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Moana e Carlo, un amore nato in un privè.

By 12 Ottobre 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

In quel periodo, il lavoro allo strip bar, mi andava più che bene. Guadagnavo bene, avevo un gran numero di ammiratori ed ero desideratissima. Cosa potevo volere di più? Magari una relazione più stabile. Con Berni non andava alla grande. Sapevo benissimo di quella strana relazione che aveva con mio fratello e la sua ragazza, ma non gli avevo detto nulla. Ma dentro mi rodeva un po’. Forse me lo meritavo un fidanzato così. Era il prezzo da pagare per le mie continue scappatelle. La legge del contrappasso. Ma questa cosa non mi stava granché bene. Soprattutto non mi stava bene il fatto di avere un fidanzato che si inculava mio fratello alle mie spalle. Se m’avesse messo le corna con un’altra ragazza sarei stata sicuramente capace di perdonarlo. Ma mi metteva le corna con mio fratello, e questo era davvero strano. Avevo la sensazione che fosse una cosa davvero insana e immorale. Voi penserete: ma senti chi parla di immoralità! Avete ragione, ma anche la mia immoralità ha dei limiti. E qui il limite era già stato oltrepassato.
In ogni modo, come stavo dicendo poc’anzi, ero ritornata allo strip bar, e zio Giuliano mi prese in disparte per farmi un discorsetto. Sapevo benissimo che quello che mi avrebbe detto era legato alla scenata che aveva fatto mia madre il giorno prima, e infatti mi ero preparata a controbattere a quello che mi avrebbe detto.
– Ascolta Moana, ieri quello che mi ha detto tua madre mi ha ferito tantissimo. Io le voglio molto bene, e non le farei mai niente di male. E se il fatto che tu lavori qui non le sta bene, allora preferisco mandarti via.
– Zio, non ti preoccupare. E’ tutto risolto. Mamma fa sempre delle sfuriate pazzesche, però poi si calma. Sono abbastanza grande da decidere da sola quello che devo fare.
– Va bene, come non detto. Dopo le telefono e chiarisco direttamente con lei questa storia.
– Bravo, mi sembra la cosa giusta.
A quel punto andai a cambiarmi e indossai i miei vestiti da lavoro super scollacciati. Dopo il terzo drink che portai ai tavoli, e dopo numerose sculacciate affettuose da parte dei clienti del bar, il barman mi chiamò e mi disse che c’era un cliente che voleva vedermi nel priv&egrave. Nel locale c’erano infatti dei priv&egrave, cio&egrave dei tavoli nascosti dietro a delle tende, dove i clienti, se lo richiedevano, e sganciando una bella mancia, potevano intrattenersi con alcune di noi. A me non era mai capitato, però alle mie colleghe, che erano lì da più tempo era capitato numerose volte. Alcune coi clienti ci avevano fatto sesso, altre invece ci avevano scambiato solo delle romantiche effusioni. Infatti io, quando il barman mi disse che qualcuno mi voleva nel prive’, non avevo la più pallida idea di quello che avrei dovuto fare. Mi sarei anche potuta rifiutare, infatti non ero obbligata a farlo. Nessuna di noi era obbligata a fare cose contro la nostra volontà. Però pensai subito a quello che ci avrei guadagnato. Di solito, a quello che mi raccontavano, i clienti che usavano il priv&egrave erano molto generosi. Allora mi feci coraggio e mi preparati ad affrontare quella nuova esperienza. Senz’altro, pensai, ad aspettarmi dietro la tenda del priv&egrave ci sarebbe stato un vecchio scorregione, ultrasettantenne, con l’alito cattivo e il cazzo moscissimo. E invece dovetti ricredermi. Quando entrai nel priv&egrave mi trovai di fronte ad un ragazzo di una ventina d’anni, un pò stempiato ma con un bel corpo. Pensai subito che sotto quel completo elegante da sera doveva esserci proprio un corpo ben fatto. Allora richiusi la tenda alle mie spalle e mi misi a sedere al tavolo con lui.
– E tu chi sei? – gli domandai. – Non ti ho mai visto qui allo strip bar.
– Sono una persona molto discreta – rispose. Mi diede subito l’impressione di un uomo molto sicuro di sé, per niente impacciato con le donne. E poi mi sembrò da subito anche molto elegante nei modi, e molto acculturato anche. Si chiamava Carlo. Versò del vino in due calici e me ne porse uno.
Ripeto, non sapevo come andavano le cose nel priv&egrave, quindi non sapevo esattamente come comportarmi. Cominciai a farmi un’idea e pensai che dopo il vino si sarebbe tirato giù la lampo dei pantaloni e avrebbe tirato fuori il cazzo, e io avrei dovuto lavorarmi il suo palo con la bocca. E invece non andò così. Parlammo, come due vecchi amici. Lui mi domandò se ero fidanzata, e io gli raccontai della mia relazione con Berni e dei relativi problemi legati ad essa. Poi lui mi parlò della sua ragazza, e dei problemi che aveva con lei. Era una ragazza troppo fredda, mi disse. Mai una trasgressione, mai un vestito più scollato del solito o della lingerie più provocante, ma le solite mutandine comprate al mercato con i disegni degli orsetti sopra. Insomma, un disastro. La nostra più che una discussione sembrava uno sfogo, e sembrava proprio che ne avessimo bisogno entrambi. E dopo aver raccontato le nostre difficoltà sentimentali mi venne una voglia di amore accecante, un raptus incontrollabile.
– Povero ciccino – dissi, e mi inginocchiai tra le sue gambe e con una mano raggiunsi il suo pacco, che trovai già bello duro. – Da quanto tempo non te lo prende in bocca?
– Tanto, troppo tempo.
– Amore… adesso ci penso io – gli abbassai la cerniera dei jeans e tirai fuori il suo cazzo duro e spalancai gli occhi. Era un cazzo davvero splendido, bello grosso, con un glande rosso fuoco, enorme, e un’asta che non finiva mai. Me ne innamorati subito e ci strofinai le guance sopra, poi lo tempestai di baci, da sotto a sopra. – Lo sai che hai proprio un gran bel cazzo? – lo presi con una mano e lo tenni dritto, studiandolo in ogni minimo particolare. Era veramente un capolavoro. – La tua donna non sa cosa si perde.
A quel punto lo misi in bocca e cominciai a lavorarmi la cappella con la lingua, e lui mi guardava con un sorriso di approvazione. Ma la nostra conversazione proseguì. Gli domandai se era un cliente abituale del bar, e lui mi disse di no. Mi disse che era la prima volta che tradiva la sua fidanzata. Intanto io proseguivo nel farlo godere con la bocca, fermandomi di tanto in tanto per domandargli se gli piaceva quello che stavo facendo.
– Da morire. Sei proprio una pompinara.
– Sì, devo riconoscere che ci so fare – dopo un pò mi accorsi che stava per venire. Carlo chiuse gli occhi e sospirò profondamente, a quel punto mi preparai a ricevere la sua sborra in bocca. Lo feci eiaculare tra le mie labbra, ma non ingoiai. Senza farmi vedere sputai in un fazzoletto tutto il suo seme, e lui senza preavviso mi prese per i capelli e mi baciò, e la sua lingua incontrò la mia in un bacio senza respiro. Non mi aspettavo che avrebbe fatto una cosa del genere, ma mi piacque molto il suo modo di baciarmi.
– Promettimi che ci rivedremo ancora – mi disse.
– Io sono qui tutte le sere.
– Non qui, ma fuori.
– Fuori? Ma Carlo, siamo entrambi fidanzati! Come si fa?
Anche io ne avevo voglia. Parlare con lui mi aveva fatto proprio bene, e avevo tanta voglia di farlo ancora e di approfondire quella nuova conoscenza. Quello che mi stava chiedendo in fin dei conti non era una cosa assurda. Si poteva fare senz’altro. Anzi, si doveva fare.

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2015/09/la-legge-del-contrappasso.html Mi vidi con Carlo molte volte fuori dallo strip bar, ma sempre cercando di stare distanti dalle vie del centro. Lui aveva paura che ci vedesse la sua donna, e io avevo paura che mi vedesse Berni. Perché quello che facevo con Carlo non erano delle innocue scappatelle, come facevo spesso alle spalle del mio uomo, ma erano delle vere e proprie fughe d’amore. Provavo per Carlo una forma di affetto e di amore che non avevo provato con nessuno degli altri uomini con cui avevo messo le corna a Berni. Questa volta era diverso. Pensavo che col tempo questo sentimento nei confronti di Carlo si sarebbe attenuato, e invece non si attenuò per niente. E facevamo l’amore ovunque. Carlo aveva la macchina, e mi portava in posti tranquilli che conosceva lui, spesso erano posti in aperta campagna, e facevamo l’amore. Oppure una volta mi portò nella casa di campagna dei suoi, e passammo la notte lì, perché mi disse che la macchina si era rotta. Io ero contraria a rimanere lì, perché la sera sarei dovuta ritornare a lavoro. E invece lui si inventò quella balla che la macchina non ripartiva più, e così chiamai zio Giuliano e gli dissi che quella sera non sarei andata a lavoro perché ero bloccata a casa di un amico.
Ebbene, quella sera accendemmo il camino, cenammo a lume di candela, e poi facemmo l’amore. E questa volta Carlo si prese anche il mio buco di dietro. Il fuoco del camino scaldava i nostri corpi nudi. Eravamo distesi su un fianco, e lui era dietro di me, e mi inculava, ma con amore, con delicatezza, con rispetto. E nel frattempo mi massaggiava con le dita il clitoride, e io stavo letteralmente impazzendo dal piacere.
– La mia fidanzata non mi permetterebbe mai di fare una cosa del genere.
– Di penetrarla analmente? – domandai.
– Sì, dice che &egrave una cosa da animali.
– E perché, noi che siamo? – dissi. – Non siamo animali anche noi?
– Sei unica Moana. Semplicemente unica.
Il suo cazzo duro saliva e scendeva nel mio retto. E mi faceva impazzire, perché non aveva nessuna fretta di venire. Era come se Carlo stesse andando piano per prolungare quel nostro piacere all’infinito. Anche se prima o poi era inequivocabile che saremmo venuti. Però lui stava facendo di tutto affinché questa cosa avvenisse il più tardi possibile. Dopo un pò mi fece mettere a quattro zampe, e lui dietro di me. Mi afferrò con decisione per i fianchi e infilò di nuovo il suo palo dentro il mio condotto anale. E intanto mi accarezzava le natiche, poi me ne colpì una con uno schiaffo molto rumoroso, e il suono rimbombò su tutte le pareti della casetta. Ansimai di piacere e lui allora mi schiaffeggiò ancora.
– Ecco, questa &egrave un’altra cosa che la mia donna non mi permetterebbe mai – mi disse. – Una volta ci ho provato, mi ha guardato con una faccia inviperita…
– Che stupida. Tutto dipende da come lo dai uno schiaffo sul sedere. Uno schiaffo può essere irrispettoso, ma può anche essere un gesto d’amore.
– Diglielo tu. Lei dice che &egrave mancanza di rispetto.
– Senti, scusa se te lo dico, ma la tua donna doveva fare la suora.
Carlo scoppiò a ridere.
– No, dico sul serio. Doveva chiudersi in un bel convento sulle montagne e praticare la vita ascetica. Questo doveva fare. Ha sbagliato tutto nella vita.
Carlo smise di ridere e cominciò a pomparmi il culo di brutto. Era chiaro che stava per venire. Sentii le sue mani ancorarsi con decisione ai miei fianchi, le sue unghie mi entrarono nella carne e il suo grosso cazzo andarmi su e giù per il retto ad un ritmo incredibile, fino a quando proruppe in un grido di gioia, e la sua sborra mi inondò il condotto anale. Si riversò tutta nel mio corpo, calda e copiosa, mentre lui mi infilzava con le sue poche energie che gli rimanevano. Poi lo fece scivolare fuori, e con lui colò fuori un rigagnolo di sborra. Ci accasciammo per terra, davanti al camino e al calore che emanava. Mi strinse forte da dietro e mi baciò il collo. Ci addormentammo, e quando mi svegliai erano le otto del mattino. Lui era già in piedi e mi portò una tazza di latte da cui bevvi a piccoli sorsi. Dopo esserci preparati uscimmo di casa e ci accostammo alla macchina.
– E adesso come faremo a tornare a casa? – domandai.
– Perché?
– Come sarebbe a dire? Ieri mi hai detto che la macchina si &egrave rotta.
– Era una balla. Avevo tanta voglia di passare tutta la notte con te.
– Amore… come sei dolce – andai a baciarlo e lui mi palpò il sedere.
– E poi avevo voglia di questo.
– Tesoro mio… puoi averlo tutte le volte che vuoi.
Ritornammo in città, e io mi sentivo innamorata fradicia.

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2015/09/innamorata-fradicia.html Consideratemi uno che c’entra poco con questa storia, se non come uno spettatore esterno. Il mio nome &egrave… non importa il mio nome. Sono un testimone anonimo, e di me &egrave bastevole sapere che sono un uomo qualunque, con una moglie con cui vivo una vita piatta su tutti i fronti. Se scrivo &egrave solo per raccontarvi una breve storia, ovvero di quando vidi Moana in spiaggia insieme a Carlo. Era una spiaggia nudista che Moana era solita frequentare da tanto tempo. Anche io ci andavo, di tanto in tanto, perché mi piaceva spiare le coppiette in amore, di quelle che si scambiavano delle effusioni in acqua, e che non disdegnavano la presenza di qualche spettatore che con la propria presenza rendeva le loro effusioni un pò più trasgressive. Ebbene sì, sono un guardone. Ma rispondetemi con sincerità: cosa c’&egrave di più bello di spiare una coppia (soprattutto se giovane) mentre fa l’amore? Assolutamente niente. E’ uno degli spettacoli più belli che la natura possa offrire. L’amore.
Ebbene, quel giorno ero andato alla spiaggia nudista e di gente ce n’era parecchia. Di coppiette in verità ce n’erano poche. C’erano molti gay, ma di quello che facevano loro mi interessava poco. Quelli sì che ci davano dentro, ma non ero interessato a spiarli. C’erano inoltre molti guardoni come me. Noi guardoni ci riconosciamo subito. Siamo lì in acqua, e aspettiamo che qualche coppietta decida di andare a fare il bagnetto, poi lì di solito cominciano a scambiarsi piccanti baci e abbracci, e se tutto va bene iniziano a fare l’amore. E noi guardoni iniziamo a ronzargli attorno, ma con discrezione, facendo finta che il fatto non ci riguarda. E loro si accorgono di noi, e spesso la nostra presenza li eccita maggiormente. Altre volte invece la nostra presenza li blocca, e purtroppo decidono di fermarsi, lasciando noi guardoni a bocca asciutta.
Quel giorno ebbi l’impressione che sarei ritornato a casa a mani vuote, perché c’era poco movimento. Inoltre l’acqua era anche un pò fredda, perché eravamo a settembre, e le coppiette erano un pò scoraggiate dal fare le proprie cose in un acqua a quelle temperature. Ma ad un certo punto vidi loro; erano Moana e Carlo, li vidi sbucare dal nulla. Lei era bellissima, quei capelli biondi da diva del porno, quel corpo perfetto in ogni dettaglio, un culo fantastico, morbido, tondo. Ragazzi, era meravigliosa. Carlo pure era un bello stallone, era messo molto bene. Aveva l’aspetto di un uomo che a letto &egrave un vera furia (beato lui, perché io invece non sono mai stato una gran cima). Li vidi entrare in acqua mano nella mano, e io mi precipitai dietro di loro. Iniziarono a stuzzicarsi un pò facendosi il solletico a vicenda e a schizzarsi l’acqua addosso. Era chiaro da come si comportavano che si amavano molto. Poi lui la strinse da dietro e cominciò a baciarle il collo, e con le mani raggiunse le sue tette, gliele prese e le strizzò una contro l’altra. Noi guardoni, che eravamo in tutto tre, eravamo in estasi. C’erano tutti i presupposti per una sega colossale.
– Dai smettila, c’&egrave gente! – disse lei.
– E allora? E’ più eccitante.
– E dai, fai il bravo.
– Il bravo? Guarda qua come m’&egrave diventato duro.
Carlo si allontanò da lei e le fece vedere il suo cazzo che in effetti era eretto fino all’inverosimile. Aveva un cazzp davvero enorme, un’asta che non finiva più, un glande rosso e duro che non aspettava altro che infilarsi in qualche buco caldo. Moana spalancò gli occhi e lo prese con un mano, con l’intenzione di nasconderlo da occhi indiscreti.
– Daiiii! Mettilo via! Sei indecente. Qualcuno potrebbe vederti.
– E che me ne frega?
Carlo non ne voleva sapere di lasciare la presa e continuò a stuzzicarla toccandola nei punti più caldi, e Moana era molto divertita da quell’atteggiamento, ma sembrava molto restia a farsi penetrare. Era la nostra presenza. La presenza di troppi spettatori. Per farlo contento lo masturbò per qualche secondo, ma non fece altro che peggiorare la situazione; adesso Carlo era solo più arrapato di prima.
– Dai, ti prego. Fammi entrare dentro – la supplicò.
– Va bene, ma solo per qualche secondo.
Moana continuava a guardarsi intorno, la nostra presenza la disturbava un pò, ma pur di accontentare il suo Carlo gli si avvicinò e lui le infilò il cazzo in figa e iniziò a penetrarla. Ma lo spettacolo purtroppo durò soltanto qualche manciata di secondi, perché poi Moana lo fece uscire.
– Adesso basta. Voglio vedere se riesco a fare una cosa.
A quel punto fece una cosa che a noi guardoni lasciò letteralmente allibiti. Non avevamo mai visto una cosa del genere. Ebbene, si immerse completamente sott’acqua e cominciò a fargli un pompino. Vidi chiaramente la sua testa che faceva avanti e indietro su quel palo duro, e lui che beatamente godeva di quella bocca. Poi dopo qualche secondo riemerse riprendendo fiato.
– Non ce la faccio. E’ troppo difficile.
– Ci vuole solo un pò di pratica. Dai, ritorna sotto.
– No no. C’e troppa gente. Voglio ritornare a riva.
– E come faccio? Guarda qua com’e duro.
Moana lo prese in mano come prima per nasconderlo ai nostri occhi, e poi gli si mise di spalle, e gli disse di seguirla. E così uscirono, con lui che si teneva dietro di lei per nascondersi, con la sua erezione premuta in mezzo alle natiche di Moana. Riuscirono a raggiungere i teli e si acquietarono a prendere il sole. Per noi guardoni era finito lo spettacolo. Ma io ero rimasto folgorato dalla bellezza di entrambi e mi misi a spiarli anche se non facevano niente. Ad un certo punto si alzarono e cominciarono a fare una passeggiata lungo il bagnasciuga, e io gli andai dietro. Erano bellissimi, mano nella mano, e non facevo altro che guardare il culo di Moana muoversi in modo ipnotico. Gli andai dietro per quasi un chilometro senza dare nell’occhio, poi ad un certo punto qualcuno li fermò. Era a un ragazzo, anche lui ben messo di corpo, ma aveva il costume. Cominciò a flirtare con tutti e due. Era chiaro che stava cercando di abbordarli. Era chiaramente un cacciatore di coppie in cerca di avventure.
– Cosa cercate di bello?
– Niente di che – rispose lui.
– Non ti piacerebbe vedere la tua ragazza fare qualcosa con un altro uomo?
Moana sorrise a quella proposta. Ma era chiaramente una cosa che non rientrava nei loro interessi.
– No grazie – rispose Carlo. – Stiamo bene da soli.
– Peccato. Ci saremmo potuti divertire.
A quel punto si salutarono e ritornarono indietro e io dietro di loro, a spiare ogni minimo movimento. Ad un certo punto però li persi di vista. Girai in lungo e in largo senza trovarli. Erano andati via. Così me ne ritornai a casa anche io, ma avevo sempre davanti agli occhi quelle immagini. Rivedevo in continuazione Moana che prendeva in mano il cazzo di Carlo, e poi che gli faceva un pompino sott’acqua. Quelle scene si erano impresse nella mia mente, mi ossessionavano, tanto che una volta tornato a casa dovetti farmi una sega per calmarmi. Ma tutt’oggi rivedo quei momenti, e soffro un pò, perché nonostante non siano andati fino in fondo a fare l’amore, credo di non aver mai assistito ad una scena d’amore cosi bella. E penso che non mi capiterà mai più di vedere una cosa così eccitante. E ci soffro anche perché penso che non c’&egrave al mondo uomo più fortunato di Carlo. E quello che vidi quel giorno rimarrà per sempre uno dei ricordi più belli della mia mediocre vita.

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2015/09/osservazioni-di-un-guardone-qualunque_16.html Ero allo strip bar che stavo facendo il mio numero. Ricordate? Stavo orinando sul pubblico. Me l’ero trattenuta tutto il giorno, e ora schizzava fuori con un getto potente sulle facce e nelle bocche dei clienti che si accalcavano sotto al palco. Ero lì che mi tenevo le labbra della vagina aperte con le dita quando ad un certo punto mi sentii la mano di qualcuno sul braccio e fui tirata giù dal palco. Un’altra volta. Pensai subito a mia mamma, che già aveva fatto una cosa del genere qualche giorno prima, e forse era ritornata per fare il bis. Ma mi sbagliavo. Non era lei. Era una ragazza che non conoscevo. Era la prima volta che la vedevo, eppure lei era incazzatissima con me. Era vestita con un castigatissimo felpone da uomo con il logo di una squadra di basket americana stampata davanti. Un felpone osceno che non dava giustizia al suo bel seno. Infatti, la ragazza, era messa piuttosto bene con le tette, eppure non faceva niente per metterle in risalto. Quel felpone la rendeva davvero poco femminile. E poi portava i jeans e le scarpe da ginnastica. Aveva anche un bel culo. Insomma, aveva tutte le carte in regola per essere una gran topa, e invece se ne andava in giro come una camionista.
– Ehi! – urlai. – Ma ce l’avete a vizio ‘sta storia di tirarmi giù dal palco. Si può sapere tu chi sei? E soprattutto, che cazzo vuoi da me?
– Lo sai benissimo chi sono, puttana.
Provai a fare mente locale, ma davvero quella faccia non mi diceva niente. Che avevo combinato? Poi la guardai meglio e pensai subito a Carlo, che mi aveva parlato della sua fidanzata, del fatto che indossava sempre dei vestiti poco femminili. Carlo ci aveva provato più volte a chiederle di indossare qualcosa di più eccitante, come un paio di leggings, o un vestitino corto, ma senza successo. Lei gli rispondeva sempre la solita storia, e cio&egrave che i leggings erano volgari e osceni, e i vestitini corti avrebbero messo a nudo le sue cosce, e lei si sarebbe sentita in imbarazzo. Doveva essere sicuramente lei, visto e considerato com’era vestita.
– Fammi indovinare – dissi. – Sei la fidanzata di Carlo.
– Esatto. E sono venuta a dirti che devi lasciarlo in pace. Carlo e’ il mio uomo, non il tuo.
Sapevo un sacco di cose sulla loro relazione. Sapevo benissimo che lui le aveva regalato in varie occasioni della lingerie porchissima, con la speranza di rendere più trasgressive le loro notti. Lingerie che lei non aveva mai indossato, perché diceva che con quella roba addosso si sentiva in imbarazzo. Carlo aveva cercato in vari modi di rendere la loro vita sessuale meno piatta di quella di molte altre coppie. Ma ormai il declino era ad un livello preoccupante. Forse non sarebbero mai riusciti a far ripartire la loro vita intima. Il declino di una coppia e’ una cosa che fa male, una cosa difficile da accettare, e proprio per questo motivo pensai di andarci piano con la fidanzata di Carlo, e quindi di parlarle col cuore in mano, come avrebbe fatto un’amica, e non una rivale d’amore.
– Ascolta, io non sono una rovina famiglie, quindi mi faccio da parte. Ma adesso tocca a te, bella mia. Se non vuoi che Carlo ritorni da me, allora prova a dargli quello che vuole. Se lui e’ venuto da me e’ perché cercava in me quello che tu non gli hai mai dato. Lo vuoi un consiglio? Mettilo quel perizoma che ti ha regalato tre mesi fa.
– Ma come fai a sapere del perizoma?
– Me lo ha raccontato lui. Mi ha detto che te lo ha comprato nella speranza di vedertelo addosso, e tu non lo hai mai indossato. Mettilo. Fagli vedere che anche tu puoi essere porca quanto me. Gli uomini vogliono anche questo dalle proprie donne. Ma guarda come vai in giro.
– Non mi faccio giudicare da una zoccola.
– Sarò pure una zoccola, ma tu cara mia devi cambiare guardaroba.
La presi per mano e la portai nel camerino dove c’era soltanto la mia collega moldava che si stava limando le unghie. Le dissi di andare a lavorare, altrimenti avrei detto a mio zio che era una nullafacente, e lei se ne andò imprecando pesantemente contro di me nella sua lingua. Adesso ero da sola con la fidanzata di Carlo. Mi domandavo perché mi stessi barcamenando così tanto per lei, dal momento che mi aveva chiamato “zoccola” e “puttana”. Forse perché non mi andava di vederla soffrire per una storia d’amore che stava andando in frantumi. Se era venuta allo strip bar per tirarmi con la forza giù dal palco e dirmene quattro, allora voleva dire che al suo uomo ci teneva proprio tanto, Così le dissi di spogliarsi.
– Cosa!? Ma sei matta?
– Dai, togli ‘sta roba di dosso – persi la pazienza e le tolsi la felpa, nonostante lei cercasse di opporsi. Poi il resto se lo tolse da sola.
Quando la vidi nuda constatai che era messa davvero bene. Aveva un paio di tette che non finivano più. Ce le avessi avute io come lei, avrei fatto spagnole a tutta forza. Erano addirittura più grosse di quelle di mia mamma, e mia mamma le aveva proprio grandi. La fidanzata di Carlo era un po’ rotondetta, ma questo non era un male. Aveva tutte le carte in regole per diventare un gran porca. Le girai attorno per vedere com’era fatta in tutti i minimi particolari. Lei era molto in imbarazzo, tant’e che con le mani si copriva la figa per nasconderla ai miei occhi. Notai che aveva un gran bel culo, abbondante, tutto da sculacciare, e lo colpii con un sonoro schiaffone.
– Ehi! – urlò. – Ma che cazzo fai?
– C’hai proprio un bel culo, lo sai? Hai mai praticato il sesso anale con Carlo?
– Assolutamente no.
– Ah no? Per questo lo ha preteso da me.
– Avete fatto anche quello? – chiese, e quasi non ci voleva credere.
– Certo che lo abbiamo fatto. E con le tette? Come sei messa con queste meravigliose tette? Gli hai mai fatto una spagnola? – gliele presi entrambe con le mani e gliele strizzai un po’. Erano morbide, con le aureole dei capezzoli rosa e larghe. Veniva voglia di succhiarle.
– Cosa?!
– Non dirmi che non sai che cos’e una spagnola. O santo cielo, non e’ possibile!
Glielo spiegai e lei mi ascoltò attentamente, ma mi disse che non sapeva se ne sarebbe stata capace. E allora le dissi che le prime volte sarebbe stato senz’altro complicato, ma con il tempo avrebbe acquisito una certa padronanza, e Carlo sarebbe stato suo definitivamente, e non sarebbe venuto più a cercarmi. E infine le consigli di andare per negozi a comprare qualche vestitino porco, qualcosa che mettesse in risalto le sue forme generose. Qualcosa anche di volgare se necessario, ma doveva buttare via quei vestiti sgraziati da maschio che indossava. Poi, una volta a casa, le dissi, doveva indossare uno dei perizomi che le aveva comprato lui.
– E poi?
– E poi chiami Carlo, gli dici che devi parlargli. Di solito dov’e che fate l’amore?
– A casa dei miei. Loro non ci sono mai.
– Molto bene. Lo fai venire a casa dei tuoi e gli fai vedere che tipo di donna sei. Gli fai una bella spagnola come ti ho insegnato io e vedrai che lui non saprà più fare a meno di te. Però mi raccomando, dacci dentro, dai sfogo alle tue fantasie. Tira fuori la porca che &egrave in te. Altrimenti &egrave ovvio che quello poi torna da me. E adesso rivestiti e fila via perché devo ritornare a lavorare – le dissi sculacciandole un’altra volta il sedere.
Quando ritornai a lavoro non feci altro che pensare a lei per tutta la serata. Ce l’avrebbe fatta? In ogni modo ero molto fiera di me. Mi ero comportata nel modo giusto. Avrei anche potuto dirle che non me ne fregava niente, e che Carlo ormai apparteneva a me e lei doveva togliersi dalle palle. E invece no. Le avevo consigliato cosa doveva fare per riconquistarlo, come se fosse stata un’amica, una sorella. Mi ero davvero comportata in modo umano. Altro che puttana, dovevano farmi santa. Santa Moana, patrona dei pompini e del sesso anale.

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2015/09/una-fidanzata-da-educare.html

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