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Racconti di Dominazione

Cronache di Rossella

By 10 Dicembre 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Cronache di Rossella.

 

 

 

Capitolo 1

 

 

 

Rossella era nata in un piccolo paesino.

 

Di buona famiglia il, padre medico generico e la madre professoressa alle scuole medie, la ragazza era cresciuta con solidi principi morali, avendo ricevuto un’educazione improntata sui valori tradizionali della famiglia, il rispetto e la tolleranza verso il prossimo.

 

Pochi erano i compagni della sua età con cui poteva giocare e i suoi migliori amici erano tre maschietti con i quali trascorreva, nella piazzetta del Paese, tutti i pomeriggi giocando a calcio, a guardia e ladri o ad altri giochi tipicamente maschili.

 

Così era diventata un maschiaccio e la sua statura contribuiva a suggellare questo status.

 

Del suo abbigliamento facevano parte spesso indumenti, ancora nuovissimi, riciclati dal fratello maggiore.

 

Le condizioni economiche familiari non richiedevano affatto il ricorso a tali espedienti, ma sia la madre che Rossella erano parsimoniose e ritenevano uno spreco buttare quei vestiti ancora nuovi.

 

Passarono gli anni e Rossella, che ne aveva già diciassette, non era ancora corteggiata dai maschi ed essendo anche considerata una secchiona era un po’ emarginata anche dalle compagne che avevano tutte il ragazzo e la mettevano in imbarazzo, chiedendole continuamente coma mai non c’era nessuno che le facesse la corte.

 

Madre natura era stata molto generosa con Lei e le aveva regalato: due occhi grandi, bei capelli biondii ricci, una bocca con due labbra carnose, un metro e settantacinque di altezza, una vita snella che si contrapponeva a fianchi e seno generosi, gambe lunghe con caviglie sottili e cosce ben tornite attaccate a due glutei prosperosi che formavano un bellissimo culo alto a mandolino.

 

Ma tutto questo Rossella lo nascondeva sotto dei vestiti che per nulla valorizzavano le sue forme.

 

All’abitudine di indossare abiti poco femminili si univa il fatto che la ragazza non usasse mai alcun trucco. Nemmeno un rossetto chiaro per dare un po’ di colore in più e valorizzare così le carnose labbra.

 

Ultima ma forse anche la sua più grande lacuna era il suo portamento. La ragazza aveva un modo di camminare per niente femminile, procedeva sempre in maniera troppo spedita e mantenendo un andamento un po’ dondolante.

 

Crescendo anche gli amici di sempre del paese erano sempre più impegnati e destinavano tutto  il tempo libero alle fidanzate.

 

La cosa la infastidiva si sentiva un po’ sola, anche se i maschi non le interessavano ancora gli mancavano degli amici, così si rifugiò ancor di più nella sua grande passione la lettura.

 

Da quando si era iscritta alla Ragioneria, ed  era diventata una studente pendolare, ogni giorno in autobus il tempo del viaggio lo trascorreva leggendo.

 

Le sue letture preferite erano i romanzi gialli, ma divorava qualsiasi libro le capitasse a tiro esclusi i romanzi rosa, roba da femminucce diceva.

 

Spesso ricorreva alla biblioteca del fratello e capitava che al mattino attingesse all’ultimo momento tra gli scaffali della sua libreria.

 

Una delle tante mattine al momento di prendere dal comodino il libro si rese conto che l’aveva finito di leggere la sera prima, così pescò al volo dalla libreria del fratello un libro che si chiamava “Le età di Lulù” lo infilò nello zaino e partì per scuola.

 

La giornata scolastica era trascorsa in maniera tranquilla: qualche interrogazione, un compito scritto, niente di che per Lei che era una ragazza e una studentessa modello, la più brava della classe.

 

Come al solito aveva percorso da sola la strada fino alla fermata dell’autobus e una volta preso posto sul mezzo, tirò fuori dallo zaino il libro e iniziò a leggere.

 

Si accorse subito dalle prime righe che si trattava di un genere di letture che non aveva mai affrontato.

 

Arrossi in viso e preoccupata che la sua vicina di posto potesse sbirciare e vedere cosa stava leggendo, chiuse il libro lo posò e provò a dormire un po’.

 

Finito di pranzare, come faceva ogni giorno, andò in bagno e come al solito prese dallo zaino il libro che stava leggendo e lo portò con se, per rilassarsi con la lettura mentre faceva i suoi bisogni.

 

Si sedette e solo allora si ricordò che forse quel libro sarebbe stato opportuno riposarlo immediatamente nella libreria del fratello maggiore.

 

Ma aveva già iniziato a fare i bisogni e allora si mise  a leggere e quella lettura la scombussolò.

 

Non solo non posò il libro ma nella stessa giornata lo lesse tutto e quel racconto suscitò in lei nuove sensazioni.

 

La notte seguente sognò di subire alcuni degli abusi ai quali era sottoposta nel romanzo Lulù e per la prima volta si svegliò preda di un orgasmo.

 

Scoprì cosi il piacere fisico e inoltre che Lei, così forte, determinata e poco incline alle smanceria, si eccitava al pensiero di essere sottomessa e dover sottostare forzatamente a pratiche sessuali.

 

Arrivò il suo diciottesimo compleanno e il padre affittò una sala e contattò un catering, organizzando un evento curato nei minimi particolari per festeggiare la figlia adorata.

 

Non si era badato a spese: il locale era fine e ben addobbato con tulipani gialli, i fiori preferiti da Rossella, il rinfresco era stato curato dal Bar più famoso del paese ed era stato gradito a tutti.

 

Tagliata la torta e scartati i regali i genitori avevano salutato la compagnia lasciando liberi i ragazzi di continuare la festa ballando.

 

Nel proseguo della festa Rossella era stata trascurata da tutti, compresi i cari compagni di sempre, era rimasta tutta la sera seduta mentre tutti gli altri complici le luci soffuse e la musica lenta avevano approfittato per pomiciare e palpeggiarsi.

 

Rossella iniziava a soffrire di questa situazione e si sentiva a disagio ad essere in ogni occasione sola mentre gli altri erano tutti in coppia.

 

Arrivò l’estate, come al solito trascorse con la famiglia due mesi di villeggiatura al mare, ospiti dei nonni materni.

 

Rossella trascorreva gran parte del tempo con il padre e il nonno, amanti della pesca, e la restante parte del tempo in spiaggia a leggere mentre prendeva il sole.

 

Nessun nuovo amico, nessuna frequentazione sul bagnasciuga della spiaggetta isolata, fatta eccezione per i nonni, gli zii e qualche cugino, tra i quali unica donna la cugina Maria Rita, che di tanto in tanto venivano a trovarli.

 

Alla ripresa della scuola iniziò la solita vita.

 

Si svegliava alle 5.30, andava in bagno, si vestiva, faceva colazione, rifaceva il letto, prendeva dal comodino il libro che stava leggendo, lo zaino e via a prendere l’autobus che partiva alle 6.20.

 

Alle 8.00 arrivava a scuola dove rimaneva sino alle 13.45 quando usciva, grazie ad una deroga personale che le consentiva di assentarsi all’ultimo quarto d’ora di lezione in maniera da prendere il bus che partiva alle 14.00 evitando così di aspettare il successivo bus delle 15.15.

 

Alla fine del precedente anno scolastico la palestra del suo Istituto era stata dichiarata inagibile e di conseguenza gli alunni dovettero adattarsi e spostarsi, per svolgere l’attività fisica, nella palestra dell’Istituto per Geometri che si trovava proprio li vicino.

 

Il caso volle, che l’orario scolastico abbinasse nell’uso della palestra la sua quinta classe con una quinta dell’Istituto per Geometri.

 

Da questa nuova periodica frequentazione nacquero nuove amicizie e storie d’amore tra le ragazze del Liceo e i ragazzi del Geometra.

 

Fecero scalpore le chiacchiere che riguardavano Lauretta, una compagna di Rossella, che era stata ribattezzata “Lauretta cento polmoni”, si diceva fosse instancabile e facesse ogni giorno nei bagni decine di pompini ai ragazzi della quinta Geometra.

 

Per Rossella non era cambiato niente, anzi ogni tanto veniva presa anche in giro dai maschi del Geometra che la chiamavano “la cowboy” per il suo modo poco femminile di camminare.

 

L’indifferenza nei suoi confronti fu rotta dalle attenzioni di un ragazzo della quinta geometra che inizio a dimostrarsi interessato a Lei.

 

Rossella in passato aveva sempre rifiutato la corte dei pochi ragazzi,, in vero bruttini, che sembravano interessati a Lei.

 

In questo caso invece, non per reale attrazione nei confronti del ragazzo ma solo per avere una compagnia, diede modo al ragazzo di parlarle.

 

Rossella inizio a frequentare Santo, così si chiamava il ragazzo.

 

Si incontrava con lui in palestra e spesso Santo, che già aveva la patente, arrivava presto al mattino l’aspettava e l’accompagnava a piedi dal terminal dei bus fino a scuola e la stessa cosa faceva all’uscita.

 

Santo era un ragazzo semplice, veniva dalla vicina campagna, era alto, robusto ma non grosso, con i capelli ondulati castano chiari, gli occhi verdi e un naso, come si dice, importante.

 

Anche lui era un tipo non molto attento all’abbigliamento e un po’ introverso, e spesso veniva preso in giro per le sue origini contadine.

 

Era la realtà e lui tra l’altro svolgeva con passione tutte le attività che nell’azienda agricola di famiglia erano praticate.

 

Amava accudire gli animali: cavalli, vacche, pecore, galline e partecipava alle attività di trasformazione dei prodotti dell’azienda: dalla mungitura, per la cui esecuzione si alzava prestissimo ogni mattino, sino ai processi di caseificazione.

 

Queste attività condizionavano però il suo rendimento scolastico, infatti era stato rimandato ogni anno in diverse materie e bocciato sia al primo anno che al quinto agli esami di stato.

 

Al raggiungimento della mera sufficienza concorrevano i continui viaggi del padre che approvvigionava, con omaggi, di formaggi e salumi le dispense dei professori.

 

Insomma era un ripetente, ancora poco inserito con i nuovi compagni e considerato dagli altri ragazzi uno sfigato, anche perché non aveva avuto sino ad allora una ragazza, ed aveva già vent’anni.

 

Aveva tentato senza successo diversi approcci ma era stato sempre respinto a causa dei suoi modi un po’ “grezzi”.

 

Neanche Rossella gradiva le maniere poco fini del ragazzo, ma la sua educazione e l’abitudine al rispetto per il prossimo le avevano impedito di allontanarlo, temendo di urtare la sua sensibilità.

 

Santo dal primo momento in cui l’aveva avvicinata aveva pensato se quella potesse essere la donna della sua vita.

 

Era robusta, rubiconda, fattiva, una ragazza concreta senza tanti grilli per la testa che gli ricordava in qualche modo la madre, una contadina mascolina, energica e operosa recentemente venuta a mancare.

 

Si era fissato con Rossella, si era innamorato e aveva dato ad intendere ai compagni che si fosse fidanzato con Lei.

 

Dopo qualche settimana di frequentazione, aveva chiesto a Rosella di diventare la sua ragazza, ma questa, diventata rossa, in maniera impacciata, ma comunque senza esitazione, gli aveva detto che le dispiaceva ma non si sentiva di prendere impegni con nessuno, perché voleva dedicarsi allo studio visto l’impegno prossimo degli esami di stato.

 

Nei giorni seguenti, Rossella, per evitare di illudere Santo aveva iniziato,con garbo, ad evitare di intrattenersi con lui: in palestra non rimaneva mai da sola, cercava di non dargli occasione di rivolgerle la parola limitandosi quando indispensabile a distratti e sibillini saluti.

 

La sua insistenza all’uscita da scuola l’aveva costretta a chiedere a Giuseppe, l’unico bidello che veniva a scuola in auto, la cortesia di accompagnarla in macchina sino al bus, in quanto aveva sbattuto il ginocchio e faticava a camminare.

 

Il bidello, che era un mezzo maniaco, non se lo era fatto dire due volte e aveva accettato di buon grado di accompagnare Rossella, in quanto ciò rappresentava per lui un’occasione per familiarizzare con una ragazza.

 

Giuseppe era un sessantenne, unico bidello maschio del Liceo era anche un porco.

 

Le liceali, infastidite dai suoi sguardi insistenti e da qualche “mano morta” del bidello, lo tenevano alla larga, ma Rossella ingenua come era, intenta a pensare a tutto tranne che alle malizie degli uomini, non aveva colto quei chiari segnali che le altre ragazze avevano percepito e mai si era unita ai pettegolezzi che riguardavano Giuseppe.

 

Il bidello era alto circa un metro e sessanta, uno sguardo da maniaco caratterizzato da maliziosi occhi scuri con la sclera ingiallita, calvo con i pochi capelli sulle tempie brizzolati, tarchiato, fisico massiccio caratterizzato da spalle larghe, un’ossatura robusta che si evidenziava nella notevole dimensione dei polsi dell’uomo, una pancia prominente.

 

Era abbigliato sempre con il medesimo vecchio vestito spezzato, composto da una giacca di un verde ormai indefinibile e pantaloni grigio chiaro a cui abbinava perennemente una camicia bianca, ingiallita lungo tutto il colletto, un golf grigio con lo scollo a V e una stretta cravatta tinta unita dal colore non pervenuto.

 

Completavano il suo look alcune macchie d’unto sparse per i capi d’abbigliamento e l’immancabile sigaretta che teneva perennemente accesa in mano.

 

Il fumo della sigaretta, che gli aveva completamente fatto ingiallire l’indice e il medio della mano destra, sembrava avergli consumato anche tutta la bocca: i denti erano gialli e cariati, la lingua era ricoperta da una pappetta bianco giallastra, se ti si avvicinava eri stordito dall’odore pungente tipico dei vestiti sudati rindossati e dal suo alito fetido che sapeva di fumo.

 

Era in confidenza con tutti gli alunni maschi della scuola tra i quali faceva circolare giornaletti e riviste pornografiche, di cui Lui era assiduo lettore.

 

Con i ragazzi si lasciava andare a commenti volgari sulle compagne e consigliava agli stessi perverse pratiche sessuali.

 

Per darvi un’idea, se Giuseppe doveva vigilare in una classe durante l’assenza di un docente e un ragazzo gli si avvicinava dicendogli che doveva andare in bagno Giuseppe gli consigliava di fare mettere a pecorina una compagna e di pisciarle in culo.

 

Giuseppe aveva una vecchia fiat centoventisei verde e voleva sfruttare l’occasione fornitagli da Rossella per cercare di allungare un po’ le mani sulla ragazza.

 

Aveva escogitato uno stratagemma: aveva riempito i sedili dietro di scatoloni in maniera da dover portare molto in avanti il sedile del passeggero e poi aveva messo una tanica da 10 litri piena d’acqua nella pedana d’avanti.

 

Così, al momento di accompagnare Rossella, aveva tolto la tanica, aveva fatto accomodare la ragazza e poi scusandosi per il disagio aveva rimesso la tanica sulla pedana a destra della ragazza, costringendo la stessa a spingere tutte le cosce verso la leva del cambio.

 

Con questo esperimento durante tutto il tragitto Giuseppe aveva strusciato continuamente il dorso della mano sull’esterno della coscia sinistra di Rossella.

 

L’ingenua ragazza non si era resa conto della volontarietà dei ripetuti strofinamenti, anche perché era distratta dalla presenza di Santo che, dopo averla aspettata all’uscita di scuola, ora li seguiva con la sua auto.

 

Arrivati alla fermata dell’autobus, in attesa dell’arrivo del mezzo di trasporto Rossella, aveva pregato Giuseppe di volerle consentirle di aspettare in auto l’arrivo dell’autobus, in quanto non riusciva a stare in piedi.

 

Santo, poco dietro di loro, aspettava in auto il momento opportuno per provare ad avvicinarla.

 

A quel punto Giuseppe con noncuranza aveva chiesto a Rossella in quale punto della gamba avesse dolore e aveva accompagnato la richiesta con un palpeggiamento a mano aperta della coscia proprio sopra il ginocchio sinistro della ragazza.

 

Rossella, con il collo girato, continuando a guardare verso la macchina di Santo e completamente assorta nei suoi pensieri, gli aveva risposto di si che era lì che le faceva male.

 

Giuseppe allora aveva sostituito alla destra la mano sinistra e aveva iniziato a massaggiare leggermente la coscia, poi, dopo un minuto, aveva aggiunto la mano destra iniziando a massaggiare la coscia più in alto, troppo in alto, sfiorando con il mignolo la figa di Rossella.

 

A quel contatto lascivo la ragazza era sobbalzata, un brivido le era corso lungo tutta la schiena.

 

Giuseppe però senza smettere di toccarla aveva solo allontanato la mano dall’inguine continuando a massaggiarle la coscia.

 

Quel porco la stava palpeggiando e la guardava negli occhi sorridendo.

 

La prima reazione di Rossella era stata quella di uscire subito dall’auto, aveva cercato di aprire lo sportello ma la presenza della tanica che, schiacciata contro lo sportello, copriva la maniglia le aveva impedito di farlo.

 

Allora aveva esclamato “Giuseppe”, ma mentre stava per continuare la sua frase aveva intravisto Santo, che era sceso dall’auto per farsi trovare pronto a cogliere l’attimo in cui, arrivato l’autobus, avrebbe potuto avvicinarla.

 

La ragazza, razionale com’era, in quella frazione di tempo aveva riflettuto.

 

Come avrebbe potuto evitare Santo l’indomani all’arrivo del bus, come avrebbe potuto redarguire il bidello per quelle lascive carezze e chiedergli al contempo di venire a prenderla domani mattina all’arrivo.

 

Così aveva dovuto far buon viso a cattivo gioco e aveva continuato la frase dicendo: “Giuseppe lei ha delle mani veramente miracolose la ringrazio, è stato gentilissimo e non vorrei approfittare della sua cortesia, ma volevo chiederle se la disturberebbe troppo venirmi a prendere anche domattina, penso proprio che non sarò ancora in condizione di camminare”.

 

Giuseppe aveva sorriso maliziosamente, assicurandole che non gli era per niente di peso allungare di qualche chilometro il suo percorso per venirla a prendere, intanto il porco aveva riallungato le mani riprendendo a toccarle la coscia sinistra e anzi era tornato a spingersi con la destra ancora più in alto: ormai le toccava decisamente la figa.

 

Per fortuna stava arrivando l’autobus e Rossella aveva chiesto gentilmente a Giuseppe di aprirle lo sportello.

 

Il bidello era sceso dall’auto e l’aveva aiutata ad uscire,

 

Rossella era stata un fulmine era corsa via prendendo il bus al volo.

 

Il bidello aveva creduto che il suo massaggio fosse stato miracoloso perché la Signorina che all’uscita da scuola zoppicava vistosamente ora sembrata perfettamente guarita.

 

Quella era stata per Rossella un’esperienza sconvolgente: non era mai stata nemmeno sfiorata da un ragazzo ed oggi era stata toccata e palpeggiata anche molto intimamente da un vecchio porco.

 

 

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Cronache di Rossella

 

Capitolo 2

 

La mattina seguente durante tutta la durata del viaggio Rossella fu preoccupata pensando di dover affrontare Santo ma anche turbata al pensiero che il bidello provasse a toccarla ancora.

Giuseppe dal canto suo era stato in agitazione l’intero pomeriggio, pensando a come comportarsi l’indomani con la Signorina.

La sera per sfogarsi se ne era andato a puttane sperando di riuscire ad avere un’erezione, cosa ormai per lui più unica che rara, in alternativa si sarebbe accontentato di un pompino.

Era stata un’impresa, anche perché la puttana si era rifiutata categoricamente, vista la sua scarsa pulizia, di succhiarglielo.

Ma pensando a Rossella, mentre si faceva fare una sega dalla prostituta, era riuscito a farselo venire duro e così messo il profilattico era riuscito a scoparsela a pecorina mentre continuava a ripetere “Rossella, puttana”.

La notte gli aveva portato consiglio: il bidello aveva deciso che, nell’immediato, non avrebbe adottato alcuno stratagemma per allungare le mani su Rossella.

Aveva chiaramente percepito l’immediata reazione negativa della ragazza alle sue carezze spinte, ma non riusciva a capire perché poi, la stessa, gli avesse consentito di riprendere a toccarla e addirittura di farsi toccare la figa.

Aveva pensato che il tutto era collegato alla necessità di Rossella di essere accompagnata in auto (e non sbagliava).

Pertanto quei passaggi la Signorina li doveva pagare e li doveva pagare in natura.

All’arrivo del bus Giuseppe aveva aspettato la ragazza in auto senza scendere, aveva messo in moto e avvicinato la macchina tanto da consentire alla signorina di accomodarsi senza percorrere il minimo tratto di strada a piedi.

Così Santo che era lì ad aspettare Rossella non era riuscito ad avvicinarla.

Rossella si era accomodata in macchina, rivolgendo le ginocchia verso lo sportello in maniera da allontanare le cosce il più possibile dalle mani di Giuseppe, aveva salutato il bidello e poi aveva addirittura accavallato la gamba sinistra sulla destra rivolgendo all’altro quasi le spalle.

Giuseppe aveva ricambiato il saluto e, colti i chiari segnali di distacco che trasparivano dal comportamento della ragazza aveva aggiunto: “Signorina non so se oggi potrò riaccompagnarla all’uscita ho un impegno e non so se posso disdirlo”.

Poi allungando la mano, e poggiandola a palmo aperto sulla parte posteriore della coscia all’altezza del culo di Rossella, aveva iniziato a darle delle sculacciatine mentre aggiungeva: “devo vedere se posso liberarmi”.

Rossella che pensava, avendo preso quella posizione, di tutelarsi dalle palpazioni del bidello, gli aveva offerto involontariamente un boccone prelibato il culo, la sua parta anatomica che da tempo aveva attirato gli sguardi e l’interesse del vecchio maniaco buongustaio.

A quel contatto la ragazza si era ancor più ritratta, ma così facendo aveva sollevato ulteriormente la gamba e consentito al porco di infilare addirittura tutta la mano sotto il suo culo.

Il bidello ora le palpava comodamente la chiappa sinistra e con il dito medio ogni tanto si spingeva a tintillarle la figa e mentre ormai si era impossessato del culo della ragazza aveva aggiunto: “ma? Vedrò di liberarmi, è il minimo che possa fare per una signorina così educata e “disponibile” sottolineando con il tono della voce la parola “disponibile”.

Santo dal canto suo non aveva accettato bene quell’ennesimo rifiuto ed era inasprito dal comportamento di Rossella che sistematicamente lo sfuggiva.

La delusione era amplificata dal fatto che i compagni avevano notato che Rossella lo evitava e avevano iniziato a prenderlo in giro: persino “la cowboy” il “maschiaccio” non voleva sentirne di stare con lui.

Prendendolo in giro gli avevano detto di provare a convincere “la cowboy” facendole montare qualche cavallo della sua stalla.

Così provocato, Santo non aveva resistito e aveva risposto che era lui a montare Lei, millantando di aver avuto incontri intimi con Rossella.

Raccontò che si era appartato in diverse occasioni con la ragazza del Liceo negli spogliatoi inagibili della palestra, ed era riuscito non solo a farselo succhiare ma addirittura a scoparla e persino a metterglielo nel culo.

Disse che lui e Rossella erano d’accordo: Lei fingeva di evitarlo per non rendere di dominio pubblico la loro relazione, in questa maniera potevano continuare ad avere liberamente i loro rapporti sessuali e mantenerli segreti.

In un colpo solo, Santo era riuscito a ribaltare la situazione che lo vedeva ora in vantaggio.

Se gli altri si facevano spompinare da Lauretta cento polmoni, lui addirittura non solo aveva una bocca disponibile in esclusiva per se ma a quella stessa ragazza lo metteva anche in figa e in culo.

Ora bisogna contestualizzare e partire da fatto che ci troviamo alla fine degli anni settanta nel Meridione, in un grosso paese di provincia, ma pur sempre un paese, dove la mentalità comune ancora è piuttosto bigotta.

Qui al Sud c’è ancora la fissazione, che quelle che se lo fanno mettere in culo sono delle poco di buono, delle vacche e delle troie.

Se il piacere femminile rappresenta quasi una colpa per quelle che lo provano, figuriamoci come viene giudicata una che lo prende nel culo e gode ad essere sfondata.

Questo è uno dei motivi per cui ci sono tante relazione extra coniugali.

Tante donne, tenute come sante  sopra il piedistallo dai mariti, cercano qualcuno che le tratti da puttane,

Non tutte sono fortunate a trovare dei mariti porci che le fanno godere e godono del loro corpo in ogni modo.

Alla luce di tutto ciò, i ragazzi dalla successiva lezione di ginnastica cominciarono a guardare Rossella con occhi diversi e i loro sguardi erano rivolti sempre verso quella specifica parte anatomica: il suo culo.

Mentre la ragazza giocava a pallavolo non le staccavano gli occhi di dosso nemmeno un attimo.

Appena la ragazza si piegava per prepararsi a ricevere la battuta calava il silenzio e si sentiva qualche ohh.sussurrato di approvazione.

I loro commenti erano volgari ma ben calzanti alle sue forme: era selvaggia si, ma era una gran cavalla con gambe lunghe e un bel culo: alto, generoso, ben fasciato e valorizzato dai pantaloni aderentissimi della tuta di ginnastica che regalavano perfettamente alla vista tutte le curve e le pieghe dei suoi glutei.

Rossella aveva già messo in conto di comprare una nuova tuta perché quella le stava veramente stretta in quanto sia il suo culo che le sue tette erano notevolmente ingrossati.

Intanto in attesa delle fiera del paese, in occasione della quale aveva messo in conto di acquistare il nuovo indumento, continuava ad indossare quel pantalone color carne che addosso aderiva come una seconda pelle.

E i ragazzi si godevano lo spettacolo: era come essere al cinema e guardare il culo di Serena Grandi.

Ma come avevano fatto a non notarla prima, ora erano arrapati al pensiero che quella troia lo prendesse nel culo.

La guardavano e commentavano: “si vede che ce l’ha aperto, che è un culo lavorato”.

Al termine delle lezioni Rossella accompagnata dal bidello aveva ancora una volta evitato Santo.

Tuttavia complice la praticità e l’elasticità della tuta di ginnastica Giuseppe si era spinto ed infilarle da dietro una mano toccandole il culo nudo.

Il bidello si era infoiato come un mandrillo verificando che la Signorina aveva sia il bucchetto dietro che lo sticchio, come lo chiamava lui, completamente bagnati, ma aveva collegato ciò alla eccessiva sudorazione causata dalla temperatura elevata associata al fatto che Rossella aveva alla penultima ora educazione fisica.

Passarono i giorni, ne erano trascorsi già cinque, e ormai Rossella era completamente succube di Giuseppe per l’ennesima volta al mattino Rossella doveva sottostare agli umilianti palpeggiamenti di Giuseppe.

Rossella stavolta aveva evitato di indossare la tuta per evitare di essere ancora di più esposta alle carezze del bidello.

Si sentiva più garantita dalla pesante stoffa dei jeans rispetto alla sottile maglina del pantalone della tuta.

Oltretutto, come vi ho già raccontato, in occasione della precedente lezione di educazione fisica al momento dell’uscita da scuola, complice la praticità e l’elasticità della tuta da ginnastica, Giuseppe si era spinto ed infilarle da dietro una mano toccandole il culo nudo e persino la figa e il buchetto del culo.

Di conseguenza Giuseppe, cosciente che oggi la Signorina dovesse andare in palestra, era smanioso e impaziente pensando che avrebbe potuto di nuovo metterle le mani sulla giovane carne nuda di Rossella.

Era stata una delusione vederla arrivare indossando i Jeans.

Giuseppe prontamente le aveva chiesto il perché oggi non indossasse il pantalone della tuta?”

Rossella gli aveva risposto “mia mamma non vuole che lo metta più, dice che è troppo aderente e quando lo indosso sembro nuda”.

La risposta aveva indispettito Giuseppe che non le aveva più rivolto la parola sino a scuola.

Rossella aveva pensato che forse finalmente si era liberata di quelle inopportune attenzioni ma l’evidenza dei fatti le avrebbe dato torto.

Alla terza ora infatti si sentì bussare alla porta della sua classe e l’insegnate invitò ad entrare: era Giuseppe il bidello, la signorina Rossella Di Bella era desiderata in segreteria.

La docente aveva autorizzato Rossella ad andare con il bidello in segreteria e così i due si erano allontanati dall’aula.

Ma durante il tragitto lungo il corridoio Giuseppe aveva improvvisamente afferrato la Signorina spingendola nel ripostiglio dei bidelli, del quale in quanto unico bidello maschio era esclusivo detentore della chiave.

Qui tenendole una mano premuta sulla bocca le aveva detto che era stata cattiva e andava punita: con la mano sinistra le aveva bloccato come in una morsa entrambi i polsi dietro la schiena.

Poi le aveva chiesto di dargli un bacino, spingendo le labbra verso quelle lebbra della ragazza che prontamente aveva girato il viso porgendogli la guancia.

Ma Giuseppe l’aveva afferrata per il naso e stringendoglielo aveva portato di nuovo il viso di Rossella in posizione frontale mentre la ragazza per prendere aria era costretta ad aprire la bocca.

Il vecchio bavoso ne aveva approfittato subito, prima sputandole in bocca e poi mettendole la lingua in bocca e iniziando a baciarla.

Rossella non aveva reagito ora le sue mani erano libere e mentre Giuseppe le dava delle leccate con la lingua piatta su tutto il viso lei non proferiva suono.

A quel punto il bidello le aveva sbottonato il jeans e glieli aveva abbassati all’altezza delle ginocchia.

Poi aveva avvicinato una sedia, costringendo la Signorina a mettersi in ginocchio sulla sedia in posizione per essere sculacciata.

Ma la sua reale intenzione non era sculacciarla ma sottoporla ad una ben più perversa pratica.

Quando al mattino era stato indispettito dal comportamento di Rossella aveva architettato un perverso piano: era andato in farmacia, acquistato una peretta per enteroclismi e aveva evitato di andare a fare pipì sino a quel momento.

La sua intenzione era di fare un clistere di piscio a quella diciottenne che tanto lo faceva arrapare.

Quindi era passato ai fatti: mentre Rossella immobile attendeva in ginocchio sulla sedia, Giuseppe aveva preso un contenitore e vi aveva pisciato dentro, poi aveva riempito la peretta di piscio e aveva iniettato nel retto della consenziente ragazza il liquido caldo, l’operazione l’aveva ripetuta sino a quando tutta la sua pipì era stata trasferita nel pancino della ragazza.

Intanto Santo era stato messo alle strette e non poteva più tergiversare, alcuni suoi compagni gli avevano chiesto di fornire la prova che quello che diceva era vero: oggi durante l’ora di educazione fisica alcuni di loro si sarebbero nascosti negli spogliatoi inagibili, dove poi sarebbe arrivato Santo con Rossella. I ragazzi nascosti nei bagni avrebbero assistito al rapporto sessuale tra i due.

Nello stesso tempo al Liceo era suonata la fine della terza ora e Rossella che ultimato il clistere era rimasta in ginocchio sulla sedia mentre il bidello la sculacciava si era rimessa di fretta in ordine e senza poter andare in bagno per liberare l’intestino dal piscio del vecchio porco era rientrata in classe appena in tempo prima che la prof di matematica lasciasse l’aula.

Durante il tragitto per rientrare in aula Rossella si era resa conto di quello che aveva volontariamente permesso che il bidello le facesse e aveva deciso che il segno era colmo non poteva più sottostare ai desideri di quel vecchio porco.

Ma per fare questo doveva risolvere anche un altro problema doveva convincere Santo che fra loro non poteva esserci niente.

Decise che durante l’ora di educazione fisica avrebbe chiarito con Santo, non voleva più che lui la importunasse.

All’arrivo dell’insegnante di educazione fisica Rossella, che intanto iniziava a sentire parecchio fastidio al pancino a causa dell’ignobile liquido giallastro che aveva ricevuto in corpo, aveva subito chiesto il permesso di andare in bagno.

La docente era arrivata leggermente in ritardo e le aveva risposto di trattenersi sino all’arrivo in palestra perché dovevano spostarsi subito e tutti non potevano aspettare che lei facesse i suoi comodi.

La ragazza aveva ribadito l’urgenza del bisogno fisiologico ma si era sentita rispondere che per fare il suo bisognino avrebbe dovuto aspettare di arrivare in palestra, l’intera classe non poteva ritardare l’inizio della lezione, se la cosa era così urgente avrebbe potuto pensarci prima.

Arrivati in palestra Rossella ormai al limite della resistenza aveva chiesto di andare in bagno e ciò le era stato prontamente concesso.

Non aveva quasi avuto nemmeno il tempo di sedersi sul wc che aveva iniziato a liberarsi.

Quel doloroso clistere di piscio trattenuto così al lungo le aveva nettato l’intestino.

Anche i ragazzi della quinta geometra, arrivata la quarta ora i ragazzi, si erano recati in palestra.

Santo l’aveva vista correre verso i bagni e l’aveva seguita costretto com’era a diventare intraprendente.

All’uscita di Rossella dal bagno Santo aveva sostituito i precedenti timidi tentativi di parlarle con un approccio più deciso.

In tale maniera era riuscito ad avvicinarsi mentre discutevano alla porta degli spogliatoi inagibili.

Dal canto suo Rossella non si era sottratta all’insistenza di Santo perché era suo proposito chiarire una volte per tutte l’equivoco che si era creato.

Rossella però non aveva previsto di essere trascinata per un braccio con fare autoritario dentro lo spogliatoio.

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Cronache di Rossella III

Una volta che Rossella aveva superato la soglia degli spogliatoi, quel ragazzo gentile e timido che lei conosceva si era trasformato.

 

Aveva bloccato la porta dall’interno, infilando una sedia rotta tra i maniglioni dell’uscita, le aveva messo le mani addosso e senza alcuna delicatezza le aveva sfilato la maglia, tolto il reggiseno (quasi strappandoglielo di dosso) e aveva iniziato a mungerla come si fa come una vacca.

Rossella era rimasta impietrita, non aveva saputo reagire e si era lasciata manipolare dal ragazzo a suo piacimento.

Senza opporre resistenza aveva lasciato che lui le facesse cambiare più volte posizione mentre le stringeva energicamente i seni per poi passare a succhiare i grossi capezzoli forse turgidi a causa della temperatura rigida.

Anche quando Santo le aveva messo mano alla cintura dei jeans, Rossella non aveva saputo opporsi e si era fatta sbottonare e abbassare i pantaloni.

Santo le aveva messo le mani nella figa e l’aveva toccata selvaggiamente trovando la figa della giovane fradicia, forse perché la ragazza, in uno stato di terribile imbarazzo, era accaldata, cosa tra l’altro evidenziata dalle sue gote paonazze.

Solo quando il ragazzo le aveva chiesto di scoparla, Rossella si era opposta energicamente e in maniera altrettanto risoluta si era rifiutata di prendere il membro del ragazzo in bocca.

Rossella non aveva potuto fare niente per sottrarsi alla volontà di Santo quando questi stringendole il polso aveva portato la sua mano a stringere il suo pene.

Rossella non ne ha mai visto uno prima, nemmeno quello dei fratelli.

Toccava quella carne calda maldestramente senza procurare alcun piacere al ragazzo che a quel punto aveva perso la pazienza.

Poi Santo, quasi gridando, le aveva detto: “ora vacca abbassati i jeans che ti sfondo il culo”.

Rossella era ormai alla sua totale mercé e si era fatta rigirare su se stessa, aveva acconsentito che Santo le abbassasse il jeans alle caviglie e sospinta da lui si era piegata facendosi mettere a pecorina.

Poi Santo le aveva aveva allargato i glutei e le aveva sputato sulla rosellina scura  ed in un colpo solo le aveva spinto in fondo nel culo tutto il cazzo.

Rossella non aveva proferito parola ma poco dopo, sentendosi un po’ la Lulù del romanzo che aveva letto, aveva iniziato e godere di quella penetrazione giungendo contemporaneamente a Santo ad un devastante orgasmo che le aveva fatto piegare le gambe sino a crollare in terra.

A quel punto da dentro le docce erano spuntati quattro ragazzi battendo le mani e manifestando la loro approvazione riguardo allo spettacolo a cui avevano assistito.

Rossella aveva alzato lo sguardo e il mondo le era crollato addosso.

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Cronache di Rossella IV

Rossella era impietrita: in ginocchio, con il viso sfiorava il pavimento quasi cercando, come uno struzzo, di nascondere sotto terra la testa per sfuggire alla situazione contingente.

Ruotava piano la testa seguendo con gli occhioni da cerbiatta, umidi di lacrime, le figure che le giravano intorno.

Così facendo però spingeva il suo culo nudo ancora più all’insù, i fianchi erano protesi verso l’alto e le sue natiche erano alla mercé degli sguardi dei ragazzi, i quali non si limitarono a guardarle.

Uno di loro iniziò a scattare con una polaroid delle foto nelle quali ritraeva quello che sembra un animale impaurito in trappola: il colore del suo viso, con due gote rosse come il fuoco, si contrapponeva a quello delle sue bellissime chiappe pallide.

Disegnate dal segno del costume, le cerulee polpose rotondità erano in netto contrasto con le restanti parti del corpo recentemente e splendidamente abbronzate.

Persino la sua fighetta lucida di piacere e la rosellina scura del suo ano, ancora semiaperto e dal quale colava un rivolo di sperma, venivano immortalate alla perfezione.

Un altro ragazzo stava armeggiando con un registratore portatile: aveva riavvolto il nastro e aveva premuto il tasto play avviando la riproduzione audio di quello che poc’anzi era avvenuto nello spogliatoio.

Si sentiva chiaramente il rumore di una porta che si chiude e due persone che parlano sottovoce:

Lei quasi sussurra: “ma cosa fai? Perché mi hai portata qua?”

Lui le risponde: “aspetta fammi bloccare la porta con una sedia”.

Nonostante Il tono gentile, il linguaggio di lui si rivela da subito un po’ gréve.

Sentire parlare Santo in maniera non troppo forbita non è sicuramente per Rossella una sorpresa, aveva già avuto modo di rendersi conto che il ragazzo non si distingueva per il linguaggio ricercato.

I dialoghi tradiscono le umili origini del ragazzo e ricorrono nella discussione termini volgari, utilizzati da lui per indicare le parti anatomiche della ragazza.

Anche l’uso degli aggettivi, risulta alquanto inappropriato per un corteggiamento,i termini sarebbero più adatti ad un dialogo tra contadini che parlano di animali o di puttane.

Lui le chiede: “posso mungerti le zinne?”

La ragazza risponde: “non so? Dillo tu”.

Lui continua: “fattele spremere; sembrano quelle di una vacca, nessuna a scuola c’ha zinne belle grosse come le tue”.

Poi si capisce che i due si spostano un poco, perché le loro voci ora sono riconoscibili, oltretutto nei dialoghi compaiono i loro nomi.

Durante lo spostamento probabilmente Santo le palpa il culo, perché lo si sente commentare: “che chiappe belle sode che c’hai Rò e come è bello alto il tuo culo, mi sembra quello di una cavalla, ma perché oggi non hai messo il pantalone della tuta?”.

Rossella gli risponde: “mia mamma non vuole che lo metta più, dice che è troppo aderente e quando lo indosso sembro nuda, ma ti prego Santo, toccami ancora il seno”.

“Si, vieni”, gli risponde lui: “levati la maglietta e il reggiseno.

Piegati un po’ in avanti, io mi metto di lato, così ti mungo meglio con due mani, come faccio con la Vacca.

Appena finisco con questa minnazza, passo di la così mungo bene anche l’altra minna.

Ti piace o sto stringendo troppo forte? ”

Lei non risponde mugola di piacere ma si percepisce qualche flebile “si, siiii….”

Poi lui le chiede: “posso toccarti in mezzo alle cosce?”

Ancora una volta Lei lascia a lui la decisione: “non lo so? Dillo tu”.

E’ lui a dirigere i giochi: “abbassati i jeans, fatti toccare lo sticchio”.

Passano alcuni secondi, non si capisce cosa succede ma poi lui continua:

“C’hai lo sticchio che è fradicio, sei tutta bagnata. Sei eccitata? Anch’io  lo sono. Senti come c’ho la minchia dura”.

A quel punto probabilmente Rossella glielo prende in mano, non ne ha mai visto uno prima, nemmeno quello dei fratelli.

Forse è per questo che non scappa via.

Beata incoscienza, non si rende conto che l’arnese di Santo è una cosa fuori dal normale.

Sarà grosso almeno quanto una bottiglia di birra.

Segue un attimo di silenzio, poi si sente ancora lui: “piano con le mani, così me lo strappi.

Ma non l’hai mai menata una minchia?

Non l’hai mai presa in mano?

Non ci credo, nooo! Non ne avevi mai vista una?”

Lei probabilmente fa ripetutamente segno di no con la testa, perché non si sentono risposte a quelle domande.

In effetti Rossella si era attaccata con tutte e due le mani al cazzo di Santo e lo aveva tirato come se stesse giocando al tiro alla fune: disattenta, senza nessuna delicatezza, nessun trasporto, nessuna piacere nel compiere quel gesto.

Poi Santo, che ha preso coraggio, e prova a convincerla a fargli un pompino, continua: “adesso me la suchi e mi fai sborrare?”.

Rossella stavolta risponde: “non mi va di prendertelo in bocca”.

“Allora fatti fottere, mi stanno scoppiando le palle”, risponde lui.

La ragazza sussurra: “ti prego sono vergine. Santo scusami. Come posso farmi perdonare?”

E’ una domanda retorica perché Rossella, nello stesso momento in cui aveva visto quel cazzo enorme e aveva preso in mano quel tronco caldo e pulsante, aveva iniziato a desiderare di provarlo in culo.

Ma come l’ingenua Rossella completamente a digiuno in fatto di sesso desiderava essere sodomizzata.

In realtà le cose non stavano esattamente così.

Qui dobbiamo aprire una parentesi e fare un passo indietro.

Infatti Rossella, da quando  ha letto “Le età di Lulù”, sogna di essere: sodomizzata, trattata da puttana e sottomessa da un uomo.

Il desiderio si era radicato in lei grazie alle successive letture di “Le sventure della virtù” di De Sade e di alcuni giornaletti porno, nascosti dai fratelli nei cassetti della biancheria.

Uno in particolare di questi giornaletti intitolato “la cloaca” aveva insinuato in Lei i semi di una perversa visione del sesso: fatto non di amore e di coccole, ma di sottomissione e pratiche umilianti per la donna.

Il fumetto raccontava la storia di una moglie che tradito il marito per farsi perdonare accetta di farsi ricoverare in una clinica nella quale dovrà essere sottoposta ad un trattamento intensivo basato su ininterrotti rapporti sessuali protratti fino al punto di provocare nella zoccola fedifraga una overdose di cazzo e in particolare di sperma alla quale sarebbe seguita una totale repulsione per il sesso.

La donna veniva ridotta una cloaca, uno sborratoio.

Le facevano bere litri di sborra e al contempo le facevano clisteri di piscio fino a farle gonfiare lo stomaco come una donna gravida.

Prima di quelle letture nemmeno immaginava che si potessero avere rapporti sessuali di quel genere.

Quella era stata una vera e propria rivelazione, soprattutto per Lei che voleva mantenere la verginità sino al matrimonio.

Ma nel culo poteva benissimo provare a mettersi qualcosa, almeno per vedere se le piaceva.

Le era piaciuto, e anche tanto.

Aveva iniziato a sodomizzarsi con il manico dello scopino del wc e poi aveva seguitato introducendo nel suo ano sempre nuovi oggetti e più grosse erano le cose che si ficcava nel culo più intensi erano gli orgasmi che riusciva ad avere.

Da allora aveva iniziato regolarmente, anche più volte al giorno, a mettersi nel culo ogni oggetto di forma fallica che le passava a tiro.

Prendeva dal frigo un po’ di burro e dalla dispensa: prima carote, poi cetrioli, poi zucchine, poi zucchine più grosse e se li ficcava su per il culo.

La madre, ignara, l’aveva anche rimproverata perché dall’ortofrutta aveva comprato dei cetrioli troppo grossi pieni di semi e non buoni da mangiare.

Ma i cetrioli erano ormai i suoi ortaggi preferiti perché le scivolavano meglio nel culo rispetto alle zucchine.

Per rendere più piacevole la penetrazione, immergeva preventivamente l’ortaggio nel lavandino colmo di acqua calda in maniera da renderlo tiepido, così il cilindro all’atto della penetrazione restituiva una sensazione più piacevole avendo lo stesso una temperatura più simile a quella della carme umana.

Quando andava a fare la spesa dal fruttivendolo, sceglieva per se il cetriolo che più eccitava la sua fantasia e mentre faceva le scale o appena giunta a casa lo faceva sparire nascondendo il suo dildo vegetale in qualche cassetto.

Praticando quelle continue penetrazioni si era sfondata per bene il culo e ormai le bastava quale lubrificante la semplice saliva.

Le piaceva la sensazione di sentirsi aperta dietro e la facilità con la quale le scivolavano dentro e fuori dal culo i cetrioloni.

Le sarebbe piaciuto che il buchino le fosse rimasto costantemente aperto, per una dimensione almeno pari a quella del suo piccolo ombelico a pozzetto.

A tale scopo allenava continuamente lo sfintere.

Ogni volta che andava in bagno aveva l’abitudine di bagnare il buchino con la saliva, si penetrava con due dita e le ruotava mentre spingeva energicamente verso l’esterno dell’ano al fine di sfiancare il buco del culo e mantenerlo slabbrato.

Poi si avvicinava allo specchio, si piegava in avanti mettendosi alla pecorina, allargava con le mani i glutei e ammirava compiaciuta il forellino divaricato al cui centro si apriva un grazioso forellino, color della notte, nel cui vuoto poteva inserire liberamente un dito senza nemmeno percepirne l’introduzione.

Ora in quel buco di culo famelico aveva la possibilità di provare per la prima volta un cazzo vero.

Ora in quel buco di culo famelico aveva la possibilità di provare un cazzo asinino.

 

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Cronache di Rossella V

 

Nella registrazione Santo si lamenta per il dolore ai testicoli dovuto alla imponente erezione.

Probabilmente richiamata alla realtà dalle lamentele del ragazzo si sente la ragazza che ancora una volta si rivolge a lui: “Santo scusami. Come posso farmi perdonare?”

Poi dopo una breve pausa con un filo di voce si sente Rossella che sussurra:

“Vuoi mettermelo nel culo?

A quel punto Santo, sicuramente incredulo, perché mai e poi mai  avrebbe pensato di giungere a tanto, prende coraggio e inizia ad essere più autoritario usando al contempo un linguaggio ancora più volgare.

Girati e piegati in avanti, bene così, brava, scendi ancora un po’, come se con le mani dovessi riuscire a toccarti le caviglie.

Questa si chiama pecorina, è la posizione più adatta per prenderlo nel culo.

Ora con le mani allargati le natiche e aspetta, che bagniamo bene questo buco con tanta saliva, altrimenti visto che è la prima volta c’è il rischio che ti sfondo il culo.

Un attimo di silenzio precede un “Uhmm…” grave e gutturale che esce dalla bocca di Rossella.

Santo, con il suo cazzo mostruoso, la incula senza difficoltà nonostante non pratichi la benché minima preparazione dilatando.

Il buco è bello largo, Rossella anche stamattina appena alzata ha provveduto a sfiancare energicamente il suo ano.

La cedevolezza dell’ano di Rossella non insospettisce il ragazzo il quale non dubita del fatto che la ragazza sia stata vergine sino a quel momento.

Santo è’ esperto e la incula con la perizia di uno abituato alla monta.

Ma è la prima volta che lo mette in culo ad una ragazza, in effetti è la prima volta che ha in generale un approccio intimo con una ragazza.

La sua perizia deriva dal fatto che il ragazzo in fattoria lo mette sempre in culo alle pecore e pertanto sta inculando Rò nella stessa maniera in cui monta regolarmente gli animali.

Alla luce di queste esperienze pensa che le ragazze ce l’abbiano largo come le pecore e poi questo buco è, anche se di poco, più stretto di quello degli animali.

Questa monta è però più gradevole, il contatto con le mucose anali femminili è diverso, ma soprattutto è più piacevole la sensazione che riceve dallo strofinare e sbattere il suo pube contro le natiche di Rossella.

Poi lui continua:

“Prendilo tutto Rò” e lei risponde con voce roca: “mmmmh, siii, ancoraa, di più ancoraa”.

La monta dura tantissimo, anche perché Santo come ogni mattina, si è già scaricato le palle nel culo di una pecora.

La registrazione termina con la riproduzione audio dei rantoli di piacere dei due.

Rossella ha ascoltato il nastro e crede impossibile che dalla sua bocca siano potute uscire quelle frasi.

Quello che aveva riascoltato era la ricostruzione di una situazione surreale alla quale le sembrava di non aver partecipato.

Non c’era stato nessun atteggiamento aggressivo e intimidatorio da parte di Santo.

Lo ammetteva a se stessa: non era stata trascinata di forza per un braccio nello spogliatoio, ma solo invitata ad entrare accompagnata, avvolta da un braccio che la cingeva quasi sfiorandola,

E quella frase: “vacca abbassati i jeans che ti sfondo il culo” se l’era sognata Lei.

Era un patchwork composto da alcune parole estrapolate da tutta l’articolata conversazione che era avvenuta tra Lei e Santo.

Vacca abbassati i jeans che ti sfondo il culo era quello che Lei avrebbe voluto sentirsi dire.

Avrebbe voluto essere obbligata a soggiacere a quel rapporto anale, avrebbe voluto essere sottomessa ed usata invece la registrazione testimoniava che lei era stata consenziente, anzi era stata proprio lei ad invitare Santo a metterglielo nel culo.

I ragazzi intanto avevano iniziato a palpare e a sculacciare il suo rotondo culo, che ora stava diventando paonazzo.

Qualcuno azzardava di più e non si limitava a ciò, ma faceva scivolare le dita verso la sua fica per poi addirittura inserirne prima una e poi due, lubrificate dalle secrezioni vaginali della ragazza, nell’ano cedevole di Rossella, slabbrato in conseguenza della precedente penetrazione, e anch’esso lubrificato, ma dagli umori fisiologici di Santo.

“Guardate fra le chiappone: fa capolino il buco del culo,”

“Ma è larghissimo, rimane parzialmente aperto.”

“Certo, Santo con quella bestia che si trova tra le gambe le ha rotto definitivamente il culo, l’ha rovinata, il buco non le si richiude più, sembra un piccolo imbuto pieno di sborra, le ne ha versato un litro nel culo.”

Uno dei ragazzi avvicina al viso della ragazza una foto, appena scattata nella quale è impresso il suo buco del culo che dopo la selvaggia monta di Santo rimane aperto e largo come una caverna.

Rossella guarda la foto e sente i volgari commenti dei ragazzi riguardo le condizioni del suo culo sfondato, prova un senso di grande soddisfazione a sentire che il culo le rimane finalmente aperto.

Proprio in quel momento mentre un ragazzo le tocca il clitoride la ragazza ha improvvisamente una altro travolgente orgasmo e si abbandona in quella ridicola posizione, con il viso e il seno poggiati al pavimento e il culo svettante che offre la visione di quell’ano slabbrato e di quella figa lucida ai ragazzi .

Ragazzi che la prendono per le braccia e lasciandola in ginocchio la fanno mettere con il busto eretto.

Uno si abbassa le afferra il seno e dice:

“Intanto, visto che ti piace, queste minnazze da vaccona te le spremo e te le stiro così tanto che te le sformo, te le faccio rimanere flosce e cadenti sul petto come quelle di una vecchia.

Guardate che capezzoloni belli grossi e appuntiti che c’ha la vacca.

Sono enormi più grandi del fondo di una lattina di coca e che bel colore marrone scuro hanno.

Quanto sono volgari ste minnazze.

Le faccio uscire il latte tanto gliele stringo forte, siete d’accordo?

Un altro aggiunge: questi capezzoli enormi sembra che c’hai fatto la punta con il temperino; Ora te li stacco a morsi.

Ti piace se te li stringo così forte, vero? Vero Vacca?”

“Ummm.. Siii…siii….” E’ la risposta che viene da Rossella.

Intanto i grossi seni della ragazze sono diventati viola, per la forte pressione e trazione a cui sono sottoposti.

Uno dei ragazzi dice; “Da oggi sei la nostra vacca da monta rotta in culo, te lo prendi in culo e muggisci: Mhuu Mhuu ….. prova vacca.”

Rossella non risponde, muggisce rocamente: “mhuuu, mhuuuuuu……”

Santo, che sembrava essere scomparso, ripiomba al centro dalla scena.

Si era defilato per prendere tutte le foto scattate e le aveva messe in tasca, insieme all’audio cassetta che aveva tolto dal registratore.

Afferra per il collo con una presa ferrea i due ragazzi che stavano strizzando le tette di Rò,

Il suo tono di voce ora è autoritario: “lasciatela”!

Rossella si sente sollevata, pensa che quell’incubo sta finendo, ma la speranza dura un attimo perché subito dopo non può credere a ciò che sente.

Lasciate la mia Vacca!

Lo dico io chi munge le vacche della mia stalla.

 

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Capitolo VI

 

Lasciate la mia Vacca! grida Santo

Lo dico io chi munge le vacche della mia stalla.

Chi monta le mie cavalle lo decido io”.

I 4 ragazzi sono intimoriti dalla forza di Santo e al tempo stesso pieni di ammirazione nei suoi confronti.

Ha sancito il suo predominio sul branco e tutti gli riconoscono il primato, legittimato da un altro fattore: l’invidia che nutrono per l’arnese che si trova tra le gambe.

Intanto Santo con la coda dell’occhio ha intravisto Rò che, con gli occhi chiusi e mordendosi le labbra per trattenere i gemiti che prova, si da piacere di nascosto con la mano destra, alternando la penetrazione dell’ano e la sollecitazione del clitoride.

E’ eccitata la puttanella, come era eccitata quando il bidello le infilava la mano dentro la tuta, anche se non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura.

Il contatto della mano del vecchio porco la faceva bagnare, era eccitata per il fatto di dover sottostare ai palpeggiamenti del vecchio porco e aveva la fighetta così bagnata che i succhi le erano colati sino al bucchetto del culo che le pulsava per l’eccitazione.

Avrebbe voluto che il bidello le ficcasse le dita nel culo e che glielo allargasse a dismisura.

Per questo quando Giuseppe si era spinto ed infilarle da dietro una mano toccandole il culo nudo, il bidello aveva trovato sia il buco del culo che la figa di Rossella completamente bagnati,

Godeva l’ingenua secchiona come gode ora nel sentirsi oggetto di una discussione nella quale viene chiaramente detto che Lei è considerata alla stregua di un animale, fa parte del bestiame di Santo.

E’ una cavalla, una vacca della sua stalla.

Ma la pazza, invece che inorridire, è percorsa da fremiti di piacere, immaginandosi chiusa in un ricovero per animali con il morso tra i denti e la briglia assicurata ad una sbarra per impedire che Lei, la cavalla, possa uscire dallo stallo.

Poi fantastica di trovarsi a quattro zampe mentre, con un secchio posto sotto il ventre, viene energicamente munta e dalle sue tette penzolanti e molli proprio come quelle delle vacche esce copioso il latte.

I suoi sogni sono interrotti da un colpo che la colpisce al fianco.

Santo vuole ribadire il concetto anche alla ragazza, lui è il maschio alfa e lei è sua, lui decide se, quando e come la sua vacca deve godere.

Rossella coglie il repentino mutamento nel comportamento del ragazzo e non riesce a trovare una giustificazione a tale cambio di atteggiamento.

Il ragazzo, affettuoso anche se di modi grossolani, che la corteggiava sino a poco prima si è ora trasformato in un uomo freddo che la tratta come se lei fosse un oggetto.

Ma nella testa del ragazzo è scattata una molla, ora quella ragazza che vedeva come la sua possibile compagna per la vita, la giovane donna che aveva idealizzato e messo su un piedistallo è caduta da quel pulpito.

La giovane è rovinata nel fango nel preciso momento in cui lei stessa gli ha proposto di metterglielo in culo.

Rossella gli è caduta dal cuore, una ragazza seria non sarebbe mai stata disponibile a sottostare a quel rapporto contro natura, a maggior ragione mai avrebbe richiesto lei di essere inculata e ancor meno avrebbe goduto durante la sodomizzazione.

Invece Rossella è una troia che gode a prenderlo in culo e pertanto non può essere la sua donna.

Nella concitazione del momento realizza che la ragazza può essergli utile lo stesso, sarà lo strumento per mantenere e ampliare l’acquisito comando del branco.

La subordinazione di Rossella alla sua persona servirà a legittimare presso tutti il ruolo di leader che i 4 ragazzi al momento gli stanno già riconoscendo.

La ragazza sarà di sua proprietà, come uno dei suoi maiali, alla stregua di una delle sue vacche o delle sue pecore.

Perciò senza voltare il capo né degnarla di uno sguardo, slanciando la gamba lateralmente le aveva rifilato un calcio all’altezza del fianco.

In tal modo ha ribadito, alla ragazza e a tutti gli astanti, la sua autorità su di Lei che non più padrona del suo corpo e non può prendere alcuna iniziativa.

Così Rò, in ginocchio, nuda dalla cintola in su e con i pantaloni raccolti all’altezza delle caviglie, seduta sui talloni lascia cadere le braccia di lato al corpo arrendendosi al suo destino e riconosce la sua nuova condizione, è la schiava di Santo.

Rimane così: immobile sino al termine della discussione tra i ragazzi, continuando a godere cerebralmente di quello stato di sottomissione e umiliazione a cui viene sottoposta.

Lei l’altera figlia del Medico e della Professoressa l’ha preso pubblicamente in culo e ora, come una vacca, è esposta allo sguardo di quei maschi, alla loro mercé, senza poter coprire le sue nudità.

Solo i suoi occhi si muovono e percorrono l’intera orbita guardando in viso i 4 ragazzi che la circondano fino a quando lo sguardo di Rossella incontra il mostruoso cazzo di Santo, lasciato penzolante dal ragazzo, come di solito fa dopo che lo mette in culo alle pecore in attesa che recuperato lo stato di riposo possa svuotarsi la vescica.

Santo si rende conto che lo sguardo della ragazza è rivolto al suo cazzo penzolante e chiede a tutti i ragazzi di tirare fuori i loro membri ordinando al contempo a Rossella di guardarli.

I ragazzi, sperando che l’invito del compagno a sguainare gli attrezzi sia il preludio per il successivo via libera che gli consenta di utilizzare la vacca in ogni orifizio, tirano fuori dai pantaloni dei cazzi di tutto rispetto in stato di dolorosa erezione.

Rossella tiene gli occhi bassi, si vergogna, non ha il coraggio di rivolgere lo sguardo verso i membri dei ragazzi.

Santo indispettivo da quell’atteggiamento passivo della ragazza che non esegue l’ordine impartito, senza proferire altro si sfila la cintura dai pantaloni.

La cintura sibila nell’aria e va a colpire la ragazza sul culo.

Rossella sobbalza ma senza urlare, anche se la frustata sul culo le ha provocato un dolore lancinante.

Santo le chiede: “vacca ne vuoi ancora?”

“No, no, per favore” risponde immediatamente Rossella.

Shaff…un’altra cinghiata la raggiunge prima sul culo e poi sul retro di una coscia.

La poverina stavolta avverte maggiormente il colpo e balbetta qualcosa di incomprensibile mentre la mandibola le trema, Santo ha impresso più forza al colpo causandole così un dolore ancora più intenso specie nel punto in cui la cintura di taglio ha colpito la coscia.

Santo si rivolge di nuovo a lei: “devi imparare come si risponde al tuo Padrone vacca. Allora ne vuoi ancora?”

“No Padrone” risponde una provata Rossella.

“Allora guarda i loro cazzi” è l’ordine che di nuovo giunge alle sue orecchie.

Rossella inizia a passare in rassegna i membri dei ragazzi.

Si rende conto di non essersi mai soffermata a guardare quei ragazzi in viso quanto ora, con estrema attenzione, sta facendo rimirando i loro cazzi.

Li scruta passando dall’uno all’altro per poi tornare indietro verificando quanto possano essere diversi tra loro.

Uno è lungo e sottile e svetta da un rossastro cespuglio di peli ispidi, un altro ha una cappella piccola ma va via via crescendo fino a diventare veramente grosso alla radice, del terzo degni di nota sono i grossi testicoli molto più grossi di quelli degli altri, l’ultimo è storto e completamente scappellato nerboruto con tante vene in rilievo sembra tra i 4 quello più pieno di vita, di energia, anche se è il più corto.

Ma quando lo sguardo di Rossella, ultimato il suo percorso, torna a posarsi sul gigante ciondolante di Santo la ragazza realizza che lo spettacolo che si presenta ai suoi occhi è un paragone impietoso.

I membri dei 4 ragazzi, seppur nello stato di massima erezione, non raggiungono nemmeno la metà della lunghezza del cazzo di Santo in stato di riposo.

Se poi vogliamo paragonarne il diametro, il cazzo floscio di Santo è grosso quanto tutti e 4 i membri dei ragazzi messi insieme.

Sempre con il cazzo penzoloni che nel movimento inizia ad oscillare come un grosso pendolo il capobranco si avvicina alla ragazza, l’afferra per i capelli, proprio dietro la nuca e mentre le scuote energicamente il capo le chiede: “chi è il tuo padrone vacca”.

“Tu Santo” risponde Rossella.

“Tu, cosa, Santo” chiede il ragazzo, mentre tira ancora più forte per i capelli la ragazza.

“Tu Santo sei il mio padrone” è la risposta che giunge spontanea.

Tale risposta non soddisfa ancora il capobranco che dà ulteriori indicazioni alla giovane: “intanto d’ora in poi quando ti rivolgerai a me mi darai del voi. Capito. E tu d’ora innanzi ti chiamerai semplicemente vacca. Intesi?”.

La ragazza fa segno con la testa di aver capito e risponde: “Come desiderate. Voi siete il mio Padrone e il mio nome è vacca”.

Santo si allontana dalla ragazza di qualche metro e mentre si sposta si rivolge ancora alla ragazza: “Ora va meglio vacca, meriti un premio, vieni qui e adora il cazzo del tuo Padrone vacca.

Rossella va per alzarsi ma Santo le ordina di avvicinarsi a lui gattonando, deve raggiungerlo procedendo in ginocchio.

La ragazza procede carponi con un passo reso impacciato dai jeans che raccolti all’altezza della caviglia gli consentono movimenti poco ampi e scomposti che provocano una notevole oscillazione delle sue tettone che penzolano descrivendo ampi movimenti rotatori.

Quelle tette che ballonzano e la visione di quel culone rigato dai segni rossi della cintura fanno eccitare ulteriormente i 4 ragazzi che all’unisolo pregano Santo di concederli almeno di segarsi.

Santo non risponde a quelle preghiere ma fa cenno con il capo di si, al che i 4 iniziano una lenta masturbazione.

Santo intanto rivolge un altro ordine alla ragazza giunta ai suoi piedi: “lecca la mano al tuo Padrone vacca”.

Rossella non comprende quale piacere possa provare il ragazzo dal fatto che lei esegua quell’ordine ma riflette realizzando che al pensiero di leccare la mano di Santo, pardon del suo Padrone, la sua fighetta si sta bagnando di nuovo.

Mentre la ragazza è persa nei suoi pensieri e ritarda ad eseguire l’ordine vede che nella mano di Santo ricompare la cintura, il culo non le fa più male ma le brucia incredibilmente e si rende conto che quella sensazione, avere il culetto in fiamme le piace.

Shafffffff…, shafffffff… altre 2 cinghiate, ancora più violente, raggiungono sul culo e sul retro delle cosce Rossella.

La ragazza sobbalza e geme emettendo qualche flebile siiii, ma poi tira tutta fuori la carnosa lingua e di piatto inizia a leccare la mano al suo Padrone.

 

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Capitolo VII

 

Rossella lecca a piena lingua la mano del suo Padrone.

Ha la lingua molto lunga e grossa, tanto che mentre con la punta tocca ancora le falangette del Padrone la restante parte della lingua già sta bagnando di saliva la parte centrale del dorso della mano di Santo.

Sembra proprio la lingua di una vacca, sia per dimensioni che per la sensazione che il suo umido massaggio provoca.

Shafffffff…, un’altra fortissima cinghiata, ancora più violenta delle altre, raggiunge la ragazza sul culo e sul retro delle cosce.

Rossella sobbalza e quasi si morde la lingua, che si trovava tutta fuori dalla bocca nel momento in cui è stata raggiunta dalla terribile frustata.

Va in affanno e ora la velocità con cui si ripetono i suoi passaggi ricordano la ritmica frequenza di un cane che lecca la mano del padrone.

La cosa non aggrada Santo il quale la frusta ancora e la rimprovera: “Più lenta vacca non sei mica una cagna”.

Rossella ha il culo in fiamme, ohh.. quanto le piace, ohh.. quanto vorrebbe che il Padrone le permettesse di darsi piacere.

Anche i ragazzi hanno bisogno di sfogarsi hanno le palle che scoppiano.

Uno di loro prega Santo di consentirgli di usare la vacca.

Santo risponde alla supplica chiedendo loro se hanno dei soldi.

I quattro si mettono le mani in tasca cercando di racimolare quanto più possibile.

In tutto raccolgono poco meno di trentamila lire.

Santo si fa consegnare i soldi, li riconta.

Risponde che è troppo poco, l’unica cosa che può concedergli in cambio è di continuare a farsi una sega mentre guardano la sua vacca.

Poi al momento in cui dovranno eiaculare potranno sborrare sulle tette della vacca, ma senza toccarla.

Rossella protesta, afferma di non voler essere sporcata dal seme dei ragazzi.

Santo nemmeno si cura delle sue lamentele l’unica cosa che fa è girare la mano al contrario e una frazione di secondo dopo con grande slancio fa partire un terribile ceffone che colpisce Rossella in pieno viso.

La ragazza non ha il tempo di riprendersi dalla sorpresa che viene colpita di nuovo in viso, stavolta è un manrovescio che le scalda l’altra guancia.

Gli schiaffi sono stati sonori, assestati con gran potenza, complice la sorpresa l’hanno colpita in pieno viso senza che lei potesse prepararsi minimamente o cercare di sfuggire ai colpi.

Ora si è portata entrambe le mani al viso, spaventata si protegge nell’eventualità che Santo voglia colpirla ancora.

L’unica parte scoperta del suo viso sono i grandi belli occhioni che, schiacciati dalla pressione verso l’alto delle guance protette dalle mani, hanno assunto un taglio orientale, sembrano 2 occhi a mandorla.

E’ intontita, la percezione sonora di quello che avviene attorno a lei è ovattata, ha il viso in fiamme e tutto il sangue le è salito in testa.

Santo intanto ha lasciato penzoloni il braccio destro con la mano protesa di nuovo verso la vacca ma stavolta mostrandole il palmo un po’ arrossato.

Rossella intuisce al volo il suo desiderio: vuole che ne lecchi il palmo dando refrigerio alla mano che l’ha appena schiaffeggiata.

Così smette di lamentarsi, riprende l’umiliante lavoro e quando il suo Padrone allarga le dita capisce che deve passare la lingua in maniera certosina anche li, leccando tra le dita all’attaccatura tra quest’ultime e la mano.

Santo ha percepito che la ragazza dopo ogni cinghiata lecca con maggior trasporto e intensità la sua mano e pertanto continua di tanto in tanto a colpire forte sul culo la vacca.

Il culo di vacca Rossella è ormai tutto rosso non si distinguono più i singoli segni delle frustate ma un’unica macchia di coloro rosso.

I ragazzi alla vista di quello spettacolo sono tutti allo stremo, nonostante abbiano più volte interrotto la masturbazione ormai non resistono più, non possono nemmeno toccarsi altrimenti esploderebbero, anche un semplice alito di vento che colpisse i loro cazzi ne provocherebbe l’eiaculazione.

Santo se ne accorge e li invita ad avvicinarsi concedendogli di sborrare innaffiando le tettone di Rossella.

La ragazza riceve l’ordine di mettersi in una posizione che diventerà per lei usuale, in ginocchio seduta sui talloni.

L’ordine prevede che contemporaneamente debba sostenere con ambo le mani le tettone per ricevere la sborra dei ragazzi.

Santo spostatosi di poco per pisciare non li perde di vista un attimo.

Rossella si mette in posizione:

Contravvenendo però agli ordini, la ragazza sostiene entrambe le tettone con il braccio sinistro la cui mano si raccoglie a cucchiaio sotto la tetta destra con le dita che sollecitano pizzicandolo il capezzolone turgido;

i glutei, ormai violacei, sono poggiati sui due talloni e rimangono divaricati cosicché la sua figa e il buchetto del culo sono liberi di pulsare;

la mano destra della ragazza è sul suo sesso e inizia a tormentare il clitoride per poi passare ogni tanto a verificare che l’ano è ancora largo e aperto.

In quella posizione la figa della vacca è spalancata, a causa della pressione esercitata dai talloni sui suoi glutei, e anche il suo buco del culo è in trazione.

Le sue mucose sono incredibilmente sensibili: il suo ditino medio solletica l’interno delle grandi labbra provocandole sconvolgenti sensazioni e poi scivola verso l’ano dove non una ma ben due dita entrano ed escono dal suo culo senza che lei ne percepisca l’introduzione.

L’unica sensazione che la vacca avverte è di bagnato sulle dita, perché sta iniziando a colare tutta la sborra che prima Santo le ha scaricato in culo.

Il buco aperto lascia scivolare fuori tutto lo sperma precedentemente ricevuto e che la ragazza aveva tenuto sino ad ora nel pancino.

Intanto i ragazzi, dinnanzi a lei, a pochi centimetri dal suo viso, si stanno segando.

I quattro non resistono molto e finiscono con il riempierle di sborra le tette.

Ne fanno tutti tanta ma Alessandro (quello col cazzo più corto, storto, nerboruto e con tante vene in rilievo) ne fa una quantità impressionante.

Rossella ne è addirittura sorpresa pensava che Franco (quello con i testicoli molto più grossi) l’avrebbe sporcata più degli altri.

Invece è Alessandro a riempirle le tettone di seme, da solo quanto tutti gli altri 3 insieme, e a sporcarla di sborra, con le sue lunghe schizzate, sino sul collo e sulla spalla destra, dove il ragazzo finito di sborrare si sgrulla e pulisce il cazzo.

La vacca non si oppone, anche perché nello stesso momento anche lei giunge ad un devastante orgasmo.

Santo ha recuperato la posizione e ordina ai ragazzi di rivestirsi.

Rossella ha intanto preso dei fazzolettini dalla tasca dei jeans.

Vorrebbe ripulirsi ma il suo Padrone glielo vieta.

Si è data piacere senza il suo permesso, per punizione dovrà rivestirsi senza ripulirsi minimamente della sborra che le ricopre il seno prosperoso e gran parte della parte superiore del tronco.

Mentre indossa la maglietta della salute di lana, che porta sotto il maglione a dolcevita, la poverina avverte la spiacevole sensazione di bagnato causata da quel liquido appiccicoso che le hanno versato sul corpo.

Quando poi passa a indossare il maglione la sborra le si spalma ulteriormente addosso e quella che aveva sul collo, della quale non si era resa conto, si spiaccica tutta contro il colletto del maglioncino.

Rossella, passandosi la mano sul collo, si sincera che non sia rimasta altra sborra oltre il bordo della maglia.

I primi ad uscire dagli spogliatoi sono i 4 ragazzi che una volta assicuratisi che non ci siano sguardi indiscreti fanno cenno a Santo e alla vacca che possono uscire.

Rossella, abbandonati i ragazzi, raggiunge di corsa i compagni di classe.

E’ pallida in viso, sudata, le sono comparse delle evidenti occhiaie.

La professoressa, che stava per rimproverarla per la permanenza in bagno protrattasi per quasi tutta l’ora, si rende conto delle condizioni della ragazza e le chiede se si sente male.

Rossella risponde dicendo di essere indisposta e di aver avuto un leggero malessere.

Suona la campanella e tutta la classe si riavvia verso l’istituto.

Proprio all’uscita della palestra Rossella viene avvicinata dal ragazzo con il cazzo lungo e sottile e i peli rossastri e ispidi che prima le aveva detto:” da oggi sei la nostra vacca da monta rotta in culo, te lo prendi in culo e muggisci: Mhuu Mhuu ……”

Marco le sussurra all’orecchio: “ciao vacca, a prestissimo”

La ragazza ruota il capo verso di lui, con riverenza abbassa la fronte facendo segno di si con la testa e pronuncia un flebile: ”Mhuuuuu”.

 

 

 

 

 

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