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San Patrick’s Day

By 21 Marzo 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Non mi chiamo Dario, ma voglio presentarmi così.
Ho 24 anni e quanto sto per scrivere mi è accaduto domenica scorsa ma, ovviamente, la scelta di crederci è libera.

Sono profondamente bisessuale e fino a qualche tempo fa non credevo affatto alla doppia scelta; oggi penso che infondo siamo tutti capacissimi di fare sesso con ambedue i sessi ma che, soprattutto, potremmo incontrare l’anima della nostra vita risedente in un corpo maschile, per quanto potrebbe riguardarmi, o femminile a seconda; quindi lasciarci andare all’ancora chiamata Diversità.

Ero con amici in un pub, non i soliti amici,
persone che non frequenterei se avessi di meglio da fare; ma di certo l’alcol è un valido collante anche per caratteri molto diversi.
Butto giù il primo mezzo litro, rossa doppio malto.
l’atmosfera è piacevole in fin dei conti,
luci non troppo alte, persone, via vai di boccali e musica tirolese.
Si chiacchiera di tutto e di niente, da cosa si è fatto la sera prima a quale libro si sta leggendo, da come procedono studio e lavoro alla prossima vacanza.
Arriva il secondo mezzo litro. Rossa doppio malto.

Non sono un dio greco, non sono alto 1,80 m e non ho una resistenza fisica da atleta, ma il periodo storico nel quale sto crescendo prevede l’approccio ad alcol e droghe già verso i 14 anni, e io che sono una persona non diversa dalla maggior parte, sono cresciuto accompagnato da questi due vizi che non hanno mai condizionato la mia vita ma che qualche volta mi hanno fatto pentire delle facilità con cui facessi poi delle azioni. Ma a chi non capita di esagerare?

Persa totalmente la cognizione del tempo. Ero immerso nell’euforia dell’alcol, sentivo caldo e anche i più antipatici erano diventati divertenti.
Credo fosse arrivata l’ora di cena ma piuttosto che ordinare del cibo un amico si presenta con un’altra pinta, rossa doppio malto. Giù anche quella.

D’un tratto non stavo più bene in quel posto. D’un tratto sentivo di voler tornare a casa.
Oggi non ricordo quale sia stata la scusa per divincolarmi da quella situazione, ma di certo non avevo ponderato il fatto che abitavo a circa un’ora di cammino.
Ero in strada, ero ubriaco, avevo assunto un litro e mezzo di birra dalle 7 del pomeriggio, potevano essere le 22 quando ciondolavo per la strada e l’ultima cosa che avevo mangiato risaliva al pranzo; ma stavo bene, nessun sintomo di rigetto, nulla che non riuscissi a controllare.
Era buio.

Mi trovo un angolo dove fare pipì, sbottono il pantalone e tiro fuori il pisello.
L’aria fresca me lo fa venir su duro. Quindi l’idea: ho voglia di cazzo.

Amo il porno proibito, il sesso nei bagni pubblici,
la mano che si allunga da un urinatoio all’altro per stringere l’uccello sconosciuto. Qualcosa che succede solo nei video amatoriali americani?
Di colpo volevo scoprirlo.
Ero solo, in giro per la città, disinteressato delle maniere, dei pericoli,
la sola cosa che volevo era un’avventura emozionante, eccitante, che mi appagasse.
E in quel momento nulla poteva appagarmi di più che un cazzo duro.

Mi dirigo verso la stazione, non ricordo il tragitto, quale strada avessi fatto, non ricordo nulla, ricordo di essermi ritrovato nell’atrio principale entrando dall’uscita secondaria.
Mi guardo intorno, c’erano pochissime persone.
Barboni a dormire agli angoli, qualcuno davanti ai distributori e una comunità rom seduta sulle panchine.
Mi dirigo da quel lato.
Mi guardano, mi osservano, di certo non passa troppo inosservato a quell’ora di domenica, un 24enne ben vestito e senza zaini per la partenza, sedersi vicino a loro.
Mi chiedono soldi, sorrido bonariamente e declino la richiesta. Poi guardo meglio, un signore, un filippino di mezza età seduto tra loro. Perchè?
Furtivamente lo guardo, mi guarda. Sento già l’eccitazione salire e così anche il mio uccello iniziava a pulsare. Lo riguardo, mi fa cenno, è fatta.
Rispondo al suo messaggio inclinando la testa verso destra, vado in quella direzione.
Mi alzo, ho l’uccello gonfio, duro e pulsante. Mi segue. Mi guida verso un posto che avevo riconosciuto, Il binario morto, si chiama così perché in disuso da molto.
Non parliamo, ci tocchiamo un po’ mentre camminiamo.
Fa schifo, puzza, è vecchio e sporco, ma non mi importa, volevo un cazzo e un cazzo mi da.
Fermi nel sottopassaggio tra un binario e l’altro mi tocca, vuole baciarmi ma mi scanso, lo tocco, lo sento.
Sbottono i pantaloni e via, ho tra le mani il suo uccello.

Rifletto sulla facilità che c’è voluta, rispetto all’idea che mi ero fatto sborrando davanti al pc mentre vedevo video del genere.

Ce l’ha piccolo e durissimo, gode. Ha gli occhi socchiusi ed emette brevi versi di piacere. Glielo massaggio, mi sputo sulla mano e strofino la cappella.
Mi piace, gli piace. Più forte, mi tocca, geme, si gira un po’ e capisco, sborra, sborra tanto, sorride e mi guarda.

Ho ancora la mano sporca del liquido di quell’uomo che sono di nuovo nell’atrio principale. Non mi è bastato, volevo farlo ancora,
volevo fare ancora la puttana del sobborgo ferroviario.
Mi guardo intorno, c’è chi mi guarda, chi lo fa con disprezzo, che abbiano capito? Non mi importa, ero talmente disinteressato che se mi avessero chiesto di incularmi lì davanti avrei accettato di buon grado.

Niente da fare. Nessuno che mi soddisfi. Mi innervosisco, volevo un cazzo,
lo volevo a tutti i costi, volevo godere facendo godere.

Mi giro, mi guarda. Beccato.

Era un signore, un nonno giovane o un padre di famiglia anzianotto.
Sono talmente troia che non ho problemi a guardarlo maliziosamente mentre mi lecco le labbra. Sorride con la faccia da porco pervertito.
Il mio cazzo è in panne.
Si dirige nel bagno che un attimo dopo scopro avere l’ingresso a pagamento, finto.
Faccio ancora pochi passi e nel vano sulla destra dove sono impostati gli urinatoi c’era lui.
Nessun preludio, nessun’attesa, lui ha il cazzo in tiro fuori dai pantaloni e io lo prendo con foga.
Glielo massaggio, all’inizio piano, ma il porco non vuole saperne, prende con la sua la mia mano e stabilisce l’andamento, veloce.
Nel mentre che gli stantuffo la mazza lui mi sbottona appena, tira fuori il mio cazzo bagnato e inizia a farmi una sega mentre con l’atra mano toglie la mia dal suo uccello e la porta al muro davanti a noi, così con l’altra.
Sono leggermente chino in avanti, con le mani al muro e uno sconosciuto, viscido e di chissà dove con una mano mi segava e con l’altra mi massaggiava il buco del culo.
Ero estasiato, godevo, e lo facevo sentitamente, non so se in bagno ci fosse qualcuno ma me ne sarei accorto, lui sussurra parole, mi chiede se mi piace, e completamente sottomesso gli dicevo di si e con il bacino accompagnavo più il dito che mi inculava che la mano che mi segava.
Mi gira davanti a lui, mi fa abbassare e cerca di puntarmi l’uccello in bocca.
Avevo paura, così mi rialzo e gli dico di no, ma continuo a segarlo,
davanti a lui sputo un filo di saliva in direzione del suo cazzo, questa cosa lo fomenta, si muove veloce e il suo cazzo a banana sembrava fottere la mia mano, sborra.
Viene copiosamente a terra e sulla mia mano che ora si riempie anche del suo succo.
Cerca di baciarmi ma facendo finta di nulla mi avvicino al lavandino per lavarmi. Mi chiede il nome, cosa faccio e quando mi trova lì. Rispondo con le prime cose che mi vengono in mente false ma credibili.

Ero soddisfatto, ero contento di ciò che avessi fatto, adesso potevo tornare a casa, lavarmi, farmi una sega pensando all’accaduto e dormire per riprendermi dalla sbornia.

Quindi passa lui.

Un ragazzo indiano, bello. Fisico carino, non troppo asciutto ma senza maniglie. Vestito in denim, cappellino. Sembra cattivo.
Mi guarda, ricambio lo sguardo, non sento di riuscire a fare la troia con lui,
forse l’età più vicina alla mia mi rendeva più vulnerabile, meno capace di ‘rigirarmelo’ nel modo in cui ho fatto con i primi due di una certa età e senza pretese.

Mi fermo comunque davanti a lui, lo guardo fisso ma se lui ricambia giro lo sguardo. E’ imbarazzante e bellissimo, la situazione e lui.
Non so cosa fare, sono lì impalato e pregare sesso, me ne vergogno ma non al punto da schiodarmi da lì.
Scopro il polso e guardo l’ora e d’un tratto una voce mi chiese quell’informazione. Era lui.
Risposi, era mezzanotte passata da poco, sorrisi e lui accennò qualcosa del genere.
Mi girai, decisi su due piedi che non era cosa ma subito pensai a quanto mi avesse chiesto: dentro la stazione dei treni chiedere l’orario ad una persona, se non sei orbo o stupido, lo fai per un altro fine. Era fatta dunque.
Mi avvicino e chiedo se posso sedermi accanto a lui, e lui accetta.
Mi chiede il nome, falso, l’età, falsa.. cosa facessi lì.
Beh, cosa facessi lì era potenzialmente una domanda come un’altra;
potevo stare ad aspettare chiunque, potevo stare per partire, potevo mille scuse, ma mi sentii toccato come se sapesse che ero lì per tutt’altro.
Risposi che ero lì a lavorare, ero lì a far felice uomini, ero lì a fare la puttanella. Sincero, un po’ per sentirmi vissuto di esperienze negative che mi avessero portato a tanto, un po’ per provocarlo, un po’ per eccitamento.
Alla stessa domanda mi rispose che aspettava un treno che non arrivava per quell’ora.
Dunque la proposta, ma non a pagamento, per lui gratis.

Trovammo un posto ben nascosto, doveva essere la prima esperienza per lui perché scarto 4,5 possibili rifugi perchè credeva fossero troppo in vista.

Ci fermiamo, la prima cosa che faccio e toccarlo tra le gambe, è già durissimo.
Sbottono i jeans, li abbasso, esce questo serpente nero, duro, circonciso e leggermente a banana.
Sono talmente eccitato che sarebbe bastato nulla per farmi sborrare. Inizio a massaggiarglielo, è durissimo, gli piace e si vede.
Poi passa all’attacco. Mi prende velocemente i pantaloni e li abbassa con tale violenza che il primo bottone salta via, mi gira, mi blocca contro una macchina, sento che si bagna una mano di saliva e si tocca l’uccello, non riesco a implorare pietà che mi ritrovo impalato da quel batacchio di carne, con una mano a tapparmi la bocca e con l’altra sul fianco che comandava il movimento.
Mi chiamava troia, mi chiedeva se mi piacesse e mi ripeteva che mi stava osservando dall’inizio, che aveva capito cosa andavo facendo e che aveva capito che lo facessi per piacere e non per soldi. Mi chiedeva se avessi mai visto un uccello così, se mi fossi mai fatto scopare un cazzo così grande, ma non gli interessava realmente, era solo forasticamente eccitato,
e io a quest’idea realizzata ho iniziato a sentire la sborra salire,
è durato poco, non più di 15 minuti che subito ho schizzato contro la macchina 6 fiotti di sborra, bianca e calda. Tempo pochissimi minuti anche il mio bel toro indiano, godendo nella sua lingua, ho sentito che stava per venire ma senza provare a muovermi io o a liberarmi lui, si è svuotato le palle dentro di me, finendo gli ultimi rantoli con colpi secchi, fortissimi, con i quali ho sentito il suo uccello di almeno 20 cm dentro fino alle palle.

Esce, mi guarda e prova a baciarmi. Mi scanso, ero veramente esausto.
Mi rivesto, ci guardiamo, ci salutiamo.

Tornato a casa ho avuto la forza di lavarmi appena che sono crollato sul letto.

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