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Racconti di Dominazione

Chopin

By 11 Aprile 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Primo inverno, squarcio di mare in una serata stellata. Un viale alberato dai ciottoli chiari. 
Il portone chiaro, al centro una pesante maniglia di ottone rotonda. La chiave è sotto lo zerbino, come mi dicesti.
Entro. Un grande salone, i pavimenti in parquet di rovere chiaro; le tende sono di broccato verde applicate alle finestre di legno bianco.
Arrivano note armoniose: provengono dalla stanza attigua. Un incedere sicuro su tasti.

Mi avvicino, osservo te: la mia pianista dispettosa.
I capelli sono corti, castani, quasi ricci; ai lobi piccoli pendagli di oro chiaro con fuochi di luce al centro.
Il collo nudo. Al polso destro un abbraccio di fili di oro bianco sottili che lo impreziosisce.
Indossi un frac a coda: nero, elegante e seducente.
Giro intorno al nero strumento a coda e ti osservo meglio. Sotto intravedo una camicetta bianca, vaporosa con piccoli bottoni madreperlati dai riflessi cangianti; una farfalla adeguata al vestito elegante, audace vezzo femminile.
I piedi sono arricchiti da alte decolleté di vernice nera e lucide calzate su chiare calze impercettibili alla vista.

Ti muovi virtuosa deliziando il mio udito.
Adori sedurmi con il suono: suonare uno strumento, come ami fare, come amo fare. 
Ottava dopo ottava, ritmi lenti e veloci, alternati con maestria sensuale.
Mi perdo, volando assieme a te, sulle ali della musica, di fantasia in fantasia.
Di fronte ai tasti chiaroscuri guardi lontano, oltre lo spartito, una finestra luminosa, immensa, da cui ammirare la natura del mare: onde placide, flutti imperiosi, spiaggia umida e compatta per le piogge pregresse del mattino; orme di animali notturni e null’altro.

Le mie mani sulla tua nuca, ti sfioro.
“Non distrarti” ti sussurro al lobo sinistro, avvolgendoti il collo con il mio viso …
“Non sbagliare nota, dovresti ricominciare da capo” ti sorrido continuando, con tono sensuale, a parlarti.
Risalgo i tuoi capelli, pervasi delle mie dita, entrambe le mani ti avvolgono e ti cercano …
Guance, mento, collo. Spalle tornite percorse ai lati, disturbando il tuo deliziarmi di suoni; capacità, la tua, affinata dalle ore passate a studiare, ad esercitarti, a donarti alla musica.

E, per ogni errore, riparti sbuffando, con puntiglio e perfezione che ti rende una deliziosa pianista.
I suoni: il tuo nettare; ne ricevi nutrimento, ne vivi. La musica, vive di te. E, di te, respira.
Continua mia Musa, imperterrita, sedotta dalle mie distrazioni ma decisa ad eseguire, senza errori, la partitura che hai davanti.
Sbottono la camicetta e colgo il calore dei tuoi seni, sfioro i capezzoli. 
Ottave che si impennano, brividi, cosce che fremono, caviglie che si muovono decise per comandare i pedali.
Li strizzo con dolcezza, spremendoli come un papavero di cui scoprire il colore.
Purpuree le tue gote, rossori sul tuo collo. Continuo.

Bacio i tuoi lobi e le mani scendono sulla vita, sul tuo ventre …
Sento il movimento della musica, mentre suoni, percorrendoti seduto dietro di te.
Sei il mio strumento e ascolto il tuo vibrare.
Le dita scendono sul tuo pube, peluria soffice e rada, lo sfiorano, mentre esegui un difficile passaggio.
Le tue cosce rapiscono la mia mano, prendendomi strettamente: stavolta non sbagli, nonostante ogni mio tentativo.
Ed allora, imperterrito e tedioso, infilo una dopo l’altra le mie dita dentro di te nel tuo sesso burroso, caldo, remissivo, accogliente.
Entrambe le mani a cercarti …dieci insidiose tentazioni tentacolari a distrarti.
E, stavolta, ti perdi nei diesis e nei bemolli, reclinando testa e collo. Offrendomi la tua dolcezza.
Smetti di suonare; tolgo le dita dal tuo scrigno prezioso, sono umide quanta basta.

Ti sollevi dallo sgabello e ti volti verso di me, abbandonando la vista del tuo leggio.
Le mie mani corrono sui tuoi fianchi e ti fanno indietreggiare, sui tasti ti poso dolcemente.
Accordi cacofonici multipli dovuti al tuo corpo, mentre faccio scivolare via i vestiti.
Resti nuda con il fondoschiena spinto verso il pianoforte. Ginocchia e caviglie sollecitate da una posizione da me imposta: i tuoi piedi sullo sgabello, le cosce divaricate, le ginocchia flesse.
In piedi, affondo dolcemente poco per volta il mio sesso nel tuo; risuoni dentro e fuori, ogni colpo, ogni movimento, un suono diverso:
Lento, adagio, con brio, forte; strumenti accordati per un unico fine: il piacere.
Le tue mani appoggiate ai lati del piano, le braccia distese all’indietro; il tuo capo reclinato per godere del piacere. Mugolii, alternati dalle note che il tuo sussultare provoca. Entro dentro di te con gioiosa preponderanza, con decisione ed impeto, soggiornandovi con dolcezza.
I nostri umori si mescolano, facendoci scivolare l’uno nell’altra, senza fine. Continuamente, per cercare un silenzio che sia fatto solo del nostro calore e di null’altro.
Esausti, ti accolgo fra le mie braccia ed usciamo dalla casa, dirigendosi al mare …

Sabbia di consistenza compatta, la troviamo camminando sulla spiaggia, assieme.
Ho ancora il suono del Notturno di Chopin che fuoriusciva da quel pianoforte affascinante, che girovaga nei miei pensieri.
Per terra, conchiglie; ovunque, di ogni tipo, come non si trovano più sulle spiagge frequentate dai turisti affamati di ricordi.
Lascive onde alle caviglie, ritmiche, carezzevoli, sensuali, dispettose; frammenti di alghe appiccicose ed umide che si depositano beffarde, segno di una pregressa tempesta notturna, ci ammorbidiscono il passo affondandoci dentro.
Acqua che scava, ruba la sabbia sotto i nostri stessi passi. Sento la tua sete di me; mi avvicino con la mano alla tua nuca e prendo il collo dentro il mio palmo. Ho le mani grandi e le uso come meriti.
Il pollice risale fino ai capelli corti, seguendo la tua pelle asciutta di sale e baciata dalla brezza.
Sorridi e pensi: “Non potrei non socchiudere le palpebre, concentrandomi solo sul tocco dei tuoi polpastrelli” 
Sei cullata solo dal rumore della risacca, adesso, rallento e l’altra mano cinge la tua vita, avvolgendoti come un’edera attenta a seguire il tuo corpo.
Mi fermo, ti guardo, osservo il colore dei tuoi occhi, penso ai miei che sono neri come la notte che vorrei vivere con te, adesso e sempre, ai tuoi che non fanno altro che rispecchiare il grigio verde dell’acqua che lambisce i nostri piedi, limpidi, specchio dei tuoi.
Dolcemente, le mie labbra si muovono, anelanti, alla ricerca delle tue, calamite, magneti, labbra, bocca su bocca, respirandosi, poco a poco, socchiudendosi timide, aprendosi curiose, donandosi decise, affondandosi perverse, fino a bagnarci l’uno dell’altra, per essere tutt’uno con le onde.

Sapori, odori, percezioni tattili, umido calore, freschezza respirata 
Le mie mani ai lati del tuo viso, formano una cornice, mobile e lenta, che ne percorre linee e curve per facilitare il primo bacio e quelli che seguiranno, infinite volte.
Un duplice tocco a confondermi: le tue mani, la tua bocca senza sosta; guance, scorrono sotto le mie dita; i tuoi lobi, percorsi con frenesia; il tuo collo, pervaso di me e dalle mie labbra, avide di percorrerti. Ovunque: spalle, mani, labbra, denti, dita, naso, mento.
Le tue spalle, deliziate dalle mie attenzioni; seguo le tue linee, fino a farti scivolare via quello che ostacola la mia vista, strappando a morsi una chiusura impertinente e dispettosa, per farti sorridere, ancora.
Con eleganza felina ed animo ferino, mi gusto il tuo seno offerto alla mia vista, adesso libero da costrizioni.
Labbra che si schiudono in sorriso, ancora, ne osservo il movimento dovuto al tuo cuore, al tuo respiro; gote che si colorano di porpora, al fresco invernale; respiro che s’affretta, pelle che si risveglia.

Le mie mani vanno a ricercare le tue spalle, hai bisogno di equilibrio, lo stai perdendo; lo noto dal tuo smarrimento negli occhi.
Una mia mano ti copre un seno come una coppa, mammella timida che vuole rimanere celata, l’altra viene sfiorata dal mio naso, la annuso.
Brividi, li leggo sulla tua pelle.
Le mie labbra lo percepiscono caldo, tremante, esitante, irruente. La mia bocca si socchiude, poco a poco, per avvolgerne la punta eretta ormai e ne fagocita, succhiandolo impertinente, il capezzolo turgido fino a vedere i tuoi occhi trasalire, poco a poco.
Non resisti, non puoi celare quello che senti, non riesci a nascondere il piacere e ti inarchi: nuca, collo schiena, una posizione sensuale ed erotica, per me.
Lo sento. Fino a sentirlo esplodere dentro le mie labbra per il turgore, diventando: ruvido, rugoso, forte.
Le mie cosce si insinuano fra le tue, cercandoti; la mano si sposta, lasciando uno spazio fra medio ed indice per alloggiare il gemello escluso dal piacere, così lo carezzano decise le dita della mano che lo nascondeva alla vista e, come fumando, lo tengono ben stretto: lo allontanano e lo riportano al suo posto quanto basta; tanto quanto possa sentire il tuo bacino contro il mio.

Te, adesso, strumento nelle mie mani, persa nelle sensazioni che ti regalo, persa nel percepire la mia vicinanza.
Il mio tocco, il tuo bacino contro il mio, le mie mani scendono, si muovono impudiche per sfilarti quegli slip a difesa della tua virtù: una coscia dopo l’altra, li faccio scivolare in mezzo alla sabbia decorata da conchiglie multicolore, tessuto ormai arrotolato in mezzo ai tuoi piedi, inutile presidio del tuo scrigno.
Ora, la mia mano scende sulla tua vita, ne segue i contorni roteandoti intorno: brividi, ancora; l’altra la segue simmetrica, come a plasmare un vaso di creta in formazione, per entrambi un’ immagine di un film romantico si affaccia alla mente: Ghost.
Scivoli, umida, sotto le mie dita; manipolo il tuo corpo, sfiorandolo dove so che vibri maggiormente; risalendoti lentamente, per poi scendere rapido: cosce, gambe, caviglie, pube, seni, labbra, bocca. Per poi ripartire e decorarti con la sabbia mista alla marea che ci rinfresca.
Ti tendo la mano, per farti distendere, non sai resistere, non vuoi farlo. Senza costrizioni, mi segui.
Lasci la tua mano scivolare nella mia, segui la via che t’indichi: docile e persa, persa nel mio tocco.
Ti faccio avvolgere dalla sabbia, sollevi il capo e ti ritrovi i seni immersi, nudi e premuti contro le conchiglie, l’acqua ti coccola, onda dopo onda, li decora attimo dopo attimo, di polverosa fanghiglia di mare, lasciandoti sulle spalle scie grigie lucenti.

Le tue le spalle sono ben tornite, risaltano nella posizione prona; inarchi la schiena, sotto il tocco delle mie dita, partano dal tuo collo e scendono in basso; sono seduto al tuo fianco e ti guardo alla luce del sole calante, ormai quasi notturno. L’isola è deserta, piacevolmente soli, noi siamo.
Occhi chiusi. Respiro, godo degli odori, delle sensazioni. Il tuo fondoschiena è un globo, un mondo, diviso in due da un solco che percorro deciso e lento, in ogni direzione con le mie dita curiose che ti cercano e ti esplorano.
Mi piace come risalti alla luce della luna, sentire il rumore della marea sul tuo corpo: è come ascoltare Chopin, un suo Notturno. Lento, adagio, deciso e forte.

Seguo le tue cosce, adagiate sulla spiaggia, sfiorandole all’interno, divaricandole scendendo verso i piedi, con dolcezza infinita. Le massaggio, sapientemente, rendendo la tua pelle sensibile al mio tocco, al mio percorrerti.
Impossibile, ormai per te, mostrare il controllo, fingere l’indifferenza; ogni tocco segue un altro; risalgo e riscendo, fino a vedere il tuo fondoschiena sussultare.
Ogni mia carezza, ti fa vibrare, lo noto senza dubbi. E, continuo, avido del tuo cercarmi, del tuo pretendermi. Il limite che cerco è vedere quanto mi vuoi. Il limite a cui tendo sei te: il mio arco, sono pronto per farti scoccare. Sei la corda adesso, sei lo strumento. E lo sai.

Le mie dita sono dentro le tue cosce e si insinuano nel tuo scrigno caldo, umido, sabbioso, per i continui getti di onde audaci. Adesso.
Trovo le tue labbra, sono purpuree; le dilato poco a poco, come a socchiudere una porta, chiusa da tempo, allargando e cercando di far uscire allo scoperto le tue grazie più nascoste. Sollevo con le mie mani il tuo globo imponente sopra quello che cerco e mi insinuo con il mio viso sotto di te. Come un’areola, il tuo culo florido e generoso, la mia corona sensuale e passionale. Ti sento sfiorare la mia fronte. Sei calda, bollente. Ti annuso, prendo i tuoi aromi: Brividi, colorito porpora nuovamente sboccia sul tuo viso. Sei divisa in due: vergogna e desiderio.
Mi avvicino ancora e ti gusto con le mie labbra, assaporando la tua sconosciuta fragranza: stillandoti ogni goccia. Cercando con le mie labbra e con la mia lingua quello che nascondi dentro di te, per sentirti affannata a respirare sabbia. Ora, adesso, blocco i tuoi glutei con le mie mani, per non farti girare. Ed arrossisci ancora una volta. Esplodi! 
Voglio farti volare, a poco a poco, ma continuamente. Follia che s’impadronisce della mente.

Mi anneghi di te, con decisione e piacere, risalgo fino al tuo solco solleticandoti in una scala musicale di ottave infinite. Brividi. Ancora e ancora. 
Affondo di nuovo la mia lingua, scivolo sulla tua schiena, in un lento e rapido massaggio. Risalgo di vertebra in vertebra. Le tue dita artigliano la sabbia. Continuo, fino a leccarti il collo con dolcezza. Sei un giaciglio impalpabile, Cerco le tue mani, le prendo sotto le mie, per stringerle nelle mie. Distesi, io sopra di te; le braccia e le mani allungate, le mie cosce sulle tue a comprimerti come pedali di un pianoforte, e dare corpo a quello che non è mai scontato: il piacere di amplificare il nostro piacere.

Il mio sesso nel tuo. Ottave. Nuovamente. E, di nuovo. Diesis. Bemolle.
Mani, dita, labbra: bagnarsi di noi. E, te: confusa, rapita nella risacca, stordita, ascoltando Chopin, di notte. Un sogno colmo di desiderio, scrigno di piaceri nascosti, di piaceri terreni e al contempo infiniti.

Fino al chiarore di un’alba, al rossore del sorgere del sole che ci trova assieme: avvolti, bagnati, esausti. Vivi, l’uno nell’altra. E, finalmente, piacevolmente uniti. La musica come trama. I nostri pensieri come ordito. Le fantasie come colori. Vestiti di noi. Solo di noi.

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