Skip to main content

Lisette – Romanzo Libertino

By 11 Novembre 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Lisette ‘ Romanzo Libertino Cap. 1

Cap. 1

Mi chiamo Lisette Folain. Sono nata a Bruignon, in casa di contadini. Si può dire che la mia famiglia non era povera, ma neanche ricca. Mio padre, facendo il guardiano alle terre del barone Bruignon, era riuscito ad acquistare un pezzo di terra, il che ci permetteva di tirare avanti meglio di altre famiglie che vivevano in zona. Quando raggiunsi l’età di tredici anni, mio padre decise che dovevo avere una istruzione, per cui mi mandò nel convento di Saint Maurice, distante appena dieci chilometri dal paese. Fu qui che ebbi le prime esperienze sessuali’ almeno con altre ragazze. Il mio problema, perché l’ho vissuto sempre come tale, è che sono, credo’ non so neanche come definirmi per la verità, ma ecco’ io mi sono definita sempre una iperreattiva sessualmente.
Mi spiego.
Sin dall’età di sette anni, quando casualmente mi misi le dita sopra la mia fichetta, per curiosità, così come credo accada a ciascuna ragazza, sin da quel primo momento sentii uno stimolo prepotente che mi condusse ad infilare le dita dentro e poi a muoverle con’ le conseguenze che ben sapete! Il fatto è che non mi bastò farlo una sola volta! Dopo che sentì quella nuova e potente sensazione di piacere e di felicità ad essa collegata, non desiderai altro che provarla di nuovo. Così, quella prima volta, mi masturbai per tre volte.
Ricordo che ero nel fienile, dove avevo dato da mangiare a Geraldìne, così si chiamava la nostra mucca, e mi ero stesa un attimo sulla paglia. C’era molto caldo. Eravamo in piena estate. Mi sollevai la gonna per darmi un po’ di refrigerio. Con il fazzoletto mi asciugavo dove mi sentivo più bagnata, così mi accorsi dell’umidore che avevo tra le gambe e che traspariva dalla leggere mutande. Le tirai in basso e allargai le gambe per quanto esse me lo consentivano. Sentii subito il fresco in quelle zone. Presi ad asciugarmi con la gonna là in mezzo e, ogni tanto, inavvertitamente, sfioravo la mia cosina. Ad un certo momento, dopo averla ancora sfiorata, là in mezzo e in alto, sentii delle sensazioni nuove, qualcosa che non avevo mai assaporato prima. Quelle sensazioni che avevo provato toccandomi mi erano piaciute moltissimo, e fu così che la mia mano lasciò la gonna e si posò su di essa. Incominciai ad aprirla e ad esplorarla in lungo e il largo ricavando sensazioni nuove e dolci in ogni punto che toccassi. Poi, distendendomi sulla paglia, rincominciai ad esplorare con le dita, ad occhi chiusi, la sua forma: quell’apertura in mezzo aveva incominciato ad incuriosirmi follemente. La sfiorai, e sentii ancora quella deliziosa sensazione nel mio corpo. Con il dito medio presi ad andare su e giù lungo lo spacco e, quando, casualmente, arrivai a posare le dita in alto, sentii che qualcosa era cresciuto. Mi alzai di scatto per vedere ciò che avevo tra il pollice e l’indice, e con grande meraviglia mi accorsi di un peduncolo che fuoriusciva da una piccola rientranza. Meravigliata, presi a tastare quel peduncolo e nel farlo sentii che quelle sensazioni non solo stavano tornando, ma erano più forti e anche più belle. Il desiderio mi prese, così ricominciai di nuovo, soprattutto con quella nuova parte di me stessa che avevo appena scoperto. Le sensazioni, man mano che continuavo a masturbarmi, diventavano sempre più forti e, ad un tratto, sentii’ come se mi mancasse qualcosa. Mi resi conto, pur nell’euforia del momento, che ciò era dovuto a quello che sentivo’ o meglio, a quello che non sentivo all’interno di quello spacco! Come una sensazione di vuoto!? Così, continuando ad accarezzare quel peduncolo fantastico, con la sinistra presi ad aprirmi la fichetta. Toccarmi lì in mezzo mi procurò altre sensazioni piacevoli, che mi spinsero a infilare un dito dentro quel buchetto che sentivo aprirsi sotto il dito. Quando lo ebbi infilato dentro e mosso appena un po’, mi sentii travolgere da un meraviglioso piacere. Gemetti stringendo le cosce e tenendo il dito dentro di me. Passò qualche minuto e poi, sentendomi felice per quella nuova realtà che avevo appena scoperto, quella stessa felicità, bella e potente, mi spinse a muovere ancora il dito che era rimasto infilato dentro di me. Altre felici sensazioni si propagarono di nuovo e immediatamente per tutto il mio corpo. Mi parve anche che le mie tettine, che erano più che abbozzate, si erano come gonfiate, ma così tanto, almeno mi pareva, che sentivo fossero diventate delle stesse dimensioni che vedevo nelle donne adulte. Per curiosità, sostituendo la sinistra con la destra dentro di me, portai l’altra mano sul petto e presi ad accarezzarmi i capezzoli che sentivo tesi. Fu la scoperta di altre sensazioni, sempre entusiasmanti, sensazioni che unite a quella scoperta mi portarono ancora a quell’attimo meraviglioso che aveva già vissuto poco prima.
Allora non lo sapevo, ma quello era il secondo orgasmo che vivevo!
Ero felice, contenta, e mi rigiravo sulla paglia sempre tenendo l’indice della destra dentro la mia fichetta. Quello spacco che avevo tra le gambe aveva già incominciato a legarmi indelebilmente e saldamente a sé. Fu così che, girandomi e rigirandomi, venni di nuovo. Probabilmente avrei continuato ancora per non so quanto tempo se non avessi sentito mia madre chiamarmi. Mi ricomposi in un attimo e uscii dal fienile.
Da quel momento i miei giorni furono pieni della piacevolezza di quella scoperta. Non lasciavo scapparmi alcuna occasione per provare quelle inebrianti sensazioni ovunque mi era possibile. Ed ogni volta era sempre più bello, ed io ero sempre più felice. Questa felicità durò circa cinque giorni. Al sesto giorno, era domenica, mi sembrò che il mondo mi cadesse addosso.
Ero andata in chiesa con mia madre ad ascoltare la messa, e fu proprio durante la predica di padre Fran’ois che ad un tratto mi sentii come perduta. Padre Fran’ois aveva incominciato a parlare dei pericoli per la nostra anima se ci allontanavamo dalla strada indicataci dal Signore per volgerci verso le tentazioni del mondo esterno. Io ascoltavo e non ascoltavo, anche perché la maggior parte delle cose che diceva padre Fran’ois non riuscivo a capirle. Ma quando arrivò a parlare delle tentazioni della carne, e più precisamente delle sensazioni che il diavolo faceva nascere in noi per poi renderci suoi schiavi, allora incominciai a tremare di paura. Padre Fran’ois continuava a parlare dei vari modi in cui il diavolo ci chiamava a sé, ma io non lo seguivo più, né lo guardavo, perché avevo come l’impressione che guardasse me quando parlava di tentazioni della carne’ come se sapesse tutto di quello che avevo fatto in quei cinque giorni. Fu con un grande senso di liberazione che uscii dalla chiesa. Quando fummo a casa, alla sera, mia madre si rese conto che c’era qualcosa che non andava e mi chiese se mi sentivo bene: risposi di si e che ero solo stanca. Diedi loro la buonanotte e andai a letto. Prima di addormentarmi, però, pregai intensamente il Signore di perdonarmi per tutto ciò che avevo fatto in quei cinque giorni e di salvarmi dal diavolo promettendo che non l’avrei fatto mai più.
Passai due giorni tranquilli, senza peccare, e ogni sera ringraziavo Dio per il suo aiuto contro il maligno. Ma al terzo giorno’ caddi di nuovo nel peccato.
Era notte. Non riuscivo a dormire. Non capivo il perché. Avrei dovuto crollare dalla stanchezza perché avevo aiutato mio padre, per quello che potevo fare, e mi sentivo completamente a pezzi prima di andare a letto, ma una volta sotto le lenzuola non riuscii a prendere sonno. Certo, faceva caldo, ma anche la notte prima aveva fatto lo stesso caldo. La mia mente correva, senza sapere dove andare. Decisi di non pensare più a nulla e di addormentarmi, così chiusi gli occhi e mi concentrai sul sonno.
Non ci riuscivo.
Presi a girarmi nel letto e, casualmente, ma fatalmente, la mia mano andò a finire sul mio bacino. Mi sentì gelare per un attimo indefinito, ma poi’ poi sentii che la mia mano si muoveva sulla mia fichetta coperta dalla leggera camicia e dalle mutande. Prese a muoversi sempre meno disordinatamente e, sembrava, con una meta ben precisa, per arrivare, infine, sullo spacco che sembrava attirarla prepotentemente. Volevo resistere! Lottai con tutte le mie forze! Lo giuro! Ma non c’è la feci!
Sentii le mie mani sollevare la camicia da notte, abbassare le mie mutande e infilarsi tra le mie gambe. In un ultimo tentativo, strinsi le cosce per bloccare i loro movimenti, ma le dita, come dei serpenti si infilarono dentro di me. Al solo sfiorare il mio buchetto sentii una scarica percorrermi lungo il corpo e i miei muscoli incominciarono a rilassarsi. Poi, si arresero del tutto, e incominciarono ad agevolare i giochi di quelle dita indiavolate. Sembrava sapessero alla perfezione come farmi capitolare. Mentre la sinistra carezzava la mia fichetta all’esterno e il peduncolo che sentivo cresciuto, la destra, con l’indice, si infilò in quel buchetto meraviglioso che mi stava facendo impazzire di piacere. Mossi il dito più velocemente. Adesso sentivo nel mio corpo il piacevole ricordo di quelle sensazioni che avevo provate giorni addietro, e che mi erano piaciute così tanto, ed ero decisa a provarle di nuovo, nonostante le mie promesse al Signore. Così, poco dopo, mentre sentivo il grido di piacere che mi risaliva su dalle viscere, in un attimo di lucidità, volsi la testa verso il cuscino, lo afferrai tra le labbra, e lo dispersi dentro di esso. Mi sentivo impazzita. Le mie gambe premevano contro il materasso, mentre il mio bacino, in cui le mie dita ora erano ben due dentro di me e non avevano intenzione di staccarsi da esso, e il mio corpo si sollevavano per andare loro incontro. Non riuscii a contare quante volte godetti quella notte, ma furono certamente parecchie e, alla fine, mi addormentai.
Al mattino mi svegliai quieta e rilassata. Ma quando i ricordi di quella notte mi tornarono alla mente, quella calma fu sopraffatta dalla coscienza di aver peccato. Scesi dal letto e mi inginocchiai per pregare il signore di perdonarmi. Fu così che mi trovò mamma quando aprì la porta della mia stanza. Vedendomi in quella posizione, mi fece un sorriso, e senza dire una parola, uscì lasciandomi sola.
La mia vita continuò così, tra momenti di folle pazzo piacere e momenti di paura per i miei peccati di piacere. Ero diventata più devota, e non mancava messa o processione a cui non ero presente. Sia i miei genitori che padre Fran’ois erano felici per questa mia fervida religiosità, e fu proprio padre Fran’ois a consigliare mio padre a mandarmi in un convento. Lì, ci disse un giorno che era venuto a benedire la nostra casa, avrei avuto la possibilità di decidere se seguire il Signore facendo la vita ritirata di una suora, o di divulgare i suoi insegnamenti tramite l’educazione che potevo dare agli altri. Nel convento, infatti, si preparavano le ragazze al ruolo di istitutrice. Mio padre disse che ci aveva già pensato, e visto che c’è lo potevamo permettere, chiese a me cosa ne pensassi.
Io risposi senza esitazioni che ne sarei stata contentissima. Se non altro, lì, in quel luogo sacro, di preghiera e di dedizione al Signore, avrei avuto meno tentazioni.

Così, mi ritrovai in convento!
All’inizio, appena entrata, ero diventata di umore pessimo. L’ambiente era tetro, le suore non ti rivolgevano quasi mai la parola se non per riprenderti, e le mie compagne mi tenevano in disparte.
Le cose cambiarono una notte.
Avevamo finito di dire le preghiere nella chiesetta e ci eravamo ritirate nel dormitorio comune. Suor Adalgisa aveva assistito al nostro svestimento. Ogni sera cambiava la suora che ci controllava quando ci svestivamo per andare a letto. Nonostante fosse inverno, le regole del convento esigevano che ci denudassimo e indossassimo la pesante camicia da notte. La cosa mi aveva meravigliata non poco, visto che non si faceva altro che ripetere che era peccato mostrarsi nude allo stesso modo del guardare il corpo nudo di altre ragazze e, ancora di più, quello di un uomo. Eppure, nonostante ci fosse fatto obbligo di tenere la testa e gli occhi bassi mentre ci spogliavamo, non potevo fare a meno di notare che suor Adalgisa osservava ciascuna di noi con gli occhi ben aperti. Lo stesso, avevo notato, facevano le mie compagne, che non disdegnavano di guardare il mio corpo, anche se poi mi tenevano in disparte tutto il giorno. Ormai avevo tredici anni, ma il mio corpo era già quello di una diciottenne ben fatta.
– Bene! Ora mettetevi sotto le coperte e dormite. Buonanotte! – disse suor Adalgise mentre si accingeva a spegnere le luci nelle lanterne.
Dando tutte la buonanotte a suor Adalgise, ci ficcammo sotto le coperte per cercare calore.
Quella notte non riuscivo a prendere sonno. Questo già mi innervosiva, ma soprattutto perché sapevo come erano andate a finire le altri notti che erano incominciate in questo modo’ ed anche perché, se prima potevo sfogarmi liberamente perché ero sola, nella mia camera’ Oddio!! Stavo per cedere già col pensiero al peccato! Ora, invece, mi trovavo in un dormitorio, e la cosa mi metteva addosso un’ansia ancora maggiore.
Dovevano essere passate circa due ore, quando sentii prima dei fruscii e poi dei mugolii. Pensai che fosse qualcun’altra che come me non riusciva a dormire, o stesse facendo brutti sogni, ma quei mugolii si ripeterono, e non mi parve che fossero dovuti ad incubi. Lentamente, mi girai nel letto, alla mia destra. Alzai leggermente la testa per vedere da dove provenivano quei mugolii, e rimasi fulminata dallo stupore. La luna era quasi piena, per cui potevo distinguere chiaramente che nel letto di Albertine erano in due a dormirci. Anzi, a giudicare dai movimenti che si vedevano da sopra le coperte, non era proprio dormire quello che stavano facendo. Rimisi la testa sotto le coperte di scatto. Ero stupefatta! Stupefatta e’ eccitata’ anche se un po’ già lo ero, ma adesso lo ero ancora di più per quei suoni che, mi rendevo conto, erano del tutto simili a quelli che gli stimoli maligni procuravano nel mio corpo affinché li calmassi con i miei toccamenti! Per di più, altri pensieri, privi di santità, mi invadevano’!! I mugolii si ripetevano e si facevano più intensi allo stesso modo dei loro respiri. Essere costretta a stare immobile e al contempo sentire i loro respiri e i loro mugolii, tutto suscitò in me delle strane, forti, e’ nuove sensazioni che non avevo mai provato prima. Sentii le mie viscere che si rigiravano all’interno e’ come un peso lì in basso, come qualcosa che premeva per uscire. Mi imposi di non toccarmi, di non muovermi, di stare immobile e di sforzarmi di non pensare a quelle intense e consapevolmente stimolanti sensazioni che mi stavano avvolgendo. Ma, intanto, avvertivo che i miei capezzoli si erano ingrossati’ ed era così esaltante sentirli turgidi e tesi!
Cedetti!
Li toccai e mi sentii travolgere da sensazioni diverse da quelle provate fino ad allora.
Intanto i mugolii erano aumentati e, per di più, adesso erano in due a mugolare.
Sentii, inoltre, un altro prepotente impulso nascere dentro di me.
Oltre al mio corpo, ora anche i miei occhi volevano la loro parte!
Sconvolta, ma coinvolta mio malgrado, alzai di nuovo la testa per guardare, ma mi presi uno spavento terribile.
Stavo per urlare ma una mano mi tappò la bocca!
Dopo che mi fui girata nel letto, sempre con quella mano sulla bocca, vidi chi avevo di fronte: era Anne, una delle allieve, una bella ragazza con gli occhi azzurri e i capelli rossi, la quale mi faceva segno con il dito di stare zitta.
– Posso togliere la mano? Non griderai? – mi chiese tenendo ancora la mano sulla mia bocca.
Feci segno di si con la testa e, lentamente, come se non si fidasse, Anne sollevò la mano dalla mia bocca. Quando la ebbe tolta del tutto, la sua bocca si allargò in un sorriso.
– Fa freddo, mi fai entrare nel tuo letto? – mi chiese subito e, senza aspettare il mio permesso, si ficcò sotto le coperte.
– Aaaahh, che bel calduccio. – disse Anne, stringendosi a me.
– Ma’ cosa fai? Sei impazzita? Se ci scoprono sare’
– Ssshhh’ – fece Anne, mettendomi adesso un dito sulle labbra per farmi stare zitta – Nessuno ci scoprirà se eviterai di fare tutto questo chiasso. Hai forse visto qualcuno che ha scoperto Annette e Josephine? Stai tranquilla, rilassati, sento che sei molto rigida.
Sentii, con stupore, le mani di Anne che mi toccavano le tette’ e poi prendevano ad accarezzarle! mentre la sua bocca si avvicinò alla mia incominciando a darmi piccoli bacetti.
– Ma’
Non ebbi tempo di aggiungere altro perché Anne ne aveva approfittato per fissare la sue labbra sulle mie e infilare la sua lingua dentro la mia bocca. Ero sconcertata! Era la prima volta che qualcuno metteva la sua lingua nella mia bocca e la cosa mi suscitava al contempo una sensazione di fastidio mista a qualcosa che definirei, ora, un vagito di piacere! Di baci ne avevo già avuti sulle labbra, ma erano baci affettuosi, di augurio, di quelli che si davano nei periodi di festa, nulla a che fare con quelli che mi stava dando Anne. Però’ sentii che i miei capezzoli si inturgidivano di nuovo e sensazioni ancora più forti avevano ripreso a premere laggiù, in basso.
Stavo di nuovo per cedere ai miei sensi!
Anne, ad occhi chiusi, beata, aveva preso a mugolare nella mia bocca, mentre la sua lingua e le sue mani non si fermavano. Pur senza volerlo, strinsi le cosce quando sentii la sua infilarsi in mezzo alle mie e prendere a sfregarmi là in mezzo. Un mugolio che non riuscii a fermare mi sfuggì.
– Aaahhh’ lo sapevo che dovevi essere caldissima sotto quella tua aria distante e noncurante’ Uuuhhhmmm’ Hai un corpo magnifico! Non perdo occasione di ammirarlo ogni volta che ci spogliamo’ sia lode alle suore di Saint Maurice’ ssssiiii, anche tu, muovi la tua coscia così, si, siiii’
Mi sentivo preda di qualcosa di travolgente e meraviglioso e ora non avevo nessuna intenzione di perdere alcuna di quelle sensazioni. Tutte le mie remore si erano dissolte. Avevo preso a muovere le gambe, come mi aveva chiesto Anne, ma anche perché non riuscivo a stare ferma, e nel fare questo, avevo preso a stuzzicare il suo bacino. Il sentirla mugolare ad ogni mio sfregamento mi eccitava, per cui presi a spingere con più forza la mia coscia contro il suo bacino. Mi sembrava che la mia sensibilità si fosse espansa ad accogliere tutto il dormitorio, perché sentivo che i mugolii di Annette e Josephine si erano fatti più intesi e, perciò, anche se con malavoglia, volendo continuare ad assaporare le sensazioni che Anne mi stava dando, ma al contempo desiderosa di vedere cosa accadeva al mio fianco, aprii gli occhi a guardare ciò che accadeva dalla loro parte. Ciò che vidi mi lasciò sgomenta a tal punto che mi bloccai.
– Che c’è? Che succede? – mi chiese Anne, guardandomi.
Volgendo la testa in direzione del mio sguardo si rese conto del motivo per cui mi ero bloccata.
– Non hai mai visto due ragazze che fanno l’amore? E una che lecca la fica dell’altra? – mi do’mandò, fingendosi stupita, Anne, mettendo una mano in mezzo alle mie cosce e prendendo a stuzzicarmi proprio lì in mezzo.
– Nnn’ No! Mai’ Uuuhhmmm’ – risposi quanto mai turbata, anche perché sentivo la mia eccitazione crescere pazzamente di nuovo.
– Allora’ non sai cosa si prova? – chiese ancora Anne mentre il suo corpo e la sua testa scivolavano in basso.
Mentre mi sforzavo di continuare a guardare, con gli occhi semichiusi, la bocca aperta, quello spettacolo sempre più splendido dei deliziosi movimenti del corpo di Annette e quelli della lingua di Josephine, sentivo che Anne mi tirava il camicione su per le gambe, sino ai fianchi. Ero rimasta immobile sino ad allora, ma non appena sentii la lingua di Anne sulla mia’ fica’ i miei fianchi ebbero un sobbalzo.
– Lo sapevo! Lo sapevo che sarebbe stato così! Sei di fuoco! – disse tutta eccitata Anne mentre rimetteva la lingua sulla mia fica.
Mi misi la mano in bocca per non urlare. Quella lingua dentro di me mi stava portando alla pazzia. Non capivo più nulla. Sentivo quell’arnese bollente che mi rivoltava dentro come un aratro rivolta le zolle di terra, e ogni zolla era una scossa di piacere. Sentivo che un fiume di piacere usciva da quella fonte e che Anne cercava di non perdere nulla di quel fiume. Io mugolavo sulla mia mano, mentre sentivo che quella fonte diventava sempre più intensa. Non c’è la facevo più a resistere, a non urlare. I miei occhi erano chiusi, ma i miei sensi erano ben aperti ad assaporare ogni variazione di quel piacere. Le mie mani ora stringevano i capelli di Anne per paura che mi lasciasse e mi portasse via quelle sensazioni che mi stavano rendendo pazza di felicità. Ad un tratto sentii che quella fonte stava diventando una cascata, e che un urlo stava partendo dalle mie viscere. La mia bocca si era aperta per urlare, ma un’altra bocca si mise sulla mia, bevendo appassionatamente la mia saliva e il mio urlo di godimento. Continuai a mugolare dentro quella bocca non so per quanto tempo. Quando riaprii gli occhi vidi che oltre a Anne c’era anche Josephine accanto a me. Era lei che mi aveva baciato per bloccare le mie urla!
– Dio, Lisette! Sei fantastica quando godi. Fortuna che Annette ha goduto subito e così ho fatto in tempo a bloccarti, altrimenti avresti svegliato tutto il convento. – mi disse Josephine bacian’domi di nuovo.
Quel bacio, ora che avevo riacquistato un po’ di controllo, mi turbò.
– Te l’avevo detto! – rispose Anne da sotto, con gli occhi lucidi, mentre la sua lingua continuava a leccarmi e a darmi dolci brividi.
– Oh, mio dio! E le altre? Se ne saranno accorte?! – dissi, atterrita, sollevandomi a sedere sul letto.
Guardai lungo il dormitorio’ e vidi che tutte guardavano verso di noi.
– E certo che se ne sono accorte! Come avrebbero potuto non accorgersene, vero ragazze?- disse Anne guardando sorridente le altre ragazze.
Vidi che tutte sorridevano e che sorridevano a me quando le guardavo, e qualcuna mi lanciò anche un bacio.
La mia mente era sconvolta. Non sapevo che atteggiamento prendere. Mi sentivo in colpa, come sempre mi succedeva dopo aver ceduto ai sensi, ma mi sconcertava vedere che le altre non avevano tutte queste remore. Decisi di mostrarmi cordiale, se non altro perché intuivo che da questo dipendevano i miei futuri rapporti con ognuna di loro.
Sforzandomi di mostrarmi felice, sorrisi a tutte.
Capii che ormai ero entrata a far parte di loro.
– Ora è meglio che andiamo a dormire, altrimenti domani non ci alzeremo. Sappi, comunque, che questa notte sei stata tu a godere ma domani notte toccherà a te far godere almeno una di noi. Se poi vorrai continuare a far godere altre, e se c’è qualcuna disposta, allora potrai continuare a farlo. Accetti il nostro patto? – mi disse Anne guardandomi seria.
Guardai Anne, guardai Josephine, guardai tutte le altre e poi tornai a posare lo sguardo su Anne.
– Accetto! – dissi, sforzandomi di sorridere a tutte.
Anne se ne tornò nel suo letto, non prima di avermi dato un’altro bacio e un’altra carezza sulla mia fichetta. Io, non appena tutto fu calmo, lentamente, tirai il lenzuolo fin sopra la mia testa, e congiungendo le mani, mi misi a pregare chiedendo perdono al Signore per tutto ciò che avevo fatto o detto.
continua…

Lisette Folain

Per commenti scrivete a: meliseide@gmail.com
LISETTE – ROMANZO LIBERTINO. Cap. 2

Così, iniziò per me una nuova vita al convento.
La mattina ci alzavamo presto per le preghiere. Poi la colazione, le lezioni, i lavori, le preghiere, il pranzo, lo studio, le preghiere, la cena, le preghiere e, poi giungeva la sera, con l’obbligo che spettava ad una di noi. Anne si era attaccata morbosamente a me! Io non sapevo come fare. Non perdeva occasione per carezzarmi sotto la tonaca o baciarmi appena vedeva che nessuna suora era lì a guardarci. Ormai faceva coppia fissa con me, e ciò suscitava l’invidia di qualcun’altra. Ma, nonostante tutto ciò, non mi era possibile lamentarmi, altrimenti si veniva sbattute fuori dal gruppo. Così, per non restare sola con me stessa e i miei peccati, mi rassegnai ad averla come amante. Anche per questo motivo, la sera, dopo che era finito tutto e ci mettevamo finalmente a dormire, le mie preghiere erano più fervide. Inoltre, visto che mi sentivo in colpa per quella passione che io e il mio corpo suscitavamo in Anne, poverina!, mi ero messa a pregare anche per lei.
Circa un mese dopo questi fatti, accadde una cosa che non mi sarei mai aspettata’ e che mi condusse a godere pazzamente di nuovo, facendo aumentare in me il senso di colpa per il peccato in cui il mio corpo induceva le altre. Il motivo per cui il mio corpo e i miei sensi cedettero follemente quel giorno era dovuto al fatto che, fino ad allora, avevo pensato che tutto quello che avveniva ogni sera avvenisse senza che le suore ne sapessero nulla ma, quel giorno, mi resi conto che le cose non stavano proprio così.
Venni chiamata da suor Virginie, che mi disse che la badessa mi voleva nel suo studio. Un senso di forte preoccupazione mi prese. Immediatamente mi diressi verso lo studio. Durante il percorso, con la testa bassa e le mani giunti, pregando fervidamente, cercavo di capire il motivo di quella chiamata. Pensai che avessero scoperto della mia relazione con Anne e ciò che succedeva ogni sera nel dormitorio’ ma perché chiamare proprio me?! mi chiesi continuando a pregare. Cercai di pensare ad altri motivi, ma non giunsi a nessuna conclusione.
Quando fui davanti alla porta dello studio, slacciando le dita che avevo giunte strettamente nel pregare il Signore, con mano tremante, bussai.
– Vieni avanti, Lisette. – disse la badessa.
Il mio cuore batteva fortissimo, e prese a battere ancora più forte quando, aprendo la porta, vidi che c’era anche Anne.
– Oh, mio dio! Hanno scoperto tutto! – ricordo che urlai, raggelata, dentro di me.
Tremavo tutta. Le mie gambe non volevano saperne di camminare. Mentre io ero terrorizzata, guardando Anne, mi resi conto che lei, invece, non lo era. Assolutamente! Anzi, mi guardava con gli occhi sorridenti e pieni di compassione per quell’aria di cane bastonato che dovevo avere.
– Vieni pure avanti, Lisette. – disse di nuovo la badessa.
Il suo tono dolce e calmo, mi rinfrancò un poco.
Facendomi coraggio, proclamai un ‘Sia Lodato Gesù Cristo’ e mi diressi verso la scrivania dove andai a baciare la mano della badessa dopo essermi inginocchiata.
– Sempre sia lodato. – risposero entrambe.
Dopo averle baciato la mano, mi rialzai e, a capo chino, cercando di non far trasparire nulla di quel senso di colpa che mi opprimeva, mi misi a fianco ad Anne, davanti alla scrivania.
Ci fu un minuto buono di silenzio. Con il capo ancora inchinato, io fremevo sotto lo sguardo della madre superiora che immaginavo rivolto solo verso di me.
– Cos’hai, Lisette? Sei tesa! Non aver paura, non voglio mangiarti! – disse in tono ancora dolce la badessa alzandosi – Non aver timore, non ti ho fatto venir qui per rimproverarti! – continuò.
Ora era vicino a me, e aveva preso ad accarezzarmi i capelli.
Mi sentii un poco rinfrancata.
– Ho notato che, al contrario dei primi giorni, ti sei inserita molto bene nel gruppo delle tue compagne. I primi giorni eri sempre chiusa, zitta, in disparte, mentre ora vedo che partecipi ad ogni loro iniziativa, e questo mi fa molto piacere. Ho notato sin dal primo giorno quanto eri’ quanto fossi una brava ragazza, e Anne me lo ha confermato con parole di lode. Sappi che noi’
Mentre la badessa continuava il suo discorso, non potei fare a meno di guardare, sottecchi, Anne, che mi sorrise.
– Lodarmi! Cosa ha potuto dire per lodarmi! Che fa l’amore con me ogni’ Oh, Signore perdona i miei pensieri! Ti prometto che non lo farò più. Non cederò più ne alle sue carezze ne a quelle di altre. Ti scongiuro, Signore, perdonami! Dammi il tuo aiuto! – pregai dentro di me.
Poi rivolsi di nuovo la mia mente a ciò che stava dicendo la madre superiora.
– ‘perciò, ti ho fatta venire qui affinché tu incominci ad avere un’idea di quello che intendiamo quando predichiamo di stare lontano dalle tentazioni e’ in special modo, da quelle della carne! – stava dicendo la badessa – Anne è nostra allieva da ben tre anni, ed è sempre stata una delle nostra migliori allieve. Bella, brava, dolce, ubbidiente, umile. Quello che io voglio, è che anche tu diventi brava come lo è lei. Vuoi diventarlo? – mi chiese la badessa volgendomi le spalle.
Io rimasi per un attimo confusa. Il mio sguardo si posò su Anne che vidi mi faceva cenno di si con la testa.
– Si’ voglio diventarlo. – risposi, involontariamente, un poco frastornata.
– Benissimo, mia dolce Lisette. Era questo che volevo sentire dalle tue labbra. – mi disse la badessa voltandosi e facendomi un sorriso amplissimo.
Mentre mi diceva queste ultime parole, mi sembrò che qualcosa di nuovo fosse comparso sul suo volto. Inoltre’ quelle sue parole di lode riguardo alla bellezza di Anne e alla mia dolcezza’ quel suo modo di carezzarmi i capelli, poi’!!
– Ma cosa vado a pensare!? Adesso vedo lesbiche dappertutto!! Oh, Signore, perdonami per quello che ho detto!!! – pregai per la parola proibita che avevo pronunziato dentro di me.
– Devi sapere, mia cara, che una delle prime tentazioni del diavolo, è la bellezza, e tu’ – riprese la badessa venendomi di nuovo vicina e accarezzandomi leggermente il volto – sei di una grande bellezza! E quindi rappresenti una tentazione ancora più forte. Non è vero, Anne? – chiese la badessa volgendosi ad Anne.
– E’ vero, madre. – rispose umilmente Anne.
La badessa tornò a sedersi dietro la scrivania.
– Anne, vuoi mostrare alla nostra bella Lisette, a quali tentazioni può indurre un visino e un corpo così bello ed’ eccitante! – terminò con un sospiro la badessa fissando più il mio corpo che me.
– Si, madre. – rispose Anne.
Io non capivo più nulla. Quei discorsi non mi sembravano discorsi da madre superiora ad allieva.
Vidi Anne che si girava verso di me. Le sue mani presero ad accarezzarmi le braccia per risalire subito sul mio petto. Io ero annichilita dallo stupore. Sentivo le mani di Anne che mi palpavano le tette mentre la sua bocca era già sulla mie labbra, e vedevo la badessa che guardava senza dire nulla.
– Non aver paura. – mi disse piano Anne continuando a darmi piccoli baci ed accarezzandomi – Fa sempre così quando vuole vedere uno spettacolo eccitante. Poi, quando noi ce ne andremo, si sfogherà con la candela che ha sistemato nello scrittoio. Tu non fare nulla, faccio tutto io! Te lo dirò quando arriverà il momento di partecipare.
Adesso mi era tutto chiaro!
La badessa voleva servirsi di noi per godere di quelle sensazioni che altrimenti non potrebbe assaporare in alcun modo. Essendo suore di clausura, non potevano rivolgersi a gente del mondo esterno, per cui ricorrevano alle allieve. Però, non potendo toccarle, per paura che qualcuna svelasse ogni cosa, si servivano soltanto di alcune di esse, godendo solo dello spettacolo che esse sapevano dare loro. Poi, in privato, si sfogavano con le candele di cui il convento era pieno, e quindi, sempre disponibili. Confesso che la cosa mi aveva turbato molto’ ma le carezze di Anne, e la scandalosa situazione, mi avevano già eccitata. Potenza dei sensi della giovane età! Avevo appena pregato il Signore di perdonarmi dei miei peccati, promettendoGli che non sarei mai più caduta in tentazione, che ora, mentre Anne continuava a baciarmi, ad accarezzarmi, e palparmi da sopra il vestito, mi chiedevo, pazzamente, perché non andasse sotto e mi toccasse finalmente sulla pelle sudata e nella fichetta che sentivo ormai bagnata. Erano baci e carezze eccitanti ed estenuanti, che mi stavano facendo perdere la coscienza di dove mi trovavo. Anne mi aveva detto di non fare nulla, ma anch’io sentivo la voglia di carezzarla e stringerla a me. Aprendo un attimo gli occhi, lo sguardo mi cadde sul volto della badessa, sul quale lessi sensazioni forti, di piacere e di sofferenza insieme.
– Questo’ – riprese la madre con voce arrochita ed eccitata – questo è solo l’inizio di uno dei tanti modi con cui il diavolo tenta le ragazze pure di animo. Fa sì che sensazioni dolci, piacevoli, fortemente sensuali, li prenda, coinvolgendo ogni minima parte del loro corpo e ogni frazione della loro mente. Poi, volendo arrivare a coinvolgere ancora di più, fa sì che dentro di loro nasca il desiderio di toccare i loro corpi’ nudi. Così, le ragazze incominciano a spogliarsi di ogni loro indumento, sin quando non sono completamente nude’ – terminò la badessa.
Anne avvicinò le sue labbra alle mie e, fra un bacio e l’altro:
– Ora’ Ooohhhooo’ ora io spoglierò te e tu spoglierai me. Ti sta piacendo? Ti sta eccitando la situazione? – mi chiese baciandomi con la lingua in bocca.
– Uuuhhmmm’ ssssiiiii’ sono tutta bagnata, prova a sentirmi’ – riuscii a rispondere completamente coinvolta dalle sensazioni del suo corpo e dall’atmosfera peccaminosa.
– No! Non ancora. Per ora accontentati di spogliarmi. Su, dai!!
Eseguendo i suoi ordini, presi a toglierle ogni indumento, così come lei stava facendo a me. Quando fummo completamente nude, Anne, finalmente, mi strinse facendomi sentire il calore del suo corpo. Il suo ginocchio destro, come sempre, si infilò tra le mie gambe e andò a stuzzicarmi la fichetta. Io mugolavo e godevo del suo corpo e delle sue carezze. Volendo ricambiare il suo favore, portai una mano in basso per poterle accarezzare la fica e constatare quanto fosse bagnata. Ma Anne era contraria.
– No, non farlo! Te lo dirò io quando sarà il momento in cui potrai prendere l’iniziativa’ Aaaaahhhaaa’ hai delle tette dure e grosse’ Uuuuhhmmm’ fai sentire alla badessa quanto ti piacciono le mie carezze, ci gode moltissimo a sentire i mugolii e gli urletti delle allieve’ – mi disse Anne prendendo a baciarmele.
Non c’era bisogno che mi stimolasse, io non potevo più resistere, così mi lasciai andare a mugolii e sospiri ad ogni sua carezza o ad ogni suo bacio.
– Aaaaahhaah’ – urlai quando i suoi denti si chiusero sul mio capezzolo sinistro – AAhhahhahoooo’ – urlai ancora quando le sue dita mi strinsero il capezzolo destro.
Erano sensazioni fantastiche, intense, come quelle dovute al fatto che lo stavamo facendo sotto gli occhi eccitati di colei che doveva salvaguardare il nostro corpo e le nostre anime, la badessa, che, invece, ci guardava compiacente fare cose proibite dalla religione che professava e, soprattutto, in un luogo sacro come un convento.
Vidi, nel gorgo del piacere, il volto sudato della badessa, le mani strette a pugno sul ripiano della scrivania, e i suoi occhi che si chiudevano quando lanciavo un grido dovuto al piacere intenso che mi aveva dato una carezza o un bacio di Anne.
– Capisci Lisette, quanto il diavolo sia subdolo? – mi chiese la badessa guardandomi con gli occhi spalancati e il viso abbondantemente sudato.
– Si, ssssiiiiiiiii’ Oooohhoooo’ – risposi inconsciamente, mugolando, alla sua domanda, visto che non capivo più nulla, eccetto quel piacere che mi aveva sconvolta tutta.
– Ma questo’ questo mia bella’ FICA! Mia dolce e stupenda FICA!!, è solo un preludio a quello che è la tentazione massima. Lo sai tu, mia deliziosa e stupenda FICA, qual’è la tentazione massima? – aveva preso a dire spudoratamente la reverenda madre superiora.
– N’ Nnnnooohhh’ no’ signora madre’ Aaahhaah’
– Oh’ Quella è la più grande e invereconda di tutte, mia stupenda e dolce Lisette. La vuoi sapere qual’è? Affinché quando tu ti troverai di fronte ad essa, avendone già conosciuta la forza, potrai combatterla meglio? – mi domandò ancora la badessa.
– Si’ si’ si’ – risposi alla sua domanda e alle carezze e alla lingua di Anne.
– Ebbene, questa è la tua’ LA TUA FICA!!! Si! Quel triangolo nero che tieni in mezzo alle tue splendide cosce, e dove ora Anne ci metterà le dita!!! – urlò, quasi, la badessa.
Al suo posto urlai io, quando sentii, finalmente, le dita di Anne dentro di me.
– Aaaaahhaah’ accarezzami, lì, così, dentro, si, così, così’ Uuuuhhmmm’ Vai ancora lì, si, lì, così, ancora’ Ecco, così, ssssiiiiiiiii’ – urlai quando Anne prese a giocare con il mio pistolino.
– Anche tu, ora’ accarezzami anche tu’ siii’ anche tu mi puoi accarezzare’ – mi supplicava adesso Anne – Stringimi le tette, mettimi le dita nella fica’ Aaaaahhoooooo’ Uuuuhhmmm’ siiii, baciamele, tirami i capezzoli, ssssiiiii’ Oooohhohoo’ accarezzami la fica, ecco, così, più in dentro’ UUuuhhhmmm’ fai come faccio io, ssiiiissiiiii’ è meraviglioso’ stenditi a terra, sui nostri abiti’
La badessa si era alzata perché non voleva perdere niente del nostro indecoroso, osceno, ma eccitante spettacolo.
– Ssssiii’ cosssììì’ Ma c’è anche un’altra cosa che è di una tentazione ancora maggiore. LA LINGUA! Falle vedere, Anne, come e quanto sia tentatrice la lingua che gioca nella fica’ bagnata’ sgocciolante di piacere’ ssiii, leccala tutta, lecca ogni cosa! Senti come gli piace che tu gli porti via quel segno del peccato? Continua! Su, continua!! E TU!! – continuò la madre superiora, inginocchiata, rivolgendosi a me tutta intontita dal piacere – Non vuoi forse pulire Anne da quella traccia del peccato? Non vuoi ricambiare la sua buona azione!? Siiii, brava, girati! Così. Mettiti sotto il suo bacino e osserva’ – disse la badessa piegandosi vicino alla mia faccia e alla fica di Anne.
Non capivo più nulla. Avevo sul mio viso la fica di Anne e a fianco a me il volto della badessa.
– Aprila bene con le dita. Guarda! Vedi quei rivoli biancastri? Sono quelle le tracce del peccato che agisce dentro il suo corpo. Lo sai cosa si fa in questi casi? – mi chiese la badessa.
– No’ no’ – risposi, realizzando ciò che intendeva.
– Bisogna asportare via ogni traccia di quel peccato? E’ lo sai come?
– No’ no’ me lo dica lei! – urlai quasi disperata perché morivo dalla voglia di mettere la lingua nella rossa fica di Anne, e aspettavo solo che la badessa mi dicesse di farlo.
– Con lo strumento che NOSTRO SIGNORE! nella sua sapienza e lungimiranza, ci ha messo a disposizione. LA LINGUA! Ecco. Brava! Tirala fuori, così! Ora avvicinala a quel ruscello, così’ ORA LECCA! LECCA! LECCA! LEEECCAAA! Siiiiii’ sei brava, molto brava. Senti come alla nostra piccola Anne piace la purificazione?
– Siiiii ‘ Uuuuhhmmm’
Presi a leccare con la frenesia di quella passione che ormai mi aveva travolta completamente. Leccai disperatamene in ogni anfratto della fica di Anne, mentre lei faceva lo stesso nella mia.
– Bene! Continua così! Continuate fin quando ogni traccia del maligno sarà scomparsa dai vostri splendidi corpi. – intimò la badessa continuando a guardarci con occhi eccitati di bramosia.
Nessuna di noi aveva intenzione di non obbedire a quegli ordini, per cui continuammo ad accarezzarci e leccarci fin quando non arrivammo insieme a godere’ e fummo, così, purificate dal maligno!
Dopo che godetti, mezza intontita, mi lasciai andare sui nostri abiti a terra. Ma così non la pensava Anne.
– Vieni! Alzati! Dobbiamo andare via! – mi disse, incominciando a vestirsi.
Senza fare domande, presi a vestirmi anch’io. Ogni tanto alzavo la testa per guardare verso la badessa, ma era si era seduta e aveva il volto tra le mani.
Il guardare quella figura, in quella posizione di disperazione, stava già facendo emergere i miei sensi di colpa. Ma non c’era tempo. Avrei chiesto perdono al Signore più tardi!
Dopo che fummo rivestite, Anne e io, facendo una piccola genuflessione a mani giunte, con un ‘SIA LODATO GESU’ CRISTO’, uscimmo dalla stanza. Io mi stavo dirigendo per il corridoio, allontanandomi il più possibile dal luogo del nostro peccato, quando Anne mi bloccò per il braccio e, poggiando l’orecchio sulla porta, mi fece segno di fare lo stesso. Passivamente, eseguii. Passarono pochi secondi che, dopo un rumore come di qualcosa che veniva chiuso, sentimmo dei gemiti che incominciarono a diventare sempre più alti, sino a trasformarsi in grida di piacere. Intuendo che la badessa si stava divertendo con la candela, Anne scoppiò a ridere mettendosi le mani davanti alle labbra. Non potei fare a meno di ridere anch’io a causa della risata di Anne che avevo sempre trovato contagiosa. Dopodichè tornammo ai nostri doveri, ripromettendomi di dire un numero maggiore di preghiere quella notte. Anche per la madre superiora.
Continua’
Lisette Folain

Per commenti ‘ meliseide@gmail.com

Lisette – Romanzo Libertino

Cap. 3

Con sbigottimento, mi resi conto che quella della badessa non era la sola perversione che esisteva in collegio. Ogni suora aveva la sua’ e ognuna aveva la sua allieva accomodante. Vi era, per esempio, suor Adalgise, che amava frustare e poi leccare le ferite della sua allieva preferita, Odette. Oppure suor Marianne, la cui perversione la portava a stendersi in terra, in camicia da notte, e a farsi passeggiare sopra dalle sue due allieve preferite, Donate e Francine. Mentre loro, prive di mutande, camminavano sopra di lei con scarpe di legno, con i tacchi, che faceva lei stessa, lei godeva di quella umiliazione, mentre non smetteva di guardare i loro corpi da sotto la tonaca da educande che le faceva tirare su fino a metà cosce.
Così, procedeva la vita in collegio! E così procedeva anche la mia, tra momenti di prostrazione e sconforto, e momenti di passione che non riuscivo a controllare.
Oh’ perdonatemi! Mi ero dimenticata di Leonarde.
Leonarde era lo scemo del villaggio. Era un trovatello che le suore avevano tenuto con loro, dandogli un tetto e da mangiare in cambio delle cure che lui dedicava all’orto. Ora era diventavo un omone alto e grosso. E a lui si dedicava, ogni tanto, più di qualcuna, quando erano stanche delle’ nostre fiche. E, confesso, a lui dovetti accondiscendere anche io.
Ma una sola volta! Lo giuro!
Con lui si erano stabiliti una serie di segnali che fissavano l’ora e il luogo dell’incontro. In questi incontri, dopo aver constatato che Leonarde si era lavato per bene, come aveva imparato a fare dopo varie volte che era stato lasciato a secco, si divertivano con quella stanga di cavallo che aveva tra le gambe. Bhé’ se fosse una stanga non lo sapevamo, perché in convento altri maschi non c’è ne erano, e i due cavalli che avevano le suore, erano delle cavalle. Comunque, a noi, che non ne avevamo mai viste, quel prodigio sembrava proprio una stanga.
Questo accadeva di sera.
Dopo che ci eravamo messe a letto, ad un’ora prestabilita, Leonarde metteva una scala sotto la finestra vicina al lato ovest del dormitorio, che era al primo piano. Da qui ci si calava per poi andare nella stanzetta dove Leonarde viveva, distante circa venti metri. Quando si arrivava, Leonarde ci aspettava sorridente, seduto sul letto. Dopo che la porta si era chiusa, Leonarde si alzava in piedi mentre i calzoni venivano giù da soli, così che era possibile vedere il suo’ cazzo’ già teso e grosso. Leonarde aspettava in piedi, sorridente, guardando il suo cazzo e noi. Quando vedeva che noi non facevamo la nostra parte, si incominciava a lamentare e cercava di afferrare qualcuna. Allora, per evitare di fare ulteriore rumore, ci si toglieva la camicia da notte.
Leonarde osservava quei nostri corpi che gli si mostravano con gli occhi spalancati, mentre la lingua veniva fuori e la saliva incominciava a colargli dagli angoli della bocca. Poi si stendeva sul letto, mentre il suo cazzo rimaneva dritto, in attesa delle carezze di qualche mano. Non gli era permesso toccarci, a meno che, qualcuna, non resistendo, non gli prendesse la mano e se la portasse dove voleva essere toccata. Mi ricordo che la notte in cui ero stata costretta a seguirle, toccava a Rose giocare con il suo cazzo. Senza perdere tempo, dopo aver verificato che fosse pulito e non ci fossero odori strani, Rose lo prese in mano godendo quasi al solo sentirlo. Mentre lo teneva nella mano destra, e incominciava a fare su e giù, provvedendo a far venire fuori ogni volta parte sempre maggiore della cappella, e facendo mugolare orrendamente di piacere Leonarde, la sua mano sinistra andò fra le sue gambe e prese a toccarsi. Anche noi eravamo, per la verità, un poco eccitate, e io in particolar modo, devo ammetterlo! Il vedere per la prima volta il cazzo di un uomo, e vederlo teso, ritto, nella mano di Rose’ ebbene, quella scena mi aveva accesa totalmente, e ciò mi spinse ad osare e ad emulare le altre. Guardando Rose e la sua mano, avevamo preso a toccarci e a sfiorarci. Tuttavia non perdevamo nulla dello spettacolo. Lei, ad occhi chiusi, aveva preso a giocare con la sua fica, mentre la sua mano continuava il maneggio. Ad un tratto, Rose prese a gemere più intensamente e a muovere scompostamente il bacino. La sua mano destra stringeva il cazzo di Leonarde sempre più forte, e dava dei colpi secchi, che risuonavano quando la sua mano sbatteva sul bacino di lui. La sinistra venne fuori dalla fica, e afferrata la destra penzoloni di Leonarde, se la portò in mezzo alle gambe. Benché intontito dal piacere, Leonarde capì subito quello che voleva Rose, e prese ad andarle dentro la fica. Rose, sempre ad occhi chiusi, a quelle carezze prese a godere sempre di più e ad allargare le gambe per facilitare il compito delle dita di Leonarde. Leonarde, infatti, le aveva infilato ben due dita nella sua piccola fichetta, che aveva solo conosciuto le nostre dita e le nostre lingue, mentre le dita di Leonarde erano almeno due volte più lunghe e più grosse. Mute ed eccitate come non mai, osservavamo Rose che ora, con ambedue le mani stringeva il cazzo di Leonarde, mentre il suo viso esprimeva tutto il piacere che quelle dita, dentro di sé, le stavano procurando. Così, mentre ognuna di noi, pazze di eccitazione, si sforzava di dare e prendere quanto più piacere possibile, vedemmo Rose muovere freneticamente le mani sul cazzo di Leonarde mentre lui, completamente impazzito, cercava di ficcarle le dita quanto più in dentro possibile. Gliele ficcò talmente dentro che vedemmo Rose sollevarsi da terra sotto la spinta di quel braccio, e godere lì, con i piedi sollevati da terra, mentre il cazzo di Leonarde buttava fuori il suo piacere proprio in faccia a Rose, che si trovava su quella traiettoria. Fu una esperienza incredibile, quella di quella notte. Eravamo talmente eccitate, io soprattutto, che quando tornammo in dormitorio non potemmo fare a meno di sfogarci ognuna con l’altra. Poi, la coscienza di aver peccato, mi portò a pregare il Signore di perdonarmi ancora una volta.
La vita procedeva così al convento di Saint Maurice.

Erano ormai passati quattro anni, quando Anne, raggiunti i diciotto, e finito il periodo di istruzione, dovette lasciare il convento per ritornare alla vita normale. Fu un colpo tremendo per me. Dovetti ammetterlo. Di colpo mi trovai abbandonata, sola! Anche se Anne era sempre stato il mio diavolo tentatore, e per questo c’è l’avevo sempre avuta un po’ con lei, anche se c’erano tutte le altre intorno che mi rincuoravano, la partenza di Anne mi aveva depresso molto. Solo adesso, che non c’era più la sua presenza, capivo quanto era importante per me e quanto mi mancasse. Molto spesso la mia mente prendeva a riandare a episodi della nostra vita al collegio, in cui eravamo insieme protagoniste e complici. Si trattava di episodi di vita, diciamo così’ normale, di tutti i giorni, ma soprattutto, con mia grande sorpresa e eccitazione, di episodi in cui eravamo in preda alla passione. E molto spesso mi ritorna alla mente l’ultima notte di Anne al convento.
Ricordo che eravamo in giugno e faceva molto caldo. Suor Letizia, dopo aver goduto dello spettacolo che le toccava, ci aveva lasciate da circa mezz’ora e Anne si era già alzata e tolta la leggera camicia da notte. Nessuno dormiva, e tutte erano rimaste lì, a guardare Anne che si mostrava con sapienza. Tutte ammiravamo e invidiavamo il corpo di Anne! perché era il corpo di una donna già matura, al massimo del suo splendore. Era una sensazione stupenda guardare quel corpo che veniva fuori dalla camicia da notte che non riusciva a nascondere del tutto la sua bellezza, e io, pur non volendolo, ne ero rimasta intrigata. Quando fu del tutto nuda, con le mani ai fianchi, Anne prese a camminare lungo la corsia dei letti, affinché ognuna potesse ammirarla da vicino. C’era anche chi allungava le mani per accarezzarle le tette, o il culo, o la fica, e Anne lasciava fare a tutte. Quando fu vicino a me, anch’io, ormai soggiogata dalla passione, non resistetti al desiderio e alla voglia di accarezzarla tutta. Portai le mani prima sulle sue tette grosse e sui capezzoli eccitati, poi nel triangolo rossiccio, laggiù in basso, entrai dentro di lei, trovandola già bagnata, e poi portai lo stesso dito bagnato nel buchetto posteriore infilandolo dentro con malcelato piacere. Anne chiuse gli occhi mentre l’accarezzavo, e mugolò quando le carezzai la fica, mentre emise un piccolo urlo quando sentì il dito nel buchetto posteriore. A quell’urlo fecero eco i gridolini delle altre, seguiti da sospiri causati dalle carezze su se stesse o sulle amiche a fianco. Dopo avermi dato un bacio appassionato in bocca, a cui avevo risposto con passione, e sorriso come solo a me sorrideva, mentre i suoi occhi azzurri mi fissavano dolcemente, Anne riprese il suo giro, non perdendo occasione di gemere di piacere ad ogni tocco. Quando ebbe finito, si andò a stendere sul suo letto. Io, insieme alle altre, scesi subito dal mio letto e ci mettemmo intorno a lei. Anne aveva preso ad accarezzarsi. I suoi occhi stupendi erano chiusi, il suo volto, incorniciato dai suoi bellissimi capelli rossi, era sorridente e beato per le carezze che si stava dando.
– Sembra la Vergine Beata! – ricordo che pensai profanando la memoria della Santa Vergine.
Anne, intanto, si accarezzava dappertutto, portando le mani e le dita dove le sensazioni erano più forti e impellenti. La vedemmo che si stringeva le tette, plasmandole con le sue dita; la vedemmo portarsi le due mani nel triangolo rosso e peloso della sua splendida fica; la vedemmo allargare le gambe fino a formare uno stupendo triangolo di piacere, con il bacino e le cosce che fungevano da base e le gambe che fungevano da lati. Vedemmo le sue mani portarsi al centro del suo essere e aprire quella sua porta umida mostrando a tutte noi quanto fosse bella ed eccitata. Rimanemmo lì, a guardarla accarezzarsi e gemere di piacere, fin quando non aprì gli occhi a guardarci tutte.
– Vor’ Vorrei che, ognuna di voi, mi leccasse la fica per l’ultima volta. Voglio godere con ognuna di voi. Voglio portare con me il ricordo della vostra bocca, della vostra lingua e di questa notte, che sarà certamente meravigliosa’ – disse Anne continuando ad accarezzarsi e a guardarci con i suoi occhi azzurri aperti e lucidissimi.
Ricordo che ci fu un brusio da parte delle altre, e vidi sorrisi sulle bocche che già mostravano le lingue, felici per la richiesta di Anne. Mi ricordo anche che la prima fu Martine. Martine amava follemente Anne, ed era gelosa di me perché ero la sua preferita. La vidi inginocchiarsi vicino al letto e osservare Anne che, di nuovo ad occhi chiusi, aveva ripreso ad accarezzarsi. Vedemmo la mano sinistra di Martine allungarsi, fino a toccarle delicatamente la fica, bagnarsi le dita, e poi, dopo aver constatato che erano abbastanza umide, portarsi quelle dita sulla lingua già fuori dalle labbra e prendendo a leccarle assaporando quello che c’era sopra. Confesso che la cosa, anche se non avrei voluto, mi eccitò tantissimo, per non parlare dell’effetto che fece sulle altre ragazze. Poi vedemmo Martine accarezzarle le cosce, arrivare fin dove c’erano le mani di Anne e prendere il loro posto. Anne mugolò, senza aprire gli occhi, quando sentì quelle mani su di sé. Martine incominciò a toccarla dappertutto, sia dentro che fuori. Le sue dita erano adagiate intorno a quello stupendo triangolo a contenerlo tutto, lasciando a tutte noi solo la vista del suo meraviglioso solco bagnato. La vedemmo muovere le mani accerchiando quel solco e sfregare le sue pareti fra di loro.
– Aaaahhhhaa’ Ancora, ancora, cossììì’ SSSSIIIIIII’ è meraviglioso, fallo di nuovo’ Uuuuhhmmmm’ – mugolava Anne per quelle carezze.
Confesso che mi sentii gelosa per quelle grida, testimoni del piacere che Martine le stava dando. Poi pensai al fatto che era l’ultima notte, e al fatto che Martine aveva sempre voluto bene ad Anne, e la mia gelosia si calmò per godere di ogni attimo di quella situazione.
Vedemmo Anne spostare il suo bacino verso il bordo del letto, dove stava inginocchiata Martine, che ora l’aveva perfettamente a portata della sua lingua. Tenendo ancora stretta tra le sue mani la sua fica, e mostrandoci un quadro del bacino di Anne che non avevo mai visto’ sembrava un dolce, coperto di peli rossi, e con un solco di fragola in mezzo, che attendeva che qualcuno ci mettesse la lingua per assaporare la dolcezza che nascondeva in sé per tutte coloro che avevano voglia di assaggiarla! Tenendo le mani strette, e sollevatele il bacino, la fica di Anne era ora più vicina alla sua bocca’ e Martine ci ficcò la lingua dentro. La vedemmo leccare lungo tutto quel solco, muovendo i suoi peli rossi bagnati, fino alla clitoride eccitata e tesa di Anne, che gridò quando sentì quella lingua. Volendo sentirla gridare ancora, Martine leccò di nuovo quel peduncolo teso, e Anne la accontentò, sollevando ancora di più il bacino contro quella lingua che le stava donando tanto piacere. Continuò a leccare e a succhiare lungo quel solco e internamente, mettendo la bocca e labbra dentro di essa. Frattanto Anne non smetteva di godere, muovendosi scompostamente sul letto e toccandosi le tette eccitatissime ed eccitantissime, che ognuna di noi cercava di palpare. Dopo un po’, Martine non c’è la fece più a resistere alla voglia di metterle le dita in dentro, per godere del calore del buchetto della sua fica e vederla morire di piacere. Togliendo le mani, e lasciando che la fica riprendesse la sua posa naturale, mentre continuava a leccare quel magnifico stelo che aveva tra le labbra, le mise due dita dentro. Anne urlò più forte a sentire quelle dita, e sobbalzò sul letto. Martine continuò a muoverle, costringendosi a seguire i suoi movimenti, fin quando, aumentando il ritmo dei movimenti delle sue dita, Anne non urlò tutto il suo piacere. Il suo urlo venne bloccato dalla bocca di Odette, che era la più vicina a lei.
Questa fu la prima volta di Anne quella notte.
Il posto di Martine venne preso da Justine, che riprese da dove lei si era fermata, mentre Martine si accompagnava con Louise, per far sì che lei la facesse godere.
Continuò così, fino a quando, tutte, non ebbero dato la loro parte di piacere ad Anne. Io, ormai tutta eccitata, lasciai che le altre potessero tutte godere del suo corpo, e quando alla fine giunse il mio turno, mi resi conto che Anne era completamente stremata. Felice, ma stremata dal piacere. Mi sedetti sul suo letto, al fianco di quel corpo sudato e ansimante. Le accarezzai i suoi bellissimi capelli rossi e il volto ancora ad occhi chiusi, e non resistetti al desiderio di darle un bacio tenero e dolce sulle labbra. Dopo averla baciata, vidi Anne far uscire la lingua, e leccarsi le labbra dove io avevo posate le mie, e poi aprire gli occhi.
– Lo sapevo che eri tu! – mi disse guardandomi con i suoi occhi bellissimi, sorridente e stanca.
– Si, sono io? Come ti senti? – le chiesi.
– Stanca’ ma felice. – mi rispose sorridendomi di nuovo – Ma’ tu non’
– No! E’ meglio di no. Sei a pezzi. Non vorrei che ti sentissi male. – le risposi, sorridendogli per mascherare la mia eccitazione e il mio dispiacere.
– Ooohh’ Lisette! – esclamò Anne, abbracciandomi.
L’abbracciai anch’io, stendendomi a fianco a lei sul letto. Dopo un po’, sentii il suo petto sob’balzare, e mi accorsi che stava singhiozzando.
– Anne! – la chiamai dolcemente, scostandomi.
Le presi il viso, lo sollevai con le dita. Lo vidi rigato di lacrime. Una sensazione forte, potente, di tenerezza e amore mi prese tutta. Si! Mi rendevo conto di amare Anne! Sussurrando il suo nome, come lei stava facendo con il mio, presi a stringerla teneramente a me, dandogli piccoli bacetti sul suo volto bagnato di lacrime. Poi sentii che anche i miei occhi erano bagnati. Non so per quanto tempo rimanemmo così, abbracciati. Mi riscosse Anne.
– Promettimi che non mi dimenticherai! – mi chiese guardandomi in volto.
– Come potrei!? Mi sento male solo all’idea che domani sarò sola, senza il tuo volto, il tuo sorriso, il tuo amore’
Venni interrotta dal bacio tenero e delicato di Anne.
– Promettimi che risponderai ad ogni lettera che ti scriverò. – mi chiese ancora Anne
– Te lo giuro. – risposi.
– Ci terremo in contatto sempre, così, quando uscirai, fra due anni, potrai venire con me a Parigi?
– Parigi!!?? – esclamai all’affermazione di Anne.
– Si, perché? Non ti piacerebbe? – mi chiese Anne.
– Oooh’ Certo! Mi piacerebbe moltissimo, ma’ come faccio? I miei non hanno tanti soldi, e vivere a Parigi costa moltissimo. – risposi.
– Farai come fanno tante altre!
– E cioè?
– Farai l’istitutrice, allo stesso modo di come farò io. Io non ho voglia di rimanere con i miei a Coligny. Quando uscirò andrò a Parigi, affitterò un piccolo appartamento e cercherò lavoro come istitutrice in casa di qualche ricca famiglia. Poi, tra due anni, quando finirai, mi raggiungerai anche tu, e ci prenderemo un appartamento più grande e vivremo insieme. Ci divertiremo, vedrai? Ti va l’idea?
– Siii, moltissimo. – risposi felice.
Lei accostò ancora le labbra alle mie e mi diede un altro tenero bacio.
– Ora stenditi. Lo so che ne hai voglia. Le altre hanno fatto godere me, ma io voglio far godere te, così potrò assaporare il tuo piacere e portarlo con me, sulla mia lingua e nei miei ricordi. – mi disse Anne.
Mentre diceva questo, la sua mano sinistra era scesa ad accarezzarmi la fichetta bagnata, e aveva già infilato un dito dentro di me. Gemetti al solo sentirlo dentro, e Anne mi baciò ancora. Poi, sempre tenendo il suo dito dentro di me, prese ad accarezzarmi ed a eccitarmi le tette con la mano destra e a stringere i capezzoli tra le labbra. Io muovevo il busto e le cosce che avevo stretto sulla sua mano malandrina. Ero eccitata e decisa a gustare ogni sensazione che Anne mi stava dando, perché, sicuramente, sarebbe passato molto tempo prima di poterle assaporare di nuovo’ se questo, un giorno, sarebbe avvenuto. Misi da parte quel pensiero, indirizzando la mente verso quelle sensazioni entusiasmanti che stavo provando. Anne aveva ripreso a baciarmi in bocca mentre sfregava il suo petto sul mio e mentre la sua mano continuava ancora ad accarezzarmi dentro.
– Mmmmmhhmm’ Lisette, Lisette, amore’ Oooohhooo’ dammi la lingua, siii, cosìììì’ Mmmuuuuhhhmm’ accarezzami, no! Non laggiù, mi fa un po’ male’ siii, accarezzami il culo, le tette, sssiiii, cooossìììì’ Dio, Lisette. Allarga le cosce! Mi stai stritolando la mano’
– Scusami, scusami tesoro’ Ooohhhoo’ – dissi sospirando e allargando immediatamente le co’sce alle proteste di Anne.
Mi sentivo talmente trasportata da quelle dita che mi accarezzavano che avevo stretto le cosce per paura di perderle.
– Siiii, continua, accarezzami, non lasciarmioohhooooo’ – gemetti nel sentire le dita di Anne ancora più in dentro di me.
– Noooo’ non ti preoccupare’ Uuuhhhmm’ amore, non ti lascio, non ti lascio senza averti fatta godere, baciami, baciami forte’ Uuuhhooummmm’
Anne continuava ad accarezzarmi la fichetta mentre la sua bocca si divideva tra la mia e le mie tette accarezzate anche dalla sua mano destra.
– Adesso scendo giù, in basso, sulla tua fica’ ssiiiii’ Uuuhmmm’ voglio leccarti, assaporarti’ e tu bada a darmi tutto il tuo godimento, tutto il tuo piacere. Voglio ubriacarmi con il tuo piacere’ Ooohhhoooo’ – mi disse Anne mugolando e togliendo la sua bocca dalla mia per poi riprendere a baciarmi di nuovo.
Incominciò a scendere sulle mie tette che sentivo scoppiare. I capezzoli erano tesissimi e turgidi, ad ogni sfioramento era una leggera ed eccitante scossa. La sua bocca e la sua lingua arrivarono sul mio pancino, e ciò accentuò il mio desiderio di sentirle sulla mia fichetta. Poi sentii tutto il suo viso sul mio pancino. Anne aveva preso ad accarezzarmi con tutto il volto. La sua testa si muoveva da una parte e dall’altra del viso, affinché potesse accarezzarmi con entrambe le parti del suo volto. Poi sentii il suo respiro, lì, dove incominciava la mia peluria. La sentii muoversi sotto la corrente generata dal suo respiro. Sentii il mio pube bearsi della freschezza del suo respiro, più fresco rispetto al calore che avevo fra le gambe. Poi sentii il suo mento su di esso, poi le sue labbra e la sua lingua che era all’infuori. La sentii scendere per il pube, sfiorarmi la clitoride, e continuare la discesa lungo tutto lo spacco, umido e aperto, fin quando non fu vicino al buchetto posteriore. Qui Anne prese a leccarmi, mentre le dita si soffermavano sullo spacco della mia fichetta. Sentii la punta della lingua cercare di forzare il mio buchetto e cercai di rilassarmi per facilitarle l’entrata.
Era un peccato ancora più grave questo, contro natura, come tutto quello che stavamo facendo, ma in quel momento non mi importava di nulla. Il mio unico desiderio era di poter continuare a sentire quella sua lingua che mi stava facendo morire.
– Uuuuooohhh’ – gemetti quando sentii la punta della sua lingua dentro il mio culetto – Aaahhahha’ – urlai quando le sue dita mi presero la clitoride e la strinsero dolcemente.
Alzai le gambe al cielo per permetterle di arrivare più in dentro al mio culetto e le afferrai i suoi lunghi capelli rossi accarezzandoli. Anne prese a leccarmi tutt’intorno per poi incominciare a risalire lungo lo spacco bagnato.
– Uuuuhhuuuu’ Anne’ Anne’ Non c’è la faccio più, non resisto’ Aaahhaaaa’ devo godere, fammi godere, ora, amore, subitoooohhooo’
– Ssssiiii’ subito amore, subito’
Sentii le sue dita che cercavano di entrare dentro di me, in fondo, e le sue labbra sulla mia clitoride. Sentii che veniva afferrata delicatamente e tirata dalle sue labbra mentre le sue dita avevano incominciato la loro corsa dentro di me. Sentivo il rumore dei suoi baci sulla mia fichetta e quello del va e vieni delle sue dita per il fatto che la mia fichetta era completamente bagnata.
– Ooohhoo’ OOoohhhoooo’ Aaahhaaaannnnneee’ Aaammoreee’ sto venendo’ sto venendo, sto godendo’ Sssiiiiiii’ Aaaahhoooooo’
Urlai al mondo il mio godimento mentre Anne continuava a stantuffare con le dita dentro di me e a leccare tutto il piacere che stavo buttando fuori. Sentivo il mio bacino dare degli scatti ogni qual volta una scarica si irradiava dal centro del mio essere a seguito di un colpo di lingua di Anne. Non so per quanto tempo questo si ripeté, ma dovette essere stato parecchio, secondo quanto mi disse Anne, dopo, quando ci fummo calmate entrambe.
Così, abbracciate, ci addormentammo!
Al mattino fummo svegliate da Justine, e facemmo appena in tempo a sistemarci nei rispettivi letti, che suor Agustine entrò per darci la sveglia. La prima mattinata passò con il peso che sentivo nel mio cuore per il dolore della partenza di Anne, che divenne insopportabile quando alle dieci, il campanello del portone del convento suonò. Suor Agustine andò ad aprire e, vedemmo, così, entrare i genitori di Anne. Dalla ricchezza dei loro vestimenti mi resi conto che Anne apparteneva ad una famiglia molto ricca, e questo mi fece capire il perché della sua sicurezza sul fatto che sarebbe andata a vivere da sola a Parigi, in un appartamento tutto per sé. Verso le nove era stato detto ad Anne di andare a preparare i suoi bagagli’ e non l’avevo più vista. Ora eravamo tutte nella sala del refettorio, in fila, comprese le suore. La madre superiora non c’era, sicuramente era a colloquio con i genitori di Anne. Mentre eravamo lì, in piedi, in silenzio, sentimmo dei passi. Io capii subito che si trattava di Anne. Quando apparve sulla soglia, tutti emisero un sospiro e sui loro volti si dipinse una gioia che io non provavo. Anche Anne sembrava allegra, ed era bellissima in quel vestito azzurro e oro. A noi incominciò a salutarci dando ad ognuna un bacio su ogni guancia. Quando fu di fronte a me, cercai di mostrarmi forte, ma sentivo un groppo alla gola. Anne se ne accorse, e quando mi baciò sulle guance:
– Ti aspetto tra due anni. – mi sussurrò teneramente.
Io li dissi di si con gli occhi, dato che non ci era permesso parlare. Lei capì la mia risposta. Poi salutò le suore, baciando la mano ad ognuna e inginocchiandosi. Poi uscì, e io rimasi sola.
Continua’

Lisette Folain

Per commenti – meliseide@gmail.com
Dopo che Anne se ne andò via, la vita al convento riprese come al solito. Si pregava, si studiava, si pregava, si faceva l’amore e ci si piegava alle perversioni delle suore. Io mi ero chiusa un po’ in me stessa, e le altre, che avevano capito il mio dispiacere, mi lasciarono sola per un po’. Questo fino a quando una notte che non riuscivo a dormire, un po’ per il caldo, un po’ per i pensieri che non mi lasciavano, non sentii la presenza di qualcuno vicino a me. Ero stesa di fianco, e immersa nei miei pensieri non avevo sentito alcun rumore. Mi girai per vedere se c’era qualcuno dietro di me, e mi resi conto che non mi ero sbagliata. Fui meravigliata soprattutto da colei che vidi in piedi, ai bordi del letto: era Martine.
– Che cosa fai? – le chiesi.
Lei non mi rispose subito. Si inginocchiò, poggiando le braccia sul materasso, e continuò a guardarmi.
– Sono venuta per te. – mi rispose.
– Per me? – dissi meravigliata – Non pensavo’
– Sssshhhh’ – fece Martine mettendomi una mano sulle labbra per farmi zittire – Non dire nulla. Quello che è stato è stato. In questi giorni che sei stata tutta sola, in silenzio, in disparte, lontana da tutte noi, mi sono resa conto che tra te e Anne c’era qualcosa di più di una semplice infatuazione o desiderio. Mi sono resa conto che il vostro era un rapporto molto più profondo, più intenso. Non voglio dire che sia amore perché non lo so, non l’ho mai provato, ma so che era qualcosa di molto speciale. Questo’ questo mi ha fatto sentire molto più vicina a te, perché sento anch’io la mancanza di Anne e’ mi’ mi chiedevo’ – s’interruppe Martine.
– Si, che cosa? – chiesi con ansia, colpita dalle parole del suo discorso.
– Mi chiedevo’ mi rendo conto che sarà impossibile che io’ che io prenda il posto di Anne, ma mi chiedevo se tu’ volessi’
Vidi che Martine non c’è la faceva a pronunciare quelle parole, ma mi sentivo tanto sola e depressa che quella rivelazione fu come un benefica luce nel buio della solitudine. Con slancio l’abbracciai e la trassi su di me, sul letto.
– Ooohhoo, Lisette’ Lisette’ – continuava a ripetere Martine tempestandomi di piccoli baci sul volto.
Mi avevano fatto tanta tenerezza le sue parole, per non parlare di lei, con quel suo balbettio, che ora, forse perché era da tanto tempo che non sentivo a fianco a me qualcuno che mi desiderasse e mi volesse bene così tanto, al punto da venire a chiedermi perdono per i piccoli dispetti di cui ero stata oggetto da parte sua, che sentii qualcosa di quel sentimento che mi legava, e che mi lega tutt’ora ad Anne, farsi largo nel mio cuore e andare ad occupare un piccolo spazio di esso. Mi sorpresi a baciarla anch’io, teneramente, con una nuova eccitazione dolce’ e continuammo così fin quando:
– Posso stare qui con te? – mi chiese Martine.
– Si, certo. Staremo così, abbracciati, guancia a guancia. Incomincio a sentirmi meglio, sai? Ed è tutto merito tuo. Grazie Martine. – gli dissi dandole un bacio sulle labbra.
Lei non rispose, mi fece un sorriso e si accoccolò meglio tra le mie braccia che la stringevano.
Da quel giorno la mia vita al convento cambiò, nel senso che ripresi la normale vita che avevo fatto sin quando c’era stata Anne, e tutto lo devo a Martine. Ormai eravamo diventate inseparabili.
Ma Anne mi mancava.
Erano passate circa due settimane dalla partenza di Anne che ricevetti la sua prima lettera. Me la consegnò la madre superiora con un sorriso. Io strinsi quella lettera sul mio petto e mi allontanai. Non la aprii subito, volevo attendere il momento in cui sarei stata sola. Quando riuscii ad appartarmi, la aprii.

Mia cara e dolce Lisette

da quando sono a casa la vita ha acquistato tutto un’altro aspetto. Mi sento come se fossi rinata. Non doversi alzare più al mattino presto, al buio, ma quando il sole è già alto nel cielo e gli uccellini cantano e svolazzano nel giardino, e se non mi va, rimettermi di nuovo sotto le lenzuola. Non più lunghe ed estenuanti preghiere, ma solo una, piccolissima, prima di ogni pranzo o cena. E poi poter uscire liberamente, ad ogni ora del giorno, e andare in giro per Parigi. Visitare ogni negozio, guardare la gente per le strade, respirare l’aria profumata dei prati, sedersi sulle panchine e stare semplicemente a poltrire su di esse guardandoti intorno. Mi rendo conto che tutto questo renderà te infelice, chiusa in quel carcere tutto il giorno, ma non potevo fare a meno di metterti al corrente della mia nuova felicità. Pur tuttavia, c’è una cosa che mi manca di quel carcere, e quella cosa sei tu, mia tenerissima Lisette. Già due giorni dopo la mia partenza ho incominciato a sentire la tua mancanza. Mi mancavano i nostri discorsi, le nostre risate, le nostre carezze, i nostri baci’ e non continuo perché ciò mi rattristerebbe ancora di più. Sappi, comunque, che ho già parlato ai miei di quel progetto e, per ora, non sono d’accordo, ma so che riuscirò a convincere mio padre. Lui è un uomo che si è fatto da solo, e non rifiuterà a me, alla figlia che adora, la possibilità di costruirmi un mio futuro.
Per ora ti saluto, mia cara Lisette. Scrivimi presto, ho bisogno di sentire la tua vicinanza, almeno con una lettera.
A presto, tua Anne.

Non ebbi molto tempo per gioire di quelle parole di Anne, perché le incombenze del convento premevano, ma durante tutto il giorno non feci altro che pensare a lei desiderando che arrivasse la sera in modo da poter rileggere tranquillamente la sua lettera.
Alla sera, infatti, quando tutti erano a letto, tirai fuori la lettera che avevo nascosto sotto il cuscino e ripresi a leggerla alla debole luce della luna. Il cuore mi batteva forte mentre rileggevo ogni parola. Quando finii di leggerla per l’ennesima volta, la tenni sul mio petto, mentre sospiri uscivano dalla mia bocca. Mi vennero in mente le nostre carezze, i nostri baci, i nostri desideri. E mi resi conto, non senza un attimo di smarrimento, che il desiderio di lei era ancora fortissimo. Sentivo fortemente il bisogno delle sue tenere carezze, dei suoi baci’ ma, purtroppo Anne non c’era, ma’
– C’è Martine! – pensai spudoratamente.
Ma poi il pensiero di stare per commettere un tradimento nei confronti di Anne, proprio in quel momento che più la desideravo, e’ Oh, Signore! perdonami, aiutami! pregai, mi rincattucciai nel letto e presi a pregare. Finalmente il sonno arrivò portandomi con se nei bui meandri dell’oblio.

Poi se ne andò anche Martine e, finalmente, giunse anche il mio turno!
Circa una settimana prima, avevo ricevuto l’ultima lettera di Anne. Siccome le avevo detto nell’ultima che il mio periodo nel convento era giunto al termine, lei mi scrisse invitandomi ancora ad andare da lei, a Parigi. Da quel momento non riuscii a pensare ad altro. Parigi rappresentava un sogno, un mondo nuovo, magico, che desideravo disperatamene conoscere, specie dopo le descrizioni che Anne non perdeva di farmi in tutte le sue lettere. Ogni volta mi ripeteva che per i primi tempi ci avrebbe pensato lei a mantenere tutte e due, visto che un lavoro lo aveva già, e non dubitava che ne avrebbe trovato uno anche per me. Io non le avevo ancora risposto, perché non sapevo come l’avrebbero presa i miei genitori, comunque, durante tutta quell’ultima settimana passata in convento, non avevo fatto altro che immaginare la mia vita a Parigi insieme ad Anne. Per la verità, quello che pensavo non sapevo neanche se fosse realizzabile, visto che l’unica realtà che conoscevo era quella del convento e quella del mio paesello. Comunque’ sognavo! Infine, giunse il giorno che lasciai il convento e, con una carrozza prestata ai miei genitori dal barone di Bruignon, mi diressi verso casa insieme a loro. Durante il viaggio mia madre non fece altro che ripetermi di quanto fosse orgogliosa di me, e anche mio padre, anche se in misura minore. Tuttavia, vedevo che erano quanto mai fieri di quella loro figlia che era diventata una istitutrice!

I giorni passavano, e io non riuscivo a decidermi a chiedere ai miei genitori il permesso di poter andare a Parigi, dove era più probabile che avrei trovato lavoro. Quei giorni li passai in allegria, ma anche con un certo imbarazzo, in quanto i miei non mi permettevano di fare nulla: ero una istitutrice adesso, non una contadina! ripeteva mia madre sorridendomi. Così alla fine, presi il coraggio a due mani e parlai loro. Fui spinta a ciò anche dal fatto che Anne mi aveva scritto un’altra lettera. Questa era stata spedita al convento, ma siccome io non ero più lì, mi era giunta con tre giorni di ritardo con un messaggero di fortuna. Nella lettera, Anne si diceva preoccupata perché non aveva ricevuto risposta a quella precedente, e mi chiedeva ancora di andare da lei a Parigi e di farle avere qualche notizia in ogni caso. Quella lettera mi diede la forza di fare quello che fino ad allora non avevo fatto. La notizia la diedi loro durante il pranzo.
– Oh, mio dio. A Parigi! In città! E’ un luogo di perd’
– Smettila, Angelìne! – la interruppe mio padre – Perché vuoi andare a Parigi? – mi chiese dopo un po’ guardandomi.
– Oh, papà. Che cosa ci sto a fare qui! In città potrei trovare un lavoro, guadagnare qualcosa da mettere da parte. Non è per questo che mi avete mandata in convento? Darmi un po’ di cultura, che mi permettesse di non fare la stessa vita che fate voi? Non è così che mi dicevi prima di mandarmi in convento?
Mio padre non rispose, ma i suoi occhi accennarono.
– E’ come faresti a vivere a Parigi fintanto che non trovi un lavoro? A noi non ci resta molto, tutto che quello che avevamo lo abbiamo speso per la tua educazione. E poi’ riuscirai a trovare un lavoro? – mi domandò papà.
– Di questo non dovete preoccuparvi. – dissi felice per quella mezza promessa che sentivo nelle parole di mio padre – Vedete, in collegio ho conosciuto una ragazza, si chiama Anne Martinon, figlia del conte Robert Fran’ois de Martinon di Martigny. In origine era un commerciante, è diventato ricco un seguito, talmente ricco che lo hanno fatto nobile. Vedete? Me lo ha scritto ancora di andare a Parigi nella lettera che mi è arrivata due giorni fa. – dissi porgendola a mio padre.
Subito dopo maledissi la mia stupidità in quanto né mio padre, né mia madre, sapevano leggere.
– Scusatemi. – dissi, arrossendo e abbassando gli occhi.
– Non ti preoccupare. Il fatto che tu sappia leggere ti induce a pensare che anche gli altri lo sappiano fare, ma questo fatto non può far altro che renderci felici, soprattutto per te! – disse mio padre guardando mia madre che ora mi guardava adorante – E cosa scrive questa tua amica? – chiese mio padre portando alle labbra la sua pipa.
Io aprii la lettera, felice per il fatto che mio padre volesse sapere ciò che mi scriveva Anne, perché questo significa un’ulteriore passo in avanti al loro assenso, e mi preparai a leggere la lettera ai miei, togliendo di mezzo, ovviamente, tutte le frasi un po’ ambigue o eloquenti.

Mia cara amica Lisette

a tutt’oggi, a tre settimane dalla mia ultima lettera, non ho ancora ricevuta la tua risposta. Forse la lettera non ti è mai arrivata, forse si è persa, comunque ti scrivo quest’altra per invitarti ancora una volta a venire a Parigi. Vivremo insieme nell’appartamento che mio padre ha trovato per me e di cui mi ha regalato un anno di fitto pagato. Come vedi non c’è molto di cui preoccuparsi. Io ho un lavoro, per cui, nel frattempo in cui tu troverai il tuo, potremo vivere con il mio stipendio. Parigi è sempre meravigliosa’

– ‘ il resto sono dettagli su Parigi, la sua vita e il suo lavoro. – dissi, mettendo da parte la lettera.
Rimasi in attesa della risposta di mio padre.
Lui si alzò e si accese la pipa che si era spenta, mettendosi a camminare per la stanza, la testa bassa e pensierosa. Poi, alzò la testa e mi guardò.
– Bene. Se è questo che vuoi! – mi disse semplicemente.
– Oh, papà’ – riuscii a dire soltanto.
Mi alzai e andai ad abbracciarlo. Morivo di contentezza. Poi andai ad abbracciare la mamma, i cui occhi già mostravano lacrime per quella figlia appena ritrovata e di nuovo perduta.
Dopo aver finito di mangiare e sparecchiato corsi nella mia stanza per scrivere ad Anne che stavo arrivando.

Ricordo che era il 23 Maggio 1896, quando arrivai alla stazione di Parigi. Durante il viaggio non mi ero staccata dalla finestra della carrozza in cui mi trovavo. Il paesaggio che scorreva velocemente sotto ai miei occhi mi affascinava tantissimo. Entrando nella stazione di Parigi, poi, rimasi abbagliata dalla grandezza di quella costruzione e dalla marea di gente che vi era dentro. Scesi dal treno e posai i piedi sul suolo di quella che mi sembrava la terra promessa.
– Lisette! Lisette! – sentii che mi chiamavano.
Riconobbi subito la voce di Anne. Mi girai e vidi che stava correndo verso di me. D’impulso lasciai la valigia e aprii le braccia per accoglierla.
– Lisette, quanto tempo. Come mi sei mancata! – disse Anne, stringendomi forte.
– Anche tu. Non hai idea, quanto! – risposi, stringendola felice.
Ci staccammo, e io rimasi a guardare quel suo viso stupendo con incastonati i suoi bellissimi occhi azzurri e incorniciato dal rosso dei suoi capelli. Poi rimasi ammirata dal suo vestito. Mi sentii ad un tratto piccola accanto a lei. Ma Anne continuava a guardarmi sorridente e felice. Questo mi sollevò un po’.
– Arthur! Prendi i bagagli della mia amica. – disse Anne al vetturino.
– Subito, Madamoiselle. – ripose il vetturino, inchinandosi.
– Vieni, andiamo nella mia carrozza! Per la verità è dei miei genitori, me la sono fatta prestare per oggi. Su, sali. – mi disse Anne, quando arrivammo.
Senza dire una parola, salii, mentre Anne mi spingeva da dietro mettendo le sue mani sul mio culetto.
– Anne! Che fai! – dissi, subito dopo che fui seduta.
– Non farci caso! Sono così felice! – mi rispose sistemandosi accanto a me – Non immagini da quanto tempo aspettavo di poterti riabbracciare, toccare, baciare!
Immediatamente sentii le sue labbra sulle mie per un piccolo e veloce bacio. Io rimasi senza fiato.
– Andiamo, Arthur! – gridò Anne al vetturino come se niente fosse successo.
Poi si appoggiò sul lato dove si trovava e rimase a guardarmi. Io facevo finta di non vedere il suo sguardo, che sapevo stava fissando ogni parte di me. Osservavo la ricchezza e la qualità delle finiture della carrozza in cui mi trovavo. Velluti e legno pregiato dappertutto. Anche sul tetto. Non scherzava Anne quando diceva che i suoi genitori erano ricchi e che potevano permettersi di mantenere una figlia e un’amica a spese loro. Poi sentii le mani di Anne che mi carezzavano i capelli. Le sue dita sciolsero il nodo del cappellino che avevo e me lo tolsero.
– I capelli’ sciogliti i capelli! – mi chiese Anne.
Sapevo che gli piacevano i miei capelli, nerissimi, con riflessi viola, docilissimi, al contrario dei suoi, ribelli. Li prese tra le dita. Poi incominciò ad accarezzarli.
– Sono soffici e lisci come sempre. Sapessi come te li invidio!
– Lo so. Ma non dovresti. I tuoi sono stupendi. – risposi guardandola e sorridendo al suo sorriso.
– Ma sono così ribelli. Non riesco mai ad acconciarli come vorrei. I tuoi invece sono così malleabili, delicati, belli, docili’ come te! Oh, Lisette! – esclamò Anne prima di poggiare di nuovo le sue labbra sulle mie.
Rimasi senza fiato! Risentivo il sapore delle sue labbra dopo tanto tempo, il calore della sua lingua guizzante’ e intanto mi sentivo imbarazzata perché tutto questo accadeva in una carrozza, in mezzo alla strada, in mezzo alla gente. E’ vero che le tendine non lasciavano vedere nulla dal di fuori, ma la cosa mi metteva lo stesso in agitazione.
– Anne’ Anne, per favore! – dissi, cercando di staccarmi da quelle labbra che non ne volevano sapere di lasciare le mie.
– Sapessi da quanto tempo sognavo questo momento! Anche se non immaginavo di farlo in una carrozza, ma non ho saputo resistere. Scusami. – mi rispose Anne, guardandomi dolcemente.
– Va bene. – dissi soltanto, ammirando il suo sguardo bellissimo.
– Ti sei fatta ancora più bella’ e più desiderabile, lo sai? – ricominciò Anne, riprendendo a parlare.
– Non esagerare! Non sono certo bella come una signora’ come te!
– Non dire cavolate!
– Anne! – esclamai, sbalordita per il suo linguaggio.
– Calmati, non siamo in collegio. Puoi dire e fare tutto quello che vuoi, adesso. – mi ricordò Anne.
– Questo è vero, ciò non toglie’
– Su, su, calmati. Non lo farò più, va bene? – mi chiese Anne avvicinandosi di nuovo a me – Ma guarda che belle tette ti sono cresciute!? – esclamò mettendomi di scatto le mani sui miei seni, palpandole, e poi togliendole altrettanto velocemente così da schivare le mie mani.
– Oohh’
Non seppi dire altro, anche perché Anne era scoppiata a ridere e, come succedeva anche in convento, riuscì a coinvolgere anche me. Finalmente, arrivammo a quella che sarebbe stata la mia nuova casa. La nostra nuova casa! Ero ansiosa ed eccitata. Non ero mai stata in una casa ammobiliata, per non parlare di una casa a Parigi. Appena entrai rimasi senza parole. Dappertutto c’erano mobili di lusso. Divani e sedie rivestite di velluti di vari colori, cuscini in seta, ricamati’ c’era anche dell’argenteria!
– Cosa ne dici della nostra casa? – mi chiese Anne, guardandomi mentre mi aggiravo ammirata.
– Anne, è meravigliosa! Neanche nei miei sogni più arditi avrei immaginato tutto questo.
– Sono contenta che ti piaccia. – disse avvicinandosi a me – Sono contenta almeno quanto lo sono per il fatto che sei qui, con me. Sapessi quante volte ho sognato di noi due che facevamo l’amore. Qui, in questa casa, nel mio letto’ o nel tuo letto. A proposito, non hai visto la tua camera! Vieni! – mi disse Anne, facendosi di nuovo allegra.
Il suo discorso mi aveva messa un po’ a disagio, poi, prendendomi per mano, mi trascinò letteralmente. Quando arrivammo alla porta che doveva essere la mia camera, si fermò.
– Apri! E’ la tua camera. – mi disse, guardandomi sorridente.
Io guardai lei e poi fissai la maniglia della porta. Allungai la mano e aprii. La stanza era illuminata dal sole che entrava da una finestra e che si rifletteva su tutto ciò che riusciva ad illuminare. Ero estasiata.
– Avanti, entra! – mi disse Anne, precedendomi.
Presi a guardarmi intorno e a toccare tutti i mobili presenti nella stanza. C’era un armadio, una toeletta con uno specchio e una sedia. Su di essa c’erano già delle boccette, che immaginavo di profumi, e dei contenitori per cipria e altra roba che non conoscevo, e un vaso pieno di fiori.
– Senti come è morbido il letto. Altro che il letto del convento! – disse Anne guardandomi e divertendosi a dondolarsi.
Mi avvicinai, ansiosa di sentire anch’io la sua morbidezza. Quando fui seduta sul morbido materasso, presi a dondolarmi anch’io fin quando Anne non mi prese per le spalle e mi buttò su di esso. I nostri visi erano vicinissimi. I nostri occhi si fissavano. La mia agitazione aumentava.
– Sono contenta che tu sia qui. – mi disse, nel suo tono dolce e passionale che già conoscevo.
– Anch’io sono contenta, Anne. Però non credo’ – non ebbi il tempo di terminare la frase perché Anne aveva fatto quello che già temevo facesse.
La sua bocca era sulla mia e le sue mani mi tenevano il viso come per paura che le sfuggissi.
– Ooohhh’ Lisette. Sapessi da quanto tempo aspettavo questo momento’ Mmmmmhhmm’ sentirti, accarezzarti, baciarti’ mi sembra di rinascere’
Quelle sue parole, quella sua bocca, e quelle sue mani, risvegliarono quei sensi che avevo cercato di tenere a freno.
– Siiii’ brava, così’ lo sapevo che bastava poco per risvegliare la tua passione’ Mmmmhmmm’ baciami così, carezzami, toccami, sentimi’ Aaaaahhhaha’ lasciati spogliare, voglio vederti tutta, devi essere magnifica adesso’ – mi disse Anne prendendo a spogliarmi.
Di colpo mi sentii defraudata della sua bocca e presi ad aiutarla prima a svestire me e poi lei.
– Oddio, Lisette! Hai un corpo magnifico, stupendo, estremamente desiderabile. E quel boschetto che hai fra le cosce, che mi piaceva tanto accarezzare e leccare’ oddio’ senti come è caldo, di fuoco’
– Aaaahhaa’ – gemetti, quando sentì la sua mano sulla mia fichetta.
Ora eravamo tutte e due nude. Io ero stesa a gambe larghe, con le mani mi accarezzavo i seni. Lisette era fra le mie gambe, inginocchiata, con la sua bocca sulla mia, la sinistra a palpare le mie tette e la destra dentro di me. E mi carezzava, mi palpava, mi eccitava sempre di più.
– Come sei bagnata, Lisette! Da quanto tempo non mi sentivo le mani così bagnate’ Mmmmhhhmm’ i tuoi baci sono sempre quelli di una ragazza timida e passionale, teneri e prepotenti’ quanto li amo! Baciami ancora!
Non aspettavo che questo! Mi agganciai alle sue labbra e presi a baciarla muovendo la mia lingua ad inseguire la sua mentre tutto mi stava portando alla pazzia.
– Anne! – urlai quasi, quando lei si staccò completamente da me.
– No! Non voglio che tu goda per prima! Saresti capace di lasciarmi morire per la voglia di godere a causa dei tuoi stupidi sensi di colpa! – mi disse dura Anne, mentre io la guardavo disperata e facevo segno di no con la testa.
Ma Anne non si fidava e, forse, faceva bene. Probabilmente sarei stata capace di fare quello che lei temeva, ma credo che in quella occasione non avrei potuto farlo. Con tutti il corpo e i sensi eccitati, capivo l’intensità del suo e del mio desiderio di fare l’amore. Ma Anne non volle scuse.
– Devi baciarmi tutta’ accarezzarmi. Voglio sentire il tuo corpo infuocato sul mio, mentre sfoghi la tua passione facendomi impazzireuuuuhhmmm’ siii, baciami, baciami’ – mi supplicò stendendosi e tirandomi su di se.
Non persi tempo, perché volevo sentirla ma, soprattutto, perché stavo letteralmente impazzendo. Volevo portarla al piacere, perché dopo volevo arrivarci anch’io, e prima possibile. Presi a muovere le mie tette, che tanto le piacevano, sulle sue; a sfregare i nostri capezzoli, che sembravano due spade dritte, e che ad ogni colpo davano sensazioni leggere ma bellissime. Presi le sue tette nelle mani, cominciando a palparle e a sentire quanto fossero cambiate dai nostri ultimi palpeggiamenti. Erano più piene, più mature. Posai la bocca su di loro, prendendo a baciarle e a succhiare i suoi capezzoli ritti. Anne mugolava, sollevando il suo petto verso la mia bocca. Mentre continuavo a baciarle, volli sentire se era cambiata anche lì sotto, e portai la destra sul suo triangolo rosso scuro. Immediatamente le mie mani, come se avessero ancora impresso su di loro la forma della sua fica dal tempo in cui eravamo in convento, percepirono anche lì il cambiamento. Era più gonfia, e le sue labbra più grosse, e più sensibili al tocco. Anne, infatti, si era messa a sospirare sin dal primo momento in cui l’avevo sfiorata. Pazza di desiderio, volli vedere con gli occhi quel cambiamento, perciò, scesi in basso, fin sul suo bacino. Qui rimasi a guardare estasiata quella forma deliziosa che aveva in mezzo alle gambe. Guardai ogni dettaglio, ogni particolare, e poi volli sentirla con la lingua. Al mio primo tocco di lingua Anne urlò il suo piacere e mi invitò a farlo di nuovo. Non avevo bisogno dei suoi incitamenti, perché ero già presa da quella magnifica fessura. Con le mani la aprii fin quando riuscii a vedere il buchetto bagnato della sua fica, e lì infilai la lingua a togliere le tracce del peccato, come ci aveva insegnato la madre superiora. Anne accolse con altre grida di piacere la mia lingua e prese a muovere il suo bacino al ritmo di essa. Nel frattempo andai ad accarezzarle il pistolino che si era ingrossato fino a mostrarsi spudoratamente ai miei occhi. Leccando la sua fica, e sfregando la sua clitoride, Anne arrivò al momento che aveva aspettato sin da quando mi aveva vista alla stazione.
Quando si fu placata, mi stesi accanto a lei, senza smettere di carezzarla e baciarla perché mi sentivo impazzire.
– Anne’ amore, tocca a me adesso. Non lasciarmi così, ti prego, non resisto più’ – gemetti, perché non resistevo più al desiderio che mi aveva completamente soggiogata.
Anne si riprese subito, e incominciò a baciarmi sussurrando il mio nome. Mi baciò dappertutto, e poi mi chiese di girarmi.
– Lisette, sei bellissima. La linea delle tue spalle è sinuosa, e la forma del tuo culetto è molto eccitante, come sempre.
Sentii le sue dita che tracciavano delle linee sulle mie spalle. Poi sentii quelle dita sul mio culetto, dove presero a disegnarne i contorni. Alle dita si sostituirono le mani, che presero a massaggiarlo e a palparlo. l’eccitazione aumentò quando le sue mani presero ad allargarne le parti. Mi sentii completamente nuda in quel momento. Da lì Anne poteva giudicare benissimo quanto fossi eccitata, nonostante le titubanze che avevo mostrato sin dalla prima volta che mi aveva toccato il culetto nella stazione. Questo fatto scatenò in me una sensazione, direi, masochistica. Con una parte della mia mente sapevo di stare facendo una cosa peccaminosa, proibita, con l’altra desideravo che Anne vedesse ancora meglio quanto fossi eccitata e desiderosa della sua bocca e delle sue mani. Vinse questa, così sollevai il culetto a implorare Anne. Lei non si fece pregare e incominciò a leccare per tutto il solco che le sue mani tenevano aperto. Mi misi in ginocchio, affinché lei potesse meglio fare con la sua lingua ciò che voleva. Anne non aveva perduto la sua bravura. Quella sua lingua era magica. Completamente aperta, sporsi i miei fianchi ancora di più verso quella lingua che mi stava leccando ora la fichetta. Poi sentii le sue dita, che scatenarono in me una serie di scosse che mi indussero a contorcermi sul letto, sforzandomi di non staccarmi da quelle fonti di piacere. Finalmente, dopo non so quanto tempo, ottenni anch’io la mia parte di godimento. Le mie mani afferrarono le lenzuola mentre la mia bocca si chiudeva per non urlare. Mi buttai, sfiancata, sul letto, mentre sentivo appena la lingua di Anne che non si era lasciata staccare e che si intestardiva a continuare a leccarmi.
Mi svegliai che lei ancora dormiva. I miei movimenti la svegliarono. Subito mi sorrise.
– Dammi un bacio. – mi disse.
Io rimasi ferma, titubante. Anne, con un sospiro, si sollevò.
– Lisette, dobbiamo parlare! – incominciò Anne – Devi smetterla di sentirti in colpa per ogni volta che facciamo l’amore. Tanto più che l’abbiamo sempre fatto’ e continueremo a farlo! – precisò in tono deciso.
– Ti prego, Anne’ io’ – incominciai, mentre mi alzavo dal letto.
– Aspetta qui! – mi bloccò Anne, stendendomi di nuovo – Ma non capisci che fare l’amore è la cosa più bella che c’è al mondo! Lo fanno tutti! Ti pare che loro abbiano dei sensi di colpa dopo averlo fatto?
– No. Ma loro’ non lo fanno come lo facciamo noi! – dissi, volgendo la testa perché non volevo guardare il suo viso.
Il senso di colpa era di nuovo in me.
– Ma’ Anne, rifletti! Dopo che abbiamo fatto l’amore non sentì un sentimento tenero, dolce, che ci unisce ancora di più? Non pensi che quel sentimento provenga dal nostro cuore? Io ti guardo e sento il mio cuore battere più forte! Senti? – mi sussurrò Anne portando la mia mano al suo petto – Se il Signore ritenesse che io abbia commesso un peccato inducendoti a fare l’amore con me’ non pensi che fermerebbe il mio cuore?
Quella sua ultima affermazione aveva dato, invece, un colpo al mio cuore. Nella mia mente immaginai Anne immobile, rigida’ morta. Lo sentii battere ancora più forte. Girai il capo e la guardai negli occhi. Ogni volta mi sentivo perdermi in quei suoi occhi azzurri. Le sorrisi. L’abbracciai, e Anne mi strinse a se cullandomi. Mi sentii, di colpo, sollevata, leggera, libera’ e felice come non lo ero stata mai. Mi sembrava di essere uscita fuori da una prigione e di essere sommersa dalla gioiosa luce del sole. Una luce che mi mostrava nuovi orizzonti che la mia anima, sentivo, non si rifiutava di percorrere.
– Dovrai avere pazienza. – le dissi, guardandola ancora negli occhi.
– Sono qui, accanto a te.
Rimanemmo abbracciate ancora un po’, fin quando Anne disse che doveva mostrarmi ancora una cosa. La lasciai alzare dal letto, curiosa. Anne, nuda, si diresse verso l’armadio e l’aprì. Poi si spostò, lasciandomi vedere ciò che vi era dentro.
– Sono per te! Spero di aver scelto la misura giusta. – disse, guardandomi.
Rimasi stupita. Nell’armadio c’erano dei vestiti’ talmente belli che mai avrei pensato fossero per me. Anne volle che me li provassi, tutti, subito. Non mi tirai indietro, e presi ad indossare il primo che mi capitò sotto mano. Mi ricordo che passai dei momenti stupendi nel cambiarmi, nell’osservarmi allo specchio e nell’osservare il sorriso felice di Anne. Poi sentimmo che era arrivato mezzogiorno, e con il vestito che mi trovavo addosso quel momento, scendemmo a mangiare in un piccolo ristorante vicino alla nostra casa. Finito di mangiare, Anne mi portò in giro per Parigi, meravigliandomi per come la conoscesse bene. Quando ci sentimmo stanche, decidemmo di comune accordo di tornare a casa a riposare. Ma fu solo un pio desiderio, perché non appena giungemmo a casa, sole nella nostra intimità, a tutte e due, questa volta, tornò il desiderio di fare all’amore. Lo facemmo, mentre io sentivo di essermi quasi del tutto affrancata dalle catene del peccato che mi avevano tenuto prigioniera sino ad allora. E continuammo a farlo fino a sera. Poi ci addormentammo sino al mattino dopo.
Mi svegliai e vidi Anne, ormai già pronta, che si preparava ad uscire.
– Dove vai? – chiesi.
– Mia cara, ti sei dimenticata che siamo delle istitutrici? Dove vuoi che vada? A fare il mio lavoro, no?
– Ma’ io’ quando ritorni?
– Nel pomeriggio. Tu, nel frattempo, metti un po’ d’ordine, se ti va, altrimenti lo farà la donna delle pulizie, domani. Ciao, tesoro. – mi disse Anne, dandomi un bacio e uscendo.
Quando sentii la porta che si chiudeva, mi sentii un po’ sola, ma ero felice.
Continua’
Lisette Folain

Per commenti scrivete a: meliseide@gmail.com
Anne aveva il suo lavoro che la teneva impegnata dalla mattina fino alle quattro del pomeriggio, e io, sola, non sapevo che fare sino a che lei non tornava. Glielo dissi, e lei mi rispose che c’era una buona possibilità a casa del Generale Legàrd. La vecchia istitutrice si era ritirata, per cui era necessario sostituirla.
– Anzi! Perché non andiamo alla festa che i miei danno dopodomani?! Lì ci sarà certamente il generale e sua moglie. Potrai conoscerli. – mi propose Anne.
– Io?! A una festa! – chiesi sbalordita.
– Si, tu! Che c’è di male?
– Nooo’ mi sentirei imbarazzata. No, non credo proprio’
– Ma perché!? – mi interruppe Anne – Io sarò al tuo fianco. Oltre tutto, io conosco la signora Legàrd’ sin da quando ero bambina, e posso aiutarti sicuramente.
Avevo sentito uno strano tono nella voce di Anne, ma non ci feci molto caso. La sua proposta aveva preso tutto il mio interesse.
Alla fine riuscì a convincermi.

Il giorno dopo, quando uscì di casa, Anne mi disse che sarebbe tornata più tardi perché doveva andare dai suoi. Non feci alcuna obiezione, infatti, quando tornò era già buio. Quella notte, dopo aver fatto l’amore, confidai ad Anne i miei dubbi riguardo alla festa di domani. Ma Anne mi disse di non preoccuparmi e di mettermi a dormire. Così feci.
Al mattino ero nervosa. Lo ero quando Anne uscì, e lo ero ancora di più quando tornò. Anne mi abbracciò e mi tenne stretta a se con indulgenza, come una mamma. Poi, dopo avermi calmata un po’, mi aiutò a scegliere il vestito più adatto. Quando ritenne fosse l’ora adatta, mi aiutò vestirmi e poi si vestì anche lei. Prendemmo una carrozza e ci dirigemmo verso la villa dei suoi.
– Mio dio. E’ meravigliosa! – dissi, guardando la villa dalla finestra della carrozza.
– Si, non c’è male! – rispose semplicemente Anne.
Scendemmo dalla carrozza e incominciammo a salire le scale. Sulla porta, il maggiordomo ci salutò entrambe.
– Buonasera, Madamoiselles! – salutò, con un inchino.
– Buonasera, Geràrd! – disse Anne.
– Buonasera! – riuscii a balbettare.
– Devo annunciarle? – chiese ancora il maggiordomo.
– No, grazie! Non c’è n’è bisogno. – rispose Anne.
Il maggiordomo fece un altro inchino.
Anne mi prese per mano e mi trascinò all’interno. Io mi guardavo intorno meravigliata per quello splendore e per tutta la gente bella e elegante che vi era. Intanto Anne camminava, mentre i camerieri si inchinavano, salutandola, al nostro passaggio.
– Ecco! – disse, fermandosi davanti ad un uomo e ad una splendida donna – Questo è mio padre e questa è mia madre. Questa è Lisette, la mia amica.
Io rimasi stupita, immobile.
– Buo’ Buonasera, io’ io’
La madre di Anne tirò un sospiro.
– Mi chiedo quando deciderai a comportarti più educatamente! – disse rivolgendosi ad Anne – La scusi mia cara. Siamo felicissimi di conoscerti. – continuò guardandomi e sorridendomi.
– Così, lei è Lisette! Mia cara, è ancora più bella di quanto c’è l’avesse descritta! – disse il padre di Anne baciandomi la mano.
Io mi sentii arrossire, e la cosa fu notata dalla madre di Anne.
– Ecco da chi ha imparato a comportarsi maleducatamente! Lo scusi mia cara, ma sono tremendi tutti e due. – disse la madre di Anne rivolgendosi a me.
– Non’ non c’è di che’ – riuscii a dire.
– Ora ci perdoni mia cara, ma abbiamo tanti ospiti’ – continuò la madre di Anne mettendosi sottobraccio al marito e incominciando a salutare le persone intervenute alla festa.
– Che ne dici? – mi chiese Anne.
– E’ incredibile!
Poi mi sentii di nuovo trascinata da Anne.
– Vieni, vediamo se riusciamo a trovare il generale Legàrd e la sua signora.
Ci aggirammo in mezzo alla folla, mentre ogni signore, o giovanotto, ci faceva un piccolo inchino quando ci vedevano, e salutavano Anne che rispondeva loro senza smettere di cercare.
– Eccoli, lì. – disse indicando con la testa – Li vedi? Quel tipo con tutte quelle medaglie’ che il busto non riesce a sopportarne il peso’
Anne si mise a ridere, facendo ridere anche me.
– Quella bella donna con i capelli bruni, e quello splendido petto, è la moglie’ la sua seconda moglie. – mi disse nell’orecchio Anne non smettendo di guardarli.
– Anne! – esclamai, per niente sorpresa dai suo apprezzamenti.
– Vieni, ti presento! – disse, prendendomi di nuovo la mano.
– Generale, madame’ permettete? – incominciò Anne, inchinandosi.
– Prego, cara’ – disse la moglie dopo aver salutato le persone con cui stavano parlando.
– Questi è Lisette! L’istitutrice di cui vi avevo parlato, madame! – precisò Anne.
– Buonasera, signor generale. Buonasera madame. – dissi, inchinandomi.
– Buonasera. – rispose la moglie guardando tutti e due.
– Buonasera. Quando ne avete parlato’? – interruppe il generale sforzandosi di ripensare all’occasione.
– Tempo fa, caro. Tu non c’eri. – disse subito la signora.
La cosa mi lasciò un po’ perplessa perché, secondo quanto mi aveva detto Anne, ne aveva parlato non più di due giorni fa.
– Ah, capisco’ – rispose il generale.
Poi si allontanò, scusandosi.
– E così, tu sei Lisette! Bene, bene. Anne mi ha molto parlato di te! E dice che sei molto brava. – disse la signora continuando a guardarmi tutta – Come ti avrà spiegato Anne’
– Veramente’ – la interruppi – mi ha solo detto che avevate bisogno di una istitutrice.
– Allora, mia cara, – riprese la signora, prendendomi la mano e carezzandola – perché non vieni domani a mezzogiorno a casa nostra, sarete nostra ospite, così potremo conoscerci meglio?
– Va bene, madame.
– Bene. Ti aspetto domani, allora. Ora, però, scusatemi, ma ho degli obblighi. Buonasera, mie care. – salutò la signora, allontanandosi.
– Buonasera, madame. – rispondemmo entrambe.
– Oddio, Anne!! Quasi non ci credo. Domani, forse, avrò il mio primo lavoro! – quasi urlai, eccitata.
– Credici, mia cara. Quel lavoro sarà tuo. – mi disse, rassicurante, Anne.
Anche allora notai una certa sfumatura, ma per la gioia del momento, non ci feci ancora caso.
La serata trascorse mentre bevevamo e mangiavamo, intervallati dalle presentazioni che Anne faceva di me ogni qualvolta incontrava qualcuno che la conosceva. C’erano anche dei giovanotti, e Anne me ne presentò più di qualcuno. Confesso che rimasi turbata da uno in particolare, un soldato, uno dei dragoni del re.
– Ti piace, eh!? – disse Anne, dopo che si fu allontanato continuando a guardarmi – Piace anche a me, ma non sono ancora riuscita a fare l’amore con lui! ‘ terminò bevendo in un unico sorso il terzo bicchiere di liquore.
Quell’ultima affermazione mi lasciò con il bicchiere a mezz’aria, mentre Anne mi guardava ridendo.
– Sssshh’ non ridere così forte! – dissi scuotendola, dopo essermi ripresa e posato il mio bicchiere.
Anne aveva bevuto un po’ troppo. Facendo finta di stare camminando e discutendo, cercai di condurre Anne fuori dal salone. Finalmente trovai una stanza vuota. Vi entrai e depositai Anne su un divano. Non appena si fu seduta, Anne si addormentò.
– Anne’ Anne, svegliati!
Mentre cercavo di svegliarla, la porta si aprì ed entrò un maggiordomo. Chiedendo scusa, stava per uscire, quando riconobbe Anne.
– Ha bisogno d’aiuto, madamoiselle? – mi chiese.
– Si. Credo che sia meglio metterla su una carrozza. Non dica niente ai suoi genitori, ha bevuto solo un po’ troppo. Mi aiuta, per favore?
– Ma certo, madamoiselle! Faccio venire una carrozza sul retro, così non dovrete portarla davanti alla casa. – disse il maggiordomo.
– Si, meglio.
Inchinandosi, il maggiordomo uscì, lasciandomi con Anne che dormiva saporitamente. Rientrò poco dopo, dalla grande finestra della stanza.
– Prego, madamoiselle, la carrozza è qui fuori. – disse il maggiordomo, aiutandomi a sollevare Anne.
Tenendola tra le braccia, il maggiordomo la portò fuori, sulla veranda, dove discese le scale fino alla carrozza che ci aspettava. Dopo che la ebbe deposta dentro, vi salii anch’io. Il maggiordomo chiuse la porta della carrozza, e dopo una buonanotte e un inchino, fece segno al vetturino di partire.
Quando arrivammo al nostro appartamento, pregai il vetturino di aiutarmi a portarla su. L’uomo non si fece pregare, e la condusse nella sua camera. Dopo averlo ringraziato, e datogli una mancia, gli augurai la buonanotte e chiusi la porta. Ritornai da Anne che dormiva ancora e presi a spogliarla. Quando finalmente riuscii e a metterla sotto le coperte, Anne mi abbracciò e, nel sonno, mi pregò di non lasciarla sola quella notte. Acconsentendo alla sua richiesta mi spogliai e mi stesi accanto a lei. Mentre ero al suo fianco, guardandola, non potei fare a meno di pensare al giovanotto che mi aveva presentato’ e poi mi vennero in mente le sue parole: ‘ ‘piace anche a me, ma non sono ancora riuscita a fare l’amore con lui! ‘
Questo voleva dire che aveva già fatto l’amore con un altro uomo? I miei occhi fissarono quel suo viso dolce, rilassato nel sonno, e per un attimo provai una grande invidia immaginando che quello che avevo pensato era vero mentre’ un sentimento di gelosia non riusciva a lasciarmi.
La mattina dopo, quando Anne si svegliò, svegliò anche me. Le faceva male la testa, ma doveva prepararsi. Io rimasi a guardarla, in silenzio, per tutto il tempo. Nella mia mente, quella sua frase continuava a ripetersi a ritmi regolari, quasi ossessivi.
– Anne’ – incominciai, osando porre la domanda che mi aveva scombussolata.
– Non ora, Lisette. Ho la testa che mi scoppia e sono già in ritardo per la lezione. Spero di riuscire a farla, quella lezione, oggi. – disse Anne.
Non parlai.
– Ciao, ci vediamo sabato! – disse Anne quando fu pronta.
– Come sabato?! Non ci vediamo stasera? – chiesi stupita.
– No’ non credo! Anzi, vedi di portarti un po’ di bagaglio. – disse Anne guardandomi con uno strano sguardo.
Dopo avermi dato un piccolo bacio, uscì.

Mi stavo dirigendo in carrozza verso la villa del generale Fran’ois Arthur Legàrd, dove avrei dovuto fare da istitutrice al figlio del generale. Non vedevo l’ora di arrivare. Avevo passato già due ore in quella carrozza e avevo le ossa rotte. Durante tutto il tragitto non avevo fatto altro che pensare a come sarebbe stata Villa Legàrd; se avrei fatto buona impressione, e come sarebbero stati i rapporti con il generale, sua moglie e suo figlio, il quindicenne Jean. La cosa mi eccitava e mi terrorizzava un poco: quello era il mio primo lavoro come istitutrice!
Distogliendo la mente da quei pensieri, e cercando di non pensarci troppo, mi accorsi di essere arrivata finalmente a Villa Legàrd. Il conducente scese e andò a suonare. Dopo un po’ arrivarono due uomini: doveva essere il tuttofare di Villa Legàrd e il suo aiutante. Dopo che il tuttofare ebbe parlottato un po’ con il conducente, e mandato il suo aiutante a riferire, accennando, incominciò ad aprire il cancello. Mentre entravamo, l’uomo, sulla quarantina, baffuto e un volto scurito dal sole e dal vento, cercò di sbirciare nella carrozza mentre chinava rispettosamente la testa dopo essersi levato il cappello. La carrozza proseguì seguendo il cammino per il viottolo costeggiato da aiuole e alberi. Girando verso destra, si trovò di fronte la villa dei Legàrd. Era grande, bellissima, e perfettamente tenuta. Sicuramente i Legàrd erano molto ricchi! Quando la carrozza si fermò davanti alla porta della villa, trovai un uomo e una donna ad attendermi. L’uomo si occupò del bagaglio, avevo seguito il consiglio di Anne, mentre la donna mi pregò di seguirla perché il generale Legàrd e la signora mi stavano aspettando nello studio. Entrammo e seguii quella che doveva essere la governante. Arrivati dinanzi ad una porta, mi pregò di aspettare. Entrò, e sentii che parlottava con qualcuno. Quando uscì:
– Il generale e la signora la stanno aspettando! – disse soltanto.
Entrai nella stanza, mentre la governante chiudeva la porta dietro di se. Trovai il generale in piedi, vicino al caminetto spento, e la signora seduta sul divano. Ciò che mi colpì, ancora una volta, fu la notevole differenza di età fra i due. Il generale doveva avere una sessantina d’anni, mentre la signora doveva averne trentacinque o trentasei, e per di più non li dimostrava, essendo di una bellezza superba. Convenni che avevo conosciuto poche donne avvenenti come la signora Legàrd. Mentre pensavo tutto ciò, feci un doveroso inchino, sapendo che i signori mi stavano osservando e valutando. Il generale rimase impassibile a guardarmi, mentre ricevetti un mezzo sorriso e un leggero cenno della testa dalla signora.
– Siete voi, dunque, la signorina Lisette Folain! – disse il generale, nel tono che doveva usare con tutti i subordinati.
Molto probabilmente non si ricordava neanche che eravamo stati presentati la sera prima.
– Si, signor generale. – risposi, comunque, osservando il compiacimento che traspariva dal suo volto.
Evidentemente era quella la risposta che si aspettava da ogni subordinato che interrogava.
– Arthur, per favore, non è un tuo subordinato! – intervenne, infatti, la signora con molto tatto, dimostrando la conoscenza dei modi del marito.
– Prego signorina, si accomodi. Ha fatto buon viaggio? – si informò la signora.
– Per la verità, non è stato molto comodo. Due ore in carrozza non sono molto piacevoli.
– Penso che sarà molto stanca, allora. Bene, se vuole può ritirarsi in camera e rinfrescarsi. Parleremo con più comodo più tardi, dopo il pranzo.
La signora, visto che non facevo obiezioni, chiamò la cameriera e disse di accompagnarmi in camera.
Mi alzai, e fatto un nuovo inchino, uscii.
La cameriera, una volta mostratami la mia stanza, mi lasciò sola. Dopo aver chiuso la porta, presi a spogliarmi: faceva caldo, molto caldo. Mentre mi toglievo il vestito, mi miravo nel grande specchio, e pensavo che l’ultima volta che me lo avevo levato c’era anche Anne. A quel pensiero sentii una fitta allo stomaco, che mi trasmise un certo languore. Sopra la sottoveste le mie tette globose, come piaceva chiamarle Anne, sembravano voler uscire a tutti i costi da quelle ristrettezze. Non le feci aspettare, anche perché avevo voglia di sentirmi libera, e mentre toglievo la sottoveste, non riuscì a fare a meno di carezzarle, nel vedere le punte dei seni ben eretti. La carezza della mano era piacevole, e passai e ripassai su quelle punte.
Di colpo, però, mi ricordai di dove mi trovavo, e un pensiero colpevole mi fece coprire immediatamente i seni e tutto il mio corpo, maledicendo il diavoletto lussurioso che c’era in me. Non gliel’avrei data per vinta! e mi ricoprii ringraziando il Signore per avermi dato la forza di resistergli.

La signora Legàrd si sentiva la bocca secca. Non appena ero stata congedata e accompagnata in camera, con una scusa aveva lasciato il marito e si era diretta verso un passaggio segreto che aveva scoperto per caso, e di cui, così credeva, era la sola a conoscere il segreto. Era un passaggio che, in corrispondenza delle varie stanze della villa, attraverso dei piccoli fori nel muro, permetteva di vedere tutto quello che vi succedeva dentro. Doveva essere una misura precauzionale che gli antichi padroni della villa avevano voluto fosse realizzata. La signora Legàrd, era loro grata per questo, e non trascurava di informarsi su tutto quello che avveniva in villa, e su tutti coloro che vi abitavano. Adesso aveva davanti a se la mia visione’ una Lisette quasi nuda, la sottana infatti era caduta, cosicché le era possibile vedere parte di quelle mie splendide gambe, come venni a sapere le considerava, nonché i miei superbi fianchi tondi, altra sua espressione! e il mio ventre. Mi ero del tutto tolta il leggero corsetto, cosicché dal ventre in su ero nuda. Rimase ad ammirarmi mentre, alzando le braccia al cielo, mi stiravo tutta, permettendo, inconsapevolmente, al mio busto di sporgere per bene i seni agli sguardi ammirati della signora. In seguito, mi confidò che era rimasta affascinata da me giovinetta. Le ero piaciuta subito, anche se di me si era già fatta un buon giudizio dalle descrizioni molto particolareggiate che Anne le aveva fatto nei loro momenti d’amore. La signora Legàrd era una donna di fuoco, e di gran temperamento, lo era sempre stata, ma una volta sposata il suo temperamento che era divenuto sempre più debole, mentre il fuoco che sentiva nel suo corpo era via via aumentato a causa della scarsa disponibilità del generale a soddisfare tutte le sue voglie. Ora, la sua mano destra stringeva la sinistra, mentre si mordeva leggermente il labbro a causa dello spettacolo a cui stava assistendo. Poi mi osservò, meravigliata, mentre il mio atteggiamento cambiava di colpo, e tornavo ad essere una fanciulla morigerata. Esattamente come mi aveva descritta, a lei, Anne! Quando entrai nel bagno, decise di uscire da dove si trovava. Aveva visto quanto le bastava per avere un’idea, bellissima, della nuova istitutrice.

A pranzo, la signora spiegò che il suo figliolo, o meglio, il figliolo di suo marito, in quel momento non era a casa perché, di solito, passava il fine settimana da un cugino.
– Comunque, meglio così, ne approfitteremo per conoscerci meglio. – continuò la signora, fissandomi mentre beveva del vino.
Il suo sguardo mi colpì. Sentivo che c’era qualcosa in esso. Non finiva di fissarmi, e non solo il mio volto o i miei modi. Io cercavo di comportarmi nel modo più educato possibile, anche perché c’era il generale che mi osservava ancora come se fossi una recluta. La conversazione non fu molto accesa, alla fine, quando il generale si alzò, provai un gran sollievo.
Usciti dalla sala da pranzo, ci dirigemmo verso il salotto. Qui la signora andò a sedersi sul divano, mentre io rimasi educatamente in piedi, fin quando non mi avessero detto di sedermi.
– Mie care signore, devo lasciarvi. Impegni militari mi chiamano altrove. Ho da recarmi a Parigi per discutere alcune faccende, e devo sbrigarmi se voglio essere colà prima di sera. Mia cara, – disse il generale avvicinandosi alla moglie – se tutto va bene, e il tempo lo permette, anche se credo non presagisca nulla di buono, ripartirò per Platichell domani, verso le tre. Penso, quindi, che sarò qui per le cinque del pomeriggio. Nel caso non arrivassi, vuol dire che impegni mi hanno trattenuto.
– Va bene, caro. – disse la signora ‘ Vuol dire che andrò da sola alla festa di stasera che danno i Santilles.
– Come vuoi, cara. Ti prego di porgere le mie scuse ai Santilles, ma’ il dovere è dovere! – disse il generale mettendosi sull’attenti e piegandosi verso il divano dove era seduta la signora.
Non senza sforzo, riuscì a baciarle la mano.
Dopo che si fu rimesso in verticale, si volse verso di me, e sbattendo i tacchi, fece un inchino. Risposi al suo saluto facendo anch’io un leggero inchino. Non potei fare a mano di notare lo sguardo birichino che il generale, per un breve momento, lanciò nella mia leggera scollatura.
– Arrivederci, mie care signore. – disse aggiustandosi i baffi, e uscendo con una andatura che voleva essere quella di un trentenne.
Un sorriso comparve sul volto della signora Legàrd.
– Ha fatto colpo su mio marito, signorina. – disse senza mezzi termini, all’improvviso, la signora guardandomi – Ma cosa fa, lì! Venga a sedersi, qui, a fianco a me. Voglio conoscerla meglio.
Nonostante mi sentissi scombussolata dal commento della signora, e soprattutto dal tono indulgente in cui l’aveva detto, andai a sedermi compostamente al suo fianco, rimanendo dritta sul divano.
– Su, non sia così tesa, si rilassi mia cara. Si giri verso di me, mi guardi. Che c’è, sono tanto brutta!? – mi chiese la signora.
– Oh, no, per carità. Lei è bellissima. – risposi guardandola e notando un sorriso di compiacimento – E’ che’ a lei posso dirlo’ sicuramente glielo avrà accennato anche Anne’
– Non sia preoccupata, mia cara. Mi dica tutto.
– Vede’ questa è la mia prima esperienza come istitutrice, e sono un po’ emozionata e un tantino nervosa. – risposi, abbassando lo sguardo sotto il suo che mi scrutava.
– Oh, poverina. – fece la signora, avvicinandosi ancora di più e stringendomi inaspettatamente – Ma non devi aver paura. Il mio ragazzo è bravissimo, e sono sicura che con lei a fianco lo diventerà ancora di più. Ma ora mi racconti di lei. Da dove viene? Dove ha studiato?
– Vengo da Bruignon. – incominciai dopo essermi ripresa – I miei genitori sono dei contadini. Con grandi sacrifici mi hanno mandato a studiare dalle suore del convento di Saint Maurice. E’ lì che sono stata educata ed istruita, cosi da poter fare ora l’istitutrice privata.
– Ma che brava ragazza! E, dimmi’ c’è l’hai il fidanzato?
Quella domanda mi colse ancora di sorpresa. Mi sentii arrossire. E la signora se ne accorse palesemente.
– Guarda che bel rossore imporpora questo bel visetto. – disse la signora accarezzandomi il viso con la mano sinistra – Ho colpito nel segno?
– Veramente’ no! Non l’ho mai avuto! – risposi con un po’ di apprensione, e dandomi al contempo della stupida per la figuraccia che stavo facendo.
– Oh, che tesoro. Scusami, non volevo metterti a disagio! – disse la signora.
La sua mano non smetteva di carezzarmi il volto, che ora, sentivo, era sicuramente più rosso di prima.
– E’ quindi’ non hai mai fatto l’amore’ con un uomo!?
Quella domanda mi colpì come un pugno nello stomaco. Mai mi sarei aspettata una domanda del genere da una persona che conosco da così poco tempo, tanto meno da una contessa. Mi alzai di scatto, mentre la signora mi afferrava il braccio sinistro per trattenermi. Per fortuna entrò la governante.
– Signora, mi scusi se la disturbo. Le avevo chiesto se potevo avere il pomeriggio libero per andare da mia madre che non sta molto bene.
– Già, è vero. Scusami, Genevieve. Puoi andare, e puoi rimanerci anche la notte, se vuoi. Questa sera sono invitata alla festa che danno i Santilles. Non c’è neanche Solange, perché è il suo giorno di libertà, ma magari Lisette potrà aiutarmi a vestirmi, così non avrete di che preoccuparvi. Che ne dite, mia cara? – chiese la signora rivolgendosi a me.
– Oh, ma certamente, signora. Come volete. – dissi, cercando di riprendermi, e pensando ad Anne che forse sarebbe stata in pensiero.
Poi mi tornò in mente la sua risposta di quella mattina sul fatto che sapeva che per quella sera non sarei tornata. La cosa mi lasciò ancora molto perplessa.
– Vi ringrazio, mia cara. Bene, Genevieve, puoi andare. – sentii dire la signora Legàrd.
– Vi ringrazio, signora. Anche a lei, signorina. Buona giornata.
– Arrivederci, mia cara. – disse la signora.
– Buona giornata. – risposi io.
– Dunque, mia cara, dove eravamo rimaste’ ma sedetevi, vi prego, non rimanete in piedi’ Ah, vi avevo chiesto’ se avevate già fatto l’amore. – disse ancora la signora in tono intrigante.
Mi sedetti, e non appena fui seduta, lei si avvicinò a me tanto che sentivo il suo respiro sul mio collo. La cosa mi stava causando non poco imbarazzo. La signora poi era’ era’ di una sfacciataggine inaudita per una’ una come lei.
– Ehmm’ Vi chiedo perdono, ma vorrei il permesso di ritirarmi. Sono molto affaticata del viaggio, e vorrei riposare un poco. – chiesi, evitando di guardarla negli occhi.
– Va bene. Se lo proprio lo desiderate. – disse la contessa in tono sconfitto.
– Vi ringrazio, signora. Scusatemi.
Con un inchino uscii dalla stanza.
Salii le scale di corsa. Quando fui nella mia stanza, tirai un sospiro di sollievo. Mi lasciai andare sul letto a pensare:
– Che strano comportamento la signora. Ma è così che ci si comporta? Oppure sono le stravaganze dei ricchi di cui mi avevano tanto parlato in collegio?
Mentre la mia mente riandava a quello che era successo nelle ultime ventiquattro ore, mi addormentai pregando la Vergine che mi aiutasse.

Venni svegliata dal bussare alla mia porta.
– Lisette. Lisette, aprimi! Sono le cinque e mezza. Dovete aiutarmi a vestirmi, altrimenti sarò in ritardo per la festa! Su, per favore, aprimi.
– Vengo subito, signora.
Mi alzai di corsa, e così come mi trovavo, andai ad aprire. Mi trovai di fronte la signora.
– Povera tesoro. Ti ho svegliata! Me ne dispiace, mia cara, ma come ti ho detto, ho bisogno del tuo aiuto per vestirmi.
– Vengo subito, signora, il tempo di rinfrescarmi il viso.
– Va bene. Ti aspetto nella mia camera.
– D’accordo, signora. – risposi, e chiusi la porta mentre mi meravigliavo per il fatto che la signora mi avesse dato del Tu invece che del Lei.
In tutta fretta, versai dell’acqua nel catino e presi a sciacquarmi. Mi asciugai il volto, e dopo essermi ricomposta, uscii dalla mia stanza per andare in quella della signora.
Durante tutta la vestizione, la signora Legàrd si comportò come quella che io avevo sempre pensato dovesse comportarsi una vera signora. Sorrideva e scherzava sulle feste, su tutti i soliti volti che si incontravano, e sul fatto che, però, era l’unico modo per rompere la monotonia della vita, soprattutto quella coniugale.
– Come mi trovi? – mi chiese, guardandomi nel grande specchio che rimandava le nostre immagini, dopo aver finito di vestirsi.
– Siete bellissima.
– Ti ringrazio, mia cara. – mi sorrise nello specchio – Bene. Ti dispiace vedere se è pronta la carrozza, Lisette cara?
– Subito, signora. – risposi, e uscii per controllare.
– E’ tutto pronto. – le dissi, una volta tornata in camera.
Rimasi sul portico fin quando la carrozza non si fu allontanata, poi rientrai in camera. Mi sentii improvvisamente sola. Avrei voluto essere nel nostro appartamento di Parigi, con Anne, di cui in quel momento sentivo tantissimo la mancanza e, invece, mi trovavo in una grande casa, sconosciuta e sola. Guardai fuori dalla finestra, e mi accorsi di grandi nuvoloni che si stavano addensando.
– Stasera pioverà! – dissi, dentro di me.

La sera, quando la signora Legàrd arrivò, era tutta bagnata. Il temporale non aveva risparmiato nemmeno la sua bellezza. Non appena fu entrata, incominciò a chiamare la sua cameriera personale. Non ricevendo risposta, il suo nervosismo aumentò ancora, per cui si mise a urlare il nome della cameriera. Io dalla mia camera la sentii, e ricordandomi che oggi era il giorno di libertà della cameriera, scesi per andare a ricordarglielo. Quando arrivai, trovai la signora in uno stato nervoso accentuato, anche se cercava di nasconderlo.
– Scusatemi se vi ho distolta dai vostri impegni, ma questo maledetto temporale mi ha ridotto come… come… non so neanche io come definirmi, e il fatto che Solange non viene ancora mi sta irritando ancora di più.
– Ma, signora’ oggi è il giorno di libertà della sua cameriera, non se lo ricorda?
Intanto il mio sguardo osservava come la pioggia avesse ridotto il suo bel vestito. Era completamente bagnato, e aderiva alle forme della signora disegnandole perfettamente, mentre i suoi capelli fradici la rendevano più simile ad un pulcino infreddolito. – Ohh, no! Una disgrazia dopo l’altra. Adesso dovrò fare tutto da sola!!
– Se vuole… le ho dato una mano a vestirsi, posso dargliela anche a spogliarsi. – mi offrii.
Ero stata in parte spinta da un impulso di generosità e di tenerezza per quel corpo e quel viso bagnato, ma, improvvisamente, mi resi conto che c’era anche qualcos’altro. Mentalmente, mi arrabbiai contro me stessa, e pregai il Signore che mi aiutasse a non commettere sciocchezze di cui, poi, avrei dovuto chiedergli perdono. Comunque’ quello che era fatto era fatto’!
La signora mi guardò, e il suo sguardo sembrò mutare. Adesso non era più arrabbiata, ma anzi, il suo sguardo mi sembrò divenire di colpo più dolce e luminoso. Mi si avvicinò e, prendendomi la mano, e portandosela sul suo magnifico petto:
– Te ne sarei infinitamente grata, Lisette cara. – mi disse, guardandomi negli occhi e tenendo ancora la mia mano a contatto con il suo seno bagnato.
Vidi ancora nel suo volto lo sguardo di quella mattina e, questa volta, non potei fare a meno di ignorarlo e provare un piacevole brivido’ oh Signore, perdonami! Ma come potevo ignorare il calore che si sprigionava da quel corpo che sapevo magnifico sotto il vestito bagnato’?! Un calore molto intenso!!
– Su, andiamo nella mia camera, altrimenti rischio di prendere un malanno. – disse la signora, togliendo la sua mano dalla mia.
La mia mano colpevole rimase su quel suo splendido petto fino a quando non ritornai alla realtà, e solo allora, rendendomi conto della situazione, confusa, levai quella mano malandrina che invece avrebbe voluto rimanere lì ancora per un tempo indefinito.
La signora, dopo avermi fissata negli occhi intensamente, si girò e io mi apprestai ad andarle dietro.
Dopo essere entrati nella sua stanza, ella incominciò a spogliarsi.
– Ti dispiace prendere un asciugamano mia cara, sono in quei cassetti. – mi chiese, mentre si toglieva il vestito.
Mi avvicinai al comò, e mentre mi chinavo a prendere gli asciugamani, non potei fare a meno di notare, nello specchio alla mia destra, lo sguardo della signora che mi seguiva. Distogliendo gli occhi, aprii un cassetto, da dove tirai fuori un asciugamano. Quando mi voltai, trovai la signora che si era tolto il vestito. In quel momento, con il mio cervello desiderai essere altrove, in una parte qualsiasi del castello, o fuori, magari sotto la pioggia, per schiarirmi le idee e liberarle da tutte quelle insane che mi stavano assalendo. Ma ero lì, con lei, e perciò cercai di non badare ad esse il più possibile. Ma era difficile, molto difficile’ soprattutto quando hai davanti un corpo siffatto, anche se parzialmente coperto. La signora aveva un corpetto che ne inglobava i seni, e si fermava ad un’altezza tale che permetteva loro di essere quasi del tutto di fuori, a mostrarsi come per una sfida. Ai fianchi, il corpetto disegnava una ampia curva, che metteva in evidenza la bellezza e la snellezza dei suoi fianchi, delle sue gambe e di quel centro meraviglioso da cui, sotto le particolari mutandine, ridottissime e velatissime’ come mai ne avevo viste! Si vedevano dei peli scuri che fuoriuscivano. Quel particolare mi diede una scossa lungo la spina dorsale, mentre sentivo i miei capezzoli ergersi. Il fatto che la signora indossasse un reggicalze nero, e calze dello stesso colore, il tutto contribuiva a darle quell’aria conturbante che, mi resi conto tremando, mi fece fremere.
– Che c’è? – domandò la signora – Sono così brutta?
– Cosa? Oh, no! Lei è bellissima. – mi sentii dire’ oh, Santa Vergine!
Mi morsi la lingua, mentre mi rendevo conto, con gran dispiacere, che la Vergine non era al mio fianco per aiutarmi a respingere la tentazione prepotente che sentivo animava quella mia lingua che desiderava poggiarsi su quei magnifici seni.
– Davvero? Ti piacciono i miei seni? – mi chiese con malizia assassina avendo seguito la direzione del mio sguardo – E le mie cosce, ti piacciono?
La vidi poggiare il suo piede destro su una sedia, slacciare il reggicalze e incominciare ad arrotolare verso il basso le calze. Intanto il suo sguardo non mi lasciava.
Sentii un altro brivido piacevole nel vedere le gambe della signora venir fuori e nel seguire i movimenti sinuosi del suo corpo. Quando si fu tolta entrambe le calze:
– Che te ne pare? – mi chiese, girando su se stessa sorridente.
– E’ bellissima. – non potei fare a meno di ripetere.
Un altro brivido mi percorse tutta. Mi rendevo conto che quella situazione mi stava turbando e eccitando al contempo.
La signora mi sorrise e poi riprese a guardarsi le gambe esaminandole e accarezzandole. Un sospirò le venne fuori dalla bocca semichiusa.
– Mi sto impigrendo, – continuò prendendo a girare intorno a me – una volta ero ancora più bella. Le mie gambe erano più sode e senza un filo di grasso. Facevo anche ginnastica, e riuscivo a toccare terra con le mani senza piegare le ginocchia. Voglio provare, voglio vedere se c’è la faccio ancora! – disse, ad un tratto, guardandomi sorridente e felice come una ragazzina.
Si mise davanti allo specchio dritta e portò le mani in avanti. Nello specchio, i suoi occhi incontrarono i miei che si erano colpevolmente soffermati sui suoi fianchi. Quando si incontrarono, vi lessi qualcosa che mi fece arrivare un fremito fin tra le cosce. Continuando a guardarmi, prese a piegare il busto in avanti. Io guardavo quello spettacolo e non potevo non sentire il turbamento che mi prendeva. Era come quando mi mettevo tra le gambe di Anne e mi perdevo nella dolce visione della sua stupenda natura. Vedere, ora, le gambe della signora che si piegavano a mostrarmi parte di quel bellissimo culo semi nascosto, vedere anche le sue tette che mi apparivano nello specchio ad ogni piegamento, quasi a fissarmi e a sfidarmi’ e il suo sguardo che, lo vedevo benissimo, continuava a seguirmi, era come se lo stesso fuoco mi invadesse.
Ad un certo punto, la signora sembrò essere soddisfatta di quello che riusciva a fare e, fingendo terminati i piegamenti, si diresse verso di me.
– Dovresti aiutarmi a togliere il corpetto. E’ bagnato, non senti? – disse prendendomi la mano sinistra e portandosela vicino al seno destro.
Sentii la mia mano che si lasciava sollevare dalla sua. La sentii appoggiarsi sul suo seno, tra il corpetto e la sua pelle. Sentii l’umidore del bagnato ma, soprattutto, il calore e l’intensa attrazione che si sprigionava da quel seno.
Poi la signora si girò, di colpo, lasciandomi con la mano a mezz’aria.
– Slacciami. – disse.
Con mani tremanti presi a slacciarle il corpetto, mentre i miei occhi non smettevano di osservare quelli parti delle sue spalle che venivano pian piano fuori. Quando sganciai l’ultimo lacciuolo, il corpetto cadde a terra. Davanti a me avevo la visione del suo corpo visto da dietro, coperto dalle leggere e ridottissime mutandine di pizzo bianco.
Chiusi gli occhi, mentre mi sforzavo di resistere, con quella piccola porzione della mente non ancora assoggettata al maligno e alla passione di quel corpo, e cercai di immaginarmi le pene che il signore mi avrebbe inflitto se avessi ceduto al maligno in questo caso.
Mentre mi immaginavo piccola, in mezzo a due file di angeli che, con l’indice teso, indicavano la mia anima colpevole ai due enormi occhi del Signore che mi fissavano di fronte, avvertii che la signora si era voltata verso di me. Allora, con terrore, mi accorsi che il diavolo stava prendendo il sopravvento per il fatto che, gli occhi del Signore, si erano ora trasformati in due enormi seni. Aprii gli occhi per sfuggire a quell’immagine lussuriosa’ e mi trovai davanti la signora che mi si mostrava in tutto la sua bellezza. Il suo petto si alzava e si abbassava, quasi ad offrirmi quei seni che, mi pareva, aspettassero solo di essere toccati, palpati, affinché qualcuno che non fosse il legittimo consorte, potesse constatarne quanto fossero ancora sodi.
– Come li trovi? – mi domandò lei, infatti.
Il suo sguardo insinuante, e il tono della sua voce, sembrava volessero solo complimenti da me, e io non glieli risparmiai anche perché la loro bellezza era fuori di ogni dubbio, come l’eccitazione che, constatai accettandola, alla fine, era in me.
– Sono meravigliosi. – dissi in un sussurro.
– Pensi che si stiano ammosciando? – mi chiese ancora, soppesandosi i seni con le mani e porgendomeli.
Io mi sentivo di impazzire. Il vedere quei seni e il desiderio di posarvi le mie mani e le mie labbra su di essi mi stavano facendo tremare. La signora si avvicinò ancora di più, fino a quando i suoi seni scoperti e i miei ancora nascosti, ma i cui capezzoli, si notavano chiaramente, erano tesi, non furono ad un palmo di distanza.
– Perché non provi a sentirli? – mi chiese, avvicinandosi e facendo combaciare completamente il suo corpo al mio.
La sua bocca era vicino alla mia. Il suo respiro caldo mi aveva sciolto l’ansia e il timore, per cui aderii ad essa. La signora mi abbracciò afferrandomi per le spalle, mentre la sua lingua cercava la mia forsennatamente.
– Oddio, Lisette!! Aaaahhh’ piccola, dolce Lisette’!
Sentivo quelle parole tenere e piene di passione, e mi sentivo riconoscente verso quella donna che mi stava donando quelle sensazioni magnifiche, la cui intensità era simile a quelle che provavo nell’accarezzare e nello stringere nei palmi delle mani i suoi enormi ed eccitanti seni.
– Sssiiiii’ stringimeli, accarezzameli’ ancora, così’ me l’aveva detto Anne che eri passionale, ma non immaginavo lo fossi così tanto’ aaahhuuumm’
– Cosa’?? Cosa ha detto di Anne? – chiesi, fermandomi di colpo e fissandola turbata.
– Niente, piccola mia’ non ti preoccupare, continua ad accarezzarmi, su, fai la brava’ – mi rispose la signora, che adesso aveva provveduto ad infilare le mani nel mio corpetto e mi stava palpando i seni a piene mani.
Sentire quelle dita su di me aumentò il mio grado di eccitazione, ma il pensiero di quelle parole non mi lasciava.
– Aspetti, aspetti un attimo! – le dissi allontanandomi.
La guardai in volto. Era rossa’ gli occhi eccitati e i capelli bagnati e scarmigliati, le davano un’aria da baccante. Una stupenda baccante! dovetti constatare, nonostante tutto.
– Voglio sapere cosa c’entra Anne in tutto questo. – le dissi.
– Ma’ se te lo dico, poi’
– Poi, vedremo!
– Ecco’ io e Anne siamo’ siamo amanti, semplicemente!
Io rimasi di stucco.
– Oh, ma non come credi tu! No, no, mia cara. Lo so che Anne ama te più di ogni altra, ma vedi’ due anni lontano sono molti, così’ visto che anche a me piacciono le belle ragazze come Anne e’ te’ – disse la signora avvicinandosi di nuovo e accarezzandomi il volto – non è stato difficile diventare amiche così da sollazzarci a vicenda per quei momenti in cui lei sentiva la tua mancanza ed io sentivo il bisogno di un po’ di piacere dato il residuo bellico che ho come marito.
Io rimasi a guardarla senza dire nulla.
– Lo sai quante volte ho provato invidia per te?
– Per me? – chiesi, meravigliata per quella affermazione.
– Si, per te! Dopo aver fatto l’amore, ogni volta, Anne non perdeva occasione per parlarmi di te. Dei tuoi pudori, della tua passionalità e della tua abilità nel dare piacere. Tutto questo ha fatto nascere in me il desiderio di conoscerti’ sotto ogni aspetto, soprattutto quello sessuale, anche se, devo ammetterlo, tutto ciò mi faceva un po’ rabbia. Ma’ ora capisco Anne’ e spero che tu capisca il mio desiderio di conoscerti e che tu comprenda il mio desiderio di fare l’amore con te! – terminò la contessa.
Tutte quelle rivelazioni mi avevano scombussolata. Da una parte mi sentivo tradita da Anne, sia per il fatto che avesse fatto l’amore con un’altra donna senza avermi mai detto nulla, sia che avesse parlato con quest’altra donna di me, dei nostri rapporti che, invece, ritenevo riguardassero solo noi. Ma, d’altra parte, mi faceva tenerezza questa donna che cercava amore in un’altra donna visto che il marito non riusciva a soddisfarla, e mi eccitava anche il fatto che ella fosse gelosa dell’amore che Anne aveva nei miei confronti.
La sentii prendere le mie mani e posarle sui suoi grossi e duri seni, mentre il contatto con i suoi capezzoli mi procurava una scossa di eccitazione. Con un mugolio si rituffò con le labbra sulle mie e prese a baciarmi di nuovo con rinnovata passione.
– Ooohhh’ grazie, Lisette, grazie, amore’ mmmhhmmm’ vedrai, diventeremo grandi amiche e’ amanti perfette! Su, avanti, spogliati! Toglimi le mutandine, tesoro, toglimele, tu! Ti prego! – mi supplicò la signora, staccandosi dalle mie labbra.
Con il respiro ansante, la guardai in viso, poi guardai i suoi meravigliosi seni, e giù, in basso. Vedevo il suo pancino che si alzava e si abbassava, e le sue mutandine trasparenti che mi mostravano il suo monte di Venere. Mi inginocchiai ansiosa, e rimasi di fronte ad esso. Chiusi gli occhi e trassi un profondo respiro. Il suo profumo era diverso da quello di Anne, ma lo trovavo piacevole ed eccitante. Le mie mani afferrarono il bordo di quelle mutandine e tirarono verso il basso, mentre le mie labbra si posavano su ciò che rivelavano al loro passaggio. Quando furono del tutto a terra, la signora allargò le gambe, e il mio volto si sprofondò in mezzo ad esse. Le mie labbra arse toccarono quelle bagnate e grandi del suo inguine, e non riuscii a fermare la mia lingua, che si insinuò in mezzo ad esse. La signora mugolò, e mi incitò a ripetere quel gesto che lei chiamò ‘d’amore’, e io non mi risparmiai. Era piacevole accarezzarle le cosce con le guance, sentendone la loro delicatezza, come il volto peloso della sua fica che mi bagnava tutto il viso con l’umidore intenso che la impregnava e leccare il suo piacere. Ad un tratto, la signora si staccò.
– Adesso basta, altrimenti non resisterò per molto! – mi disse, tenendomi distante per le spalle – Adesso voglio spogliarti tutta! Voglio sentire il tuo corpo sul mio, accarezzarlo, baciarlo, leccarlo’ dove dico io!
Quelle sue parole, ma soprattutto il tono della sua voce, e il desiderio che il suo volto manifestava, mi eccitò ulteriormente.
Prese ad accarezzarmi il volto, le labbra, il collo, il petto, e poi scese dietro le spalle a slacciare il mio vestito. Mi girai per agevolarla, e il vestito cadde a terra. La signora mi abbracciò da sopra la sottoveste, e prese a darmi teneri baci sul collo. Le sue labbra e la sua lingua mi procuravano brividi entusiasmanti. Le sue mani mi presero i seni liberi, e presero ad accarezzarmeli, dapprima dolcemente, delicatamente, ma poi con passione crescente. Portò le mani sul bordo superiore della sottoveste e le infilò al disotto, riprendendo ad accarezzarmeli. Il contatto diretto con le sue dita mi entusiasmò a tal punto che presi a slacciare i lacci affinché potesse accarezzarmi più agevolmente. La signora approvò le mie manovre con un mugolio sul mio collo, e fece scivolare giù la sottoveste. Ora rimanevano sole le mutande e le calze’ e poi saremmo state nude tutte e due! Avrei potuto sentire quel corpo su di me, e avrei potuto accarezzarlo con il mio. Mentre lei continuava a solleticare i miei seni, io presi a far scendere le mutande. La signora si avvide delle mie manovre e lasciando i miei seni, baciandomi le spalle, si inginocchiò dietro di me. I suoi baci e la sua lingua mi accarezzarono lungo la spina dorsale, procurandomi brividi intensi, e poi si posarono sui miei glutei orami quasi del tutto scoperti. Sentii la sua lingua che si insinuava nello spacco, mentre le sue mani provvedevano a tirare del tutto le mutande che caddero a terra insieme alle calze. Ora sentivo le sue dita sui miei glutei: li impastava, li allargava, si infilava dentro, scendeva giù, fino all’altra apertura dilagante di piacere sfuggente, e io espressi la mia passione piegandomi e porgendomi a tutti i suoi desideri. Lei ne approfittò leccandomi per tutto lo spacco, dal basso in alto e viceversa, per mille e mille volte. Poi si alzò, e afferratami, mi stese sul letto buttandosi sopra il mio corpo e prendendo a baciarmi in bocca. Ero persa, sciolta in quel vortice di passione infuocata che mi aveva travolto e, come un automa, cercavo di restituire alla signora ogni gesto che lei faceva sul mio corpo e che mi procurava altro infinito piacere. Mi resi conto che eravamo avviluppati in un groviglio di braccia e di gambe; che le nostre fiche erano una sopra l’altra, e che ci sfregavamo parossisticamente, provando una esaltante sensazione di felicità ogni qual volta i nostri piccoli gambi si toccavano stimolandoci a riprovare per gustare di nuovo quella sensazione. E noi provammo e riprovammo, fin quando non arrivammo all’esaltazione assoluta dei sensi.
Continua’
Lisette Folain
Il lunedì, intorno alle nove e mezza, arrivò il figlio della contessa e del generale, anzi, sarebbe meglio dire del generale, visto che questi era figlio della prima moglie. Venni a sapere che il generale si era sposato molto tardi perché, si diceva, in gioventù era stato un vero sciupafemmine, e
quando decise di sposarsi, lo fece con una donna di vent’otto anni più giovane di lui, la quale, dopo avergli dato un figlio, era fuggita con un uomo più giovane di quindici anni rispetto a lei. In seguito il generale aveva conosciuto la contessa Juliette Marie Isabelle de Postinard, appartenente
ad un nobile casato, ma alquanto povero, per cui la contessa non aveva trovato altra soluzione che quel matrimonio.
Quando fu dentro casa, la contessa lo chiamò.
– Jean! Vieni da me, devo presentarti una persona molto speciale. – gli disse quando apparve sulla soglia del salone.
Io ero in piedi, a fianco alla signora, per cui i nostri sguardi si incrociarono immediatamente. Per la verità rimasi molto colpita. Non mi aspettavo un ragazzo così alto, ben formato’ e bello! Si, dovetti ammettere con una certa preoccupazione dentro di me, era proprio un bel ragazzo! Aveva
i capelli neri, robusto, un volto bello e deciso, con degli occhi neri che quando ti fissavano sembravano volessero trapassarti da parte a parte.
– Saluta la signorina Lisette Folain, la tua nuova istitutrice.
Fui salutata da un ‘ Buongiorno, signorina Lisette!’. Mi fece soprattutto piacere il tono allegro e sincero che notai nelle sue parole, e nel suo volto, quando mi fissò salutandomi con un sorriso abbozzato, come volevano le circostanze. Per cui salutai anch’io con un ‘Buongiorno, Jean!’, e ricambiai il sorriso.
– Come è andata dal tuo cugino? Ti sei divertito? – chiese la signora.
– Oh, sai com’è il cugino Arthur! Per lui il divertimento consiste nell’andare a cavallo tutto il santo giorno. – rispose subito Jean in tono disinvolto – Io ho la schiena a pezzi!
– Bhè, spero che non abbiate veramente fatto solo questo. Non c’era nessun altro? – chiese ancora contessa.
– Si, c’erano i figli del marchese di Brouillac, – rispose ancora Jean, dopo essersi avvicinato e, con un leggero inchino, chiesto il permesso alla contessa di sedersi sul divano al suo fianco – ma lui mi sembra un minorato e lei gioca ancora con le bambole.
– Oh, Jean!! Non dire queste cose! – esclamò la signora contessa, fissandolo scandalizzata – Qualche giorno quella tua lingua ti metterà nei guai! Ringrazia il cielo che non c’è tuo padre ad ascoltarti!
– Ma l’ho detto proprio per questo! Proprio perché ci sei tu! – ribatté Jean, fissandola e sorridendole.
– Sei un diavolo! Tenero, ma sempre diavolo. Bene! Penso che per questa mattina potrai fare a meno delle lezioni, inizierete nel pomeriggio! Ora puoi andare su a sistemarti e a riposarti dal viaggio.
Jean si alzò per salutare. I miei occhi furono attirati dallo sguardo di Jean. Lo vidi fare un leggero inchino, fissando i suoi occhi in quelli della signora, ma poi li vidi subito spostarsi per posarsi in mezzo al solco di quei seni formidabili che avevo già, colpevolmente, assaporato, e lì, rimanervi per qualche secondo in più. Mi rimproverai immediatamente di vedere tutto con i miei occhi di giovine piena di libidine perversa. Mi venne in mente anche, con un gran senso di colpa, che a causa di quella notte mi ero svegliata tardi e, per la preoccupazione per quell’incontro, non avevo detto le mie preghiere mattutine. Mi ripromisi che oltre a chiedere perdono per quello che era successo quella notte, avrei chiesto al Signore di aiutarmi a preparare quell’esemplare stupendo nel modo migliore.
– Allora, cosa te ne sembra? Non è magnifico? – mi chiese la signora, guardandomi sorridente e maliziosa dopo che il pargolo fu uscito.
– Si. Lo trovo delizioso. Siete fortunata ad avere un figlio così’ così bello.
– Già. Ma, come ti ho spiegato, non è mio figlio, per cui’ si, lo amo come se fosse mio figlio, ma’ ho come un sentimento contrastante nei suoi confronti’ non so come spiegartelo’
Trovavo quella situazione alquanto inconsueta. Cosa c’era da spiegare nell’amore che una mamma’ anche se non è la loro vera mamma, la mamma che li ha messi al mondo’ nutre nei confronti del suo ragazzo?
La signora batté con la mano sul divano per dirmi di sedermi al suo fianco.
Mi sedetti.
– Vedi’ la prima volta che ci siamo incontrati, era ancora un bambino. Si, era già bello sin da allora, ma’ era un bambino. Aveva bisogno d’affetto, d’amore, e glielo davo. Mi piaceva tenerlo in braccio, cullarlo, portarlo a letto e aspettare che si addormentasse’ ma poi incominciò a crescere, a crescere, e a crescere e’ allora’
– Allora’ – chiesi, immediatamente consapevole che non avrei dovuto perché sicuramente me ne sarei pentita d’averlo chiesto.
– Allora, quando ho incominciato a rendermi conto che Jean manifestava già i primi segni del maschio adulto, che nel giovine si manifestano in un desiderio inespresso, ma che lo coinvolge completamente portandolo a cercare, osservare, rimuginare su tutto quello che lo stimola’ o ad
avvertire gli sguardi che Jean mi lanciava quando giocavamo, o semplicemente conversavamo’ o quando lo coglievo che osservava, cercando di non farsi notare, i miei seni e’ altro’
– Come sarebbe a dire altro’? – chiesi, incuriosita, perché queste sue parole mi avevano portato alla mia infanzia, al momento in cui avevo scoperto il significato vero della mia fica come organo che non serve solo per urinare.
– Vieni! Voglio farti vedere una cosa! – disse la signora, tirando un sospiro come se avesse preso una grossa decisione.
Si alzò e io le andai dietro. Salimmo le scale, e vidi che ci stavamo dirigendo verso la sua stanza. Entrammo, e quando fummo tutte due dentro, lei chiuse la porta. Poi, facendomi segno di non parlare, la vidi dirigersi verso il suo armadio. La vidi aprirlo e incominciare a spostare gli abiti. Non
capivo. Dopo aver fatto delle manovre all’interno, la signora si voltò verso di me guardandomi, dopodichè sentii uno scatto, e vidi la parete dell’armadio che si apriva a metà. La signora mi fece ancora cenno di fare silenzio e di seguirla nel cunicolo che c’era davanti a noi. Ci addentrammo
in esso. Confesso che la cosa mi lasciava perplessa e mi intimoriva. Quei cunicoli erano bui, anche se vi era una sottile luce che proveniva da delle piccole aperture in alto, ben dissimulate. C’era un odore di chiuso e di umidità. Non capivo dove mi stesse conducendo. Lei si muoveva
agilmente per i corridoi, perché ogni tanto si giungeva a delle diramazioni, che se per me erano solo dei corridoi bui, per la signora sembravano avere un preciso significato. Dopo non so quanto tempo, perché in quel buio e in quelle strettoie avevo perso la nozione del tempo, la signora si
fermò. La vidi alzare le mani all’altezza degli occhi e spostare lentamente qualcosa dal muro. Immediatamente un sottile fascio di luce penetrò nel cunicolo. La signora si sporse a guardare, e poi voltò verso di me il viso di cui vedevo chiaramente gli occhi soddisfatti e, facendomi segno di non
far rumore, mi trasse a se permettendomi di guardare per la feritoia. Mi sollevai un po’ e avvicinai il viso. Un grido mi salì alla bocca, ma una mano rapida riuscì a bloccarlo alla fonte. La signora l’aveva già previsto, e si era tenuta pronta. Ne avevo ben donde! Quello che avevo visto, e che
continuava a pararmicisi davanti agli occhi, mi aveva sconvolta. La signora mi spinse verso la parete del corridoio, alle nostre spalle, e avvicinando la bocca al mio orecchio mi disse:
– Posso togliere la mano dalla tua bocca?
Io feci cenno di si con la testa, mentre la mia mente ripescava vecchi ricordi di collegio in cui un’altra donna mi aveva messo una mano sulla bocca per evitare che gridassi, solo che quella donna era Anne’ o ricordi di quell’unico cazzo che avevo visto sino ad allora’ quello di Leonarde’ ma
lui era stupido, brutto, senza alcun attrazione se non la sua stanga, mentre Jean’ lui era bellissimo, intelligente, con uno sguardo intrigante’ ed era eccitante!
– Sicura che non griderai? Non parlerai, non dirai nulla?
Io accennai di no con la testa.
Lentamente, come se non si fidasse, la sua mano si staccò dalla mia bocca. Io trassi un respiro profondo, cercando di fare il meno rumore possibile.
– Cosa ne pensi? Non è stupendo? – mi chiese la signora, avvicinando di nuovo la bocca al mio orecchio.
Sentivo la sua voce roca ed eccitata. Ma riuscivo a capirla, poveretta!
– Ma cosa sto dicendo! – dissi dentro di me – Adesso mi metto a giustificare una madre che guarda il proprio figlio mentre si tocca il’ il cazzo’ e per di più si eccita nel vederlo fare’!
Ma un impulso inconsueto mi spinse ad avvicinare di nuovo il volto alla fenditura. Jean era ancora lì, disteso sul letto, i calzoni aperti all’altezza della patta, da cui usciva fuori il’ suo piccolo, delizioso, dolce, delicato’ non sapevo più con quale aggettivo qualificare il cazzo teso che si teneva tra le dita e che stringeva delicatamente, mentre con l’altra reggeva davanti agli occhi un libro che sembrava interessarlo enormemente.
– Sta leggendo Le Undicimila Verghe di Apollinaire! – mi disse piano all’orecchio la signora evidentemente già avvezza a tutto questo, come seppi poco dopo – Lo so perché sono andata a controllare alla prima occasione, quando lui non era in casa, e ho visto che si trattava proprio di un libro di racconti licenziosi. Povero piccolo Jean’! A quell’età si è pieni di vitalità e lui si sfoga in quel modo’ però, è eccitante, vero?
Poi la sentì che mi baciava sul collo, dandomi dei brividi per tutto il corpo. La sua lingua mi leccava l’orecchio elettrizzandomi, mentre sentivo una sua mano sul culo e l’altra sul balcone dei miei seni.
– Sìììì’ che è eccitante’!!! – dissi dentro di me, sentendo la perdizione che mi avvolgeva come una cappa ma cercando, al tempo stesso, di non staccare gli occhi da quel tenero virgulto che Jean si teneva tra le dita.
Sentivo le mani della signora che erano scese sul davanti, e cercavano di sollevarmi la gonna, ma eravamo strette, per cui l’aiutai sollevandola da me, e finalmente le sue dita arrivarono dove voleva arrivare. Sospirai nel sentirle su di me, dove ero bagnata da morire e dove volevo arrivasse
alfine per darmi quel sollievo che sentivo di dover prendermi se non volevo impazzire. Oh, Signore! Ero di nuovo preda del maligno e di quelle sensazioni’ stupende! Siii’ Ohhhhh, Signore! Sono magnifiche’ ma ti prometto che non appena saranno passate’ non appena le avrò soddisfatte’ pregherò intensamente’ più di qualsiasi altra volta’ affinché stiano lontano da me, dalla mia mente, dal mio corpooohhh’ mugolai dentro di me.
– Senti, senti, come ti sei bagnata’ ti capisco, amore, succede anche a me al solo vederlo’ e poi’ quando penso che sarebbe bello sentirlo dentro, qui, si proprio qui, mi sento di impazzire e allora, siccome non posso contare su mio marito, devo per forza masturbarmi proprio come sto facendo
io a te in questo momento’ guardalo, osservalo bene, fra un po’ la sua mano incomincerà ad andare su e giù più velocemente’ lo vedi’? Ha già iniziato’?
Io, colpevolmente cosciente, feci cenno di si con la testa, mentre mi stringevo le labbra per non urlare per la gioia di vedere Jean fare quelle cose proibite e per il piacere di sentire le dita formidabili della signora dentro di me.
– ‘Questo significa che sta per arrivare al culmine’ Ora lascerà il libro sul letto e prenderà il fazzoletto che ha già preparato al suo fianco’ lo vedi sul letto’?
Non potei fare altro che accennare con la testa, visto che tutto si svolgeva come lei prevedeva. Jean aveva preso il fazzoletto e se lo era portato sulla mano, a coprire il suo splendido virgulto, togliendo piacere ai miei occhi.
– Ora si coprirà il cazzo e incomincerà a muovere il braccio più velocemente’ più velocemente’ – disse la signora aumentando la velocità del suo andirivieni nella mia fica – ‘fino a quando i suoi occhi non si rovesceranno all’indietro e il suo cazzo, invece, non rovescerà all’esterno il
piacere della giornata’ siiii, cosssììì’ godi, godi, così, si’ ahhahh’ mmmhmmm’
Seguii il suo consiglio, e godetti nella bocca che lei aveva appoggiato sulla mia nel momento in cui avevo visto Jean sollevare il capo, rovesciare gli occhi all’indietro e sollevare il bacino per eruttare tutto il suo piacere. Rimasi appoggiata alla parete godendo della felicità che ancora quelle dita mi donavano, nonché della bocca e della lingua della signora.
– Ti è piaciuto? – mi chiese piano, vicino all’orecchio.
Io ero ancora estasiata, e non potei fare altro che accennare di si.
– Ti assicuro che, se vuoi, avrai molte occasioni per prenderti altro piacere. Il’ mio Jean è un piccolo toro, ci sono giorni che arriva a masturbarsi anche tre volte! Povero, piccolo tesoro, quanta potenza sprecata! – sospirò alfine la signora.
Il mio corpo e la mia mente stavano ancora gustando le ultime deliziose sensazioni quando un pensiero mi colpì.
– Ma’ un momento! Se questo cunicolo conduce a tutte le stanze vuol dire che voi’ che voi’ – esclamai, piano vicino al suo orecchio, senza finire, e guardandola ad occhi spalancati in quell’antro semibuio.
La signora mi fissò sorridente, e accennò di si con la testa.
– Già, mia cara! Vi ho spiato sin dal primo giorno che siete arrivata, e devo dire che sono stata ben contenta e ben ripagata. Ma ora non perdiamoci in chiacchiere e usciamo di qui.
La signora chiuse la piccola apertura e si incamminò, facendomi segno di seguirla.

Dopo esserci lasciate, ritornai nella mia camera. Ripensavo ancora al fatto che la signora mi avesse spiata sin dal primo giorno del mio arrivo e’ quindi poteva spiarmi ancora, ma poi i miei pensieri si fermarono su Jean disteso e sul virgulto che si teneva tra le mani. I miei occhi non avevano
visto il piacere uscire dal suo pene, ma la mia mente, riandando agli episodi con Leonarde, riusciva ad immaginarlo benissimo. Subito dopo, fissando l’armadio, mi sorse il dubbio se anche da lì fosse possibile accedere a quei cunicoli. Mi avvicinai e l’aprii. Non sapendo dove mettere le mani, procedetti a tentoni. Avevo visto la signora tendere le braccia verso l’alto, sulla sinistra, e così feci. Esplorai ogni millimetro e, alla fine, sentii un piccolo rumore. Mi bloccai, e dopo qualche attimo, vidi il fondo dell’armadio incominciare ad aprirsi. C’era anche qui il passaggio! Molto probabilmente chi li aveva fatti costruire aveva fatto in modo che un passaggio fosse presente in ogni stanza che riteneva fosse utile ai suoi scopi. Tornai a poggiare le dita nello spazio dove ritenevo ci fosse l’accesso al meccanismo di apertura, e subito sentii un altro rumore e la porta
prese a chiudersi.
– Bene! – pensai immediatamente – Se non altro non dovrò entrare nell’armadio della contessa per poter vedere Jean che’ Oh, Signore perdonami! Cosa vado a pensare! – dissi mentre richiudevo l’armadio e mi inginocchiavo davanti all’immagine della madonna e incominciavo a pregare per quei cattivi pensieri, per tutti i miei peccati, per quelli della contessa e’ per quelli di Jean.

Mentre io pregavo per i peccati di tutto il mondo intorno a me, due occhi mi fissavano da una fessura mimetizzata in una parete. Erano due occhi eccitati, ancora, che avevano sperato di poter vedere tutta la beltà di quella fanciulla che invece era intenta a pregare inginocchiata di fronte
all’immagine dalla Santa Vergine. Con un sospiro discese dalla punta dei suoi piedi e richiuse lo sportello.

Dopo quell’episodio, passarono due settimane in cui riuscii a tenere a bada gli stimoli della carne. Ma non fu facile!
Da una parte c’era la contessa, un’assatanata che mi ricordava l’Anne degli anni del collegio, che approfittava di ogni occasione per poter toccare qualsiasi parte visibile del mio corpo, baciare le mie labbra, riuscire ad infilare le mani verso la nascosta fessura che più la stimolava. Dall’altra, c’era Jean! Nonostante avessi promesso alla Madonna che non sarei andata più a fissare i miei occhi sul suo tenero virgulto, nonostante tutto, ci riuscii parzialmente. Infatti, al dodicesimo giorno, vinta, mi affacciai di nuovo nella sua stanza, e sfortunatamente per la mia anima’ fortunatamente per i miei occhi’ riuscii a godere del piacere della sua masturbazione. Però non mi toccai, lo giuro! Resistetti’ fin quando potei. E non fu per niente facile. Fare lezione a Jean e, al tempo stesso, immaginarlo mentre al posto della penna tiene in mano il suo membro dandosi piacere’ o osservarlo mentre, interrogato, risponde alla domanda che gli avevo posto e fissare la sua bocca, la sua lingua, e immaginare di giocarci con la mia o mentre la usa per donarmi un piacere più intenso poggiandola sulle mie parti più nascoste; oppure chiedergli di indicarmi sul mappamondo dove si trovi una regione, e immaginare di stare inginocchiata, col sedere nudo per aria, e lui che, diligentemente, indica con esattezza la posizione, poggiando e infilando quel dito malandrino in un altro antro oscuro’ Oddio! No! Non era per niente facile!
Infatti non c’è la feci a resistere. Alla fine, chiesi alla signora un permesso per il sabato e la domenica e tornai a Parigi. Il viaggio mi sembrò non finire mai, e quando arrivai a casa, quasi violentai Anne, che si dimostrò meravigliata e contenta per tutta quella passione.
Facemmo l’amore per tutta la notte.

Al mattino, Anne si svegliò, e svegliò anche me dandomi leggeri scossoni e chiamandomi dormigliona.
– Credo che ti stanno abituando proprio male i Legàrd. Prima eri tu la prima a svegliarti e ad alzarti dal letto, mentre ora sono io. Su! Svegliati, poltrona!
Con un mugolio mi girai dall’altra parte, ma Anne non desistette.
– Vuoi forse che ti svegli in altro modo? – mi chiese dolcemente, all’orecchio, dopo essersi avvicinata a me.
Io mossi le spalle, come se volessi scacciare una mosca fastidiosa, e non dissi nulla, ma dentro di me ero contenta per quell’atteggiamento tenero di Anne. All’improvviso, però, mi salirono in mente le parole della signora riguardo al rapporto tra me e Anne e, ancor peggio, tra lei ed Anne,
ed allora i miei occhi si aprirono. Girandomi verso la sua parte la fissai negli occhi, ben sveglia adesso.
– Che cosa c’è? – mi chiese Anne, intuendo qualcosa.
– Perché hai detto alla signora dei nostri rapporti’? – chiesi direttamente, dopo averla fissata ancora per qualche secondo – ‘E perché non mi hai detto che hai fatto l’amore con lei?
– Su’ non mi dire che sei gelosa? – rispose, fissandomi pure lei.
Il suo volto si era intristito, ma dopo un attimo apparve sul suo volto uno splendido sorriso.
– Questo vuol dire che mi vuoi ancora bene! Ma… vuol dire anche che hai fatto l’amore con la signora Legàrd?
Rimasi di sasso. Non mi ero resa conto che, dicendole queste cose, avrei implicitamente ammesso di aver fatto l’amore con la signora, o che almeno avessimo instaurato un rapporto particolare in cui la signora si era spinta a raccontarmi del suo rapporto con lei.
– Non negare! Lo so! Lo vedo da come il tuo viso è diventato rosso. E’ una donna stupenda, non è vero? – mi chiese, avvicinando la sua bocca alla mia.
Non potei risponderle perché Anne aveva preso a baciarmi con una certa foga, sicuramente dovuta al fatto che immaginava che io avessi fatto l’amore con la signora.
– Racconta’ come è stato? – mi chiese, infatti, poco dopo.
– Bello’ si, è stato bello’ – ammisi, sconfitta.
– Già, Juliette è una donna molto passionale. Non potendo sfogarsi con quel mollusco di suo marito, cerca di distrarsi come meglio può’ e allora’ siccome ci siamo piaciute subito, sai com’è’ scommetto che ci ha provato sin dal primo giorno, vero?
– Siii’ è così’ – confermai con un mugolio dovuto al piacere che mi stavano procurando le sue dita sul mio corpo.
– Lo immaginavo! E’ una donna che non perde tempo, quando vuole qualcosa ci mette tutta se stessa per raggiungerla nel più breve tempo possibile’
La foga di Anne mi travolse, e io mi feci travolgere dal piacere che sapeva come donarmi. Strano! In quei momenti la mia coscienza non si ribellava a quei baci e a quelle carezze, forse perché aveva accettato Anne come facente parte di me stessa: senza Anne mi sarei sentita perduta!
E, in virtù di questa constatazione, la strinsi più forte a me, cercando di darle quanto più piacere possibile. La misi di sotto e presi a spogliarla. Anne, quando fu tutta nuda, aprì le gambe completamente, così, inginocchiata, mi trovai davanti tutto il suo bel fiore sbocciato. La guardai,
mentre si portava la sinistra alla bocca e da lì far spuntare fuori l’indice, infilarlo nella bocca e prendere a leccarlo. Di colpo, mi tornò in mente l’immagine del piccolo cazzo di Jean, e immaginai che fosse nella bocca di Anne, al posto di quel dito. Quella immagine lubrica mi eccitò fortemente, e mi calai sulla sua fica prendendo a leccare e succhiare la sua clitoride portandola alla pazzia’ e poi aspettai che ritornasse alla realtà.
– E’ stato bellissimo! – disse Anne, aprendo gli occhi.
Mi fece stendere, portandosi sopra di me, e prese a baciarmi la fronte, dolcemente. Scese sugli occhi, le guance, il mento, le labbra. La sua lingua le forzò, trovando la porta aperta, e prese a giocare con la mia. Lasciò la mia lingua e scese per il collo, fin sui miei seni, i cui capezzoli erano eretti come montagnole, e prese a leccarli e succhiarmeli. Sentivo la lingua, le labbra, i denti, e godevo pazzamente di loro mentre il suo ginocchio sfregava più in basso. Con la sinistra scese laggiù, e prese il posto del ginocchio. Le sue dita allargarono la fessura e presero a muoversi ben
sapendo dove posarsi.
– Devo’ devo dirti una cosa’! – incominciò Anne tra un bacio, e un morso ai miei capezzoli.
– Non ora’ continua così’ non adesso’
– E’ importante’! Vedi’ io’ sono’ sono stata con un uomo!
Le parole di Anne mi giunsero lontane, perché il piacere era ormai sopraggiunto. Nonostante tutto, sentii che Anne aveva pronunciato la parola ‘uomo’, e la mia mente la associò automaticamente all’unica persona che, in quel momento, io conoscessi come uomo per ulteriore associazione ai suoi attributi: Jean! Si! Fu proprio pensando a Jean che mi cavalcava’ pensando al suo attributo al posto delle dita di Anne, che venni. Ma, dopo che i sensi si furono placati e la mia mente acquistò un po’ di lucidità, potei ripensare alle parole di Anne.
– Ho capito bene?! Sei stata con un’ UOMO!!! – dissi sollevandomi dal letto e fissandola ad occhi spalancati.
– Si, hai capito bene. – disse Anne con semplicità – Ma non ti preoccupare era solo’ solo un uomo, niente di più! – aggiunse, cercando di rendere la cosa meno importante possibile.
Non seppi cosa dire. La mia mente vacillava tra quelle parole ”solo un uomo, niente di più’, e il fatto che quest’uomo l’avesse messa sotto di se e avesse infilato il suo cazzo in quella fessura in cui avevo posato con amore tante volte la mia bocca e infilato la mia lingua. Tutto questo mi sconcertava, ma ciò che mi sconvolgeva era il fatto che un uomo si fosse intromesso tra me e Anne, perché ciò significava che avrei potuto perderla.
Quel pensiero mi strinse il cuore e un brivido mi percorse. Tornai a distendermi, ma Anne dovette accorgersene.
– Cosa c’è?! Ti senti male?
– No! No! E’ che’ che mi hai colto di sorpresa. Non so cosa dire.
– Ma non c’è nulla da dire, tesoro. – disse Anne, avvicinandosi e incominciando ad accarezzarmi, facendomi le coccole che tanto le piacevano.
– Non c’è nulla che potrebbe separarmi da te! Neanche mille uomini o mille donne! Tu sei la mia Lisette. Sei stata e sarai l’unica persona che ho amato e che amerò sempre.
Quelle parole obnubilarono la mia mente facendola sprofondare in un calore che dissolse i cattivi pensieri che mi avevano assalita, e l’abbracciai.
– E’ chi sarebbe’!? – le chiesi, dopo che quella certezza ci ebbe confortato entrambe facendoci guardare il mondo in una nuova ottica.
– Oh’ un uomo! Me l’ha presentato la tua signora Legàrd. Cioè’ Juliette mi ha presentato ai signori a cui faccio da tutrice alla loro piccola e poi’
– Poi’
– Bhé’ questa è una bella storia! – disse Anne, sorridendomi con uno sguardo malizioso.
– Allora raccontamela! – risposi soggiogata.
– Bene! Devi sapere che la piccola Michelle ha un fratello più grande’ molto più grande! Ha venti anni ed è un sottufficiale dell’esercito. Pare che la tua signora lo abbia conosciuto ad una festa, e che le sia stato presentato nientedimeno che da suo marito’
– Il generale’!?
– Gia! Proprio lui! Juliette mi ha raccontato che, appena l’ha visto, ha subito desiderato di poter fare l’amore con quello splendido esemplare di animale da monta’ l’ha chiamato proprio così! E ti posso assicurare che lo è davvero!
– Che cosa? – chiesi confusa.
– Ma ‘uno splendido animale da monta’, tesoro! Che cosa vuoi che sia?
– E’ lo ha’ fatto’?
– Si. La sera stessa!
– Oh, mio dio! Alla festa!
– Si. Proprio lì. Ti racconto’ Era estate, faceva caldo. La sera era sopraggiunta, e con essa era arrivata un po’ di frescura. Lei aveva ballato con tutti gli ufficiali che glielo avevano chiesto, ma i suoi occhi e i suoi pensieri non si erano staccati da Alain’ si chiama Alain’ allo stesso modo
di come lo sguardo di lui non l’aveva per nulla abbandonata. Ad un certo momento, lui le si avvicina, le chiede di ballare, e lei accetta con gioia. Ballano volteggiando per la sala, fino a quando non si accorge che lui la sta portando sulla terrazza. Escono all’aperto mentre lui, continuando a
ballare, la conduce lungo la parte laterale della terrazza. Pian piano, la musica si fa più lontana, e le luci diventano meno forti. Ad un tratto, lui la spinge verso un alto cespuglio di fiori e l’afferra prendendo a baciarla con passione. Alla destra c’è la balaustra in marmo, alla sinistra, le finestre
delle stanze illuminate con poca gente dentro. Ma lei non ha tempo per pensare a queste cose’ e poi c’è il cespuglio che li copre’! Si aggrappa a lui per sentire il suo corpo muscoloso, tanto diverso da quello flaccido di suo marito e, mi ha raccontato, che quasi sviene dal piacere nel
momento in cui lui spinge il suo bacino verso il suo facendole sentire un abbozzo di quello che ha in mezzo alle gambe. La sua mano si porta immediatamente laggiù, a tastare, grata per quella certezza. Ma non c’è tempo! Lui si stacca dalla sua bocca, l’afferra e la fa girare verso la balaustra.
Inizia a sollevarle le gonne, le abbassa le mutande e prende ad accarezzarla rudemente, da vero maschio! come mi raccontò. Poi sentì che lui si apriva la patta dei pantaloni, voleva girarsi, per vedere quel bell’esemplare che la sua mente aveva già immaginato stupendo, quando lui le afferrò
il collo con la sinistra facendola piegare sulla balaustra e con la destra diresse il suo cazzo a spegnere quel fuoco che la stava facendo morire. Lo sentì entrare di colpo, e così rudemente, che godette già allora. Le sue mani si aggrappavano alla balaustra, mentre stringeva le cosce e le
labbra per non urlare al mondo che fantastico piacere le stava dando quel meraviglioso maglio che aveva dentro di se. Mi ha raccontato che avrà goduto almeno tre volte mentre lui era lì che, ritto e duro, continuava a penetrarla. E, quando alla fine venne anche lui, il suo piacere si innalzò
sino al cielo. Ma non ci fu tempo per le carezze. Dopo essersi ricomposti e dopo qualche bacio, ripresero a ballare e ritornarono verso la sala.
Nessuno si era accorto di niente!
– E tu’
– Si! Non appena me l’ha raccontato ho sentito subito l’impulso di provare anch’io quel piacere, così’ non appena è stato possibile’
– E come è stato possibile? Dove l’avete fatto! – chiesi, intrigata.
– E’ stato facile! Alla prima occasione, durante il fine settimana che passava a casa dai suoi, chiamandolo da parte, gli ho raccontato di quello che ha fatto con la signora Legàrd e’ ho preteso che lo facesse anche a me!
– Ma’ Anne!!! – esclamai stupefatta.
– Cosa c’è di male! E sai dove l’abbiamo fatto!?
– Dove? Non nel giardino dei suoi, spero! – dissi preoccupata.
– No. L’abbiamo fatto in un parco pubblico.
– Oh, mio dio! Ma devi essere proprio impazzita!
– Per niente, mia cara! Ho voluto ricreare un po’ l’atmosfera che c’era alla festa, quando Juliette si è fatta prendere da lui, e così’ visto che non c’era nessuna festa, siamo andati in un posto dove c’era il rischio che qualcuno potesse sorprenderci. Sapessi che piacere! Ci siamo dati appuntamento sul far della sera. Dapprima abbiamo passeggiato come due semplici fidanzatini per il parco, mentre io cercavo il posto giusto dove appartarci. Quando il buio è incominciato a scendere, ci siamo avvicinati ad un cespuglio abbastanza grande, posto dietro una panchina. Era un po’ isolato. Tra di noi, e la zona dove c’erano un po’ di persone, si innalzava una piccola fontana. Quando ci siamo avvicinati, io ho guardato dapprima lui negli occhi e poi ho fissato il cespuglio. Lui ha capito subito. Mi ha afferrata, senza preoccuparsi se ci fosse qualcuno in giro, e mi ha spinto in mezzo ad esso. I rami ci davano fastidio, pungevano le parti del nostro corpo esposte, ma non ci preoccupavamo di nulla. Esistevamo solo noi, le nostre bocche, le nostre mani, i nostri sensi. Volendo constatare se ciò che mi aveva detto Juliette fosse vero, portai le mani subito sulla sua patta, e trovai un maglio dritto e duro che mi aspettava. Lui, intanto, aveva preso a sollevarmi la gonna e a portare la mano verso la mia natura ma’ rimase di sasso quando si accorse che sotto non avevo messo le mutande. Ma solo per un attimo, perché poi prese ad accarezzarmi con foga centuplicata da quella eccitante scoperta. Allora sentii la potenza animalesca che lo pervadeva. Le sue mani erano di fuoco che incendiavano ancora di più la mia pelle e la mia natura; la sua bocca succhiava la mia lingua come un mantice, e io sfregavo i miei seni doloranti sul suo petto di pietra. Gli aprii la patta e lo tirai fuori, prendendo a considerarne la grandezza, la grossezza, e ad immaginarne la potenza! Oh, Lisette! Era Fantastico! Eravamo due corpi pieni di libidine, e grugnivamo di piacere, incuranti che qualcuno potesse sentirci. Eravamo solo noi e il nostro piacere! Non c’era nient’altro! Poi, allo stesso modo in cui era successo a Juliette, lui mi afferrò per i fianchi e mi fece girare. Io poggiai le mani sulla spalliera di legno della panchina, mentre sentivo le sue mani che mi sollevavano le gonne e il suo durissimo spadone penetrarmi tutta. Non seppi trattenermi dal lanciare un piccolo urlo, subito bloccato dalla sua mano sulla mia bocca, dove fu costretto a tenerla per tutto il tempo che il suo cazzo fu dentro di me a trafiggermi e a darmi piacere ad ogni staffilata. Eravamo come impazziti! Chiunque fosse passato di lì non avrebbe avuto dubbi su cosa facevano una donna, appoggiata alla spalliera di una panchina, con una mano sulla bocca e le gonne sollevate, mentre un uomo da dietro faceva eloquenti movimenti con il bacino. Ma era proprio questo che ci stava portando al massimo dell’eccitazione! Godetti in maniera incredibilmente intensa, e dopo rimasi ferma ad aspettare che godesse pure lui per togliermi da quella posizione.
Terminata la narrazione di quel suo amplesso con un uomo, Anne mi fissò. Nei suoi occhi era evidente il piacere di quel ricordo mentre, in me, che mi mordevo le labbra, la mia mente prendeva in considerazione il pensiero di un cazzo piccolo, non quello del sottufficiale! Più piccolo! In quanto non mi incuteva timore, ma dolcezza e tenerezza. Il cazzo di Jean! Oh, ma erano solo pensieri! Pensieri che, oltretutto, mi rimproverai ancora, una tutrice non dovrebbe per nulla avere sull’allievo che deve istruire al meglio per far si che affronti la vita senza incertezze e senza remore di sorta. Ma poi, un pensiero malandrino si insinuò in me: Jean aveva già fatto l’amore con una donna? E ancora un altro: chissà se era bravo a letto?
– A cosa stai pensando? – mi chiese Anne che aveva continuato a guardarmi – Perché non dici nulla?
– Che cosa vuoi che ti dica? Le tue parole mi hanno sbalordita’ mi hai lasciata di stucco. Mai avrei immaginato che tu’ che tu avessi fatto l’amore con un uomo! Non ti ha fatto male? – chiesi, ricordando le crude parole con cui aveva descritto il loro amplesso e la rudezza di quell’uomo.
– Eccola lì che si preoccupa ancora per me! Ti ringrazio, tesoro. Ma vedi’ in quei momenti non pensi a nulla se non a quelle esaltanti sensazioni che un uomo sa darti. Una donna è in grado di amarti con passione raffinata, procurarti sensazioni dolcissime e intense, ma l’uomo è
fondamentalmente rozzo. Il suo obbiettivo è quello di infilare il suo cazzo dentro la fica di una donna e martellare fin quando non arriva all’acme così da svuotarsi i coglioni. Però, è in grado i soddisfare il lato masochistico e la voglia di godere brutalmente che c’è in ognuna di noi, così da
permetterci, poi, di riversare sulla persona che amiamo tutta la dolcezza, la passione limpida che nutriamo verso di lei.
Detto questo, Anne mi diede un piccolo ma tenero bacio sulle labbra.
– Guarda che bella giornata! Forza, vestiamoci ed andiamo in giro per Parigi. – disse, alzandosi allegra dal letto ed aprendo le tende delle finestre.
In effetti, il sole era già alto, e i suoi raggi si spandevano offrendo calore a tutti coloro che volessero accettarlo. Contagiata dall’allegria di Anne, mi alzai e incominciammo a prepararci.
Continua’
Lisette Folain
Mentre stavo ritornando alla residenza dei Legàrd, la mia mente non abbandonava i ricordi di quei due giorni stupendi che avevo passato insieme ad Anne. Durante il giorno eravamo state sempre in giro, a guardare le vetrine dei negozi che offrivano stupendi vestiti, con magnifici colori, a coloro che potevano permetterselo. Così, ci accontentavamo di sognare che, un giorno non lontano, li avremmo indossati anche noi. Garantito! Come diceva Anne! Avevo trovato Anne più allegra, più entusiasta, più’ più’ esuberante! Ecco! Si, esuberante è la parola giusta. Nei rari momenti in cui non ero travolta dalla sua gioia, pensavo se questo suo cambiamento, anche nel fisico’ il suo volto era radioso, splendente come può esserlo Parigi in una giornata di sole’ in quei rari momenti pensavo se questo suo mutamento non fosse dovuto al fatto che, nonostante tutte le sue rassicurazioni, non si fosse innamorata di quell’uomo, e mi rendevo conto che nei suoi confronti, nonostante non lo conoscessi nemmeno, nutrivo già un certo risentimento. Poi, due pensieri mi impressionarono la mente: uno era un’affermazione di Anne, buttata a caso, che c’era qualche possibilità che ci ritrovassimo tutti insieme, io, lei, la signora’ e Albert. E un altro, che mi colpì stringendomi il cuore mentre, teneramente, pensavo ai nostri momenti d’amore nel chiuso della nostra stanza: che in quei due giorni non avevo neanche rivolto una preghiera alla Santa Vergine! La mia coscienza sembrava non considerare più come peccato quella nostra relazione, e non mi richiamava più ai doveri di peccatrice, ogni qualvolta accadeva di commetterne uno, ad emendarmi con la preghiera. Consapevole che ciò non fosse altro che superbia da parte Sua, e quindi un ulteriore peccato nei confronti degli insegnamenti del Signore, in treno, rincantucciandomi nel mio angolo, incominciai a pregare anche per me, per Anne e per la superbia della mia coscienza.
Finalmente arrivai alla residenza dei Legàrd. La mia schiena non c’è la faceva più, e neanch’io. Mentre il cameriere portava su la mia valigia, la cameriera mi disse che avrebbe riferito alla signora che ero arrivata perché aveva avvisato di avvertirla non appena fossi giunta. Accennai, e mi diressi verso la mia stanza. Mi ero tolta il cappellino e stavo mettendo a posto la mia roba nell’armadio, quando sentii aprirsi la porta. Era la signora.
– Ben tornata, mia cara. Sono felicissima che tu sia qui finalmente. Sapessi quanto mi sono annoiata qui, tutta sola’ – disse, avvicinandosi a me sorridente.
– Vostro marito’
Ma non ebbi tempo di dire altro perché mi abbracciò e prese a darmi piccoli bacetti sulle labbra e sul viso.
– Finalmente! Non vedevo l’ora. Ti trovo magnifica! E’ colpa di Parigi o’ di Anne? – mi chiese, dopo aver staccato le sue labbra e accarezzandomi il volto dolcemente.
– Un po’ tutti e due. – dissi.
Avrei voluto che mi lasciasse un po’ di tempo prima di aggredirmi con la sua passione. Il dolce ricordo di Anne era ancora troppo intenso per far si che mi lasciassi andare a soddisfare le sue voglie. D’altra parte, capivo la sua frustrazione, e non volevo assolutamente aggiungerne ancora. Ma, fortunatamente, la signora sembrò intuire tutto questo.
– Jean, non è ancora arrivato! – disse allontanandosi, senza lasciarmi le mani tese – Hai tutto il tempo per sistemarti. Ti aspetterò giù’ così mi racconterai come hai passato questi due magnifici giorni. Sei bellissima!
– Grazie. – risposi grata.
Poi si voltò e uscì lasciandomi a sistemare la mia roba.

Quando scesi giù ero più rinfrancata ed allegra. Trovai la signora che leggeva un libro e aspettai sulla soglia che mi invitasse ad entrare, cosa che fece non appena mi vide.
– Cosa leggevate? – chiesi, vedendola che deponeva il libro sul tavolino.
– Lucrezio’ De rerum naturae’
– Molto istruttivo. – dissi.
– Si. Ma è di una noia mortale. Non c’è passione! Almeno non come la intendo io.
– Già’ immagino. – risposi.
– Di questo ne sono sicura’! Di certo avrete passato un fine settimana stupendo tu ed Anne!
– Si. Siamo state in giro per Parigi!
La signora rimase un attimo a fissarmi, come delusa dalla mia risposta.
– E’ siete state in giro per tutto il tempo? – tornò a domandarmi – Sarete pur tornate a casa’ per mangiare, per’ dormire’! O non avete dormito affatto?
– Diciamo che lo abbiamo fatto nei ritagli di tempo. – risposi, tenendola ancora sulla corda.
– E per tutto l’altro tempo, oltre ad andare in giro, cosa avete fatto?
– Lo sapevate che Anne ha conosciuto un uomo? – le domandai per sviare il discorso.
– Un’ uomo’?! Ma’ è fantastico, non trovi?
La signora mi pose questa domanda mentre sul suo viso si leggeva gioia per Anne e eccitazione perché, finalmente, avrebbe avuto qualcosa su cui discutere e arzigogolare con la mente.
– E dimmi’ è un bell’uomo?
– Per la verità dovreste dirlo voi a me se è un bell’uomo, visto che io non lo conosco! – risposi secca e ironica.
– Lo conosco’??!
– Già’
– Come si chiama? – mi chiese rapida in tono teso.
– Conosco solo il nome: Alain!
– Alain! Ma certo che lo conosco! E che uomo mia cara’ alto, virile, bello e ‘ duro! In tutti i sensi! – esclamò la signora fissandomi con uno sguardo che sottintendeva molte cose e tutte scabrose.
Arrossii. Per fortuna sentimmo che arrivava una carrozza’, quella di Jean, e mi sentii salva!
Quando Jean entrò nella stanza sentimmo entrambe il suo sguardo che si fissava su di noi. I suoi occhi vagavano sulla solita abbondante scollatura del vestito della sua matrigna, intimamente compiaciuta di quell’adorazione, e poi si posavano un po’ delusi sui miei seni al coperto. Non so se intuì qualcosa dal mio sguardo, fatto sta che mi guardò con uno sguardo benevolo per quello che doveva aver intuito.
– Come è andato questo fine settimana? – chiese la signora facendo finta di ignorare la direzione dei suoi occhi.
Jean venne a sedersi in mezzo a noi e io mi spostai per fargli posto. Quando si fu seduto, guardandoci con un sorriso:
– Tutto sommato’ non sono dispiaciuto di aver passato un fine settimana noioso come nessun altro, se al ritorno ho trovato un così magnifico benvenuto! – disse guardandoci entrambe negli occhi.
– Ma come sei galante?! Non è vero, Lisette? Non ti pare che questo discoletto’
– Madre’! Non sono un bambino! Ho ben 15 anni! Quando la smetterete di considerarmi un discoletto, come voi dite’! – si arrabbiò Jean, alzandosi dal divano, alle parole della sua signora madre – Perdonatemi’ – disse ancora, e si allontanò.
– Ma’ Jean’!! – le gridò la signora da dietro senza alzarsi.
Ma Jean era già uscito dal salone e si stava dirigendo verso la sua stanza a passo veloce.
– Che adorabile ometto! – esclamò, con orgoglio, la signora quando fu abbastanza distante da non poterla udire – Non trovi che sia già maturo per la sua età?
La signora mi fissava, ma io non le risposi perché sapevo già che tipo di risposta si aspettava da me.
– Lisette’!! – mi disse, guardandomi fissa e avvicinandosi – Non so per quanto tempo potrò resistere prima di saltargli addosso’ spogliarlo, toccarlo, baciarlo, leccarlo da capo a piedi, farmi leccare e’
Di colpo, me la ritrovai addosso che mi baciava palpandomi dappertutto da sopra il vestito. I suoi baci erano pieni di passione, una passione che avrebbe voluto riversare sul suo Jean ma che, in mancanza, sfogava su di me. I suoi sensi l’avevano completamente travolta, e ritenni mio dovere, visto che se non altro avevo conservato maggior giudizio di lei, fermarla.
– Signora’ si calmi, la prego’ la servitù’ potrebbero vederci!
L’accenno a questo fatto sembrò calmarla, ma era solo calma apparente, perché dentro di lei ardeva già un fuoco che aveva covato nel seno per tutto il fine settimana e che, adesso, al primo soffio di vento, la sola presenza di Jean, aveva scatenato.
– Hai ragione’ scusami! Ma sento che sto impazzendo! Avessi almeno un uomo al mio fianco che mi aiutasse a’ a’ sfogarmi in qualche modo! Ma non c’è nessuno! Oh, ci sei tu, ma non è la stessa cosa, mia cara Lisette! Ci sono momenti in cui solo un uomo può darti ciò di cui hai bisogno’ Scusatemi, mia cara!
Si alzò e uscì pure lei. Rimasi sola. Le parole della signora giravano nella mia mente come un mulinello’ Ci sono momenti in cui solo un uomo può darti ciò di cui hai bisogno’! E’ mai possibile questo? Cosa c’è che un uomo può darti che una donna non possa concedere! La mia mente non voleva accettare questo, ma ormai sentivo che anche io, fosse soltanto per il fatto che mi piaceva guardare Jean mentre si masturbava, anch’io sentivo che un uomo poteva dare qualcosa che sicuramente nessuna donna poteva dare ad un’altra. Pensando a ciò, la mia mente corse subito ad Anne’ e poi ad Alain, il suo uomo! Poi pensai alla signora’ e a Jean, quello che lei desiderava diventasse il suo uomo, fosse anche per una sola volta! E ancora a Jean, che sicuramente non avrebbe per nulla disprezzato diventare uomo con la sua matrigna! Questi pensieri turbinavano nella mia mente, mentre camminavo su per le scale senza quasi rendermene conto. Passai davanti alla camera della signora, mi fermai davanti alla porta, alzai la mano per afferrare la maniglia’ ma mi fermai. Forse voleva restare sola! Il mio sguardo, allora, si volse in direzione della porta di quella che era la stanza di Jean. Fissavo quella porta e mi sentivo attratta da essa, come se mi stesse chiamando a violarla. Non so per quanto tempo rimasi a fissarla, ma ad un tratto sentii che dovevo accettare la sfida. Mi incamminai in quella direzione, sentendomi sempre più forte per quella vittoria che era mia poiché ero arrivata davanti ad essa. I miei occhi si fissarono sulla maniglia e sul buco sotto di essa. Tenendoli incollati su di esso, mi piegai. Quando fui inginocchiata, non persi tempo, e avvicinai l’occhio al buco, ma lo allontanai di scatto. Quello che vedevo mi aveva scosso! Anche lui sapeva! La consapevolezza di ciò stava sommergendo i miei pensieri per tutte le implicazioni che da ciò derivavano. Mi alzai e, facendo un respiro profondo, evitando di pensare il più possibile a ciò che mi accingevo a fare, bussai alla porta. Subito venne un rumore netto, come qualcosa che veniva chiusa.
– Chi è?! – chiese Jean.
Sentivo una nota tremula nella sua voce.
– Sono io’ Lisette! – risposi, dopo un profondo respiro.
– Co’ cosa’ un attimo e sono subito da voi!
Sentii altri rumori e poi’ la porta si aprì.
– Posso entrare? – chiesi subito per evitare di essere messa alla porta.
Jean rimase a guardarmi perplesso e agitato.
– Ma’ cer’ certamente! – rispose, facendosi da parte.
Nella sua mente, lo vedevo, stavano balenando mille pensieri, allo stesso modo come la mia non ne cavava uno. Avevo bussato ed ero entrata in quel suo santuario spinta dalle emozioni, ed ora stavo sforzandomi in tutti i modi di essere razionale e dare a lui un motivo plausibile della mia visita mentre lui era lì, davanti a me, che mi fissava più confuso che mai.
– Ti’ ti piaccio’??! – gli chiesi, diretta, col cuore in gola.
Il mio respiro si era fatto pesante. Sentivo il mio cuore battere all’impazzata, e il mio petto alzarsi e sollevarsi come se avessi fatto uno sforzo bestiale, e invece avevo fatto solo una semplice domanda! Jean mi fissava sempre più sbigottito, inghiottendo saliva, e allontanandosi da quella donna che, riusciva ad intuire inconsapevolmente, lo stava insidiando. Non gli era certamente mai capitata una cosa del genere, come non era capitata neanche a me! Eravamo come il Lupo e Cappuccetto rosso, soltanto che il Lupo ero IO! e Jean era Cappuccetto rosso! E, mi rendevo conto, quella parte mi piaceva! Mi faceva tenerezza quel suo sguardo smarrito, diverso da quello che aveva mostrato quando era arrivato, fissandolo sulle parti evidenti che più lo attiravano della sua matrigna. Ma ora aveva me, davanti! Forse non ero bella ed eccitante come lei, ma senza dubbio gli piacevo.
– Ti ho fatto una domanda? – chiese ancora il Lupo.
– Fo’ forse non vi sen’ sentite bene, signorina! Chiamo la cameriera’!
– Non lo fare! Ti ho solo chiesto se ti piace il mio corpo?! – disse duramente il Lupo che adesso si sentiva gelosa e dura, come se la sua titubanza fosse la dimostrazione della sua supposizione, che cioè il suo corpo non era bello come quello della sua signora madre.
– Il vos’ il vostro corpo? Ma’ signorina, come volete che sappia co’ com’è il vostro corpo? – disse Cappuccetto, tentando di fare l’ironico.
– Non fare il furbo con me’! – disse il Lupo, in tono ora carezzevole – So benissimo che mi hai vista nuda!
– Coossaaa’??!! io’ io’ no’ mai’ lo giuro!
– Non devi mentire con me, non c’è ne bisogno! – riprese il Lupo, dolcemente, giocando con lui.
Lo vedevo smarrito, confuso. Nei suoi occhi leggevo i suoi sensi di colpa per quello che aveva fatto alla sua istitutrice, ma vedevo anche un’altra luce, che mi diceva che era contento che Io lo sapessi. Ora non c’erano segreti tra di noi! E anche il Lupo si accorse di essere contento di ciò. Anzi. Ora volevo che lui mi mostrasse come aveva fatto ad arrivare a ciò. Immaginavo che, alla fine, sarebbe stato ancora più smarrito e confuso, e quindi più docile e’ più tenero!
– Avanti! Mostrami come hai fatto! Non aver timore, non ti mangerò! – gli disse il Lupo avvicinandosi e accarezzandolo.
Jean sentì quelle dita sulla guancia, sugli occhi, sulle labbra e poi’ poi vide il volto della sua istitutrice abbassarsi sul suo e, infine, sentì le sue labbra. Il suo cuore parve esplodergli e qualcosa tendersi nei pantaloni.
Mi era piaciuto sentire la sua pelle sotto le mie dita. Le sue guance rosse e con un accenno di barba. Avevo posato le mie dita sulle sue labbra semi aperte e avevo sentito il loro calore’ e non avevo resistito. Avevo posato le mie labbra sulle sue, ma in quel momento non avrei potuto dire chi era il Lupo e chi Cappuccetto rosso.
– Fidati di me! Fammi vedere! – disse ancora il Lupo.
Dopo aver inghiottito, e fissatami ancora per qualche attimo, si volse verso l’armadio, l’aprì e allungò la mano verso un angolo di esso. Sentii lo scatto ormai famigliare e la parete si aprì.
– Entra’ io ti seguo!
Jean si girò ed entrò nel pertugio mettendosi a camminare nel cunicolo. Sentivo l’odore di chiuso e l’umidità divenute quasi famigliari, tanto che non facevano più quasi effetto su di me. C’era solo la consapevolezza di avere davanti a me un piccolo uomo che mi aveva spiata chissà quante volte e che, magari, si era toccato decine’ centinaia’ migliaia!, esagerai esaltandomi al solo pensiero, nel vedere il corpo nudo della sua istitutrice.
Finalmente, Jean si fermò. Alzò il braccio e tirò un pezzo di muro. Mi sporsi verso quel buco e vidi che era in direzione del mio letto, ma permetteva di vedere anche parte della stanza, compresa la specchiera.
– Allora, è da qui che mi hai spiato?
– Si’ – ammise Jean, abbassando il capo il cui volto immaginai rosso di vergogna.
Subito mi venne in mente che era un bravo figliolo’ che riconosceva i suoi peccati’ e la mia mente lo immaginò pronto a pagare per quei peccati mentre era inginocchiato, allo stesso modo in cui mi mettevo io a pregare per il peccato appena commesso. Questo pensiero lo rese ancora più vicino al mio cuore’ perché già al mio corpo lo era, visto le ristrettezze di quei corridoi che facevano si che i nostri corpi si toccassero.
– Mi’ hai vista’ nuda? Senza vestiti? – mi spinsi a chiedergli con apprensione e una certa eccitazione nell’attendere la sua risposta positiva.
Attese qualche attimo prima di darmi la risposta che avevo già immaginato.
– In effetti’ si può dire che’ si’ vi ho vista’ nuda’ tutta’ – disse balbettando e volgendo la testa verso il corridoio buio.
Io mi sentivo’ non so più neanche io come mi sentivo’ fatto sta che quel piccolo tesoro mi faceva ancora tanta tenerezza e, in quel momento, mi eccitava come nessun uomo mi aveva eccitata fino ad ora. Ora capivo la passione disperata della signora per quel suo pargolo, e la sentii ancora più vicina a me, come quel corpo a cui adesso mi stavo avvicinando sempre di più. Sapevo che non dovevo farlo, che questo era contrario ai doveri di una istitutrice, e a tutti gli insegnamenti che mi avevano impartito’ Signore, aiutami TU perché io non c’è la faccio più a resistere a questa tentazione’ NON RESISTO AL MALIGNO’!! NO! NO! Cosa dico!? Lui non può essere il maligno! E’ così bello, tenero, dolce’ così confuso’ che ha bisogno che qualcuno gli indichi la strada. Ebbene, chi meglio della sua insegnante può farlo! Si! E’ compito mio EDUCARLO! e metterlo sulla retta via, affinché con la sua dolcezza, con la sua tenerezza, possa dispensare amore a tutti coloro che vorranno coglierlo.
Il mio corpo ora stava quasi addosso al suo.
– E’ ti è piaciuto’ quello che hai visto’? ‘ chiese il Lupo col fiato grosso.
Lui volse lo sguardo verso di me e fissò i suoi occhi intensi nei miei. In essi vedevo la passione e’ l’amore’ si’ vi leggevo anche amore verso la donna che stava fissando’ e quella donna ero io! Si! Era innamorato di me! Ad un tratto capii, in parte, ciò che Anne mi aveva raccontato riguardo all’attrazione verso gli uomini. Era diverso da quello che provavo nei confronti di Anne e della signora. C’era qualcosa che ancora non riuscivo a decifrare ma che sentivo esistere, come sentivo ora l’attrazione verso il suo corpo tenero come lui.
– Ss’ si’ mo’ molto’
A quelle parole non riuscii più a frenare i miei impulsi. Cosa che non avrei neanche immaginato riuscire a fare solo pochi minuti prima, la destra, con il dorso, andò a verificare in quella zona che avevo già visto nuda, e constatai che’ Jean era eccitato.
Pensai, mentre Jean si addossava ancora di più alla parete come per sfuggire a quella mano che ora lo tastava spudoratamente, laggiù in basso, che forse non si era toccato in questi giorni’ quindi doveva essere molto eccitato e’ teso lo era, lo sentivo! ma sicuramente doveva avere una carica simile a quella che avevo io quando avevo lasciato la sua casa per andare a Parigi e fare l’amore con Anne. Ma lui’ poveretto, non aveva nessuno con cui sfogarsi’!
– Oh, Jean’!
Pronunciai quel nome così stimolante con un mugolio, e mi addossai completamente a lui cercando con la bocca le sue labbra. Ero disperatamente eccitata ora. Le miei mani salirono ad afferrargli quel viso dolce e tenero per permettere alla mia lingua di inserirsi nella sua bocca e poter finalmente giocare con quella sua, dolce e fresca, allo stesso modo con cui solevo giocare con quella di Anne. Sentivo Jean che era ancora immobile, sicuramente colpito da quello che la sua maestra gli stava facendo, cose che nessuno gli aveva insegnato sino ad ora, ma che aveva sicuramente letto nei romanzi scandalosi che aveva in camera. Poi, come se la mia passione si fosse trasmessa a lui, lo sentii sciogliersi. Sentii le sue braccia cingermi e la sua lingua incominciare a muoversi dentro la mia bocca ripetendo, da alunno diligente, quello che la sua insegnante faceva nella sua. Era stupendo, meraviglioso! Sentivo che Jean si stava lasciando andare sempre di più ai suoi impulsi e che incominciava a prendere delle decisioni, titubanti, ma chiare. Le sue mani, infatti, si erano portate sul davanti e cercavano di aprire i bottoni della mia veste per poter arrivare ai miei seni. Le mie mani, con più abilità, aprirono per lui quei pochi bottoni, così che lui poté dapprima infilare una mano nel loro solco e poi, constatato quanto fossero morbide e arrendevoli alle sue palpazioni, infilò anche l’altra mano, prendendo a giocare con esse e dandomi altri brividi di piacere. Continuammo in quei giochi non so per quanto tempo. Jean, sempre con le mani sui miei seni, da cui pareva non volersi staccare per nulla al mondo, continuava a baciarmi con sempre più abilità, ma io sentivo di aver bisogno, ora, di qualcos’altro. Così, con la destra scesi verso il basso a tastare ancora quel virgulto rigido. Ma mentre lo accarezzavo e lo baciavo, la parte della mia mente, più maligna e calcolatrice, mi suggerì che: se Jean aveva visto me, nuda, sicuramente non aveva trascurato di ammirare la sua matrigna, verso cui nutriva un’attrazione innegabile. Mi resi conto che questi pensieri mi avevano colpita ed eccitata a dismisura. Mi staccai da Jean, lasciandolo confuso e addolorato, come se avessi tolto il seno da cui suggeva il latte ad un bimbo affamato.
– Se conosci questi nascondigli segreti’ e se hai spiato me, sicuramente non avrai perduto l’occasione di spiare la tua matrigna’ – dissi con affanno.
Jean rimase ammutolito, e lo vidi inghiottire più volte a vuoto. Quel silenzio equivaleva ad una ammissione di colpa.
– Conducimi da lei’ avanti! Su. Cammina davanti a me.
Jean non disse nulla e, sempre in silenzio e sconfortato, si incamminò sicuro per quei bui corridoi.
Finalmente si fermò.
– E’ qui?! – chiesi, piano.
Lui non rispose, ma lo vidi accennare. Poi alzò la mano e, lentamente, tirò un pezzo di muro. La luce della stanza accecò i nostri occhi abituati al buio, e li socchiudemmo entrambi. Poi, una volta abituati, li riaprimmo. Ero indecisa, non sapevo cosa fare. Jean era al mio fianco. Gli strinsi la destra, e presa una decisione, mi avvicinai al piccolo foro. Quello che vidi mi portò a stringere ancora più forte la mano di Jean con il risultato che mi chiese il perché di quella stretta. La risposta era semplice. La signora era stesa sul letto e, con la gonna e tutte le sotto’gonne sollevate, a gambe larghe, si stava dando quel piacere che tutti sembrava volessero negarle. Vedevo le sue mani che aprivano quella fica incandescente, mentre le sue dita, che non si perdevano in chiacchiere di sorta, si infilavano sicure in quel foro per sentirne il calore e per far sentire alla loro padrona che c’erano sempre loro che potevano donarle quel piacere che tanto bramava. La signora si muoveva sul letto gemendo. Ogni tanto vi erano delle piccole scosse che la facevano gridare un po’ più intensamente e che a me procuravano altri brividi. Dovevano essere familiari anche a Jean, per averli sentiti altre volte, perché subito si avvicinò alla fenditura per cercar di vedere quella donna stupenda che era la sua matrigna e su cui faceva tanti pensieri indecenti ogni qualvolta la passione lo chiamava a spegnere quel fuoco che lo incendiava. Eravamo in due a spiare il lubrico e intenso piacere della signora. Eravamo in due ad osservare il movimenti lascivi delle sue anche, che sembravano voler mostrare a quei nascosti spettatori quanta gioia fossero in grado di donare quelle cosce nel momento in cui avessero avuto dei fianchi da stringere’ o quanto calore irradiava quel rosso taglio incandescente, che avrebbe potuto sciogliere qualsiasi cosa dentro di se, dando, di ritorno, come ricompensa, un piacere non inferiore al sacrificio. Mentre eravamo lì ad osservare la contessa, e io rinchiusa in questi pensieri, sentii un rumore ritmico in basso. Staccando gli occhi dalla fenditura della contessa, mi accorsi che Jean, con l’altra mano, si stava accarezzando la patta da sopra.
– Povero piccolo!! – pensai teneramente.
Poi, la mia mente, con altrettanta tenerezza, immaginò il suo tenero virgulto, così come me lo ricordavo per averlo visto quando si masturbava nel silenzio della sua camera, e un lampo improvviso mi attraversò la mente. Pensai a Leonarde, il giardiniere del nostro convento, e di riflesso al suo gigantesco cazzo, che noi chiamavamo ‘stanga’. Lo paragonai a quello di Jean e, con un sospiro di sollievo, mi inginocchiai in quell’angusto spazio e mi posi davanti alla sua patta. Jean non sembrava essersi accorto di nulla: fissava imbambolato lo stupendo quadro che la sua matrigna sembrava aver preparato solo per lui. Avrei voluto rimanere anch’io a fissarlo, ma ora c’era qualcos’altro che mi attirava di più. Tenevo gli occhi spalancati e fissi su quella mano che si muoveva circolarmente e che, ogni tanto, si serrava, da sopra i pantaloni, su quella protuberanza a stringerla. In quei momenti vedevo il bacino di Jean sollevarsi verso la mia bocca. Mi parve che quello fosse un segno del’ destino?! Si, era un segno del destino! Non poteva essere altro! Come imbambolata, mossi le mani verso quella protuberanza. Non appena Jean sentì le mie mani, si allontanò di scatto, andando a sbattere contro il muro. Poi, come ricordando, e dopo aver abbassato gli occhi e constatato che con lui c’era solo la sua istitutrice, rinfrancato ed eccitato per quella posizione insolita che avevo assunto, si staccò dal muro avvicinando il suo bacino fin sul mio volto. Il mio respiro era ansante almeno quanto quello che sentivo essere della signora che Jean aveva ripreso a guardare. Inghiottendo, mossi le mani e incominciai a slacciare i bottoni. Manovravo nel buio, aiutandomi col tatto, dirigendomi dove sentivo il calore essere più intenso e dove lo sentivo’ più duro! Finalmente le mie mani vennero a contatto con della pelle. Mi sembrò di essere scossa come lo era stato Jean, che aveva dato un colpo col bacino verso il mio volto. Capii che quella cosa circolare e oblunga, calda, morbida’ non poteva essere altro che il tenero cazzo di Jean! Alla fine, togliendo quell’ultimo baluardo della sua camicia, riuscii a vedere, alla tenue luce della fessura, la sagoma del suo cazzo. Lo sentivo caldo, vibrante, palpitante, le cui contrazioni sembravano essere in sincronia con quelle della mia bagnatissima fessura. Nella mia mente, sconvolta, desiderai che qualcuno facesse a me quello che io stavo facendo a Jean’! E chi potevo desiderare di più? Chi poteva essere più adatto a questo se non lo splendido uomo che avevo davanti! Subito nella mia mente mi immaginai distesa a tavola, mentre Jean, seduto, si chinava per pranzare, leccando tutto quello che riusciva ad asportare dalla mia fessura bagnatissima che colava godimento nella sua bocca. Cercando di emulare quello che Jean faceva nei miei pensieri, aprii la bocca imboccando quello splendido boccone. Dovetti agire con troppa intensità, perché sentii Jean mugolare trattenendosi e premendo le mani sulla mia fronte. Istintivamente, pensando di avergli fatto male, come in effetti gliene avevo fatto, allentai la presa dei denti con soddisfazione di Jean. Ripresi a succhiare con più delicatezza, godendo delle vibrazioni accondiscendenti del suo organo e delle stimolazioni della mia fica ormai incandescente. Mi veniva sempre più facile gestire il cazzo di Jean senza procurargli per questo dolore, anzi!, Jean sembrava apprezzarlo sempre di più. Fu così che, ad un certo punto, sentii Jean che si afferrava con forza la testa, il suo bacino tendersi verso il mio volto, mentre la sua asta si infilava ancor più nella mia bocca. La sentii vibrare e poi, di colpo, una sostanza calda e appiccicosa mi si rovesciò in bocca! Jean aveva goduto per la prima volta nella bocca di una donna! E io, per la prima volta, avevo ricevuto in bocca il godimento di un uomo! Quel pensiero, unito ai gemiti della signora, che sentivo provenire dall’apertura, fecero si che ne fossi stimolata a tal punto che godetti senza che ci fosse bisogno che mi toccassi.
Così ci ritrovammo in tre ad aver goduto approfittando consapevolmente, o inconsapevolmente, di ognuno di noi.
– Che cosa bella il sesso!! – mi ritrovai a pensare mentre stringevo ancora in mano il cazzo semirigido di Jean e assaporavo il suo sapore.
Pur nell’obnubilamento dei sensi, sentivo che la mia coscienza non inveiva contro di me e contro le mie azioni. Sentivo solo un grande e dolce torpore, che mi avvolgeva come in un sogno bellissimo, in cui era vietato entrare ai sensi di colpa. Aprendo gli occhi, e constatando quanto mi sentissi felice ed allegra, mi alzai e abbracciai fortemente un Jean incredulo ma decisamente grato a quella che era la sua istitutrice. Con l’animo finalmente in pace, feci segno a Jean di avviarsi verso l’uscita da quei corridoi.
Continua’
Lisette Folain

Per commenti ‘ meliseide@gmail.com

Quella sera, quando la signora mi incontrò di nuovo, si rallegrò con me di quella nuova luce che trovava sul mio volto, che lo rendeva di una bellezza più leggiadra, disse. Se non sapessi che aveva già goduto con le sue dita, avrei pensato che fossero delle avance, anche per la leggera carezza che mi fece. Comunque, non ci feci molto caso: tutto mi sembrava allegro e spensierato. A cena mi ritrovai a rispondere allegramente a tutte le facezie che Jean e la signora si scambiavano, mentre i nostri occhi si cercavano ricordando ad ognuno cose che, immaginava, l’altro o l’altra non sapesse. C’era, quindi, anche quell’atmosfera di complicità che ci portava a comportarci in modo del tutto diverso dagli altri giorni. O, almeno, a me così sembrava. Ad un certo punto, colsi lo sguardo della signora che si era fissato su Jean, senza che lui se ne avvedesse, dato che aveva preso a fissare me. Mi sembrò che la signora avesse intuito qualcosa, e infatti, dopo che avemmo finito di cenare, la signora mi si avvicinò e mi disse che voleva parlarmi da sola, quando tutti fossero andati a letto.
A sera inoltrata mi diressi verso la sua camera. Bussai e la sentii invitarmi ad entrare.
– Volevate parlarmi? – chiesi, facendo un leggero inchino.
– Si. – disse la signora dopo essere rimasta a fissarmi per un po’ – Avrei detto che a tavola ci fosse qualcosa di diverso sia in te che in Jean? Sto forse sbagliando?
– Non perdete certo tempo in chiacchiere. – mi dissi allegramente senza perdermi d’animo – Ecco’ vedete madame’ si può dire che davanti a voi avete un’altra Lisette. Una giovine rimessa a nuovo e’ con sua somma soddisfazione, anche. – risposi enigmaticamente, fissandola negli occhi.
– E’ in tutto questo’ c’entra in qualche modo anche il mio figliolo?
– Si. In un certo senso, si! – risposi subito, mantenendo lo stesso tono gioviale.
La signora si alzò dalla sedia dove fino ad ora era rimasta seduta e mi si avvicinò. I suoi occhi erano aperti e mi fissavano quasi a voler leggere nei miei cosa le nascondessi.
– Non’ Non avrai mica’ – la sentii dire angosciata per quel terribile presentimento che sembrava averla presa.
– No! Non abbiate timore! – la rassicurai, intuendo ciò che intendeva – Jean’ è tutto vostro!
A quelle parole la signora sembrò vacillare.
– Come’ cosa intendete’ non capisco’!!
– Ma’ è tutto molto semplice. Voi desiderate Jean’ e lui è fortemente attratto da voi! Cosa c’è da capire? – mi meravigliai a dire senza il pur minimo senso di colpa per quelle parole.
– Oh, mio dio’! Sono senza parole! Come lo sapete? Ve l’ha detto lui?
– Si’ In un certo senso’
– E voi gli avete detto’ di’ – balbettò incurante delle mie parole oscure.
– Non preoccupatevi, non gli ho detto nulla! Di questo vostro sentimento ne siamo al corrente solo voi ed io!
– Oh, grazie a dio! Mi sento un po’ meglio! Ma’ rimane il fatto che’
– Non abbiate timore. Troverò io il modo per esaudire i vostri desideri e venire incontro alle vostre voglie. Voi, domani, fate in modo di essere vestita in maniera sfolgorante! Indossate il vostro abito più bello e gli indumenti intimi più fini e maliziosi che possedete, poiché da domani inizierà il cammino che porterà Jean fra le vostre braccia e… qualcos’altro fra le vostre splendide cosce. – terminai sfacciatamente e prendendo ad accarezzarla in modo altrettanto spudorato.
SI! Avevo preso ad accarezzarla! Quando mai mi sarei permessa di fare ciò se non fossero avvenuti quegli accadimenti illuminanti nei bui corridoi del piacere, come avevo battezzato i cunicoli.
– Davvero, mia cara? Ohooo… – mugolò Juliette meravigliata per le mie parole, i miei atteggiamenti e, soprattutto, sentendo le mie dita che, dopo aver sollevato le sue sottane, giocavano con la sua fica – Se voi sare… sarete in grado di darmi ciò che desiderooooHHoooooommm…. avete delle dita magiche mia cara, e la vostra bocca sui miei capezzoli è elettrizzante ahhoomm… se riuscirete a darmi ciò che più desidero’ vi darò tutto quello che desiderate’ eeeaahhahahmmm’ – terminò la signora arrivando al godimento per mezzo soltanto delle mani e della mia bocca.

L’indomani, eravamo tutti intorno al tavolo a fare la colazione: la signora, io, e Jean.
– Dormito bene? – chiese la signora a Jean, sorridendogli e con un tono che a me sembrava rivelare come la signora avesse passato una notte non molto tranquilla.
– Oh’ si, grazie’ – rispose Jean.
Mentre mangiavamo, io lo guardavo di nascosto, sorridendo dentro di me. Il ragazzo, non visto, fissava la signora con sguardo ammirato.
A tal proposito c’è da dire che ne aveva ben donde. Jean era rimasto stupefatto dalla particolare bellezza e dalla squisita eleganza che la sua signora madre ostentava con nonchalance quella mattina. Non che gli altri giorni non fosse elegante, no! Ma quella mattina c’era qualcosa in più che lo aveva affascinato sin da quando l’aveva vista scendere le scale e’ subito gli era tornato alla mente il sogno di quella notte. Un sogno strano, in cui lui era un bambino di circa 8-9 anni ma, stranamente, i suoi pensieri erano quelli di un adulto di ben quindici, e si apprestava a fare il bagnetto. La cosa ancora più strana era che non era la sua governante, come al solito, a farle il bagnetto’ ma Lei! La sua Signora Madre! La cosa ancora più strabiliante era l’abbigliamento di Lei. Era vestita soltanto di una leggera, bianca camicia da notte, ricamata e trasparente, da cui i suoi occhi intravedevano le forme delle sue spalle, dei suoi seni, dei fianchi, delle sue cosce, in mezzo alle quali si riusciva a scorgere una stimolante peluria: si riusciva a intuire la bellezza delle sue gambe, lunghe e dritte. Allo stesso modo della sua governante, lei l’aveva spogliato e, mentre lei lo spogliava, Jean aveva fatto in modo di vedere il più possibile di quel corpo meraviglioso ed enormemente attraente. Al contempo, cercava di non far notare la direzione del proprio sguardo, deviandolo ogni qualvolta gli occhi della sua matrigna si alzavano su di lui guardandolo sorridente. Erano state meravigliose le sensazioni delle mani di Lei sul suo corpo, che scherzavano con esso toccandolo dappertutto. Ma. al tempo stesso, era eccitante osservare sia quei globi che parevano occhieggiargli da dentro la leggera bianca camicia da notte, sia le sue gambe, piegate al lato della vasca, a sua diretta e libera visione, in quanto, la sua signora madre, aveva tirato su la camicia da notte nel momento in cui si era piegata a lato della vasca sedendosi sullo sgabello posto a lato. I movimenti delle sue gambe gli mostravano, adescandolo, quello che gli pareva fosse il più bel segreto di lei, di cui egli era già a conoscenza, e poi glielo sottraevano come in un gioco credule e sadico, anche se il viso, gli occhi e il sorriso di lei mostravano gioia mista a piacere. Poi aveva sentito qualcosa di strano e di piacevole, lì, vicino al basso ventre’ si era sentito forte, potente, pieno di energia, una energia che voleva venir fuori a tutti i costi. Nel sogno era una sensazione nuova e bellissima! Lui, allora, con forza e malumore aveva distolto gli occhi da lei, dal suo viso ancora sorridente, dai suoi seni, dalle sue cosce, e si era guardato in basso accorgendosi che il suo ciondolino, come gli aveva insegnato a chiamarlo la sua tata, si era allungato e ingrossato e… la mamma lo teneva nel pugno della sua destra’! E lo stringeva’! E lo allentava’! Muovendolo su e giù, donandogli sensazioni fantastiche. Era meraviglioso sentire la sua mano vellutata sul suo ciondolino, sentirne il calore, la dolcezza, la potente carica che quella mano riusciva a dargli. Poi’ era successa un’altra cosa meravigliosa. Con l’altra mano, lei si era scoperta un seno, gli aveva preso la testa e, dolcemente, l’aveva tirato verso di se, fin quando la sua bocca non era arrivata a contatto con il capezzolo che lui si era messo a succhiare come un bambino. In quello stesso momento aveva sentito la mano di Lei stringere più forte, ma con eguale dolcezza, il suo ciondolino’ e qualcosa di meraviglioso era successo! Aveva provato una sensazione sublime, qualcosa che, gli pareva, non aveva mai sentito… Si era svegliato e’ si era accorto che la sua mano, appiccicaticcia, teneva stretto il suo cazzo semi rigido.
A quel ricordo, il suo cazzo ricominciò ad indurirsi e, notando lo sguardo di Lisette e sua madre su di sé, Jean arrossì come se esse fossero a conoscenza del suo sogno e del suo stato in quel momento.

– Bene Jean… – incominciai in piedi di fronte a lui – Questa mattina incominceremo un discorso volto a farti comprendere uno dei più segreti e splendidi misteri della natura… LA FECONDAZIONE! Cosa ti hanno insegnato a tal proposito?
– Bhé… – incominciò Jean facendosi rosso in volto – mi hanno sempre parlato dell’esperimento di quell’abate’ Mendel’ dei piselli’ ma non sono mai riuscito a capire come ciò potesse avvenire nella donna… ehmm, nella natura umana…
– Questo perché – risposi conscia che quel suo lapsus intendesse molto di più di quanto volesse ammettere – non hai tutte quelle cognizioni che ti permetterebbero di applicare i principi di quell’esperimento sui piselli, sulla natura umana. Ed anche perché la natura della donna è un mistero ancora profondo, qualcosa di oscuro e al tempo stesso affascinante sia per noi donne’ ma anche per gli uomini. Per te non è così, forse? O hai già qualche idea?
Jean non rispose ma, rosso in volto, accennò più volte di no con la testa mentre mi fissava con un certo sbalordimento. Dentro di me sorrisi per il suo sbigottimento.
– Eppure… – continuai – ripeto’ la donna è uno dei misteri più affascinanti di tutto l’universo. Pensa alle sue straordinarie capacità di procreare, generare, mettere al mondo e mantenere in vita un essere così… fragile!! In tutto e per tutto dipendente da colei che lo ha messo al mondo. Fra i due si viene a stabilire un legame che nessuno può recidere. Pensa che il bambino appena nato, sa già chi è la sua mamma tramite l’olfatto, il gusto, il tatto. E’ stato dimostrato che se mettiamo due donne di fronte ad un bambino appena nato, egli sa benissimo verso quale… seno… – sottolineai guardando un Jean rosso in volto e impacciato – volgersi per succhiare il suo latte, poiché è quello il capezzolo della sua mamma. E questo succhiare, questo suggere al capezzolo della propria madre, è un legame così forte che rimane per molto tempo, anche fin dopo la pubertà. Capisci cosa voglio dire? – domandai, fermandomi davanti a lui.
Jean mi fissava a bocca aperta.
– Tu hai sentito, qualche volta, questo impulso? – chiesi piano e guardandolo in viso.
Jean chiuse la bocca e abbassò lo sguardo e gli occhi. Allora gli presi il mento con una mano e lo fissai.
– L’hai già provato, vero? Povero il mio Jean… l’hai già provato e non hai trovato nessuno che potesse soddisfarlo. Questo è male, sai? Perché ciò può creare degli scompensi psichici nella tua mente. E siccome non voglio che ciò avvenga, faremo in modo di soddisfare questo tuo desiderio!
A sentire ciò, Jean rialzò gli occhi, che aveva riabbassato, trovandosi di fronte una Lisette sorridente.
– Lascia fare a me!
Dopo aver detto questo, lo lasciai solo nella stanza e uscii. Quando tornai, con grande meraviglia ed emozione di Jean, ero in compagnia della sua signora madre.
– Prego, signora… – dissi, sorridendo prima a lei e poi a Jean.
La signora, con una meraviglia che mi pareva fosse vera, fissava ora me ora Jean.
– Volete spiegarmi per quale motivo mi avete condotto in questa stanza? – chiese volgendosi verso di me dopo aver rivolto un sorriso ad un Jean semi sconvolto.
– Signora, – ripresi con grande serietà – vi ho condotto in questa stanza con la speranza che voi possiate, con la vostra generosità di madre, soddisfare un bisogno psicologico di questo essere ancora fragile e che, proprio perché tale, estremamente bisognoso.
– Mia cara, mi preoccupate! State parlando del mio adorato figlio? Oh, non avete che da parlare, per lui farei qualsiasi cosa! – disse la signora guardando con occhi brillanti un adorante Jean.
– Si, mia signora, mi riferivo proprio a lui. Vedete, la sua madre… naturale… lo ha lasciato ancora piccolo e bisognoso di quel particolare legame fatto di stimolazioni tattili e psichici di cui i bambini hanno bisogno enormemente, e senza i quali vi è la possibilità di incorrere in deviazioni psichiche che potrebbero portare il piccolo anche alla pazzia…
La signora non mi fece terminare che, con atteggiamento apprensivo, corse verso il tavolo dove era seduto Jean e, prendendogli la testa, se la portò al petto.
– Non sia mai che ciò accada al mio Jean! – disse accarezzando la testa del figlio.
Dopo di ciò, un silenzio intenso cadde nella stanza.
Jean era sconvolto. La sua guancia era posta sulla parte scoperta del petto della sua signora madre, petto di cui sentiva il gonfiore, il calore, la morbidezza. I suoi occhi erano attirati da quel solco che lo divideva in due sfere perfettissime, le sue narici si nutrivano del profumo della sua pelle fresca e delicata.
La signora stringeva Jean a sé, sul seno i cui capezzoli si erano irrigiditi e premevano contro il suo corpetto e di cui, quello destro, era in parallelo alla delicata bocca di Jean. Ella gli teneva la testa, cercando di muovere il suo petto in maniera che la sua guancia sfregasse su di esso traendone sensazioni deliziose che assaporava con la pelle e il cervello, mentre era ad occhi chiusi. Io osservavo quella scena mentre sentivo un eloquente formicolio di eccitazione pervadermi tutta. Sentivo i miei seni già gonfi, per cui sollevai le braccia stringendomele al petto e imprigionandoli, così che, pressati mi donavano dolcissime sensazioni che si irradiavano dai capezzoli. Mi riscossi. Non c’era tempo per indulgere, dovevo portare a termine il mio progetto.
– Signora’ – continuai riportando i due alla realtà – mi dispiace interrompere questa bellissima scena di amore materno, ma non dobbiamo dimenticare lo scopo per cui vi ho chiamata.
– Avete ragione mia cara, – incominciò guardandomi complice – ma’ vedete! è tanto l’amore che porto per Jean’ che solo il pensiero che gli accada qualcosa mi ha sconvolta.
Dopo di ciò, guardò Jean di cui aveva discosto la testa e, fissandolo negli occhi, non seppe resistere alla voglia di baciarlo. Mi sembrò che lottasse con grande forza contro questo desiderio, ma ne venne fuori perdente, e allora, con estrema lentezza, il suo volto si abbassò verso quelli di lui, e le sue labbra tremanti si appoggiarono su quelle dolci, piccole, di Jean. La tentazione a questo punto si fece ancora più intensa. Avrebbe voluto baciargli tutto il suo volto, i suoi occhi, il suo nasino, la sua bocca fresca, inserirvi la lingua, giocare con la sua, succhiarla, assaporarla, ma’ con grande sforzo, dovette staccare le sue labbra da quelle. Jean rimase con la bocca semiaperta, gli occhi adoranti, che fissavano ancora le labbra arrossate della sua signora madre.
– Bene, signora. Vedo che siete d’accordo con me sulla necessità di non lasciare insoddisfatti tali bisogni, per cui, ora precederemo a far sì che essi vengano soddisfatti.
– Dite mia cara, cosa devo fare!? – chiese in tono ansioso.
– Per prima cosa, signora, sedere su questa sedia’ – dissi indicando la sedia alla sua destra – Bene! – approvai dopo che si fu seduta – Ora potete incominciare a slacciare il vostro vestito…
– Vi chiedo di aiutarmi, mia cara, a slacciare i bottoni sulle mie spalle. – mi chiese la signora senza porre alcuna domanda ma prendendo ad eseguire i miei ordini immediatamente.
– Ma certo, signora. – risposi subito.
Dopo averle slacciato i bottoni, ritornai al mio posto di fronte ad ella.
La signora guardò me e poi Jean, i cui occhi erano fissi sul petto sporgente di lei, e ad un cenno della mia testa, incominciò a slacciare la parte superiore del suo vestito. Nella stanza regnava il silenzio, rotto solo dal respiro affrettato di Jean e dal rumore del tessuto del vestito della sua signora madre che teneva ancora imprigionati i suoi seni. Gli occhi di lei erano fissi sul volto di Jean che erano concentrati su quella parte che agognava vedere e toccare intensamente. L’emozione era palpabile nell’aria. Quando le mani della signora si portarono in avanti, e presero a tirare giù il vestito, togliendo prima le braccia e allargando, così, la visione della sua scollatura, Jean incominciò a tremare.
– Vedete mia signora, trema!! Pensate a quanto è grande il suo desiderio di sentire tra le sue labbra quel capezzolo da cui suggeva’ o avrebbe voluto suggere la vita… – dissi.
Mi avvicinai a Jean e, presogli le mani, lo condussi vicino alla sua signora.
– Ora si siederà sul vostro grembo e’ così… potrà… SUCCHIARE… – dissi accentuando la parola – il vostro seno e suggere nuova vita dal vostro petto.
Jean era imbambolato. Eseguiva meccanicamente tutto ciò che gli veniva chiesto. Dopo essersi seduto sulle gambe della sua signora madre, rimase a guardare il suo petto coperto da un leggero tessuto di seta bianco. Vide le mani di lei abbassare le spalline di quell’ultimo baluardo, e lo vide cadere, lasciando così scoperti i suoi seni. La vista di quei globi emozionò sia Jean che me. Visto che lui non si decideva ad abbassare la testa, lei stessa, prendendosi con la destra il seno destro, il cui capezzolo era già grosso e ritto, e con la sinistra la testa di lui, delicatamente, la diresse verso quella parte di sé che non attendeva altro che la sua bocca. E al contatto di quella bocca con il suo capezzolo, la signora ebbe un brivido e poi un sussulto, mentre sentiva i seni ingrossarsi ancora di più e un dolce languore riempirle il basso ventre. La bocca di Jean si chiuse su di esso, facendo partire altre scariche di piacere elettrizzanti che la costrinsero a mugolare.
Jean era frastornato da quella situazione e da quelle sensazioni. Sentiva quel peduncolo nella sua bocca, e ciò lo rendeva felice. Ma c’era qualcos’altro! Si concentrò meglio e, si rese conto, felicemente, che ciò che era accaduto quella notte si ripeteva. Sentiva che il suo cazzo si era ingrossato ed irrigidito. Si sentiva forte, potente come nel sogno! E la sua bocca si chiuse ancora di più su quel capezzolo. Le sue mani non volevano star ferme e si mossero verso quelle protuberanze che dapprima, timoroso, toccò delicatamente, poi, rassicurato dai mugolii che gli parvero di assenso, visto che si ripetevano ogni qual volta lui le stringeva, prese a giocarci con esse.
I mugolii e i sospiri della signora madre aumentavano in frequenza ed intensità. Il suo busto prese a muoversi in maniera disordinata e, Jean, nel timore di aver procurato qualche dolore alla sua dolce signora madre, si fermò guardandola. Rimase ad ammirare, estasiato, il viso di lei, che era ora di una bellezza sconvolgente. Aveva gli occhi chiusi, ma sorrideva’ la sua bocca era aperta ad un sorriso beato.
La signora, non sentendo più la bocca di Jean su di sé, aprì gli occhi.
– Oh, mio caro Jean, perché ti sei fermato? Non ti piaceva, forse?
– No, non è questo… pensavo… pensavo di avervi procurato qualche dolore nella mia goffaggine…
– Ma che dici, mio caro, la tua bocca è dolcissima e non mi ha procurato alcun dolore, ma’ anzi, adesso che non la sento più’ mi sembra di incominciare ad avvertirlo… ooohhhooo…
Jean, nel sentire quei gemiti, si apprestò a suggere e a leccare con maggiore foga.
– Bravo, bravo il mio piccolo Jean… sull’altro ora, succhia anche l’altro, non lasciare che soffra poverino…!! – disse la signora in tono supplichevole e tenero.
E Jean, obbediente, staccò la sua bocca da quello e la posò su quell’altro. Nell’attimo in cui essa si appoggiò su quel seno, ella emise un gemito di soddisfazione.
– AAhhooomm… oohhooo’ come mi fai sentir bene, mio adorato figlio… Siiii… così, succhia, stringi con le labbra… aahhahhh… è stupendo, meraviglioso… che sensazioni paradisiache mi sai donare… ecco, si cosììì… così ancora, stringilo di più, stringi quel capezzolo… – disse la signora portando lei stessa le dita di Jean sul capezzolo del suo seno destro, libero, e stringendo tramite le sue dita.
– Ancora… ancora… ecco, ecco… stringi anche l’altro’ si, si, ‘ ooohoooo, sto… sto per… AAA’HHAA… aahahha… – mugolò la signora madre muovendosi tutta, e scompostamente, mentre portava la mano sulla bocca per contenere le sue grida – si, si, siiii, stoohhoo venennndooo… ooohhooo…
Il corpo della signora, dopo quegli ultimi piccoli sussulti, giacque immobile, soddisfatto, mentre ciò non poteva dirsi del piccolo Jean che continuava imperterrito a succhiare e a palpeggiare.
Alla fine dovetti intervenire.
– Ora basta, mio caro Jean. Non vedi che la tua signora madre è stanca? Ha fatto un grande sforzo per te, ma ora ha bisogno di riposo. – dissi, facendo sì che Jean si alzasse dalla sua posizione.
Poi, volgendomi verso la signora, che giaceva ancora scomposta e ansante e con gli occhi chiusi:
– Signora, è stanca! – le dissi quando ella aprì i suoi occhi sorridenti e soddisfatti – Sarà meglio che si vesta e vada di sopra a riposare… a Jean penserò io!
La signora, con sguardo sognante, accennò con la testa e prese a rivestirsi. Si alzò, stava per uscire quando guardò Jean, gli si avvicinò e prendendogli il volto tra le mani:
– Ti ringrazio per aver pensato a me come alla tua mamma e… ricordati… quando ne avrai bisogno io sarò sempre a tua disposizione, d’accordo?
– D’accordo, madre. – rispose Jean, allegro.
La signora gli diede un bacio sulle labbra, su cui si trattenne un po’ di più, e poi, con un respiro di soddisfazione, si diresse verso la sua stanza dopo avermi lanciato un’altro sguardo di complicità.
Quando la signora fu uscita, mi volsi verso un paonazzo ed eccitato Jean.
– Povero il mio Jean! Quante emozioni! Ma che cos’hai, mio caro? – chiesi con finto tono interrogativo avendo già notato il busto piegato di Jean e una ben nota protuberanza a livello della patta dei pantaloni.
Lentamente, pregustando ogni attimo, e sentendomi già eccitata per ciò che mi accingevo a fare, e senza sentire alcun rimorso di sorta, mi avvicinai.
– Che cosa c’è, Jean? Non vuoi dirmelo?
– Ho… Ho male qui!
– Qui? Qui dove? Indicamelo! – chiesi con malizia spudorata.
– Qui… – disse Jean portandosi ambedue le mani sulla patta e sollevando il petto e il volto a guardarmi come a una sfida.
– Oh, il mio povero piccolo Jean… quante emozioni, ma… vedo che la mia idea ha funzionato perfettamente! – dissi, dopo aver constatato con mano la consistenza del ciondolo di Jean – Oh, si, più che perfettamente… – continuai palpando.
– Ahaaa… – fece Jean con una smorfia di dolore.
– Oh, piccolo caro, ti ho fatto male? Ma non ti preoccupare, adesso te lo farò passare…
Detto questo, mi inginocchiai di nuovo come avevo fatto nel cunicolo, di fronte alla patta di Jean, e presi a slacciare tutti i bottoni. Quando i calzoni caddero giù, una protuberanza era già in bella mostra.
– Chissà come soffre il mio povero piccolo…! – feci stringendo delicatamente quel piccolo palo.
Ero ormai fuori di me.
Poi, con un movimento risoluto, con ambedue le mani gli abbassai le mutande e mi trovai di fronte un palo ben teso.
– E’ meraviglioso’ – non seppi dire altro.
Ogni volta che ne avevo avuto occasione, lo avevo visto da lontano. Nel cunicolo lo avevo avuto davanti ai miei occhi e nella mia bocca, ma a causa del buio ero riuscito a distinguerne solo la sagoma, ma ora lo vedevo chiaramente in tutta la sua potenza e dolcezza. Non riuscivo a resistere alla tentazione, sia perché era un cazzo di giovine bellissimo, anche se la mia esperienza era piuttosto limitata, sia perché ero troppo eccitata per ciò che era successo prima. Con un movimento deciso della testa imboccai di nuovo quel piccolo palo. Fu una sensazione ancora più esaltante perché, rispetto all’ultima volta, oltre che a sentirne l’odore, ora potevo vederne il colore, sentirne la durezza e gustarne la consistenza mentre lo assaporavo anche con la lingua e le guance. Mi accorgevo che a Jean piaceva moltissimo che io lo manovrassi con la lingua e le guance, e io gioivo per questo suo piacere, ma anche per il fatto che traevo un godimento altrettanto grande dalla sensazione che esso mi dava nel sentirlo in bocca. Mi dava la sensazione di essere una dominatrice e di poterlo manovrare come avessi voluto. Mi sentivo potente! Ma il sentirlo in bocca, comprendevo, mi spingeva a desiderarlo di averlo nella fica, dove non c’era stato mai nessun cazzo’ ma siccome aveva promesso alla sua signora madre il piccolo Jean, decisi di soddisfarmi in altro modo. Mentre Jean, ad occhi chiusi, le labbra spalancate, il respiro ansante, si godeva la mia bocca e la mia lingua, con la mano destra presi a sollevarmi la gonna e infilai le mani dentro le leggere mutandine. Introdussi agevolmente prima una e poi due dita dentro la mia fica ormai completamente bagnata. Continuando a succhiare, e muovendo le dita dentro di me, presi a mugolare accompagnata anche da quelli di Jean che era ormai allo spasimo. Mi resi conto, dai movimenti di lui, e dalle contrazioni del suo piccolo palo, che stava per godere. Mi rendevo conto di voler godere ancora insieme a lui. Presi a muovere con più forza le dita dentro di me, e quando sentii le prime vibrazioni del piccolo palo, e le prime gocce del suo succo, fui come folgorata dal quel piacere e godetti di nuovo insieme a lui.
Dopo aver goduto ogni istante di quella gioia, e succhiata ogni goccia, con un tripudio immenso mi resi conto, e dopo aver tolto le dita dalla mia fica, presi a riabbottonare i suoi pantaloni.
– Bene! Sei stato un bravo allievo… perfetto… Le nostre lezioni continueranno domani. Nel frattempo pensa a ciò che hai imparato e… provato!… Arrivederci a più tardi, Jean. – dissi congedandolo.
– Arrivederci, signorina! – mi rispose allegramente un Jean soddisfatto e con sorriso complice mentre si dirigeva verso l’uscita.
Era al settimo cielo!
Continua’
Lisette Folain

Per commenti ‘ meliseide@gmail.com Dopo che Jean fu uscito, uscii anch’io per recarmi nella camera della signora, sicura che l’avrei trovata lì. Infatti, dopo aver bussato, sentii la signora che mi invitava ad entrare come se sapesse già che sarei andata da lei. Non appena entrai fui travolta dai suoi ringraziamenti per quanto le avevo permesso di assaporare.
– Forse non dovrei ringraziare Dio per quello che è successo’ – incominciò la signora – ma non posso fare a meno di ringraziare te, mia adorata Lisette, per quello che hai permesso accadesse oggi. Hai fatto di me una donna felice come una madre, anzi’ molto di più di una madre, perché a una madre non è dato permettersi quei privilegi che Jean ha concesso oggi a me. Grazie, grazie, grazie tesoro’!!! – terminò la signora abbracciandomi.
– Di niente, signora! Ho solo cercato di venire incontro ai vostri desideri come volevate! – risposi lasciandomi abbracciare.
– Oh, si, si, siiii!!! I miei desideri!!! Sapessi quanti desideri ho in questo momento, e riguardano tutti il mio stupendo figliolo! Quel pargolo divenuto adulto e capace di amare come un uomo. Oh, sapessi qual’è il mio desiderio, Lisette!!! – disse tutto di un fiato, e con passione, la signora, lasciandomi e mettendosi a passeggiare nervosamente per la camera.
– Posso immaginarlo benissimo il vostro desiderio! – risposi – Chi non lo avrebbe con un ragazzo così dolce e tenero come Jean!
– Hai ragione, Lisette. Chi non lo avrebbe! Ma’ mi aiuterai ancora, non è vero? Dimmelo che lo farai, ti prego! – implorò la signora.
– Ho promesso che vi aiuterò e manterrò la mia promessa, solo’
– Solo’??!!!
– Dovete darmi il tempo di preparare tutto in modo adeguato.
– Si, si, certo! Naturalmente. Avrete tutto il tempo, mia cara. Solo, vi prego, fate in modo che non sia molto lontano quel giorno perché, altrimenti, credo che impazzirò!
– Farò il possibile, madame! Ora, se permettete, vorrei ritirarmi per riposarmi un poco. Sono piuttosto stanca.
– Ne avete ben donde, mia cara. Andate pure, e’ grazie ancora! – mi ringraziò la signora con lo sguardo ancora illuminato.
Io feci un inchino ed uscì.
Quando fui nella mia camera, la prima cosa che feci fu di buttarmi sul letto. Tutta quella tensione mi aveva sfinita, anche se dentro di me ero piuttosto sollevata. Il mio sguardo cadde sulla immagine della Santa Vergine. In un altro momento, quel suo volto puro, che mi pareva diventasse pieno di sofferenza ogni volta che commettevo qualche peccato, mi avrebbe fatto precipitare in uno stato di profonda prostrazione, ma non in quel momento! No! Mi sentivo come sollevata da ogni colpa. Era una colpa dare e prendere amore da chiunque fosse disposto a donartelo? Era una colpa iniziare un fanciullo alle delizie dell’amore ed evitandogli così tutti quei dubbi sulla sua liceità? Era una colpa fare in modo che guardasse alla vita con sguardo positivo, piuttosto che vedesse in ogni cosa una evidente o nascosta manifestazione del maligno? Non mi sembrava che tutto ciò equivalesse a delle colpe, per cui i miei occhi si chiusero accogliendo con gratitudine il sonno ristoratore.

La possibilità di realizzare finalmente il desiderio della signora, me lo diede due giorni dopo il marito stesso della signora. Era ritornato da Parigi, ed eravamo a tavola.
– Mia cara, ora che mi sovviene, ti ricordi di quel giovanotto, quel’ come si chiamava’?? Alain, mi pare?? Ti ricordi, cara, di quel giovanotto che incontrammo alla festa dai Gerivain’ ma si! quel sottufficiale con cui hai anche ballato’!!?
A sentire quelle parole rimanemmo di stucco entrambe. Per fortuna la signora si riprese subito.
– Intendi, forse, Alain de Sansovine, caro??!
– Esatto. Proprio lui!
– E che cosa’
– Vedi’ – iniziò il generale senza dare il tempo alla signora di formulare la domanda.
Ci sembrava alquanto frastornato. Guardò me e poi di nuovo la signora come per farle capire che si trattava di una cosa piuttosto delicata. Ma la signora non se ne diede cruccio. Visto che lei non se preoccupava, il generale continuò.
– ‘Mi ha incontrato e mi ha salutato pregandomi di porgerti i suoi omaggi, mia cara!
– Oh, grazie, tesoro.
– Come ti dicevo, mi ha incontrato e ci siamo messi a parlare. E parlando di questo e di quello’ sai com’è quando ci si trova fra uomini’ il discorso va a finire sempre su voi donne’ – riprese il generale guardandoci entrambe con sguardo ammaliatore.
– Specialmente quando ci sei tu di mezzo. – disse in tono scherzoso la signora che conosceva bene il generale, il quale le fu alquanto grato di quel sottinteso complimento fattogli dalla sua bella moglie.
– Cosa vuoi, la natura ci ha fatti così! Dunque’ come stavo dicendo, alla fine siamo finiti a parlare di donne e mi ha confidato di essere innamorato di una giovine’
Mentre il generale parlava sorridendo, e mentre i suoi pensieri riandavano ai bei tempi in cui era stato giovane anch’egli, la signora mi guardò di nuovo con sguardo sorpreso ed incuriosito, mentre non smettevamo di seguire il discorso del generale.
– ‘questa giovine, pare sia l’istitutrice della sua sorellina’ – disse il generale calcando il tono e guardandomi volutamente – e mi risulta che sia anche vostra amica, signorina Folain?!!
– Mia amica? – risposi, fingendomi sorpresa.
– Si. La signorina Anne Martinon’!
– Oh! – esclamai – Si. La conosco! Eravamo nello stesso collegio e’ abitiamo nello stesso appartamento a Parigi.
– Appunto! Proprio per questo motivo, e siccome non hanno molto tempo a disposizione, come non ne avete voi di stare insieme, mi sono permesso di invitarli per questo fine settimana qui, da noi! Ho fatto male, mie care? – chiese il generale fissandoci entrambe.
– Per niente, mio caro! Hai fatto benissimo. La signorina avrà modo di stare in compagnia della sua amica, la sua amica potrà godere della vicinanza della sua compagna di studi, nonché del suo innamorato, e noi potremo trascorrere un fine settimana in allegria. Meglio di così!
– Meno male! Pensavo di aver commesso un errore madornale! Bene! Allora vuoi occuparti tu di tutto quanto, mia cara, in modo che tutto sia in ordine per quando arriveranno?
– Non preoccuparti di nulla. Penserò a tutto io, e Lisette mi darà senz’altro una mano, vero cara?
– Naturalmente, signora! – risposi accondiscendente, intuendo il significato recondito di quel ‘mi darà senz’altro una mano”.

Finalmente, il venerdì pomeriggio arrivò la carrozza che portava con se Anne e il suo amante. Eravamo tutti fuori ad attenderli: la signora, il generale, Jean e io. Sul volto della signora intravedevo una certa eccitazione, come sul volto di Jean, ogni qualvolta che mi fissava o guardava di sfuggita, timido, la sua signora madre. Solo su quello del generale albeggiava un sereno sorriso, che si illuminò nel momento in cui si trovò di fronte la figura stupenda di Anne.
Le presentazioni avvennero in maniera impeccabile e, alla fine, dopo aver dato ordine di portare i bagagli degli ospiti nelle loro rispettive stanze, ci ritrovammo tutti quanti nel salotto.
Dopo che la signora e Anne ebbero chiacchierato per un po’ del più e del meno, come signore che si conoscessero appena, mentre il generale, in disparte con Alain, chiacchierava di argomenti militari, Anne espresse il desiderio di rinfrescarsi un po’. Ad esso si associò il sottufficiale, per cui si ritirarono nelle loro stanze.
Confesso che ero rimasto abbagliata dalla bellezza di Alain. Ma non era solo per quello. C’era in lui, oltre alla bellezza, una forza che percepivi soltanto a guardarlo negli occhi’ e gli occhi, poi! Erano di un azzurro intenso, che contrastava nettamente con i suoi capelli e baffi neri, su un volto che giudicai stupendo. Capii subito il perché la signora e Anne avevano voluto fare l’amore con lui. Quando Anne me ne aveva parlato, subito un certo rancore si era insinuato in me. Lo avevo visto come un rivale teso a rubarmi l’affetto di Anne, ma ora’ quel rancore era sparito del tutto conquistato com’ero dalla sua bellezza e dalla sua forza. Sentivo anch’io quell’attrazione, ma in me c’era ancora della titubanza. Cercai di immaginarmi mentre facevo l’amore con lui, ma la mia mente pareva rifiutarsi di accoppiarlo a me in quell’atto, anzi’ quella figura maschile veniva prontamente sostituita ogni volta da un’altra, più tenera e dolce’ Jean! Si! Solo con lui riuscivo ad immaginarmi a letto nel compiere quell’atto che ancora non avevo mai concretizzato. Decisi, seduta stante, che dopo aver permesso alla signora di raggiungere l’acme della passione con Jean, allora avrei fatto in modo di raggiungerla anch’io con il mio piccolo tesoro. Mentre pensavo tutto questo, arrivai davanti alla porta della stanza di Anne. Bussai.
– Avanti!
Aprii la porta e mi appoggiai ad essa, mentre guardavo Anne che aveva smesso di disfare la valigia e mi fissava sorridente.
– Hai visto come è stato facile portare qui Alain? – mi disse.
Io non le risposi subito, ma corsi ad abbracciarla. La tenni stretta a me per un po’. La sua vicinanza mi dava un senso di sicurezza in mezzo a quella tempesta di passioni.
– Sono felicissima che tu sia qui. – le dissi, staccandomi e fissandola in volto.
– Anch’io, tesoro.
– Ma come mai ti è venuta in mente di venire qui? Con Alain, poi?
– Ma è proprio per questo che sono voluta venire! Non capisci?! Alain mi aveva detto di aver incontrato il generale Legàrd e, ricordandomi dell’abboccamento di lui con la signora, mi sono detta: perché non farci invitare a casa sua dal generale? Io potevo stare insieme a te, a Juliette, e fare i nostri comodi’ Alain poteva stare insieme a me e’ approfittare senza problemi dell’ospitalità che la sua bella moglie non gli avrebbe certamente negato fra le sue gambe.
Anne, come seppi in seguito, non mi stava dicendo tutto. Tutto questo, in realtà, l’aveva architettato per permettere ad Alain di possedere me! Si preoccupava che all’età di diciannove anni io non avessi avuto ancora un uomo, e voleva porvi rimedio. Ne aveva parlato ad Alain, il quale non si era tirato indietro. Ma io, nella mia ingenuità, non riuscii ad immaginare una cosa del genere, tutta presa dai nuovi fatti, e impegnata com’ero a trovare il modo di far arrivare la signora a possedere e a farsi possedere da Jean’ perché, mi ero detta, tutto doveva avvenire durante quel fine settimana’ altrimenti chissà quando sarebbe capitata una occasione migliore! Tuttavia, rimasi sorpresa dal sapere che tutto fosse partito da lei e non da Alain, come ci aveva riferito il generale.
– Si, capisco. – risposi mentre in me riaffiorava quel sentimento di gelosia che mi pareva avessi messo da parte nel momento in cui avevo visto Alain.
– E’ dimmi’ come va con il piccolo Jean? Non è un ragazzo magnifico? – mi chiese con uno strano tono e con aria di chi la sapeva lunga.
In effetti Anne era cambiata. Il suo aspetto era raggiante, ma dal suo volto si intravedeva qualcosa che non sapevo come definire, se non offendendola con qualche epiteto.
– Oh’ bhé’ – balbettai, colta di sorpresa – va tutto bene. Si, Jean è un bravo ragazzo, e uno studente diligente’ magnifico! – terminai pensando al suo cazzo, mentre in me risalivano alla mente le sensazioni di lui nella mia bocca e i suoi spruzzi accesi.
– Non avevo dubbi! – disse ancora Anne enigmatica – E’ te lo sei già fatto! – aggiunse senza mezzi termini, di colpo.
– Ma’ Anne’!! Che linguaggio è mai questo’!!?
– Il linguaggio del sesso, mia cara. A Parigi, tra donne ci si esprime così, senza mezzi termini. Dovrai impararlo anche tu, ma lasciamo perdere per ora’ allora, ti piace Jean?
– Ma che domande’!
– Sono domande importanti! Soprattutto per te, cara. Mi vuoi rispondere, per favore: ti piace Jean o no!
– Ma’ si, si’ mi piace’ ma questo non vuol dire’
– Bene! Era quello che volevo sentire! Quindi, ci vorresti fare l’amore? – disse ancora Anne avvicinandosi a me e mettendo le braccia sulle mie spalle.
I suoi occhi mi fissavano indagatori, e sapevo che vi stavano leggendo benissimo il mio desiderio da come il suo sorriso era fulgido.
– Si! – dissi alla fine – Mi piacerebbe! Però’
– Però’??!
– Vedi’ ho promesso alla signora che’ che sarebbe stata lei la prima a fare l’amore con Jean’ e allora’
– Capisco. Ma non ti preoccupare, vuol dire che cambierò i miei piani! – mentì Anne.
– Piani?! Che piani!!
– Non ti preoccupare di nulla, tesoro. Pensa solo che stanotte succederanno delle cose che cambieranno completamente la tua vita e, quindi, sii pronta!
– Non ti capisco. Cosa intendi?! – chiesi, stupita per le sue parole.
Anne si staccò da me e si diresse verso il tavolo. Sopra vi era una scatola piccola, intarsiata, la aprì e tirò fuori una bottiglietta verde.
– Vedi questa? – mi chiese, mettendomela davanti agli occhi.
Io accennai con la testa, confusa.
– Lo sai cos’è?
Mossi la testa in segno negativo, ancora più confusa.
– E’ sonnifero! A cena ne metteremo un po’ nel bicchiere del generale, così l’aiuteremo ad addormentarsi, e non ci darà alcun fastidio stanotte, ma’ bada di non dirlo alla signora, eh!? – spiegò, oscuramente ma esaurientemente Anne, fissandomi.
Io non seppi dire nulla. Anne mi meravigliava sempre più. Poi la vidi avvicinarsi alla finestra con la bottiglietta in mano e osservare fuori.
– Vieni a vedere’! – mi disse, facendomi segno, senza distogliere lo sguardo.
Curiosa, mi avvicinai, e, con stupore, vidi in basso Alain che, con in mano un sigaro, parlava con Jean.
– Cosa avranno da dirsi? – mi chiesi, continuando a guadarli.
– Bha’ roba da uomini, credo. – rispose Anne, continuando a fissarli come me.

Alain era uscito dalla sua stanza e aveva chiesto alla cameriera di riferire al signorino Jean se voleva fargli la cortesia di parlare con lui. L’avrebbe atteso in giardino. Jean, meravigliato, era sceso. Aveva trovato Alain intento a osservare i cespugli e i fiori, mentre, con il sigaro in mano, lanciava boccate di fumo verso l’alto in forma di anelli. Era rimasto un po’ a fissare quelle nuvolette di fumo anellare che si disperdeva frastagliandosi, divertito, poi, con un colpetto di tosse, si era fatto sentire.
– Grazie per aver accettato il mio invito. – disse Alain, volgendo la testa verso di lui.
Jean fece un cenno con la testa.
– Vi starete certamente chiedendo il perché di tutto ciò?
– Si’ in effetti’
– Non mi perderò in chiacchiere’ – affermò Alain bloccandolo con un gesto della mano – Quanti anni avete?
– Qui’ quindici, signore!
– E avete avuto già esperienze, diciamo così, amorose?
Jean rimase imbambolato di fronte a quel militare che parlava in modo così chiaro ed esplicito.
– Insomma’ siete già stato con una donna o no? – chiese ancora più esplicito Alain di fronte alla sua titubanza.
– Veramente, io’ non’
– Ho capito! – affermò guardandolo fisso, quasi in tono rassegnato – Non avete ancora fatto l’amore.
Rimasero in silenzio per qualche attimo, mentre lo stupore aumentava sul volto di Jean.
– Bene! Sono stato incaricato da una persona, di cui non posso rivelarvi il nome, a darvi, diciamo così, i primi rudimenti su questo atto, perché è così che io lo intendo! L’amore è sesso, e il sesso è un atto fisico che avviene tra due essere appartenenti alla stessa specie, ma a categorie diverse: ossia, un uomo e una donna! Tutto il resto è solo roba di contorno che viene elaborata strategicamente al solo fine di arrivare all’atto vero e proprio. Spero che su questo siate d’accordo con me?
Jean non seppe dare una risposta.
– Chi tace acconsente! – si rispose da solo Alain – Dunque’ sicuramente sarete al corrente di ciò che distingue un uomo da una donna’? – chiese Alain passeggiando avanti e indietro.
Jean voleva rispondere che ben lo sapeva quali fossero queste distinzioni, ma rimase in silenzio osservando Alain.
– A parte i seni, la cui grandezza e forma varia da donna a donna, e che le donne tendono in ogni modo a metterti di fronte agli occhi affinché tu possa lasciarli appiccicati ad essi, vi sono due altri elementi essenziali. Il primo è l’ano’! – esclamò Alain fermandosi a fissarlo – Nell’uomo, a parte i degenerati, serve ad espellere gli escrementi, nella donna, invece, oltre a questo, ha anche un’altra funzione, che io definirei, sublime! In quel buco, infatti, l’uomo ci può infilare, senza preoccuparsi di far loro del male, poiché sono capaci di godere anche di ciò!, l’uomo, dicevo, ci può infilare fino all’elsa quel fioretto che madre natura ha dotato ogni uomo! O’ mi sbaglio?
– No, signore! Non si sbaglia affatto! – rispose subito Jean, intuendo che quel sottufficiale si aspettava proprio una risposta del genere.
– Sono contento, ragazzo! Ma’ ma’ la donna ha anche un’altra cosa che la rende estremamente attraente per l’uomo! Viene definita in vari modi: vagina, fregna, fica, topa, ed in altri ancora, ma tendono tutti a identificare lo stesso organo. Ha una forma di tipo ovoidale, con un taglio centrale, di grandezza variabile. Quel taglio consente la sua apertura e quindi’ la possibilità per l’uomo di infilare, nel buco nascosto tra le sue pieghe, ciò che è il vanto di ogni uomo che si rispetti: ossia, il suo cazzo! Sono stato chiaro, ragazzo!?
Jean scattò sull’attenti a quella domanda. Era rimasto completamente stravolto da quel discorso.
– Chiari’ chiarissimo, signore’! – balbettò.
– Bene! Tieni bene in mente tutto quello che ti ho detto e riflettici sopra! Inoltre, prendi bene nota, questa notte verrò a trovarti nella tua stanza’
– Ma’
– Non mi interrompere quando sto parlando! Dicevo che questa notte verrò nella tua camera e poi, insieme, usciremo per recarci in un’altra dove potrai mettere in pratica quanto sopra! Domande? – chiese Alain guardandolo impettito.
– No! No, signore. Nessuna domanda, signore! – rispose un Jean raggiante nel sentire quelle ultime parole.
– Bene! Puoi andare, ora!
– Grazie, signore. ‘ rispose Jean voltandosi e dileguandosi.

All’ora di cena, ci trovavamo tutti da basso. Io ero con Anne, quando Alain si avvicinò a noi con un inchino.
– Tutto in ordine? – chiese Anne, guardandolo sorridente.
– Tutto come hai chiesto che fosse. – rispose secco Alain.
– Bene. Allora’ siamo d’accordo? – chiese Anne con tono intrigante fissando il bel Alain.
– D’accordo su cosa? – chiesi, dopo essermi ripresa dall’osservare ammaliata il corpo e il bel volto di Alain.
Alain mi fissò con aria meravigliata.
– Ma te ne ho già parlato, mia cara! Non ti ricordi? – rispose Anne guardandomi.
Di colpo mi ricordai tutti i discorsi fatti nella sua camera.
– Ah, già’ è vero’ scusatemi’! – dissi arrossendo.
Ma arrossii ancora di più, mentre il cuore iniziava a battermi all’impazzata, quando vidi gli occhi di Alain fissarmi intensamente come se fosse a conoscenza dei pensieri che avevo fatto su di lui.
Poi arrivò il generale e, poco dopo, Jean, per cui ci mettemmo a tavola.
La cena passò allegramente, tra le battute e i lazzi del generale che, pareva, si fosse dimenticato che a tavola c’erano anche delle donne e un ragazzo, comportandosi come tra commilitoni, sicuramente dovuto alla presenza di Alain. Comunque, in questo era spinto anche da Anne, che non perdeva occasione per punzecchiarlo con le sue battutine, mentre la signora rideva su tutto accondiscendente. Poi, c’era Jean. Mi sembrava fosse eccitato come non mai. Il suo sguardo non smetteva di fissare ogni membro della tavola, per poi passare subito dopo a fissare quello a fianco, soprattutto le donne’ soprattutto la sua signora madre!
La cena proseguì fra le battute cameratesche del generale, a cui più Anne, che Alain, rispondeva in tono che piacque decisamente al generale, tanto che verso la fine della cena, Anne, si può dire, faceva parte della ristretta cerchia di amici dello stesso’ ma non sapeva cosa lo aspettava!!
Fu così che, mentre Alain distraeva sia il generale, sua moglie e Jean, la vidi versare nel bicchiere del padrone di casa una buona dose di sonnifero, che non era certo la dose massima, ma molto di più. Il generale era allegro più che mai. La sua mano si diresse verso il bicchiere portandolo alla bocca, lo bevve in un solo sorso, e poi rimase un attimo a gustare quel vino che gli parve avesse un sapore non molto confacente ad un vino invecchiato, ma non stette a pensarci sopra, prese la bottiglia e se ne versò un altro bicchiere scolandolo in un sol colpo. I suoi occhi si fissarono in quelli di Anne, che lo guardava, mi sembrava, come il lupo doveva aver guardato cappuccetto rosso mentre pensava a come sarebbe stato bello quel bocconcino, solo che, in questo caso, cappuccetto rosso era il generale.
La cena volgeva al termine, con un generale alquanto soporoso, una Juliette meravigliata per il suo atteggiamento, ma contenta dei suoi invitati, e tutti noi altri ben svegli ed eccitati.
– Signore e signori’ – incominciò il generale, alzandosi in piedi con una certa difficoltà – mi dispiace tantissimo dover lasciare questa stupenda compagnia, ma non ho più l’età adeguata per stare in mezzo a questa stupenda gioventù, per cui, con mio grande rammarico, sono costretto a chiedervi di scusarmi e di permettere di ritirarmi. Buonanotte, signore! ‘ disse facendoci un inchino, per poi rivolgersi agli uomini ‘ Signori’
Il sonnifero stava facendo il suo effetto. Quando mai il generale si sarebbe azzardato a pronunciare una frase del genere! Lui che si piccava di essere ancora un dongiovanni!
Tutti noi rispondemmo augurandogli un buon riposo, e poi rimanemmo a guardarlo fin quando non uscì, semi barcollante, dalla stanza. Nel momento in cui la porta si chiuse, nella stanza l’atmosfera cambiò, anche se c’era ancora Jean, la cui presenza contribuiva a frenarci un po’. Comunque, fu un fine serata tranquillo e distensivo, tra battute e pettegolezzi vari.
Verso le dieci e mezza, decidemmo di ritirarci tutti. Dopo i buonanotte di commiato, ognuno si ritirò nelle proprie stanze.
Continua’
Lisette Folain

Per commenti ‘ meliseide@gmail.com
Quando ormai era già buio fatto, Anne ed Alain si presentarono alla porta della camera di Jean. Entrarono senza bussare.
Jean si alzò di scatto, impaurito.
– Non aver paura, siamo noi! – gli disse Alain.
Jean lo fissò, frastornato per la presenza di Anne.
– Ah’ giusto! Non te l’avevo accennato! Anne si è autoinvitata! Non ti dispiacerà, spero? Anche perché se questa notte realizzerai i tuoi sogni lo dovrai proprio a lei. – disse subdolo Alain, fissandolo.
Jean spostò gli occhi su Anne e poté rendersi conto di un fatto: Anne, sotto la leggera camicia da notte, era nuda!
Rimasero per un po’ a fissare gli occhi di Jean che non volevano staccarsi dalle forme di Anne, poi ella stessa:
– Non mi serbi rancore, vero? – gli chiese dolcemente Anne avvicinandoglisi.
Jean fissava le sue gambe che, muovendosi, gli facevano intravedere la grazia di quel corpo che ora aveva di fronte. Quei suoi seni che lo tentavano, lo invitavano a posarci le labbra. Quelle labbra rosse che gli sorridevano erano come uno stimolo ad osare’ ma era troppo! Troppo per un ragazzo di quindici anni!
– Davvero’ siete stata voi ad organizzare tutto questo? – gli chiese alzando gli occhi, e tornando poi a fissare i suoi seni.
– Si. Sono stata io. E vuoi sapere il perché? – gli chiese Anne senza toglierli la visione dei suoi seni, ma anzi, chinandosi su di lui in modo che il suo sguardo potesse vagare nella camicia da notte.
– Si, si’ perché’?! – rispose senza rendersene conto Jean.
– Perché non ho ancora visto un ragazzo dolce come te fare l’amore, e soprattutto’ perché non ho visto un ragazzo dolce come te fottere la propria madre’ anche se non naturale! Non trovi che sia eccitante tutto ciò?
Jean alzò la testa a quelle parole. Forse soltanto allora si rese conto dell’enormità di ciò che si apprestava a fare.
– Siiii’!!! – rispose.
Nei suoi occhi e nella sua mente aveva già realizzato il suo sogno! E sembrava essergli piaciuto molto!
– Magnifico! – rispose Anne – Ma adesso ascolta’! Per prima cosa non andremo da tua madre, dovrai pazientare ancora un poco! Ora andremo da Lisette e’ dimmi hai già avuto qualche esperienza con la cara Lisette?
– Solo’ solo con la bo’ con la bocca’!!
– Senti, senti, la santarellina! – disse Alain già eccitato per quello che Jean stava rivelando.
– E’ ed è brava? – chiese ancora Anne.
– Bhe’ non è che abbia molta esperienza, ma’
– Ma’ – chiese curiosa Anne.
– Ma so che è stata una cosa sublime’ tutte e due le volte! – aggiunse Jean.
– Bene! – disse Anne sorridente – Ma ora torniamo a noi. Come dicevo, ora andremo prima da Lisette. Faremo in modo che la stanza sia al buio. A parlare sarai tu, Jean, mentre’ ad agire’ sarà Alain! – esclamò Anne.
– Non capisco. Che cosa intendete? – chiese Jean confuso.
– Stammi bene a sentire, perché è importante che tu esegua tutto a puntino’
Dopo che Anne ebbe spiegato a Jean ogni cosa, si apprestarono ad uscire da quella camera.
– Aspettate’! – disse Jean – Credo che la cosa parrebbe più veritiera se invece di entrare dalla normale porta usassimo i cunicoli che conosciamo tutti e due!
– Cunicoli? Quali cunicoli?! – chiesero entrambi.
– Ecco’ vedete’ – riprese Jean dirigendosi verso l’armadio e aprendolo – in ogni armadio vi è il passaggio che, attraverso dei cunicoli che percorrono il castello, permettono di arrivare a tutte le altre stanze da letto.
La sua mano fece un leggera pressione e la parete dell’armadio si mosse lasciando intravedere il cunicolo buio.
– Ah, è così’ – esclamò Alain meravigliato – prendiamo una candela e entriamo’!! – riprese, mentre il militare prendeva il sopravvento in lui.
Si misero dietro a Jean che si muoveva come uno che non avesse neanche bisogno di una torcia per arrivare dove doveva arrivare. Quando furono vicini alla meta, fece loro segno di fare silenzio. Spegnendo la candela si avvicinò al muro e incominciò a far scorrere un frammento di parete. Un fascio di luce penetrò nel cunicolo illuminando il loro volti all’altezza degli occhi. Si guardarono, e poi Anne e Alain si avvicinarono alla fessura.
All’interno videro me che mi aggiravo nervosa per la stanza. Mi sentivo preda di un senso di colpa, leggero, ma presente! No! Non per il fatto che mi accingessi a fare l’amore con Jean, no! Anzi! Proprio l’idea di poter avere finalmente nella mia’ nella mia fica il cazzo gentile di Jean, quell’idea mi faceva ribollire il sangue nelle vene rendendola ancora più bollente. Ma c’era il senso di colpa riguardo alla promessa fatta alla signora che mi bloccava un po’. Nonostante tutto, però, mi ero preparata indossando una leggera camicia da notte, la più trasparente che avessi, e ora mi aggiravo nervosa e ansiosa. Ad un tratto, mentre camminavo avanti e indietro per la stanza, sentii una voce.
– Lisette!
Mi fermai.
– Lisette! – chiamò ancora.
Era Jean!
– Sono io, Jean! – riprese.
Esultai dentro di me mentre mi voltavo verso l’armadio. Avevo capito che Jean era nel cunicolo e che si apprestava a raggiungermi. Ma l’armadio rimase chiuso.
– Ascoltami, Lisette! Per questa volta, vorrei’ vorrei che tutto avvenisse al buio’ capisci! Non mi sento pronto’ e allora sarebbe meglio che’
– Si, si, capisco, Jean! Amore, tutto quello che vuoi! Vuoi che spenga la luce? Subito, tesoro mio. Farò tutto quello che vuoi tu! – mi sorpresi a dire presa nel vortice della passione per quel giovane splendido e per la tenerezza che quelle parole avevano suscitato in me.
Spensi di due lumi che erano accesi e rimasi al buio.
– Ecco! Ora puoi venir fuori, amore mio! – esclamai col cuore in gola.
Non sentii alcuna risposta alla mia supplica. Il buio della stanza mi eccitava e mi opprimeva al tempo stesso.
– Voltati! – mi disse Jean – Voltati verso la finestra. Non voglio che tu mi veda!
– Oh, ma perché Jean? Voglio vederti, accarezzarti, baciarti, toccarti’ tutto, tutto’ – supplicai ancora non volendo cedere alle sue richieste.
– Vi prego, Lisette! Magari ciò avverrà la prossima volta, quando avrò superato tutte le mie paure, se’
– Se’?! – chiesi ansiosamente.
– Se voi mi aiuterete a superarle!
Quella supplica vinse tutte le mie resistenze, per cui accondiscesi alle sue richieste. Così, mi girai verso la finestra, da dove la luce della luna piena entrava baldanzosamente nella stanza illuminandola.
– Vi sarò eternamente grato per tutto ciò, credetemi! – mi disse Jean – Ora’ prima’ vorrei, però, che mi mostraste i vostri seni stupendi facendo scivolare giù la vostra camicia da notte, ma senza togliervela’
Eseguii ciò che Jean chiedeva. Mi voltai di nuovo e feci scendere le spalline mostrando i miei seni alla luce della luna e ai suoi occhi.
– Sono di una bellezza paragonabile solo al vostro corpo! – si complimentò Jean – Adesso, vorrei che vi voltaste e vi inginocchiaste. Bene, così! Poggiate le mani sul letto, di fronte all’immagine della Vergine che avete sul comodino e mettetevi in posa come se doveste pregarla di aiutarvi a realizzare, stanotte, tutto quello che avete sognato’ o per farvi perdonare per tutti i peccati che intendete commettere!
– Jean’!!?? – esclamai meravigliata e eccitata maggiormente per la scoperta di quel Jean tentatore che non conoscevo.
Mi inginocchiai vicino al letto, tenendo le mani giunte e pregando che tutto avvenisse il più in fretta possibile poiché ero troppo eccitata.
– Ora vorrei che vi sollevaste la camicia da notte e mi mostraste quel magnifico’ quel magnifico culo che avete! – disse ancora con voce che riconobbi eccitata.
Io non seppi rispondere! Quella sua richiesta mi aveva completamente sconvolta. Quell’eccitazione, che era già al massimo, mi parve aumentare immensamente al solo pensiero di dover alzare da me la camicia da notte e mostrargli, così, il mio magnifico culo’ come aveva detto Lui! Trassi un respiro profondo, per riacquistare un po’ di lucidità, che venne immediatamente spazzata dall’inverecondo pensiero del suo cazzo già teso e deciso ad entrare dentro di me. Allora, con uno sforzo leggero, staccai le mani che fino ad allora avevo tenute giunte, e le portai sui miei fianchi. Qui, presi a muovere le dita, facendo risalire la camicia fin quando non sentii il fresco della notte sulle mie cosce. Allora, mentre nella mia mente immaginavo Jean, che eccitatissimo si toccava il cazzo pregustando il momento in cui, la sua istitutrice, si sarebbe sollevata del tutto la camicia da notte, mostrandogli quel culo che tanto bramava vedere, la tirai su fino ai fianchi! Dio che sensazione magnifica! Mai avrei immaginato che mostrarsi nuda ad un uomo, in quelle condizioni, e in quella posa, si potessero provare tali esaltanti emozioni. Godevo di quei miei fianchi esposti. Del mio culo esposto, che non faceva altro che sollevarsi e abbassarsi, quasi a suggerire, spudoratamente, agli occhi di quell’angelo di Jean, quali emozioni fosse in grado di donare quel buco racchiuso in esso’ o quella mia fica bollente e, mi pareva, del tutto spalancata, come se fosse affamata e ansiosa di accogliere la sua asta bellissima!
– Siete stupenda’ una visione sublime! Non credo che saprò ripagarvi delle sensazioni che mi state donando’
– Siii’ certo che saprai ripagarmi! Vieni qui, vicino a me, fatti accarezzare’! Fatti leccare! Siii’ voglio leccare quello stupendo gioiello che hai fra le gambe, vieni, ti prego, mostrati! – mi sentii dire spudoratamente eccitandomi per quelle parole.
– No! Non voltarti! Rimani così. Ora io entrerò nella stanza, ma tu devi rimanere in quella posizione, e non voltarti fino a che non te lo dirò io! Me lo prometti? – mi chiese Jean, implorante.
– Si, va bene! Farò come vuoi tu! Ma ti supplico, vieni! Non resisto più! – urlai quasi.
– Arrivo’!
Subito dopo sentii l’anta dell’armadio aprirsi. La tentazione di voltarmi era fortissima, ma avevo promesso che non l’avrei fatto, per cui mi imposi di resistere. Nella mia mente lo immaginavo nudo mentre, con il cazzo ritto e duro, si avvicinava con sicurezza, contrariamente a quello che le sue parole avevano espresso, verso i miei fianchi ben disposti ad accoglierlo.
In effetti, Jean aveva il cazzo fuori e ben teso, soprattutto per le manipolazioni di Anne, ma c’era anche qualcun’altro che lo aveva altrettanto duro. Alain fece segno a Jean di continuare a parlare mentre egli continuava ad avvicinarsi. Staccando le labbra dalla bocca di Anne, mentre con le mani non smetteva di toccarle le sue tette e la sua fica, Jean riprese a parlare come gli aveva chiesto Alain.
– Soltanto a guardarti sento il mio cazzo ergersi come una montagna verso il cielo’ quella posizione da voi assunta è di una sensualità estrema’ mi mostrate tutta voi stessa in tutto il vostro splendore. Ma ora’ non resisto più! Devo avervi! Subito!
Non appena ebbe pronunciato tali parole, sentii le sue mani sui miei fianchi. Erano mani forti, decise a prendere quello che io avevo intenzione di dar loro. Dai fianchi risalirono ai seni gonfi, i cui capezzoli erano ben tesi. Nel momento in cui li carezzò, un mugolio di passione mi sfuggì dalle labbra, e mentre le sue mani continuavano ad accarezzarmi i seni, sentii che qualcosa di caldo mi si era infilata tra le cosce.
– Siiiii’!!!! – dissi mentre le chiudevo gustando il calore bollente di quella mazza dura e calda.
Le sue labbra mi baciavano e mi leccavano il collo e le spalle, mentre le sue mani mi carezzavano i fianchi, arrivando, poi, sul culo, e prendendo a palparmelo tutto, fin quando non si infilarono nello spacco. Allora gridai, perché non c’è la facevo più.
– Sii’ sssiii’ ti prego, siii’ Aaaahhhhaa’ sei bravissimo, oooohhooo’ tesoro, amore’!!
Poi sentii una sua mano sul collo mentre l’altra mi invitava, in silenzio, di allargare le cosce. Lo feci, e sentii privarmi quel prezioso bastone, ma solo per poco, poiché, qualche attimo dopo, con mia grande gioia e timore, lo sentii all’imbocco della vagina. Mi pareva che avesse delle dimensioni mostruose. Avanzava piano, senza procurarmi dolore, fin quando non si fermò. Ero felice di sentirlo dentro di me. Godevo di quella presenza gioiosa, e muovevo i miei fianchi per sentirlo meglio. Poi’ un dolore forte, che mi costrinse ad urlare, finché la mano che avevo sul collo, non soffocò quelle urla spingendo la mia testa sul materasso. Ero lì, che cercavo di respirare, mentre sentivo ancora delle fitte che mi scuotevano partendo dal centro del mio essere, quando, pian piano, lentamente, quei dolori incominciarono a scemare e i miei muscoli presero a rilassarsi. Il cazzo di Jean aveva preso a muoversi dentro di me, ma ora non mi procurava più dolori. Ora era la fonte di quel piacere nuovo, mai provato, che mi avvolgeva.
– E’ bellissimo, Jean’ SSSIII’!!! Aaaahhhha’ ancora, muoviti, così, si, così’ amore, tesoro’ ancora’
Jean non parlava. Sentivo solo il suo respiro, lo sbattere dei suoi fianchi sui miei. La sua mano sul collo non mi lasciava, anzi, mi teneva ancora più stretta, quasi non volesse lasciarmi più. E io godevo, godevo immensamente ad ogni suo colpo.
– Oooaaoohhhhh’ sssiiii’ ecco’ ssiiii, ammoooreeeeehhh’ siiii’ sto’ godendo’ con te’ con te’ siiii’ AAAAAHHHAAA’
Urlai nel sentire il suo seme che si spargeva dentro di me, mescolandosi al piacere che io riversavo sul suo cazzo. Esplodevo come il mondo era esploso intorno e me, grata a Jean di tutte quelle emozioni.
Quando i suoi movimenti si fermarono, sentii la sua mano che mi lasciava il collo e il suo cazzo uscire piano da dentro di me. Avvertivo come un senso di vuoto, ma c’era quella nuova felicità che mi riempiva tutta. Con un sospiro, e il sorriso sulle labbra, mi girai per abbracciarlo, ma’ rimasi di sasso nel vedere chi c’era dietro di me. Il suo volto era sudato, i suoi occhi erano rossi, il suo sorriso era scherzoso. Un sospiro mi fece alzare la testa verso il fondo della stanza, e allora riuscii a distinguere la figura di Anne che baciava appassionatamente Jean’ il mio Jean! e gli teneva il cazzo, ritto, nella mano, giocando con esso, quella spudorata! La felicità era scomparsa. Mi venne voglia di gridare la mia rabbia per quell’orribile scherzo.
– NOOO! – esclamai disperata – Avevo creduto che fossi tu, Jean! Pensavo di avere te dentro di me, e invece’ e invece’
Subito Anne si staccò da Jean e venne ad abbracciarmi.
– Non piangere! – mi supplicò Anne tenendomi stretta – Ho dovuto farlo! Per te! Non volevo farti del male, non ti farei mai del male’!!? No, mai, mai, mai’!!!
– Ma’ io pensavo’ io volevo’
– Si, lo so cosa pensavi! Lo so cosa volevi! Ma dimmi! E’ stato diverso da come lo avevi immaginato? Le sensazioni che ti ha fatto provare Alain erano diverse da quelle che immaginavi ti avrebbe fatto provare Jean?
– Non’ non lo so’ io’ non so più niente’
– E poi’ c’è sempre tempo per far l’amore con Jean! Non avevi forse promesso alla sua signora madre che l’avrebbe avuto prima lei?
Quell’affermazione di Anne ebbe il potere di riportarmi alla realtà. Con gli occhi annebbiati dal pianto guardai Anne, Alain, e poi li fissai su Jean che ci guardava a sua volta mentre inalberava ancora un cazzo ben teso.
– Forse hai ragione tu. – le dissi.
– Perdonato?! – mi chiese Alain con quel suo sorriso affascinante.
Non seppi resistere al suo fascino e, sorridendogli:
– Perdonato. – gli risposi.
Venni abbracciata da entrambi. Anne ne approfittò per toccarmi le tette e strizzarmele allegramente.
– Jean! Gliele hai mai toccate le tette alla tua istitutrice? – gli chiese Anne, scherzosa, tenendole in mano.
Mi resi conto che Jean non me le aveva mai toccate, né me le aveva mai viste.
Lo vidi che si avvicinava a noi, il cazzo ancora teso. Quando fu a un passo da me, la vista di quel suo pene all’altezza del mio volto, mi spinse a leccarmi le labbra.
– Puoi toccargliele, ora. – gli disse Anne.
Jean si inginocchiò di fronte a me, togliendomi la vista della sua asta.
– Siete stata magnifica! – mi disse, guardandomi con amore – Ho invidiato moltissimo Alain quando è entrato dentro di voi. Vorrei che mi prometteste che donerete a me la stessa gioia che avete donato a lui, ve ne prego! Attenderò pazientemente fino a quando non sarete disposta’ anche tutta la vita!
Quelle sue parole, che rivelavano che, almeno in parte, egli fosse innamorato di me, me lo resero ancora più caro e dolce.
– Te lo prometto! – gli dissi abbracciandolo, mentre le sue labbra si incollavano alla mie.
– Uh-uh’ che fuoco! – disse Anne – Adesso basta, però! Non dimenticate che c’è un’altra persona che aspetta!

Uscimmo dalla stanza di Lisette e ci dirigemmo, cercando di non far rumore, verso la camera della signora e del generale. Alain, da buon militare, faceva strada. Mi sembrava di essere in un sogno assurdo, ma era un sogno bellissimo! Come me, anche Anne pareva aver subito il suo fascino di Jean, infatti, non si staccava da lui tenendolo per mano e baciandolo e toccando la parte più nascosta e, in quel momento, la più desiderabile di lui. Quando arrivammo davanti alla porta, Alain si fermò, si girò verso di noi e, facendo segno di stare zitti, incominciò ad abbassare la maniglia. Nel buio della stanza si sentiva il sonoro russare del generale e il profumo della signora. Entrammo. Il chiarore della luna ci permise di distinguere due corpi sul letto. Rimanemmo a fissare quei due corpi ma, soprattutto, quello che ci attirava di più, che magnetizzava le nostre pupille avendone riconosciuto chiaramente le sue sode rotondità.
– Lo sai cosss’ ammmmhhhaaammm mi ecciterebbe ora…?! – disse Anne staccando, finalmente, la sua bocca da quella di Jean.
Ma fu solo per un attimo.
– Cosa? – rispose Jean sospirando.
– Mi piaceeehhhm… rrreebbbe che… che, oddio che lingua… che tu scopassi la tua bella mammina’ nel suo letto’
– Cooosaa? Ma sei pazza! C’è mio padre, lì! – disse Jean, allarmato soltanto all’idea.
– Si, ma è proprio questo che rende la cosa più eccitante, più stimolante’! Non sei stimolato’?? – gli chiese Anne toccandogli per l’ennesima volta il cazzo.
Dovette piacerle molto quello che si ritrovò in mano, perché le sfuggì un gridolino di ammirazione. Noi li guardavamo eccitati e, confesso, che avrei voluto essere io al posto di Anne’ a toccare quella mazza che mi pareva di sentirne il calore, la durezza, la forza, nella mia mano’ essere al suo posto per insegnare a Jean come essere un amante caldo e pieno di inventiva, in grado di cogliere tutte le occasioni che la sorte gli metteva davanti su un piatto d’argento.
Jean, senza smettere di rispondere alle stimolazioni di Anne, incominciò a rimuginare, e sembrò l’idea incominciasse a piacergli, visto che le sue proteste diminuirono sempre più fino a tramutarsi in mugolii di piacere. Allora, nella mia mente ormai sconvolta dalla lussuria, immaginai il suo cazzo mentre si rizzava ancora di più all’idea di scoparsi la sua matrigna.
Alla fine, non resistetti!
Allungai la mano e, finalmente, lo sentii subito mio, anche se lo condividevo con Anne.
– Porcone! – disse lascivamente Anne, mentre insieme a me non smetteva di carezzare Jean – Vedo che l’idea di scopare la mammina nel letto di papà ti alletta.
Anne mi meravigliava sempre di più, e mi eccitava anche, in maniera incontenibile’ quella sua idea era insieme malsana, irriverente’ ma terribilmente stimolante!!
– Mmmhuummm… si, mi’ mi piace’ – farfugliò Jean tra un bacio e l’altro.
– Uuuuhhmmm, lo sento, e lo sente anche la tua istitutrice, non è vero, Lisette’?
Non risposi a quella domanda, perché la mia mente, e i miei sensi, erano calamitati da quell’oggetto meraviglioso che avevo in mano.
– Si! Sei un bel maialino… dai, forza! Mi sto bagnando tutta all’idea di farmi un ditalino mentre voi scopate a fianco del paparino addormentato.. su vieni! – gli disse Anne prendendogli la mano e incominciando a dirigersi verso il letto.
– Non pensi che sia pericoloso… – balbettò un timoroso Jean.
– A giudicare dalla dimensione del tuo cazzo, non lo pensi neanche tu, perché dovrei pensarlo io?!
Jean non disse nulla, ma guardandosi il cazzo teso, dovette convenire che Anne non aveva tutti i torti.
– Su, forza!
Eravamo rimasti io ed Alain a guardare Anne che, mano nella mano, lo conduceva verso il letto dei suoi genitori. Ai loro occhi si mostrò, con maggiore chiarezza, il corpo supino dell’uomo, sotto il lenzuolo, con una lunga camicia addosso, una papalina in testa’ mentre quello della donna, invece, era scoperto. La signora, con grande altruismo, era sul fianco e mostrava a tutti noi le sue spalle dolci e i suoi fianchi armoniosi. Una leggera vestaglietta di pizzo rosa, che le arrivava sin sulle gambe, riusciva, per fortuna, a nascondere ben poco di quello che c’era sotto di essa. Jean, eccitato, si rese conto che la sua matrigna non aveva messo niente sotto’ e tutto quello che vedeva lo stava portando alla pazzia.
– Che culo meraviglioso! – sospirò Anne, rimanendo estatica a guardarlo e portando la mano di Jean sulla sua fica – Guardalo, non è magnifico?!! – disse piano rivolta a Jean che, guardava adorante ora lei, che gli permetteva di toccare il suo fiore, ora la sua matrigna di cui anelava fortemente accarezzare anche quel fiore che sembrava occhieggiargli tra le pieghe delle sue cosce.
Dopo che rimasero per un po’ a continuare ad ammirarlo, Anne rincominciò.
– Adesso, lentamente, in ginocchio, ci dirigeremo verso la mammina. Quando saremo lì, comincerai a baciarla partendo dalle gambe, per poi risalire sempre più su. Quando arriverai in mezzo alle cosce, voglio vedere la tua mano che si infila dentro, dalla parte posteriore, e gliela apri. Mi hai capito? Gliela devi aprire, perché la voglio vedere bene…!!
Jean la guardò dubbioso.
– Le’ le apro che cosa’??? – chiese fissandola stupito.
– Oh, mio dio’!! Ma la sua fica, no! Che cosa vorresti aprirle? – rispose Anne come una maestra davanti ad un allievo imbranato.
Jean accennò per farle capire che adesso aveva capito tutto.
Io avevo sentito bene quello che Anne aveva chiesto a Jean di fare, e la cosa mi stava intrigando sempre di più. Allo stesso modo Alain, rimasto al mio fianco, che non si perdeva né una mossa né una parola di ciò che Anne diceva, mentre io trovavo sempre più meraviglioso quel corpo, quel viso maschio, e quel corpo fatto, rude, della cui potenza avevo già avuto una dimostrazione.
– Ma… se si sveglia di colpo e urla?! – obiettò Jean, bloccandosi.
– Non ti preoccupare, non succederà nulla, e poi’ vedi tu come fare a non farla urlare! – disse Anne, allusiva, guardandogli l’asta rigida.
– Va bene. – rispose Jean, dopo un po’, con un sospiro di decisione.
– Vai, ma ricordati’! Voglio vedere tutto, perché anch’io ho diritto a godere! Vai!
Jean, teso per l’eccitazione della situazione, si mosse verso il letto. Quando vi giunse, si inginocchiò e, delicatamente, prese ad accarezzare le gambe della sua matrigna come gli aveva detto di fare Anne. Le sentiva calde, e la sua pelle era delicata. Arrivò fin su le cosce, e la sua mano discese, da dietro, nel mezzo. Sentì il solletichio dei peli della fica della sua matrigna sul dorso della mano, allora scese ancora, fino a toccargliela. La sentì aprirsi, cedere, come se fosse grata a quella mano che attendeva da tanto tempo. La signora mugolò nel sonno, quando lui, con il medio, prese a farlo scorrere lungo tutto il dolce gonfiore del suo spacco. Jean si immobilizzò, la mano sempre sulla sua fica, e poi si volse verso Anne. La vide che, per nulla preoccupata, gli faceva segno di infilarle il dito medio dentro, da dietro, mentre lei, con il dito medio della sua mano destra, non si staccava dalla sua. Tornando a posare lo sguardo sulla mamma, Jean prese ad accarezzarle i fianchi. Poi, osando, con tutte e due le mani prese ad accarezzarle il culo con carezze delicate mentre, lentamente, scendeva di nuovo verso l’angolo formato da esso. La sua mano si infilò nello spacco superiore, giocando con il buchetto che incontrò, per poi discendere verso il basso, a toccarle le valve gonfie, la cui visione gli stava facendo rizzare il cazzo in modo incredibile. L’eccitazione era alle stelle. Ora desiderava spasmodicamente infilarsi in quello spacco eccitante, che già conosceva per averla vista più volte infilarsi le proprie dita dentro per masturbarsi. Nessuno l’avrebbe fermato ora! Neanche suo padre, se si fosse svegliato! Le sue mani, si portarono ambedue sulla fica della signora, e presero ad allargare quelle valve scure. Non l’aveva mai vista così da vicino. La fessura del cunicolo gli aveva permesso di vederla, ma da lontano. Non era mai riuscito ad osservare ogni sua piega, il suo vivido colore, a sentirne il calore… il suo profumo! Era magnifica!
Anne, dietro di lui, mugolò nel vedere ciò che avevano messo in mostra le mani di Jean. E anche io non rimasi indifferente. Mentre ero lì, che guardavo rapita, sentii delle mani sulle mie tette. Volsi subito gli occhi in quelli di Alain e rimasi a fissarli. Quegli occhi, quelle mani mi stavano facendo impazzire ora! La bocca di Alain calò sulla mia, e io risposi a quel bacio in modo sempre più intenso man mano che la sensazione di quella lingua rude, maschia, mi faceva salire l’eccitazione sempre più in alto.
Jean, estasiato da visione delle grazie della sua bella matrigna, rimase ad ammirarla. Un nuovo mugolio di Anne lo fece girare, e lei lo incitò a continuare nelle sue manovre. Inghiottendo il groppo che si era formato in gola, Jean mise un dito dentro la fica della matrigna e prese a muoverlo.
Pian piano, sentì che le sue valve incominciavano a reagire inumidendosi, e lei a gemere nel sonno. Si sentiva inebriato! Sempre più eccitato, Jean insistette in quelle manovre, e fu ricompensato dai movimenti del bacino e delle cosce della mamma che, allargandosi e richiudendosi subito dopo, imprigionarono le sue mani in mezzo a loro. Avrebbe voluto stare immobile, per non svegliarla’ ma Jean era troppo eccitato per stare fermo. Se pur aveva bloccate le mani, le dita non lo erano, perciò continuò a muoverle dentro di lei. Alla fine, allargando di nuovo le gambe, e permettendo a Jean di togliere le dita appena in tempo, la signora si voltò, facendo vedere a tutti noi il suo bacino e parte del suo petto, dato che una spallina era scesa e l’altra era a metà braccio. A quella vista, Anne si mosse, avvicinandosi a Jean.
– E’ stupenda! – disse, ammirando le forme della sua matrigna.
– Si. E’ meravigliosa. – accondiscese lei.
Anne mosse le dita per toccarle le tette, ma le sfiorò soltanto.
– Avanti, toccagliele, accarezzale’ – disse prendendo una mano di lui.
Jean rimase titubante.
– E se si sveglia? Se urla?
– Tu tappale la bocca’ con questo! – rispose Anne decisa, afferrandogli il cazzo teso.
Sicuramente stimolato dalle carezze di Anne, Jean si convinse, e prese ad accarezzare quelle tette che lo attiravano in modo incredibile, dopo averle liberate. La signora, anche se nel sonno, sembrò gradirle, e mugolò di nuovo sporgendo il petto. Ma a Jean, avendo già raggiunto un obbiettivo, quello che ora lo interessava di più era quell’antro morbido e caldo che riusciva a vedere fra le gambe di lei. Si sollevò, piegandosi su di lei, distesa nel letto, e mentre con la sinistra continuava ad accarezzarle le tette, con la destra scese verso le sue gambe. Lentamente, prese a far risalire la vestaglietta. Quando riuscì a far si che tutto il suo bacino gli si mostrasse, non resistette alla tentazione di accarezzarla. La sua mano si posò sulle gambe sentendo la pelle delicata e i dolci muscoli di esse; risalì per le cosce sode e piacevolissime al tatto e, infine, insinuò la mano nel canale formato da quelle sue cosce verso quella parte che più lo attirava. Risentire la sensazione del solletichìo della sua peluria sulla pelle, e il calore del centro di lei, fu meraviglioso, ma alla fine non c’è la fece’ e fu di nuovo dentro di lei con le dita. La signora emise un sospiro più intenso questa volta, e mosse le gambe allargandole. In quella posizione era di una bellezza che stava facendo delirare Jean, ed eccitare noi che non smettevamo di fissarla.
No! Non c’è la faceva più!
Il suo cazzo era tesissimo, e l’eccitazione lo spingeva ad osare di più. Infilò ora due dita, completamente dentro la fica della matrigna, ottenendo che lei sollevasse il suo bacino, quasi a incitarlo ad osare ancora di più. Così, quando si spinse ancora più in dentro, e prese a muovere le dita con più forza, la signora si svegliò. Il busto di lei si sollevò, gli occhi le si allargarono, la bocca si aprì, fece per urlare, ma Jean fu più lesto! Infilò prontamente il cazzo diritto nella bocca di lei, come gli aveva suggerito Anne, attutendo così le sue urla. Doveva provare delle sensazioni enormi e paradisiache, perché ora Jean, senza preoccuparsi più di nulla, muoveva incontrollabilmente il suo bacino e il cazzo nella sua bocca e le dita dentro la sua fica senza alcuna remora. Anche Anne, eccitata, si masturbava osservando quel quadro peccaminoso che aveva davanti.
La sua matrigna dapprima non si rese conto, ma quando il suo cervello mise a fuoco la situazione, fu come semiparalizzata. Cercò di parlare loro con il cazzo che non voleva saperne di uscire dalla sua bocca. Alla fine, con grande sforzo, muovendo la testa, contraendo le guance e la lingua, mentre donava sensazioni mirabili ad un Jean trasognato, riuscì a tirarlo fuori.
– Ma siete impazziti?!! – disse, il più piano possibile.
– Siiii’ sono pazzo di te, mamma! Della tua fica, delle tue labbra’- disse Jean baciandola e buttandolesi addosso.
Era sopra di lei, e aveva ripreso a baciarla con furore parossistico. Nonostante il timore che il marito si svegliasse nel bel mezzo di quella situazione scabrosa, la signora, nel sentire dentro la sua bocca quella lingua che da tanto tempo desiderava succhiare, nel baciare quelle labbra dolci e tenere, nel toccare quel corpo acerbo e eccitato, e sentire dentro di se le manovre di quelle dita inesperte ma volenterose di Jean che non avevano smesso di stare ferme’ nonostante tutto si era eccitata’ e rispose al bacio di Jean.
– Ora basta, ragazzi! An’ andatevene via’! – disse, affannata, quando riuscì a staccare la bocca e ad alzarsi dal letto, qualche attimo dopo, come ad un ripensamento.
– No! Non ancora! – disse Anne, avvicinandosi e baciandola lei sulla bocca.
La signora lasciò che lei la baciasse, che frugasse nella sua bocca con quella lingua serpentina che già conosceva.
– Vedi? Piace anche a te! – riprese, dopo aver constatato quanto fosse eccitata – E poi’ guarda come è eccitato Jean!
La signora guardò nella direzione che indicava Anne, e si accorse che lei lo aveva preso in mano.
– E’ duro! Sembra acciaio’! E’ eccitato all’idea di fare l’amore con te’ qui! Sentilo com’è duro?!! – invitò Anne la signora che lo fissava ad occhi spalancati.
La signora, senza bisogno di ulteriori inviti, allungò la mano ad afferrarlo. Dovette piacerle talmente ciò che teneva in mano, che prese a manovrarlo con tutta l’esperienza di cui era capace, e che piacque molto a Jean.
– Non vorrai farlo venire con la mano, vero? Non vuoi infilartelo nella fica’ e farti scopare come hai sempre desiderato! – suggerì Anne, accarezzandole le tette e baciandola di nuovo.
– Adesso basta! – disse Jean, separandole e afferrando la matrigna.
Le tolse la sottoveste e la fece distendere per terra.
– No, Jean! Cosa vuoi fare? Ritorna in te’ tuo padre si potrebbe svegliare’ ti prego, Jean’ ooohhhoo, Jean’! – supplicava la signora mentre si sdraiava e allargava le gambe.
Jean si mise in mezzo alle sue gambe e si stese su di lei, prendendo subito a palparla e a baciarla con passione.
– Non aver timore. – incominciò Anne, distendendosi al suo fianco decisa a rivelargli il suo segreto – Puoi urlare quanto vuoi, quando sentirai il suo cazzo dentro di te’ quando sentirai il piacere squassarti le viscere… quando sentirai il seme del tuo amato figliolo dentro di te’ puoi urlare al mondo il tuo piacere, tanto il tuo maritino non potrà sentirlo perché dorme della grossa a causa del sonnifero che io stessa ho versato nel suo bicchiere in dose massiccia’!!
La signora spalancò gli occhi per il piacere di quella rivelazione. I suoi mugolii di protesta andarono diminuendo, fin quando, non resistendo più alla passione e al desiderio, non scese ad afferrare il cazzo di Jean e a dirigerlo lei stessa verso la sua fica. Nel sentire quel calore sulla punta del cazzo, Jean diede un colpo di bacino, come un cavallino da monta, col risultato che mancò il fiore del suo desiderio sguisciando di lato. Ma la signora non si diede per vinta e, afferrandogli i fianchi con una mano, mentre con l’altra gli teneva saldamente il cazzo adorato, lo indirizzò sicura verso il suo spacco, cosicché, quando Jean diede un’altro colpo, esso entrò dritto dentro di lei costringendola a mugolare d’assenso.
Quel mugolio fece muovere il generale nel letto, provocando degli spasmi di paura nella sua matrigna’ ma non in Jean! Il suo cervello non capiva nulla della situazione in cui si trovava. Ciò che contava era quel magma dolcissimo in cui nuotava il suo cazzo duro. E lui continuava a colpire il bacino della sua stupenda mammina con vigore invariato.
Quando il generale si fu sistemato nella nuova posizione, tutti tornammo a fissare quel puledro che continuava a cavalcare, senza alcuna preoccupazione del mondo circostante.
Anne riprese a toccarsi, e la signora, per nulla indifferente a quell’asta che aveva dentro di se, prese a muovere il suo bacino rispondendo ai suoi colpi. La passione era di nuovo sui loro volti e nei loro corpi. E anche dentro di me! Alain aveva continuato ad accarezzarmi, ed era arrivato con quelle sue mani forti fin nella piega tra le mie gambe. Per istinto le avevo chiuse, ma quella mani decise me le avevano allargate, ed ora mi accarezzavano da sopra la camicia da notte. Sentivo la stoffa dentro di me, completamente bagnata, a causa di quelle dita che mi accarezzavano procurandomi dolore e gioia, e desiderai che mi strappasse quella maledetta camicia e mi accarezzasse con le mani libere. Alain sembrò quasi intuire i miei desideri, poiché, senza che mi rendessi conto che la sua mano non era più dentro di me a causa del lembo della camicia che invece era ancora dentro, sentii un rumore forte e netto. Aprii gli occhi e vidi che Alain aveva squartato la mia camicia, aprendola sul davanti come se fosse carta, per cui mi mostravo tutta a lui. Ossequiosa al desiderio che sentivo dentro di me, e che vedevo nei suoi occhi, mi aggrappai con tutte e due le braccia al suo collo, mentre gli cingevo i fianchi con le cosce. Un brivido mi colse quando sentii il suo cazzo sul limitare della mia fica. Mi sovvennero immediatamente tutte le sensazioni che avevo provando mentre, ignara, pensavo di avere Jean dentro di me’ e allora desiderai risentire ancora tutto quello che avevo provato. Con il bacino presi a strofinarmi su quel cazzo divino, godendo immensamente quando riuscivo a sfiorarmi quel peduncolo meraviglioso che doveva essere tutto fuori a causa dell’estrema eccitazione in cui mi trovavo. Le mani di Alain mi afferrarono le chiappe, mi allontanarono il bacino quel tanto che gli permettesse di afferrarsi il cazzo e dirigerlo dentro di me, e poi mi schiacciarono di nuovo contro il suo. Da quel momento feci tutto io, impalandomi, torcendomi, muovendomi, come le sensazioni sempre più forti dentro di me lo esigevano. Sentivo il mio respiro farsi sempre più rapido, allo stesso modo di quelle scariche che mi spingevano a muovermi sempre più velocemente su quel pistone che avevo dentro di me, fin quando non mi sembrò di non essere più in grado di muovermi’ infatti, stavo godendo! Godevo, paralizzata da quel piacere, mentre assaporavo gli ultimi colpi del bacino di Alain dopo che ebbe goduto anche lui.
Quando mi fui ripresa, mi volsi a guardare quel quadro meraviglioso che avevo davanti. La signora, che si faceva montare dal suo figliolo adottivo, e Anne che godeva con le sue mani ad assistere a quella monta. Stavano per giungere anche loro all’apice del godimento. Quando Jean fu sul punto di venire, incominciò a mugolare più forte. La mamma si sentì anch’ella vicina al piacere e, baciando intensamente Jean sulla bocca, prese a dare colpi col bacino, fin quando, nel parossismo assoluto, non vennero tutti e tre urlando.
Quella notte la trascorremmo in quel modo, godendo ognuno di quello che l’altro era disposto a dare.
Lasciammo la stanza della signora che il sole stava per levarsi, e a mostrarsi al mondo in tutto il suo fulgore e bellezza. Allora, ci rendemmo conto che, forse, era il caso di riposare dopo una notte insonne ma piena di soddisfazione.

Per non destare sospetti nel generale, al mattino, con gran fatica, eccetto Jean che sembrava per nulla stanco, ci alzammo alla solita ora per la colazione.
Dopo i soliti buongiorno, il generale volle informarsi se avevamo dormito bene.
– Io ho passato una notte magnifica! Mi sono addormentato ieri sera e mi sono svegliato stamattina rinfrancato e pieno di energia. Che gran cosa un buon sonno ristoratore’!
Beato lui! Noi ci sentivamo a pezzi, ma non restava che acconsentire.
Come dicevo, l’unico che sembrava non aver per nulla risentito degli sforzi della notte era Jean! Il suo colorito era roseo, i suoi occhi lucidi si fissavano su ognuna di noi come un lupo famelico, quasi avesse bisogno di nutrirsi del piacere che ognuna di noi poteva dargli invece di una semplice, ristoratrice, colazione. E, durante la mattinata, fu artefice e protagonista di una situazione sconvolgente che fece rimanere di stucco me, e procurò altro piacere alla sua signora madre.
Dovevano essere circa le undici. Il generale era in giardino a parlare con Alain di questioni militari. Lo sentivamo dal salone al primo piano dove, io e la signora, stavamo innaffiando i fiori, sul balcone. La signora amava molto i fiori e le piaceva curarli personalmente. Tutti i balconi risplendevano di colori a causa delle diverse varietà di piante. Eravamo lì, che innaffiavamo, mentre di sotto c’erano il generale ed Alain. Ad un tratto sento un ‘Oh!’ da parte della signora. Mi volto a guardare verso di lei, ma non vedo nulla, eccetto un volto sorpreso.
– Hai detto qualcosa, mia cara? – chiese il generale, alzando gli occhi al balcone.
– No. Niente, caro. – rispose la signora, mentre un leggero rossore le infiammava le sue guance.
Poi’ vidi un movimento sotto le sue gonne. La guardai meravigliata. Lei mi fissò, gli occhi semichiusi, mentre vedevo le sue labbra bagnate dalla lingua che non smetteva di leccarle, e la sua mano sinistra tendersi sul parapetto di marmo e stringerlo. Poi chiuse del tutto gli occhi e trasse un lungo sospiro. Di colpo vidi uscire Jean da sotto le gonne. Si teneva acquattato, dietro di esse. I suoi occhi erano lucidi, come le sue labbra. Un brivido, nonostante tutto, mi percorse nell’immaginare Jean leccare la fica della sua mamma mentre sotto c’era il generale e Alain! Ma non si accontentò di quello. Alzandosi, ma preoccupandosi di rimanere distante dal parapetto, per non essere visto dagli uomini di sotto, si aprì la patta facendoci ammirare un cazzo teso e violaceo per l’eccitazione. Senza por tempo in mezzo, e senza tener conto della pericolosa situazione, subito prese a sollevare le gonne della signora, la quale, da una parte si sentiva tremendamente attratta da quel cazzo e dalla situazione eccitante, dall’altra si tratteneva per evitare che il generale si accorgesse di tutto e finisse in tragedia. Allora, indietreggiando mentre mi passava l’annaffiatoio, afferrò con una mano il cazzo rigido di Jean e rientrò nel salone. Mi sembravano due animali da monta prima della monta. Lui che la toccava dappertutto, non volendo lasciarla neanche un secondo, e lei che rispondeva ai suoi baci e ai suoi toccamenti non staccandosi dal suo cazzo. Mi parve di vedere un bagliore negli occhi di lei e, allontanando Jean dalla sua bocca e dal suo seno, si diresse, sempre tenendolo in mano, ad una finestra che era alla sua destra. Una volta lì, si girò e prese a far finta di esaminare le piante che vi erano sul balconcino. Jean sembrò capire subito le intenzioni della sua signora mamma. Le si avvicinò e le sollevò le vesti, mettendo a nudo le sue gambe e il suo culo, dove le mutande era già semi abbassate. Gliele tolse del tutto, e così poté infilare il cazzo tesissimo dentro di lei. Vidi la signora chiudere gli occhi, sospirare e mugolare, quando lo strumento fu tutto dentro di lei.
– Hai detto qualcosa, mia cara? – ripeté il generale, a quel mugolio.
– Co’ cosa’? No! Niente’ Ahh’ ammiravo i fiori’ danno un tale’ piacere’ eeehhhuummm”
– Si. E’ un vero piacere guardarli! Complimenti, mia cara!
– Ooohhhh’ grazie’ caaahh’ rrooohhh’
Ero inebetita dallo stupore. Guardavo Jean che aveva afferrato i fianchi della signora come per paura che gli sfuggisse’ ma a giudicare dai suoi sospiri e dai movimenti del suo bacino non ne aveva alcuna intenzione’ mentre continuava a fare avanti e indietro senza pause, e mi sembrava che quello fosse lo spettacolo più bello del mondo! Ma anche la più pericolosa delle situazioni! Rimasi lì, a fissarli, fin quando non arrivarono tutte e due al godimento. Allora vidi la signora cadere a terra all’indietro, sfinita. Jean le rimase incollato, mentre il suo bacino non smise di muoversi dentro di lei se non quando, mi parve, non godette per l’ennesima volta. Due volte!!
Quando i sensi si furono acquietati, Jean e la signora si alzarono e presero a ricomporsi, mentre lui non perdeva di vista la sua mamma che si infilava le mutande. Dopo, con un sorriso e un casto bacio a tutte e due, sulle guance, si allontanò fischiettando, mentre noi sospiravamo per quel giovane puledro.

Così passarono il sabato, e anche la domenica, e le notti consumate nella passione. Quando la domenica, dopo aver pranzato, Anne e Alain si apprestavano a partire, mentre una leggera malinconia calò su di noi.
– Ma cosa avete, oggi? – chiese il generale, a tavola, guardandoci mentre beveva un bicchiere di vino – Mi sembra che dobbiate tutti andare ad un funerale?
– Ehhmm’ no, caro. E’ che abbiamo passato due giorni stupendi in compagnia dei nostri ospiti – disse la signora sibillina – che ci dispiace che debbano partire’!
– Oh, è tutto qui! Ma i nostri ospiti possono ritornare benissimo la prossima settimana, se gli aggrada! – propose il generale, sorridendo ad Alain e ad Anne, verso cui si inchinò leggermente guardandola con uno sguardo birichino – Tanto più che io non potrò esserci perché affari di stato mi reclamano a Parigi, quindi, potranno farti compagnia.
Il generale non potrà mai sapere quanto gioia ci procurò quella notizia, poiché dai nostri occhi e dalla nostra bocca uscirono solo liete esclamazioni di contentezza per quella buona novella, mentre nei nostri cuori e nei nostri corpi, i sensi si riaccesero al solo pensiero di quello che sarebbe successo nel fine settimana successivo quando, liberi da ogni impedimento, avremmo potuto godere come avremmo voluto e desiderato.

FINE

Lisette Folain

Leave a Reply