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noia

By 6 Febbraio 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Hanno ripreso a succhiarmi e a leccarmi il culo. Sono legata a una specie di trapezio. Le braccia dietro la schiena, le gambe e il collo alla sbarra. In questo modo tutto quello che d’interessante può esserci in me &egrave esposto agli occhi del pubblico. Non so chi tocca, chi mi succhia, chi mi lecca. Ho gli occhi bendati. Dondolo, mi fanno dondolare. Se riuscissi a rilassarmi lo troverei quasi commovente. Adesso mi sta infilando un dito nella polpa più morbida e accogliente. Davanti. Sento rumore di frustata. Spero non riservino anche a me questo trattamento. Non mi piace avere segni. Domani devo andare a scuola. Quello che mi ha messo il dito dentro, adesso sta iniziando a leccarmi il clitoride. Fa al mio clitoride quello che farei a un calippo: il più delle volte lo succhia, a volte lo morde. Adesso sta infilando il suo sesso nel mio. Io non faccio opposizione, non faccio resistenza. Ogni colpo che mi da dondolo. Non posso muovermi. Sono l’equivalente di un giocattolo a dondolo del sesso. Adesso lo leva dal davanti e cerca di mettermelo dietro, ma non trova la stessa facilità, così si rimette a succhiare. Sento la sua lingua entrarmi dentro. E sento il miei muscoli rilassarsi. Ora mi rimette un dito dentro e col polpastrello tocca la pelle che c’&egrave in alto. Come se mi stesse accarezzando, dentro. Adesso qualcuno deve avergli detto qualcosa, forse di spostarsi. Improvvisamente sento un fiotto di caldo sulla mia figa. Forse qualcuno che si &egrave solleticato, guardandoci. Non mi puliscono neanche. Usano quello come lubrificante e rimettono dentro qualcun altro, più grosso di quello di prima. E che ha molta più fretta, perché anziché farmi dondolare mi tiene ferma e continua a colpirmi. Sempre più a fondo. Ma non mi viene dentro, fa entrare piano piano il suo arnese nel mio culo, solo la punta e mi viene dentro all’inizio. Dev’essere un’immagine disgustosa con i miei genitali in esposizione, pieni di sperma. E pensare che due giorni fa avevo finito di leggere quello stupido romanzo che parlava di una mia coetanea che per diletto si mette a fare orgie con ragazzini. Così nella più assoluta noia ho deciso di rispondere a un annuncio. Adesso mi sganciano dal trapezio. Ho bisogno di qualcuno che mi sorregga perché sono rimasta li sopra per più di mezz’ora e non sento più i piedi. Mi fanno mettere a terra, per poco non cado. Qualcuno di molto alto mi circonda la vita con un braccio e mi aiuta a camminare. Il pavimento &egrave diventato improvvisamente più freddo. Sento dei fiotti di acqua calda che mi scendono tra le gambe: mi stanno lavando. Mani molto grosse lo stanno facendo con cura, come se fossi una bambina. Ho ancora la benda sugli occhi e le mani legate dietro la schiena. Sento il profumo del sapone, al mughetto. Mi passa le mani sui seni. Sono talmente grosse che con una mano riesce a coprirmi tutto un seno e a toccare l’altro. Mi fa scorrere il sapone in ogni parte del corpo. Mi dice di mettermi in ginocchio così che possa farmi un bidet. La sensazione riporta a ricordi antichi. Giorni, anni addietro in cui forse la noia non mi aveva ancora pervasa e ogni singolo contatto era un piacere. Mi metto in ginocchio con la faccia per terra e di nuovo con i miei sessi in vista. L’acqua non mi viene mai gettata direttamente passa sempre attraverso le sue mani che delicate mi accarezzano e lavano tutto quello che c’&egrave dentro. Mi lava con cura sia il dietro che il davanti. Non tralascia nessun particolare. Poi mi fa tirare su, mi asciuga con delicatezza e mi fa andare in un’altra stanza. I miei piedi indagatori percepiscono un terreno diverso dei primi due. C’&egrave il caldo solletico di una pelliccia. Diverse voci maschili riecheggiano intorno a me. Qualcuno mi offre del cognac. Ma io rifiuto, non bevo. Ammirano il mio corpo acerbo. I seni sodi, i fianchi inesistenti e la perfezione delle mie natiche. Uno di questi mi fa inginocchiare. Sento il rumore della cerniera dei pantaloni che si apre. Mi mette un dito in bocca e mi dice di prepararmi a qualcosa di ben più grosso e io da brava mi metto a succhiargli e a leccargli il dito. Lo sposto con la lingua in modo che senta la superficie liscia dei miei denti. A questo punto lui mi allarga la bocca e me lo infila. Sento subito il sapore salato dell’acqua di mare e così intingo la lingua nella fessura per tirarne fuori il nettare. Non potendo usare le mani, non lo tiro mai fuori dalla bocca. Ho imparato che trattenendo il fiato e appiattendo la lingua posso mettermelo in bocca tutto, fino a sentirmi pizzicare il naso dai peli. Ma non ho una resistenza infinita, quindi ogni due secondi devo tirarlo fuori. Sento farmi i complimenti da latri due uomini che subito mi chiedono lo stesso favore e così mischio tre sapori nella mia bocca. Stessa tecnica. Finch&egrave lo tengono loro, la punta della mia lingua va a distillare acqua dalla fonte. Quando incomincio a succhiarglielo trattengo il fiato fino a sentirlo sulle tonsille. L’ultimo a cui lo faccio non fa nemmeno in tempo ad arrivare che viene direttamente nella mia gola. Così inizio a tossire, e dopo aver finito di applaudire per i servizi resi, mi fanno sedere su una sedia e mi fanno bere dell’acqua. Sono un po’ stanca e in generale mi sto annoiando. Ora risento le voci che parlano. Ce n’&egrave uno con uno spiccato accento del nord. Ai tre di prima se n’&egrave aggiunto un quarto che parla come in un sussurro, mi chiedono se mi stia divertendo e rispondo la verità: no mi annoio. Si mettono a ridere e mi chiedono che cosa faccia per divertirmi. &egrave questo il punto: non mi diverto mai. Ora mi slacciano le mani e mi chiedono se con le mani me la so cavare bene come con la bocca. Rispondo di non averne idea. Che l’unica cosa &egrave la pratica. Così mi rialzo in piedi, lentamente, piano per paura di cadere o di inciampare e li cerco. Li tocco. Sono tutti e quattro intorno a me. In cerchio. Mi sento come un condannato a morte ad un’esecuzione: i loro fucili sono tutti puntati verso di me. Così prometto farò fare loro un gioco. Dico che li farò venire tutti e quattro insieme. Si mettono a ridere e mi dicono che &egrave impossibile. Così mi piego a p greco. Con le mani prendo gli arnesi degli uomini a due lati. A quello dietro di me dico di scegliere il buco che preferisce. Quello davanti a me lo titillo con la lingua e lo metto in bocca. La difficoltà dl masturbare &egrave che normalmente le donne fanno un movimento meccanico e con una pressione sempre uguale, mentre io &egrave come se mi immedesimassi in lui e mi immaginassi si masturbarmi e così muovo la mano con un’ondulazione particolare del polso e finch&egrave sono in punta sono morbida ma subito dopo la punta inizio a stringere e poi ritorno morbida sulla punta, dando un colpo secco verso la base. Quando con la pelle arrivo al fondo riesco a capire l’eccitazione del mio uomo dalla vena. Quello dietro &egrave un voluttuoso e si diletta col mio culo, ma per farlo entrare gli &egrave occorso tempo così devo rallentare gli altri tre, altrimenti il gioco non funzionerà. Soprattutto devo essere meno precisa con quello in bocca perché lo sento già al limite. Allora, con la testa faccio movimenti più lenti e con la bocca stringo di meno. Mentre agli altri due con la mano do colpi più decisi. Mi fermo e faccio un paio di movimenti veloci su ogni punta. Quando sento che stanno per venire, allora, all’unisono muovo le mani più velocemente. Stringo i muscoli delle natiche così che lui faccia più fatica e mi metto a succhiare la punta di quello davanti, cosicché sento il mio viso inondato di sperma, come le mie mani, e il mio culo. Ho vinto il gioco. Ora, dopo che sono venuti tutti, lo stesso uomo di prima mi viene a riprendere e mi fa passare dalla stanza col tappeto al bagno. Sento di nuovo il profumo del mughetto. Con soave delicatezza, mi lava, senza tralasciare nessuna parte del corpo. Dopodich&egrave mi mette l’accappatoio e mi fa entrare in un’altra stanza, in cui mi leva la maschera che ho sugli occhi ed esce dalla stanza dalla porta da cui &egrave entrato alle mie spalle. Mi ritrovo a riparlare con quello con cui avevo preso appuntamento che mi chede assolutamente se posso tornare. Gli rispondo: non lo so, dipende se avrò un altro pomeriggio noioso.

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