Skip to main content
Racconti Erotici

Prodigioso e insperato bagliore

By 22 Marzo 2020Giugno 16th, 2020No Comments

Non vedevo l’ora di terminare di lavorare, di smettere di sfacchinare, per distendermi e per rinfrancarmi come avrei voluto, sia la psiche quanto il corpo. Il periodo delle ambite e sospirate ferie stava arrivando, mancavano sette giorni prima che l’azienda sigillasse gli accessi, mandandoci in definitiva tutti a casa per un mese intero. L’azienda d’arredamenti per la casa per la quale lavoro, ci aveva elargito nel mese corrente persino un premio di produzione supplementare, condotta quest’ultima per la quale, tutti nel mio reparto, eravamo incentivati e fortemente spinti nel dare il nostro meglio spingendo al massimo, incrementando in tal modo la popolarità della società e ampliando altresì il prestigio dei prodotti da smerciare. 

Mancavano due giorni prima della chiusura della ditta, la giornata di fine luglio era sgargiante e tersa, calda sì, ma non torrida né particolarmente opprimente. Quella canicola, invero, che aveva reso rovente l’atmosfera del dopo pranzo, aveva immancabilmente costretto la deliziosa Sara a staccarsi sovente la maglia leggera da dosso, perché adesso era visibilmente impregnata dalla tediosa traspirazione della zona della schiena e io l’adocchiavo, nel tempo in cui catalogava accantonando le ultime bolle e le numerose parcelle, rimuovendosi contrariata i lunghi e neri capelli dal collo, tentando infine di ricevere un poco di refrigerio. Io l’osservavo allettato e interessato dalla mia postazione, non distante dal deposito dove svolgevo il lavoro, separato solamente da una grande vetrata e da un minuscolo ufficio di sbieco. 

Sara non sapeva d’essere talmente vistosa e leggiadra, fintanto che, con dinamiche e decise azioni, ultimava d’approntarsi per il veglione che l’attendeva, permeata quel giorno da un insolito e stravagante fermento. Una sottilissima e inavvertibile gonna carezzava i suoi fianchi, mentre dei deliziosi sandali evidenziavano i suoi graziosi piedi, per concludere un bustino indossato senza reggipetto ottimizzava rivalutando in conclusione i lineamenti di quella giovane e seducente femmina, che aveva raggiunto la maturità nel corso dell’estate. 

Essendo entrambi ottimi colleghi di lavoro, talvolta io mi recavo da lei nella sua abitazione, pranzavamo di corsa sovente assieme, talvolta l’esaminavo mentre nel bagno completava l’opera per avvolgersi i capelli, ironizzando e schernendosi al concetto di mostrarsi in quella tenuta così accattivante e chic ai collaboratori della madre con i quali si era data da fare, a stretto contatto per tutto il periodo della stagione calda, in quanto i soci, me compreso, si erano a questo punto assuefatti nell’adocchiarla. Sara era una caparbia, instancabile e tenace lavoratrice: lei classificava e inventariava continuamente fascicoli e documenti, allegava e immetteva ordini e richieste, risolveva e rescindeva le ordinazioni, invalidava i disguidi e correggeva i pasticci altrui, mentre adesso io la squadro affaccendata di fronte alla grande specchiera con un lapis, che tenta di bloccarsi i lunghi capelli con un grande spillo. 

Nel tempo in cui sua mamma le aveva proposto di sfacchinare con lei, prima di ripigliare gli studi all’ateneo, sgobbando per sgravarla da una quantità ingente d’impegni, peraltro divenuti eccessivi e insopportabili, Sara aveva inizialmente tentennato, successivamente esaminando la faccia estenuata e sfibrata della mamma aveva stabilito di sobbarcarsi senz’indugiare a quella mansione, adattandosi e allineandosi ben presto al nuovo incarico. Progressivamente si era resa conto che quella mansione l’avvinceva entusiasmandola maggiormente, perché persino il legame con tutti i compagni di lavoro era stato istantaneamente spettacolare, mai visto. La percezione che stesse per laurearsi, le continue soddisfazioni e i durevoli apprezzamenti sul lavoro, le donavano una bizzarra quanto strampalata vivacità, un’ebbrezza inedita ed epidemica. Sara, infatti, appariva ravvivata da un’energia originale, si sentiva rallegrata, era intrisa da un dinamismo inedito, giacché per la prima volta nella sua vita lo captava meravigliosamente di netto sentendosi inequivocabilmente e chiaramente realizzata come donna. Le due femmine, madre e figlia per la precisione, sopraggiunsero presso la grande locanda situata in una verde e amena altura poco fuori dalla città, giacché entrambe furono rapidamente ricevute con ammirazione ed entusiasmo dall’ammasso di collaboratori e di soci, con i quali avrebbero in ultimo solennizzato il banchetto serale confermando in tal modo la chiusura della ditta per il periodo estivo, la cosiddetta cena aziendale. Queste occasioni, infatti, sono molto favorevoli e benefiche per conoscere meglio i propri colleghi, per avere inoltre la piacevole opportunità di dialogare di ragionamenti non connessi né associati al mondo del lavoro. 

L’allegria, il brio e l’esuberanza innata di Sara s’interruppe però all’istante, allorquando al suo fianco quella sera s’accomodò d’improvviso Fausto. Lui, invero, era l’unico individuo del reparto con il quale Sara non era stata capace d’armonizzarsi né di capirsi nel corso dell’anno, non riusciva come si suol dire a entrare nelle sue grazie, con lui non c’era mai stata corrispondenza né sintonia alcuna. Lui, in verità, traspariva di primo acchito talmente scaltro e discolo, peraltro abbiente e borioso, da non comprendere perché avesse scelto la coriacea attività di delegato delle vendite, piuttosto che riprendere l’incarico della ditta di famiglia, presso un’apprezzabile e pregiata azienda di climatizzazione e di depurazione dell’aria d’una nota località della provincia di Mantova. Adesso Fausto si trovava là accanto a Sara, esaminandola con quel risolino sprezzante, tronfio e impudente, a tratti sostenuto e irritante, facendo della gratuita derisione e dileggiandosi per il suo vestito che Sara portava indosso. Sara lo esecrava, lo detestava di brutto con tutte le sue forze, malgrado ciò, lei controbatteva reagendo in modo ruvido, sferzante e tagliente alle sue frequenti e usuali freddure. Durante il tempo in cui la frastornante e allegra festa proseguiva, qualcosa d’impensato e di sorprendente però accadde, perché Sara aveva mutato repentinamente idea sul suo conto e per di più sulla sua briosa e inedita indole, e di quanto fosse attraente, invogliante e tentante quell’individuo così spigliato, incostante e a tratti fuorviato che attualmente appariva ai suoi occhi, che lei aveva costantemente scansato per tutto l’anno e di quanto acume, lungimiranza e sensatezza ci fosse racchiusa, sotto quella fittizia ed esteriore impenetrabilità. 

Sara adesso rimuginava a fondo di quanto fosse stata frettolosa nel misurarlo e assai approssimativa nel giudicarlo, macchinava assai convinta d’essere stata smodatamente callosa e coriacea sulla sua considerazione, mentre Fausto le indirizzava un’impensabile occhiata colma di premura invitandola là di fuori sul grande poggiolo per fargli compagnia prendendo una boccata d’aria. Il patio della deliziosa grande locanda dove si trovavano era satura della fragranza dei profumi dell’estate e del buon odore del latifondo attorno coltivato, repentinamente una raffica di vento fece intirizzire Sara, inducendola a coprirsi con disagio i capezzoli, che sgomberi da ogni imposizione apparivano come dei grossi aghi sul suo fasciante bustino. Fu in quel frangente che Fausto le canzonò qualcosa schernendola ulteriormente, perché la brandì all’istante per i polsi e infine la baciò in maniera riservata domandandole pressappoco il consenso, dopo ravvisando che Sara non lo rifiutava, proseguì baciandola in maniera più appassionata. La lingua valente e rodata di Fausto esplorava e saggiava le labbra di Sara, intrufolandosi affettuosamente ammodo in una cedevole e libidinosa danza. 

Nel tempo in cui la mano gagliarda di Fausto le strinse un seno, Sara si lasciò sfuggire un gradevole e genuino gemito, lui la brandì tra le braccia, e con una gradevolezza grandissima, guardandosi attorno in modo guardingo e previdente, avendo constatato che nei paraggi non ci fosse nessuno, la condusse in un luogo appartato alle spalle della grande locanda dove erano affastellati dentro un casolare giganteschi cumuli di paglia. Fausto le sdrucciolò di sopra e iniziò a sfregare la sua eloquente erezione contro l’inguine di Sara: le percezioni di quel cazzo compatto oppresso nei calzoni attraverso il tessuto leggero della gonna, fecero visibilmente parlare a vanvera Sara. Lei intraprese ad accarezzare quel corpo di maschio con una veemenza e con uno slancio che non aveva in nessun’occasione sperimentato, tenuto conto dei suoi spicci, insignificanti e infruttuosi tentativi avuti con altri ragazzi, mentre adesso le loro lingue fameliche e desiderose, seguitavano ad assaggiarsi bramose a vicenda. 

Fausto le sollevò il bustino e le lambì i seni, poi cominciò a succhiarle e ad addentarle quei grossi capezzoli appuntiti con una tale padronanza, che dovette collocarle una mano sulle labbra per affievolire velocemente i suoi squillanti mugolii e quei sonori gemiti, terrorizzato alla supposizione che qualcuno potesse saltare fuori dalla locanda, attratto e stuzzicato nel rintracciare inevitabilmente la sorgente di quel lussurioso piagnucolio. Sara frattanto gli aveva sbottonato la camicia e abbassato celermente i pantaloni, alla ricerca di quel cazzo vivo e guizzante che anelava con tutta se stessa. Iniziò a muoversi per tutta l’estensione del cazzo accarezzandolo, dopo si chinò in modo repentino per riempirlo di baci. La sua lingua cominciò a leccarne in maniera introversa e recalcitrante la punta gonfia e violacea del glande, succhiandolo di tanto in tanto, fino a quando Fausto non le afferrò la testa cercando d’aiutarla nel capire l’andazzo corretto che più privilegiava, individuando nel contempo di non sborrare presto lasciandola in tal modo insoddisfatta. 

Infervorato com’era, Fausto l’allontanò da sé, squadrando il suo sguardo esitante e diffidente, la fece distendere nuovamente su quella paglia aromatica per penetrarla sfregando il cazzo contro il suo clitoride per affondare con maggior forza e decisione, ma in quell’istante ci fu l’inattesa quanto repentina svolta da parte di Sara. Lei, infatti, buongustaia e curiosa lasciva ragazza qual era, attratta e interessata di sperimentare nuove esperienze e originali posizioni, esortò Fausto di prenderla prima da dietro nella posizione della pecorina, perché a detta d’una sua carissima amica d’università era la posizione che permetteva d’ottenere la massima stimolazione del punto G, adatta per l’appunto per la coppia che ricerca il piacere. La sua amica, ribadì inoltre, essendo questa postura per sua tipica connotazione animalesca, rappresentava oltre a ciò un’ottima posizione per il raggiungimento dell’orgasmo per mezzo d’una penetrazione più profonda. La sua prediletta amica, inoltre, le avvalorava che era una posizione che di rado piace alle ragazze più romantiche, perché durante la pecorina è complesso scambiarsi baci o sguardi, anche se non impossibile. In ogni caso lei gradiva molto questa postura, incitando Sara nel compierla appena ne avesse avuto l’occasione. 

Fausto alquanto infervorato e galvanizzato nell’udire quei licenziosi, viziosi e spinti suggerimenti la colloca alla pecorina e le infila il cazzo nella fica, le sensazioni che Sara prova sono radicate, intense e maestose, lei geme in modo frenetico, perché la penetrazione di Fausto è solida e profonda, arriva a stimolarle il punto G. Sara avverte deliziosamente la penetrazione anche sui lati della fica, Fausto accede facilmente al clitoride con la mano sul davanti aumentandole a dismisura il piacere. Sara gli strilla che questa è la posizione ideale per un orgasmo multiplo, vaginale e clitorideo, sta farneticando, sproloquia e dice assurdità, il piacere l’invade tutta, sostiene che le permette di lasciarsi andare più facilmente, che s’abbandona al proprio piacere, senza preoccuparsi delle espressioni di Fausto, perché adesso lei si concentra maggiormente sulla propria eccitazione, senz’essere distratta o imbarazzata dal suo sguardo. In pochi istanti Sara strepita il suo assordante e sensazionale orgasmo, la sua veemenza è irresistibile e investente, si sente scombussolata e sfibrata, si dimena e geme, Fausto la guarda soddisfatto, ha gestito bene il ritmo, in modo pregevole l’intensità e in maniera accurata la profondità. Sara gli sottolinea che alla pecorina si sente perfettamente dominata, decisamente sottomessa, è quello che vuole, la posa ha un suo aspetto bestiale e selvaggio, certo è l’uomo che prende in mano la situazione, ma è anche una posizione che si realizza con la complicità di tutti e due i partner coinvolgendo tutto il corpo. 

Sara è una locomotiva, carica ed entusiasta qual è ha ancora appetito, non si sente appagata del tutto, Sara vuole chiudere in bellezza. Sempre di sua iniziativa, stavolta gli propone la posizione dell’altalena, una specie di smorzacandela, la sua preferita aggiunge, quella che lei ha sempre desiderato fare. In questo modo fa sdraiare Fausto a pancia in su sulla paglia, mentre Sara si siede su di lui, poggiandosi sulle ginocchia e dandogli le spalle, mentre lui la sorregge per le chiappe aiutandola nei movimenti. Fausto gradisce e apprezza moltissimo, perché da questa posizione può godere d’una visuale maggiore su Sara, stimolandogli molto l’eccitazione. Sara detta la sequenza e la ciclicità degli affondi, entrambi scopano per diversi minuti, Fausto aizzato com’è tenta di resistere, avverte che sta per perdere il controllo, Sara comprende e rallenta, modera il ritmo, gli sfrega deliziosamente i testicoli pieni di sperma ripetendogli frasi oscene, sconce e triviali, Fausto straparla, è fuori di sé, dopo qualche minuto ricomincia il balletto, Fausto ha resistito oltremodo, ha lottato e sopportato, patendo e sostenendo l’irruenza ambiziosa e famelica di Sara, adesso sta per prorompere, è al limite, strepita per l’imminente ondata, Sara gli estrae il cazzo e con la mano seguitando a masturbarlo lo dirige verso se stessa accompagnandolo alla meta culminante, mentre lui sborra in abbondanza sul suo addome e sulla fica tutta la sua lattescente e corposa linfa vitale, mentre Sara lo osserva ammaliata, rapita e sedotta per quell’accurato, carnale e lussurioso gran finale completato nella maniera migliore. 

Adesso entrambi sono svigoriti, si sentono realizzati e felici, restano accasciai sul quel morbido e aromatico fieno per ripigliare fiato. Poco dopo Fausto le manifesta: 

“Cara Sara, adesso non adocchiarmi come se avessi combinato chissà quale violazione o traviamento. Devi sapere che io t’ho adorato fin dal primo giorno che ho adagiato lo sguardo sulla tua persona, in quel reparto dimenticato e pieno di polvere, con tutte le scartoffie accatastate là sullo scrittoio. Io non sono l’essere deforme né il malvagio né l’odioso e sgradevole individuo che ritieni, fidati”. 

Le iridi di Sara riverberarono il medesimo e prodigioso fulgore sorridendogli in modo allegro e tripudiante, però repentinamente trascolorì in viso ricordandosi dei presenti della grande locanda enfatizzando: 

“E adesso? Che cosa dirà mia madre e tutti gli altri nella locanda. In che modo ci giustifichiamo, tenuto conto che siamo svaniti per così tanto tempo?”. 

Sara si era afflitta e crucciata inutilmente, era trascorsa suppergiù una mezz’ora di tempo dalla loro assenza, anche se a lei appariva che fosse passato un tempo infinito. Con un sorriso, Fausto la ricondusse al tavolo, dove tutti i presenti erano talmente occupati nella baraonda e frastornati nel baccano tra risate e scherzi, noncuranti e disinteressati della loro protratta assenza fuorché la madre, che le indirizzò una bislacca e sconsiderata stizzita occhiata, non appena Sara s’accomodò nei suoi pressi. 

Durante il tempo in cui Fausto s’accomiatava, salutandola gl’infilò lestamente nella mano un cartoncino con su scritto: 

“Gioia mia, prendi tempo, domani ci rivedremo Sara. La nostra favolosa novella inizia qua”. 

In tal modo poi avvenne. 

{Idraulico anno 1999} 

Leave a Reply