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Un rovente ferragosto.

By 10 Agosto 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Se qualcuno avesse chiesto di descrivere Andrea in una sola parola a tutti coloro i quali la conoscevano, la risposta unanime sarebbe stata, quasi sicuramente, ‘eccentrica’. Era, dopotutto, una ragazza dalle abitudini e dai modi piuttosto insoliti, anche per i canoni, decisamente più aperti, di una grande città come Milano.
Chiassosa ed a volte invasiva nei modi, il suo carattere era una eterogenea combinazione di grazia femminile e durezza mascolina le quali si alternavano ad intervalli irregolari nell’arco di ogni singola giornata. La si poteva vedere, per esempio, parlare di alta moda con le amiche e sfoggiare un livello di conoscenza ed un linguaggio tecnico degni dei migliori stilisti, sorseggiando una bibita e ridacchiando femminilmente e poi trovarla, non più di dieci minuti dopo, intenta a gridare con un gruppo di ragazzi, al televisore più vicino, esprimendosi con termini accurati e volgarità degne di un camionista, nei riguardi di atleti di sport che, magari, stava vedendo per la prima volta.
Proprio per questo era difficile, se non impossibile, metterla a disagio. Che fosse ad una festa elegante con champagne e musica classica, ad un rave party con cocktail e superalcolici o ad una grigliata, con salamelle e birra, Andrea era sempre perfettamente adatta alla situazione e riusciva, in un modo o nell’altro, ad avere sempre l’ultima parola in qualsiasi discorso in cui si cimentasse.
La festa alla quale era stata invitata, quel ferragosto, era decisamente informale. Di certo non si sarebbe bevuto champagne, sicuramente non si sarebbe ballato ma, quasi sicuramente, si sarebbe ritrovata a bere birra con una manciata di patatine tra le dita, chiacchierando di videogame e calcio con gli uomini e spettegolando con le, poche, donne presenti. Fu tenendo conto di questi elementi che, dopo la sua doccia matutina, Andrea preparò i propri abiti, stendendoli come usava fare, sul letto appena rifatto. Faceva caldo quel giorno, un caldo umido soffocante che solo il dolce soffiare dell’aria condizionata sapeva placare. Chiusa nella sua camera, all’interno del suo bilocale, Andrea già pensava a quanto si sarebbe sofferta l’afa quel pomeriggio, nel giardino di una casa di campagna, senza ventilatori o splitter a portare refrigerio.
Postasi in piedi davanti al grosso specchio di camera sua la ragazza si mise gli occhiali spessi e neri, rettangolari con gli angoli superiori esterni pronunciati, come piacevano a lei, poi si infilò l’intimo più comodo e leggero che aveva, prima di spalmare, sulla propria pelle bianca come il latte, un preventivo strato di crema solare, osservandosi, mentre lo faceva, per controllare, come ogni giorno che tutto fosse al suo posto.
L’aspetto fisico di Andrea era, come il suo carattere, inusuale. Il suo volto era lungo e spigoloso, i suoi occhi sottili e castani, i suoi zigomi pronunciati, ed il suo mento terminava quasi con una punta, rendendole il viso quasi triangolare, particolarmente quando, come usava spesso fare, esibiva il suo largo e bianchissimo sorriso. I suoi capelli ricci e scuri, i quali parevano quasi rossi quando la luce li attraversava, le cadevano oltre le spalle, poggiandosi sul suo seno, assai prospero per una ragazza della sua statura. Passandosi la crema sulle gambe Andrea ispezionò le propie cosce, piene e morbide, liscie e bianche, e si voltò per controllare anche il suo sedere, rotondo ed abbondante.
Raddrizzandosi, in modo da essere nuovamente di fronte alla sua immagine riflessa, ella si fece un appunto mentale: da domani avrebbe dovuto fare qualcosa per perdere quell’accenno di pancetta che si andava formando sul suo ventre. Le estati, dopotutto, sono sempre colme di gelati e grigliate e prendere uno o due chili è normale. Il proposito, oramai, si ripeteva di settimana in settimana senza mai venire rispettato ed, in fondo, quell’accenno di ventre forse la rendeva quasi più bella.
Per la festa Andrea aveva scelto un paio di pantaloncini di Jeans, lunghi appena abbastanza da coprirle del tutto il sedere, ed una maglietta bianca, comoda ed ariosa, con una larga apertura per il collo la quale lasciava intravvedere la fessura tra i suoi seni, dopotutto Andrea non aveva mai nascosto che le piacesse essere guardata ed un paio di sguardi maschili, anche oggi, non le avrebbero di certo fatto male. In fondo Andrea sapeva che, essendo piuttosto bassina, doveva esporsi un po’ e farsi notare tra le ragazze ben più alte che spesso la circondavano ed alle quali lei, in un modo o nell’altro, riusciva sempre a sottrarre attenzioni.
Afferrando la sua borsetta, già preparata la sera prima, Andrea si fiondò fuori dalla porta di casa sua, premendo il tasto di chiamata dell’ascensore prima di iniziare a chiuderla a chiave. Scesa in strada, salutò con un sorriso un anziano signore al quale era passato di fianco e che si era fermato, per una frazione di secondo, a guardarla, prima di aprire lo sportello della sua Fiat Panda rossa fiammante ed entrarvi, infilando le chiavi nel quadro ed accendendo il motore.
La destinazione era un po’ lontana, la casa di Alan, suo amico dai tempi delle superiori, era una villetta isolata nelle campagne pavesi, eppure, con un po’ di musica ed il rinnovato piacere dell’aria condizionata, il viaggio sembrò durare pochissimo e, ben presto, la Panda si infilò nell’ampio cancello della villetta e si spense all’ombra di un grosso pino.
Gran parte degli ospiti era già arrivata e, come previsto, gli uomini erano in stragrande maggioranza. Della decina di persone presenti infatti, solo 2, oltre ad Andrea, erano donne. Come spesso capitava a questo genere di ritrovi la compagnia era mista e solo alcuni degli invitati erano persone già note. C’erano infatti, oltre ad Alan, un suo amico alto e corpulento, di cui non ricordava il nome, ed Alberto, un collega di Alan che aveva visto solo un paio di volte. Gli altri, uomini e donne, erano sconosciuti.
Come di suo solito Andrea ci mise poco a fare amicizia e, ben presto, si ritrovò a chiacchierare con tutti, quasi come se la festa fosse stata la sua. Quando il gruppo si riunì a tavola per mangiare infatti fu lei a distribuire le vivande, a dare il la alla conversazione ed a tagliare, quando ne venne il moento, la torta-gelato che faceva da dolce. Un bicchiere di limoncello subito dopo segnò la fine ufficiale del pranzo e fu allora che, quasi inaspettatamente, tutti si ricordarono del caldo. Pochi minuti dopo, infatti, tutti erano straiati sull’erba, all’ombra, alla disperata ricerca di sollievo dall’afa.
La soluzione, fortunatamente, non tardò ad arrivare. Alan scomparve in casa per pochi minuti e quando ne uscì aveva con se secchi, pistole e bombe ad acqua, pronti e carichi. Improvvisamente il giardino della villa era colmo delle urla divertite dei ragazzi e del tonfo sordo dell’acqua sull’erba. Tutti erano intenti a lanciare secchiate, a schizzare ed a bagnare gli altri invitati. Le due ragazze, inizialmente fuggite per evitare di essere colpite, erano ora fradice, dopo essere state vittime di un grosso gavettone, e, ridendo, cercavano di vendicarsi spruzzando i maschi con una coppia di fucili ad acqua.
In pochi minuti fu tutto finito. Le bombe ad acqua erano terminate, i secchi giacevano vuoti per terra e le pistole erano scariche. Coperti d’acqua dalla testa ai piedi gli invitati tornarono all’ombra a godersi la sensazione di fresco che la gelida acqua gli stava procurando mentre Alan, con l’aiuto dell’amico corpulento, aveva iniziato a riempire una grossa piscina gonfiabile, grande abbastanza da permettere ad un paio di adulti di trovare refrigerio immerendosi fino alla vita o sdraiandosi con le gambe legermente piegate.
Fu allora che Alberto fece notare ad Andrea che la scelta della maglietta bianca, in combinazione con il suo intimo leggero dello stesso colore, non era stata la più saggia per l’occasione. La ragazza abbassò lo sguardo e vide che i suoi seni, ora appiccicati al tessuto bagnato, erano quasi completamente visibili. Per nulla imbarazzata Andrea rise e si sdraiò sul prato, lasciando che gli altri, uomini o donne che fossero, guardassero quanto ritenevano necessario. Sorridente e compiaciuta delle ulteriori attenzioni che stava ricevendo, chiuse gli occhi, godendosi la sensazione di umido sulla pelle.
Improvvisamente si sentì tirare le gambe, poi le braccia, e di colpo la sua schiena non poggiava più sul pavimento. Aprì gli occhi, anche se già sospettava di cosa stesse accadendo e vide che Alan ed il suo grosso amico l’avevano sollevata e la stavano avvicinando alla piscina, ora colma di acqua gelida. Andrea si concesse qualche urlo stridulo, ben consapevole che non sarebbe servito a nulla, poi prese ad insultare giocosamente i due ragazzi, stando allo scherzo, ben felice di sapere che, di li a breve, sarebbe stata coperta di acqua fredda, una delizia in una giornata così rovente.
‘Uno..’ Gridarono i due, e lei rispose con un’urlo divertito.
‘Due..’ Continuarono, alzando il tono della voce.
‘Tre!!!’
Con un tonfo morbido e gelido Andrea cadde in acqua, assicurandosi di aggrapparsi, con tutta se stessa, alle magliette dei due ragazzi, in modo tale che essi venissero trascinati nella piscina con lei. Una delle t-shirt le sfuggì, ma l’altra le rimase fermamente tra le dita e, subito dopo il suo, vi fu un secondo tonfo. Alan cadde in acqua a fianco a lei che ancora lo teneva per la maglietta quando, dopo pochi secondi, si rialzò, imprecando e ridendo, con i capelli bagnati e gli occhi ancora chiusi, coperti com’erano di fredde gocce d’acqua.
Poi, mentre le sue dita lasciavano andare la maglietta dell’amico, Andrea si sentì improvvisamente, e senza alcun preavviso, toccare il seno. Non era un contatto involontario, un incidente dovuto alla caduta o una pacca scherzosa mal mirata, due mani le tenevano i seni, toccandoli, premendo delicatamente su di essi da sopra la maglietta, suadentemente impegnati a palparli mentre, delicatamente, un corpo bagnato le si poggiava contro la schiena e due labbra fredde le toccavano il collo.
Andrea tentò di girarsi ma non vi riuscì, si sentiva presa, costretta, intrappolata, cieca come era, tra braccia che la avvolgevano. Scosse la testa nel tentativo di asciugarsi gli occhi e li aprì, aspettando che si asciugassero mentre il suo respiro si intensificava, i suoi seni ancora prigionieri di quelle mani così decise. Quando finalmente riuscì a mettere a fuoco la scena la sorpresa fu immensa. Tutti, dall’esterno della piscina, la stavano guardando, chi a bocca aperta, chi sorridente mentre il suo corpo veniva percorso da quelle dita così impertinenti che ora si erano infilate sotto la maglietta e le accarezzavano i capezzoli attraverso il reggiseno ancora fradicio. La sorpresa più grande però fu che, in realtà, nessuno la stava costringendo, la stretta che aveva sentito non era quella di Alan, al quale appartenevano quelle mani curiose, era stata un frutto della sua immaginazione.
Di colpo Andrea si girò, pronta a rifilare uno schiaffo all’amico. Era furiosa, rossa di rabbia ed imbarazzo e pronta a sfogarla in un colpo violento al volto del colpevole dell’insolenza che l’aveva resa tale. Eppure, quando si voltò ed il viso di Alan le fu davanti, ella non lo colpi. Le braccia le caddero ai fianchi, il corpo le cadde in avanti e le labbra cercarono volutamente le sue. Quando i loro volti si unirono, ella aprì la bocca e lasciò che la sua lingua la penetrasse, mugugnando confusa mentre si lasciava toccare, immersa fino alla vita nella fredda piscina.
Vi fu un accenno di applauso e qualche urlo di incoraggiamento quando le mani di Alan scesero sul suo sedere e lo strinsero, premendolo dolcemente dai lati come per mostrare a tutti come si contraeva al tocco. Un piccolo schiaffetto su una natica la fece guaire mentre, incapace di separare le labbra da quelle dell’amico, chiudeva nuovamente gli occhi, lasciandosi baciare e palpare davanti a tutti.
Cosa stava accadendo? Perché non riusciva a ribellarsi? Perché si stava lasciando toccare così davanti ad altre otto persone quasi sconosciute? Andrea non riusciva a capire, la sua testa girava più in fretta ogni volta che la lingua dell’amico sfiorava la sua, il suo corpo tremava, si scaldava, si eccitava. Non riusciva a crederci eppure le piaceva, le piaceva sentirsi gli occhi di tutti addosso, le piaceva essere baciata, toccata così e quel che era peggio è che lentamente, mentre i commenti si moltiplicavano alle sue spalle, si rendeva conto che voleva continuare, che voleva andare oltre. Le sue mani smisero di essere immobili ma salirono accarezzando i fianchi di Alan ed accentrandosi, fino a trovare il gonfiore sotto i suoi jeans bagnati e li, accarezzarono da sopra il tessuto quella dura protuberanza che vi si nascondeva.
Si sentì girare, la montagnola dura si separò dalle sue mani e si appoggiò sulla parte posteriore dei suoi shorts, che colmi di acqua erano oramai perfettamente adesi alla sua pelle. Lo sentiva pulsare, da sotto i jeans, a contatto con il suo sedere. Le mani di Alan le tocarono il ventre, egli le sussurrò qualcosa all’orecchio che lei non capì. Non importava, nulla importava ora, se non il tocco di quelle mani che le sollevavano la maglietta oltre il seno e riprendevano a tocarlo, ancora coperto da quel reggiseno semitrasparente, facendolo ammirare a tutti gli ospiti presenti.
Tutti ora stavano borbottando, uomini e donne, esterrefatti, sorpresi, divertiti, Andrea li sentiva ma non capiva, si vergognava ma, inspiegabilmente, le piaceva. La mano destra di Alan le scese nuovamente lungo il ventre e si insinuò tra le sue cosce, accarezzandola li, nel mezzo. Andrea si lasciò sfuggire un guaito, poi iniziò a strusciarsi, priva di controllo, contro il corpo dell’uomo che la stava toccando.
Una carezza delle sue labbra sul mento le fece intuire che doveva aprire gli occhi e così fece. La luce ci mise qualche secondo a diminuire di intensità, poi, assordata dal suono del suo stesso ansimare, vide bene cosa aveva davanti. Otto figure la stavano guardando, sulle due donne sguardi esterrefatti, indignati, traditi però dal rossore dei loro volti che le faceva intuire quanto fossero eccitate. Sugli uomini espressioni di invidia, di stupore, di eccitazione, dalle loro bocche grida di incitamento e risate. Andrea si sentì nuovamente bagnata, stavolta non di acqua fredda ma di calda eccitazione che lentamente la assaliva, irrefrenabile. Come era possibile? Cosa le stava accadendo? Era mai possibile che volesse…
‘Ti va?’ le chiese una voce, sussurrandole all’orecchio?
‘S..Si.’ rispose lei, incapace di controllarsi.
Alan fece cenno e gli uomini si avvicinarono, curiosi, eccitati, quasi come fossero anch’essi incapaci di controllarsi ed improvvisamente le mani sul corpo di Andrea non erano più due ma quattro, sette, dieci, tutte intente a stringere, toccare, palpare, giocare con la sua pelle bianca e morbida, con il suo viso caldo ed eccitato, con i suoi seni grossi e sodi, con le sue cosce, con il suo culo, con le sue gambe, tremanti per l’emozione del momento.
Non era più in grado di capire chi la stesse toccando, cosa le stessero dicendo, cosa stesse accadendo, non le importava. Tutto pareva essere un sogno, un sogno erotico di quelli così intensi che ci si sveglia nel letto sudati, impossibilitati a non toccarsi per l’eccitazione. Eppure era tutto vero, verissimo. Sette persone l’avevano circondata e la stavano toccando, stringendo, si stavano strusciando contro di lei. Sentì la maglietta scorrerle sul viso e sopra la testa mentre mani diverse e vogliose le si infilavano sotto il reggiseno.
‘Che tette…’, ‘…quanto sei bona…’, ‘…dai vieni qui…’.
Pezzi di frasi sconnesse le risuonavano nella testa, confusa ed eccitata, frasi a cui non sapeva ribattere, a cui non poteva rispondere se non lasciandosi toccare, strusciandosi a sua volta contro gli uomini che la circondavano, lasciandosi andare a qualche flebile muguno ed a qualche sussurrato ‘Si’. Quando il reggiseno finalmente le cadde dal petto ed affondò nell’acqua gelida, salita ora al suo ombelico, Andrea si sentì perdere del tutto e, quasi senza rendersene conto, lasciò che le sue mani si infilassero nei pantaloni della persona più vicina.
Non sapeva di chi fosse, ne le importava, ma il pene che sentì tra le dita era duro, pulsante ed adeguatamente grande. Muovendosi a fatica sotto le sue mutande ella lo accarezzò, sentendolo reagire con tremiti eccitati e delicate pulsazioni. Ella guardò il proprietario negli occhi senza capire bene a chi appartenessero.
‘Tiralo fuori…’ Sussurrò eccitata, stringendo le dita intorno al membro duro.
Lui obbedì e calandosi pantaloni e mutande si lasciò manegiare. Lei sorrise eccitata, si abbassò, affondando nell’acqua fredda fino ai seni, ed iniziò a far scorrere la mano sul suo membro, giocandoci, toccandolo, menandolo. Il ragazzo ansimò eccitato, lasciandosi sfuggire qualche imprecazione e guardandola, incantato dalla sua carica sessuale. Andrea ricambiò lo sguardo ed iniziò a muoversi più velocemente, lasciando che lui esprimesse con gemiti e frammenti di parole il suo piacere.
Improvvisamente qualcosa di caldo le toccò la guancia. Andrea si girò e fu accolta da altri sei peni, tutti diversi, tutti eccitati, tutti puntati verso di lei. Per un attimo esitò, pensando a quel che stava accadendo. Ne aveva avuti di ragazzi, certo, e di esperienze, ma mai così, così improvvise, così eclatanti, così eccessive. Chiuse li occhi per un secondo e pensò: non si sentiva troia, non lo era, non lo sarebbe mai stata. Non stava facendo nulla per guadagno o per tornaconto personale, non aveva sedotto o provocato nessuno. Era una ragazza giovane, insolita, bella, nel colmo di un raptus di eccitazione, consapevole di quel che faceva ed eccitata, molto eccitata, da quello che stava accadendo. Nulla, di questa situazione, le sembrava sbagliato o scorretto, nulla era fuori posto, nulla era negativo, c’erano solo piacere, amore e godimento. Andrea riaprì gli occhi, guardò in alto cercando Alan ed individuando il suo membro tra quelli dei ragazzi, vi si avvicinò e, delicatamente, lo lasciò scivolare tra le sue labbra, facendolo sprofondare nella sua bocca.
I minuti successivi furono caldi, sfuocati, intensi. Tutti, uno alla volta, in un modo o nell’altro, la toccarono e vennero toccati, sette uomini, sette cazzi che si strusciavano sulla sua pelle, nella sua bocca, tra le sue mani. Con la bocca piena, le mani occupate, ella lasciò che gli altri godessero di lei come potevano, spingendosi tra i suoi seni, toccandole le cosce o il sedere, masturbandosi nel guardarla e, se necessario, infilando i loro peni sotto le sue ascelle, facendoli scorrere tra il suo corpo e le sue braccia. In cambio lei chiedeva di essere toccata, di essere soddisfatta con le mani, con le bocche dei suoi compagni e di essere complimentata per la sua bellezza, la sua sensualità, la sua bravura.
Nei suoi brevi momenti di lucidità si sentì sfilare i pantaloncini, seguiti dalle mutandine bagnate, vide l’amico di Alan di cui non ricordava il nome strusciare il proprio membro contro le lenti dei suoi occhiali, si sentì toccare tra le cosce e si rese conto che ora quei ragazzi la volevano, che era il momento di abbandonare ogni limite e lasciarsi prendere da tutti.
Con uno sforzo collettivo Andrea venne sollevata, issata oltre il bordo della piscina e lasciata cadere in ginocchio, sull’erba, dove subito si ritrovò nuovamente circondata da ragazzi che volevano il tocco delle sue mani, l’abbraccio dei suoi seni, il calore della sua bocca. Sempre più asuefatti dal desiderio e vogliosi di possederla gli uomini si feceto toccare, succhiare, baciare da lei, sperando che uno di loro fosse il prescelto che l’avrebbe penetrata per primo.
Fu allora che l’ennesimo bacio la stupì. Le labbra che la sfiorarono, la lingua che entrò nella sua bocca erano nuove, delicate, avevano un dolce sapore di fragola che nessun uomo avrebbe avuto. Andrea sbarrò gli occhi e, vedendo meglio, sorrise compiaciuta. Le due ragazze che fino a quel momento avevano guardato indignate, ora si erano spogliate ed erano venute anch’esse a toccarla, a baciarla, a giocare con lei e ad aiutarla a soddisfare tutti questi uomini affamati.
Una di loro, una bionda magra e scarsa di seno, si era scelta un partner, un ragazzo carino che era stato un po’ in disparte ed ora lo stava baciando, maneggiandogli l’uccello con delicata determinazione. L’altra, mora, un po’ in sovrappeso ma molto formosa, si era gettata nella mischia e si era chinata, tenendo due dei ragazzi tra le mani, per leccarle la parte più dolce. Sentendo la lingua della ragazza sfiorarle il clitoride, Andrea gemette per il piacere, muovendosi per accompagnare il movimento della sua bocca, lasciando che ella la divorasse mentre gli uomini che le circondavano, ora ancor più eccitati,si stringevano intorno a loro, ansiosi di partecipare al sempre più invitante banchetto di lussuria. Ben presto la ragazza mora iniziò a gemere, sentendo uno dei ragazzi appoggiarsi contro il suo sedere, tenuto bene in alto, e penetrarla da dietro. Gli altri applaudirono ed incitarono la ragazza a leccare Andrea con ancora più vigore e, nel farlo, afferravano le sua abbondanti mammelle tra le mani, stringendole come se avessero dovuto mungerle.
Andrea si sentì crollare e si ritrovò sdraiata in terra, con la ragazza mora china tra le sue gambe, con il culo ben alzato ed un ragazzo che la sbatteva, schiaffeggiandole le natiche morbide ed abbondanti. Con la testa che le girava vorticosamente ed il mondo che le pareva sempre più piacevolmente annebbiato, Andrea volse lo sguardo al cielo ma lo vide, azzurro e terso, solo per qualche secondo, prima che la figura di Alberto, snella, alta ed abbondante solo nella dimensione del membro, si chinasse su di lei. Aprì la bocca, socchiudendo gli occhi quando la grandezza del pene si fece strada tra le sue labbra. Tentò di gemere e di respirare, faticando a farlo per l’enormità del cazzo che le invadeva la bocca, spingendosi dentro di lei fino a piombarle in gola. Dopo aver resistito istintivamente per qualche secondo, Andrea si lasciò andare, facendo si che Alberto potesse muoversi liberamente, prenderla, dalla bocca, come se la stesse penetrando la in basso, tra le cosce, dove ironicamente era la bocca di qualcuno che la stava facendo godere. Tutto il suo corpo si rilassò di colpo, ammorbidendosi ed assecondando i movimenti di chi la stava scopando. Solo le sue braccia si muovevano ancora freneticamente, agitandosi per compiacere altri due giovani che le avevano consegnato i propri membri pulsanti.
L’orgasmo giunse improvviso, inaspettato. Andrea era convinta che tutto quel piacere, quella sensazione di confuso, caldo, eccitante torpore fosse, li per se, il culmine dell’estasi sessuale. Fu sorpresa, colta quasi alla sprovvista quando, con la ragazza ancora intenta ad assaporarne la parte più dolce, sentì un brivido caldo attraversarle il corpo, salendole dal pube lungo la spina dorsale e fino al cervello, dove esplose con una tale violenza da farla tremare incontrollabilmente, ansimante, accaldata, disperatamente alla ricerca del fiato per gridare, le sue urla di piacere bloccatele in gola e rese solo rantolanti mugugni dalla carne calda e saporita che le si spingeva in bocca.
La sua mente stremata dall’eccesso di sensazioni, Andrea pensò di impazzire, di cedere definitivamente alla follia, di lasciarsi andare per sempre. Il suo capo si chinò all’indietro e toccò l’erba calda sotto di se, poi girò il volto verso destra, liberandosi la bocca dal membro voglioso di Alberto per respirare, ansimare, gridare di piacere, il suo corpo ancora in preda ad incontrollabili sussulti orgasmici che andavano, via via, indebolendosi, lasciandola distesa in terra, calda, sudata, gocciolante.
Era fatta, Andrea pensò, non c’era alcun modo in cui, stanca com’era, avrebbe potuto continuare, eppure le mani ripresero subito a toccarla, le dita e le labbra subito a scorrere sulla sua pelle ed il suo corpo, ancora così sensibile nella spirale post-orgasmica, reagì. I suoi muscoli ripresero vita, il suo cuore riprese a palpitare in preda all’eccitazione, le sue cosce erano nuovamente calde e la sua vagina, ancora in preda a delicate contrazioni, riprese a bagnarsi.
Senza bene sapere come ne perché, si ritrovò a carponi sul prato, ben lieta di sentire nuove mani stringerle i seni ed il sedere e di udire alcuni dei ragazzi, alle sue spalle, discutere su chi sarebbe stato il primo a prederla da dietro. La ragazza abbondante che l’aveva portata a godere con la bocca, nel frattempo, si era subito rimessa all’opera. Appoggiatasi ad una parete poco lontana si era chinata in avanti, protraendo all’indietro il suo abbondante sedere che subito, comprensibilmente, uno degli ospiti aveva riempito della sua carne. I guaiti di piacere e le parole, volgari e lussuriose, che i due si scambiavano, fecero sussultare il cuore di Andrea la quale, colta da improvvisa e rinnovata voglia, si ritrovò sul punto di pregare i ragazzi alle sue spalle di smettere di discutere e pensare solo a farla godere.
Furono le labbra di Alan ad evitarle di dover chiedere di essere scopata. Appoggiatesi alle sue la baciarono delicatamente, amichevolmente, mentre le sue mani le accarezzavano il viso ed i capelli sudati, aggiustandole gli occhiali sul volto. Il ragazzo la guardò negli occhi, sorridente, compiaciuto, aspettando che fosse lei a parlare, consapevole, pareva, del fatto che sarebbe stata lei a farlo per prima.
‘Ti voglio…’ sussurrò Andrea, improvvisamente disinteressata al gruppo di giovani aitanti alle sue spalle.
Con una delicata spinta della mano sulle spalle Andrea fece capire all’amico che lo voleva in terra, sdraiato. Lui obbedì, un ghigno furbesco stampato sulle labbra. Per un secondo lei si fermò a guardarlo, ad osservare lui ed il suo pene eretto, che pareva un’asta innalzata in attesa di una bandiera. Gattonando, ella si avvicinò a testa bassa, mostrandogli la lingua mentre la avvicinava alle sue cosce, avventurandosi tra loro per giungere al suo scroto. Era caldo, al tocco, e la sua lingua lo percorse lentamente, risalendo fino alla base del pene tra i sussulti improvvisi di piacere del ragazzo. Andrea proseguì, leccando con cura l’asta dalla base alla punta, soffermandosi a tracciare un giocoso cerchio con la lingua sul suo glande. Poi, sorridendo maliziosamente, ella si alzò sulle ginocchia, portandosi avanti con le gambe ed il bacino fino a giungere sopra al suo pube eccitato. Con la mano si allargò accuratamente le labia e, lentamente, si lasciò calare su di lui, facendolo entrare un pezzo alla volta, dentro di se.
Si chinò per un attimo a baciarlo, lasciandogli sentire i suoi seni sul petto, poi, quasi violentemente, rialzò la schiena, mostrandogli il suo corpo formoso e sensuale muoversi a cerchio, come quello di una ballerina di danza del ventre, su di lui. Alan guaì, sussurrando qualche ‘si’ di piacere, muovendosi dentro di lei per accompagnare i suoi gesti. La ragazza mugugnò, soddisfatta di se per la facilità con cui stava riuscendo a domare il suo stallone, continuando a muoversi circolarmente sul suo membro, che pareva infuocato dentro di lei.
Andrea guardò nuovamente intorno. La ragazza mora era ora sdraiata a gambe all’aria, con il ragazzo di prima che la stava penetrando con colpi rapidi e decisi. I due si scambiavano parolacce che normalmente sarebbero stati insulti ma che ora venivano detti con un tono eccitato che pareva quasi amorevole, come fossero stati schiavi l’uno dell’altra. La ragazza bionda, che era fino a qualche istante prima rimasta appartata con il partner che si era scelta, era ora in compagnia di un’altro ragazzo, che le affondava con movimenti lunghi e lenti il pene nella bocca, e di Alberto, il quale si era seduto sotto di lei e la penetrava con colpi rapidi, decisi e frequenti, facendola letteralmente grondare di piacere mentre guaiva come una cagnolina eccitata.
Dei tre ragazzi rimasti, due si stavano avvicinando ad Andrea, i loro membri tra le mani, dai lati mentre il ragazzo corpulento sedeva sul prato, leggermente appartato, a riposarsi, toccandosi perversamente mentre osservava la scena. Volgendo nuovamente lo sguardo ad Alan, sotto di lei, Andrea non esitò, allargando le mani afferrò i due ragazzi, prendendo immediatamente a menare i loro cazzi eccitati ed usandoli, quasi fossero supporti, per dare il la ad un movimento verticale con il quale iniziò a cavalcare il suo uomo come una amazzone selvaggia, facendosi penetrare con frequenza e forza sempre più elevate. Di tanto in tanto il suo corpo e la sua testa pendevano a destra, piuttosto che a sinistra, per dare ad uno dei due ragazzi, in piedi accanto a lei, il piacere di entrarle in bocca, un lusso che essi ricambiavano con sospiri soddisfatti e parole di grande libidine.
Il secondo orgasmo fu meno teatrale ma altrettanto improvviso. Con i suoi movimenti sempre più intensi Andrea sentì la sua vulva scaldarsi, pulsare, grondare ad ogni passo di trotto che la sua cavalcata la portava a fare. Agitando le mani con un improvviso scatto di velocità sui ragazzi che stava masturbando, si alzò ancora una volta sul pene di Alan, lasciandolo uscire da lei fino a quando solo la punta non fu tra le sue labia eccitate, poi cadde nuovamente su di esso, affondandolo tanto profondamente quanto non era mai stato nella sua carne. Al contatto del corpo di lui contro le sue cosce, le sue gambe si allargarono di colpo ed improvvisamente tutto fu fermo, con l’aria colma di un forte grido di passione animalesca, crudo, rauco, estatico, incontrollabile. Il brivido percorse nuovamente il suo corpo dal suo punto di origine fino alla testa ed Andrea si sentì tremare dal piacere, il pene del suo stallone ancora infilzato profondamente dentro di lei.
I movimenti ripresero che Andrea non era certa di essere ancora coscente. Sentiva le sue mani muoversi sui membri dei due ragazzi ma non era sicura che fosse lei a muoverle, sentiva le sue cosce allargarsi e stringersi in sincrono con i colpi pelvici di Alan, ma non era lei a controllarle. Il suo corpo, dalla punta dei capelli, alle dita dei piedi, era così sensibile, così acceso dalla lussuria che oramai non era più lei a controllarlo. Era stremata, ma non avrebbe smesso per nessun motivo al mondo, nemmeno ora che i suoi nervi erano talmente ricettivi che solo una carezza o una mano al posto giusto avrebbero potuta farla venire di nuovo. Gemendo oramai costantemente, Andrea si lasciò nuovamente scopare, consapevole che gli uomini sotto di lei ed al suo fianco non potevano più resisterle e che lei, di certo, non poteva resistere a loro.
Una mano le afferrò i capelli con determinazione, un gesto che le piaque tanto da farle guaire un si cagnesco, e la spinse in avanti con forza, facendola accasciare sul corpo sudato di Alan, che la stava così sensualmente penetrando. Per un attimo fu persa nei gemiti e nei respiri del ragazzo, tra i quali, era sicura, aveva sentito un amorevole ‘…mi fai impazzire…’, sussurrato di nascosto nel suo orecchio destro. Poi, una sensazione strana la colse all’improvviso, un provocante sospetto confermato da qualche commento del quale udì solo il tono, sopraffatta come era dalle troppe sensazioni contemporanee. Qualcosa di caldo le premeva contro l’ano, insinuandosi tra le sue natiche rotonde per poggiarsi contro il suo ingresso secondario. Girando la testa per vedere, Andrea notò, con la coda dell’occhio, che la grossa sagoma dell’amico di Alan era ora alle sue spalle, con le mani fermamente poste intorno alla sua vita sottile.
Non vi fu tempo per dire nulla, ne perché il suo corpo reagisse, la carne dell’uomo si spinse dentro il suo culo, portata avanti dal peso del ragazzo che pareva ora colossare, gigantesto, gargantuo dentro di lei. Per un attimo si aspettò un forte dolore, ma esso non arrivò, il suo corpo era oramai talmente rilassato per la stanchezza che l’unica sensazione che fu in grado di sentire era il piacere, il godimento, la soddisfazione di avere due uomini prestanti e vogliosi dentro di se. Le urla che voleva sprigionare le rimasero in gola, tanto che l’unico suono che riuscì ad emettere furono delicati gorgoglii, perfettamente sincronizzati con l’avanzare dei due peni nel suo corpo.
La sua ormai incontrollabile sensibilità ebbe presto la meglio. Forse il cazzo del giovane corpulento l’aveva infilata solo tre o quattro volte e già lei si sentiva abbandonare ad un’altro orgasmo, con l’esplosione di brividi e tremiti che le correva lungo la spina dorsale e le offuscava nuovamente il cervello, rifiutandosi questa volta di affievolirsi con il tempo, continuando ad esplodere colpo dopo colpo, impietosa verso la sua stanchezza, schiava della sua libidine. Andrea non era più certa nemmeno delle parole che le uscivano dalla bocca, sicura solo del fatto che qualsiasi cosa stesse dicendo le usciva dalla gola tremante, stridula, come fosse un pianto di incontrollabile lussuria.
Di li a poco Andrea perse il conto dei movimenti, dei minuti, degli orgasmi, non era più sicura che esistesse ancora un sole, un giardino, un prato, nella sua mente vi era solo il piacere, l’incontrollabile sensazione di godimento che le dava essere penetrata, che provava nel godere e nel far godere con se. Sentì i ragazzi fare a turno a penetrarle l’ano, notando le piacevoli differenze tra il membro dell’uno e dell’altro, si sentì schiaffeggiare lievemente il seno con il glande di chi non era dentro di lei, sentì i ragazzi che erano occupati con le altre prendersi una pausa di qualche secondo, di tanto in tanto, per farle sentire il sapore dei loro cazzi bagnati. In tutto questo, l’unica certezza rimase che la sua figa, oramai in preda a costanti contrazioni di piacere, era stata sempre e solo di Alan che, da sotto di lei, era stato l’unico a prenderla, ad averla, a farla sua completamente.
Fu lui l’ultimo ad uscire dal suo corpo, scivolando dolcemente fuori dal suo orifizio grondante ed accarezzandole il corpo, che tremava per l’estasi incontrollabile. Si sentì sollevare da più mani, le quali non persero l’occasione di toccarla quanto più potessero, ed appoggiare delicatamente nella piscina, con la schiena posata contro il bordo di gomma e le gambe immerse nell’acqua ancora fresca e piacevole. Le altre due ragazze la abbracciarono, ogniuna da un lato, baciandola e leccandole il collo, facendo sussultare il suo corpo ancora troppo sensibile per resistere a qualunque sollecito. Riaprendo gli occhi Andrea vide che sette ragazzi circondavano lei e le altre, sedute nell’acqua fredda, e si masturbavano freneticamente guardandole mentre si scambiavano effusioni. Uno di loro si fece avanti, Alan, con il suo sorriso furbesco ed il suo sguardo amichevole, e lei lasciò che lui le entrasse ancora in bocca.
Non ci volle molto, anche lui dopotutto doveva essere allo stremo delle sue forze. Il suo pene pulsò un paio di volte ed Andrea lo sentì gemere più intensamente. Non avrebbe lasciato che gli altri le venissero in bocca ma lui si, lui che l’aveva sedotta e scopata, lui che l’aveva portata a varcare la soglia di ciò che riteneva possibile, lui che era all’origine di tutto questo, a lui si sarebbe concessa fino in fondo. Lo sperma di Alan le riempì la bocca, era caldo, denso, abbondante. Lei succhiò, rifiutandosi di lasciarlo fuggire quando il suo piacere divenne troppo intenso, costringendolo an ansimare e tremare fino a quando ogni singola goccia non aveva abbandonato il suo membro. Poi, guardandolo negli occhi da dietro il vetro annebbiato dei suoi occhiali, deglutì, ingoiando tutto ciò che lui le aveva dato, famelica, vogliosa, insaziabile. Alan, finalmente libero, uscì scivolando dalla sua bocca e si fece da parte, cadendo alle spalle degli altri invitati e sedendosi, stremato, con la testa contro il bordo della piscina.
Pochi secondi dopo le gocce cominciarono a cadere su di lei, tiepide, appiccicose, dense, scesero come pioggia sui suoi occhiali, sulle sue labbra, sulle bocche spalancate delle altre due ragazze, sui loro seni e sulle loro cosce. Le altre due risero, lei non ne aveva le forze, riuscì solo a sospirare, godendosi il fresco dell’acqua e la dolcezza del tepore post-orgasmico, mentre il suo corpo veniva innaffiato dello sperma degli invitati. Con gli ospiti tutti ampiamente soddisfatti, le ragazze decisero infine di lasciare nei loro occhi un’ultima immagine di quella esperienza così assurdamente surreale, leccandosi vicendevolmente lo sperma dal corpo, succhiandolo dalla pelle candida, dai seni abbondanti e dal viso arrossato di Andrea e lasciando che lei facesse altrettanto per loro. Poi tutte e tre, così come avevano fatto i ragazzi, si lasciarono andare e riposarono sotto il sole nell’acqua fresca della piscina.
Fu il silenzio, di tutto quello che era accaduto quel giorno, a sorprendere di più Andrea. Il silenzio che regnava su tutto e tutti mentre lei, le ragazze e gli altri partecipanti alla festa si asciugavano e si rivestivano. Alberto ed Alan sorridevano soddisfatti ma non dicavano una parola, il ragazzo corpulento, che era stato così intenso nel penetrarla poco prima, era divenuto stranamente timido e riservato, gli altri parevano tutti zombie, stremati ed imbarazzati dall’esperienza intensa appena provata.
Andrea guardò il cielo, non poteva essere passata più di un’ora, forse nemmeno mezz’ora, da quando le avevano fatto notare il colore poco adatto della sua maglietta eppure le pareva fossero passati giorni. Guardandosi intorno vide che tutti stavano aspettando di capire cosa fare, se dovevano andarsene, se dovevano dire qualcosa ed, effettivamente, anche per lei era difficile immaginare quale fosse il modo migliore per congedarsi. Dopotutto, cosa si dice in un’occasione simile?
Andrea fece spallucce e si infilò la maglietta bianca, oramai quasi asciutta, sopra il reggiseno, poi, con il suo solito sorriso stampato sulle labbra, avvicinò gli invitati uno ad uno e li salutò come se nulla fosse accaduto, cercando di far sentire tutti un po’ meno in imbarazzo. Dopotutto, pensò, nulla di quanto era successo era, in realtà, così scandaloso. Un gruppo di persone giovani e consenzienti aveva passato un pomeriggio divertente e, sebbene trasgressivo, piuttosto innocuo. Nessuno si era fatto del male, nessuno aveva fatto nulla che non volesse e tutti, di questo era sicura, si erano divertiti.
‘Grazie di tutto.’ Disse sorridendo alla ragazza mora, baciandole le guance e congedandosi con un ammiccante occhiolino. Poi si voltò verso Alan, l’unico che ancora non aveva salutato.
‘Grazie.’ Gli disse ‘E’ stato…intenso.’
Lui sorrise, con quella sua smorfia furbesca che sapeva di soddisfatta superiorità.
‘Sei fantastica.’ Le disse, esitando un secondo prima di continuare. ‘Dopo ti chiamo?’
Andrea annuì, poi camminò a testa alta fino alla sua Panda rossa fiammante, aprì lo sportello e, una volta gettata la sua borsetta sul sedile del passeggero, vi entrò, accendendo il motore in attesa del dolce sollievo dell’aria condizionata. Mentre la sua macchina usciva dal grosso cancello e si dirigeva verso la strada principale, Andrea pensò alla sera ed a cosa avrebbe detto ad Alan quando lui l’avrebbe chiamata. Era stato un pomeriggio surreale, perfino per una ragazza eccentrica come lei ma, in fondo, era felice che lo fosse stato.

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