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Racconti Erotici

Perquisita

By 23 Febbraio 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Nello scendere dall’areo Silvia venne pervasa da una strana agitazione, come
un senso di paura, ma non ben definito.
Non riusciva a capire da cosa o da chi fosse causato, ma la ignorò dandone
la colpa al fatto che questo era in fin dei conti il suo primo viaggio all’
estero.
Laureatasi in diritto internazionale il mese prima, aveva dedicato fino a
quel momento la sua vita allo studio; pur di laurearsi il più in fretta
possibile non era mai andata in vacanza, non era mai stata via durante i
weekend e soprattutto non aveva perso tempo, come molte altre sue amiche,
stando con i ragazzi.
Percorse abbastanza in fretta il corridoio che portava al ritiro bagagli e,
presa la sua Sansonite, puntò dritta verso il corridoio indicato dal
cartello Exit.
Mentre lo percorreva prese dalla borsetta il suo passaporto, pronta ad
espletare gli ultimi controlli prima di poter andare in albergo a farsi una
bella doccia; dopo il volo ne aveva proprio bisogno!
Ma nell’avvicinarsi al controllo documenti quella sensazione tornò a farsi
sentire, più forte di prima, tanto da farla fermare di botto in mezzo al
corridoio.
Si guardò nuovamente intorno domandandosi cosa le stesse succedendo;
improvvisamente si ricordò di aver provato qualcosa di simile soltanto
prima dell’orale di diritto costituzionale con il professor Tardi, l’unico
esame dove era stata bocciata, ancora al primo anno.
Quasi le venne da sorridere all’idea, l’appello successivo aveva preso un
bel trenta e lode, il primo di una lunga serie.
Si avvicinò così sollevata al bancone dove una donna in divisa le chiese in
un inglese pressoché perfetto il suo passaporto; Silvia glielo pose
velocemente in mano, voleva sbrigarsela il più velocemente possibile.
La donna lo guardò attentamente, confrontando un paio di volte la fotografia
con il volto di Silvia, quindi lo appoggio sul ripiano davanti a lei.
“Posso vedere la sua valigia, per favore?”
“Come? Ah, si certo.”
Cosa accidenti voleva adesso; Silvia la guardò mentre apriva la sua
Sansonite e vi frugava dentro; il suo sguardo era impassibile, non lasciava
filtrare alcuna emozione mentre le sue mani si muovevano veloci passando
dalla biancheria intima alle camicette; poi si fermarono.
Silvia capì subito che qualcosa stava andando per il verso sbagliato quando
il volto di quella donna si spostò su di lei sorridendo.
“Cosa sono questi?” e nel dirlo tirò fuori da una tasca un paio di giornali
pornografici.
Quel deficiente di suo fratello, gli aveva prestato la valigia per andare in
Tailandia e quello vi aveva dimenticato dentro i suoi giornali porno, ma
come aveva fatto a non accorgersene!
“Ma lei lo sa che &egrave un grave reato introdurre in Egitto materiale
pornografico?”
“Mi scusi, ma non sono miei, li ha lasciati lì mio fratello e.” le parole le
morirono in gola mentre la paura prese il sopravvento bloccandola.
“Venga con me!”
Quasi senza accorgersene la seguì in uno stanzino posto li dietro; era
completamente vuoto, vi erano solo una sedia e una scrivania con un
telefono.
La donna poliziotto si chiuse la porta alle spalle, poi appoggio la
Sansonite in un angolo.
“Signorina Boschi lei &egrave in un bel guaio, non so come quei giornali siano
finiti nella sua valigia, ma in un paese mussulmano la pornografia &egrave un
reato gravissimo, quindi le conviene collaborare, chiaro!”
“Si”
“Bene, allora si spogli.”
“Cosa. Ma. No, senta voglio parlare con la mia ambasciata”
Quella frase le uscì per istinto,senza che la avesse pensata, ma le diede
coraggio; lei era in fin dei conti laureata in diritto internazionale, non
la avrebbero fregata con dei giochini legali.
La donna le si avvicinò con molta calma, fermandosi di fronte a lei e
guardandola fissa negli occhi.
“Forse non ci siamo capiti, lei DEVE collaborare!”
La sua voce aveva qualcosa di terrificante; risuonò nella testa di Silvia
come se le fosse stata urlata con un megafono a pochi centimetri dalle
orecchie; il panico prese definitivamente il sopravvento, le dita
cominciarono a tremare e quasi senza che se ne accorgesse le sue mani
iniziarono a slacciare i bottoni dei jeans che aveva indosso.
Quella donna restò lì, a pochi centimetri osservandola mentre si levava i
calzoni per poi sfilarsi la maglietta Polo.
Rimase così, con solo le mutandine e il reggiseno.
“Qualcuno le ha detto di fermarsi?”
“No, la prego..” Le parole uscirono appena percettibili, quasi un soffio.
“Si spogli!”
Oramai incapace anche solo di supplicare, Silvia si tolse il reggiseno e le
mutandine, scoprendo i bei capezzoli color viola e il pube.
La poliziotta iniziò a girarle intorno, passando gli occhi su tutto il suo
corpo più e più volte.
Silvia si sentì come un pezzo di carne in una macelleria, tale sensazione la
fece rabbrividire nonostante i trenta e più gradi di quella stanza.
“Bene, ora vada contro quella parete, appoggi le mani al muro e allarghi le
gambe”
Fece come le era stato ordinato; sapeva cosa sarebbe successo, ma la paura
era troppo forte, le impediva persino di pensare.
Chiuse gli occhi e si preparò all’inevitabile; le mani iniziarono a scorrere
su tutto il suo corpo, sui seni, poi sui fianchi e lungo le cosce fino alle
caviglie; poi risalirono all’interno arrivando fino all’inguine.
“La prego no.AH!”
Per Silvia fu uno shock, quella donna le aveva impugnato il clitoride
stringendolo fino a farle male.
“Dimmi Silvia, sei vergine?”
Era confusa e spaventata, cosa voleva farle ora?
“Rispondi!”
“Si”
“Cosa, non ho capito!” Nel dirlo la stretta sul clitoride aumentò ancora.
“Si”
“Ma come, una bella ragazza come te! Occhi azzurri, capelli rossi e un corpo
stupendo. Che spreco!
Che ne dici se provvediamo, questo sfollagente mi sembra l’ideale.”
No, questo no, non poteva farle una cosa del genere! Poi sentì la superficie
metallica scivolarle lungo le cosce, su fino all’inguine.
“NO! Mi arresti pure se vuole, ma non mi faccia questo!”
“Va bene, l’hai voluto tu”
La donna si scostò da lei e andò alla scrivania, la sentì aprire un
cassetto, ma non poteva vedere cosa stesse prendendo; quando infine tornò
teneva fra le mani una catena, o qualcosa di simile.
“Metti le mani dietro la schiena”
Non appena Silvia lo fece sentì due oggetti metallici stringersi attorno ai
polsi: era ammanettata.
Poi, prendendola per la vita, la fece girare; in mano aveva ancora quella
catena, dal mucchio sbucavano un paio di mollette, o qualcosa di simile, e
un oggetto che le ricordò un collare per cani
La donna alzò le mani allacciandole il collare al collo, quindi, con grande
sorpresa di Silvia, le applicò quella pinzette ai capezzoli.
Dal laccio e da quelle cose partivano delle catene che si riunivano in un
unico anello dal quale usciva a sua volta una catena più lunga.
La sua aguzzina, ormai la considerava tale, ne impugnò l’estremità e si
diresse verso la porta da cui erano entrati;
Silvia non fu pronta a muoversi e quando lo strappo arrivò il dolore che
salì dai seni la fece lacrimare.
Aperta la porta proseguì verso l’esterno; Silvia era terrorizzata, tutti là
fuori l’avrebbero vista in quello stato; nuda e legata come in una di quelle
immagini sul bondage che piacevano tanto a suo fratello.
Non cercò di resistere, oramai una sensazione di totale impotenza l’aveva
pervasa; uscita dalla stanza ebbe persino il coraggio di guardare in faccia
le centinaia di occhi che la fissavano.
Camminarono per alcuni minuti fra corridoi affollati di persone in
caffettano che la guardavano compiaciuti, ma questo no le dava più fastidio
tanto era forte il male causatole dai continui strattoni alla catena.
Giunsero infine di fronte ad una porta, la poliziotta bussò con alcuni colpi
secchi che sembrarono rimbombare in maniera innaturale; poco dopo la porta
si aprì ed entrarono.
Si trovarono in una stanza di poco più grande di quella dove aveva dovuto
spogliarsi; all’interno vi erano una sedia e una scrivania simili e una
persona anziana, le sembrò un sessantenne, vestita con giacca e cravatta.
I due parlarono per alcuni minuti, ogni tanto l’anziano le lanciava qualche
sguardo, poi dopo una pausa il tizio si girò definitivamente verso di lei.
“Signorina Boschi io sono il giudice Fahad Al Gabil, sono responsabile per
tutti i reati che vengono commessi in questo aeroporto, quindi anche del
suo.
Le dirò subito che con le prove in nostro possesso l’ho già giudicata
colpevole, ora resta solo da stabilire la pena.
Poiché lei &egrave straniera ha la possibilità di scegliere fra tre anni di
carcere da scontare in n penitenziario egiziano, la pena normale, o il
pagamento di una multa, cosa sceglie?”
Silvia non poteva credere alle sue orecchie, poteva davvero cavarsela con
una multa; non le importava nulla della cifra, l’avrebbe pagata, l’
importante era porre fine a quella terrificante situazione.
“Scelgo la multa”
“Bene, allora la condanno al versamento di una ammenda del valore di
quarantamila dollari da pagare prestando servizio nel bordello comunale del
Cairo. La sentenza ha effetto immediato. Agente Safwa, la scorti al suo
nuovo lavoro!”
A quelle parole Silvia perse il controllo, cominciò a urlare mentre un getto
di urina le corse giù lungo la gamba. “NOOOO! NON VOGLIO! NO!”

L’urlo svegliò Marco improvvisamente; dormiva nella stanza accanto a quella
di sua sorella e in un attimo raggiunse l’ingresso della sua camera.
La vide dimenarsi convulsamente nel letto mentre un nuovo “NO!” gridato a
squarciagola le usciva dalle labbra; senza aspettare oltre si precipitò da
lei cercando di svegliarla.
Si agitò fra le sue braccia ancora per qualche secondo prima che i suoi
occhi si spalancassero; lei lo fisso in faccia per alcuni secondi, il corpo
rigido come una lastra di marmo, il cuore che batteva ad un ritmo
disperato, poi cominciò a rilassarsi.
“Silvia, cosa &egrave successo?”
“Ho avuto un incubo, era terribile; io..”
“Su, calmati ora &egrave finito”
“Si”
“Certo Silvia che se fai così a un mese dalla tesi; vedi di stare un po’ più
calma.”
“Già, hai ragione. Grazie”
“E di cosa?”
Silvia lo osservò andarsene quindi si alzò per andare in bagno; provava come
una strana sensazione al collo.
Accese la luce del bagno e nel guardarsi allo specchio notò tutta una serie
di escoriazioni sotto il mento; quasi incredula si guardò i polsi trovandoli
irritati e rossi.
In preda ad un attacco di ansia si slacciò la camicetta del pigiama
rivelando dei capezzoli nello stesso: gonfi e irritati.
“Mio Dio, ma allora quel sogno..

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