Skip to main content

rumori di tacchi

By 1 Giugno 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

L’avviso era stato affisso da circa una settimana : cena aziendale. Il solito polpettone di parole, chiacchiere inutili, sguardi ammiccanti di giovani stagisti sempre allupati che contraccambiano furtive occhiate di segretarie attempate e stanche del solito menage coniugale o giovani dattilografe acchittate per l’occasione di poter arraffare qualche momento di estasi sessuale che interrompa il solito toccarsi autoerotistico che di solito divorano nelle pause caffe’ nelle toilette dell’azienda.
Sinceramente, per me fedele alla mia compagna e ai valori della fedelta’ coniugale, non poteva attirarmi piu’ di tanto far parte integrante di questo bailamme di volutta’, ma piu’ la giornata passava e piu’ l’idea di poter spiare gli ammiccamenti degli altri, si faceva sempre piu’ pressante. Giovanna, quarantenne sposata, bel portamento, capelli lisci neri, occhi neri, mani bellissime e gambe “da una botta e via”, taieur, gonna con spacco sul retro, collant con la riga; forse autoreggenti. Si era avvicinata alla mia scrivania mentre stavo riponendo le mie cose nel cassetto. Il pavimento in marmo non poteva attutire l’echeggiare dei tacchi di Giovanna sulle mattonelle del mio ufficio. Il rumore ritmato dei tacchi mi ha sempre intrigato, e ora più del solito, al punto di farmi rimare basito ma allo tempo vigile al ritmico ticchettio che avvertivo sempre piu’ vicino. Sembrava che il mio battito cardiaco era sintonizzato su quel ritmo. Poi il silenzio e nell’aria un profumo dolcissimo. Mi voltai e vidi Giovanna vicino alla scrivania. Era leggermente chinata quel tanto che bastava che il mio sguardo bastardissimo si fissasse sulla scollatura della camicetta. Si intravedeva il pizzo nero del reggiseno. Una leggera bava di aria fresca del condizionatore aveva fatto venire una leggera pelle d’oca alla donna e inturgidito i suoi capezzoli, che ora trasparivano nella loro prorompente esuberanza. Lo sguardo scese sulla gamba leggermente flessa che mostrava la caviglia sottile. Non la ricordavo cosi’, Giovanna.
Mi disse di seguirla in sala riunioni perche’ c’era la solita riunione di fine mese. Da dietro Giovanna, persona di cui non avevo mai fatto oggetto dei miei sogni erotici che quotidianamente scaturivano la mia pippa sotto la doccia, appariva molto piu’ giovane di quanti anni avesse in realta’; il corpo sembrava quello di una ragazzina con sedere marmoreo e sodo e vita strettina. Il taieur evidenziava la figura. Lo spacco della gonna, che all’aprirsi del passo faceva intravedere gran parte dei collant, smaliziava la figura di innocente vergine. I miei pensieri si ammosciarono all’ingresso in riunione. Tavolo ovale. Io seduto vicino alla responsabile acquisti. Spengono le luci per la proiezione delle vendite. Delle vendite non mi interessava nulla perche’ in testa mi continuava a girare la figura di Giovanna che sculettava davanti a me nel corridoio. Trasognavo di poterla afferrare dai fianchi, spingerla con il peso del mio corpo contro la parete del corridoio. Appoggiare la patta dei pantaloni nella fessura delle chiappe. Spostarle i capelli con la testa e mordicchiarla sul collo, lentamente, in senso verticale. Con leggeri colpi di lingua inumidirle il collo per poi ansimarci sopra regalandole quella sensazione di caldo umido e freddo intenso che solo il respiro ravvicinato puo’ dare. Con una mano accarezzarle la coscia, con fermezza, ma tanto da poter scivolare sul collant, alzandole la gonna con il polso della mano e scoprire il contatto con la pelle nuda dei fianchi, segno che avevo oltrepassato il pizzo delle autoreggenti; quasi senza accorgermene. L’altra mano le accarezzava una guancia, con decisione e avidita’, e gli infilavo un dito in bocca. Con l’uccello sempre piu’ duro, insistendo nella spinta altezza delle natiche, insistevo con la mano che dal fianco scendeva verso il monte di venere. Scoprire che, sotto la gonna, Giovanna mostrava tutta la sua femminilita’ portando un minuscolo slip di seta che a stento tratteneva i peli della fica, straripando di lato, mi eccitava terribilmente regalandomi la rinvilita da uomo-nerchia su chi mi comanda. La possibilita’ di infilare il dito medio sul clitoride oramai pronunciato, faceva intendere che gli umori erano gia’ sufficienti ad una penetrazione che non tardo’ ad arrivare. Mi spostai di lato, senza calarmi i pantaloni, tirai fuori l’uccello, scappellandomelo. La cappella tocco prima la cucitura dello slip, ritraendosi leggermente, e poi, spostandosi, si fece largo tra quella selva di peli ruvidi, il cui contatto diede nuovo vigore alla durezza della cappella. Giunto agli umori che oramai colavano a fiotti, diedi un secco colpo di reni. La donna sussulto’ giusto un attimo, trattenendo il respiro quanto gli bastava per poi lasciarsi andare ad un sussurrato e gentile gemito. E’ una donna di classe, pensai. Diedi forza alla mia azione quando….mi resi conto che stavo sognando ad occhi aperti. La luce era stata accesa, la riunione finita. La responsabile degli acquisti, quasi mia coetanea, non pote’ non notare il rigonfiamento nei miei pantaloni. Mi strinsi piu’ sotto al tavolo. Lei mi guardo’ e mi sorrise. Sono passate due settimane e ogni volta che la incontro lei sorride, gentile. Prima o poi mi trombero’ anche lei. Magari a fine mese durante la prossima riunione sulle vendite…

Leave a Reply