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Una volta sola

By 13 Aprile 2015Ottobre 2nd, 2021No Comments

La vita mi sorrideva.

Avevo un ottimo lavoro, in una grande azienda multinazionale che mi copriva di soldi, un bell’appartamento a Milano che i miei mi avevano regalato in occasione delle nozze, nel quartiere Isola, che aveva raddoppiato il suo valore dopo che erano stati costruiti tutti quei grattacieli.
La mia famiglia, poi, era perfetta: una brava ragazza come moglie e due bambini svegli ed esuberanti. Cosa desiderare di più?

Eppure gli inizi non erano stati dei più facili. Prima di trovare quel lavoro ne avevo affrontati di colloqui infruttuosi, ne avevo fatti di stage sottopagati!

Dal punto di vista sentimentale, poi, quando mi ero messo con Gabriella la gente sorrideva: “Guarda quei due, Dio li fa e poi li accoppia!”.
Infatti non eravamo proprio bellissimi, all’epoca. Io ero scheletrico, ossuto, rachitico di torace, con un gran nasone e i denti sporgenti, del tutto negato per gli sport e i piedi quasi piatti.
Gabriella invece era grassottella, afflitta da una ferocissima acne e da una miopia che la obbligava a portare occhiali spessi e che le dava una insicurezza nei movimenti e un’espressione sempre spaventata.

Nessuno di noi due aveva avuto esperienze significative, né dal punto di vista sentimentale né sessuale. Insomma due imbranati, dediti allo studio e senza vita sociale.

Dopo due gravidanze, però, Gabriella era molto cambiata: l’acne era sparita e il seno aveva preso forma. Si era fatta operare agli occhi per la riduzione laser della miopia ed aveva acquistato sicurezza, conscia del suo aspetto molto migliorato. Il suo peso si era ridotto, grazie a una dieta che finalmente pareva funzionare e ad un assiduo ricorso alla vicina palestra.

Anch’io avevo fatto progressi: avevo cominciato con la bici e presto ne avevo sviluppato una vera passione. Non passava domenica senza che mi sciroppassi quei novanta o cento chilometri che mi facevano sentire in gran forma.
E gli effetti si vedevano. Avevo messo su qualche muscolo, la mia figura aveva guadagnato peso e presenza. Naso e dentoni si notavano meno.
Nel reparto scopereccio, senza volermela tirare, ero sempre stato ben dotato e l’allenamento e la acquistata sicurezza mi consentivano prestazioni di sempre migliore qualità con Gabriella. Il fatto poi che lei fosse diventata una donna molto più carina non nego che aiutasse parecchio.

Quindi non avrei mai immaginato di dover affrontare una litigata come quella di quel venerdì.

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Avevamo da poco celebrato il nostro settimo anniversario di matrimonio. Gabriella aveva appena messo a letto Matteo e Ginevra, i nostri piccoli. Da quando aveva smesso di lavorare in genere pensava lei a queste cose, anche se spesso, quando non ero troppo stanco o preoccupato, amavo molto leggere loro qualche storia prima di spegnere la luce.

Quando tornò in sala, si sedette di fronte a me e spense la televisione. Io stavo seguendo la partita del Milan e la guardai irritato. Sorpreso, anche. Per spegnermi la tele in faccia proprio mentre giocava il Milan doveva avere un motivo ben serio: sapeva che mi sarei incazzato come un bufalo.
– Ale, ti devo parlare. – Ale sono io, Alessandro Benfatti, ingegnere elettronico e capo del servizio di manutenzione per il Nord Italia di una enorme multinazionale americana.
– Che c’è? – Prima di mettermi a gridare volevo sentire di che si trattava.
– Hai presente, quando facciamo l’amore, che alle volte ci raccontiamo le nostre fantasie?
– Sì. E allora?
– E che ci capita di fantasticare su altre persone?
– Ah, sì! Io con Jennifer Aniston e tu con Keanu Reeves.
– Non si tratta di Keanu Reeves, Ale. Si tratta di qualcun altro. – Stupidamente non capivo ancora. Eppure, a quel punto, avrei dovuto.
– Cosa stai cercando di dirmi? Che hai fantasie con un altro uomo?
– Beh, qualcosa del genere.
– Cosa significa “qualcosa del genere”? Ce le hai o no? E chi sarebbe questo tizio?
– E’ l’istruttore di pilates in palestra. L’altro giorno mi ha afferrata per i fianchi per correggere la mia posizione mentre ero piegata in due e da allora non faccio che pensare…
– Ah! E che altro ha fatto? Ti ha toccata?
– No, no! niente di sconveniente. Ma mi chiedevo…
– Gabriella! Cosa stai cercando di dirmi, maledizione! – Ormai avevo dimenticato il Milan.
– Ale, perdonami. Lo sai che ti amo alla follia, che sei tutto per me. Ma se avessimo un’esperienza con qualcun altro, una sola volta, che male ci potrebbe fare?
– E tu vorresti che io ti dessi il permesso di farti fottere da un altro? Sei impazzita? – Stavo proprio alzando la voce. Non potevo credere di star vivendo una situazione come quella.
– No, Ale, stai calmo! Sai bene che tu sei stato l’unico uomo per me, come io sono stata l’unica donna per te. Ho pensato che se per una volta, una sola, facessimo sesso con un partner diverso non potremmo che guadagnarci in esperienza e impareremmo senz’altro delle cose nuove che potremmo replicare tra di noi, no?
– Palle! Stai cercando una scusa per pulirti la coscienza e non avere sensi di colpa mentre ti scopi il tuo palestrato del cazzo! Ma io non ci sto! Gabri, mi oppongo! Mi hai sentito?
– Ale, no, ascoltami. Ragioniamo. Ti giuro, una volta sola. Una volta e poi basta, mai più per il resto della mia vita. Io non so come sono fatti gli altri uomini, capisci? E vorrei davvero che anche tu provassi con qualcun’altra. Sicuramente diventeresti un amante migliore.
– Adesso mi accusi di non essere un buon amante?
– Non intendevo questo, Ale, tu sei il miglior amante del mondo, per quanto ne so. Ma ascoltami…
– No, ascoltami tu! – la interruppi – Possibile che tu non capisca? Io non ci tengo a scopare in giro. Le altre donne non mi interessano. Quello che ho imparato nella vita è che ciò che conta sono i sentimenti. Certo che quando ero uno studente mi sarebbe piaciuto fare sesso con qualche ragazza e ci ho anche provato, ma nessuna mi ha voluto. Poi ho conosciuto te e tutto è cambiato. Sono un uomo realizzato ora, ho una bellissima famiglia, una moglie adorabile e due fantastici bambini. Ti sembra che voglia mettere a rischio questa straordinaria ricchezza per togliermi uno sfizio (di cui sinceramente non sento alcuna necessità) con qualche baldracca?

Mi guardò intensamente senza parlare, come se stesse per piangere. Continuai, con più calma stavolta:
– Vedi, Gabri, io ci parlo con i miei colleghi. E qualche volta si tocca anche il tema del sesso. C’è qualcuno che si scoperebbe qualsiasi donna, che non pensa ad altro e che qualche volta ci riesce. Ma queste persone sono le più infelici, le più disastrate in famiglia, con le relazioni matrimoniali gravemente compromesse. Sono sempre in cerca di nuove avventure e non trovano mai la ragazza giusta. Io, invece, l’ho trovata. E mi sento una cosa sola con te. Non potrei mai rinunciare alla complicità, alla confidenza, alla sensazione di essere felici insieme, al fatto di sapere quello che pensi e quello che provi ancora prima che tu lo dica… C’è amore tra di noi e non credo proprio che andare a letto con un’altra donna mi renderebbe più felice o migliore. O che mi piacerebbe di più. Anzi.

Visto che Gabriella rimaneva in silenzio, continuai:
– E poi: che succederebbe se invece fare l’amore con un’altra mi dovesse piacere un sacco? E ne volessi ancora e ancora? Che ne sarebbe di noi, del nostro rapporto? E di tutto ciò che abbiamo costruito insieme, la famiglia, i figli… Lo stesso vale per te: se questo Adone ti facesse impazzire, mi vorresti ancora? Ti accontenteresti di me, povero sfigato, senza tutti quei pettorali? Guarda, facciamo così: fammi sapere se vuoi farlo a tutti i costi, anche contro il mio parere. Io non posso impedirtelo, ma posso cominciare a fare le valige e trovarmi qualche altro posto in cui vivere.
– Ale, non potrei mai amare nessun altro! Tu sei il miglior marito del mondo! Volevo solo che tu provassi con un’altra, tanto per toglierti la curiosità!
– Credevo di aver capito che il problema fosse che tu volessi provare il tuo istruttore. Invece quello che vuoi è che io me la faccia con qualche altra?

A quel punto Gabri scoppiò a piangere e si chiuse in bagno. Non capivo cosa fosse successo, così, all’improvviso. Ma certo qualcosa non quadrava. Avrei fatto bene a tenere gli occhi ben aperti da quel momento in poi.

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Il giorno dopo, però, tutto pareva essere tornato normale. Affezionata come al solito, ci scambiammo baci e abbracci e giocammo con i bambini come sempre.

Niente fuori dell’ordinario.

Però ero diventato sospettoso e ogni volta che usciva a far la spesa o a trovare un’amica ero in allarme. Anche quando squillava il telefono di casa entravo in ansia, eppure non notai nessun significativo cambiamento né nel suo atteggiamento, né nel suo comportamento.

Finché un martedì sera le chiesi come mai fosse a casa. Di solito infatti il martedì e il giovedì erano i giorni della palestra.
– Perché me lo chiedi? Sono a casa, con la mia famiglia. Dove dovrei essere?
– Non hai il corso di pilates?
– Ah, quello! Ho lasciato perdere. Posso allenarmi a casa ora che comincia la bella stagione. Inutile buttare soldi per avere qualcuno che mi dica come devo fare i piegamenti.

Questo fu l’unico cambio che notai in lei, il fatto che non andasse più in palestra. Che, tra l’altro, a me non dispiaceva affatto. Mi aveva infastidito anche solo il fatto che il suo istruttore l’avesse afferrata per i fianchi, figuriamoci con quale apprensione l’avrei aspettata al ritorno dal suo corso.
Meglio così, mi dissi.

Tutto parve ritornare normale fino a che due mesi dopo il mio piccolo mondo felice non crollò improvvisamente e completamente attorno a me.

Quando tornai a casa, quella sera, infatti la trovai scarmigliata, gli occhi rossi come se avesse pianto, che camminava per la casa senza scopo torcendosi le mani.
– Che succede, Gabri? Cos’hai? Stai bene? Siediti un momento…
– Mi vuoi bene, Ale? Me ne vuoi tanto, eh, Alessandro?
L’abbracciai e la guidai verso il divano, su cui la feci sedere. Mi sedetti accanto, tenendole le mani.
– Sicuro che ti voglio bene. Lo sai benissimo.
– Ho un problema, Ale. Un problema grosso, ma grosso…
– Ci sono io, sono qui per aiutarti. Di che problema si tratta?
– Sono incinta, Ale.
– Caspita! Che sorpresa! Ma non è un problema grave, stai tranquilla. Ne abbiamo già due, ci stringiamo un po’ e troviamo lo spazio anche per il terzo. I soldi non ci mancano. Ce la facciamo senza problemi, non vedo perché tu ti debba preoccupare così.
– Ale, non capisci. Forse non sei tu il padre.

M’avesse colpito con un ferro da stiro in testa non mi avrebbe fatto più male. Rimasi ammutolito per un minuto, poi sentii la rabbia montare:
– Ma come?! Dopo il tuo discorso di due mesi fa credevo che fossimo rimasti che non ci avremmo provato con altri partner! Invece tu dopo ti sei fatta sbattere ugualmente da qualche stronzo?
– No, Ale, non l’ho fatto! – C’era disperazione nel suo sguardo.
– Ma cosa dici!? Se non mi hai tradita come fa il bambino a non essere mio? Io non capisco più niente!
– Sì, ci sono stata con quell’istruttore! – Piangeva ormai con grossi lacrimoni, il mento arricciato. Io però non la volevo consolare finché non avessi capito la situazione. – Ma non dopo il nostro discorso. Mi ha presa prima, proprio quel giorno, in palestra!
– Basta! Non posso sentire queste cose! Bugiarda! Troia! Me ne vado! Per non spaccarti la faccia! Ti odio, non ti posso vedere!
– Aspetta, lascia che ti spieghi…
– ‘Fanculo, troia! Mi farò vivo quando mi sarà passata l’incazzatura. Occupati tu dei bambini, se riesci a non farti fottere dai maschi del vicinato per qualche giorno. – E me ne andai sbattendo la porta.
La mia vita era diventata un totale casino. Non avevo idea di cosa avrei dovuto fare, come mi sarei potuto comportare. Non sapevo neanche bene cosa fosse successo di preciso. Inoltre dove sarei dovuto andare? I miei si erano ritirati in Riviera, a Ceriale e avevano venduto la casa di Milano.

Quasi quasi avrei potuto prendermi un paio di giorni di ferie per andare a trovarli e stare da loro. Per lo meno avrei potuto ricevere dei buoni consigli.

Chiamai il mio capo, anche se ormai era molto tardi, per comunicargli che avevo avuto un’emergenza familiare e avrei avuto bisogno inaspettatamente di un paio di giorni di ferie.

Come prevedevo, non ci furono problemi. Così partii per Ceriale e lungo la strada chiamai i miei per avvertirli che stavo arrivando e di prepararmi la camera degli ospiti.

Naturalmente al mio arrivo, nonostante l’ora tarda, fui subissato di domande.
Raccontai tutto causando stupore e costernazione. Alla fine mi assicurarono tutto il loro appoggio e sostegno.

Rimasi da loro, con il cellulare sempre spento, dalla notte di mercoledì fino al lunedì mattina, quando partii prestissimo per essere in ufficio a Milano a un’ora decente. Durante quel soggiorno pensai molto, feci lunghissime passeggiate, bevvi esageratamente tirando tardi nei pochi locali aperti in questa mezza primavera, e dormii pochissimo, più che altro il pomeriggio sulle panchine del lungomare. Piansi, anche, un po’.

Quando entrai nel mio ufficio, il telefono Voip mi annunciò che la casella dei messaggi vocali era piena. Gabri mi aveva chiamato diverse volte, anche durante il fine settimana. Evidentemente pensava fossi rimasto a vivere in ufficio.

La chiamai per sapere cosa volesse.
– Devi lasciarmi spiegare, Ale. So di aver fatto il peggior errore della mia vita e non sai quanto ne sia pentita, ma non c’è modo di disfare ciò che ho fatto. Non ci resta che affrontarne le conseguenze.
– Che cosa vuol dire “non CI resta”? Io le conseguenze so già come affrontarle: ti lascio, mia cara, ora sono solo cazzi tuoi!
– No, Ale, no. Non puoi farmi questo per un momento di debolezza. Sono sicura che se potessi spiegare quello che è succ…
– Che cosa vuoi spiegare?! – la interruppi – come puoi spiegare che toglierti le mutande e aprire le gambe per il tuo palestrato sia una cosa che mi debba andare bene?!
– Ascoltami, Ale, lo so, ho sbagliato. Ne ho parlato anche con i miei. Ho raccontato tutto. Di come mi sia lasciata sopraffare dalla tentazione e di quanto vorrei non averlo fatto. Mi hanno propinato una lavata di capo che era da quando avevo dieci anni che non subivo. Ma bisogna che ti spieghi bene, altrimenti chissà cosa potresti pensare.
– Veramente non sono interessato a sapere come e perché ti sia lasciata trombare. Né quanto l’avesse lungo e quanti orgasmi ti abbia provocato. Grazie, sono a posto così.
– E allora che si fa con il bambino? Magari è tuo.
– Guarda, Il matrimonio è finito. Mi hai tradito, deliberatamente e coscientemente ed io non posso vivere con una donna che mi tradisce. Sei una buona madre e non ti meriti che ti tolga i figli, per cui domani andrò dall’avvocato a chiedere consiglio. Ti suggerisco di fare lo stesso. Mi farò vivo entro sabato per discutere il futuro dei nostri ragazzi, ma tu devi capire che per noi, come coppia, non c’è più nessun futuro.
– I bambini chiedono di te, vogliono vederti!
– Portali da tua madre e andrò a prenderli da lei. Li porterò al parco, al cinema, da MacDonald o dove altro vogliono andare e poi li riporterò da lei. Dille chiaramente che però non voglio assolutamente parlare né con lei né con tuo padre, chiaro?

E così feci.

Spiegare ai bambini che le cose sarebbero cambiate e che io non sarei più stato con loro, fu devastante, per me e per loro. Per quanto promettessi di passare quanto più tempo possibile con loro non ci fu verso di tranquillizzarli.
Ginevra pianse. Matteo mise il broncio.
Speravo però che la straordinaria capacità di adattamento dei bambini in breve li avrebbe assuefatti alla nuova realtà.
L’importante sarebbe stato non far mai mancare loro l’amore dei genitori.

Trovai un bilocale arredato in affitto con contratto temporaneo e mi ci sistemai alla bell’e meglio.

Arrivò quindi il fatidico sabato. Suonai alla porta del mio ex appartamento, benché avessi ancora le chiavi in tasca. Ormai non era più casa mia.

Ci sedemmo e subito cominciarono le incomprensioni. Io volevo parlare del futuro dei ragazzi mentre lei era del nostro, di futuro, che voleva discutere. Alla fine le dissi:
– Gabri, sai bene che ti ho voluto bene che di più è impossibile. Ma tu invece sei andata con un altro. Non ti ha violentata, ci sei andata di tua volontà. Avresti potuto dire “no”, ma non l’hai fatto. Hai allargato le gambe per lui sapendo benissimo quello che stavi facendo. Io sarò anche uno sfigato, ma ho il mio orgoglio e trovo il tuo comportamento inaccettabile e imperdonabile. Guarda il lato positivo: da oggi puoi trombarti tutti gli istruttori di pilates che vuoi, senza dover affrontare nessun senso di colpa.
Credo che fu in quel momento che capì, tra le lacrime, che non saremmo più stati insieme.
– Torniamo a noi. Parliamo dei bambini. Ti voglio assicurare che farò il mio dovere per quanto riguarda il loro mantenimento. Invece che farai con quello che deve nascere?
– In che senso?
– Vuoi abortire, tenerlo, darlo in adozione?
– Potrebbe essere tuo figlio, Ale. Vorresti davvero che abortissi?
– Oggi i test del Dna sono rapidi, precisi e non troppo costosi. Quando nascerà in un paio di giorni potremo toglierci il dubbio. Se sarà mio, gli vorrò bene come agli altri. Altrimenti a lui ci dovrà pensare suo padre. Io non ne voglio sapere.
– È un bambino, Ale! Una creatura innocente e senza colpe! Perché dovrebbe pagare per i miei errori?! Lo metterò al mondo e se non sarà tuo non ti chiederò nulla, stai tranquillo.
– OK. Aspetterò per le pratiche di separazione e divorzio fino a che non sarà chiarito questo dubbio, ma intanto non voglio vivere qui con te. Meglio che informi il tuo amante che potrebbe diventare padre…

Volevo ferirla e sicuramente ci riuscii. Lei appariva sconfitta, rassegnata, totalmente abbattuta. Quello che però non capì è che l’amore che provavo non era affatto morto e che le mie parole probabilmente facevano più male a me che a lei.
– Tornerò a prendere le mie cose settimana prossima. Ti va bene?
– Vieni quando vuoi. E’ sempre casa tua. – Ebbe un attimo di esitazione, poi mi appoggiò la mano sul braccio e continuò:
– Tu non vuoi ascoltarmi e non vuoi che ti spieghi. Ho bisogno che tu sappia che mi sono subito resa conto del mio stupido sbaglio. Se potessi tornare indietro non lo farei più di sicuro, ma non posso. Capisco il tuo stato d’animo e non sai come mi dispiace anche per te, non solo per me. Ho scritto tutto in questa lettera, così quando sarai dell’umore giusto potrai leggerla e capire cosa m’è successo. Non cambierà nulla, ma tu sappi che ci sarò sempre per te.

Così dicendo mi mise in mano una busta e si allontanò, forse perché non la vedessi piangere. Avrei voluto abbracciarla e consolarla, ma il mio orgoglio me lo impediva.

Nella lettera c’era scritto:

“Alessandro,
Tu non mi lasci spiegare, così mi vedo costretta a mettere per iscritto la mia storia, in modo che tu sappia esattamente cos’è successo. Lo farò raccontando tutta la verità, senza cercare di abbellirla o di rendertela più “digeribile”.
Sei l’amore della mia vita. Lo sei sempre stato da quando ti conosco e lo sarai per sempre. Sei stato l’unico amante che ho avuto. Ciò che è successo con Victor (Victor Sànchez, l’istruttore ecuadoriano) non solo non ha niente a che fare con l’amore, ma non è stato nemmeno così divertente. Se penso poi a quanto m’è costato…
Victor è alto, muscoloso, un fisico spettacolare, con i pettorali e la tartaruga agli addominali. Le donne vanno pazze per lui e tutte le settimane ne ha una nuova, sia single o impegnata. Ci prova sempre con tutte, anche con me ed io mi sono sentita lusingata constatando sbalordita che altri uomini mi trovassero attraente, dopo una vita passata a fare da tappezzeria.
Col passare delle settimane le sue battute si sono fatte sempre più pesanti e le sue allusioni sempre più esplicite. Avrei dovuto metterlo al suo posto, invece mi sono ritrovata a ridere ai suoi scherzi e a dargli corda, se non addirittura a incoraggiarlo. Sono stata così stupida! Così debole!
Quel giorno maledetto, come ti ho raccontato, mi aveva preso per i fianchi, ma non si è limitato a quello: si è appoggiato col suo membro contro il mio sedere e me lo ha tenuto premuto per un paio di secondi prima di staccarsi. Io sono rimasta senza fiato e non ho detto niente, rossa per l’emozione. E quando la lezione è finita, prima che uscissi mi ha chiesto di passare dal suo ufficio dopo la doccia che voleva mostrarmi una cosa. Purtroppo non posso affermare di non sapere cosa volesse: lo immaginavo benissimo. Non immaginavo invece le conseguenze che quel nostro incontro avrebbero causato. Pensavo solo all’eccitazione del momento.
Quando entrai nel suo ufficio, mi venne incontro sorridendo. Senza neanche baciarmi mi fece piegare sulla scrivania, mi sollevò la gonna e mi abbassò gli slip. Sentii il rumore della cerniera dei suoi pantaloni che si apriva e il suo membro che entrava dentro di me. Senza una parola. Fu in quel momento, piegata sulla sua scrivania mentre lui ansimando cercava il suo piacere che mi resi conto dell’enormità del mio sbaglio. Non avevo nemmeno capito se avesse messo un preservativo. L’odore del suo sudore (acidulo, come di pesce, diverso dal nostro) riempiva l’ufficio. Dopo un paio di minuti venne. Io non avevo provato niente.
Amore zero, come c’era da aspettarsi, ma nemmeno niente affetto, niente simpatia, niente intimità. Niente a che vedere con ciò che c’era tra noi due. Solo sesso crudo e volgare e nemmeno di buona qualità. Il suo pene era più piccolo del tuo e a mala pena lo sentivo. Quando finì, lo tirò fuori e mi disse: “Gracias”. Non lo potevo credere. Avevo rischiato di rovinare per sempre il mio matrimonio per questo pagliaccio e per i suoi muscoli? Quando mi ritrovai da sola in macchina fuori dalla palestra piansi per la rabbia, l’umiliazione, il rimorso, la paura.
La sera, a casa, ho cercato di ottenere da te un permesso “a posteriori”, o almeno che tu provassi con un’altra donna in modo da andare a pari e non farmi sentire così in colpa. Ma tu non ne hai voluto sapere. Mi hai propinato quel discorso sull’amore e sulla felicità matrimoniale che mi ha fatto piangere. Certo non avevo nessuna intenzione di tradirti con altri dopo quell’esperienza disastrosa.
Dopo che sottolineasti il fatto che avresti potuto lasciarmi se avessi insistito su quell’argomento, avevo deciso di non dirti nulla, di dimenticare quanto era successo e di seppellire quella vergogna in qualche angolo remoto della mia mente.
Poi ho scoperto di essere incinta! Ho dovuto dirtelo, non ho avuto scelta. Da un lato non potrei abortire nel caso che tu fossi il padre e dall’altro, in caso contrario, non potrei mai far passare il bambino per tuo: Victor è molto scuro di pelle e ha tratti somatici da indio. Se il bambino sarà suo si capirà immediatamente.
Non mi resta che mettere il mio destino nelle tue mani, ricordando che ti amerò sempre e sperando che un giorno potrai perdonarmi. Io sarò sempre qui ad aspettarti.

Tua moglie per sempre.

Gabriella.

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Per i successivi sette mesi la vita continuò sugli stessi binari.

Stavo da solo, vedevo i bambini di tanto in tanto, passavo un assegno di mantenimento a Gabriella, che però non era sufficiente, così cercò lavoretti da baby sitter per arrotondare.

Era come vivere in una nube nera d’infelicità e solitudine.
Quando fu il tempo del parto, io non ci andai. Lasciai che fossero i suoi genitori a occuparsene all’ospedale di Niguarda. Per i primi due figli ero entrato con lei in sala parto e avevo tagliato persino il cordone ombelicale. Questa volta rimasi a casa ad aspettare la chiamata del ginecologo che m’informasse sui risultati dell’esame del Dna, previsti entro tre-quattro giorni dalla nascita.

Invece, non so perché, il giorno successivo andai a trovarla e le portai perfino dei fiori. Credo che l’amore non finisca quando lo decidi tu e che ciò che avevo provato per lei per così tanti anni covasse sotto le ceneri della mia furibonda arrabbiatura.

Quando entrai nella sua stanza mi rivolse un debole sorriso.
– Allora, come stai?
– Stanca e piena di dolori, ma abbastanza bene, grazie. Ale, voglio che sappia che non mi sposerò mai con nessun altro.
– Perché dici così? Si sa qualcosa sull’esame del Dna?
– No, Ale. Il bambino non è un bambino, ma una bambina. Bellissima. Si chiama Serena. È scura di pelle. Sono sicura che non sia tua, Ale.

Sentii le lacrime salirmi agli occhi. Mi alzai e me ne andai dall’ospedale.

Avrei voluto con tutto me stesso essere il padre, che quest’incubo terminasse e che potessimo, col tempo, tornare a essere una famiglia felice. Invece, con un groppo in gola, chiamai l’avvocato e gli diedi via libera per cominciare le pratiche per la separazione.
È stata la decisione più dolorosa della mia vita: stavo tagliando i ponti con l’unica donna che avessi mai amato e mi stavo preparando a diventare un ex marito amareggiato, un padre frustrato e un uomo solo e infelice.

Il giorno che Victor seppe di essere padre fece le valige e tornò in Ecuador. Nessuno seppe più nulla di lui.

Il tradimento ha gravi conseguenze: provoca dolore e disperazione a tutti. Non solo a chi viene tradito, ma anche a chi tradisce, ai figli, ai parenti, agli amici.

Nessuno ci guadagna, tutti ci perdono.

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