Venga. La cucina è di sopra.
– La seguo signora.
Mentre salivamo le scale’ mi sentii gli occhi del postino sul culo.
‘E’ solo un vecchietto!’
Scacciai dalla testa l’ipotesi immaginando che l’impressione fosse causata più da come mi sentivo io che da un effettivo indizio.
Per esserne certa mi girai per sorridere al mio ospite. Lo trovai pronto a guardarmi negli occhi.
‘Come pensavo. E’ un gentile vecchietto.’
Io non ero solita far entrare sconosciuti in casa, ma il postino sembrava più un nonnino buono delle favole che un pericoloso bandito. Anche lui era di indole bonaria.
Lo feci sedere a tavola e mi misi a preparargli il caffè promesso.
– Quindi lei si sente molto sola?
Trasalii.
– No’ non particolarmente. Perché lo pensa?
– Oh’ nulla. L’ho pensato per l’affettuosità nei confronti del suo cane. In genere quando una donna si affeziona ad un animale o è sola oppure sente la mancanza di un figlio.
Trovai quelle supposizioni un po’ invadenti’ pensai che fosse la vecchiaia ad aver abbattuto un po’ i ‘filtri’ del postino. Dopo tutto non era stato maleducato. Il suo tono era anzi molto gentile. Era solo un po’ rincoglionito.
– Ho un marito amorevole e per un figlio sono ancora giovane.
– Oh sì. Certo. Non volevo intendere che fosse il suo caso. Io parlo per esperienze ormai troppo antiquate. Oggi è tutto diverso’ un tempo le mogli erano sole e abbandonate’ e se non avevano figli si da giovani ne soffrivano.
Aveva aggiustato un po’ il tiro.
– Già. Ora sono altri tempi.
– Eppure lei è una giovane sposina sola in casa’ come le massaie di una volta.
Sbagliava. Mi dispiaceva rovinare la sua bella fantasia, ma era completamente fuori strada.
– In realtà io non sono una casalinga. Io lavoro.
– Ah sì?
– Sì. Ho però un impiego che mi impegna part-time, senza orari fissi e che spesso riesco a svolgere da casa.
Il vecchietto si fece perplesso. Sembrava sconcertato e io non ne capivo il motivo.
– Lavoro per unìagency dove mi occupo di ricerche di mercato e conseguenti analisi rivolte ad ottimizzare la comunicazione delle aziende tramite i canali multimediali di ultima generazione come siti internet, youtube, facebook e altri social network.
Si accigliò e poi si mise a ridere. Fece sorridere anche me.
– Signora’ io non ho capito niente di quello che fa’ però all’inizio avevo pensato a tutt’alto.
– E cioè?
Ridacchiò furbescamente’ proprio come un vecchietto che ‘la sa lunga” o come un vecchietto proprio rincoglionito.
– Mi scusi’ ma una donna giovane e bella come lei’ che lavora a casa senza orari precisi’ per arrotondare’
Si fermò per lasciare che ci arrivassi da sola.
‘Ha pensato che facessi la prostituta in casa?’
Arrossii violentemente per l’equivoco.
– No! Non quello!
Rise di nuovo.
– Mi scusi se l’ho pensato signora. Mi scusi davvero.
Era stato di nuovo irriverente.
– Non si preoccupi. Sono stata poco chiara io.
‘La fantasia l’ha fatta lavorare però.’
– E’ che ai miei tempi qualche volta succedeva.
A quel punto l’imbarazzo mutò in curiosità.
– Ah sì? Dice sul serio?
Il vecchio postino alzò gli occhi azzurri al soffitto come per trovare l’immagine dei suoi ricordi.
– Qualcuna lo faceva per soldi’ ma più spesso succedeva per noia e solitudine.
– Ma qui? In campagna?
– C’era più solitudine un tempo.
Gli brillarono gli occhi. Con entusiasmo iniziò a raccontare.
– Lei la conosce la vedova Mafalda?
– No’ non credo.
– Vive in fondo allo stradello che si prende a destra due chilometri più avanti.
Ci riflettei. Ero andata a passeggiare da quelle parti d’estate in un paio di occasioni.
– Parla della burbera signora che vive in quella casa bianca? Quella che d’estate sta tutto il tempo seduta su quella sedia a dondolo e manda via tutti i passanti?
– Esatto. La Mafalda dopo la morte del marito si mise a fare il mestiere. Lì in vetrina tutta l’estate.
Mi chiesi se stesse scherzando.
– Una volta.
Aggiunsi io la precisazione di cui speravo la correttezza.
– Sì’ sì’ ora non esercita più. Da un sacco d’anni. Almeno venti direi’ magari trenta. Al tempo era molto conosciuta e apprezzata però.
Pensare che ‘esercitasse’ con le sembianze attuali faceva venire la pelle d’oca.
– E nel borgo giù verso il paese vivevano due sorelle piuttosto libertine’ una nascondeva all’altra le proprie abitudini. Ovviamente anche i rispettivi mariti non sapevano nulla.
Il vecchio postino parlava quasi con nostalgia. Sorrisi pensando che doveva aver conosciuto bene tutte quelle donne durante i suoi giri.
Gli servii il suo caffè. Nemmeno lo notò tanto era preso dal racconto.
– Poi c’era la moglie del mugnaio!
– Il mugnaio?
Quanto tempo doveva esser passato da quando esisteva la moglie di un mugnaio.
– Quella aveva due tette che’
Frenò di colpo l’entusiasmo. Si fermò di colpo con le mani davanti al torace a simulare la pienezza del seno della donna.
Mi guardò i seni nascosti sotto il maglioncino. Li guardò proprio bene’ con la bocca aperta.
Mi imbarazzò di nuovo’ ma per compassione lo lasciai guardare.
Si riprese da solo. Senza vergognarsi della sua occhiata indiscreta si scusò per i suoi racconti arditi.
– Mi perdoni. Certi particolari immagino non li gradisca. Mi perdoni davvero.
In fondo ‘certi particolari’ erano anche interessanti.
– Non c’è alcun problema.
Si acquietò.
– Grazie per il caffè signora.
– Vuole dei biscotti?
– Oh no grazie. Ma lei faccia pure la sua colazioncina.
L’avevo immaginata diversa.
Per un po’ rimanemmo in silenzio. Fu quasi più imbarazzante delle frasi sfacciate.
Lo fu di certo quando mi accorsi che il postino continuava a sbirciarmi le tette.
Mi domandai se fosse così plateale che non portassi il reggiseno. Mi domandai anche se mi si vedessero i capezzoli. Evitai però di abbassare gli occhi per controllare. Mi feci coraggio.
‘E’ solo un vecchietto’ se mi guarda un po’ le tette non succede niente.’
Fortunatamente la conversazione riprese.
– Che bella casa che avete.
– Grazie.
– L’avete fatta sistemare da poco.
– Sì’ siamo entrati dopo le nozze’ diciamo che la stiamo ancora sistemando però.
– Da quanto siete sposati?
– Sono sposata da un anno e un mese’
Guardai il calendario alla parete.
– Un anno, un mese e un giorno.
Precisai.
– Come mi piace l’accuratezza di voi donne.
Gradii quel complimento rivolto all’intero genere. Almeno non era un uomo che nella vita aveva considerato le donne solo per le tette.
– Si è sposata molto giovane. Quanti anni ha?
– Vado per i venticinque.
Ridacchiò sistemandosi i baffi.
– Una volta ci si sposava anche prima, ma oggi è davvero raro.
– L’ho fatto per amore.
– Allora io dico che ha fatto bene!
Poi si incupì e aggrottò la fronte.
– Non se ne è pentita, vero?
– No’ assolutamente no. Sono molto felice.
Lo tranquillizzai.
– L’importante è che non si senta sola.
Insisteva su quell’aspetto. Mi limitai a sorridergli cortesemente’ forse fu un errore. Lo colse come un invito.
– Se mai sarò di turno di nuovo da queste parti potrei passare a prendere un caffè’ e farle compagnia.
Cercai di glissare la proposta sfacciata.
– Quindi lei è di turno da queste parti solo ogni tanto. Ecco perché non l’avevo mai notata. Ricordavo un postino in scooter.
– Se c’è bisogno di sostituire qualcuno colgo l’occasione per uscire e fare un giro. Timbri e scartoffie al chiuso non fanno per me.
– Perché non va in pensione? Immagino che ormai abbia l’età per permettersela.
Era il mio turno di essere impertinente. Me ne pentii’ i miei genitori mi avevano educata a portar rispetto agli anziani. L’uomo comunque non se la prese affatto.
– Faccio il postino da ben cinquantasette anni. In pensione ci potrei andare’ ma starmene a casa senza aver nulla da fare sarebbe anche peggio che chiuso in ufficio’
Lo disse tristemente, ma poi di colpo sorrise divertito.
– ‘e poi signora è così spassoso rompere le scatole ai miei colleghi.
Non riuscii a trattenermi. Risi! Ridemmo assieme.
Quando ci riprendemmo avevamo le lacrime agli occhi.
Lui finì il caffè e io il mio.
– Spero solo di morire in groppa a’
Mi guardò di nuovo i seni lasciando la frase in sospeso. Lo fece di proposito per lasciare intendere un impudente doppio senso.
Forse non era del tutto rincoglionito. Anzi era in gamba.
– ‘alla mia bicicletta’ portando la posta.
Gli concessi uno sguardo malizioso.
– Lei doveva essere un ragazzaccio da giovane!
– Lo ammetto signora. Ero farfallone e rubacuori.
– Mi sa che un po’ farfallone lo è rimasto.
– Proprio per questo non mi sono mai sposato. Io preferivo farle felici le donne… e non farle soffrire. Peccato però che a regalare sorrisi sono finito poi io da solo.
Mi fece una gran tenerezza. Mi sentii orgogliosa di me stessa ad avergli offerto il caffè e qualche minuto di compagnia. Cercai delle parole di conforto’ ma il vecchietto si alzò togliendomi il tempo scenico di risposta.
– La ringrazio tantissimo per il caffè. Ora tolgo il disturbo e vado a finire il mio giro.
– Non è stato un disturbo.
Alla fine era stato piacevole. Imbarazzante a tratti’ ma piacevole forse anche per quello.
Si incamminò verso l’uscita. Io lo accompagnai.
– Allora’ se ne avrò occasione ripasserò a trovarla.
Rilanciò la proposta.
– Chi lo sa se capiterà di nuovo che io sia a casa e lei di turno.
Non volevo incoraggiarlo troppo. Per quanto fosse stata una colazione divertente e diversa dal solito’ non era il caso che divenisse un’abitudine. Io avevo le mie a cui tenevo.
Passando davanti uno specchio sbirciai la mia sagoma. Anche solo di sfuggita era evidente l’assenza del reggiseno. Ormai era andata così. Il vecchio postino aveva avuto la sua occasione fortunata.
Mentre rimetteva la giacca non mancò di scrutarmi ancora i seni’ ormai io non mi vergognavo più.
Mi sorrise soddisfatto.
– Di donne io nella mia vita ne ho viste tante. Lei però è proprio bella. Non ha nemmeno bisogno del trucco come molte oggi. E’ bella di natura.
Era un complimento importante.
– Grazie.
Risposi cortesemente.
Mentre aprivo il portone di ingresso il postino sobbalzò.
– Per bacco! Stavo per dimenticare la sua posta.
Infilò la mano nel suo borsello’ rovistò alcuni secondi e poi ne prese fuori due buste.
– Ecco a lei signora.
Una comunicazione dalla nostra banca e la bolletta del gas.
– Nulla di interessante, vero? Ormai con questa faccenda della posta elettrica nessuno si diletta più nella corrispondenza tradizionale.
– Infatti.
‘Credo volesse dire ‘posta elettronica”’
– Il progresso farà fuori tutti i postini. Volente o nolente dovrò andarci lo stesso in pensione.
Uscì e poi si voltò di colpo.
– Per bacco! Ho dimenticato un’altra cosa ancora più importante.
Lo guardai aspettando qualcosa come una raccomandata.
Invece il vecchio postino sorridendo tornò sui suoi passi per allungare la sua mano verso di me. Era vuota.
– Io mi chiamo Vincenzo. Conoscerla è stato un piacere. Un grande piacere.
Davvero non ci eravamo ancora presentati.
– Io mi chiamo Monica. Piacere mio.
Vincenzo infine se ne andò pimpante. Aveva anche smesso di piovere.
Willy gli girò attorno accompagnandolo al cancello. Raccolse una carezza sulla testa, guardò uscire l’ospite e poi tornò da me scodinzolando.
– No caro. Ormai è troppo tardi per la colazioncina.
Non avevo fatto i conti con gli occhi imploranti del mio cucciolone.
Mi mordicchiai le labbra. Sospirai.
– Va bene. Ma sappi che per colpa tua farò tardi.
Il postino mi salutò e ripartì in bicicletta mentre lasciavo entrare Willy in casa. Io non avevo mai voluto tutta quella libertà. Mi sarebbe piaciuto avere dei vicini di casa. Ne avevamo’ ma non erano esattamente ‘vicini’. L’abitazione meno lontana distava all’incirca un centinaio di metri ed in mezzo c’erano cespugli ed alberi. Vivere in campagna era bello’ era un po’ desolante, certamente garantiva una certa privacy. Potevo girare nuda per casa e passare davanti alle finestre senza problemi’ con un po’ di attenzione a quelle sulla facciata che davano sulla strada, ma non passava quasi mai nessuno. Con la bella stagione sul retro in giardino potevo prendere il sole sicura dell’assenza di sguardi indiscreti. A letto con mio marito potevo tranquillamente gioire dei miei orgasmi senza che nessuno potesse udire.
Insomma a casa potevo contare su una certa libertà.
Una libertà sicura.
Poi un anziano postino in una mattina di ottobre mi aveva quasi vista nuda.
Quasi. Non mi aveva vista. Non era successo.
Ma la mia fantasia aveva più di una volta rielaborato l’episodio. Ad esempio lo avevo ricollocato in estate immaginando di essere tutta sola a prendere il sole’ e il postino entrava per cercare qualcuno a cui consegnare una raccomandata, Willy troppo buono per abbaiare ed io troppo sicura di me, tanto da essere sorpresa in topless. Avevo già preso il sole in topless in giardino’ non era un’ipotesi poi così strampalata essere trovata in quella circostanza.
Avevo fantasticato anche scenari più azzardati.
Dove mi esponevo in un nudo integrale’ oppure dove baciata dal sole intimamente addirittura mi arrischiavo in dolci carezze. Quello non era mai accaduto’ non lo avevo fatto, ma ci avevo già pensato.
Il rischio del postino rendeva l’ipotesi ancor più intrigante. Forse con l’arrivo della bella stagione avrei rischiato’ del resto era un rischio piuttosto vago.
Ci voleva una raccomandata. Avrei potuto anche inviarmela da sola.
Il postino doveva prendersi la libertà di entrare senza permesso. Se ci avessi fatto amicizia forse lo avrebbe fatto’ gli avrei indicato io casualmente che il cancello secondario poteva essere aperto manualmente senza suonare il campanello.
Willy era buono, buonissimo’ ma sarebbe stato difficile far sì che non abbaiasse al postino.
‘Certo che se Willy fosse impegnato’ in un’attività’ una attività che lo tenga concentrato’ e lontano dal cancello”
– Mmhh’
Mi mordicchiai le labbra per i miei progetti sempre più trasgressivi. Ero persa e non mi accorsi che Stefano mi stava osservando.
– A cosa stai pensando Mony?
Trasalii.
– Io? Io’ a nulla. Così’ pensavo a tutto e a niente.
Mio marito Stefano mi guardò scettico.
– Se lo dici tu.
Non gli avevo detto nulla del postino. Non c’era nulla da nascondere in realtà. Però tenere tutto per me e fantasticarci sopra aveva un profumo di proibito che non mi dispiaceva.
Il limite della fantasia si stavo facendo sempre più labile. Era inaccettabile.
Era contro le mie regole. In particolare la mia regola fondamentale.
‘Non mettersi nei guai.’
Dopo alcune faccende del mio passato, faccende per le quali avevo rischiato la reputazione e anche la ‘salute’, avevo scelto di rispettare rigorosamente tale regola.
Ne derivavano una serie di principi a cui attenersi.
Come evitare di produrre materiale foto o video con contenuti ‘imbarazzanti’. Se non esistevano non potevano cadere in mani sbagliate.
Oppure evitare ‘atti osceni’ in luoghi pubblici. Anche tutti i luoghi frequentati da famigliari, amici o chiunque potesse riconoscermi.
E ancora’ mai coinvolgere conoscenti, ma nemmeno sconosciuti che potessero rivelarsi maniaci, molestatori o anche solo potenziali ‘divulgatori’ di notizie a qualsiasi livello.
Seguendo tali principi dopo le nozze mi ero comportata in maniera impeccabile.
Rimaneva che sia io che Stefano eravamo attratti da certe ‘situazioni’.
Era innegabile.
Sopprimere le nostre fantasie avrebbe poteva rendere il nostro matrimonio precario.
Quindi esistevano le ‘licenze’.
Momenti in cui sgarrare.
In comune e totale accordo le licenze ce le concedevamo esclusivamente in vacanza. Quando eravamo lontani dal nostro ambiente, in condizioni considerate ‘sicure’ ed evitando l’esagerazione.
Il resto, tutto il resto, rimaneva fantasia.
Non era affatto male.
Amavamo fantasticare assieme.Era divertente. Ma condividere le fantasie era anche un modo per bruciarle senza viverle davvero.
Quindi se non avessi confessato le fantasie sul postino a mio marito c’era il pericolo che mi prendessi prima o poi una licenza non autorizzata?
Sarebbe stata una piccolissima licenza’ per quanto contro a diversi dei miei principi. Eppure la tentazione di sgarrare c’era.
La tentazione per me era come una tassa.
Ecco perché era meglio non avere vicini di casa. Nessun vicino, più libertà, meno rischio.
Il postino era un’anomalia.
Era domenica mattina. Fuori pioveva da ore.
Stefano sul divano leggeva le istruzioni di montaggio di un mobile che avevamo comprato da un mese e che lui si era preso l’onere di montare. Andava messo di sotto e lo avrei usato per fare il cambio di stagione delle mie scarpe.
Io guardavo la televisione. Ma riflettendo tra me e me finivo per puntare gli occhi a terra’ e l’atteggiamento rendeva ovvio che il programma trasmesso non mi interessasse più di tanto.
Feci un profondo sospiro.
– Stefano’ volevo dirti una cosa.
Gli feci alzare gli occhi dalla sua lettura.
– Ti ascolto.
Esitai.
– Monica non dirmi che hai cambiato idea per le scarpe. Se volevi l’altro mobile ormai è tardi.
L’osservazione mi fece deconcentrare.
‘Perché sarebbe tardi?’
– Possiamo sempre prendere l’altro e questo utilizzarlo in altro modo.
– Lo volevo montare stamattina e chiudere la faccenda.
– Puoi montarlo e poi se non mi va bene’ possiamo sempre prendere l’altro e questo utilizzarlo in altro modo.
– Preferivo non spenderci altri soldi Mony.
Era una posizione che non mi piaceva. Avrei comunque aspettato e poi avrei valutato.
Fino a quel momento non avevo avuto dei dubbi sul mobile. Fino a quel momento.
– Comunque non volevo parlarti di questo.
– Ah no? E di cosa allora?
Ero un po’ stizzita per la piccola discussione. Quindi non presi la premura di addolcire la pillola.
– Questa settimana il postino mi ha quasi vista nuda.
Stefano mi diede tutta la sua attenzione.
– Cosa intendi dire?
РQuello che ho detto. Cosa cӏ da spiegare?
Mio marito fece una smorfia.
– Come ha fatto a ‘quasi’ vederti nuda?
– Stavo chiamando Willy ed ero coperta solo dal portone’ non avevo visto che lui stava al cancello’ se avessi fatto un passo in più mi avrebbe vista.
Ascoltò con attenzione’ e mi fece un’osservazione azzeccata.
– Perché eri nuda mentre chiamavi Willy?
Sbattei le palpebre. Non avevo una risposta significativamente adatta.
– Era mattina’ mi stavo preparando per uscire.
– Ok Mony’ ma non potevi vestirti prima?
Sorrisi.
– Me lo sono detta anche io. C’era un freddo! Avresti dovuto vedere come mi erano divenuti i capezzoli.
Stefano mi guardò il petto. Annuì non del tutto convinto. Presi al volo l’occasione per continuare col mio racconto.
– L’ho fatto entrare, sai?
Sbigottito tornò a guardarmi negli occhi.
– Willy’ o il postino?
– Il postino.
Il suo stupore arrivò al limite.
– Cosa?! Il postino? Eri nuda e lo hai fatto entrare?
Lo tranquillizzai subito.
– No’ mi sono vestita prima.
– Ah’ ecco.
Si calmò’ ma rimase curioso. Sospirò e mi rivolse una nuova domanda per comprendere.
– Immagino avesse un pacco o una raccomandata’ e quindi? Quale è il punto?
– Sei fuori strada Ste. Voleva fare amicizia e io gli ho offerto un caffè.
Fece un’altra smorfia’ poi sorrise in modo strano.
– Quasi ti ha vista nuda’ e poi lo hai fatto entrare?
Ero certa che ad un certo punto del racconto mio marito avrebbe cominciato a far lavorare la fantasia’ ma non era quello il momento giusto.
Preferii chiarire che non era accaduto nulla.
– Abbiamo preso un caffè. Nulla di più.
Stefano ci rimase quasi male. Mugugnò un lamento e poi mi rivolse un’ammonizione.
– Non dovresti dare confidenza agli sconosciuti.
– Era un vecchietto. Era il postino. Anzi’ non era proprio il postino, lo sostituiva’ lui fa le sostituzioni di tanto in tanto fino a che non si decide ad andare in pensione’ anche se poi non ha voglia di andarci in pensione. Lavora da più di cinquant’anni, sai?
La mia spiegazione risultò logorroica. Stefano fece un cenno col capo e poi tornò a leggere le istruzioni di montaggio del mobile.
– Allora ne avrà minimo settanta. Un postino matusa. Ho capito. Va bene.
Sospirò.
– Va bene? Tutto qui? Non hai altro da aggiungere?
Non avevo più la sua attenzione.
– Fai solo attenzione a chi fai entrare in casa’ ma condivido che un vecchietto non sia considerabile una minaccia.
– E del resto non ti importa?
– Hai detto che non ti ha vista nuda’ non capisco cosa altro ci sia da aggiungere.
Avevo voglia di replicare!
‘Mi sono masturbata al pensiero che mi trovasse nuda in giardino.’
Mi resi conto che dirlo in quel momento sarebbe risultato solo ridicolo.
Stefano sarebbe scoppiato in una fragorosa risata e mi avrebbe presa in giro per giorni. Cambiai strada.
– Volevo solo dirti che ha fatto il farfallone con me’ e mi ha chiesto di rivederci.
Mio marito tornò a sollevare la testa.
– Vuoi dire che ci ha provato?
– Direi di sì’ anche se lo ha fatto in maniera molto implicita ed educata.
Probabilmente il vecchio postino aveva fatto solo un po’ il ‘simpatico’, ma ipotizzare che avesse interesse mi fece realmente valutare quell’eventualità. Forse davvero ci aveva provato con me.
– Quindi ci vuoi fare cose Mony?
O non mi prendeva sul serio o per lui era normale che io fossi particolarmente espansiva con altri uomini.
– Tu vuoi che ci faccia cose Ste?
Ero una moglie modello io. Da moglie non avevo mai tradito Stefano.
Semplicemente a lui piaceva fantasticarci sopra’ e anche a me. A lui piaceva anche rimanere del dubbio ed eccitarsi di più. Quindi’
– Se vuoi che ci faccia cose basta che tu me lo dica.
Mi avvicinai e feci scivolare una mano tra le sue gambe. Istantaneamente percepii sul palmo una reazione.
– Mony’ andresti con quel vecchio?
– Mi faceva tenerezza’
– Tenerezza?
Iniziai a muovere la mano.
– E’ tanto solo.
– La moglie è morta?
– Non si è mai sposato’ era un casanova’ da giovane faceva cornuti i mariti delle massaie della zona.
– Oh cazzo!
Non mi era chiaro se l’esclamazione fosse per il racconto o per le mie carezze.
– Mi ha detto anche che la burbera signora che vive in fondo al viale era una giovane vedova che faceva la prostituta un tempo.
– Davvero?
– Io gli ho creduto.
Scivolai giù dal divano e mi misi tra le gambe di mio marito. Immediatamente iniziai a slacciargli i pantaloni.
– Deve essere un tizio con una certa esperienza.
– Penso di sì’ ma poveretto’ credo che non scopi da una vita.
– Non ci pensare neanche a scoparci. Non voglio.
Stefano alzò un po’ la voce imponendo il suo volere. Anche solo per fantasia era vietato che io scopassi con altri.
Sorridendogli maliziosamente gli abbassai i pantaloni.
– Sì’puoi stare tranquillo. Tuttavia’
– Tuttavia?
Abbassai anche i boxer liberando l’erezione che nascondevano malamente.
– Tuttavia vorrei alleviare un po’ la sua solitudine.
– E come Mony?
Chinai il capo e presi tra le labbra il glande gonfio e paonazzo.
Cominciai un pompino.
– Oh cazzo!
Non mi era chiaro se l’esclamazione fosse per la mia bocca e per l’implicita ipotesi di aiutare a quel modo il vecchio postino.
Non fui ingorda. Feci con calma con grande cura e attenzione nei particolari.
Volevo che mio marito immaginasse nel dettaglio quale stupendo sollievo io fossi in grado di offrire al vecchio postino’ anche senza scoparmelo.
Ci misi troppo impegno’ in pochi minuti portai Stefano vicinissimo al limite.
Ero eccitata da morire, volevo la mia parte, ma allo stesso tempo ero talmente compiaciuta del mio lavoro.
Così non mi fermai e con mano e bocca assestai il colpo finale.
– Mony’ mi fai venire’
– Mmhh’
‘Vieni”
– Non resisto’
– Mmmhhh’
‘Vieni’ vieni”
– Mony’ io’
– Mmmhhh’ mmhhh’
‘Vieni!’
L’erezione iniziò a pulsare. Esplose nella mia bocca. Continuai decisa senza esitazione fino ad esaurire il piacere del mio uomo.
– Oh cazzo’
Commentò stremato. Si lasciò andare’ e io lo lasciai andare.
Mi leccai le labbra e gli concessi qualche secondo di serenità assoluta. Puro oblio.
– Pensi che possa andar bene una pompa così a quel povero vecchietto?
Stefano mi sorrise.
– Hai bevuto tutto.
– Sì’ ma se vuoi lo sperma del postino lo sputo. Dimmi tu.
Il dubbio lo vedevo nel suo sguardo. Non sapeva se scherzassi o fossi seria’ e gli andava bene così.
L’eventualità ci avrebbe fatto godere ancora altre volte.
Intanto io avevo necessità di godere subito.
– Mentre ci pensi non ti andrebbe di ricambiare il favore in camera da letto?
– Sì!
Quel consenso così deciso mi fece intendere che appena mio marito sarebbe stato pronto non si sarebbe limitato a ricambiare.
‘Per me non ci sono problemi. Anzi’ ho proprio voglia di fare all’amore.’
Mi alzai. Lo presi per mano e mi feci seguire fino alla camera.
Iniziai a togliere i vestiti. Stefano intanto mi osservava ancora perso nella reminescenza dell’oblio.
Non gli feci un vero e proprio spogliarello’ ma non mi comportai del tutto spontaneamente.
Misi una certa ricercatezza nei movimenti.
Scossi la mia folta chioma di capelli corvini’ inarcai la schiena mentre mi liberavo della maglia e buttai in fuori il sedere mentre abbassavo i jeans.
L’attenzione di Stefano si fece sempre più lucida. Era quasi pronto a desiderarmi di nuovo.
– Mony’ e se ce ne andassimo a fare un week-end da qualche parte?
Il mio atteggiamento lo aveva ispirato quindi. Intendeva prendersi una delle nostre ‘licenze’.
– E dove?
– Pensavo una città d’arte’ in un bel alberghetto pieno di turisti. Possiamo cercare dove c’è qualche mostra o evento speciale. Faremo più fatica a trovar posto, ma saremo certi che le camere siano tutte piene’ un folto pubblico tutto per noi.
– Un sincero interesse verso l’arte insomma.
– Dai Monica’ è tutto l’insieme che renderebbe il week-end straordinario.
Ero rimasta solo in reggiseno e mutandine. Tolsi il pezzo di sopra per poi spingere in alto i seni. La scena non era ancora finita.
– Cosa hai in mente Ste?
Tentennò interessato dai miei argomenti. Io in realtà sapevo già dove voleva andare a parare’ ma insistetti per farglielo ammettere.
– Allora Ste? Oltre all’arte?
Deglutì e poi rivelò le sue ovvie intenzioni’ in dettaglio.
– Pensavo al gioco dell’urlatrice.
Era uno dei giochi trasgressivi che ci concedevamo solo in vacanza.
Semplice’ ma eccitante. Nel silenzio della notte si faceva sesso’ e io facevo in modo di essere nitidamente sentita dai vicini di stanza’ o addirittura tutto il piano in caso di porte o pareti sottili.
Prima di sposarci era già capitato che nell’appartamento di Stefano facessimo ‘sesso ad alta voce’ per i vicini’ ma alla lunga si erano lamentati. Fu molto imbarazzante.
Abitare in campagna e non avere vicini ci rendeva fortunatamente incapaci di mettere in pratica quel deisderio, ne giovava la nostra, e la mia, reputazione’ in linea con la mia regola principale.
Ma in vacanza’ era tutto diverso. In un qualsiasi hotel’ in un’altra città’ nessuno ci conosceva e se qualcuno si fosse lamentato non lo avremmo mai più rivisto.
– Quale versione?
La versione originale del gioco dell’urlatrice l’avevamo sperimentata in luna di miele’ e in viaggi successivi avevamo studiato delle varianti.
Stefano fece finta di pensarci.
– Che ne diresti de ‘ la moglie traditrice’ Mony?
La ‘moglie traditrice’ richiedeva che durante il sesso’ tra gemiti e parole di piacere’ lasciassi intendere che non ero in compagnia di mio marito, ma del mio amante. Ovviamente era finzione’ ma che ne potevano sapere gli sconosciuti vicini di camera?
Avevamo ideato la variante durante le ultime vacanze estive. Era stato parecchio stravagante.
A me piacevano anche ‘Giulietta e Romeo’ e ‘non l’ho mai fatto” per fare Giulietta però c’era freddo.
– Potremmo miscelare assieme ‘la moglie traditrice’ e ‘non l’ho mai fatto’.
– Oh sì. Bella idea Mony’ quindi deduco che’
Abbassai le mutandine rivelando la mia sottilissima strisciolina di peluria pubica. Riuscì a distogliere l’attenzione dai miei capezzoli.
– Cosa deduci?
Mi sdraiai e dischiusi le cosce per lasciare che mio marito ci infilasse in mezzo la testa.
Non mi rispose. Avvicinò il mento al mio sesso, appoggiò il naso sul mio pube solleticando la mia peluria.
Mi annusò’ chiuse gli occhi’ e poi mi leccò. Tremai.
Leccò di nuovo e io mi sciolsi. Mi abbandonai all’indietro e mi preparai a godermi il contro favore.
Non era per niente male.
– Uuuhh’ sì’
Durò poco più di un minuto. Poi mio marito mi costrinse ad una pausa.
‘Proprio quando stava diventando davvero bello!’
– Deduco che senti la mancanza di un certo trattamento Mony.
Non capii immediatamente.
– Trattamento?
Io avevo già chiuso la questione del week-end culturale per concentrarmi su altre priorità. Stefano stava rispondendo alla mia ultima richiesta di chiarimento. La questione per lui era parte’ per interesse.
– ‘Non l’ho mai fatto’ comporta la penetrazione anale.
Era proprio così. In quella versione tra i gemiti dovevo far intendere agli uditori di non aver mai praticato quel genere di rapporto’ mentre in verità non ero esattamente una novizia. No.
A me piaceva parecchio il sesso contro natura.
Prima del matrimonio ne avevamo praticato tanto’ proprio tanto. Dopo le nozze col tempo aveva prevalso nuovamente la penetrazione tradizionale e nelle ultime settimane la sodomia era stata del tutto evitata. Non c’era un motivo preciso. Forse ultimamente preferivo godermi gli orgasmi multipli che Stefano da dietro non riusciva invece a regalarmi.
– Lo so Ste. Allora?
Lo spiazzai per la mia ingenuità.
– E’ tanto che non lo facciamo. L’ultima volta eravamo al mare Mony.
– Davvero non l’abbiamo più fatto? Mi pareva di sì.
– Forse lo hai fatto con un altro’ ma non con me.
‘Stupido!’
Non ero stata con nessun altro’ ma lasciare che mio marito lo ipotizzasse era per l’appunto parte di uno dei nostri giochi.
– Può essere.
– Con chi?
– Tu ora continua’ se mi venisse in mente te lo dirò.
Mi sorrise e poi con uno sguardo da furbetto tornò a ricambiare il favore.
Mi lasciai andare in un sospiro di sollievo’ ma subito mi venne imposta una nuova pausa.
– Quando lo vuoi fare da dietro’ basta chiederlo.
– Lo so.
– Non deve essere per forza un’occasione particolare.
– Sì’ sì’ lo so.
‘Ma ora lecca!’
La sua insistenza lasciava pensare che fosse lui a morirne dalla voglia in quel momento’ però a me in quel momento non andava. Avevo voglia di un orgasmo tranquillo. Con la lingua andava bene’ e ancora meglio abbracciati stretti in un rapporto romantico e tradizionale’ se il soldatino avesse trovato le forze di rimettersi sull’attenti. Ormai ci contavo.
Solo che poi’
Mentre la lingua di mio marito si prendeva cura del mio clitoride, un suo dito scivolò sul mio orifizio posteriore per massaggiarlo.
L’effetto si rivelò piuttosto coinvolgente’ e divenne anche più appassionante quando il massaggio divenne un vero e proprio ‘ditalino’.
I miei sospiri si fecero sempre più intensi.
Alla pausa successiva non riuscii proprio a dire di no all’intento di mio marito.
Poco dopo mi ritrovai in una posizione tutt’altro che romantica e non troppo tradizionale.
Girata, sulle ginocchia, col fondoschiena in alto e la testa bassa, il viso nascosto tra i capelli e i palmi aperti sul lenzuolo.
– Oddio’ oddio’
Mio marito mi stava ‘inculando” e per bene.
Era sopra di me’ ben piazzato sui piedi a ginocchia piegate per prendermi. Non stava comodo.
Si reggeva con una mano alla testiera del letto e non senza fatica mi montava con ritmo serrato e spinte profonde. Molto profonde.
Era osceno.
Ma non potevo negarlo’ godevo!
– Uuuhhh’ sì’ continua’
Mi aveva penetrata con la sola lubrificazione dei miei umori vaginali, dopo la semplice preparazione col dito e soprattutto senza tanti preamboli.
La sensazione era intensa. Una specie di fastidio tremendamente stimolante.
Era da molto, da ben prima dell’estate, che non gradivo così tanto quella pratica.
Se mi fossi toccata sarei arrivata al culmine del piacere in pochi secondi. Lo evitai per vivere il più possibile quell’esperienza.
Sapevo però che mio marito non avrebbe resistito ancora molto.
Anche se gli avessero retto i quadricipiti avrebbero ceduto i testicoli.
E infatti.
– Mony’ io vengo!
Era troppo presto.
– Ste’ no’ no’ ancora un po’!
Stefano tentò di accontentarmi e si fermò per controllarsi.
Solo che si fermò tutto dentro di me’ fino in fondo.
– Ohh’
Si lamentò sommessamente.
Poi iniziò a venire.
– Ooohhhh’
Si compiacque sommessamente.
Il suo piacere mi provocò un delizioso brivido lungo la schiena. Non era un orgasmo però.
Con uno sforzo riuscii a portare le dita sul mio clitoride. Dovevo sbrigarmi. Massaggiai con foga.
– Fermo’ fermo’ rimani lì!
Lo implorai. Le gambe già gli tremavano. Le forze gli venivano meno.
‘Poveretto’ non ce la fa! Maledizione!’
Si tolse da me e crollò sul letto al mio fianco.
– Scusa’ Mony.
Mi abbandonai anche io lasciandomi cadere su un fianco lo perdonai.
– Non importa Ste. E’ stato parecchio interessante.
– Ma non sei venuta.
– Qualcosa ci inventiamo.
Le forze però stavano venendo meno anche a me.
Mio marito rise di colpo, senza motivo.
– E ora cosa ti prende?
Sospirò e poi mi spiegò divertito le ragioni della sua ilarità improvvisa.
– Non credo proprio che il vecchio postino riuscirebbe a farti il culo così.
Non era stato un amplesso romantico e non si era chiuso con una frase esattamente romantica.
Spalancai gli occhi e alzai la testa.
– Sei un gran porco!
– Non c’è ombra di dubbio Mony.
Rise di nuovo. Io non risi.
‘Il postino nel culo?’
Come gli era saltanto in mente?
A me invece non sfuggì un altro preciso concetto.
– Per il week end culturale va bene spendere dei soldi e per un altro mobile no?
Mio marito spalancò gli occhi e alzò la testa. Era passato poco meno di un mese dal giorno in cui avevo conosciuto Vincenzo. Qualche mattina avevo sbirciato il cancello curiosa di un ritorno del vecchio postino Vincenzo. Mi era capitato di pizzicare il postino ufficiale in scooter, nessuna traccia del più anziano sostituto. Non c’era un vero motivo perché lo aspettassi. Non avevo nessun piano a riguardo. Anche le mie fantasie poco a poco svanirono assieme alla speranza di un nuovo incontro. Erano effettivamente fantasie ridicole.
Non ci pensavo da un po’. Sostanzialmente lo avevo dimenticato.
Fu così che una mattina quando sentii suonare alla porta mi chiesi semplicemente chi potesse essere il guastafeste. Erano circa le dieci di mattina ed io ero pronta ad uscire. Avevo già scarpe e cappotto addosso.
Ero di fretta. Sbuffando arrivai al citofono e con tono secco chiesi al visitatore di presentarsi.
– Chi è?
Una gentile voce maschile rispose titubante.
– Signora’ sono il postino. Si ricorda? La disturbo anche oggi?
Immediatamente cambiai umore.
– Signor Vincenzo. No’ non disturba!
– Le va di offrirmi un caffè?
– Ma certo! Aspetti che le apro.
– Sì’ ma il cane?
Willy era in casa. Stefano era via in trasferta da un paio di giorni, così avevo permesso al mio cucciolone di farmi compagnia sul divano davanti la televisione la sera. Poi era rimasto e aveva dormito al coperto. Con mio marito a casa non lo avrebbe mai potuto fare.
– E’ qui con me. Lo tengo se ha paura.
– Oh sì’ grazie.
Mi pareva che i due avessero fatto amicizia l’ultima volta. Probabilmente l’istinto da postino soverchiava il ricordo’ oppure la vecchiaia aveva sotterrato quel ricordo.
Aprii prima il cancello e poi il portone di casa. Tenni Willy per il collare. Lui non reagì alla vista del postino’ anzi reagì scodinzolando.
– Gli è simpatico.
Dissi a Vincenzo mentre veniva verso di me.
– Ah! Ora mi ricordo. E’ quel ‘cucciolone’ buonissimo che non fa per nulla la guardia.
– E’ proprio lui.
Il postino si chinò per accarezzarlo sulla testa. Willy gradii.
– Mi ero proprio dimenticato di te.
‘La vecchiaia”
– Però non si è dimenticato di me.
– No signora. Come potrei dimenticarmi di una così bella donna?
– Sempre galante. Non si smentisce.
Il vecchio si raddrizzò e mi rivolse un grande sorriso. Fissandomi intensamente con i suoi occhi chiari allungò garbatamente il palmo della mano verso di me.
– Se me lo permette io azzarderei anche un baciamano.
Quella attenzione di altri tempi mi fece arrossire. Porsi il dorso della mano’ lui lo prese e lo avvicinò alle labbra, ma senza alcun contatto. I baffi mi solleticarono mentre percepivo che Vincenzo con le narici si permetteva di annusarmi la pelle.
– Che buon profumo di pulito.
Trovai il commento imbarazzante.
Quel vecchio postino era così. Galante ed invadente. Forse mi piaceva proprio per quello.
Lo invitai ad entrare e feci uscire il cane. Willy lo chiusi fuori in tutta fretta per rimanere sola col mio ospite.
Avevo agito d’istinto. Non c’era alcuna ragione per quella fretta.
Eppure mi sentivo come una ragazzina che stava per combinare una marachella.
– Signora, ma lei stava uscendo?
Ero persino in ritardo. La mia amica Giovanna si era presa un giorno di ferie’ e dovevamo incontrarci per fare un po’ di shopping assieme. Era da tempo che programmavamo quell’uscita.
– Io? No’ no. Sono appena rientrata.
Tolsi la giacca e l’appesi all’attaccapanni per dimostrare la mia tesi.
Il postino, coi suoi tempi, appoggiò la sacca e come me si liberò del giaccone. Sotto aveva una giacchetta di ottima fattura, ma usurata’ pareva una vecchia divisa. Molto vintage.
– Caffè?
Gli domandai.
– Sono qui proprio per questo.
Gli sorrisi.
– Venga.
Il postino mi studiò. Parve colpito.
Indossavo un vestito attillato di lanina color grigio’ e avevo scarpe a tacco alto che slanciavano la mia figura. Si accarezzò i baffi e poi a voce bassa accolse l’invito.
– La seguo.
Feci strada verso la cucina. Al piano di sopra.
Mentre salivo le scale sentivo gli occhi di Vincenzo ancora su di me. Mi guardava come la volta passata.
Non mi voltai a controllare. Lo sapevo. Provai un brivido.
‘Monica? Ci sei? Cosa stai combinando?’
Lo chiesi a me stessa e a me stessa risposi.
‘Uffa! Sto solo offrendo un caffè ad un povero vecchietto stanco. Non c’è nulla di male.’
Lo feci accomodare al tavolo della cucina come nel nostro precedente incontro. Mi misi a preparargli il caffè e aprii la conversazione.
– Quindi l’hanno chiamata di nuovo a sostituire il postino ufficiale?
– Signora’ diciamo piuttosto che è l’altro che sostituisce il postino ufficiale’ il postino ufficiale sono io!
Sorrisi divertita.
– Sì’ ha proprio ragione. Certamente si è meritato il titolo.
– Non sempre uno ha quello che si merita.
Lo disse con un po’ di amarezza e io preferii non indagare. La breve pausa diede modo a Vincenzo di passare ad un nuovo argomento’ ne scelse uno a lui congeniale e gradito. Per quanto non originale.
– Le ho già detto che lei è davvero bella?
– Sì’ grazie.
Accettai cortesemente l’apprezzamento.
– Lei non avrebbe bisogno nemmeno del trucco’
Quel giorno ne avevo un po’. Non tanto’ ma il vecchietto probabilmente preferiva un look più all’antica, più acqua e sapone.
– Credo che mi abbia già detto anche qualcosa del genere.
– Mi scusi allora. Sa’ non ho più la memoria di un tempo.
– Non si preoccupi. I complimenti li gradisco anche se ripetuti.
Mi osservò con i suoi occhi chiari. Aspettò che gli porgessi la tazzina di caffè.
– Signora’ e le ho detto che ha un gran bel davanzale?
Allibita per quell’uscita così ardita sgranai gli occhi e spalancai la bocca.
– Ma’ ma’ signor Vincenzo!
Lui scosse una mano verso di me.
– Su! Non si offenda. Io sono un vecchio con un piede nella fossa’ e lei sa benissimo di avere delle curve mozzafiato.
Dopo tutto era simpatico. Anche se impertinente.
– Beh’ per questa volta cercherò di accettare anche questo complimento’ ma solo perché è lei.
– Allora’ dato che sono io’ vorrei aggiungere che lei signora ha pure un bel’
Fui io a scuotere una mano verso di lui.
– La prego. La prego. Non lo dica.
– E va bene’ non lo dico signora. Lei però lo sa. Lo sa, non è vero?
Gli sorrisi gentilmente e con le gote ancora arrossate mi sedetti per bere il mio caffè.
– Signora’ mi permetto di dirle queste cose oggi perché forse è l’ultima volta che ci vedremo.
Parlò con una nota di tristezza che mi incuriosì.
– Come mai?
Il postino sospirò e sorseggiò un po’ del suo caffè.
– Sono costretto al pensionamento.
– Costretto?
Forse era diventato un peso in ufficio. Non lo volevano più. Fu quello che pensai senza tener presente un’altra possibilità ben peggiore.
– Problemi di salute signora.
– Oh’
Ci rimasi male. La brutta notizia rattristò anche me.
– A proposito non è che mi può offrire anche un bicchiere d’acqua che devo prendere una pillola.
– Ma certo!
Mentre gli preparavo l’acqua tirò fuori una confezione di pillole argento senza scatola. Ne prese una. Era grossa e gialla con sopra scritto ‘C20’. La trovai inquietante.
– Spero non sia troppo grave.
– Per ora no.
– Speriamo allora non peggiori.
– Sono comunque costretto a lasciare il lavoro signora.
– Capisco. Se vuole di tanto in tanto potrà venirmi comunque a trovare.
Lo dissi mossa da pietà, poi me ne pentii.
Il vecchietto prima di mandar giù il medicinale mi lanciò un’occhiata che non compresi del tutto. Come se fosse soddisfatto.
‘Non vorrà venirmi a trovare ogni santo giorno!’
– Oh’ grazie dell’invito… ma credo che dovrò rifiutare. Dovrò riposare. Non sarei dovuto uscire in bicicletta nemmeno oggi’ i miei colleghi giù all’ufficio postale ancora non sanno o non mi avrebbero lasciato.
– Perché ha rischiato? Se pensa di non riuscire a tornare con la bicicletta la posso accompagnare io in macchina.
Mi mostrai gentile, ma ferii l’orgoglio del postino.
– Ce la faccio! E’ il mio ultimo giro. Lo volevo fare. E poi se devo morire sarà in groppa a’
Mi guardò le tette e lasciò la frase in sospeso. Lo aveva già fatto nella stessa circostanza.
Finii io per lui. Conoscevo quel doppio senso.
– In groppa alla sua bici.
Sorrise.
– Sì’ la bici andrebbe bene signora.
Poi ridacchiò e aggiunse.
– Preferirei in groppa ad una bella donna come lei però!
Arrossii violentemente. Non mi aspettavo che osasse tanto.
– Signor Vincenzo!
Lo ammonii mentre ancora se la rideva.
– Suvvia. Mi perdoni di nuovo.
Scossi la testa sconfitta.
– La perdono’ certo.
– Davvero signora? Guardi che se mi perdona io poi insisto!
Sospirai’ ma poi sorrisi.
– Oggi è davvero malandrino. Faceva così anche da giovane?
– Oh sì. Sempre.
– E funzionava?
– Con lei sta funzionando signora?
Arrossii di nuovo senza poter rispondere. All’improvviso il cuore prese a battere forte.
– Forse è meglio che me ne vada. Non è corretto che un vecchio come me importuni una giovane moglie fedele come lei.
Mi sentivo confusa.
Confusa’ perché sapevo che nella mia testa stava prendendo forma un’idea bizzarra.
– Chi le dice che io sia una moglie fedele?
Il postino mantenne la calma’ ma il suo tono scherzoso svanì. Si fece serio.
– Lei ha già tradito?
Io non ero altrettanto controllata, provai a fingerlo rispondendo a tono.
– Vuole sapere se ho tradito mio marito o, per caso, le interessa sapere se io sia disposta a tradire mio marito?
– Ha ragione. Se lo ha fatto una volta non è detto che sarebbe disposta a rifarlo’ e io sono più interessato a questo, lo ammetto. Quindi’ lo tradirebbe?
Nemmeno mi resi conto di mordicchiarmi le labbra.
– E in particolare mi sta chiedendo se io sia disposta a tradirlo’ con lei?
Ci fu una pausa. Ci guardammo negli occhi. Lui sostenne il mio sguardo’ io dovetti abbassarlo.
Inspirai profondamente.
‘Monica? Ripeto. Cosa stai combinando?’
Il postino mi prese la mano. Io tremai.
– Signora sarò sincero. Ho cercato di sedurla fin dal primo istante’ così come facevo un tempo con le massaie sole. Mi son preso questa libertà per l’ultima volta’ per ricordare i bei tempi passati’ senza pensare seriamente a come sarebbe potuta finire.
– Non la biasimo per questo. Anzi’ capisco.
Chinò il capo malinconicamente.
– Io credo che non sarei neppure in grado signora.
Era anziano e malato. Mi fece davvero pena. Misi l’altra mano sulla sua che teneva la mia.
Poi lui entrò in dettagli assolutamente non necessari.
– Fatico ad avere erezioni e quando le ho non riesco comunque ad eiaculare.
Ero tornata nell’imbarazzo.
– Sì’ capisco. Deve essere’ frustrante.
– Non sono più un uomo.
Cercai di consolarlo.
– Ora non esageri. A quanto mi ha detto lei ha avuto il suo bel da fare durante la sua vita. Se non è uomo lei!
– Appunto. Non riesco a digerire di non poter mai più’
Lasciò la frase senza la triste conclusione. I suoi occhi puntati in basso mi sembrarono luccicare.
Mi fece scattare ‘qualcosa’ dentro.
– Senta Vincenzo’. ho un’idea.
Mi guardò incuriosito.
– Un’idea?
– Sì. Un’idea.
‘Monica? Ma quale idea? Sei impazzita?’
Mi alzai.
– Venga con me signor Vincenzo.
Io potevo aiutarlo a vincere un po’ di quella tristezza. Potevo illuminare qualche metro in più di quel viale del tramonto su cui le ombre apparivano già molto lunghe.
‘Sì’ sono impazzita’ sono proprio pazza.’
Anche il postino si alzò. Gli sorrisi e gli feci strada. Il cuore mi batteva ancora più forte.
La sera prima, subito dopo cena, avevo fatto sesso telefonico con mio marito’ e più tardi mi ero concessa qualche gioco particolare sul divano nell’ombra davanti alla tv, quella stessa mattina avevo dedicato un po’ di tempo al sesso appena sveglia.
Eppure ero di nuovo eccitata.
Quando arrivammo alla camera da letto il vecchio postino aveva ormai compreso.
Il letto era ancora disfatto.
– Mi scusi per il disordine.
– Non importa signora’ però la mia divisa non è pulitissima.
– Perché? Pensava di tenerla addosso?
Non lo chiesi con malizia. Davvero mi domandai se ai suoi tempi fosse abituato a tenerla durante le effusioni con le famigerate massaie.
– Signora’ le dispiace se ci spogliamo separatamente?
Si vergognava forse. Un dettaglio inaspettato.
Del resto se assistere al mio spogliarello sarebbe potuto anche essere di aiuto per la particolare difficoltà del vecchio’ forse la sua ‘abilità’ nel liberarsi dei vestiti poteva avere su di me un effetto inibitorio.
– Io vado a rinfrescarmi in bagno. Lei può stare qui. Metta gli indumenti su questo maggiordomo
Era il maggiordomo vuoto di mio marito.
‘Stefano”
Ero sicura di volerlo tradire?
In fin dei conti avevo il suo benestare. Sì’ non lo aveva detto esplicitamente però. Forse ci aveva solo scherzato sopra.
C’era sempre quella clausola che avevamo stabilito dopo il matrimonio.
Se avessi tradito mio marito avrei dovuto confessarglielo solo dietro sua richiesta, in quel caso sarei dovuta essere totalmente sincera. Quindi non avevo bisogno di un consenso esplicito.
Un’altra regola, che nella lista si aggiungeva alla mia sulla sicurezza, era quella di Stefano che ci teneva che preservassi per lui la mia più preziosa intimità.
In sostanza’ col postino Vincenzo potevo farci sesso, ma non scoparci, poi dovevo essere certa che lui mantenesse il segreto’ segreto che avrei confidato a mio marito, e solo a lui, se lo avesse chiesto.
Ero già nuda’ nel mio bagno’ mi guardavo allo specchio cercando di trovare una soluzione per gli ultimi impedimenti. Dettagli.
Per il silenzio di Vincenzo non ero poi così preoccupata. Era sul punto di ritirarsi’ dopo non avrebbe frequentato molta gente. E anche se non avesse taciuto, se si poteva credere al suo passato chi avrebbe creduto a quell’ultimo aneddoto’ dove lui ormai decrepito riusciva a sedurre una giovane moglie.
‘Già. Una storia davvero assurda”
Rimaneva solo da stabilire come regalargli un po’ di felicità.
Nella simulazione con mio marito avevo optato per il sesso orale’ e mio marito stesso aveva riso sull’eventualità del sesso anale.
‘Non credo proprio che il vecchio postino riuscirebbe a farti il culo così’ aveva detto subito dopo la pratica in oggetto.
Sospirai mentre girata di fianco mi osservavo la curva lombare allo specchio.
Mi assestai una leggera sculacciata su una natica e infine conclusi.
– Solo sesso orale quindi.
Era deciso.
Pronta a tornare in camera da letto preferii infilarmi l’accappatoio per poter rivelare la mia nudità nel momento opportuno a mia scelta.
‘Ho proprio bisogno di una vestaglia.’
Quando uscii trovai Vincenzo seduto nel mio letto con la schiena appoggiata alla testiera. Era completamente nudo, ma coperto dalle lenzuola sino alla pancia.
Era magro e proporzionato.
Il suo fisico non era alla fine troppo avvizzito’ forse per merito della bicicletta. Certo non era aitante.
Rimaneva il corpo di un anziano.
‘Stefano non sarebbe felice di scoprire che un vecchio ha appoggiato il sedere nudo nella sua parte del letto.’
Sorrisi divertita da quel pensiero.
Mi avvicinai. I miei occhi cercarono di carpire qualche dettaglio sulla virilità del postino, quella che doveva essere del tutto scomparsa.
Solo allora mi domandai che effetto mi avrebbe fatto. Me la sentivo davvero di praticargli una fellatio?
– Signora’ le sarò grato fino alla morte.
Crudelmente pensai che la sua gratitudine non sarebbe durata troppo a lungo.
Slacciai l’accappatoio e lo lasciai cadere a terra.
Vincenzo rimase sbalordito.
– Mi correggo’ credo che le sarò grato anche dopo la morte.
Andava già meglio. Risi.
Ero quasi pronta. Dovevo solo fare un’ultima verifica.
Mi sedetti sul letto e presi cautamente il lenzuolo tra le dita.
– Ora mi mostri quale è il problema.
Tirai e scoprii fino le cosce.
‘Pensavo peggio. Non è poi così male.’
Il pene del vecchio era il pene di un uomo. Non ci notavo particolari differenze. Ci vedevo già un accenno di eccitazione’ ed era un ottimo segno.
– Vediamo se riesco a migliorare la situazione?
– Lo spero signora.
Mi sistemai al fianco del postino. Gli sfiorai una gamba e poi presi nella mano il suo membro. Notai immediatamente un ulteriore rinvigorimento, anche se piccolo.
Quando iniziai a muovere il polso ci fu un nuovo miglioramento.
– Bene.
Commentai dolcemente in un sussurro.
– Io signora sono stupito. Deve essere lei. Il suo tocco è così delicato’ e la sua pelle così liscia e profumata.
Inspirò profondamente per catturare il mio odore. Il pene crebbe ancora.
Poi allungò una mano verso di me. La portò su un mio seno. Lo lasciai fare. Il pene crebbe.
Era orami piuttosto gonfio, ma ancora timidamente coperto.
Mi aiutai con la mano libera e con due dita tirai fuori il glande.
L’erezione divenne evidente.
– Non è stato troppo difficile.
– Il cielo la benedica signora! Già così mi sento in paradiso.
– Con un po’ di fortuna forse riuscirò anche’
– Dubito che sia possibile’ ma ci provi signora. La prego ci provi.
Tornai a muovere la mano. Infine stavo praticando una sega a tutti gli effetti.
Il postino sembrava gradirla.
Anche lui usava le mani. Era passato ad usarle entrambe’ una per seno. Ci sapeva fare.
Leggero, ma determinato.
A Stefano, mio marito, non pensavo più.
Poi lo squillo del mio telefono mi giunse all’orecchio da un’altra stanza. E ricordai Giovanna!
‘Dovevo avvertirla! Me ne sono completamente dimenticata!’
Vincenzo notò il mio silenzioso disappunto.
– Vuole andare a rispondere?
– No’ no’ non vorrei mai che la pausa diventasse un problema.
Lasciai squillare il telefono, non durò molto.
La miracolosa erezione andava coltivata’ mi fermai solo un’istante per osservarla al culmine.
Il vecchio postino non era da meno di mio marito, forse addirittura lo superava un po’ in lunghezza. Il glande non era particolarmente gonfio. Volendo avrei potuto prenderlo in bocca senza difficoltà.
Il telefono suonò di nuovo.
‘Giovanna perdonami.’
– Signora’ si senta libera di rispondere’ io credo che non durerò ancora molto.
Mi sorpresi.
– Davvero? Allora sta per venire? Meglio continuare quindi.
– No. Non intendevo questo. Purtroppo intendevo dire che’
Tornò il silenzio, il telefono tacque.
– Signora’ intendevo dire che credo che l’erezione durerà ancora poco.
Fu una delusione.
– Sto facendo qualcosa di sbagliato?
– Lei no. Assolutamente no. La colpa è mia.
– Mi dispiace.
Una delle mani del postino mi scivolò in basso, lungo il ventre. Lo lasciai fare.
Mi accarezzò la sottile striscia di peli pubici.
– Una volta le donne erano più pelose.
– Non le piace così?
Non mi rispose. Con i polpastrelli mi massaggiò sapientemente il clitoride.
– Mmhhh’
Mi scappò un gemito. Immediatamente le dita dell’uomo scivolarono ancora più giù, in mezzo la mia fessura.
Compresi che era più una verifica che la volontà di uno stimolo.
– Se lei è pronta mi piacerebbe provare a metterlo dentro’ fin che si può.
Come potevo spiegargli che non potevo?
– Beh’ in realtà’ signor Vincenzo’
– Sì? Mi dica signora.
Tornò a massaggiarmi coi polpastrelli.
Sospirai. La voglia non mi mancava’ ma proprio non potevo. Era una regola!
– Crede di farcela? Le ha le energie per’ prendermi?
Provai a dissuaderlo. Non ero troppo convincente però.
– Pensavo che potrebbe salire lei sopra di me. Se le va.
Quale altra scusa potevo trovare? Come potevo negarmi?
Dovevo offrigli l’alternativa del sesso anale. Se stavo sopra io poteva farcela. Aprii la bocca, ma poi non parlai.
‘No’ non ne ho il coraggio.’
Non in quel momento. Con quale pretesto poi?
‘Senza profilattico non si può. Come potremmo fare?’
Potevo dire così.
Il sesso anale sarebbe stato giustificato.
Ma si trattava di un vecchio che mi chiedeva di provare la penetrazione un’ultima volta nella vita’ pochi istanti prima che il pene gli si avvizzisse irrimediabilmente.
‘Quello che chiede non si può nemmeno definirla una scopata!’
E se non era una scopata, non era contro le regole.
– Va bene.
Decisi infine diarrendermi e accettai la proposta.
Mi spostai. Salii a cavalcioni del vecchio.
– Ora l’accontento’ prima che sia tardi.
– Grazie signora. Il cielo la benedica due volte.
Mi tenne i fianchi mentre indirizzavo con le mani la sua erezione dentro di me.
Ero eccitatissima. Il postino lo era ancora. Quindi fu piuttosto semplice.
– Uuuhh’
Un brivido mi percorse la schiena mentre mi accucciavo poco a poco.
Il telefono squillò per la terza volta.
‘Giovanna! Dammi tregua!’
Il postino evitò di chiedermi se volevo l’opportunità di rispondere. Anzi’
– Non si fermi signora. E’ stupendo.
Non mi fermai. Presi a cavalcarlo lentamente.
– Così Vincenzo? Così le va bene?
– Perfetto signora! Fin che dura’ continui!
Continuai.
Straordinariamente l’erezione mantenne il suo vigore.
Arrivò un’altra telefonata. La ignorai. Poi arrivò un messaggio. Lo avrei letto più tardi.
Il postino mi accarezzava i fianchi’ per poi tornare ai miei seni’ poi di nuovo sui fianchi.
La mia cavalcata divenne un po’ più convinta. Sembrava servisse a prolungare il miracolo.
Vincenzo mi spronò ad approfittarne.
Le sensazioni si fecero intense’ e mi ritrovai a rincorrere il mio di piacere.
Tra sospiri e gemiti sommessi accelerai ancora la monta. Chiusi gli occhi.
L’uomo mi pizzicò i capezzoli delicatamente.
Fu il colpo di grazia.
Venni.
– Ooohh’.sì! Sì!
Fu un orgasmo intenso. Molto intenso.
Rallentai. Respirai profondamente. Riaprii gli occhi.
Il postino sorrideva soddisfatto.
– Le è piaciuto signora?
– Sì’ tanto.
– E’ riuscita a tenermelo duro. Non succedeva da un’eternità.
Risi. Ancora mi stavo muovendo. Piano.
Continuava a essere gradevole.
– A lei è piaciuto?
– Sì signora. Anche se’ non credo proprio di poter venire.
Per me era un bene.
‘Lo ammetto. Alla fine è stata una scopata. Se però lui non può venire la natura dell’atto è del tutto diversa.’
– Vuole che continui un altro po’? Fin che dura.
– Sarà questione di un paio di minuti. Sento già che sto perdendo vigore signora.
– Allora si goda questi ultimi istanti.
Ripresi un ritmo sufficientemente cadenzato. Lo feci per il vecchietto.
Per lui principalmente’ ma poi mi resi conto che a quel modo stavo stuzzicando un secondo orgasmo. Dopo la ‘prima’ arrivava già la ‘seconda’.
E così ci presi gusto.
– Vincenzo’ io’ mmmhhh’
– Non si preoccupi di me. Se ne approfitti se dura.
Allora tornai a chiudere gli occhi e concentrata mi diedi da fare.
Il postino mi aiutò come poteva. Di nuovo mi pizzicò i capezzoli.
Lo fece in anticipo, la ‘seconda’ non era ancora presente’ ma quei pizzicotti leggeri mi piacquero.
– Sì’ sì’ stringa’
Fece sentire le dita’ senza esagerare, senza farmi male’ stringendo e tirando con dovizia.
Mi accompagnò così al mio nuovo orgasmo.
– Vengo! Vengo! Ooohh’. oohh’
Fu intenso quasi quanto il primo.
‘Fantastico..’
Sospirai. Riposai. Quasi immobile.
– Vincenzo’ la sua erezione…
Era sempre lì.
– Non so spiegarmelo signora. Merito suo.
– E’ sicuro di non farcela a venire?
– Mi spiace signora. E’ piacevole, ma sento che per me è impossibile concludere.
Il mio non era un interessamento ‘pro’, ma piuttosto ‘contro’. Era perfetto che non ci riuscisse.
– Ormai si ammoscerà credo.
Fui io a voler ribadire quel concetto.
– Probabilmente signora.
– Potrei andare avanti ancora un po’ se le piace.
– Se non la disturba.
Non mi disturbava affatto.
– Allora magari proviamo in questo modo.
Con un po’ di fatica mi misi sui piedi. Rimasi accovacciata sull’inguine del vecchio, chinata come per fare pipì in un prato. L’erezione riusciva ad entrare completamente.
– Sembra che tenga ancora.
Osservai.
– Per ora signora.
– Già. Per ora.
Afferrai il postino per le spalle e appoggiata a lui iniziai a muovere ginocchia ei fianchi. Lo trovai subito piuttosto coinvolgente.
– Ecco’oohhh’
‘Posso arrivare alla terza.’
– Che posizione interessante signora’
– Lo è’ e lo sarebbe di più se lei tornasse a pizzicarmi di nuovo?
– Certo signora.
Non aspettavo altro. Senza rispettare la graduale accelerazione di rito serrai le palpebre e osai subito una cavalcata sostenuta con tanto di gemiti cadenzati.
– Oh’ oh’ oh’ oh’ oh’ oh’
Ci volle meno di un minuto e arrivai alla certezza del terzo orgasmo.
– Vincenzo resista’ oh’ oh’ oh’ sto per venire ancora’ oh’ oh’
– Ci provo’
Percepii nella voce del postino una nota di sforzo.
Riaprii gli occhi preoccupata. Lo trovai teso.
Tentennai.
– Vada! Vada!
L’incoraggiamento dissolse i miei dubbi. Cercai piuttosto di sbrigarmi.
– Oh’ oh’ oh’ ecco’ ecco’ oohhhh’
Arrivai. La ‘terza’. Debole’ ma presente.
Simultaneamente il vecchio postino spalancò gli occhi. Tondi e chiari parevano uscirgli dalle orbite.
Mentre ancora la mia intimità si contraeva per l’orgasmo il cuore mi si riempì di paura.
‘Oddio! Gli è venuto un colpo! Oddio! L’ho ucciso!’
Addirittura spalancò la bocca.
– Vincenzo!
Poi sentii calore. Lo sentii dentro di me.
‘Oh no!’
Non stava morendo.
Stava venendo!
La regola di mio marito era completamente violata.
Avevo scopato. Avevo scopato con un altro.
E mi era pure venuto dentro senza alcuna precauzione.
La trasgressione era estrema.
Cavalcai ancora. Ancora un po’. Sconfitta ad occhi chiusi mentre il tradimento si esauriva caldo nel mio profondo.
– Mmmmhhhhh
Gemetti sommessamente e venni di nuovo.
La ‘quarta’. Con i brividi e la pelle d’oca.
Dolce e amara come il peccato.
Mentre Vincenzo si faceva una doccia nel mio bagno mi resi conto di aver commesso un errore.
Il sentimento di carità che mi aveva animata inizialmente mi aveva spinta ben oltre il necessario.
Il peggio era non aver adottato nessuna precauzione.
Non ero nel mio periodo fertile e il mio partner, data l’età, probabilmente non era particolarmente ‘potente’.
Non c’erano scuse. Non avrei mai dovuto farlo.
Sospirai profondamente.
– E’ stata una licenza.
Dissi a me stessa ad alta voce’ poi sospirai ancora.
La licenza aveva comunque violato la regola fondamentale di Stefano.
– Non verrà mai a saperlo. Non mi chiederà mai se sono stata col postino’ e io lo terrò per me.
Poteva chiedermi più genericamente se lo avessi tradito con qualcuno. Io avevo promesso di non mentire.
– Gli avevo anche promesso di non scopare con nessuno.
Era vietato anche nelle nostre fantasie.
Ormai era tardi per rimediare. Non potevo far di più che essere pentita.
Qualcosa in più lo potevo fare. Andare al consultorio e farmi prescrivere un rimedio.
C’era una possibilità di fecondazione’ per quanto minima.
‘Non voglio nemmeno pensarci! Che disastro sarebbe.’
Scacciando quei pensieri sciolsi la tensione. Mi addormentai sdraiata pancia basso con le mie natiche all’aria. Fu solo pochi minuti. Mi risvegliai che Vincenzo stava finendo di rivestirsi.
Doveva essere l’ora di pranzo, avevo un certo languorino.
– Ho usato l’accappatoio di suo marito’ credo.
Non mi ero preoccupata di dargli un telo.
‘Ops’ se Stefano sapesse anche questa”
– Non è un dramma.
Avrei lavato lenzuola e accappatoio prima del suo ritorno. Avevo ancora un giorno di tempo.
Quello non era un dramma. Quello no.
Il postino infilò la sua giacca vintage.
– Signora’ io ora vado. Lei se vuole rimanga a riposarsi. La strada la so.
Alzai la testa. Lo guardai. Ebbi l’impressione che fuggisse.
Forse da giovane era abituato così.
– Non ci rivedremo più, non è vero?
Cercai di dimostrarmi dispiaciuta, invece era una speranza oltre che un implicito suggerimento.
– Non lo so signora. Probabilmente no.
Si aggiustò la giacca e poi si volse verso di me. Serio cercò di formulare un saluto memorabile.
– Addio. Porterò nella tomba il ricordo del nostro bellissimo incontro.
‘Speriamo che ci finisca anche il segreto”
– Nemmeno io la dimenticherò Vincenzo.
Spalancò gli occhi come colto da un ricordo improvviso.
– Per bacco!
– Ha posta per me?
– Giusto! Quella è nella borsa giù di sotto’ ora si tratta d’altro.
Frugò nella sua giacca e dopo qualche istante ne tirò fuori un piccolo libricino dalla copertina di cuoio.
– Per ringraziarla mi permetta di offrirle questo in dono.
Mi porse l’oggetto. Mi sedetti per prenderlo. Sfogliai le pagine. Erano bianche, anzi ingiallite, ma vuote.
– Cosa è?
– Mi spiace. Non ho altro. Questo’ signora’ questo è il mio diario.
Rimasi colpita.
– Grazie’ grazie davvero’ ma’ è vuoto.
– Sono sempre stato più bravo a parlare che a scrivere. L’ho sempre tenuto con me’ di avventure ne ho vissute tante’ diciamo che mi ha portato fortuna. Ormai io non ne ho più bisogno’ e lo vorrei dare a lei.
Sorrisi lusingata. Sinceramente lusingata.
– Lo accetto.
Mi si avvicinò. Mi diede un bacio sulla fronte come un nonno darebbe alla nipote.
Mi sorrise un’ultima volta e uscì dalla stanza senza aggiungere altro.
Poco dopo sentii il portone aprirsi e richiudersi’ poi Willy abbaiare’ e un urletto.
‘Vuoi vedere che stavolta il cucciolone ha deciso di fare la guardia?’
Ridacchiai.
– Forse sarebbe stato meglio se Vincenzo avesse tenuto con se il suo portafortuna.
Mi ributtai sul letto convinta a prendere di nuovo sonno.
– Che goduta però.
Chiusi gli occhi.
Poi ricordai.
‘Giovanna!’
Sbuffai.
Mi alzai non senza fatica e di malavoglia andai in cucina. Il mio smartphone doveva essere là.
Ci trovai quattro chiamate senza risposta e un messaggio.
– Gio mi ucciderà.
Mi apprestavo a leggere il messaggio quando la mia attenzione venne colta da un luccichio sul pavimento.
C’era una piccola cartina argentata lasciata a terra vicino alla sedia dove si era seduto il vecchio postino.
La raccolsi. Non era più grande dell’unghia del mio mignolo. Pareva parte della confezione di un medicinale. Quello del vecchio postino Vincenzo.
Si leggeva il nome del farmaco.
– ‘Cialis” non l’ho mai sentito.
Sperai che non servisse per una malattia troppo grave.

Leave a Reply