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Racconti Erotici

L’inizio della mia relazione con un marocchino

By 21 Giugno 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Sono a Parigi da quasi nove mesi, in Erasmus. Ho 24 anni e sono una ragazza alta, con occhi azzurri e capelli castani. non ho un seno molto grande, ma in compenso ho una bella schiena e gambe lunghe. (sono alta 1,77 m). Sono leggermente sovrappeso, sull’addome e sulle cosce, ma non me ne sono mai fatta un problema, specialmente nella capitale francese.

 

Ora, non pensate che tutte le studentesse in Erasmus siano come me, ma di certo io, single, cresciuta nella campagna di una piccola provincia, non vedevo l’ora di vedere cosa mi avrebbe riservato la grande metropoli. 

 

L’inizio è stato deludente: un cuoco ventenne e obeso, col pene piccolo e la mania di sbattermi forte. Poi, un sardo, trentaseienne, pelossissimo, con un pene così largo che credevo mi sfondasse ogni volta. Poi il mio preferito, un piccoletto di monopoli che però mi faceva provare ogni posizione, ogni piacere. Quando mi ha lasciata, ero triste, molto. Così sono andata in discoteca per distrarmi e ho baciato non so quanti ragazzi stupendi, strusciandomi su di loro, sbavando il rossetto rosso sangue sul loro viso e il mio.

 

Uno in particolare, un marocchino di nome Hicham, a fine serata mi ha chiesto il numero. Di rivederci. Siamo usciti un paio di volte in tranquillità, credevo che il suo fosse affetto… e io ne avevo disperato bisogno. Scopava come un coniglio, non mi lasciava esprimere a letto. Mi ritrovavo con le labbra livide dopo ogni pompino perché mi sbatteva il pene in bocca senza tanti complimenti, tenendomi la testa. Lo detestavo, piccolo per di più: insoddisfacente.

 

Così, la goccia che fece traboccare il vaso fu durante una festa a casa sua. Era così ubriaco che mi continuava  parlare in inglese anche se io parlavo il francese. Insisteva che avrei dovuto baciare il suo coinquilino, con cui condivideva tutto. Esasperata, lo feci. Un bacio profondo, una scopata con la bocca, come sono certa di saper fare. Lo lascia senza fiato. Lo invitai a ballare, anche se ero in pigiama, sexy come un cuscino.

 

Alla fine della canzone mi disse che l’avevo eccitato, che voleva dormire con me. Io mi negai, per moto di lealtà verso Hicham. La mattina dopo questo si alzò per andare al lavoro, dicendomi di rimanere a letto, tanto c’era il suo coinquilino. Aspettai che si alzasse, quindi. Per poi raggiungerlo in cucina. Quando lo vidi, mi si fermò il cuore, lo volevo. 

 

Facemmo colazione, io, il coinquilino e un amico di quest’ultimo. Quando il coinquilino andò in bagno per mettersi le lenti a contatto, lo seguii, chiedendogli dove le aveva prese. Parlottammo un po’. Poi, non so come, mi sbatté alla parete e mi baciò di nuovo. Andammo in camera, mano nella mano. Fu un rapporto veloce, ma intenso e …di una certa consistenza. Si alzò per andare a lavarsi, ed entrò il suo amico: litigai dieci minuti buoni, invitandolo a uscire dalla camera, per farmi rivestire. Dovetti dargli un bacio come pegno.

 

 

Finalmente, quando si decise a uscire dalla porta, potei andare a cercare le mie mutande. In quella rientrò il coinquilino, chiedendomi se fosse tutto a posto. Io mi innervosii, dicendogli che non ero una puttana, che non aveva il diritto di cedermi al suo amico. Fu sinceramente colpito e dispiaciuto. Ci baciammo ancora e mi accompagnò a prendere il treno per tornare a Parigi (eravamo nella banlieu), con la promessa che ci saremmo visti la sera.

Tornata nel mio appartamento mi feci una lunga doccia calda per darmi anche il tempo di riflettere. Sono cattolica, magari non la migliore praticante, ma di sicuro ho ben impresso in mente che con i musulmani non bisogna intrattenere nessun tipo di rapporto. E io invece avevo aperto le gambe.

 

Quando arrivò da me Abdul, questo il nome del coinquilino, mi feci da parte per lasciarlo passare dalla porta. si accese una sigaretta guardandosi attorno, valutando il mio piccolo appartamento. Gli offrii da bere, ma non mi rispose nemmeno.

 

Mi afferrò il viso tenendomi stretta dalla mascella. Mi sfuggì un lamento, soffocato dalla sua bocca sulla mia. Cominciò a baciarmi, mordendomi a sangue le labbra; mi spinse contro il letto, dove caddi malamente sbattendo la testa contro la parete, perché, si sa, gli spazi parigini non sono molto ampi. Cominciò a slacciarsi la cintura mentre io cercavo di rimettermi dritta, massaggiandomi con la mano lì dove avevo sbattuto, sulla nuca. Mi afferrò per i capelli, strattonandoli forte e avvicinandomi al suo pene circonciso *Succhia*, mi disse, in francese. Timorosa, appoggiai le labbra, era pur sempre sesso non protetto con uno sconosciuto! Mi tenne la testa, ma mi lasciò muovere come meglio preferivo, senza impormi nessun ritmo. Dopo qualche minuto, comincia a prenderci gusto, era un bel cazzo che mi riempiva la bocca, aveva un sapore neutro e si stava bagnando, scivolando agilmente fino alla mia gola. 

 

Dopo circa dieci minuti, mentre io ero assorta dal lavoretto che stavo facendo, si staccò, mi afferrò la maglietta e strattonò, facendomi capire che dovevo denudarmi. Nel togliermi gli slip vidi una macchietta rossa: il ciclo! Gli dissi che non volevo, che mi vergognavo. Sbuffando, prese un preservativo dalla tasca e se lo mise in un attimo: *Muoviti, sdraiati*. Allargai le gambe ed entrò dentro di me con un solo movimento secco. Mi mancò il fiato. Si fermò, guardandomi fissa negli occhi, per riprendere poi subito a pompare, senza dire una parola. Affondò la testa nell’incavo della mia spalla, lo sentivo ansimare al ritmo della scopata, Spingeva come se volesse entrarmi tutto dentro, sentivo il suo osso pelvico sbattere prepotente contro la clitoride. Mi stringeva le poche tette che avevo, standomi sopra con tutto il peso. Mi mancava l’aria e faticavo a respirare, ma questo non faceva che eccitarlo perché i colpi erano sempre più volenti, tanto che mi sembrava di sobbalzare nel letto. Venne con un rantolo, lo sentii pulsare dentro di me.

 

Quando se ne andò, dopo essersi fatto una doccia, mi diete ancora un bacio appassionato: *Ci vediamo quando sarai di nuovo pura*.

 

 

Rimasi così, insoddisfatta, con un rivolete di sangue che mi scorreva lungo la gamba. Volevo ancora essere presa da quell’animale.

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