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Racconti Erotici

Un colpo di vita

By 12 Marzo 2020Giugno 16th, 2020No Comments

Per improrogabili motivi lavorativi non stabiliti né decisi da me, e per professare in modo consono e rispondente la mia delicata attività, per poter esercitare inoltre nel migliore dei modi l’occupazione che la mia consorte portava avanti, m’avevano decentrato lontano dalla mia abituale residenza, perché risultando all’epoca incompatibile e inconciliabile con l’attività di mia moglie e di mia suocera, non potevo svolgere servizio presso il medesimo comune, laddove ricadeva il distretto di servizio nel luogo in cui abitualmente lavoravo. 

Queste direttive e molteplici tediose norme, peraltro ancora in vigore, presumo per la stragrande maggioranza del personale militare, che ha la disavventura, la rogna e pure l’odissea, che la sua stretta parentela abbia qualche attività commerciale in famiglia, qualche esercizio pubblico in uso, o qualche punto vendita aperto, non combacia e diverge ahimè con i regolamenti e con l’etica della professione del coniuge, andando a discordare e a stridere con gl’incarichi e con le mansioni istituzionali. In aggiunta a ciò, il personale in questione, era perfino sfavorito e penalizzato, non so se quest’oggi sia ancora così, per i frequentissimi spostamenti e per le cospicue spese da sostenere nei viaggi, allorquando s’utilizza il mezzo proprio per spostarsi, con orari non proprio compatibili con le mansioni di servizio per venire a lavorare, se ti capita in ultimo pure una località disagiata da raggiungere. 

Quantunque mi rodessi senza sosta il fegato e in aggiunta a ciò pure l’animo, tutta la faccenda in conclusione mi disgustò tantissimo, perché assai ripugnato e abbastanza dispiaciuto accettai in ultimo la destinazione finale, anatematizzando, imprecando e maledicendo in cuor mio tutto e tutti, per quello sventurato e iellato esito. Fui ben presto assegnato in Friuli nella località di Coccau (UD), ultimo paesello in Italia prima del confine austriaco, non potendo scegliere di mia spontanea iniziativa il luogo dove prestare servizio. Ebbi però la fortuna di trovare un alloggio in locazione a Malborghetto-Valbruna (UD), piccolo paese nella regione montuosa delle alpi Giulie, distante suppergiù quindici chilometri dal valico di Coccau. Devo ammettere che i primi tre mesi furono per me spiacevoli, urtanti e incresciosi, pure addolorati, malinconici e abbacchiati, non per via delle persone ugualmente amichevoli e benevole del luogo, ma per la distanza da casa mia e per il distacco dovuto alle mie tradizionali manie e per le mie familiari abitudini che abitualmente conducevo, quando dimoravo nella mia città, Pescara per l’esattezza. Essendo io stesso un individuo di natura nostalgica e attaccato ai ricordi, pativo e mal tolleravo la lontananza, soffrendo moltissimo la mancanza delle mie terre, essendo originario di Giulianova (TE). Vivevo in quel tempo periodi traumatici e sconvolgenti, oserei dire ardui e tormentati, difficili e per di più ingrati, giacché rimuginavo d’abbandonare tutto e di farmi persino destituire, infischiandomene del tutto sia degli strascichi che dei postumi che ne sarebbero scaturiti. 

Sembrava ormai tutto perso, ero avvilito, demoralizzato e sfiduciato, mi sentivo battuto e danneggiato, abbandonato e persino scoraggiato, sconfitto, avevo perso le buone e le residue speranze, sennonché arrivò per me l’insperata quanto gradita e piacevole svolta, così come fa la luce che ti rischiara dal buio delle tenebre, illuminandoti l’animo, vivacizzandoti lo spirito e rallegrandoti il cuore. Accanto alla mia abitazione, si era da poco radunata proveniente da Villa Santina (UD) una moderna e gentile famiglia, composta dal coniuge, dalla moglie originaria qua di Malborghetto, e dalla loro seconda figlia ventiduenne, veramente una ragazza aggraziata, avvenente e molto espansiva, che non offuscava per nulla le sue intime grazie, tutt’altro, pigliando quando poteva placidamente il sole distesa sull’amaca in giardino, rimanendo pressoché disadorna in maniera apatica e disinteressata con una singolare naturalezza. 

Io, accalorato, entusiasta e animato com’ero, non mi lasciavo sfuggire l’opportunità avida e stuzzicante d’ammirarla, perché appena mi era possibile, sfruttavo il tempo per osservarla con grandissima libidine dalla finestra di casa mia. Svariate volte, ebbi la netta e inequivocabile percezione, che lei m’avesse lungamente adocchiato, benché avesse proseguito nel comportarsi in modo retto e intransigente, come se là non ci fossi stato ignorandomi. I suoi genitori, giacché il paese di Malborghetto non era distante dal confine di stato si recavano spesso a Villach in Austria, facendosi vedere molto poco, sennonché in un’occasione mentre uscivo di casa mi fermarono e, dopo aver fatto conoscenza, mi chiesero se fossi stato disponibile nell’occuparmi della cura del loro grande prato. Io annuì accogliendo di buon grado quella stimolante richiesta: era in effetti un eccellente e ghiotta occasione per conoscere in maniera adeguata, pertinente e propizia la loro figlia. Le prime volte che sminuzzai le piante erbacee la ragazza, che si chiamava Carmen, non si fece vedere, io rientrai quella volta verso casa palesemente amareggiato e apertamente rattristato, però la terza circostanza fu quella decisiva. 

In quell’occasione arrivò proprio Carmen a spalancarmi il cancelletto di legno facendomi entrare, perché indubbiamente era da sola in casa. Era realmente aggraziata e incantevole con quella chioma bionda assieme a quella figura slanciata con quel portamento favoloso: le tette, in verità non erano molto grandi, però le adornavano garbatamente il vestito chiaro, mentre un paio di pantaloncini colorati esaltavano a dovere le sue formose e attraenti chiappe. Quello che maggiormente mi colpì attraendomi, fu che il suo naturale incedere era assai aggraziato e ingentilito, perché quando si muoveva pareva che oscillasse in maniera armoniosa e leggiadra. In quel frangente m’incanalai nel ripostiglio, acciuffai il tosaerba elettrico e cominciai a triturare l’erba del prato. Dal momento che ero nel punto centrale dell’opera, Carmen uscì e mi pregò d’accedere in casa una volta terminato, per sorseggiare ben volentieri qualcosa di fresco. 

La calura quel giorno era opprimente, il bollore e l’umidità era altrettanto schiacciante, io aspiravo di trovarmi faccia a faccia con lei, più che desiderare di bere. Varcai l’uscio, Carmen m’attendeva scrutandomi accomodata su d’una piccola ottomana di fronte a un tavolino dove c’erano disposte le bevande. Mi sorrise e pregandomi d’accomodarmi mi versò da bere, squadrandomi in modo intenso e arguto. Argomentavamo del periodo delle vacanze, degli studi e del mio lavoro, perché mi trovassi qua in questo luogo, allorquando Carmen, non so in che misura fortuita o aleatoria, si capovolse addosso il bicchiere con tutto il suo contenuto versandoselo. Il bustino infradiciato permetteva di scorgerle in quell’istante le piccole tette, da dove s’innalzavano in modo distinto i capezzoli appuntiti. Io spontaneamente agguantai un canovaccio e cominciai ad asciugarla, così mentre le mie mani sfioravano il suo torace, le sue mani sgusciarono di proposito fra la patta dei pantaloni per rovistare il mio cazzo già propenso e desideroso d’emergere, in quel momento le slacciai il bustino e abbozzai nel baciarle i capezzoli. 

Carmen frattanto, aveva già disimpegnato il mio cazzo estraendolo dai pantaloni e maneggiandomelo a rilento, le mie mani s’intrufolarono fra le sue cosce, introducendosi impetuosamente nella sua deliziosa fica già abbondantemente intrisa. In un baleno la spogliai totalmente, lei di conseguenza mi fece coricare su d’una grossa panca e cominciò a prendere l’iniziativa, scopandomi sennonché nella posizione della smorzacandela inversa facendosi lussuriosamente invadere. Durante il tempo in cui Carmen si muoveva su di me, le sue tette seppur minute dondolavano, mentre io con le mani sovrapposte mantenendole i fianchi, l’accompagnavo guidandola nei ritmici gesti di quel gustoso amplesso. La sua faccia porporina riflessa su d’una vecchia specchiera, esternava un benessere sgargiante e un godimento vivace, durevolmente scortato dai piagnucolii affievoliti, cagionati da quella sontuosa e spettacolare scopata. Carmen ogni tanto si fermava per cambiare postura e per baciarmi, tutte le volte che le nostre lingue si coordinavano, le mie mani sfioravano il suo dorso, per digradare alla fine per afferrare con vigore le sue sode e compatte chiappe. 

Io, infervorato ed entusiasmato com’ero, stavo per sborrare, rallentavo volutamente cercando di resistere e di reggere la sua veemenza, per non far fuoriuscire così presto la mia intima e candida essenza. Carmen capì tutto anticipando e prevedendo in tal modo l’esito finale, sicché lestamente si sollevò e intraprese a succhiarmi il cazzo, mettendomi a disposizione nel frattempo, con le cosce spalancate sopra la mia faccia, la sua deliziosa e vogliosa fica. Io introdussi la mia famelica lingua fra quella deliziosa fenditura, mentre lei nel contempo inghiottiva il mio denso e candido sperma. Nel momento che terminò, la feci adagiare accanto a me, riprendendo a impossessarmi del suo accogliente e intimo bocciolo. Carmen si lagnava di piacere, intanto io avvicendavo la lingua e le dita intercalandole nella penetrazione. Appena giunse inaspettatamente l’orgasmo, Carmen mi cinse d’istinto la testa con le gambe, io di riflesso maggiorai la cadenza per farla gioire facendola gongolare ulteriormente. 

A questo punto, il mio cazzo, a seguito di tutti quei viziosi e intemperanti stimoli, si era irrigidito di nuovo, sicché subito dopo io m’addentrai irrompendo di nuovo dentro la sua deliziosa fica, stavolta scopandola nella posizione della pecorina. I suoi lascivi e sconci lussuriosi piagnucolii erano diventati strepiti di comprovato godimento, strilli di perentorio e di lussurioso piacere, giacché tutta quella carnale beatitudine era immancabilmente tratteggiata e palesemente rappresentata sulla sua rubiconda faccia. Mentre m’incuneavo di gusto nella sua fica, Carmen mi stringeva sempre più, abbinando i suoi strilli a miei cadenzati affondi che nel frattempo le imprimevo. Ormai stavo per sborrare anch’io, date le circostanze mi disposi in modo più comodo e l’agguantai per i fianchi per penetrarla con più forza, Carmen flesse i lombi gemendo, mentre vari spruzzi di sperma balzavano fuori dal mio cazzo, inondandole le chiappe e la schiena. Dopo mi distesi accanto a lei e restammo coricati sul pavimento per svariati minuti, il tempo giustappunto d’uno sconfinato bacio. 

Adesso, ripensandoci bene, lassù in quella località rimasi appena un anno, perché venni nuovamente dislocato a Tolmezzo, giurando e garantendo a Carmen, che ci saremmo frequentati nuovamente con più assiduità e con maggiore totalità. I nostri contatti diventarono più frequenti e stabili, maggiormente normali e ripetuti, tanto da instaurare un rapporto perfetto ed esemplare. Io là mi sentivo come un imperatore, un potente sovrano che primeggiava eccellendo in quel regno, perché avevo riversato in quella ragazza coinvolgendola in pieno, tutti i miei desideri e tutte le mie recondite aspettative verso quella favolosa, disinvolta e briosa donna, una femmina davvero perbene, comprensiva, educata e corretta come poche. Nel corso del tempo ho saputo persino apprezzare e stimare perfino la bellezza suggestiva di quei luoghi, vero spettacolo e incanto della natura, con i suoi paesaggi unici, preziosi e particolari. Dopo aver analizzato, esaminato, ponderato e vagliato tutto, stavolta avevo chiesto io stesso ai miei diretti superiori d’essere trasferito. Nonostante il mio iniziale e attonito stupore, infine venni celermente accontentato, perché fui trasferito in modo definitivo a Tarvisio, così potei realizzare appieno tutti i miei intenti personali in compagnia della mia venerata Carmen. 

Una nuova e spettacolare epoca stava sbocciando, una novella e grandiosa esistenza stava sorgendo, sia per me che per Carmen, perché io avevo già le pratiche per l’annullamento del matrimonio in corso con la mia ex moglie, giacché una nuova fiamma si era già accesa, propensa e orientata per entrare nel mio cuore, rischiarandomi e illuminandomi in modo appassionato e amorevole le future giornate. 

Al presente vivo qua assieme a lei da oltre trent’anni, il prossimo anno mi ritirerò dal lavoro, perché la pensione m’aspetta, dopo vedremo il da farsi. Due volte all’anno torno a Pescara insieme con Carmen, i nostri tre figli sono adulti, sono già sistemati e risiedono attualmente in Austria. La citta di Pescara, assordante, caotica e frenetica onestamente non mi manca, ormai mi sono abituato quassù, c’è la bellezza e il silenzio della natura circostante, nessun problema di traffico, tutto funziona, ottimo per la giustizia e per la sicurezza, i servizi per il cittadino sono eccellenti, la qualità della vita è alta, il posto è salubre, il cibo è ottimo, i vini bianchi e le grappe sono delle autentiche perle, ho una donna favolosa al mio fianco che mi adora, che mi stima e che mi rispetta. Non so esporre la taciturna serenità, la fragranza della foresta, i vistosi e grandiosi paesaggi sotto e sopra di me. Così come non posso rappresentare la gioia, esporre la pulizia dei pensieri, il camminare con un’aria molto frizzante fra quei sentieri che liberano la testa e che rinfrancano lo spirito, perché sei rapito dalla natura e incantato dal suo naturale rumore, e non dalla confusione generata dai pensieri che hai in testa. Questa terra è stata per me come una mamma adottiva, conquistandomi il cuore e la mente. Ultima cosa, da tenere bene a mente, quello che ho notato qui con il tempo, è che la cordialità friulana è dura da conquistare, ma è più veritiera, autentica e fedele di altre, magari concesse con facilità. E’ gente corretta, caparbia, laboriosa, forte e tenace. 

E’ proprio il caso d’affermare e di ribadire nel corso del tempo, che talvolta come si suol dire, le avversità e i mali non vengono inizialmente tutti per nuocere né per compromettere i nostri progetti, se sai aspettare, se li sai decifrare e comprendere, spesso e volentieri concedono, presentano e producono esiti e risultati incredibilmente insperati e provvidenziali, insolitamente ed eccezionalmente non scontati. A me è successo così. 

Anche se nella maggior parte dei casi, una buona parte di noi cede e rinuncia, rimaniamo scocciati e corrucciati, per come si dipanano le nostre vicende personali, facendoci stizzire e arrabbiare, pregiudicandoci e danneggiandoci nella riuscita dei nostri individuali, difficoltosi e onerosi intenti. 

{Idraulico anno 1999} 

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