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Racconti di Dominazione

carne

By 12 Marzo 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Il citofono, quel maledetto citofono che emette quel suono, come se fosse il clacson di un tir. Apro. So già chi &egrave.
La scena &egrave limpida nella mia mente, un sogno ripetuto molte volte, sempre uguale, e voglio che si tramuti in realtà esattamente come l’ho immaginato.
Forse proprio per questo ero meno coinvolto nel nostro primo appuntamento al buio. Ma ora, mentre lei sale le scale ho tutto limpido e chiaro, non ci sono più incognite, ne variabili, andrà come ho deciso io.
La porta &egrave aperta e lei entra, neanche il tempo di salutare, di vedermi : un copricasco da moto le cala sulla testa, velluto blu, nessuna trasparenza.
Silenzio.
Lei immobile.
Chiudo la porta alle sue spalle, un sussulto la scuote, immobile come se fosse terrorizzata, braccia lungo quel corpo minuto, acerbo in alcuni punti, perfetto in altri.
Lei lo sa, immagina già il punto in cui si trova,c’&egrave già stata in questo posto, l’ha sognato, desiderato, sperato.
Aggancio il guinzaglio al suo collare, quelli veri, quelli per i cani, non posticci surrogati per coppie annoiate.Tiro in alto e lei si mette in punta di piedi, ancora più in alto, e immagino la pressione del collare sul suo collo, a strozzarla, a rendere doloroso il deglutire. Quella trave ora reggerà il suo piccolo peso e la forza dei suoi piedi sarà l’unica a tenerla tesa. Le sue mani sono legate ora, anch’esse alla trave.
Mi sposto davanti a lei, guardo il suo fisico teso nello sforzo, sembra un quadro, &egrave un quadro.
Mi avvicino, le faccio sentire il mio respiro vicino alla faccia incappucciata, vicino a quella bocca disegnata, sul collo. Con un dito seguo la sua figura, sfiorandola dal collo, passando su quei splendidi capezzoli coperti da un maglioncino leggero, fino ad arrivare ai suoi pantaloni, e dopo averla vista fremere, slaccio il bottone e le sfilo i pantaloni e le mutandine.
Così , proprio così volevo vederla, immobile, legata, a mostrarmi solo quello che può togliermi il piacere di toccarmi da solo, la sua figa e il suo culo come semplice oggetto da usare, senza fronzoli, due buchi da usare dove ficcare il cazzo e godere, non voglio nient’altro da lei.
Abbasso i pantaloni, le mutande, e lui &egrave già pronto, gonfio, pulsante, teso. Mi tocco, faccio scivolare la mano sulla cappella, mentre con l’altra tocco la sua figa,
&egrave bagnata, perfetto, non avevo nessuna intenzione di farle provare piacere, in questo momento esisto io, solo io.
Le allargo le gambe spostandone una con un braccio, mentre con l’altra mano agito il cazzo contro le sue labbra e il suo clitoride, senza un preciso intento se non quello di far sentire alla mia cappella il tatto di un’altra pelle: Lo punto fra le sue labbra, non m’interessa se &egrave ben aperta, non m’interessa se il suo buco &egrave proprio lì, spingo. Il cazzo scivola dal suo clitoride fino al buco, &egrave bagnata, spingo più forte e sento che si apre , poco ma si apre, meglio così, la mia cappella entra e la sua figa si richiude di poco, spingo, e il mio cazzo scivola dentro avvolto dalla sua figa ben stretta. Ne approfitto e continuo ad entrare ed uscire mentre &egrave ancora stretta, le afferro i fianchi e tiro su le sue gambe, la muovo, come se fosse un’estensione della mia mano.
Mi piace, le piace, &egrave bagnata e la sua figa avvolge di meno il mio cazzo, continuo, sempre più forte sempre pìù in fondo, le piace, mi distraggo, ascolto il suo ansimare sempre più ritmato e forte, non va bene mi sto distraendo, voglio ascoltare solo le sensazioni del mio cazzo, ritorno a lui grazie alle contrazioni della sua figa , una due tre… quattro, sta venendo, ritorno al suo ansimare, guardo il suo corpo inarcarsi, no non va bene, devo pensare a me, mi concentro sul cazzo ma &egrave tardi, lei si rilassa ed io entro ed esco senza provare più soddisfazione.
Questa &egrave una variabile che non volevo.
M’innervosisco, mi stacco da lei e guardo il mio cazzo, lucido dei suoi umori, guardo lei, incappucciata e ancora tesa in punta di piedi, la faccio girare, come si fan girare i pezzi di carne appesi al gancio in macelleria, ora ho il suo culo acerbo davanti a me,ci sputo in mezzo e passo un dito, &egrave già bagnato, evidentemente i suoi umori sono arrivati fin lì. Bene, le allargo le gambe e lo punto sul buco, questa volta centrandolo bene, spingo, &egrave chiuso, lei freme, mugugna, non m’importa.
“Tu sei un pezzo di carne per me” le dico.
Spingo , forte, sembra di spingere la cappella contro un piccolo anello, spingo di nuovo, si allarga, piano pianissimo, entra la punta, continuo a spingere,si allarga sempre di più ed avvolge la parte più larga della cappella, &egrave fatta.
Spingo ancora ed il buco si richiude dietro la cappella, che sensazione magnifica.
Affondo sempre di più, afferndola per i fianchi, la base del mio cazzo &egrave stretto nell’ anello del suo culo mentre il resto di lui &egrave massaggiato dal suo rugoso interno.
Ecco ora son concentrato sul mio cazzo, entro ed esco, incurante del fatto che lei possa provare dolore o piacere, &egrave uno sfregare sublime, sento il mio cazzo enorme e pulsante allargarsi dentro questo buco e allo stesso tempo essere costretto e strizzato, mi piace , mi fa godere , &egrave quello che volevo.
Tre colpi secchi e sento l’eccitazione salire, un’altro colpo ed il mio sperma schizza dentro il culo di lei una, due, tre volte…
Esco dal suo culo, il cazzo ancora duro, lei si rilassa pur rimanendo ancora in punta di piedi ed appesa.
Mi siedo sul divano e accendo una sigaretta, mi rilasso, son venuto bene, uno, due, tre, quattro …tiri di sigaretta e mi volto a guardarla, lei ancora appesa, ancora in punta di piedi, le guardo le gambe, il mio sperma &egrave lì, cola lentamente.
Torno alla mia sigaretta e sorrido compiaciuto, e a voce bassa dico “In fondo sei solo un pezzo di carne”.

Continua…

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