Skip to main content

Rapporti speciali

By 30 Gennaio 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Un ringraziamento alla scrittrice di questo racconto che pubblico a nome suo.

‘Sta attento con quel carrello! Mi sei arrivato sui piedi! Ma dove hai la testa?’.
La signora vestita di giallo continuava ad insultarlo, ma Francesco non riusciva a sentirla, è vero che la sua testa era altrove, molto se la signora in giallo avesse saputo cosa stava pensando Francesco’
Francesco la testa l’aveva sicuramente altrove, dentro di sé continuava a pensare a dove poteva trovare un paio di manette vere, quelle della polizia ‘ sì perché Lei voleva proprio quelle.
Guardò la signora in giallo ancora non capendo cosa voleva da lui.
‘Ti vuoi togliere dai piedi deficiente?’.
Lo trattavano sempre tutti così, come un deficiente, eppure lui era laureato, e ora stava prendendo anche una specializzazione. Non era un deficiente qualsiasi. Tutti gli davano ordini e tutti davano per scontato che non li sapesse eseguire. Da quando viveva da solo sua madre passava due volte alla settimana a ripulirgli la casa, lavare e stirare e riempire il frigorifero. Che palle! Perché uno se ne va di casa con la scusa del lavoro e poi si trova mamma e qualche volta pure zia tra i piedi?

E se avesse voluto portarsi a casa una donna? La sua donna? La sua donna non sarebbe mai andata a casa sua, non c’era problema. La sua donna amava il lusso e non avrebbe mai messo piede nel suo monolocale di 25 metri quadri. Lei voleva di più. Lei voleva il meglio. S’incontravano sempre al Golf Club, dove il marito di Lei giocava due pomeriggi la settimana e Lei fingeva di accompagnarlo. Sì, perché la sua donna non era sua, aveva un marito e anche un amante, ma aveva anche Francesco.
Si erano conosciuti l’anno prima alla festa di laurea del nipote di Lei, un compagno di università di Francesco. Lei era bellissima e, quel giorno, Venezia era invasa dall’acqua alta. Ha guardato Francesco dall’alto al basso e gli ha ordinato di prenderla in braccio e portarla fino a S. Sebastiano, oltre l’acqua alta. Sì, glielo aveva proprio ordinato. Francesco affascinato da quella bellissima donna, l’ha presa in braccio nel modo più elegante possibile e l’ha portata per quasi un quarto d’ora in braccio, dove Lei voleva. Si erano anche fermati a vedere le scarpe alla vetrina di un negozio. Lei adorava le scarpe, soprattutto quelle con il tacco altissimo che le slanciavano le già lunghe gambe. Francesco non riusciva a distogliere lo sguardo da quelle lunghe gambe che teneva tra le braccia, e che morbida quella pelle. Non gli era mai capitato di toccare una pelle così.
Sì, ma quante donne aveva toccato poi nella sua vita? Arianna, quando avevano sei anni e giocavano al dottore, poi quando il padre l’ha scoperto l’ha picchiato talmente tanto che non ha più voluto vedere nemmeno un dottore vero per anni. Giada, nel viaggio studio in Inghilterra, quando lui aveva sedici anni e lei quattordici. Aveva bisogno di qualcuno con cui esercitarsi nei baci, e gli aveva spiegato che quando gli uomini veri baciano, tengono le mani sulle tette delle donne, sopra i vestiti però. E così lui aveva fatto per due delle tre settimane del corso d’inglese, poi lei aveva conosciuto Hans, un danese biondissimo che avrebbe fatto arrapare anche i girasoli, e così finì lui a baciarla e toccarle le tette, pure sotto i vestiti.
Debora all’università, aveva deciso che in cambio degli appunti del professor Rizzo gli avrebbe fatto perdere la verginità. Lui accettò, ma non dovette darle solo gli appunti di Rizzo, ma anche quelli di Pajalich e Montano. Però finalmente perse la verginità, non sapeva bene come, ma la perse. E lo fece anche più volte con Debora o con Sabrina, per la quale andava anche a seguire una lezione non sua, pur di procurarle gli appunti.
Ma nessuna di loro aveva la pelle profumata come quella di Lei, morbida come quella di Lei, candida come quella di Lei.
Francesco adorava guardarla mente si spogliava, sempre molto lentamente e riponeva ogni volta i vestiti in modo che non si stropicciassero. Lo faceva sempre al rallentatore, lui poteva godere di ogni centimetro della sua pelle, del suo corpo, della sua vista.
Lei lo lasciava guardare, gli concedeva questo piacere. Lui la guardava, mentre si spogliava e poi si sedeva sul letto e cominciava a toccarsi. Seguiva sempre lo stesso rituale: baciava il dito indice e il pollice della mano destra e poi cominciava a toccarsi il capezzolo destro. Lo stringeva un po’, lo faceva ruotare tra le dita più volte, lo tirava un po’ in fuori, poi lo stringeva tra le dita e lo ruotava di nuovo. Poi con la stessa calma prendeva l’indice e il pollice della mano sinistra e faceva la stessa cosa al seno sinistro. La mano non utilizzata restava sempre appoggiata sul letto dietro il corpo, a sostenerle il peso. Lei seduta lì in mezzo al letto, con le gambe leggermente piegate e divaricate e la testa un po’ reclinata all’indietro. Francesco era sicuro che si sedesse sempre sullo stesso fiore del decoro sul copriletto, sempre nello stesso punto, due volte la settimana. Il rituale proseguiva con lei che succhiava in modo suadente il dito indice della mano destra, poi si sfiorava la linea immaginaria che dalla fossetta del collo arriva fino all’inguine, passava tra la scura peluria e scendeva giù. Il pollice e il medio tenevano aperte le labbra e il dito indice inumidito si faceva strada accarezzando il clitoride, scivolando un po’ più giù e tornando a insistere lì.
La testa sempre reclinata all’indietro, gli occhi chiusi, non vedeva mai Francesco che la osservava, ma sapeva che i suoi occhi seguivano ogni suo movimento, come una pennellata di vernice su di un oggetto da esposizione, nemmeno un millimetro poteva passare inosservato. E con questa sua certezza a occhi chiusi lei sorrideva e si stendeva completamente all’indietro e liberava la mano sinistra dall’incombenza di reggere quel corpo sinuoso. Francesco non sapeva quanti anni avesse, conosceva suo figlio ed era più vecchio di lui, ma Lei era comunque bellissima. Mentre l’indice della mano destra continuava a solleticare il clitoride, il dito indice della mano sinistra si addentrava di più e cominciava a oscillare dentro di lei, come il pendolo di un piccolo orologio a cucù. Poi il dito medio cominciava a fare compagnia all’indice e il movimento oscillatorio diventava ora una sforbiciata più decisa. In un primo momento l’indice colpiva la parete davanti e il medio quella dietro, l’istante dopo avveniva l’inverso. La testa e gli occhi di Francesco seguivano quel movimento. I suoi pantaloni cominciavano a essere stretti, e li sceglieva stretti di proposito, jeans appena lavati, in cui faticava ad entrare, quasi fossero una taglia in meno. E doveva nasconderli perché sua madre non glieli stirasse. Dovevano essere così, ruvidi, appena asciugati, stretti. Li indossava senza gli slip per quell’occasione, così ogni suo movimento equivaleva a uno strofinamento e ogni sfioramento aumentava a dismisura il suo volume. Riusciva a sistemarlo nei pantaloni in modo che si gonfiasse in una certa direzione e percepisse una certa cucitura. Conosceva il suo membro e i suoi jeans meglio di chi li aveva cuciti. Avrebbe potuto riconoscere le cuciture a occhi chiusi e a occhi chiusi indossava i jeans e se li sistemava addosso. Prima o poi avrebbe comprato i jeans di una taglia più piccola, per sentire meglio.
Mentre la destra continuava la sua stimolazione ritmica, la mano sinistra di Lei a un certo punto si trasformava, le dita impegnate ora erano quattro, tutte all’interno e la mano le apriva e le chiudeva, come una medusa quando nuota e all’improvviso si mordeva le labbra, spalancava gli occhi e abbandonava le mani sul ventre ad accompagnare quelle visibili contrazioni che la muovevano dentro. E ora era il momento per Francesco di intervenire: avvicinava le mani a coppa tra le sue gambe e raccoglieva quel piccolo rivolo che usciva. Lo portava al viso, lo annusava e se era in quantità sufficiente, lo beveva.
Restavano così in silenzio per qualche minuto, Lei stesa sul letto e lui in piedi vicino a Lei a osservare ogni piccolo brivido che percorreva piacevolmente quel corpo.
Poi Lei si rivestiva lentamente, così come si era spogliata, poi con la mano sinistra che l’aveva penetrata, accarezzava la guancia destra di Francesco e se ne andava. Francesco dopo poco usciva dalla stanza, prendeva la bici e andava a casa sua, sotto la sua doccia, con l’acqua bollente a toccarsi come avrebbe voluto che Lei lo toccasse, partendo dal torace e scendendo ai genitali, stringendo il suo membro con la mano destra e muovendola su e giù, mentre la sinistra avrebbe potuto accarezzare dolcemente i suoi testicoli, in piedi dietro di lui, premendo i suoi seni sulla sua schiena.
La immaginava così dietro di lui, così era come averla lì e non poterla vedere.
L’ultima volta in cui si erano visti lui, non aveva resistito e una delle sue mani aveva tentato di massaggiarsi sopra i pantaloni. Lei aveva percepito il fruscio e si era alzata all’istante dando fine a quello spettacolo inebriante, fulminando Francesco con lo sguardo e rivestendosi velocissima. Lo aveva guardato con disprezzo e aveva detto una singola frase raggelandolo: ‘Per venerdì procurati un paio di manette di quelle della polizia, non quelle giocattolo che vendono nei sexy shop.’ E poi se ne era andata, silenziosa come sempre. Francesco era tornato a casa a piedi, tra le gambe un pezzo di marmo durissimo gli impediva di salire in bicicletta. Nemmeno mezz’ora sotto la doccia era stata sufficiente a sciogliere quella tensione. Sapeva che se non si fosse procurato quelle manette tutto sarebbe finito.

Quando uscì dal supermercato, erano le 19.27 di giovedì e il giorno dopo era venerdì, da quando il calendario è stato inventato il venerdì ha sempre seguito il giovedì ed è proprio il giorno subito dopo, senza tregua, senza via di scampo. E lui le manette non le aveva ancora trovate. Pensò che se si faceva arrestare e poi scappava con le manette addosso riusciva a procurarsele, ma forse lo inseguivano sparando e non era il caso. O forse sì, tanto se non le trovava, non avrebbe goduto più comunque.
Attraversò la strada sempre con il pensiero fisso a quelle manette, tanto che non guardò e una macchina lo investì in pieno. Pensò di essere morto, di aver risolto il problema delle manette: se era morto, non sarebbe potuto andare da Lei con la coda tra le gambe e dirle che non le aveva trovate e Lei non poteva punirlo, già era morto. Avrebbe potuto infierire sul suo cadavere? Il pensiero lo terrorizzò e lo fece tremare. Sussultò che si rese conto di essere ancora vivo, ancora vivo. E sentiva le grida della signora in giallo che continuava inveire contro di lui. Ma proprio dal marito della signora in giallo doveva farsi investire? Sentì arrivare la sirena di un’ambulanza, sentì delle mani che lo sollevavano e lo mettevano su una barella e gli fermavano le mani. Che lo avessero legato con delle manette? Magari poi poteva tenersele quando usciva dall’ospedale. Ma sarebbe uscito entro le 16 del giorno successivo?
In ospedale tante luci lo puntavano non riusciva a vedere volti o oggetti, solo luci e suoni incomprensibili, ma sentiva delle mani, tante mani che lo toccavano, che lo spogliavano. Avrebbe voluto che fosse Lei a toccarlo così, a toccare tutto il suo corpo, e così sentiva che qualcosa dentro i suoi jeans voleva esplodere fuori, come quando la guardava toccarsi. Lei non lo toccava mai, il suo unico tocco era quella carezza sul viso prima di andarsene. Ma ora sentiva quelle mani toccarlo, e in modo così piacevole, non ricordava di essere mai stato toccato così. Avrebbe voluto togliersi i jeans ma qualcuno ci pensò al suo posto e in quel momento percepì un urlo di stupore, sentì la voce netta e squillante di un’infermiera che disse: ‘ Cazzo!Guarda che cazzo duro ha questo qui!” Senti un po’ sembra legno!’ E mentre due infermiere continuavano a toccarlo, lui pensava di se stesso che lo aveva sempre percepito duro come il marmo, ma anche il legno non era male. Le due infermiere lo toccavano, lo palpeggiavano, lo osservavano da vicino. Una delle due cominciò pure a leccarlo per costatare se era vero, era troppo duro per essere vero. La cosa non gli dispiacque per niente. Era la prima volta che se lo sentiva leccare e di sicuro loro lo stavano visitando meglio di quanto avesse fatto Arianna a suo tempo. Questa è la differenza che passa tra una futura contabile, negata per la medicina, e due promettenti infermiere. Le infermiere sanno fare il loro mestiere, hanno studiato per questo e scelgono il mestiere per vocazione, come le maestre.
Francesco si accorse che stava per venire nella bocca di una delle infermiere, non cercò di fermare quel fiume caldo che voleva rompere gli argini, lo lasciò defluire con una soddisfazione mai provata, nemmeno quando sognava Lei. Lei’ non si ricordava nemmeno il suo nome’ Paola? Si forse si chiamava Paola ‘
Non sapeva quando si era addormentato e quanto aveva dormito, ma si risvegliò un po’ per lo spavento un po’ per lo stupore. ‘Non ti preoccupare, sono la dottoressa Maris. Le mie infermiere mi hanno riferito.’ e la frase volutamente lasciata in sospeso eccitò non poco Francesco. Allora non aveva sognato, era veramente ancora vivo e veramente un’infermiera glielo aveva succhiato? Queste cose accadono solo nei film porno, non nella realtà, non poteva essere vero. La dottoressa Maris si fece più vicina ed Francesco, tanto che poté scorgere la targhetta con il suo nome che compariva tra la folta chioma bionda Dottoressa Laura Maris, questo era il suo nome. La dottoressa sollevò il lenzuolo lasciandolo nudo, con un pene in erezione da far invidia a qualsiasi attore, si alzò leggermente il camice facendo intravvedere che era nuda e salì su di lui. La sentì subito calda e umida, quanto era bagnata e quanto era piacevole quella sensazione. La sentì muovere su e giù e gemere di piacere. Che bello sentire una donna che sta per venire, ti mette i brividi, ti mette la carica, e come averne cento che ti toccano e toccano solo te, perché in fondo gode con te, gode per te, gode grazie a te.
Dopo averla sentita emettere un piccolo grido di soddisfazione Francesco si lasciò andare al suo stesso piacere. Prese quanto Lei gli aveva mai concesso e venne, venne copiosamente dentro alla dottoressa.
Dopo si addormentò nuovamente e fu purtroppo svegliato bruscamente da un medico che lo dimise con qualche escoriazione e la richiesta di prestare più attenzione quando attraversava la strada. A cosa stava pensando di così importante quando ha attraversato la strada al punto di farsi investire da un’auto … Non lo ricordava più. Alla fine fu dimesso alle 16.10 di venerdì e se ne andò diretto a casa a fare una doccia. Una doccia veloce sbrigativa, giusto per togliersi la polvere raccolta durante l’incidente. Strano, gli sembrava una vita che non si faceva una doccia decente. ‘Ma di solito non si lavava mai?’ Pensò tra sé e sé.
Sentì suonare il campanello, ma era nudo e pensò che chiunque fosse, se fosse stato importante, sarebbe ritornato.
Mentre ancora nudo si preparava una tazza di caffè, il campanello squillò di nuovo. Non aveva voglia di andare ad aprire e si stese sul divano a guardare la tv.
Sentì bussare alla porta, doveva essersi addormentato, era buio fuori. Prese l’asciugamano e se lo avvolse attorno alla vita e andò ad aprire la porta.
Un’enorme pianta di azalea rosa lo investì. Con un paio di gambe coperte da una lunga gonna in jeans e un paio di braccia rosse che spuntavano ai lati.
Poco dopo una chioma castana si intravide dietro al vaso di fiori.
‘Scusa, abito al 5′ piano. Sono venuti a consegnare per te questa pianta un paio di volte oggi pomeriggio ma non eri in casa. Ho pensato ti avrebbe fatto piacere trovarla e così l’ho ritirata per te, altrimenti non so quando sarebbe ritornato il fattorino della fioreria’.
La signora del 5′ piano, la moglie dell’avvocato Alfano. Una signora morbida nelle forme, sui quaranta anni, capelli castani e occhiali, niente di speciale, se non fosse per il seno abbondante che devono aver sognato tutti gli uomini del condominio.
Francesco ringraziò per la premura, prese la pianta e rientrò.
Poco dopo sentì bussare nuovamente. Era nuovamente la signora Alfano. ‘Scusa, c’era anche questo biglietto con i fiori. Si era staccato’. Francesco prese il biglietto e ringraziò chiudendo nuovamente la porta.
Francesco lesse il biglietto: ‘Mai visto, toccato, leccato e goduto con un cazzo così, torna a trovarci quando vuoi. Ulss 12’.
Francesco sorrise soddisfatto e mentre stava per riporre il biglietto nella busta sentì nuovamente bussare alla porta.
Ancora lei. ‘Scusa la sfacciataggine, ma posso chiederti una cosa?’
Francesco annuì senza emettere un suono e aspettò la domanda.
‘Ma è tutto vero quello che c’è scritto nel biglietto?’. Francesco indietreggiò, più stupito per il fatto che avesse letto il biglietto che per la domanda che gli aveva posto. Non sapendo bene che dire, annuì nuovamente.
‘Allora questo vuol dire che tu sei un esperto di queste cose? Che sai bene come si fanno e che sai come far godere una donna?’ Francesco in bilico tra essere sbalordito, lusingato, spaventato dalla richiesta, non sapeva che rispondere. Ma prima ancora di poter pensare a una possibile risposta che salvasse capra e cavoli, fu lei a parlare nuovamente. ‘Credo di avere sinceramente bisogno del tuo aiuto. Credo tu sia la persona che può aiutarmi a risolvere il mio problema’.
Francesco non capiva a cosa potesse riferirsi, ma la cosa cominciò ad intrigarlo non poco. Era lì seminudo sulla porta di casa, con una donna matura che chiedeva il suo aiuto per una cosa che aveva a che fare con il suo cazzo, questo era sicuro. Di questo parlava il biglietto e solo a questo poteva riferirsi la signora Alfano. Non si conoscevano nemmeno, anzi, se la ricordava diversa e con i capelli lunghissimi sempre raccolti in una treccia. La fece accomodare in casa, senza nemmeno una parola, solo spostandosi su un lato e lasciandola entrare. Sempre silenzioso, vedendola impacciata le indicò il divano e lei un po’ timorosa si sedette, stringendosi le mani in grembo e continuando a muovere le ginocchia, incapace di trovare tregua.
Francesco prese posto davanti a lei, sempre solo con l’asciugamano che gli cingeva i fianchi.
Non sapeva che dire o che chiedere, pensò fosse meglio aspettare che fosse lei a cominciare a parlare. Ma non apriva bocca, continuava a fissarlo e fissare quell’asciugamano e quello che nascondeva. La cosa stuzzicò Francesco e qualcosa cominciò a muoversi spontaneamente sotto l’asciugamano e a prendere vita in modo rapido e crescente. La signora Alfano se ne accorse, arrossì, ma non riuscì a distogliere lo sguardo. Ad un certo punto si schiarì la voce e cominciò a parlare sotto voce: ‘Se normalmente sei abituato ad essere completamente nudo in questi casi fai pure, cioè immagino che l’asciugamano ora ti stringa e ti dia fastidio.’ Francesco non sapeva bene che fare, in effetti senza l’asciugamano sarebbe stato più comodo, ma da questo a dire che gli dava fastidio’ comunque decise di assecondarla, per capire cosa realmente volesse da lui. Non è che ti capita tutti i giorni una donna in casa che sembra non farsi problemi a vederti nudo.
Si tolse l’asciugamano e lo posò a portata di mano, nel caso avesse dovuto ricoprirsi velocemente per qualche motivo. Non sapeva bene come stare seduto, se accavallando le gambe coprendo un po’ la visuale o se restando spudoratamente a gambe divaricate, mettendo in mostra quello che lei chiaramente voleva vedere. Tentò prima di accavallare le gambe, ma quando vide che lei tirava il collo per cercare di superare quel ginocchio che le copriva la visuale, decise di dare piena mostra di sé e del suo membro in erezione. Cazzo! Che bello che era da vedere così dall’alto, duro, solido, sicuro di sé come non era mai stato nella vita. In questo momento probabilmente anche mamma e zia sarebbero state fiere di lui. Suo padre e suo fratello sicuramente.
La signora Alfano continuava ad osservarlo, a studiare i suoi movimenti, quasi in attesa di un cenno per poter cominciare una conversazione il cui argomento era ancora sconosciuto ad Francesco. Fece un cenno con la mano per invitarla a parlare. Lei si schiarì la voce e visibilmente imbarazzata cominciò a parlare a bassa voce, quasi a sussurrare. ‘Un’amica mi ha consigliato di rivolgermi ad un esperto, che anche sua cugina ha fatto così e ne ha tratto beneficio’.’ Si fermò, quasi a cercare la parola giusta per continuare e poi con un tono decisamente più alto di voce e molto meno incerto espose in modo inequivocabile il suo problema: ‘Non provo assolutamente niente quando faccio sesso con mio marito’. E dopo aver quasi urlato fuori questa frase abbassò il capo arrossendo.
Approfittare della situazione? Almeno una scopata si poteva farla per vedere se il problema era lei o suo marito. Dirle chiaramente che si sbagliava sul suo conto? Deludere ancora una volta una donna nella sua vita? Una donna che sembrava pendere dalle sue labbra oltre che dalla vista del suo splendido pene in erezione? Non poteva mandarla via. Doveva trovare una soluzione e doveva farlo subito.
Si alzò e si avvicinò a lei. Era sicuro di averla vista tremare. Chissà se anche lei aveva percepito che anche lui stava tremando. Le mise una mano sulla spalla in modo quasi paterno, pensando a quando suo nonno voleva dargli consigli di vita basati sulla sua filosofia di vita campagnola. Consigli di vita spicciola impossibili da mettere in pratica dal ’68 in poi, specie con le donne, ma quella mano sulla spalla era sempre stata la cosa più rassicurante della sua vita. La signora Alfano si tranquillizzò e posò una mano su quella di Francesco stringendo le sue dita in cerca di una conferma, di una certezza, di essere nel posto giusto, con la persona giusta a fare la cosa giusta.
Francesco invece ora non sapeva che fare e come andare avanti, la mano sulla spalla aveva funzionato, ma non poteva fare i discorsi di suo nonno ora, suo nonno poi con lui non aveva mai parlato di sesso, ma solo di donne. Pensò alle sue parole e ebbe l’ispirazione: Le donne bisogna comandarle e per non perderle, dentro casa devi lasciarle comandare, fare quello che vogliono, così si sentono signore e non serve alzare la voce o le mani, tanto faranno sempre quello che va bene a te. Quando nonno Francesco gli diede questa perla di saggezza Francesco aveva 12 anni e non sapeva che farsene, ma ora sapeva il significato di quelle parole. La casa ‘ un tetto sotto la testa, un piatto su cui mangiare, un letto su cui dormire ‘ un letto su cui scopare, questa è la casa che vogliono le donne. Ma se una donna non conosce la propria casa come fa a gioirne? Ora sapeva cosa doveva fare. Senza togliere la mano dalla sua spalla si portò nuovamente davanti a lei e senza guardarla negli occhi, ma osservando fuori dalla finestra: ‘Quando ti tocchi da sola, ti piace?’
La signora Alfano sussultò, si alzò i piedi e cercò i suoi occhi, si schiarì la voce e biascicando appena: ‘Io non mi tocco, non mi piace, non so nemmeno come si fa’. Il cuore di Francesco si aprì all’improvviso: quella donna sembrava più sprovveduta di lui. Da qui bisognava cominciare e lui sapeva benissimo come una donna poteva procurarsi piacere da sola. Le chiese senza troppi preamboli, cercando di produrre la voce più sicura della sua vita, di togliersi la gonna di jeans. Lei dando per scontato che fosse necessario, la fece scivolare subito ai suoi piedi. Sotto indossava un normalissimo paio di slip bianchi di quelli che non inviterebbero nessuno a stuprarla. Glieli tolse velocemente senza nemmeno guardarla in viso. Francesco si sedette sulla poltrona e la fece accomodare di spalle davanti a sé. Le sue natiche appoggiate sul suo pene sempre in eterna erezione non erano poi male. ‘Così , stando dietro di te, dovresti provare meno imbarazzo e percepire meno la mia presenza’ le disse in tono pacato, e dentro di sé invece pensò al suo cazzo che pulsava e premeva dietro di lei. Lei annuì solo con il capo.
Francesco le prese le mani, la destra con la destra e la sinistra con la sinistra e abbracciandola da dietro e la invitò a togliere la maglia e rimanere con il solo reggiseno.
Che tette! Viste da sopra le spalle erano uno spettacolo incredibile ‘ mele, meloni, angurie ‘ colline, montagne ‘ niente era così grande e piacevole alla vista. E il suo pene non restò insensibile alla vista, si fece sentire e la signora Alfano sussultò. Sempre guidando le mani di lei, fece in modo che si abbassasse le spalline del reggiseno, mettendo il seno così ancora più in mostra. Era sempre più bello e invitante, quanto avrebbe voluto tuffar visi dentro, ma doveva mantenere un certo contegno e una certa professionalità per non smascherarsi. Quelle mammelle morbide e rosee volevano uscire di lì, non ne potevano più di starsene rinchiuse lì dentro. Francesco lasciò per un attimo le sue mani e le sganciò il reggiseno. Quanto avrebbe voluto essere così bravo come Kevin Costner in Bull Durham, che lo toglieva con un singolo scatto di pollice e indice ‘ Lasciò che le coppe del reggiseno si abbassassero sotto il peso di quelle enormi tette.

Prese le sue mani e le usò come delle pinze per togliere completamente quel reggiseno bianco e semplice. Lei sussultò ed emise un breve gemito. Lasciarono cadere il reggiseno per terra. Ormai si muovevano come una cosa sola, le mani non erano quattro, ma solamente due, due coppie di mani che si muovevano all’unisono, come se lo avessero fatto per tutta la vita.
Sempre senza parlare Francesco le prese il pollice e l’indice di ogni mano e le avvicinò alla bocca di lei, prima la destra e poi la sinistra. Introdusse leggermente le dita dentro la bocca, perché si bagnassero appena. Lentamente poi prese le due dita di ogni mano e le portò ai capezzoli di quelle enormi tette. Fece in modo che le due dita di ogni mano stringessero un capezzolo, la destra sulla destra e la sinistra sulla sinistra. Poi le tirò leggermente indietro le spalle, per sollevare in avanti e ampliare quel generoso torace. Lei si vedeva riflessa sulla portafinestra, vedeva se stessa tra le braccia sicure di quel giovane uomo e le piaceva, quanto le piaceva. Non si era mai sentita così, nessuno la aveva mai fatta sentire così. Piano piano Francesco cominciò a sussurrarle all’orecchio quello che doveva fare, come doveva toccare i capezzoli, quando strizzarli un po’, quando farli ruotare un po’, quando bagnarsi ancora le dita per provare così maggior piacere. Lei seguì ubbidiente le sue indicazioni preziose, fino a quando il movimento le venne così naturale che Francesco potè invece rivolgere la sua attenzione a quel cazzo enorme che si trovava tra le gambe e che premeva sempre di più dietro di lei e che non sembrava darle assolutamente fastidio, anzi, le sue natiche sembravano essersi adagiate una da una parte e una dall’altra, per lasciargli il giusto spazio per muoversi al loro interno, poter scivolare un po’ avanti e un po’ indietro a suo piacimento. Francesco avanti voleva andare.
Tastò con mano quei capezzoli che erano diventati durissimi e molto sporgenti. Era stata brava, li aveva proprio massaggiati a dovere e la certezza la ebbe da una sensazione di calore umido che il suo cazzo cominciava a percepire: si stava bagnando, la cosa la eccitava sicuramente. Era il momento di andare oltre. Prese il pollice, l’indice e il medio della mano destra e gliele infilò lentamente in bocca e lei le inghiottì avida. Dopo averla lasciata succhiare per un tempo sufficiente a desiderare che al posto di quelle dita ci fosse il suo cazzo, le prese la mano e la fece scendere piano fino all’inguine, era rasata ‘ perfetto, massima sensibilità. Posizionò il suo pollice e il suo medio ai lati a trattenere le labbra e giudò l’indice perché si muovesse all’interno, accarezzando il clitoride sempre con una leggera pressione che lui faceva con il suo dito su quello di lei. La signora Alfano cercò di trattenersi, ma non riusciva ad evitare di ansimare in modo elegante e per niente volgare e questo piacque tantissimo ad Francesco.
Il movimento di lei cercò di farsi autonomamente più veloce ed Francesco capì che era il momento di lasciarla libera di agire. Nel frattempo prese il dito indice della mano sinistra e cominciò ad avvicinarlo all’apertura inferiore. In modo istintivo lei lo inserì dentro e lui le sussurrò all’orecchio come voleva che lo muovesse, accarezzando tutte le pareti all’interno, ispezionando tutto di sé. Lei seguì le istruzioni alla lettera e non si stupì quando Francesco fece in modo che introducesse anche il dito medio ad accompagnare il suo indice nell’ispezione. Ogni tanto anche l’indice sinistro di Francesco entrava per darle qualche indicazione pratica su come muoversi, mentre la mano destra era sempre ferma sulla destra di lei, perché non smettesse nemmeno per un istante di accarezzarsi il clitoride.
Le dita all’improvviso divennero tre e poi quattro senza che Francesco dovesse dare indicazione alcuna. Aveva capito come fare, aveva capito come procurarsi piacere, un piacere che non aveva mai provato prima e che ora aveva scoperto grazie a lui, solo grazie a lui. Francesco era orgoglioso di se stesso, più che nel giorno della sua laurea, eppure l’aveva considerata sempre un traguardo importante della sua vita, ma niente valeva come questi momenti con la signora Alfano tra le braccia.
Stava per venire, sentiva che stava per venire, lei non lo aveva ancora capito, ma lui lo sapeva, sapeva bene quello che stava per accadere. Con le mani le cinse la vita e cominciò a leccarle la base del collo, lei voltò la testa all’indietro e ormai conscia di ciò che la stava travolgendo e il suo unico pensiero fu quello di lasciarsi semplicemente andare. Lasciarsi travolgere, invadere da quell’insolito calore.
Si abbandonò tra le braccia rassicuranti di Francesco e lui la avvolse con una tale soddisfazione per l’effetto ottenuto, quasi avesse goduto lui stesso con lei.
Non seppero quanto rimasero così abbracciati, poi il telefono che suonò li riportò alla realtà. Francesco non rispose e invece l’abbraccio stretto, quasi a non volerla lasciare andare via dal suo abbraccio. Lei si voltò leggermente e posò le labbra sulle sue. Poi si ritirò e arrossi. ‘Scusa, forse non dovevo farlo’. Invece ad Francesco la cosa piacque tremendamente, ma volendo fare il sostenuto, le disse che andava bene lo stesso, che non era un problema.
Lei si alzò e nuda davanti a lui cercò di coprirsi, ma quando vide il suo pene ancora turgido avvicinò le mani e con lo sguardo chiese il permesso di toccarlo. Francesco annuì semplicemente con gli occhi. Lei si inginocchiò davanti a lui e cominciò a guardarlo e a sfiorarlo con le mani. Lo accarezzava per tutta la sua lunghezza e poi ci girava attorno, come se non ne avesse mai visto uno in vita sua. Lo accarezzava timida e poi a volte con slanci appassionati, lo stringeva e lo rilasciava. Lo attirava a sé. Francesco la prese per le spalle e la avvicinò di più e lo infilò tra qui seni che aveva tanto osservato prima. Gli ultimi gradini prima di entrare in Paradiso dovevano essere così, Dante non li aveva descritti per pudore, ma dovevano essere così.
Infilò un dito nella sua bocca e lo mosse in modo lento ma sensuale e lei capì. Si spostò i capelli dal volto e si abbassò su di lui e lo prese in bocca. La sua lingua si mosse repentina all’interno della bocca. Ormai era Francesco a non capire più quello che accadeva, sentiva la testa girargli e il sangue pulsare all’impazzata. Questo si sarebbe stato un modo onorevole di morire, non lo stupido incidente d’auto del giorno prima.
Lasciò che lei lo esplorasse da sola, senza darle indicazioni. Qualcosa avrebbe potuto fare, dirle, ma in fondo voleva solo godere, senza preoccuparsi di niente.
Le mani della signora Alfano lo toccavano ovunque, alla base del pene, attorno ai testicoli, sulla punta rossa e lucida. Toccavano tutto e la sua lingua le seguiva a ruota. Percorse tutte le sue nervature con la punta della lingua e poi anche con tutta la lingua stesa, grande, avvolgente. Poi lo prese tutto in bocca e cominciò a succhiarlo in modo ritmico e vorace, sembrava quasi volerlo aspirare. Francesco sapeva che stava per venire, sapeva che stava per venire nella sua bocca, ma decise di non fermarla, forse voleva studiare la sua reazione. Venne e lei non si scompose, ingoiò tutti i suoi fluidi e poi continuò a leccarlo ancora. Sorridendo poi alzò gli occhi verso di lui e disse semplicemente: ‘Immagino che questo non sia per tutte. Lo ho considerato un regalo incredibile.’ O era ingenua o era pazza, ma lui capì che la adorava, così come era, proprio così come era.
In modo professionale le passò i suoi vestiti e le disse semplicemente: ‘Cerca di fare lo stresso con tuo marito, vedrai che godrà, ma soprattutto tu godrai.’. E dentro di sé pensò che sicuramente sarebbe tornata il giorno seguente per un’altra lezione. Chissà cosa avrebbero potuto esplorare.
Lei si rivestì silenziosa mentre lui rimase ancora sulla poltrona. Si avvicinò alla porta ringraziandolo ancora con gli occhi. Era già fuori dalla porta con tutto il corpo, tranne una caviglia quando rientrò improvvisamente e disse: ‘Mi chiamo Annalisa. Tu Francesco, vero?’ Francesco annuì con un tuffo al cuore. Ormai era sua.

Scritto da anonima
Per commenti o altro: filodiluce@gmail.com

Leave a Reply