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PER DENARO

By 10 Giugno 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Una voce gentile mi aveva risposto al citofono mentre attendevo davanti all’enorme cancello di ferro battuto che si era spalancato da solo dopo poco. Percorsi il lungo viale alberato che conduceva all’enorme villa appartata al centro del parco recintato da alte mura. Non lo vedevo da almeno dieci anni ma ero tanto disperata da tentare la sorte con un uomo che un tempo era perdutamente invaghito di me. Non mi ero mai concessa a lui ma ci avevo flirtato per anni tenendolo nell’incertezza mentre godevo delle sue attenzioni poi le nostre strade si erano divise con naturalezza e ora mi trovavo costretta ad andarlo a cercare.
Il mio nome è Katia, ho ventisette anni e sono indubbiamente bella, capelli lunghi, lisci e neri come i miei occhi, un seno sodo e prosperoso, una quarta abbondante su un vitino da ape, sedere tondo e morbido sorretto da gambe formose ma toniche, il tutto incoronato da labbra carnose, veramente carnose in un metro e sessanta d’altezza. Sono la classica donna che attira lo sguardo, provocante e maliziosa.
A venti anni rimasi, casualmente, incinta di un ricco imprenditore che si prese le sue responsabilità e mi sposò subito, la gravidanza, purtroppo, non ebbe un buon esito e per di più, le complicanze, mi resero sterile ma almeno ero la moglie di un ricco uomo e la mia vita di lussi ebbe inizio, i soldi appagarono ogni mia insoddisfazione fino a un anno fa, quando lui morì in un incidente lasciandomi, inaspettatamente, piena di debiti.
Poco dopo la morte di mio marito scoprii che i suoi affari non andavano bene da molto tempo, tutto quello che avevamo era ipotecato con la banca, i conti e le carte erano in rosso e scoprii anche che doveva centomila euro a degli strozzini che ora li pretendevano da me.
Chiedere aiuto a sedicenti amici e conoscenti fu inutile, provai a irretire qualche conoscente riccone ma la mia situazione era nota e nessuno voleva una vedova spiantata palesemente alla ricerca di un pollo da spennare.
Riuscii a salvare le apparenze vendendo i gioielli e altre cianfrusaglie di mia proprietà per un anno ma ora ero proprio alla frutta, non riuscivo più a fare neanche la spesa, la banca mi dava solo un mese per pagare almeno sei rata dell’ipoteca o avrebbe messo all’asta la casa e gli strozzini mi davano lo stesso tempo o avremmo parlato di ossa rotte.
Quindi ero qui, davanti alla porta d’ingresso della villa del mio ex-spasimante che aveva vinto un’enorme somma poco dopo che ci eravamo persi di vista, speravo di avere ancora un qualche fascino su di lui, era stato sempre molto generoso come uomo e forse, sentita la mia triste storia, sarebbe divenuto la mia salvezza.
La casa era veramente faraonica e il maggiordomo mi condusse al suo studio, busso e la sua voce rispose di entrare. I dieci anni trascorsi gli avevano fatto bene, maturando era diventato molto affascinante e il completo firmato che indossava aumentava l’effetto. Mi stava guardando sorridendo da dietro un’immensa scrivania in legno massello, mi fece cenno di accomodarmi e mi offrì da bere.
Ci fu portato dell’ottimo bianco d’annata mentre ci scambiavamo i convenevoli di rito ma dopo i primi sorsi il suo sguardo mutò di colpo:
‘Katia, cara, non fraintendermi, mi fa piacere rivederti dopo tanto tempo, sei sempre un piacere per gli occhi, forse oggi più di dieci anni fa ma, sono un uomo sincero e non mi piace tirare le cose per le lunghe quindi, perdonami se sono diretto, per quale motivo posso godere della tua presenza qui oggi ?’
Deglutii un po’ a disagio, ero difficile riconoscere il ragazzo timido e insicuro di dieci anni fa nell’uomo che avevo davanti ora:
‘Immagino tu sappia della mia situazione, visto che sei stato diretto lo sarò anche io, sono veramente in grossi guai economici, banche, strozzini, il mio defunto marito mi ha lasciato in una situazione disastrosa, se non racimolo parecchio denaro entro un mese perderò la casa e mi capiterà anche di peggio, molto peggio, puoi aiutarmi ?’
Già a metà del mio discorso i suoi occhi si erano abbassati, attese che finissi con le mani incrociate e poi estrasse un’agenda da una libreria vicina.
‘Quello che ho è stato un colpo di fortuna che ho saputo ben amministrare ed ora il mio patrimonio ammonta a miliardi quindi sarei in grado di aiutarti ma c’è un problema, passò un anno dal momento in cui seppi di aver vinto a quando entrai in possesso del denaro e in quell’anno ebbi la possibilità di vedere molte persone cambiare atteggiamento nei miei confronti, vecchi amici riapparire improvvisamente, molte donne che fino al giorno prima non mi guardavano nemmeno ora mi lusingavano sfacciatamente, persone che conoscevo a malapena che venivano a confessarmi i loro problemi in cerca di aiuto.
Mi resi conto che quel denaro facevo gola a molti e che molti sarebbero stati quelli che sarebbero stati falsi con me per averne una parte quindi presi una decisione. Non avrei regalato nulla a nessuno e questa regola che mi sono posto tocca anche te e la tua situazione quindi se speravi che ti prestassi o regalassi del denaro devo, purtroppo, deluderti.
Detto questo, non potendo negare di averti sempre desiderata, voglio dirti un’altra cosa, nell’anno che attesi per avere il denaro vinto compilai un diario, ogni pagina un giorno, ogni giorno una fantasia sessuale che avrei voluto realizzare, ogni fantasia un prezzo che sarei stato disposto a pagare. Totale, 365 fantasie per 365 compensi.
Immagino che queste mie parole ti offenderanno molto ma questo diario è l’unico modo che hai per avere denaro da me.’
Vidi la sua mano allungarmi il diario sconvolta dalle sue parole, la rabbia montò subito dopo, mi alzai con classe mi girai e me ne andai senza neanche salutarlo, ero in bolletta ma non volevo perdere anche la dignità anche se la mia scena poco era credibile visto che mi ero portata via il diario.

Restai in macchina furiosa, le lacrime scendevano sul mio viso mentre la disperazione si impadroniva di me, la mia ultima speranza si era spezzata e la luce lampeggiante della riserva brillava insistente a ricordarmi che probabilmente sarei dovuta arrivare a casa a piede e avevo pure fame.
Passai un’ora in quella situazione e poi dovetti ammettere con me stessa che non sarebbe stata la prima volta che vendevo il mio corpo per sesso, certo, mai in modo così spudorato ma era veramente così diverso? Mi diedi un contegno e risistemai il trucco devastato dalle lacrime poi presi il diario e lo aprii.
C’erano perversioni di ogni genere e ognuna era descritta nei dettagli e nelle regole, le cifre in gioco in molti casi erano alte, abbastanza alte da risolvere i miei problemi nel tempo ma per quelle cifre la controparte richiesta era forte, mi chiesi che genere di uomo potesse avere quelle fantasie.
Le regole comuni ad ogni pagina erano poche, la cifra pattuita sarebbe stata saldata al termine della prestazione ma solo se la prestazione fosse stata eseguita nella sua interezza, ogni fantasia poteva essere eseguita solo una volta, accettare una fantasia non dava alcun obbligo verso le altre, avrei potuto smettere in ogni momento.
C’era poco a cui pensare, per il momento dovevo trovare un minimo di soldi per la benzina e il cibo e poi ci avrei riflettuto meglio domani, scesi dalla macchina e mi diressi verso l’ingresso.

Entrai nello studio a testa alta, chiusi la porta a chiave e senza dire una parola mi denudai completamente, attesi li in piedi, nuda, le grosse tette a fare bella mostra di se, i capezzoli turgidi, il triangolino di pelo ben rasato. I suoi occhi mi sondavano avidi mentre un sorriso si era dipinto sul suo volto, appoggiò i gomiti sulla scrivania e poi il mento sulle mani, comodo a godersi lo spettacolo per un tempo che mi sembrò infinito, brividi freddi sulla mia pelle candida mentre arrossivo per lo stare nuda davanti a lui come un burattino e alla fine fece esattamente quello che era scritto nel suo maledetto diario.
‘che numero ?’
’36 !’
Si alzò per andarsi a mettere, comodo, su una poltrona in pelle, feci un respiro profondo e diedi inizio al mio compito.
Mi avvicinai e senza guardarlo negli occhi gli slaccia i pantaloni che mi aiutò a sfilargli, poi tocco agli slip che scoprirono un membro turgido e dalle dimensioni abbondanti, più di quanto mi aspettassi. Dopo un attimo di sorpresa mi accovaccia davanti a lui, con gesto teatrale portai due dita alla bocca insalivandole bene per poi farle scendere fino alla mia fica per masturbarmi proprio come richiesto. Al contempo gli afferrai il pene con l’altra mano e lo feci accomodare fra le mie labbra.
Una mano attaccata alla bocca, la testa che faceva sue giù in un esperto pompino, non era specificato nulla nel diario, solo che dovevo masturbarmi e ingoiare quindi volevo fare terminare quel supplizio il più in fretta possibile ma non fu così.
Quell’uomo aveva una resistenza incredibile, ogni cazzo che aveva varcato le mie labbra aveva schizzato in pochi minuti ma lui no quindi dovetti iniziare a far sul serio.
Le dita che lavoravano la fica iniziavano a dare dei risultati, mi stavo bagnando e se pur con rabbia non riuscii a trattenere dei gemiti. La lingua lavorava il glande al sicuro nelle mie labbra, ci giocava, ci girava intorno lanciando frequenti e sapienti stoccate sul frenulo. Con l’aiuto della mano davanti alla bocca riuscivo a lavorarmi tutto il cazzo fino alla base, saliva mi colava dalle labbra, saliva colava sulla mia mano e sul suo attrezzo. Quando mi afferrò i capezzoli con entrambe le mani non riuscii a fare a meno di far scivolare due dita dentro al sesso bagnato, tirandomi per le tette dette il ritmo al fellatio e allo stesso ritmo le mie dita stantuffarono la figa fra rumori di umori che schizzavano ad ogni affondo con la mano.
Più il suo respiro si faceva intenso più aumentava il ritmo stringendomi i capezzoli, iniziava a farmi male ma le sensazioni che il palmo mi dava strofinando il clitoride erano più forti.
Fu un crescendo dei suoi respiri con i mie gemiti, dei suoi affondi nella mia gola con i miei nella fica e poi, con un ultimo colpo, si insinuò in profondità e li getto il suo seme, caldo, denso e appiccicoso, il sapore salato mi investì la gola, odiavo lo sperma e il senso di vomito blocco un inaspettato orgasmo che stavo per raggiungere.
Mi afferrò le tettone con tutte le mani per tirarmi a se mentre rilasciava lunghi e abbondanti getti nella mia bocca, eiaculò tanto che temetti che mi uscisse rovinando tutto il lavoro ma poi finì, dovetti deglutire tre volte quel disgustoso liquido per liberarmi la bocca ma non ne persi neanche una goccia.

Mi rivestii in fretta cercando di sembrare altezzosa, lui si rimise i pantaloni e tornò alla scrivania, appoggiò una banconota gialla da 200 euro e si rimise al lavoro.
La presi e me ne andai nel silenzio’

CONTINUA
SONO MOLTO GRADITE OPINIONI E CRITICE E SE QUALCUNO VOLESSE, 365 FANTASIE SONO TANTE DA IMMAGINARE QUINDI SI ACCETTANO SUGGERIMENTI

glorfindel@email.com
Per cancellare il sapore salato del suo sperma della bocca andai a cena nel mio locale preferito, caro, troppo caro, fra benzina, un minimo di spesa e cena avevo già bruciato i 200 ‘ che avevo guadagnato vendendo la mia bocca ad un uomo che un tempo pendeva dalle mie labbra ma almeno mi ero tolta lo sfizio di gustarmi tutto il brusio dei clienti che si stupivano nel vedermi ancora li.
Mentre mangiavo due pensieri affollavano la mia mente, quella forte eccitazione che mi aveva invaso mentre mi vendevo ad un uomo nel vero senso della parola e tutte le perversioni che avevo letto in quel diario, certo alcune arano veramente forti, si trattava di farsi straziare anima e corpo per denaro però la controparte era veramente generoso e io amavo il denaro, non potevo farne a meno per i problemi in cui mi trovavo ma non potevo farne a meno anche per lo stile di vita che mi piaceva condurre. Era inutile negarlo, amavo il denaro e gli uomini li avevo sempre scelti per i loro soldi, la differenza non era poi molta solo che ora mi sarei dovuta sottoporre a trattamenti che mai avrei creduto.
Avevo ormai deciso, l’indomani mi sarei recata da quello che consideravo il mio datore di lavoro, non provavo rabbia nei suoi confronti, non è che si fosse comportato male con me, si era limitato a non farsi spillare soldi per nulla, era stato chiaro e diretto, era disposto a compensarmi per un servizio e il servizio che gli avrei proposto domani lo avrei pagato molto caro ma prima o poi, sulla strada che avevo scelto, mi sarebbe toccato quindi meglio togliersi il dente. 30.000 ‘ avrebbero messo in pari il mutuo della casa, placato gli strozzini per almeno un mese e dato a me la possibilità di tenere il mio tenore di vita, in aggiunta, sottopormi a quella fantasia mi avrebbe aperta alla possibilità di affrontare molte altre pagine del diario e il termine aperta non lo stavo usando a caso.

Entrai nel suo ufficio nel primo pomeriggio, mi osservava dalla sua sedia, le gambe accavallate, le mani incrociate, un sorriso sicuro sul volto. Mi spogliai come il giorno prima ma questa volta molto più a mio agio, il mio fisico snello, braccia esili, gambe ben tornite e vitino stretto quasi stonavano con il seno che in confronto sembrava ancora più grosso di quanto non fosse. Nuda sui miei tacchi vertiginosi, con in mano un tubetto, attesi mentre mi osservava, girai su me stessa per farmi vedere meglio, per fargli vedere anche il lato B, il notevole lato B. Il suo sguardo voglioso mi faceva sentire bella, più che essere lui a comprarmi ero io a vendermi e la cosa mi stava eccitando, certo, fra breve mi sarei dovuta fare male per la mia paga ma era una mia scelta e volevo quei soldi.
‘che numero ?’
Come da richiesta non risposi e ancheggiando mi avvicinai a lui, mi mordevo un labbro mentre ogni passo mi avvicinava a ciò che non avevo mai fatto, ormai a pochi passi da lui dovetti cedere ai suoi occhi magnetici e abbassare lo sguardo, per quanto mi giustificassi con il denaro stavo per donarmi a quell’uomo come non avevo mai fatto prima e questo mi arrossava il viso e mi scaldava il ventre.
Gli afferrai le mani e lo feci alzare, il suo corpo a pochi centimetri dal mio nudo, il suo respiro nelle mie orecchie, il suo odore gradevole nelle narici, mi tremavano un po’ le mani mentre iniziavo a spogliarlo. Mi fece fare tutto in silenzio e più volte mi persi nell’accarezzare il corpo muscoloso, la pelle liscia, mi sentivo una puttana, no, mi sentivo la sua puttana, sua. Alla fine lo liberai degli slip, non riuscii a guardare il pene possente che svettava e spingendolo dolcemente lo feci tornare seduto.
Cosa mi stava succedendo ? Avevo il respiro affannoso e sentivo caldo, veramente caldo, lui se ne accorse e allungò una mano verso il mio sesso, si fermò a pochi millimetri, attese, non era nei patti ma, ma’
Girai la testa da un lato come a negare ciò che stavo facendo e divaricai un po’ le gambe per far spazio alla sua mano. La infilò fra le mie cosce in verticale, mi carezzò la pelle bianca e morbida facendomi venire i brividi e piano salì fino alla mia fessura, sentii il suo indice passare fra le grandi labbra facilmente e scorrere nella mia umidità fino a trovare il clitoride che strusciò lento e deciso.
Non potei evitare di mordermi ancora le labbra mentre un gemito mi sfuggiva.
‘vuoi cambiare numero ?’
Gli scostai la mano come fossi offesa, ora i miei occhi erano nei suoi, poteva comprarmi ma non domarmi, stappai il tubetto che avevo in mano e alzandolo in alto feci colare il liquido denso sul suo pene, in abbondanza, senza distogliere lo sguardo massaggia la sua mazza dal basso verso l’alto prima con una mano e poi con l’altra, ritmicamente, godendo del fatto che ora fosse lui a mordersi le labbra, continua finche non fu abbondantemente lubrificato poi divaricai bene le gambe, mi chinai verso di lui in modo che le nostre labbra fossero a pochi millimetri ma senza toccarsi, godei dei suoi occhi ipnotizzati dal mio seno che gli penzolava davant e con la mano unta raggiunsi e massaggia prima la mia fica gemendo nella sua bocca il mio piacere e poi, con gesto teatrale, continuai la corsa raggiungendo il mio buchetto inviolato e lubrificandolo bene mentre, davanti ai miei occhi, il suo cazzo vibrava per la scena che stavo recitando.
Avanzai mettendomi a cavalcioni su di lui, il sesso lucido che svettava verso il mio sesso, le sue mani calde ad afferrare il mio vitino, con una mano mi poggia sul suo petto e feci scendere l’atra dietro la schiena fino a trovare il suo cazzo, mi abbassai lentamente fino a puntare la sua cappella violacea sul mio buchino vergine, feci un po’ di pressione cominciando a ruotare un poco il bacino, lui non si muoveva, mi lasciava fare tutto con i miei ritmi osservandomi in volto, quello sguardo voglioso era troppo, chiusi gli occhi e mi abbassai ancora un po’, il grosso palo di carne sembrava non volerne sapere di entrare ma non demorsi, spingendolo con la mano e accompagnando il movimento col le rotazioni del bacino lo sentii iniziare a farsi strada in me, cercavo di stare il più rilassata possibile mentre i muscoli dello sfintere, lentamente, iniziavano a dilatarsi, la punta si stava insinuando in me e trattenendo il respiro continuai la forzatura finché la cappella non sprofondò lasciandomi tesa, sentivo il buchetto dilatato e mi fu impossibile evitare di contrarre i muscoli del sedere, mi sembrava di stritolarlo fra le chiappe ma era turgido e impediva al mio buco di richiudersi. Mentre restavo li bloccata su di lui con la sua punta nel culo sentii la sua lingua che iniziava a lapparmi i capezzoli, non provava minimamente a insinuarsi più in me concentrandosi solo sulle mie mammella, dopo avermi leccato per un po’ iniziò a prendere la punta di un capezzolo in bocca, lo succhiò leccandone la punta e leccando ancora mentre alternava risucchi forti per poi alleggerire come mi stesse facendo un pompino, era piacevole, era bravo, la mano sul suo petto scivolò verso il mio sesso grondante e senza rendermene conto inizia a masturbarmi.
Il lavoro della sua lingua su entrambe le mie tette e quello della mie mani sul clitoride alleggerirono la tensione del mio corpo, le gambe cominciarono a cedere per il piacere che mi stava invadendo lo stomaco, ogni volta che cedevano un po’ l’asta di carne scivolava nel mio sfintere allargando li dove nessuno era mai stato, smorfie di fastidio si alternavano a gemiti di lussuria. La sua lingua instancabile che saltava da una tetta all’altra, la sua bocca che mi aspirava in se avida delle mie carni, la mia mano che tormentava il clitoride per eclissare il fastidio al culo con il piacere alla fica. La sua saliva colava sui miei seni, i miei umori colavano sulle sue cosce mentre quel palo entrava e entrava quasi fosse infinito. La fica iniziava a bruciarmi tanto la stavo strofinando violentemente quando mi appoggia finalmente sulle sue cosce, mi facevamo male le cosce per lo sforzo di stare in piedi e quando sentii la sua pelle a contatto con i miei glutei mi lascia andare seduta facendo scivolare gli ultimi centimetri di cazzo nelle viscere di botto, un sospiro strozzato mi sfuggi per quel grande estraneo che mi allargava virilmente le chiappe riempiendomi come mai lo ero stata prima, abbraccia il suo collo stringendogli la testa fra le tettone mentre brividi mi percorrevano e li, immobile, restai a lungo in attesa di adattarmi alla sodomizzazione che mi ero inflitta.
Attese calmo i miei tempi cingendomi in vita e dopo qualche minuto mi staccai:
‘mi accetti per la fantasia numero 7 ?’
‘non hai ancora finito’
Mi afferrò il viso con entrambe le mani e mi baciò, un bacio passionale, inaspettato e non in programma, lasciai che si nutrisse delle mie labbra, della mia lingua a lungo, ricambiando con passione la sua voglia di baciarmi con la mia di essere baciata, era un uomo diverso da quello di dieci anni prima ma il desiderio che provava per me ero sempre lo stesso, era autentico ed era appagante.
Mentre mi mangiava la bocca afferrai le mie chiappe con entrambe le mani per divaricarle e mi sollevai sulla sua asta quasi fino in cima per poi impalarmi di nuovo, dovevo farlo molto lentamente per non farmi male ma ad ogni affondo il suo membro vibrante scorreva più agevolmente nelle mie viscere.
Si stacco dal nostro bacio e mi fece girare la testa perché vedessi l’immagine nello specchio alle mie spalle, il suo cazzo che entrava ritmicamente nel mio culo spalancato aveva un che di perverso, mi fece sentire strana, troia, donna, cagna e splendidamente sensuale, rimasi ipnotizzata a guardarmi mentre mi impalavo il culo con ritmo sempre più veloce, sentii, inaspettata la sua mano raggiungere la fica, il palmo verso l’alto, attese che mi alzassi un po’ e quando ridiscesi fece entrare due dita nella mia fessura facendomi gemere, vi rimase dentro muovendo e allargando le dita che sentivo strusciare sul cazzo nel mio culo, il pollice che impietoso titillava il clitoride, la bocca che aveva ripreso possesso delle mie tette, il corpo stimolato ovunque, il corpo stimolato troppo, gemiti incontrollati che riempivano la stanza mentre mi ero adagiata vinta sulle sue gambe, impalata completamente, masturbata sapientemente, eccitata dalla mia stessa immagine mentre mi vendevo e poi le gambe si irrigidirono, le dita dei piedi si tirarono, mi abbraccia di nuovo a lui nascondendomi nel suo collo, le dita che continuavano a tormentarmi dentro, a tormentarmi fuori, spasmi che contraevano il mio forellino slabbrato, e urlai, mi contorsi, tremai e vibrai mentre l’orgasmo mi percorrevo, mi sconquassava a lungo mentre le dita continuavano il loro lavoro, urlai e urlai fino a che non riuscii a strappare la sua mano dal mio sesso, fino a che le sensazioni non svanirono lasciandomi tremante e sudata, aggrappata a lui, inebriata dal suo odore di uomo.
Secondi, minuti, non so quanto restai li seduta, li impalata a riprendere il respiro ma poi mi alzai, lo guardai negli occhio imbarazzata, mi guardò negli occhi sorridente, soddisfatto, le mie mani a riprendere le mie natiche, il lento su e giù del mio culo sul suo cazzo che ripartiva, il bacino a ruotare mentre la sua mazza mi scavava dentro, non provavo più dolore, mi ero abituata ma avevo voglia di essere stappata, volevo che venisse.
Strinsi i muscoli dello sfintere più che potevo, i suoi occhi sognanti nei miei, le sue mani a palpare rudemente i miei seni e comincia una feroce inculata fatta di forti stantuffi, fatta di carne che sbatte sulla carne, fatta di sudore e gemiti, lo cavalcai come un’assatanata, mi inculai come mai avrei creduto che mi sarei fatta inculare e venni travolta dalla perversione della mia situazione, continua e continua ad inforcarmi anche quando sentii il suo caldo sperma riempirmi le viscere, continua mentre soffocava il suo orgasmo fra le mie mammelle e continuai fino a che non fu lui a dovermi fermare con la forza.
‘Ti accetto per la fantasia numero 7’
‘Ci vediamo questa sera a mezzanotte’
Mi alzai un po’ tremante ma mi diedi un contegno, mi rivestii soddisfatta mentre lui ancora ansimava sulla sedia, quello che era appena successo non era la sua fantasia ma solo una specie di prova d’ammissione per saggiare il mio sedere, dalla mezzanotte, per tre ore consecutive, avrebbe fatto in modo che il mio culo fosse sempre allargato da qualcosa, avrebbe avuto accesso ad ogni parte di me nel così detto modo classico ma la regola era una, il mio culo, per tre ore di seguito, sarebbe stato sodomizzato.
Il premio ? 30.000 ‘

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SONO MOLTO GRADITE OPINIONI E CRITICE E SE QUALCUNO VOLESSE, 365 FANTASIE SONO TANTE DA IMMAGINARE QUINDI SI ACCETTANO SUGGERIMENTI

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Mezzanotte in punto, abito da sera di classe, niente biancheria intima, a che scopo metterla ? Sapevo bene come sarebbe andata la serata, non ci sarebbe stata nessuna cena o cinema ma solo e soltanto l’usare e l’abusare del mio corpo quindi tanto valeva semplificare le cose. Bella, splendente mi accingevo a bussare alla sua porta sentendomi come una escort di classe, come una puttana ma poi no’ perché una puttana ? Le differenze erano molte e significative, sceglievo io con chi andare, sceglievo io se e quando andarci, sceglievo io quale sua fantasia realizzare e, soprattutto, non credo proprio che esistano escort pagate 10.000 ‘ l’ora.
Mi aprì la porta lui stesso, mi tese la mano, sorridente, nel silenzio, che era uomo di poche, pochissime parole lo avevo capito bene, mi lasciai accompagnare nella sua stupenda villa, al piano interrato e poi dentro una stanza che capii subito essere la stanza del mio supplizio.
Mentre mi guardavo intorno, stupita dai mille usi che quella stanza suggeriva, sentii le sue mani che slacciavano la lampo del vestito, la seta scivolò docile sulla mia pelle vellutata finendo, inerte, a terra, lasciandomi nuda in tutta la mia elegante bellezza.
Rimase sempre alle mie spalle e io lascia che fosse così, rumori e poi la sua mano calda, ricoperta di una sostanza fredda, direttamente nel solco del mio culo, annunciato protagonista di quella lunga nottata, aveva affittato un giocattolo e come tale mi trattave senza perdersi in inutili e falsi corteggiamenti.
Fu delicato nell’ungermi abbondantemente, fu delicato anche nel far scorrere un dito nel mio orifizio mentre restavo immobile a farmi usare. Roteò dentro di me per poi iniziare qualche lento affondo saggiando la mia resistenza, durò poco e ricomparve davanti al mio viso, i suo occhi libidinosi, i miei fieri in contrasto con quello che gli lasciavo fare, distese un braccio in un gesto teatrale indicandomi e invitandomi verso un oggetto. Era una specie di puf rettangolare, arrotondato e abbastanza lungo, largo il giusto per potervisi sedere a cavalcioni comodamente, nel mezzo spuntava un fallo, dieci centimetri al massimo di lunghezza e largo circa due dita.
Con atteggiamento dignitoso mi avviai, lo scavalcai con una gamba e piantando gli occhi nei suoi feci prima scorrere una mano fra le mie chiappe per ungerla, la usai per lubrificare bene l’attrezzo e inizia a calarmici sopra. Muovendo i fianchi presi la mira per centrare il mio buchetto e mi sedetti abbastanza in fretta, avrei potuto fare in modo di farmi meno male nell’inserirlo ma preferii un po’ di dolore al fargli vedere la paura che provavo dentro.
Ben seduta con quell’attrezzo infilzato nelle viscere scossi la testa facendo fluttuare i lisci capelli neri e:
‘e ora ?’
Accolse la mia sfida con un ghigno soddisfatto, il mio fronteggiarlo mentre mi facevo usare sembrava piacergli e piaceva anche a me solo che poi vidi distintamente la sua mano muoversi nella tasca dei pantaloni, un click e un ronzio. Inarcai la schiena sorpresa e non riuscii a evitare di rimanere a bocca aperta, il fallo nel mio culo aveva iniziato a muoversi e non stantuffando ma in senso rotatorio, il fallo, un po’ inclinato, si faceva largo nel culo, per quanto non fosse grosso quel movimento gli permetteva di spingere sulle pareti del mio ano dilatandolo in ogni direzione. Era duro e mi forzava, non proprio doloroso ma abbastanza vicino ad esserlo da mettermi in una posizione scomoda, tesa in tutto il corpo come pronta ad una fitta atroce.
Lui si tolse la camicia rimanendo a torso nudo e iniziò a girarmi intorno osservando ciò che aveva acquistato, gran parte della mia spavalderia era evaporata per lo strano movimento che nel culo e per quanto ci provassi non riuscivo a fare a meno di stare con la schiena inarcata, il bacino in fuori e tutti i muscoli tesi. Passandomi vicino iniziò a sfiorarmi con la punta della dita, le braccia, i polpacci, le cosce, lunghe pennellate sulla schiena che mi fecero venire i brividi poi lo sentii accomodarsi dietro di me mentre il ronzio del fallo che ruotava riempiva la stanza, le mani si misero ad accarezzare l’esterno delle cosce e i fianchi, sulla schiena rigida riversò teneri baci, lunghe leccate, con calma assoluta, per minuti lentissimi, avevo i brividi ovunque, mi sollevò delicatamente le braccia portandomele dietro la testa in modo da esporre il corpo, continuò a carezzare le cosce ma a mono piena, la parte sopra, afferrandole pienamente, i pollici che, seguendo lo scorrere delle mani, arrivavano a lambire il mio sesso senza trovarlo, i baci che coprivano tutta la schiena sconfinando sui fianchi, verso i seni ma senza mai raggiungerli, saliva e saliva leccando fino al collo, inclinai la testa per fargli spazio e lascia che mi assaggiare fino a trovare l’orecchio sinistro, il lobo, succhiato, mordicchiato e laccato per arrivare al centro dell’orecchio a mandarmi scariche, brividi, libidine ovunque. Mi sentivo bruciare, il sesso ormai grondante, il culo rovistato in modo meccanicamente spietato, i capezzoli turgidi che urlavano la voglia di quella lingua che non voleva raggiungerli. La voglia si era impadronita di me e girai la testa, la bocca spalancata, la lingua protesa a cercare la sua strappata al mio orecchio da quel gesto improvviso ma si ritrasse, si ritrasse quando già sentivo il sapore del suo alito, mi sfuggi per tornare alla schiena con baci appassionati, vogliosi mentre mi afferrava di botto le tette, da sotto, a piene mani, palpandole, impastandole, stringendole mentre scivolavano nella sua presa fino a che non gli rimasero che i capezzoli gonfi che tirò, stiracchio e torse costringendomi a gemere il mio piacere, la mia voglia, il mio desiderio. Li strinse mentre li tirava in tutte le direzioni, li strinse finché non mi vide mordermi il labbro inferiore e strinse più forte costringendomi a gemere per il dolore, gemere spudoratamente e mi lasciò ansimante alzandosi, mi lasciò a quel cazzo che instancabile mi sondava il culo.
Mi girò intorno soddisfatto del mio viso travolto dal desiderio, un po’ di saliva mi colava dalla bocca per il tempo che avevo passato a mugolare sguaiatamente.
Si sedette con calma di fronte a me, appoggiai le mani sul suo petto muscoloso ormai priva di ogni dignità, ormai schiava di quel piacere perverso e con il respiro affanno, gli occhio prigionieri del suo sguardo sicuro vidi una sua mano muoversi, sentii le sue dita trovare la mia fica, affondarvi dentro passando le grandi labbra, immergersi nelle piccole a divaricarle e trovare quello spazio fra il clitoride e l’ingresso della vagina.
Desideravo così tanto che mi toccasse, desideravo così tanto che mi masturbasse, lo volevo, lo volevo intensamente, brutalmente ma lui, al contrario, diede inizio ad un lento stimolare in senso rotatorio di quel preciso punto, ad ogni giro sfiorava il clitoride turgido e l’imbocco della fica facendomi desiderare tanto la penetrazione quanto la masturbazione. Provai a muovermi per farlo arrivare a pieno almeno in un punto ma il fallo nel culo mi lasciava poco spazio, mi artigliai al suo pezzo per la frustrazione per quelle sensazioni stupende ma mai abbastanza forti, lui mi osservava mentre mi contorcevo godendo del mio stato e continuò a ruotare e ruotare, sfiorando e sfiorando con ritmo instancabile. L’orgasmo salì con una lentezza estenuante, sembrava non dover arrivare mai, mi sembrava di dover vivere su quella soglia che precede la perdita totale di controllo, che precede le contrazioni e il piacere totale, ma anche se in modo lentissimo mano a mano l’eccitazione saliva e più saliva e più ansimavo e più ansimavo più il mio corpo veniva attraversato da sporadiche scariche che mi facevano contrarre i muscoli, che mi facevano contrarre il culo divaricato da quell’ospite meccanico. Più mi avvicinavo all’orgasmo più lui rallentava la velocità dei giri delle sue dita ma allargandone il raggio in modo da strusciare sempre più il clitoride. Dopo mezz’ora di quel trattamento, con un ultimo, lentissimo, giro delle sue dita, mentre passava strusciando con forza sul punto più sensibile del mio sesso, mentre l’aria mi arrivava in pesanti, lunghi respiri, esplosi, esplosi urlando un orgasmo sconquassante, esplosi afferrandomi alle sue braccia con la testa china in avanti, tremando convulsamente in tutto il corpo, tesa al limite dei crampi e incapace di articolare una frase coerente. Esplosi tanto da dove afferrare il suo polso con entrambe le mani per fermarlo, per impedirgli di toccare ancora la mia vagina tanto era sensibile. Continuai ad ansimare travolta dal sensibilizzarsi del corpo, l’oggetto che mi stava sodomizzando continuava impietoso la sua corsa straziandomi il culo, anch’esso sensibile, come mi stessero infilando mille aghi roventi nel cervello e poi, finalmente, lo spense lasciandomi il tempo di smaltire quel sovraccarico di sensazioni mentre, dolcemente, mi carezzava i capelli zuppi di sudore.

Attese che riprendessi il controllo di me continuando a coccolarmi dolcemente fino a che non rialzai la testa e allora parlò per la prima volta nella serata:
‘sei pronta a continuare ?’
Feci cenno di si con la testa ed era vero, sparì alle mie spalle e tornò dopo breve con in mano un fallo di gomma rossa attaccato ad una specie di coda, sfiorandomi mi fece intendere di alzarmi e appena mi fui stappata il culo lo riempì di nuovo con quel coso che entrò docilmente, avevo la coda, voleva forse farmi camminare a quattro zampe come una cagna, non era nei patti ma lo avrei fatto, eccome se lo avrei fatto, sarei stata la sua cagna, mi sentivo la sua cagna in calore ma mi accompagnò fino ad un basso tavolo imbottito, lungo come la mia schiena e con dei supporti per le gambe, mi ci fece stendere a pancia in su, la testa e parte del culo rimanevano fuori dalla piana, mi legò le braccia alle gambe e poi le caviglie ai supporti, ero inerme esattamente all’altezza del suo pacco, la gambe alzate e divaricate, il sesso e l’ano completamente esposti, la mia nuova coda che penzolava verso terra. Alzai la testa e lo vidi finire di denudarsi, il pene possente, eretto e turgido in tutta la sua grandezza. Abbandonai la testa all’indietro pronta a continuare a ricoprire il mio ruolo di giocattolo in affitto. Estrasse il fallo gettandolo via e mi penetrò, mi sodomizzo maestosamente, la sua carne bollente che entrava spavalda nel mio sfintere allargandolo ulteriormente, allargandolo in profondità. Non riuscii a trattenere un roco rantolo per l’intromissione e non riuscii a trattenere quelli successivi quando uscì completamente per poi riaffondare, non di botto ma in modo virile. Spingeva finché i suoi fianchi non cozzavano i mie glutei e poi si ritraeva liberandomi completamente ma solo per l’istante che precedeva il nuovo affondo. Ad ogni lunga stantuffata rispondevo ansimando profondamente, ripeté l’operazione una ventina di volte fino a che il suo pene non imparò la strada per affondare nel mio culo ed allora allungò le mani ad afferrarmi le grosse tette e continuò il suo entrare e uscire ritmico, sentivo il mio buchino che cercava di richiudersi ogni volta che veniva abbandonato ma, ogni volta, veniva violato, forzato, dal nuovo affondo. Non aumentò mai il ritmo così che il suo orgasmo salisse lento come era stato per il mio, si stava riprendendo quello che mi aveva dato, cento, forse duecento affondi nella mia carne, sentivo la fica fradicia comprimersi ed aprirsi ad ogni stantuffata e i miei rochi rantoli erano ormai un solo e unico gemito di disperazione mista a lussuria. Lacrime mi solcavano il viso come pioggia su un vetro, saliva colava ai lati della bocca sempre spalancata a grugnire e mentre il rumore degli infiniti flop mi tamburellava le orecchi sentii le mani sul mio seno irrigidirsi ma neanche allora il ritmo non aumentò, ancora dieci, venti affondi mentre le dita penetravano nelle morbide mammelle fino a farmi male per testimoniare il suo piacere e poi scoppiò, uscì dal mio di dietro e appoggiandosi al mio bacino cominciò a segarsi violentemente, ruggendo, godendo e venne, lunghi e densi fiotti furono sparati dal suo cazzo, mi investirono la pancia, le tette e il viso, continuava a schizzare e schizzare una quantità di denso succo bianco, ora capivo perché avevo fatto fatica a tenere in bocca il suo sperma, perché avevo deglutito tanto per ingoiarlo tutto, era un fiume e sembrava non aver fine, mi colava in ogni parte del corpo, colava in densi rivoli dal mio collo e lo sentivo ricoprire ormai tutto il mio seno e il viso ma poi, con gli ultimi suoi rantoli, il getto si interruppe lasciando entrambe ansimanti.

Rimase appoggiato a me tremante per un po’ ma poi si riprese, diede un’occhiata all’orologio, aveva ancora un’ora e mezza del mio culo a disposizione, si allontanò, lo osservai tornare un con carrellino poco più basso del tavolo, sopra vi era installato una specie di grosso trapano alla cui estremità vi era un fallo di gomma nera, morbida, di almeno venti centimetri di lunghezza e tre di diametro e c’era un tubicino che aggiungeva sempre lubrificante.
Ebbi paura mentre lo lubrificava, ebbi paura mentre lo puntava sul mio forellino ma lascia fare mentre prendeva le misure inserendomelo dentro fino in fondo, il mio culo era ormai vinto e accettava questo nuovo ospite senza troppo sforzo ma poi lo accese.
Non era un trapano, non ruotava ma pistonava, lo aveva regolato in modo che il macchinario mi sodomizzare a fondo inserendo il fallo per tutta la lunghezza per poi ritrarsi lasciandomi dentro solo la cappella. Regolò la velocità sul ritmo di una scopata indiavolata e poi si mise alle mie spalle, il suo scroto appoggiato alla mia bocca, mi misi a leccargli le palle enormi mentre si gustava la scena di quello strumento che faceva pieno scempio del mio sedere.
Fra lo spettacolo e la mia lingua, mentre mi palpava con calma le tette, sentii la sua mazza riprendere vita, passai una buona mezz’ora in quella pratica, mezzora di affondi violenti e veloci nel mio sfintere, mezz’ora gemendo disperata mentre leccavo e succhiavo il suo cazzo, quando avevo iniziato era ancora sporco per la sborrata colossale me ebbi tutto il tempo per ripulirlo a dovere, leccai l’asta, i coglioni succhiandoli ad uno a uno nella bocca e senza neanche accorgemene mi trovai a leccare il suo buco del culo, lappando e assaporando, cercando di introdurvi la lingua che tenevo, oscenamente, distesa all’infuori, vi strusciava sopra il cazzo, il culo come fosse un tappeto per pulirsi le scarpe e mi riproponeva il suo buco, proprio sulla bocca per baciarlo e adorarlo, il mio lavoro sembrava piacergli molto e alla fine non resistette e me lo ritrovai spinto in gola, dio che bello, dio che buono, per quanto il culo mi bruciasse far saettare la lingua sul quel glande, su quel frenulo era paradisiaco, in quella posizione riusciva a puntarmi fino alla gola facendomene ingoiare almeno la metà della sua mazza ma poi si stancò, scavalcò lo strumento che imperturbabile affondava e riaffondava in me e mi sprofondò nella fica come fosse di burro fuso, mi afferrò per i fianchi e rimanendo ben piantato mi scopò con movimenti circolare, il suo uccello che faceva pressione con quello nel mio culo, la sua cappella in profondità a stimolare ad ogni giro quel punto nascosto, inebriante. Mano a mano aggiunse ai giri sempre più avanti e indietro nella mia fica grondante, mi stava scopando di un bene , mi stava facendo godere, i miei rantoli divennero sempre più di pura goduria, il cazzo di gomma a devastarmi il culo, il suo cazzo pulsante a massaggiarmi rudemente la fica, stringevo le mani ritmicamente, contorcevo le dita dei piedi allo stesso ritmo, legata, bloccata in quella doppia penetrazione, assordata dalla voce di lui che urlava l’arrivo di un nuovo orgasmo, travolta ad ogni respiro dall’arrivo di un mio nuovo orgasmo, i suoi colpi sempre più decisi e mentre una violenta scossa elettrica mi attraversava il cervello invadendolo di piacere i suoi rantoli mi immersero in una nuova, copiosa, pioggia di sperma caldo, lunga, appagante ma quando ebbe finito, mentre ancora mi contraevo, iniziò a strusciarmi il cazzo direttamente sulla fica, direttamente sul clitoride troppo sensibile, cercavo di sbattermi per sfuggire a quelle sensazioni laceranti, intense, assordanti ma ero legata bene e lui continuò a strusciarlo, a sbattermelo contro il sesso come fosse una mazza e poi mi fu ancora dentro, ancora in profondità. Come in trans lo vidi spostare una mano verso l’attrezzo che mi inculava e aumentarne la velocità al massimo, il cazzo di gomma cominciò a saettare nel mio culo ad una velocità inumana, un martello pneumatico fatto non per spaccare muri ma per spaccarmi il culo, urlai come una pazza, urlai e mi divincolai, non era dolore ma era troppo, stavo impazzendo mentre, incurante, mi afferrava saldamente per i fianchi, le dita ad affondare nel piccolo vitino per dare il via ad una furiosa, animale scopata.
Era appena venuto e il tempo per cui subii quel trattamento fu enorme, non avevo più la cognizione di ciò che mi circondava, sentivo solo il suo cazzo bollente, l’infinito stantuffare nel mio culo e le sue dita che mi artigliavano, riuscivo solo a gemere fra un respiro affannoso e l’altro ma poi venne mentre a ritmi diversi i miei orifizzi venivano usati, consumati, violentati, venne di nuovo, incredibilmente e copioso ero ormai ricoperta completamente di densa sborra e guidata da non so cosa alzai la testa, spalancai la bocca e assatanata comincia e leccare tutto lo sperma che riuscivo, getti densi mi centrarono le labbra, sorsate intere deglutii nel mio stomaco e poi tutto finì, la macchina venne spenta, il mio culo liberato mentre convulsioni incontrollate mi percorrevano.

‘abbiamo ancora mezz’ora e il premio è tuo’
Lo sentii e feci segno di si con la testa anche se non so bene come, mi liberò e mi portò in braccio, sudicia di sborra, sul letto, un cuscino sotto il culo, corde a tenermi ferme le braccia e le gambe ben aperte, si pose fra di esse e iniziò ad inserirmi delle palline anali, arano almeno sei o sette, grandi quasi come palle da tennis, ogni volta che una entrava senti il culo aprirsi e richiudersi in attesa della palla successiva ma poco mi importava, mi stava leccando, mi leccava la fica e lo faceva così bene, la lingua che saettava delicata sulle piccole labbra, impudente sul clitoride e con veloci colpi in quello spazio subito sotto. Leccava così bene da farmi perdere la cognizione delle varie pari del mio sesso, la fica era diventata un’unica massa pulsante di desiderio contornata da quelle palline che continuava a far entrare e uscire a due a due. Ci vollero pochi minuti perché mi abbandonassi ad un urlante, intenso orgasmo ma non si fermò, continuò a leccare e laccare, la fica troppo sensibile che chiedeva pietà, il cervello in corto circuito mentre il lavoro di lingua che prima aveva dato gioia ora dava troppa, insopportabile gioia ma lui non si fermò, continuò fra i miei urli disperati fino a che non divenne ancora piace, piacere ancora più intenso, avevo i crampi allo stomaco, mi formicolavano manie e piedi e poi venni, venni ancora in modo intenso, sbattendomi sul letto, trattenuta dalle corde, come se il materasso bruciasse ma non era ancora pago, si girò e salì su di me costringendomi ad un 69, il pene incastrato nella mia gola, il suo bacino a fare su e giù nelle mie labbra, la lingua, ancora la lingua, ancora più intensa come mi stesse leccando la pelle viva, le palline sbattute dentro e strappate fuori mentre i muscoli del mio ano si aprivano e si chiudevano ritmicamente e ancora, ancora, ancora fino ad un nuovo, terrificante orgasmo che pensai mi avrebbe spaccata in due, crampi dentro, crampi fuori, urla strozzate dalle sue cappella ma alla fine, strappando le palline per gettarle, alzandosi sulle braccia per spingere il pene in profondità nella mia gola, liberandomi finalmente da quella ruvida lingua che tanto sofferto piacere mi aveva dato venne anche lui, mi venne in gola tanto copioso che lo sperma mi schizzo fuori dalle labbra incapaci di trattenere tanta abbondanza, ingoia tutto quello che potei, ingoia come fosse nettare mentre tanto mi colava fuori e mi abbandonai sfinita.

Mi svegliai dopo un paio di ore, sola, slegata e coperta, mi alzai dolorante, il culo beh’ che mi potevo aspettare dopo tre ore di sodomia ? ma sul comodino il mio assegno, sorrisi, mi vestii in fretta e mi diressi a casa soddisfatta, avevo bisogno di riposo’

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glorfindel@email.com
QUESTO CAPITOLO E’ SCRITTO DA UN’AUTRICE CHE PREFERISCE RESTARE ANONIMA’

Il giorno dopo mi svegliai, ero sola, nuda nel mio letto, l’assegno sul comodino. “Allora è tutto vero, non ho sognato” pensai… “Ahi che male al culo!”
Mi alzai e goffamente arrivai in bagno, mi lavai la faccia poi un bidet mi rinfrescò alleviando il dolore provocato da quell’intensa scopata della sera precedente.
Mi sono fatta sodomizzare per tre ore….- pensai – e mi è piaciuto un sacco, per di più ora ho 30.000 euro per quei bastardi della banca.
Magari 30.000 euro bastassero anche per gli strozzini.
Momentaneamente soddisfatta e spensierata (un po’ di sollievo dopo mesi terribili era ciò che ci voleva), andai in banca, versai l’assegno e tenni 1000 euro per me, mi regalerò una mattinata di relax al centro commerciale.
Parcheggiata la macchina (finalmente con il pieno di benzina!!!) entrai nel centro commerciale con un’aria spavalda, dopo tanto tempo mi sentivo di nuovo viva, avevo il mondo ai miei piedi e ci stavo camminando sopra con un tacco vertiginoso. (eh si, avevo deciso di vestirmi elegante, come ai vecchi tempi: camicia bianca, gonna, autoregenti e un tacco da favola)
Iniziai a girare per negozi e stavo bene finalmente padrona del mio tempo, finalmente capace di entrare in un negozio e scegliere qualsiasi vestito.
Sapevo che la mia era un’illusione e che i 1000 euro sarebbero finiti in fretta allora decisi di non badare a quanto in fretta farli finire, decisi che li avrei spesi tutti in quella mattinata, me lo meritavo dopo tanto penare.
Entrai nel primo, nel secondo, nel terzo negozio, insomma dopo 2 ore e mezza ero rimasta con 50 euro, ero più che soddisfatta per gli acquisti fatti, il mio morale era alle stelle.
In fondo al corridoio del centro commerciale vidi un solarium centro estetico, “Ecco dove spenderò la mia ultima 50 ‘”
Una volta dentro e letti i cartelli con i vari servizi offerti decisi che avrei fatto una lampada e poi un massaggio.
Quindi mi spogliai e entrai nel bagno di sole completamente nuda.
Dopo dieci minuti, finita la lampada, uscii e mi fecero stendere sul lettino, in attesa di essere massaggiata.
Nella mia mente tornava lui, lui e quel suo diario male/bene detto.
Stavo aspettando un massaggio e inevitabilmente il mio pensiero è andato alla fantasia numero 28 del diario: la sua fantasia di scopare una donna insieme a un altro uomo.
Presa da un istinto animale lo chiamai e gli dissi: “Solarium del centro commerciale, pagina 28”
Lui rispose con un semplice “OK”
La fantasia prevedeva che lui entrasse in una stanza in cui un uomo e una donna stessero già facendo l’amore, per poi aggiungersi alla coppia, perciò prima che lui arrivasse dovevo inventarmi qualcosa.
Il massaggiatore era arrivato, io naturalmente ero nuda sotto un lenzuolo che mi copriva dal fondoschiena in giù, ero stesa a pancia sotto.
Il massaggiatore era un bel ragazzo, alto, fisico non scolpito ma muscoloso al punto giusto.
Iniziò col cospargermi la schiena di olio, già questo era una goduria per me, ma non sapevo quanto tempo avevo per passare ai fatti perciò dovetti bruciare le tappe.
Iniziai con l’allargare un po’ le gambe (ancora coperte dal lenzuolo che però iniziava a prendere la forma del mio sedere)
Ogni volta che lui scendeva sui reni io alzavo il sedere all’insù, questo movimento faceva scendere di volta in volta il lenzuolo, scoprendo sempre una parte di pelle in più.
I brividi mi assalivano, avevo la pelle d’oca e ad ogni passaggio delle sue mani sentivo un calore entrare in me.
Dopo un po’ avevo il sedere scoperto e il ragazzo non parve scandalizzarsi, anzi iniziò a massaggiarmi le chiappe ungendole; si era impadronito del mio corpo, in quel momento ho focalizzato che non potevo più tornare indietro, ormai ero sua, la mia mente era sua, il mio corpo la seguiva con fremiti e gemiti.
A quel punto il ghiaccio era rotto, quindi allungai una mano iniziando a accarezzare il pacco del massaggiatore, lui capendo le mie intenzioni iniziò a massaggiarmi l’interno coscia passando la mano sulla fica (da dietro), introdusse le sue dita calde e unte nel mio spacco già di per sé bollente e bagnato, ad ogni passaggio mi portava alle stelle.
In un attimo mi sono ritrovata con il suo bel’uccellone in bocca, leccarlo, segarlo e succhiarlo era una goduria e io sapevo che non ci saremmo fermati lì.
All’improvviso sentii aprire la porta, è lui!!!!!!!!!!!!!
Ci vede lì, con me stesa, nuda e con un cazzo in bocca; in un baleno si toglie i pantaloni e viene vicino alla mia faccia.
Ero lì, stesa con due uccelli davanti agli occhi, le mie mani a massaggiare le palle dei due ragazzi e la mia lingua a sfiorare prima una, poi l’altra cappella per poi scendere ancora e leccare le palle, risalire sull’asta e tornare a insistere sulla cappella.
Mentre continuavo a toccarli sono scesa dal lettino per piegarmi accogliendo il pisello che ormai conoscevo a memoria in bocca.
Il massaggiatore ha approfittato per venire dietro di me che avevo tutte le cosce e i buchi unti di olio da massaggi e umori, poi mi infilò il pisellone nella figa per iniziare a spingere sempre più forte.
Sotto i colpi che ricevevo da dietro continuavo a succhiare l’altro pisello, sentivo le mani del massaggiatore accarezzarmi la schiena, poi prendermi i fianchi con decisione per poter meglio affondare il cazzo dentro di me.
Poi feci stendere il mio uomo sul lettino e iniziai a cavalcarlo, intanto il ragazzo si faceva una sega.
Era bellissimo avere un pisello dentro di me e poterne ammirare un altro in tutta la sua erezione.
Dopo un po’ invitai il massaggiatore a unirsi al nostro gioco, lui mi raggiunse da dietro e io con una mano indirizzai il suo cazzo verso il mio bel buchino.
Dapprima lui poggiò solamente la cappella, poi prese un altro po’ d’olio e se lo spalmò in punta, poi si riposizionò e affondò il suo pisello dentro il mio culo.
Lo sentivo farsi spazio dentro di me, mi sentivo piena, sentivo i due piselli fare avanti e indietro dentro di me, ora insieme, ora alternandosi. Ero tutta un gemito, piangevo di dolore ma godevo di piacere, le tette ballavano sotto i colpi dei due cazzi, ero unta, sudata e bagnata come non mai.
Dopo qualche minuto di puro piacere/dolore scesi dal lettino, mi inginocchiai e iniziai un dolce doppio pompino per i miei due uomini. Loro ricevevano volentieri questa mia attenzione massaggiandomi il seno e accarezzandomi i capelli.
Insieme i due mi avvisarono del loro imminente godimento, accompagno le loro mani sui loro piselli, voglio che facciano da soli, voglio avere le mani libere per godere al massimo.
Con una mano inizio a massaggiarmi la fica in maniera oscena, con l’altra mantengo alto il seno, spero di ricevere un bagno di sperma e sono pronta a farlo.
In breve ero ricoperta di dolce miele bianco, ne avevo in faccia e sulle tette. Me lo sono spalmato addosso come se fosse una crema, poi ho leccato le mie mani e sono tornata a avvolgere fra le dita i due uccelli ancora sporchi di sperma.
Li ho puliti per bene leccandone prima uno e poi l’altro, ho leccato e succhiato la cappella per non lasciare perdere nemmeno una goccia di nettare.
Senza lavarmi mi sono rivestita, ho riscosso 1000 ‘ e sono andata via’

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‘Quindicimila euro sono pochi rispetto al debito che ha ereditato da suo marito’
‘Infatti l’ho, chiaramente, definito come un acconto’
‘L’ho sentita ma sua marito, già prima della sua morte, era in forte ritardo con i pagamenti e un acconto non è accettabile a questo punto’
L’uomo, grasso e pelato, di poco più alto di me, camicia macchiata dal sudore e con la pancia che trasbordava sopra la cintura di pelle nera mi guardava con occhi sadici sapendo perfettamente quale era la situazione e divertendosi a mettermi in difficoltà, si sentiva il gatto ed io ero il topolino con cui giocava.
‘Purtroppo questo è il massimo che posso fare ora ma le assicuro che in breve tempo avrà ciò che le è dovuto’
‘In breve tempo’ Sa quante volte mi viene detta questa frase ? No, no, non risponda, è retorico, mi viene detta ogni qual volta qualcuno che ho generosamente aiutato mi delude ritardando i pagamenti concordati’
‘Questa frase le viene detta mentre le portano quindicimila euro a parziale rimborso del suo credito ??? Le banconote che ha appena contato dovrebbero darmi un po’ di credibilità’
‘Queste banconote coprono appena gli interessi maturati e io rimango esposto di altri centomila, come dovrei comportarmi dopo tutto questo tempo ?’
Storsi il naso alla notizia degli interessi, il mio debito era ancora immutato ma me lo aspettavo.
‘Le ho dato tutto quello che avevo, mi sto riprendendo e a breve avrà il resto e tutti gli eventuali interessi che dovessero maturare.’
‘Vede, lei mi chiede di credere alle sue parole ma poi mi dice di avermi dato tutto quello che aveva mentre so per certo che ha versato una somma quasi uguale alla banca’
‘Ma mi avrebbero portato via la casa !!!’
‘Non è colpa mia, resta il fatto che ha pensato prima ai suoi interessi lasciando me che mi sono dimostrato tanto disponibile con un buco di denaro ingente’
Il suo gioco era chiaro, non è che le mie ragioni non avessero senso solo che a lui non interessavano, si stava approfittando della situazione per ottenere il più possibile e dallo sghignazzare dei tre tirapiedi alle sue spalle e dalla esplicita libidine con cui mi spogliava con gli occhi quel porco schifoso e puzzolente non avevo molti dubbi su dove volesse arrivare.
‘Non posso che ripetere che riavrà quanto dovuto nel minor tempo possibile quindi se ha intenzione di farmi picchiare dai suoi gorilla lo faccia e basta, più di questo non potrei comunque fare’
‘ohhh’ che carattere impavido, lei ha il mio rispetto ma, Katia, donne come lei non si picchiano, sarebbe un peccato rovinare la sua bellezza o almeno lo sarebbe se fatto troppo presto, a donne eccitanti come lei il messaggio di non tirare troppo la corda si può mandare in modi molto più appaganti’
Mentre pronunciava questa, pietrificante, farse, mentre il suo ghigno si apriva, mentre la sua scontata tela si richiudeva su di me, vidi i tre loschi individui sgusciare da dietro la scrivania per venire verso di me, le mani già a massaggiarsi i pacchi, sghignazzanti.
Eravamo nel retro del bar di proprietà dello strozzino, avrei potuto tentare la fuga ma per arrivare dove ? Avevo un debito di centomila euro e il creditore pretendeva il pagamento immediato, non voleva aspettare e mi avrebbe spiegato le sue ragioni passando per il mio corpo, sopra il mio carpo.
Il cervello ragionava il più velocemente possibile mentre i miei aguzzini percorrevano la strada che ci separava come a rallentatore, avevo caldo, avevo paura poi’
‘Ok, ok, non avvicinatevi oltre, ho capito, posso trovarli, oggi pomeriggio, alle 16:00, a casa mia, avrete i vostri soldi fino all’ultimo’
Mentre la faccia di Salvatore, lo strozzino, prendeva una forma stupita cercando di capire la mia mossa io mi girai e me ne andai senza dargli il tempo di riflettere.
Il mio cuore batté all’impazzata fino a che non fui in macchina, avevo il terrore di sentire una mano ad afferrarmi per portarmi indietro ma non avvenne.
Cinque minuti dopo, mentre guidavo ormai calma, riflettei sulla mia scelta e non trovai altra soluzione, se doveva essere almeno ne sarebbe valsa la pena e avrei chiuso questa storia.
”’
15:30, suona la porta, M, il mio ricco ex-corteggiatore, l’uomo che da qualche giorno mi pagava per realizzare le sue fantasie sessuali, entrò in casa.
Lo avevo chiamato io, lapidaria, al telefono, avevo detto solo:
‘fantasia 87’
Era rimasto così stupito che, dopo un breve silenzio, mi aveva chiesto se ne ero certa.
Mancava poco alle 16:00 e non mi persi in ospitali convenevoli, lo spinsi verso uno sgabuzzino e lo feci entrare dicendogli:
‘qui dentro c’è un telefono, se dovessi vedere che rischio di essere ammazzata, ti prego, chiama aiuto, sto mettendo la mia vita nelle tue mani, altrimenti, goditi la tua fantasia. Come vedi c’è un grosso vetro, in sala è specchiato ma tu vedrai tutto, chiudi a chiave’
Non gli diedi il tempo di rispondere e chiusi la porta per andare a sedermi sul divano ad attendere il mio destino.
Il mio piano era semplice, Salvatore voleva stuprarmi e per salvarmi mi servivano centomila euro subito, M era stato chiaro anche se forse, in questo caso, credo che avrebbe fatto un eccezione, forse, non so, non era importante, non volevo soldi da lui che non mi fossi guadagnata e qui stava il nodo della situazione.
Nel suo diario c’era una fantasia che avrebbe pagato proprio centomila euro, era una delle più remunerative ma anche una delle più estreme, mi avrebbe dato quei soldi per assistere al mio stupro, non uno di quelli da film porno, una situazione reale.
Quando lessi quella fantasia non potei fare a meno di pensare che non l’avrei mai soddisfatta, sarebbe stato terrorizzante, una volta iniziato non avrei avuto il minimo controllo sulla situazione ma poi, visto che comunque sarebbe successo, pensai di farmelo fare mentre lui guardava, mi dava anche una forma di sicurezza saperlo li anche se ero sicura che sarebbe intervenuto solo se avessero cercato di ammazzarmi ma per il resto, M, non era il tipo da mettere in discussione una mia scelta, qualunque cosa mi avessero fatto non si sarebbe mosso.
Una volta finito avrei avuto i soldi per pagare il debito e questa maledetta storia avrebbe avuto fine lasciandomi la possibilità di riprendere a vivere.
Mi tremavano le mani, non riuscivo a fermarle, brividi freddi mentre attendevo l’esecuzione della condanna poi, mentre il pendolo batteva le 16:00, puntuale come solo uno strozzino saprebbe essere, suonò il campanello.
”’
Salvatore entrò seguito dai tre tizi che avevo già visto, restammo in piedi in sala in bella mostra per M che guardava da dietro il vetro specchiato, tutte le finestre ben chiuse, avevo preparato lo scenario del mio stupro:
‘Ebbene’
Deglutii poi presi un respiro profondo, era ora’
‘Ho fatto il possibile ma non sono riuscita a rimediare quanto ti devo’
Un veloce sguardo di intesa fra gli uomini, lo colsi chiaramente poi le cose acquistarono una velocità travolgente.
Prima che me ne rendessi conto avevo un uomo alle spalle che con gesti violenti afferrò per il collo il vestito a tubino che indossavo e lo strappò di netto, i miei grossi seni esplosero in bella vista sobbalzando presentati da un mio grido stupito, un altro strap mi privò degli slip lasciandomi completamente nuda sulle mia scarpe dall’alto tacco, mi sentii afferrare per le braccia mentre rimanevo immobile, offerta in sacrificio a quello schifoso personaggio in pegno per i debiti di mio marito.
‘Se deve essere uno stupro che sia uno stupro vero, sulla sedia !’
Sentii Salvatore parlare intontita dagli eventi, venni strattonata inerme verso una sedia mentre tutti si spogliavano, fui fatta piegare in modo da appoggiare il ventre alla seduta, il seno che penzolava verso terra, le chiappe ben esposte, trattenuta in posizione dalla morsa d’acciaio degli uomini.
Salvatore si spogliò lentamente dopo essersi messo di fronte a me in modo che mi potessi godere la scena, si liberò della camicia sudata e il suo fetore avvolse la stanza, rotoli di grasso colavano intorno alla cintura da tutto il torso peloso, fece cadere i pantaloni e li sfilò, il pacco ben gonfio dentro gli slip bianchi che tolse con un ghigno soddisfatto in volto, ne emerse un pene turgido, abbastanza lungo anche se non raggiungeva i venti centimetri ma largo, largo incredibilmente, come una lattina di cola, mi si avvicinò menandoselo e me lo strofinò sulla faccia, l’igiene personale non doveva essere il suo forte, il membro aveva un odore forte e la cappella era ricoperta da una patina bianca, conati di vomito mi assalirono mentre, la testa trattenuta a forza, me lo strofinava ripetutamente sulle labbra tra le risa generali.
Lo vidi muoversi per andare alle mie spalle:
‘tappatele la bocca, non mi va di sentirla urlare’
Un pene di buone dimensioni mi venne presentato davanti alla faccia:
‘vedi di non mordere o ti strappo tutti i denti’
Me lo puntò sulle labbra che tenevo bene serrate ma poi venni afferrata per il naso e, appena la mancanza d’aria mi costrinse a aprire la bocca, mi venne piantato dentro con foga, l’uomo stantuffava freneticamente mentre io cercavo di ostruire la strada con la lingua ma i forti e ripetuti affondi mi vinsero in breve, la cappella superò l’ostacolo e affondò di botto fino alla gola, tossì mentre trattenevo i rigurgiti ma poco fregò all’uomo che mi stava chiavando le labbra che continuò una furiosa scopata afferrandosi ai miei morbidi capelli per dare più forza al suo stantuffare.
Alle mie spalle, intanto, qualcuno mi stava tenendo allargate le chiappe tante forte da farmi male, sentii sputare e umido sul mio buchino in cui si andò ad infilare prepotentemente un tozzo dito, sicuramente quello di salvatore, mi frugò e rovistò dentro il canale, girando e piegando, spingendo e scavando, continuò con calma uscendo, sputando per lubrificare e rientrando a dilatare ma poi arrivò il momento della cappella.
Sentii il largo attrezzo che mi puntava, mani a tenermi ben aperta e una forte, violenta pressione, per quanto negli ultimi giorni fossi divenuta avvezza a quella pratica il mio culo mal accettava quelle dimensioni, il buchetto si allargò contro voglia mano a mano che la punta veniva inserita a forza, presto la dilatazione fu troppa e mi trovai a mugolare per il dolore sbattendo le gambe e cercando di sottrarmi ma gli uomini erano troppo forti e i il mio sbattersi somigliava a quello di una tartaruga capovolta sul guscio.
Mi sembrava che il culo mi si stesse strappando ma Salvatore doveva ben sapere cosa fosse uno stupro, continuò a pigiare il suo cazzo nelle mie carni spietatamente, lo sentivo farsi strada millimetro dopo millimetro come le lacrime si facevano strada sul mio viso, cercavo scampo al cazzo che mi martellava l’ugola per trovare aria, per urlare e con un ultimo, lancinante, dolore sentii la cappella varcare lo stretto anello di carne e iniziare a sprofondare in me. Raggiunto l’obbiettivo, puntato il glande al mio interno, ora che non rischiava più che il cazzo gli sfuggisse di lato, Salvatore, si appoggiò con tutto il suo massiccio peso e forzò l’intera asta dentro il mio culo rapidamente, la sentii strusciarmi dentro come stridendo, continuavo a sbattermi, saliva mi colava ai lati della bocca mentre mugolavo disperata, soffocata, azzittita, emettevo suoni che in un’altra situazione sarebbero sembrati buffi.
Sentii la sua pancia appoggiarsi sul mio culo ben prima che tutta l’asta fosse inserita, sentii il peso del suo sudaticcio, peloso, corpo appoggiarsi su di me, sentii gli ultimi centimetri inchiodarsi nelle mie viscere e, in fine, sentii i suoi coglioni sbattermi sul sesso.
‘ahhh, credo proprio di averti rotto il culo, inizi a capire la situazione cara ? ahh’ che sciocco, non puoi parlare, beh’ vedrò di spiegarmi meglio’
Rumori osceni uscivano dalla mia bocca insieme a colpi di tosse e singulti di vomito, saliva in quantità mi colava sul mento mentre l’uomo davanti a me continuava a pomparmi la gola, sentii le mani di salvatore afferrare i miei fianchi proprio sopra le natiche, nell’incavo del mio vitino, per quanto già in me, con un colpo di reni, diede un affondo maggiore come slancio per poi uscire e rientrare di botto, il culo mi bruciava e lo sentivo teso all’inverosimile, Salvatore ansimava, sentivo il suo sudore colarmi addosso copioso, diede vita e una lenta e violenta inculata, ad ogni affondo indugiava un attimo in me, spingendo in profondità con il suo peso mentre riprendeva fiato per poi infliggermi un altro, doloroso, affondo con quel suo ingombrante attrezzo.
Mentre il mio culo veniva, violentemente, dilatato il primo getto di sperma, salato, denso e appiccicoso mi venne somministrato direttamente all’imbocco della gola, mi andò di traverso e tossii ma il maiale non mi liberò le labbra fino a che non mi vide deglutire tutto il suo frutto.
La sedia su cui ero imprigionata scricchiolava tanto forti erano gli affondi nel mio ano, la seduta mi segnava le morbide carni per come venivo compressa dall’inculata, diedi respiri profondi guaendo quando la gola mi fu liberta ma durò poco, un nuovo pene, ingombrante e maleodorante mi venne presentato, serrai le labbra con la stessa forza con cui avrei voluto serrare il mio povero culo ormai rotto per non farvi entrare questo nuovo attrezzo ma quello che mi aveva appena eiaculato nello stomaco mi fece cambiare idea in fratta, mi afferro le tette contemporaneamente e cominciò a stringere finché non urlai dal dolore.
‘troia, ho il cazzo un po’ sporco, se vuoi che il mio amico ti liberi le tettone direi che me lo devi lavare ben bene con la lingua’
Vinta dal dolore, sodomizzata con calma, afferrai il membro e inizia a leccarlo per tutta la lunghezza, girai e girai la cappella lappando via tutto lo sporco, assaporando lo smegma, sbavando e gemendo fico a che l’uomo, eccitato oltre misura, non prese possesso della mia bocca ripartendo con una nuova stantuffata.
Per fortuna quello che mi teneva le tette fu di parola e mi liberò dandomi sollievo ma solo per spostarsi più in dietro, lo sentii mentre introduceva tre dita nel mio sesso reso strettissimo dal grosso pene che mi martellava il culo, le dita entrarono a forza ma mi fecero rendere conto di essere completamente zuppa.
‘senti questa troia, sta godendo, è fradicia, è un lago’
Salvatore si fermò un attimo dentro di me:
‘ah, ti piace il trattamento ? toglile quella dita dalla fica finocchio, mi sembra che mi tocchi l’uccello’
Salvatore ripartì a montarmi ma iniziò a mollare dei tremendi schiaffi sui miei glutei, aveva mani grosse e pesanti e ogni volta che mi colpiva sentivo vibrare tutto il corpo, ad ogni colpo mi sembrava che le mani affondassero sempre di più, un bruciore intenso si allargava sulle natiche ad unirsi a quello all’ano, il porco aveva aumentato il ritmo galvanizzato da quello sfogo di violenza, il grosso cazzo pistonato in me, le sberle che si susseguivano a decine, il cazzo in gola sempre più in fondo ma poi lo stozzino mi afferrò le chiappe con le mani stringendo forte le carni arrossate, tirando e piantandosi in me il più in profondità possibile, le dita che stringevano la pelle martoriata erano terribili mentre avvertivo il suo sperma invadermi, mentre sentivi i suoi rochi sospiri di godimento. L’uomo nella mia bocca ne uscì e segandosi furiosamente mi venne sulla faccia schizzando tanto sperma da ricoprirmela completamente e poi mi lasciarono li , stesa sulla sedia, liquidi di vario genere che colavano dalla faccia, dal mio buchino spanato, le chiappe in fiamme.
‘intrattenetela un po’ che chiamo i ragazzi’
Quella frase distrusse ogni mia speranza, credevo fosse finita ma mi sbagliavo e di grosso.
Dei quattro presenti solo uno non aveva ancora eiaculato grazie al mio corpo, si sdraiò sul tappeto, venni presa e alzata di forza per essere calata su di lui, seduta, il suo cazzo mi entrò nella fica come fosse di burro fuso, fui costretta ad allungare le gambe fino a che i piedi non si incastrarono sotto le ascelle dell’uomo che mi scopava impedendomi di muovermi, con uno straccio mi legarono le mani dietro la schiena e con un altro mi imbavagliarono dopo avermi cacciato in bocca le mie mutande, così conciata, i due, in piedi, mi afferrarono, ognuno, una tetta a due mani per iniziare a tirarmi verso l’alto fino ad estrarre il pene in me quasi completamente per poi lasciarmi di peso ad impalarmi di nuovo, le tette mi facevano un male cane, l’uomo sotto di me rimase immobile a farsi segare dalla mia fica mossa in quel modo brutale, mi sembrava che mi si strappassero le carni ogni volta che mi alzavano e visto che lo stantuffare non poteva essere più veloce di un tanto ci vollero non so quante trazioni prima che il cazzo che stavo servendo fosse pago e mi annaffiasse l’utero di sperma.
Venni buttata su un fianco in malo modo, circondata dai tre che ridevano sguaiatamente con gli uccelli mosci in mano e per un momento mi estrania pensando a M che stava guardando tutto, che stava vedendo la mia umiliazione, mi chiese cosa stesse pensando mentre tre caldi getti di puzzolente urina mi colpirono, mi innaffiarono tutto il corpo, uno si accanì sul mio bavaglio inzuppandolo tanto che il sapore del suo piscio mi riempì la gola.
Stavano scrollando i cazzi dalle ultime gocce quando si sentì bussare alla porta.
”’
Vidi entrare diversi uomini, credo sette, risa e battute sul mio stato riempirono subito la stanza mentre attendevo sfatta il proseguire del mio destino, gli abiti dei nuovi arrivati volarono in pochi secondi e uno fu subito su di me, dopo avermi liberata dei legacci la sua mano mi afferrò la fica perfettamente esposta, tre dita scivolarono dentro facilmente, in profondità, l’altra mano mi cinse dietro il collo e, in quella posizione, mi sentii sollevare di peso per poi essere adagiata bruscamente sul divano, la mano sempre in me a frugare, rimestare come cercasse in una borsa, sguazzando, avida fra i miei abbondati, indesiderati, copiosi umori.
Uno mi scavalcò la testa per spingermi il membro fra le labbra nel sedersi, nell’inserirsi, di peso, in profondità nella mia gola, spingendo e forzando mentre la mia lingua lavorava, lappava, gustava quella carne bollente. Mani ovunque, numerose, sui seni, sulle cosce, sul culo, schiaffi in ogni parte a lasciare rosse, brucianti, firme sella pelle, tette che sobbalzavano sotto i colpi, libere, e morbide per fermarsi solo quando venivo afferrata per i capezzoli, ritorti e stirati verso l’alto, frignavo e mugolavo, godevo e imprecavo mentre dita si impadronivano anche del secondo canale per frugarlo nello stesso modo in cui il primo veniva ancora frugato.
Gli uomini si attardarono a giocare con me per una buona mezz’ora in cui non ebbi pace, non ebbi riposo, in cui fui posseduta e riposseduta in tutti i modi e in tutti i buchi possibili.
Un grosso tipo con un grosso cazzo si posizionò fra le mie gambe spalancate, ne sentii la presenza accecata dall’avere un corpo seduto sopra la mia faccia ad inchiodarmi il pene nella gola, mi sentii infilare due dita di ogni mano nella fica per tirare, allargare con forza facendomi guaire e senza ritrarle approfittò della voragine creata per infilzarmi il suo arnese nell’umido antro e per dare via ad una furiosa cavalcata.
Il cazzo mi venne ritratto dalla gola per poter appoggiare il culo di un maleodorante sgherro sulle labbra, leccai convulsamente, sbavando e ansimando, persa fino al punto di cercare volontariamente di introdurre la lingua in lui.
Fui strattonata a terra, a cavalcioni di un cazzo che mi stava attendendo, di un cazzo che guidai con le mie stesse mani dentro di me, il culo esposto, divaricato dalle mani di chi mi stava sotto, invito troppo palese per rimanere inascoltato, il secondo canale fu riempito con facilità, con impeto, ero piena, trapanata e infilzata ovunque, il viso a terra, al fianco della testa di chi si godeva il mio sesso, quello sopra, quello che mi inculava, allungò un piede, lo portò alle mie labbra e senza richieste, gli ingoia l’alluce sudaticcio, lo leccai, lo ciuccia ebbra per tutto il sesso che mi veniva imposto, con quello schifoso dito in bocca assaporai un primo intenso orgasmo che continuò in un lungo sali scendi nel tempo, esplodendo e poi sciamando solo per ripresentarsi dopo poco, cazzi ovunque si alternavano nel mio corpo, nelle mie labbra, fra le mie mani che li massaggiavano mentre attendevano il loro turno.
Salvatore si accomodò sul divano, il membro tornato rigido, l’espressione soddisfatta, fui tirata in ginocchio davanti a lui per spingere la testa ad ingoiarlo, era grosso, mi faceva male la mandibola tanto dovevo dilatarla ma la forza degli uomini fu sufficiente a vincermi e mi fu dentro, serrato a pressione fra le labbra, le sue mani ad afferrarmi i capelli per guidarmi sue e giù in un rumore di risucchio.
Fui presa per i fianchi e costretta ad alzarmi sui piedi e in quella posizione, piegata a 90 gradi, iniziarono ad alternarsi nello stantuffare nei miei buchi senza tregua.
I miei gemiti erano ininterrotti, vinta restavo li, gioco senza volontà per i loro arnesi.
Alla fine, Salvatore, riversò il suo sperma nella mia bocca, copioso e disgustoso come l’uomo che lo aveva prodotto, mi stapparono tirandomi indietro la testa e costringendomi in ginocchio, tenuta forte per il collo, con la bocca spalancata a tre alla volta tutti si segarono davanti al mio viso per poi riversarmi con precisione, dentro le labbra, il loro frutto biancastro.
Quando tutti si furono sfogati la bocca era piena, colma fino all’orlo delle labbra di sperma, colma come un calice, straripante, mi furono serrate le labbra, tappato il naso e nelle risa generale i miei aguzzini mi osservarono mentre deglutivo, sorso dopo sorso, tutto il loro seme.
Mi lasciarono a terra ansante, sfatta e in breve se ne andarono, rimase solo Salvatore che si era rivestito.
Con la coda dell’occhio lo vidi armeggiare nell’angolo cottura, non capivo cosa facesse ma sentii le sue parole:
‘Immagino che il messaggio ti sia arrivato chiaro e forte ma credo sia meglio fare qualcosa per far si che tu non te lo dimentichi, diciamo, qualcosa di più indelebile ‘
Inorridita lo vidi che scaldava la punta di un coltello sulla fiamma, il metallo divenne blu poi rosso e poi aumentò la sua intensità in modo terrorizzante, lui mi guardava con un ghigno malefico.
No, no, ti prego, questo no, salvatemi, non mi ammazzerà ma questo no, aiuto, la polizia, dimmi che hai chiamato la polizia, dimmi che sto per udire le sirene, che verrò salvata.
Piangevo inerte al suolo ma non udii mai le sirene, quello che udii fu un suono diverso, un click secco, la porta che si apriva lentamente, M che usciva a passo sicuro, un foglio nelle sue mani mentre si avvicinava a Salvatore su cui uno sguardo stupito, quasi terrorizzato, si era dipinto in volto, il coltello finì a terra a sfrigolare sulla moquette, i due uomini a pochi centimetri:
‘questo estingue il suo debito, lei non sentirà più parlare di te’
Salvatore prese l’assegno senza neanche guardarlo e in breve fuggi via, era finita.
M mi si avvicinò, mi sollevò sulle braccia, mi portò in bagno e mi mise nella vasca, lo guardai in silenzio mentre mi lavava delicatamente, in modo paterno, mi asciugò sostenendomi e poi mi pose nel letto coprendomi con premura. Prese un altro assegno e lo pose sul comodino al mio fianco, il suo volto era strano, non riuscivo a decifrarlo.
‘Questo è il tuo compenso’
‘No, hai già pagato lo strozzino e io non voglio nulla in regalo’
Era difficile essere orgogliosa dopo quello a cui ero stata sottoposta davanti ai suoi occhi ma era vero, volevo essere io l’artefice del mio destino e della mia nuova vita.
‘Salvatore è stato pagato come spesa per la realizzazione dello spettacolo che mi hai procurato e a cui spero che non dovrò assistere mai più, capita che le fantasia, se tramutate in realtà, svelino di essere ben diverse da come le immaginavamo. Oggi, tu, hai chiarito dei lati di me che non comprendevo bene ed è giusto che il tuo lavoro venga ricompensato.
Non hai più debiti con gli strozzini, sei in pari con la banca e hai appena guadagnato una cifra che ti permetterà di avere tutto il tempo per riorganizzarti.
Ora non dovrai più fare nulla per necessità, tutto quello che vivrai da oggi in poi lo vivrai perché lo vorrai vivere senza alcuna costrizione’
Avevo capito cosa intendeva e il sonno mi avvolse mentre guardavo la sua sagoma allontanarsi’

CONTINUA
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glorfindel@email.com
QUESTO RACCONTI E’ SCRITTO IN CONTEMPORANEA CON Anonima1 SCAMBIANDOCI I RUOLI NEL CORSO DEL CAPITOLO

Mi svegliai poco dopo l’ora di pranzo, avevo una gran fame ma ancora di più avevo fame di credere che tutto quello che mi era successo fosse reale, l’assegno sul mio comodino era una prova ma volevo qualcosa di più tangibile, trangugia qualcosa al volo e corsi da lui
”’
Era di nuovo li, nuda davanti a me, bella come un sospiro, attraente come la vita, sensuale nella sua perfetta incarnazione di tutto ciò che significa essere donna.
Era di nuovo li, senza costrizione, senza necessità per sua scelta e volontà.
“fantasia 101″
La sentii pronunciare quella frase sorridendo, gioiosa, felice. Aveva voglia di giocare e aveva deciso di farlo con me. Lo sguardo sicuro nei miei occhi, i seni, prosperosi, che svettavano spavaldi, i capezzoli turgidi, il ventre piatto e fra le gambe appena allargate, il suo sesso che quasi brillava nel tradire l’umidità che faticava a contenere.
La fantasia di per se era abbastanza semplice, in pratica un 69 con lei sopra con un’unica variante, per superare la prova sarebbe dovuta riuscire a far entrare tutto il mio pene in bocca, fino alla radice. Non ho un pene gigante ma é comunque di belle dimensioni, abbastanza largo da farle forzare la mascella e lungo quasi 20 cm, per prenderlo tutto se lo sarebbe dovuto cacciare dentro la gola schivando conati e imparando ad aprirsi in un modo nuovo. Ci sarebbe voluto tempo per inserirlo tutto e solo allora avrebbe potuto iniziare a lavorare per farmi venire. Durante tutto il processo io avrei avuto i suoi buchi a portata di mano e di lingua e ne avrei fatto buon uso.
La presi per mano e la accompagnai in camera da letto, mi spoglia con le labbra a pochi centimetri dalle sue, nutrendomi del suo respiro eccitato, i capezzoli che mi sfioravano ad ogni boccata d’aria. Mi sdraiai e la attesi osservando tutta la sua invitante bellezza…
”’
Mi misi su di lui, girata, i miei seni sfioravano la sua pancia. Avanti agli occhi avevo quel pisello che tanto mi stava facendo godere e tanta voglia di regalare momenti di puro piacere all’uomo dalle mille fantasie.
Appena sistemata sentii un dito sfiorare il mio buchino, subito dopo la lingua del mio uomo stava già assaporando gli umori che bagnavano la mia figa. Come da accordi ho iniziato a giocare col suo cazzo, dapprima baciandolo e leccandolo, poi prendendo in bocca la cappella, con le mani massaggiavo le palle, di tanto in tanto le leccavo scendendo con la lingua lungo tutta l’asta.
”’
Salì sopra di me leggiadra, femminile in ogni movenze, il panorama delle sue gambe che mi scavalcavano, del suo seno magnifico che penzolando sfiorava il mio ventre fu secondo solo all’immagine che ebbi una volta che si fu accomodata.
Mentre sentivo il suo respiro accarezzare il mio sesso rimasi rapito dalla sua figa, dal suo culo li a pochi centimetri dal mio viso.
La tentazione fu troppo forte, appoggia un dito sul suo sfintere spingendo appena ma senza forzarlo e assaggiai un attimo quel frutto che mi veniva offerto così apertamente ma poi mi ritrassi, cercai la calma che mi serviva per godere appieno di quel dono e respirando a fondo, mentre lei iniziava il suo abile gioco con il mio cazzo io iniziai il mio.
Un rumore secco, le morbide carni che vibravano, il suo lamento, misto a un gemito e soffocato dalla mia carne nella sua bocca, due sberle, in contemporanea su quel culo estasiante, neanche troppo leggere, i segni delle dita che andavano a delinearsi in rosso, le afferrai le chiappe, le tirai per essere spettatore del suo sesso che si dischiudeva, le grandi labbra seguite subito dalle piccole a lasciare oscenamente alla vista l’entrata della vagina, grondante di salati umori, il clitoride, gonfio, pulsante e invitante.
I pollici sul suo buchino, a massaggiarlo, prepararlo, avvisarlo che sarebbe stato protagonista, la mia lingua, avida, vogliosa, una lunga, singola leccata, robusta e prepotente, a strusciare il clitoride sentendolo, teso, lasciare come un solco sul ruvido della lingua, la punta, irrigidita a cercare di scavare quello spazio che mi divideva dall’ingresso del paradiso e poi dentro, prepotente, in lei, più giù possibile, muovendo, ruotando e scavando.
I pollici a massaggiare l’ano, la lingua in lei a rovistare fra i suoi umori e poi un’altro ciaf, forse ancora più forte, le carni che vibrano fino al sesso, fino dentro il sesso, fino alla mia lingua ma questa volta nessuna protesta, solo gemiti, la sua testa che si alza un attimo, la immagino mordersi le labbra, sento i suoni del suo piacere e poi torna giù al suo lavoro regalandomi brividi come io ricomincio il mio regalandoli a lei, dedicandomi con cura al clitoride mentre massaggio, tiro e forzo il suo buco più prezioso senza, ancora, vincerlo.
”’
Stavo vivendo uno dei più intensi momenti della mia vita, uno dei più piacevoli istanti: avevo la figa totalmente bagnata, l’altro buchino stimolato dalle dita e un bel cazzo avanti agli occhi.
Continuavo a leccarlo, massaggiarlo, bagnarlo, ma la missione era un’altra; non è che non volessi prenderlo tutto in bocca, però ero talmente preda del piacere che quasi me ne stavo dimenticando.
Tornata un attimo in me presi coscienza e iniziai a inquadrare l’obiettivo.
Ho preso il pisello con la mano, dalla base lo mantenevo dritto, poi ho iniziato a accogliere la cappella in bocca, piano piano sono scesa fino a metà asta, intanto con le mani massaggiavo le palle e con la lingua giocherellavo sulla cappella (ormai chiusa nella mia bocca), piano piano continuo a scendere, un centimetro alla volta… arrivata a tre quarti di pisello in bocca ho iniziato a avere qualche fastidio, la cappella toccava l’ugola e stava per arrivare in gola, un primo conato ha aumentato la mia salivazione, sentivo la saliva colarmi sulla lingua, in parte uscire fuori.
Con le mani spalmavo la saliva fuoriuscita sulle palle’ mancava solo qualche centimetro quindi con cautela cercavo di guadagnare spazio, facendo un po’ di su e giù con la testa cercavo di scendere ogni volta un po’ di più.
In breve mi sono ritrovata con tutto il cazzo in bocca, la cappella ormai era in gola, avevo una gran voglia di vomitare e un sacco di saliva usciva dalle mie labbra. Come se non bastasse lui ha iniziato a muoversi ficcandomi ancora meglio il cazzo in bocca…
”’
I preliminari sembravano essere finiti, stava puntando l’obbiettivo, mi sentii avvolgere la cappella dalle sue labbra calde, bagnate e in breve mi trovai per metà nella sua bocca che sembrava proprio non essere paga, continuava a scendere mentre leccava, massaggiava e ingoiava centimetro dopo centimetro. Cazzo, era proprio brava, mi stava facendo impazzire e il mio progetto di andare con calma incominciò a lasciare il passo alla voglia animale che aveva acceso in me.
Mentre la lingua massaggiava furiosa il clitoride violaceo le infilai due dita nella figa, entrarono come fosse di burro fuso, scivolarono dentro come risucchiate, era completamente dilatata, al suo interno, una caverna vogliosa, infilai subito un terzo dito che questa volta forzò un pelo, spinsi a fondo, con prepotenza, dio, le avrei messo dentro tutta la mano.
Le mie lunghe dita si insinuarono come il cazzo stava insinuandosi nella sua gola, la sentii tossire un po’ e mi eccitai ancora di più, ruotavo, divaricavo le dita, le piegavo in cerca di ogni centimetro del suo sesso, spinsi forzando fino a sentire quel monticello al suo interno, fino a superarlo per trovare quel punto sensibile che vi è nascosto dietro e lo trovai, strusciando, pigiando diedi vita ad un lungo massaggio che la fece mugolare come una cagna mentre brividi le percorrevano le cosce, mentre si contorceva sul mio corpo senza mai liberarsi del mio cazzo.
Iniziò a fare su e giù col la testa in modo convulso mentre aveva già oltre tre quarti del mio arnese in gola, mi spompinava il cazzo in modo divino mentre io le rimestavo la fica leccando il clitoride, leccando, assaporando e deglutendo i suoi paradisiaci umori che mi colavano diritti in bocca.
Quando la sentii arrivare alla base con gli ultimi affondi, quando mi sentii completamente in lei, quando mi resi conto che la mia cappella aveva trovato riparo nella sua gola, godendo come un pazzo, le risucchiai il clitoride in bocca, tendendolo e afferrandolo, dolcemente, con i denti per poterne colpire la punta con la punta della mia lingua e lappai, sferzai più velocemente che potevo, nel modo più intenso che potevo mentre le mie dita facevano scempio dell’interno della sua fica, uscendo a tratti per stantuffala in modo frenetico con osceni rumori di aria che le veniva sparata dentro per poi riaffondare al massimo a massaggiare sempre quel punto che la faceva impazzire.
Senza accorgermene inizia a muovere il bacino stantuffando la sua bocca per impadronirmene penetrandola al massimo possibile, sentivo le sue labbra affondare sui peli del mio pube, il suo naso sfiorarmi i coglioni e pompavo sempre più selvaggiamente sia nella sua fica che nella sua gola.
L’azione delle dita con quella della lingua sul clitoride ancora prigioniero della mia bocca la costrinsero a stapparsi la gola dal mio attrezzo per muggire, mugugnare urlando tutto il suo piacere, tutto il suo godimento.
Approfittando di quella pausa le liberai il sesso continuando a massaggiarlo delicatamente con un pollice mentre le infilavo l’altra mano fra le cosce, scorrevo fra i seni resistendo non so come al desiderio di afferrarli, palparli per finire presentando le tre dita con cui l’avevo scavata alla sua bocca ora libera.
Non so dove trovai il fiato:
“insalivale bene perché quando usciranno dalla tua bocca finiranno dentro il tuo culo tutte e tre”
Divorò le tre dita famelica, mi avvolse nella sua bocca lasciandomene carezzare l’interno, lasciandomi carezzare quel che poco prima avvolgeva tutto il mio cazzo, la lingua mi insalivò ben bene mentre mugolava per la voglia di sesso, solo quando la saliva mi colava ormai dalla mano mi liberò per rigettarsi sul mio cazzo, ingoiarlo ancora fino in fondo più e più volte con rumori rochi per poi perdersi nella lussuria cominciando a segarmi freneticamente fra le sue labbra in cerca del mio seme.
Le sensazioni che mi regalava mi stavano sopraffacendo e mi gettai sulla sua fica grondante con tutta la bocca, baciandola avidamente mentre ne percorrevo ogni parte con la lingua come ci stessi pomiciando.
Mentre la sua furiosa sega si impadroniva del mio uccello tesissimo puntai il buchino e con la prepotenza della libidine lo penetrai rudemente forzandolo ad allargarsi per far spazio alle tre dita che feci penetrare fino alla base per poi continuare a spingere sempre più a fondo.
”’
Non vedevo l’ora di assaporare il suo nettare, ho iniziato a segare il pisello con la mano, sempre più veloce, mentre leccavo avidamente la cappella, il cazzo era duro come non mai, tanto pieno di saliva da far scivolare la mano perfettamente. Di dietro sentivo tutte le sensazioni del mondo, ormai ero fradicia, aperta e totalmente esplorata dalla sua lingua e dalle sue mani, dopo un po’ di su e giù con la mano ho sentito il cazzo pulsare, lungo l’asta ho avvertito un gran rigonfiamento ed ecco uno, due, tre schizzi di sborra mi hanno invaso la bocca aperta e il viso per essere seguite da altrettanti nella sua solita, copiosa, esagerata sborrata.
Lo sperma dalla bocca cadeva di nuovo sul cazzo e io subito andavo a leccarlo per poi ingoiarlo, con le dita ho preso il liquido dalla mia guancia e lo ho portato alle labbra, mmm come era caldo e saporito…
”’
Nella fica infilai la lingua facendola roteare per tutta l’apertura e andando sempre più in profondità mentre ripiegavo su di loro le dita nel suo orifizio per poi tirarle fuori rudemente, il buchetto si allargò di botto per far uscire l’intruso che era divenuto ben più ingombrante di quanto fosse all’andata e lei urlò, urlò per un istante di dolore per poi urlare il suo piacere.
Mentre roteavo dentro il suo buco davanti mi rigettai nel suo culo per ripetere l’operazione, entravo, affondavo, piegavo e uscivo dilatando oscenamente e ogni volta lei urlava e ogni volta urlava più di piacere.
La sua sega a fil di labbra mi stava facendo arrivare, risucchiai di nuovo il clitoride in bocca bloccandolo tra i denti senza troppa grazia questa volta e inizia a leccarlo furiosamente, in modo forte, deciso perché sentisse bene quanto fosse ruvida la mia lingua. Le dita cacciate in lei ma ora due davanti e due di dietro a stantuffare senza sosta, stantuffare palpandola all’interno, stantuffare mentre quelle nel culo cercavano di unirsi con quelle nella fica, stantuffare mentre con tutte e quattro cercavo i punti più sensibili dentro il suo ventre.
Mentre una cascata di umori mi si riversava sul viso io riversai il mio sperma caldo sulla sua faccia, nella sua bocca in densi schizzi che accolse diligentemente .
Con il pene che ancora vibrava alla fine del mio orgasmo sentii le sue cosce tremare, serrarsi un po’ quasi volessero stritolarmi la testa, la presa sul mio cazzo farsi di ferro mentre ogni muscolo vibrava ogni istante di più, mentre la schiena si inarcava a cercare di fare aderire meglio la fica alla mia bocca, respiri profondi, strozzati poi interrotti per un lungo istante, come soffocasse.
Liberai il clitoride per iniziare a leccare tutto il sesso selvaggiamente, stantuffai ancora di più con la mano che mi faceva male per il lungo lavoro, con rabbia, con sempre maggiore intensità e le assestai una potente sculacciata gridandole di venire, di farmi sentire quanto godeva, di farmi sentire quanto fosse troia e lei, lei mi accontentò…
Le gambe che si erano strette sempre più si allargarono di colpo appiccicando il sesso alla mia bocca, la fica cominciò a contrarsi ritmicamente mentre il culo mi stringeva tanto le dita da farmi male. Urlò, urlò un urlo liberatorio e infinito mentre si dimenava su di me strusciandosi, cercandomi, godendo per poi godere troppo e cercare di allontanarsi ma ben bloccata per i fianchi non lo permisi, tenni la lingua ben serrata alla sua fica aperta e continua a leccare freneticamente mentre i suoi buchi che avevo dilatato fino ad un attimo prima erano pervasi da spasmi a pochi centimetri dai miei occhi, dilatati, oscenamente aperti.
Continua imperterrito fino a che il suo urlo non divenne stridulo, fino a che le sue unghie non affondarono nelle mie cosce nel tentativo di liberarsi, fino a che non sentii ogni centimetro del suo corpo percorso dall’orgasmo, fino a che non mi sembrò di sentirla piangere e allora lasciai che si accasciasse su di me, il cazzo ancora rigido sulla sua guancia, il respiro pesante tra i peli del mio pube, scosse ancora a percorrerla, sudata, sfinita, soddisfatta almeno quanto lo ero io…
”’
Ritirai 3000 ‘, gli schioccai un bacio su una guancia e me ne andai a casa, ero proprio stanca, soddisfatta ma stanca ed era ora di cominciare la mia nuova vita’

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glorfindel@email.com
QUESTO RACCONTO E’ INTERAMENTE SCRITTO DA Laura66

Riuscii a dormire almeno 12 ore filate, avevo dormito finalmente di gusto e sopratutto serenamente, erano già le nove e mezza quando mi risvegliai dal torpore della nottata andai verso la cucina a prepararmi un caffè, velocemente mi preparai ed uscii avevo voglia di starmene in giro, sbrigarmi le mie cose , non vedevo l’ora di poter andare in banca a depositare quel grosso assegno e tranquillizzarmi definitivamente di tutto lo stress che avevo accumulato nell’ultimo periodo.
Scesi nel parcheggio e presi la macchina per uscire, in effetti quei giorni per quanto eccitanti ed anche proficui, mi avevano stancata parecchio, avevo voglia di una mezza giornata di assoluta libertà e poi , con molta calma, avrei deciso cosa fare per la serata.
La strada mi sembrò più lunga del solito, mi sembrava di non arrivare mai in centro, durante il tragitto un turbine di pensieri e sensazioni mi frullavano per la mente, in effetti finalmente mi sembrava di cominciare a rivivere, adesso ero finalmente fuori da quel tunnel in cui ero finita, adesso dovevo tranquillizzarmi e riprendere in mano la mia vita.
Ero nel frattempo arrivata, parcheggiai, chiusi la macchina ed entrai in banca andando immediatamente alla cassa, presi l’assegno compilai la distinta e la diedi al cassiere che rimase esterrefatto dall’importo dell’assegno, mi guardò dicendomi che per quell’importo doveva farsi autorizzare, si alzò e andò dal direttore, tornò dopo un minuto con la sigla del direttore per l’operazione ma dicendomi che appena fatta l’operazione il direttore voleva vedermi; annuii, aspettai che mi venisse consegnata la ricevuta e andai dal direttore, appena entrai fui accolta con molta deferenza, era quello stesso stronzo che mi aveva umiliata decine di volte quando avevo difficoltà , si offrì per farmi da consulente per eventuali investimenti, ma gli risposi con educazione che nel caso gli avrei fatto sapere, chiesi comunque che mi venissero riattivate le carte di credito da subito, fui imperativa nel dirglielo e lui, per tutta risposta si mise immediatamente al suo computer e lo fece immediatamente, concluse anche che immediatamente avrebbe fatto la richiesta per ampliare la possibilità di spesa delle carte di credito, uscii disgustata dalla mielosità di quell’uomo, andai via a fare un giro per i negozietti del centro.
Dopo un paio d’ore ed un migliaio di euro spesi, finalmente potevo pensare a me, tranquillamente tornai a casa, appena entrata mi spogliai completamente, volevo stare libera il più possibile, andai in bagno ed aprii l’acqua calda per riempire la vasca, andai in cucina presi in frigo qualcosa di fresco da bere, avevo la gola arsa, presi della vodka al mandarino, ghiacciatissima, ne bevvi velocemente un paio di sorsi, l’aroma forte del mandarino mi pervase, mi piaceva moltissimo e subito tornai verso il bagno, mi sdraiai nella vasca e mi feci accarezzare dall’acqua che saliva, ripensai ancora alla mia situazione ma ripensandoci mi rabbuiavo immediatamente e subito tornai con la mente al mio amico e benefattore, vero che forse ne aveva approfittato, ma anche io di lui, e poi quel senso di dominazione mi piaceva e mi eccitava.
Finii il mio bagno con calma, avevo deciso che lo avrei chiamato ancora, c’era da sistemarsi alla fine.
Uscita dal bagno mi asciugai per bene misi una mutandina e così andai a prepararmi il pranzo , finalmente dopo tanto, alla fine, avevo qualcosa in frigo, una bistecca, un’insalata e un po’ di frutta per poi sistemarmi sul divano davanti alla TV.
Il trillo del telefonino mi risvegliò dalla mia tranquillità, corsi a rispondere, dovetti cercarlo fra tutte le cianfrusaglie della mia borsa, riuscii finalmente a trovarlo ed a rispondere, numero anonimo era Salvatore, lo strozzino, odiavo con tutta me stessa il suo modo di parlare, da falsa persona perbene, adesso voleva atteggiarsi a persona gentile con me ma il suo modo di fare denunciava tutto lo schifo che doveva aver dentro, ero disturbata dall’ennesima intrusione ma anche molto spaventata, cercai di divincolarmi provando ad essere evasiva, ma lui con fare gentile mi disse che voleva incontrarmi scusandosi per quello che era successo ma voleva capire alcune cose, era il proprietario di un bar nello stesso mio quartiere, più che un bar era una sorta di locale notturno con sale giochi , sale da biliardo e simili, non molto ben frequentato, non mi piaceva l’idea di andare lì, ma non volevo più farmelo venire a casa , né tantomeno mi andava di farmi vedere in giro con lui; a quel punto, pensai, tanto valeva andarci il prima possibile e capire cosa volesse ancora, credevo di essermelo tolta dalle scatole,ed invece era ancora lì a rompere.
Rimasi ancora un po’ davanti alla TV, seguivo un film ma distrattamente, ero infastidita da quella telefonata, non potei non pensare al mio ritrovato amico e a tutte quelle perversioni che avevo letto in quel diario, certo le sue sottomissioni non erano il tipo di attenzioni che una donna possa desiderare, ma, a pensarci bene, con lui avevo goduto, e non poco, alla fine non mi dispiacevano certo, lo chiamai subito, gli dissi che avevo voglia di vederlo e di parlare con lui, in fondo qualche spiegazione dovevo dargliela, rispose subito ma apparve stranito di sentirmi, mi chiese come mai lo stessi chiamando, avrebbe preferito, disse, che mi prendessi qualche giorno di riposo per riflettere, gli risposi che avevo voglia di vederlo e di farmi una chiacchierata con lui, tranquillamente disse di andare quando volevo.
Mi preparai con cura, misi un tubino nuovo azzurro che avevo comprato la mattina, autoreggenti in microrete e lingerie nera, il grosso seno sembrava volesse schizzar fuori dal decolté tanto era premuto dal push up, mi piacqui, sexy in abbondanza, quello che volevo!!
Percorsi la strada a velocità sostenuta, avevo il cuore in gola, non so perché, certo sapevo ciò che stavo andando a fare, lui era stato chiaro non voleva alcun legame con nessuna o nessuno ma intanto ero dentro e avrei ballato sino alla fine.
Suonai al citofono, mi aprì subito, percorsi velocemente quel vialetto ed entrai in casa, era solo, sentii la sua voce che mi diceva di accomodarmi, seguii la voce non sapendo dove fosse e mi ritrovai in un grande salone molto in penombra, lo vidi accomodato sul divano con un libro in mano che posò immediatamente e con un gesto mi indicò di sedermi accanto a lui.
Lo baciai sulla guancia, era forse la prima volta che stavo con lui vestita, come una persona normale e subito mi chiese se mai avrei potuto perdonarlo per ciò che mi aveva costretto a fare, gli risposi, baciandolo ancora, che non mi aveva costretto a fare nulla, ciò che avevo fatto lo avevo deciso io e ci tenevo che lui non se ne facesse un problema.
Restammo lì a parlare per un po’ di tempo, soprattutto volle sapere della mia vita in quegli anni in cui ci eravamo persi di vista ed alla fine mi tirò stringendomi a se, notai come ci fosse del tenero in quell’abbraccio, mi strinsi a lui e le nostre labbra si incollarono in un vorticoso intreccio di lingue e così rimasero per parecchi secondi, appena riuscii a liberarmi da quella morsa mi alzai ed in piedi davanti a lui che mi osservava con occhio attento molto lentamente lasciai scivolare a terra il vestitino prima e gli slip subito dopo restando con le sole autoreggenti, simulai una sorta di danza erotica per il mio padrone, volevo farglielo sentire di essere un oggetto di sua proprietà e, soprattutto, che ne accettavo il ruolo.
Mi inginocchiai davanti a lui, sbottonai i pantaloni e li tirai giù, questo mentre lui aveva fatto volare via la camicia, presi il suo membro tra le mie mani e lo carezzai, con molta calma e con molta cura, come fosse una reliquia preziosa, iniziai a leccarlo e baciarlo e senza indugiare ancora lo accolsi tra le mie labbra, vidi che si sporgeva all’indietro e lo vidi tirar fuori una telecamera , lo guardai avendo un attimo di esitazione, capii che lui voleva riprendermi e che per farlo aspettava che io acconsentissi, non dissi nulla, abbozzai un sorriso, spostai i capelli che mi nascondevano il viso e ripresi il mio lavoro, vidi accendersi una luce rossa sulla videocamera e continuai con maggiore lena; la cosa dovette eccitarlo, sentii infatti il suo membro prendere vigore sotto i miei risucchi, subito allora mi tirò a sé, portandomi sopra di lui, che rimaneva seduto immobile, anzi, per la verità, si girò per posare la videocamera sul mobile dietro il divano, avendo cura, nel posizionarla, che inquadrasse la scena e girò lo schermo perché vedessimo anche noi dalla nostra parte.
Mi misi sopra di lui e mi impalai sul suo cazzo, lo sentii meravigliosamente, tanto che un fremito pervase tutto il mio ventre, si avvicinò al mio orecchio e lo mordicchiò quasi a farmi male per poi sussurrarmi:
‘quale numero oggi?’
Nessun numero, oggi volevo scoparti , da domani in avanti mi avrai tutti i giorni che vorrai a tua disposizione, torno ad essere la tua compagna di giochi ‘ (risposi sussurrando anch’io per non registrare);
Le sue labbra a ventosa sui miei capezzoli a succhiare con forza amplificavano le mie sensazioni, quasi fastidio, avrei voluto un orgasmo subito, accelerai la cavalcata per cercare il mio piacere, sentivo il suo cazzo salire e scendere dentro di me, era bellissimo, mi fermai, stanca e iniziai a strusciarmi su di lui con il suo cazzo dentro, adesso sento che il mio piacere sta arrivando e non mi fermo, torno a baciarlo, la mia bocca spalancata si incolla ancora alla sua e la sua lingua torna ad esplorarmi sino in gola, finalmente il mio orgasmo arriva fragoroso come mai, sento il cuore che batte come un pistone, grido al mio padrone tutto il mio piacere e mi accorgo che tutti i miei umori stanno colando copiosi; cerco di riprendermi abbarbicandomi stretta a lui mentre mi tengo ancora il suo cazzo dentro ed inizio un saliscendi lentissimo, lo sento però che scende con le mani ed infila un dito nel mio sfintere, fui rianimata come da una scossa elettrica, accelero di nuovo mentre le sue dita sono adesso due o tre, sento che mi allarga e capisco quello che vuole, voglio lasciarlo seduto lì, mi sposto leggermente, inarco la schiena, reclino la testa all’indietro e con la mano destra lo indirizzo verso il buchetto, lo lascio entrare e spingo forte, lo voglio fino in fondo anche lì, riprendo la mia cavalcata, adesso finalmente vedo la sua espressione che cambia, capisco che anche lui è pronto a godere, e continuo mentre lo guardo, voglio guardarlo dritto negli occhi mentre gode, pochi colpi ancora ed esplode anche lui in una sborrata colossale, noto con chiarezza quanto intenso sia il suo orgasmo, rumorosissimo anche lui, sentii nitidamente il suo pulsare sei sette otto volte e altrettanto nitidamente i suoi caldi spruzzi salirmi su per l’intestino, rimasi lì immobile in attesa che il mio uomo finisse di godermi dentro , quando avvertii che il suo membro perdeva consistenza dentro di me mi spostai e girandomi mi sistemai sul divano accanto a lui.
Lo vidi girarsi per spegnere la videocamera che aveva registrato tutto e poi mi chiese:
‘come mai sei venuta oggi Katia? Non pensavo di vederti’
‘oggi mi andava di venire, avevo voglia di stare con te’
‘Katia, io non so se sono pronto per questo, come ti sei definita? compagna di giochi?’
‘Si, risposi io’
‘Ecco !!!’ Mi incalza ‘è questo il tuo ruolo, non sperare in qualcosa di diverso, anche se io ti avrei definito diversamente, ma se vogliamo dirla pulita va bene anche così!!!!’
‘come mi avresti definito???’ Chiesi.
‘lascia stare’ Rispose evasivo lui ‘va bene così, dimmi cosa vuoi da domani?’
‘che mi chiami ogni volta che vuoi e che ne hai voglia, per qualsiasi, e dico qualsiasi, desiderio !!! E questo anche senza i soldi!!!’
Mi guardò intensamente ed anche stranito, forse lo avevo colpito, ed era esattamente quello che volevo, e poi disse’
‘assolutamente no!!! Non voglio creare alcun legame, quando vieni ti pagherò in base a quel diario, non un euro in meno e lì finisce il nostro rapporto”
‘allora’ Risposi decisa ‘per me va bene, e qui ti tratto come un cliente, come un ottimo cliente, questo episodio, chiamiamolo così, te lo offro io, come ad un cliente al quale si vuol fare un omaggio’
Mi guardò ancora intensamente ed annuì con un cenno della testa
‘vai a vestirti e torna a casa domani’
‘agli ordini padrone!!!’ Dissi scattando in piedi.
Mi feci indicare il bagno, raccolsi le mie cose ed andai.
Presi la macchina e di nuovo verso casa, era già sera avrei cenato e sarei andata velocemente a letto, per strada vidi un ristorante, non avevo voglia di cucinare e mi ci fermai per cena e subito dopo tornai a casa e mi misi a letto.

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Così, tagliente e schietta. Che lo so che lo brama, che non sperava di vederla realizzata questa. Il suo essere ghiaccio viene tradito dal sorriso insito nella voce e io non posso far altro che provare ad immaginare il suo sguardo, sentendo le mie parole: quegli occhi la cui approvazione tanto bramo. Perché tutto si riconduce a questo, ho capito’ voglio la sua approvazione, voglio sapere che è fiero e contento della puttana che sono diventata. La sua, puttana, che è tutta un’altra cosa. Venduta non più per soldi ma per passione, per il calore che sento crescere nel cervello spogliandomi così a lui, priva di veli e tabù, quello stesso calore che raggiunge il sesso bagnandomi di desiderio.
‘Quando?’
‘Stasera, a casa mia. Ore 21′. Nemmeno gli do il tempo di ribattere, la risposta è già insita in quel diario e nella sua storia. La mano che posa il telefono trema appena, piccolo dubbio sul mio esserne in grado.
Mi preparo con cura, dettagli per essere perfetta ai suoi occhi. Un velo di crema profumata, lo smalto curato, le calze che velano senza celare. Un filo di rossetto a catturare lo sguardo, ad aumentare la voglia.
Apro la porta e la vedo piccola e bellissima, un gioiello ad impreziosire il mio dono a lui. L’ho cercata tanto, volevo fosse perfetta’ e lo sarà, già ci si avvicina incredibilmente. Senza dire parola la conduco nel bagno, lascio che i vestiti tocchino il pavimento attenta a non romperla. E’ perfetta. E sarà nostra, lo è dal momento in cui ha accettato di assecondare ogni nostra fantasia, ben conscia di essere un grazioso regalo all’uomo che ormai mi fotte il cervello senza tregua. Entra nella vasca, oli profumati ad ingentilirne la pelle, a carezzarne i contorni. Voglio essere io a farlo’.
La faccio sedere sul bordo, timida e ancora coperta dal velo di pudore che oggi dovrà abbandonare’ ne traccio i contorni con morbida schiuma, ricopro il suo sesso per l’ultima volta. La lama passa gentile, sento che sussulta per la paura quanto per l’eccitazione’ non le risparmio brividi, insistendo a sfiorare quei punti così sensibili. L’interno coscia, la riga sotto la pancia…. questa volta è davvero perfetta. Pura e troia la vesto di corde, arabeschi su candida pelle. Certo, mi risulta un po’ difficile’ ma deve essere perfetta, non posso tralasciare alcun dettaglio. Regalo infiocchettato davanti alla poltrona, in ginocchio, in attesa di lui’
Sfioro il suo sesso, penetro appena. La voglio bagnata, eccitata, pronta ad esaudire voglie, a dar spettacolo. Il sussulto più grande, al suono del campanello. Lo stesso che l’ha salvata dal primo, travolgente, orgasmo.
Come nel diario, entra senza dire una parola e si siede sulla poltrona a lui dedicata, fulcro e centro di tutto. Fulcro di me. Che lo spettacolo, abbia inizio.
Lego la piccola all’armadio, la lascio lì, in attesa affinché possa vedermi e capire davvero il suo ruolo; geisha del mio uomo lo coccolo. Le scarpe, le calze, i pantaloni, non prima di aver atteso un suo cenno. Lavoro la sua pelle con la lingua, assaggio la sua essenza con profonde leccate. Quando è il momento, capisco’ la conduco innanzi a lui, esposta, vibrante nell’attesa. Il corpo teso all’indietro, sorretta a me, il respiro pesante. Per preservare l’attimo di magico silenzio, riempio i suoi ansimi di stoffa, ne celo i rumori. Il suo sesso si chiude alle mie mani, ne saggio la morbidezza, il profumo di donna. Inizio a toccare lì dove è più sensibile, bagno le dita di saliva così da lasciare traccia di me su di lei, da renderla un poco mia. Rallento ogni qualvolta sento gli spasimi del suo corpo farsi troppo forti, ogni qualvolta l’orgasmo monta in lei. E’ presto’.
‘Solo al suo cenno, non mi deludere o potresti pentirtene’ mi raccomando’. Le sussurro leggera all’orecchio, brivido al cervello. Lo guarda, lo scruta, implora con gli occhi quella concessione al piacere. Riempie di bava e lacrime quel morso colorato, imprime i suoi denti nello sforzo di non cedere, di non deludere.
Ecco, il suo desiderio, ecco la sua fantasia. Regista di un film speciale, speciale perché fatto apposta con lui. Regista che non ha bisogno di parlare, capito e riverito, regista la cui erezione preme forte nei boxer.
Resisto alla voglia di andare lì e prenderlo nella mia bocca, resisto alla voglia di sentirlo dentro me. Non è questo ciò che desidera al momento quindi non lo voglio nemmeno io’ vuole vedermi mentre faccio contorcere di piacere la deliziosa creatura fra le mie braccia, con un cenno da inizio alla danza dei sensi.
Penetro improvvisa, la voglia l’ha aperta a me più di quanto credevo possibile’ sfogo i miei istinti con dita frenetiche mentre si contorce, ansima, viene ora che ha ottenuto questo permesso. E viene tanto, corda di violino tesa dall’orgasmo, tesa a quel momento di oblio. La mente elettrica. Abbandono il suo corpo ormai quieto, lascio che scivoli con dolcezza sul pavimento, libero quella bocca così bella. Quasi non fa in tempo ad accorgersene, presa dagli ultimi spasimi, che si trova il mio sesso che preme sul viso, mentre un po’ bimba e un po’ cagna lecco dalle dita quel dolce sapore, la obbligo ad assaggiarmi mentre mi abbevero di lei.
Non so ancora, se avrò diritto o no a provare anch’io quel piacere ma godo della carezza dei suoi occhi sulla pelle, quello sguardo che lascia bruciature, firme del suo essere. I fianchi sussultano a ritmo di quell’orgasmo che bussa piano alla mia porta, con la mano prendo i suoi capelli e la spingo forte a me, spero invoco lacrimo e ansimo ma la risposta, per me, non è altrettanto positiva’. Scossa improvvisa mi allontano dal suo corpo, privando il mio di quel piacere ormai così vicino. Sento bagnato fra le gambe, in bocca, nel cervello. Sento vita che cola, pulsa, si chiude e implora.
Ricordando il motivo della serata, la guido in ginocchio e mi lascio scivolare al suo fianco. Ecco che dopo aver solleticato la sua mente, desidera di più’. Ora tocca al suo corpo. Saliamo lente, noto che la creatura al mio fianco sbircia la danza della mia lingua per provare ad imitarla, dolce e terribilmente sexy. Sapore di uomo si mescola al nostro, crea cocktail esplosivi, riempie e conforta. Le nostre lingue si cercano fugaci, lievi contatti clandestini, gioco di donne; ecco ciò che siamo, al momento’ complici e amanti di un qualcosa più grande, un qualcosa che lei sta iniziando a cogliere ed apprezzare. Lui’ lui non ha bisogno di chiedere. Basta un suo movimento, il suo alzarsi, che attendiamo ansiose il nostro premio. Lo contendiamo giocose, giochiamo a rubarcelo, ce lo doniamo.
Il tempo di capire, e sparisce.
Non noto nemmeno la sua mano che posa sul comodino il frutto del nostro patto, il segno del distacco.
Noto, la sua assenza.
Noto, il suo regalo’ avermi lasciata sola con lei, amiche e complici ancora piene di desiderio. Mia, per una notte.

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