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Racconti di Dominazione

14 – Atroce Umiliazione (racconto rivisitato ed adattato per Laura)

By 1 Ottobre 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Hai sempre immaginato la tua vita di coppia come un sentiero di soggezione. Il tuo intimo desiderio di essere domata ti ha sempre portato a cercare in un uomo il coraggio dell’autorevolezza, la fermezza di spirito. Hai però sempre creduto che questo legame tanto intenso dovesse basarsi sul possesso esclusivo del tuo corpo. Per questo motivo questa ‘esperienza ti ha così profondamente segnata. è quella che ti ha mostrato per quello che sei, che vuoi essere.
Sono entrato con irruenza nella tua vita. Con la forza di ciò che si rivela all’improvviso dopo una lunga attesa. Dopo alcuni mesi il nostro rapporto aveva già quella naturalezza e complicità che tanto cercavi nei tuoi pensieri. Mi mostro allegro nei tuoi confronti. Tra poco usciremo con i miei amici. Ti sei andata a preparare mentre io, già vestito, riposo sul divano rimanendo a guardarti per tutto il tempo mentre ti vesti. Appena pronta usciamo e ci rechiamo al locale dell’appuntamento. Trovo i miei amici ad aspettarci: una coppia, Antonio detto ‘Tony’ e Marcella, e due single, Rafael, un ragazzo cubano e Roberto. Il locale è elegante, alla moda e con ottima musica. Tutti ti salutano con affetto, anche se ti hanno conosciuto solo adesso. Ci sediamo anche noi e ci immergiamo nelle chiacchiere. Ordino dei cocktail, come gli altri, ti arriva un beverone enorme, in un grosso bicchiere lungo. Lo assaggi titubante, è molto buono. Lo bevi con piacere. Nel corso della serata a quello ne seguirono altri due diversi.
Dopo un’ora abbondante, da quando siamo arrivati avverti lo stimolo di fare la pipì. L’avevi fatta un po’ prima di uscire, ma hai bevuto tanto e mangiato poco. In un primo tempo cerchi di trattenerti, perché per muoverti dal posto che occupi devi costringere me, il tuo padrone e uno dei miei amici ad alzarsi. Ma poi dato che la serata si prolungava, ti decidi a chiedere a me, il tuo padrone, di spostarmi per farti alzare e poter andare in bagno. ‘E’ inutile, perché la toilette è guasta’. Ti rispondo stizzito. Quella risposta ti lascia interdetta. Ti stai domandando quando io abbia appreso che il bagno è guasto. ‘Forse non mi sono accorta che si è alzato per andare in bagno’ pensi distrattamente e riprendi tuo malgrado a conversare.
Dopo un po’ tu e Marcella andate a ballare, mentre io resto al tavolo con gli altri. Quando torni e ti siedi ti accorgi che lo stimolo di fare pipì sta diventando insistente. Me lo ridici ma in tutta risposta ti senti dire ‘stiamo per andare via, aspetta’. Un quarto d’ora dopo ci alziamo tutti per uscire dal locale.
Una volta giunti in macchina ti rendi conto però che non prendiamo la strada per riportarti a casa. Ti dico ‘ho deciso con i miei amici che prima di rincasare passiamo tutti insieme per il parco’. Il parco, come lo chiamo io è in realtà un piccolo boschetto situato ai margini dei Giardini dell’Arena che il comune ha attrezzato come parco pubblico. Essendo pur sempre un parco pubblico è aperto anche di notte. Protesti, mi dici che desideri andare a casa, perché devi assolutamente andare in bagno. Ma io rimango evasivo. ‘Andiamo a casa subito, solo il tempo di prendere una boccata d’aria per smaltire l’alcool’ ti rispondo.
Il parco è molto carino. Uno spazio piuttosto ampio, ricco di alberi alti e ben curati. Vicino all’ingresso vi è una zona pianeggiante, in parte pavimentata ed un chiosco. Ma, inoltrandoci nel parco, in alcuni punti assume le fattezze di un vero e proprio boschetto che declinava verso il Bacchiglione prima che si congiunga col Brenta. Una volta giunti lì i miei amici si dileguano. La coppia si allontana mano nella mano e Rafael e Roberto vanno a giocare sulle altalene. Rimasti soli ti abbraccio e bacio più volte. ti racconto la storia di quel boschetto, di come era e come è adesso. ‘Ti ascolterei con maggiore piacere se non fosse per questa necessità impellente di fare la pipì che ora non da dava tregua’ pensi mentre io continuo a parlare. Quando finalmente ci ritroviamo con i miei amici all’ingresso del parco è passata quasi un’altra ora e tu stai per scoppiare, la vescica gonfia da farti scoppiare e devi muovere i piedi e tenere strette le gambe per trattenerti.’ti prego, andiamo via, non ce la faccio più’ mi implori.
‘Mio padrone ti prego non ce la faccio più, mi sto facendo sotto’mi dici bisbigliando.
La mia reazione ti coglie del tutto impreparata. Non ti rispondo nulla e rivolto ai miei amici.
‘Sapete cosa mi ha appena detto Laura? Ha detto che si sta facendo sotto, che non riesce più a trattenere la pipì’.
I miei amici rimangono in silenzio.
‘Scusa ma se ti scappa tanto perché non la fai qui. Basta che ti accoccoli vicino a un albero e non ti vedrà nessuno. E’ proprio stupido continuare a soffrire quando ci si può liberare in un attimo. Su, forza! Dei miei amici non c’è da vergognarsi e poi ti prometto che non ci muoviamo da qui’.
A queste parole reagisci restando immobile con la testa bassa. Il tono della mia voce ti è parso strano e non sei del tutto sicura che i miei amici non si avvicineranno, in ogni caso si nota che ti vergogni dell’attenzione che si era formata intorno a me. Poi, mentre cerchi di ragionare sulla cosa migliore da fare, mi senti aggiungere:
‘Sei proprio stupida Laura. Credi di poter decidere tu quando devi pisciare mentre il tuo corpo non aspetta altro che un piccolo segnale per prendere da solo questa decisione?’
E prima che tu possa comprendere il significato di queste parole senti la mia mano sotto la gonna e l’altra sul ventre. Senti premere forte contro la vescica e avvertii la puntura improvvisa di un pizzico nella parte interna delle natiche. Il dolore violento e inaspettato e la forte pressione esercitata sulla vescica produce un effetto devastante. La tua resistenza si infrange di colpo e un abbondante rivolo di piscio inizia a colare lungo le cosce giù fino ai piedi. Mantengo la pressione per farti svuotare. Così, senza un’apparente ragione, ti ho costretto a pisciarti addosso.
‘Hai visto come è stato facile vincere la tua resistenza. Non hai molto autocontrollo in fondo. Ti vergognavi di farla vicino all’albero e non hai esitato a pisciarti addosso davanti a tutti, inzuppandoti le mutandine, la gonna e le scarpe. Guarda che pozza hai fatto per terra. Se viene il custode della villa cosa gli diciamo ora?’
Ascolti queste parole come un automa. Non riesci a capire fino in fondo quello che è appena accaduto. Avevi pisciato in un luogo pubblico davanti a delle persone che ora ti guardano e ridono. Cadi in una specie di trance. Non ti accorgi che ho dato le chiavi della sua macchina a Tony. E non fai alcuna resistenza quando, prendendoti per un orecchio, ti porto nel boschetto seguito dai miei amici, fermandomi vicino a un albero. Ma quando Tony torna con in mano delle corde e due fruste, ti rendi conto che sono le corde e le fruste che uso su di te. Capisci solo ora che ogni istante di questa serata è stato accuratamente studiato sin dal principio. I cocktail, la finta del bagno del bar inaccessibile, l’invito a pisciare e la successiva manovra per costringerti a farti addosso. Sono state l’accurato preludio dello spettacolo che io, il tuo padrone, ho deciso di offrire ai miei amici.
Dopo averti spogliata completamente, lasciandoti solo le scarpe, ti lego i polsi con una cinghia e una volta uniti li attacco ad un ramo posto a circa due metri di altezza. Poi passo una corda attorno all’albero e la cingo intorno alla tua vita per immobilizzarti al tronco. Infine, raccolgo da terra le mutandine inzuppate di piscio e te le ficcò in bocca, assicurandole con dello scotch trasparente che ti giro intorno alla testa. Poi prendo una delle due fruste, il nerbo di bue, e mi accingo a spiegarne il corretto utilizzo ai miei amici. L’impugnatura, la corretta posizione del corpo che colpisce, i diversi tipi di colpo a seconda dell’effetto che si vuole ottenere sul corpo della vittima, quali parti del corpo sono più sensibili e più piacevoli da martoriare. il tuo padrone conosce bene l’arte di frustare una donna. Sa quando smettere e quando riprendere. Come farti soltanto gemere e come farti uscire le lacrime. Anche quella fase preparatoria, quel rapido corso di addestramento dispensato ai miei amici ha lo scopo di far trepidare il tuo corpo nell’attesa, in modo da far tendere bene i miei muscoli.
Impartite le dovute istruzioni, decido che è giunto il momento di passare alla pratica. Uno alla volta i miei amici si avvicinano a te per esercitarsi sulla tua pelle. I primi colpi sono timorosi e incerti, ma presto prendono confidenza. I miei amici assaporano pian piano il piacere di giudicare i loro colpi dai gemiti e dai segni impressi sulla tua carne. ho dato disposizione di frustarti dalla schiena in giù, fino alle caviglie. In questo modo do a te respiro ed ai miei amici il gusto di contemplare ciascuno i propri segni. Ma presto i colpi diventano così tanti che ogni parte del tuo corpo è solcato più volte. I segni si sovrappongono e il dolore sta diventando insopportabile. Quando mi rendo condo che le forze ti stanno per lasciare mi avvicino a te e dico:
‘Bene Laura, abbiamo quasi finito. Dobbiamo solo segnare un po’ le tue parti più intime, perché nella posizione in cui sei stata finora sono rimaste protette e non hanno ancora preso neppure un colpo ben assestato. Vuoi essere così gentile da allargare le gambe e da inarcare la schiena? lo apprezzeremo molto e faremo presto. Altrimenti otterremo lo stesso risultato legandoti diversamente con le cosce aperte, ma in questo caso poi ci divertiremo più a lungo. Tu cosa preferisci?’
Avrei potuto limitarmi a divaricarti le cosce, sapendo che quasi certamente non le avresti richiuse. Ma volevo che ti esponessi spontaneamente. Che inarcassi le reni e allargassi le cosce per mostrare ai miei amici come tu, la mia Laura sa cercare la frusta. Acconsenti a quella crudele richiesta. Sfrutti tutta la mobilità che ti concedono i legacci per assumere la posizione più esposta e indifesa possibile.
La nuova serie di colpi non tarda ad arrivare ed è la più cattiva e dolorosa. Molti colpi raggiungono le labbra della fica e il cuore del culo provocandoti una sofferenza acutissima. Ognuno cerca di centrare il bersaglio e spesso ci riescono. A dispetto delle mie promesse andiamo avanti a lungo.
Dopo un bel po’ avvicino la pila alla mia pelle ed esclamo.
‘Bene, direi che abbiamo fatto un buon lavoro. Guardate le labbra della fica come sono diventate rosse e gonfie. Queste striature violacee poi la rendono ancora più desiderabile. Ora dobbiamo solo occuparci della parte interna’.
‘Vieni Marcella’ dico ‘avvicinati’.
‘Laura guarda che belle mani che ha Marcella. Che belle dita affusolate e che unghie lunghe’.
Accarezzo le mani di Marcella come se volessi farti ingelosire.
‘Marcella, saresti così gentile da lavorare l’interno della fica di Laura con le tue manine? Vorrei che assaggiasse queste unghiette da gattina nelle sue parti più molli e delicate’.
Marcella non si fa pregare. Con un gesto preparatorio ti stringe una natica con la mano destra per mostrarti quanto sono temibili le sue piccole armi. Poi ti penetra con decisione con l’indice e il medio. Quella brutalità ti provoca un dolore forte e immediato. Subito comincia a rigirare le dita per costringerti a gemere. Senti le dita ripiegarsi su se stesse e raschiarti i punti più teneri e sensibili del corpo. Tiene immobili le dita per alcuni secondi e poi, con scatti improvvisi, ti graffia deliberatamente le pareti interne della fica. Il dolore è lancinante. Urli più volte. Intuisci che l’indole sadica di Marcella non ha mai avuto modo di sfogarsi così. Mi avvicino a te e non resisto alla tentazione di baciarti sulla bocca mentre lacrimi per la tua intimità violata. Poi mi rivolgo a Marcella.
‘Su, può bastare. Non essere così gelosa e possessiva. Togli quella mano e lascia lavorare il tuo ragazzo adesso’.
‘Vedi, Laura, tra poco i miei amici ti prenderanno. Come puoi immaginare, io non sopporterei di vederti godere. Ma con questo trattamento preliminare vedrai che, per quanto tu sia masochista, avvertirai un dolore troppo forte per provare anche piacere’.
Marcella estrae le dita dalla tua fica e quasi subito senti il membro di Tony, il suo ragazzo, che preme per entrare. Le frustate ricevute e il lavoro interno di Marcella hanno reso la penetrazione insopportabile. Ad ogni colpo il cazzo schiaccia le labbra della fica sofferenti e tumefatte e un bruciore fortissimo ti pervade. ‘il mio padrone ha ragione. Mi ha preparata a dovere affinché la parte della serata dedicata alla mia violazione sessuale si trasformasse in un doppio supplizio’ riesci a pensare in un attimo di lucidità.
Mentre vieni presa da Tony, Marcella si riavvicina a te, ti mette una mano sulla nuca e ti afferra i capelli con forza. Ti schiaccia il viso contro l’albero.
‘Com’è il cazzo del mio ragazzo brutta troia? Ti sta fottendo proprio bene mi pare. Scommetto che ha il cazzo di marmo adesso. Non gli capita spesso l’occasione di scopare così. Io non mi faccio fottere come una cagna come te’.
Il suo ragazzo si è eccitato ancora di più vedendo Marcella trattarti così perché dopo pochi colpi violentissimi lo sento contrarsi e mugugnare dietro di me. Dei possenti getti di sperma ti invadono la fica. Per quanto tu sia dilatata, avverti distintamente il cazzo pulsare e riempirti a ogni fiotto un po’ di più. Quando finisce, resta lì, fermo dentro di te, per circa un minuto. Poi si accascia a terra sull’erba.
Rafael non si aspettava altro. Si è masturbato mentre venivi scopata da Tony perché quando si avvicinò aveva il membro già perfettamente eretto. Non lo vedi, ma lo senti distintamente lungo il solco delle natiche. Ti viene in mente che anche a me piace appoggiare il cazzo nel solco delle natiche per farti sentire che tutto è pronto per essere presa. Rafael pensava a una penetrazione brutale, visto il suo enorme cazzo, resta deluso. Agevolato dal precedente passaggio di Tony non incontra alcuna resistenza. Forse irritato dalla facilità con cui è stato accolto dalle tue arrendevoli mucose comincia allora a dare spinte fortissime. Presto però gli viene un’idea meno stancante per umiliarti. Estrae il cazzo dalla fica e inizia a premerlo contro l’ano che non è stato ancora violato. Capisco la manovra e mi avvicino per godermi lo spettacolo di vedere la mia puttanella inculata dall’amico superdotato.
‘Come avrai capito, Rafael ha deciso di prenderti da dietro Laura. Non essere scortese con lui: rilassati e cerca di agevolargli l’ingresso. Sappi che le dimensioni del suo uccello sono davvero notevoli’
Non ce ne è stato gran bisogno. Sotto i colpi di frusta il tuo culo deve essersi dilatato da solo e Rafael non incontra molta difficoltà a sodomizzarti. Ti limitai a inarcare le reni per rispettare l’indicazione che ti ho dato di apparire condiscendente. Il cazzo di Rafael è però piuttosto grosso. Soprattutto ha una base larga che impone alle tue mucose un certo lavoro di adattamento. Per te è stato, nonostante tutto uno dei pochi momenti piacevoli della serata.
Sentire le palle sbattere a ogni colpo mentre ti lavora in profondità.
Ma dura poco perché come Tony anche Rafael non ci mette molto a venire. Doveva essere già molto eccitato e presto senti il suo cazzo contrarsi.
Sono rimasto vicino a te per tutto il tempo. Ti prendo per i capelli e ti dico:
‘Dicci Laura, hai avvertito un senso di liquido invaderti?’
‘Un po”, rispondi sincera.
‘Hai sentito Rafael, ha detto solo un po’. Come mai?’
‘Devi averla abituata a farsi sborrare dai cavalli se non ha sentito granché. Io l’ho innaffiata per bene’.
Sentendo queste parole mi viene uno di quei colpi di genio che spesso ravvivano il nostro rapporto.
‘Se non ha sentito molto quando le sei venuto dentro’ dico rivolgendomi ad Rafael, ‘puoi sempre rimediare pisciandole nel culo. Vedrai che non sarà più così insensibile’
‘No, questo no ti prego!’ Mi implori. ‘Non riuscirò a trattenerla. Sarò costretta a pisciare dal culo. Mi vergogno troppo!’
‘Invece è proprio quello che ci vuole. Una bella pulizia disintossicante con un sano clistere di urina’.
Rafael gradisce molto l’idea perché senza neppure rispondere si appoggiò lungo la tua schiena affondandoti la testa tra i capelli. Avverti il suo respiro regolare sul collo. L’affanno causato dal rapporto si va spegnendo e intuisci che si sta concentrando per svuotare la vescica nel tuo intestino. Pisciare nel culo richiede infatti una certa dose di abilità. Riuscire a tenere il cazzo abbastanza duro da non fuoriuscire dal culo, ma non tanto duro da impedire al piscio di superare le strettoie dell’uretra di un cazzo turgido. Rafael trova il giusto equilibrio e dopo un minuto di silenzio rotto solo dal suo respiro dilaga possente e caldo nelle tue viscere. Sentirti invasa da un getto a 37′ è una sensazione gradevole e naturale. Sapere che non è acqua ma urina e che la pompetta è il cazzo di un amico del mio padrone ti da un brivido di piacere.
Quando finisce di svuotarsi fa per uscire ma lo avverto.
‘Scostati in fretta di lato appena esci. Ha il buco del culo dilatato e non credo che riuscirà a trattenerla neppure un istante’.
Questa mia premura verso i miei amici contribuisce a rafforzare il tuo senso di sottomissione. Ti senti un oggetto il cui impiego a volte presenta qualche piccolo inconveniente per cui occorre rispettare alcune modalità d’uso. Avevo ancora una volta ragione. Non appena il tappo formato dal grosso cazzo di Rafael fu tolto, un potente getto di pipì, di sperma e di residui di escrementi schizza fuori con violenza e continua a sgorgare per un tempo che ti parve interminabile senza che tu possa fare nulla per trattenerlo. La vergogna provata poco fa, quando sei stata costretta a pisciarti addosso davanti a loro, ti apparve una cosa da nulla al confronto. Vorresti smettere subito, oppure sprofondare in quella pozza lurida che si sta allargando alla base dell’albero al quale sei legata. Ma nessuna delle due alternative ti è concessa. I miei amici ridono fragorosamente, mentre ti assisto compiaciuto. Quando il tuo culo cessa di tracimare, ti verso una bottiglia d’acqua addosso, in modo da ripulire alla buona la parte inferiore del tu corpo.
Roberto. si avvicina a te e ti mette due dita nel culo. Rigira le dita su se stesse con estrema facilità. Solo in quel momento, sentendo quelle dita avvitarsi nel culo come nel burro, ti resi conto fino in fondo di quanto sei stata allargata.
‘A me per la verità fa un po’ schifo entrare qui dentro’ dice Roberto ‘Anche se l’hai pulita un po’ fuori, internamente è ancora un misto di piscio e di sperma e la fica non è in condizioni migliori’.
‘Hai ragione’ rispondo ‘Laura ormai assomiglia più a uno sborratoio o a un pisciatoio. Ma credo che sia rimasta ancora un’apertura decentemente pulita’.
Detto questo ti slego le mani dal ramo dell’albero. Slaccio la corda che ti cinge la vita e ti libero la testa dallo scotch. Infine mi sfilo le mutandine ancora zuppe dalla bocca. Le gambe non ti sostengono, sei stremata, le ginocchia si piegano e ti ritrovi a terra in ginocchio ad abbracciare l’albero come un naufrago. Io però ti scosto dall’albero e dico: ‘Brava! Hai capito subito la posizione da assumere. D’altronde non era difficile intuire a quale apertura mi riferivo. Non dire che sei stanca, perché stasera non hai lavorato proprio. Finora hanno fatto tutto i miei amici. Fai vedere a Roberto come sei diligente e beneducata quando si tratta di succhiare’.
Capisci subito ciò che intendo. Succhiare come piace a me è stata la prima cosa che ti ho insegnato. Un lavoro non semplice, che richiede impegno, devozione e anche una buona dose di masochismo. Perché ci vuole un lungo allenamento per riuscire a controllare i movimenti dell’epiglottide e riuscire a prendere il cazzo fino in gola senza essere sopraffatta dallo stimolo di vomitare. Un addestramento anche dello spirito, che ti ha fatto capire fino a che punto desideri essere riempita, invasa, occupata. tu avevi raccolto quella sfida. Col tempo hai imparato a inghiottire il membro del tuo padrone, non enorme ma sopra la media in circonferenza, fino alla base e a riuscire nel contempo a tenere la lingua in fuori per leccarmi le palle con la faccia premuta contro il pube. Hai appreso con stupore e orgoglio che in queste occasioni la tua testa, la principale sede di te stessa, è una scatola con un foro piazzato al punto giusto. Una morbida guaina, che a volte hai l’impressione che io voglia ancora più disponibile, quasi staccata dal resto del corpo, inutile in quei momenti, per poterla muovere a mio piacimento attorno al cazzo. Ma hai sempre ringraziato della fiducia concessa quando un uomo si è voluto affidare alla tua bocca, succhiando e leccando nel modo più sensuale e devoto possibile.
Con questo trattamento il membro di Roberto impiega poco a venire copiosamente. Lo guardi negli occhi mentre si scarica nella bocca aperta e sulla tua lingua protesa. Guardi anche ime, perché pensi che devi rivolgere lo sguardo anche a me quando a venirti in bocca è un altro. Ed io ricambio lo sguardo soddisfatto.
Un attimo dopo mi rivolgo a Marcella, eccitatissima. La invito a sfilarsi la gonna e le mutandine e ad avvicinarsi a te. Capisci che devi far godere anche lei quella stronza. Ma nonostante l’odio che trapela dal suo sguardo sei molto servile anche con lei, se non altro per compiacere me ed i miei amici, che ti hanno arato in modo bestiale ma sincero. Marcella impiega poco a venire, quando si accosta a te per stringerti la testa tra le cosce deve essere già sull’orlo dell’orgasmo e si accontenta di strusciarti la fica sul volto con violenza. Gli chiedo se è soddisfatta e lei risponde di si. Aggiungo allora io:
‘Ti accontenti di poco. In fondo stasera Laura ti ha cornificato davanti ai tuoi occhi. Forse sapere che nella sua fica giace il seme del tuo ragazzo non ti dà particolare fastidio. Ma te ne darebbe forse meno se almeno il suo stomaco fosse costretto a digerire la tua pipì’
Marcella rimane in silenzio. Nonostante la serata di eccessi, quell’ulteriore proposta l’ha chiaramente spiazzata.
‘Non dirmi che non devi pisciare con tutto quello che abbiamo bevuto’.
‘In effetti si’, risponde Marcella.
‘E allora coraggio! E tu Laura apri bene la bocca e fammi fare bella figura. Fai vedere ai miei amici quanto sei ingorda!’
Capisci cosa voglio, voglio che cerchi di berlo tutto senza perderne una goccia, come hai imparato a fare con me. Non hai mai bevuto la pipì di una donna e la cosa ti crea qualche preoccupazione. Non per il nuovo sapore, che non deve essere diverso da quello maschile, ma per la direzione del getto che ancora non conosci. Per fortuna Marcella ti agevola. Divarica le grandi labbra con due dita e ti presenta davanti alla bocca la sua uretra, spruzzandoti l’abbondante getto dritto in gola. Gli amici scoprono così ammirati che sai deglutire senza chiudere la bocca. Il che permette di inondarti senza soluzione di continuità.
Quando finisce, senza dire nulla hai la cura di farle anche il bidet con la lingua, come fai sempre con il me, mentre lei ti insulta chiamandoti vacca e puttana. Poi si scosta. Allora ti accorgi di essere esausta e crolli a terra. Intorno a te cala il silenzio. La serata è finita e l’euforia del rituale orgiastico lascia il posto all’inerzia. Decido che è giunto il momento di preoccuparmi di te come donna e non più come cagna. Congedo i ragazzi. Raccolgo i tuoi vestiti sparsi per terra e mi siedo vicino a te. ti accarezzo e ti do dei baci sul collo. Poi, sempre restando a terra, ti aiuto a rivestirti e ti riporto a casa.

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