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Weekend dagli zii

By 17 Febbraio 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

vevo 25 anni, studiavo a Milano e facevo vari lavoretti per mantenermi.
Tra i costi universitari, il vitto e l’alloggio i divertimenti erano assai rari. Per evitare di spendere quel pò che conservavo evitavo di uscire il piu’ possibile. Quanti weekend passati nello stanzino a guardare da un piccolo televisore gli spot delle chat a luci rosse di una tv locale ed a farmi seghe davanti lo schermo!

Un giorno però mia madre mi telefonò dicendomi se potevo passare da sua sorella, mia zia Dora che viveva in provincia di Sondrio, per prendere delle carte che servivano per alcune pratiche legate ad un’eredità.
Non ne avevo per niente voglia, sia per il dover spendere soldi che per il preparare un test di storia. Mia madre insistette dicendo che tralaltro gli zii erano anche offesi dal fatto che da quando ero salito a Milano ero andato da loro solo una volta, tre anni prima. Ed in effetti un altro valido motivo circa il non essere propenso alla visita da loro era dato dall’antipatia che mi suscitavano.
Zio Osvaldo era un polentone tanto superbo quanto rozzo ed ignorante. Zia una stronza che lasciò la sua famiglia ed il suo paese del sud italia per rintanarsi tra i boschi prealpini, credendo di suscitare invidia agli altri per il fatto di essersi sposata un ”altitaliano”. Avevano superato entrambi i cinquanta d’età. Avevano 2 figli tali e quali a loro, Matteo, il piu’ grande di circa 30 anni; di costituzione simile alla madre, bassetto e tendente al grassoccio. E Laura, della mia stessa età, alta e slanciata come il padre. Anche nei caratteri non si differenziavano dai genitori: lui un’idiota dall’accento incomprensibile, lei un’altezzosa e superba troietta dai modi snob e col musetto da pompinara.
Accettai per forza… se quei documenti servivano per portare avanti la pratica dell’eredità (quindi farci su del denaro)sarei andato anche in India, a piedi!

Partii un venerdì pomeriggio. Arrivai col treno nel paese dove risiedevano, poi presi la corriera che mi portò nella frazione dove abitavano. Stavano in una bella villetta a due piani ai piedi del bosco.
L’accoglienza fu come me l’aspettavo: zio Osvaldo si mise da subito in mostra da quel pallone gonfiato che era; Matteo faceva da spalla al padre nell’appoggiare le sue solite teorie sul loro essere gran lavoratori, gente onesta, rispettata ecc. e facendo il raffronto coi meridionali vagabondi, parassiti ecc.; Laura mi saluto appena senza neanche aver capito chi fossi. Solo zia mostrò un minimo di piacere vedendomi.
Passammo una serata pallosissima ed appena finita la cena,con la scusa di un mal di testa, mi andai a ritirare nella stanzetta che avevano per gli ospiti. L’unica nota piacevole fu il trovare in un armadietto, tra i fumetti di mio cugino,delle riviste porno con le quali passai il resto della serata. Poi, davvero stanco, fui vinto dal sonno, e nemmeno la litigata proveniente dalla cucina mi disturbò piu’ di tanto.

Il mattino seguente mi alzai intorno le dieci, mi lavai e scesi al piano giorno. Non sentii rumori in giro ed era normale dato che mio zio e mio cugino si alzavano prestissimo per lavorare e mia cugina passava spesso i weekend fuori. Pensai che zia neanche fosse in casa ma fuori a fare spese e questo mi rallegrò in quanto mi risparmiavo tutte le loro facce di cazzo.
Arrivai in cucina e trovai invece zia, buttata su una sedia. Aveva la faccia stravolta dal sonno e, a quanto notai, dall’alcool. Rimasi di stucco nel vederla così, sfatta, disordinata, con una sigaretta tra le dita e le labbra attorno al collo di una bottiglia di liquore. Anche a lei però il vedermi la lasciò pietrificata. Balbettò qualche parola ma io capii che la sbronza che si stava prendendo le aveva fatto scordare la mia presenza.
Balbettò altre frasi incomprensibili poi fece per alzarsi ma barcollò e si accasciò di nuovo sulla sedia.
Vederla così mi suscitò diverse sensazioni, prima la pena per il suo stato poi subentrò un senso di rivalsa… lei aveva sempre trattato la sua famiglia d’origine con superiorità, come se lei fosse una regina troppo di classe per stare con loro che erano dei pezzenti buoni solo a servirla. Se ne andò dal suo paese credendosi un’eroina delle fiabe che lascia la vita in un borgo sposando il principe azzurro e trasferendosi in un reame incantato.
Ed invece la ritrovai quella mattina…là… mezza ubriaca…
Inutile nascondere che provai una sottile soddisfazione… Eccola la regina! Avrei voluto che tutti quelli che ha sempre trattato da pezzenti,giu’ in paese, la vedessero.

La fissavo e dentro me mi compiacevo della scena che mi ero trovato davanti.
Lei continuava a ripetere che non ricordava che io fossi ospite da loro, mise insieme confusamente delle scuse patetiche sul perch&egrave si trovasse in quello stato, ad un certo punto chinò il capo ed iniziò a confidarmi tutto…
Il suo principe azzurro si rivelò un buono a nulla…solo lavoro e soldi e terreni da accumulare… lei, dopo avergli dato 2 figli, era stata messa da parte…e si sentiva trascurata, non piu’ amata, desiderata, considerata donna e questa umiliante situazione la portò alla depressione, al lasciarsi andare, ed al rifugiarsi nell’alcool.

A sentire quello sfogo si fece strada in me una strana eccitazione. Al fatto di non provare per lei nessuna compassione (si meritava tutto ciò che passava per come aveva trattato gli altri) si aggiunse un pensiero tanto perverso quanto irresistibile… scopare! con mia zia…ubriaca… con una donnona con piu’ del doppio della mia età… Non era certo la bellezza da copertina con cui ero solito masturbarmi ma almeno era vera! Era carne da toccare non carta!

Il mio cazzo si irrigidì man mano che rendevo piu’ chiara la decisione. Ero sceso con indosso un pigiama leggero ed il gonfiore del membro era evidente. Feci il giro del tavolo e mi avvicinai a lei. Mi chinai e le diedi un bacio accompagnandolo da finte parole di comprensione. In pratica le feci sentire quel che voleva… che era ed &egrave rimasta una gran donna, di classe superiore rispetto al resto dei suoi familiari. Che meritava davvero un principe che la trattasse degnamente…non un deficente stupido polentone che l’aveva sempre mortificata.
Parlavo e l’accarezzavo…e l’eccitazione cresceva.
Le accarezzavo le guance piene con entrambe le mani poi scesi sul collo e,infilandole sotto la vestaglia da notte, sulle spalle massaggiandogliele.
Rimarcai piu’ volte, come un ritornello, una sorta di ipnosi il suo essere estremamente piacente…una donna matura ma con nulla da invidiare alle donne piu’ giovani. Con lo stessa cadenza le sussurravo quanto quel babbeo non meritasse una donna come lei. Non capacitandomi del fatto che non la toccasse…come invece iniziavo a fare io…che nel continuare a massaggiarla scostai le spalline dell’enorme reggiseno.
Le piaceva quel contatto… sia per i muscoli che le rilassavo che per il sentire due mani di uomo che palpavano la sua pelle… lasciava uscire dei sommessi gemiti di piacere. L’erezione era ormai straripante e mi piazzai all’inpiedi davanti alla sua faccia. A quel punto capii che dovevo agire, rompere gli argini…gli dissi (mentendo) che era sempre stata l’oggetto dei miei desideri sessuali, che era con lei in mente che iniziai a masturbarmi da ragazzino. Intuii anche che con l’aiuto del liquore avrei reso ancor piu’ debole una sua eventuale resistenza così le presi la bottiglia di mano ed ingurgitai un bel sorso. Gliela porsi sulle labbra e la sollevai facendola bere, mentre con l’altra mano mi scoprii il cazzo. Poggiai la bottiglia sul tavolo e guidai il suo viso verso il pene. Glielo avvicinai alle labbra… Le dischiuse e lo prese in bocca.
Prima lentamente poi con piu’ decisione muovevo il bacino avanti e indietro. Era un pompino fantastico. Non credevo ai miei sensi… dopo tanta astinenza (surrogata dalle seghe davanti i giornaletti porno) ero nella cucina dei miei zii, con zia Dora che mi faceva un pompino! Assurdo…ma meraviglioso!
Volevo di piu’… La feci alzare, le sfilai la vestaglia facendola cadere sulla sedia. Le sganciai il reggiseno e due tette grosse come meloni, bianche e flaccide penzolarono fino all’ombelico. Le strizzai con avidità, sembravano palloncini pieni d’acqua. Attaccai le labbra come ventose ai suoi capezzoli grossi e duri come noccioli di pesche. Glieli succhiai con golosità arrivando a premere coi denti sulla carne floscia e grassa. Godevo nel sentirla accennare un ‘ahi’. Gli lasciai, sulla pelle cadente, una corona con l’impronta dei denti bagnata di saliva.
L’abbracciai ed infilai poi le mani nelle sue mutandine. Aveva un culone grandioso… anche quello cascante e le dita vi affondavano. Lo palpavo come fosse pasta tra le mani di un fornaio. Era così molliccio che non resistetti alla tentazione di batterglielo piu’ volte coi palmi aperti, poi la feci indietreggiare fino al bordo del tavolo. Era in legno massiccio, ottimo per il passo successivo: l’aiutai a sedercisi sopra e gli allargai le cosce fino a mettere in mostra una folta peluria che dal ramato tendeva a stintersi sul grigio. Esplorai sotto lo strato peloso e trovai le labbra della sua fica, mi leccai due dita con le quali presi a strofinarlgliela. Quando notai una certa elasticità passai a menarmi il cazzo per una decina di secondi, poi con delicatezza glielo infilai. Dapprima mossi il pene lentamente nella sua fessura; poi man mano presi piu’ confidenza con le pareti umide di quella ”caverna” ed i movimenti furono piu’ veloci. Lei ansimava e la figa le si stava impregnando di umori mentre si faceva piu’ tesa per il piacere.
Non appena l’interno si lubrificò per bene, e preso il ritmo, la penetrai con una foga eccezionale… e lei gemette con una cantilena continua e sussurri sommessi di un’estasi che non provava piu’ da anni.
Prese ad incitarmi affinch&egrave continuassi ed io aumentavo l’intensità dei colpi di bacino.
Fu una scopata fantastica! Levai l’uccello poco prima che sborrasse. Dovetti fare uno sforzo non da poco per trattenermi. L’abbracciai per farla scendere e si sedette sulla sedia, giusto in tempo per prendersi in faccia l’ondata di sperma che gli schizzai. Gli impiastrai il naso, le guance, le labbra; mentre una parte di quella entratale in bocca la ributtò fuori colandole sul collo, fino ai seni.
Una volta venuto sentii un gran senso di stanchezza ma anche di soddisfazione. Mentre il cazzo si ritirava glielo passai sul viso, ripetendole le stesse frasi. In piu’ ne aggiunsi altre piu’ colorite, apostrofandole come una gran troia, una vacca… una bagascia che solo a 55 anni e passa ha conosciuto un vero cazzo ed ha provato cosa sia davvero una scopata.
Forse in fondo volevo ferirla, offenderla. Volevo se la prendesse, ma lei invece pareva gradire quelle parole. Ripeteva sommessamente dei ”sì” mentre riprese a bere dalla bottiglia.
Poi, svuotato e soddisfatto, tornai su e mi reinfilai a letto per scendere all’una per pranzai.
La domenica di primo pomeriggio presi il pullman e tornai a Milano. Per il resto del weekend (cio&egrave da dopo la scopata fino alla partenza) con zia Dora scambiai solo qualche parola ed evitai di incrociare anche solo il suo sguardo. Spesse volte poi, nel periodo successivo a quell’esperienza, mi chiesi se lei, ubriaca com’era, ricordasse qualcosa.

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